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Lotte obbligatorie - Il Cancro Colorato del Platano (Ceratocystis platani)

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Il cancro colorato è una malattia che si sviluppa a carico degli organi legnosi dei platani per azione del fungo ascomicete Ceratocystis platani. La lotta obbligatoria al cancro colorato viene realizzata in applicazione del DM 29 febbraio 2012

Il cancro colorato è una malattia che si sviluppa a carico degli organi legnosi dei platani per azione del fungo ascomicete Ceratocystis platani. La lotta obbligatoria al cancro colorato viene realizzata in applicazione del DM 29 febbraio 2012 (modifica del precedente DM 17 aprile 1998).

Nella nostra regione il patogeno è stato segnalato per la prima volta nel 1979 a Torino. Da allora le segnalazioni si sono susseguite numerose soprattutto nelle province di Vercelli, di Novara, nel Casalese e a Torino e dintorni. Nella provincia di Cuneo la malattia è presente solo nel comune di Racconigi e in quella di Verbania a Gravellona Toce. In generale si può affermare che la malattia è in lenta ma costante espansione, sia per quanto riguarda il numero dei focolai e il numero delle piante infette sia per quanto riguarda l'areale del patogeno.

L'attività che consegue dall'applicazione del decreto di lotta prevede: la realizzazione di sopralluoghi per l'individuazione del patogeno, le analisi di laboratorio sui campioni prelevati, l'emissione di ingiunzioni di abbattimento, il rilascio di autorizzazioni allo spostamento del materiale infetto e all'effettuazione di interventi manutentivi diversi (potature, scavi, abbattimenti, trapianti) nelle zone focolaio.

Il Settore fitosanitario regionale svolge attività di divulgazione su aspetti tecnici e amministrativi sia "ad personam" (nel corso dei sopralluoghi, in ufficio o telefonicamente) sia organizzando riunioni con tecnici comunali, sia tramite la predisposizione di materiale illustrativo.

Patogeno e piante ospiti

Il cancro colorato è una malattia che si sviluppa a carico degli organi legnosi dei platani per azione del fungo ascomicete Ceratocystis platani. La forma perfetta è caratterizzata da un peritecio scuro dal lungo collo con ife ostiolari, aschi evanescenti, ascospore ialine unicellulari con caratteristica forma a cappello. Lo stadio imperfetto comprende tre diversi tipi di conidi unicellulari: conidi, a genesi fialidica, cilindrici, ialini, ad estremità tronche, di lunghezza variabile da 8 a 43 micron; conidi, a genesi fialidica, doliformi, di colore bruno chiaro, ad estremità arrotondate, lunghi 6-17 micron; clamidoconidi a parete spessa, globosi od ovali, singoli o in catena, di colore bruno più o meno scuro e diametro di 9-19 micron.

Il microrganismo è infeudato esclusivamente al genere Platanus, di cui sono presenti in Italia tre specie: P. occidentalis, P. orientalis e P. x acerifolia, ibrido dei primi due:

  • Platanus occidentalis cresce spontaneo lungo la costa orientale degli Stati Uniti, dove è ritenuto il più grande albero deciduo delle foreste atlantiche.
  • Il Platanus orientalis presenta un areale che comprende la parte orientale del bacino del Mediterraneo e si estende dalla Grecia all'Asia minore e medio-orientale fino alla regione himalayana. Un consistente insediamento di platani orientali autoctoni vegeta nella regione iblea della Sicilia sud-orientale.
  • Il Platanus x acerifolia è diffuso in tutta Europa, ed in Italia è senz'altro la specie più frequente nelle alberate, nei parchi e nei giardini storici o di nuova costruzione.

Ciclo biologico

Il fungo penetra nella pianta tramite qualsiasi soluzione di continuità della corteccia che metta a nudo il legno. Si tratta infatti di un parassita che non è capace di superare le barriere protettive naturali della pianta. Una volta che il fungo raggiunge la superficie scoperta, questa viene immediatamente colonizzata e le cellule dei tessuti uccise.

La penetrazione del parassita nella pianta può avvenire a tutti i livelli, ma è particolarmente frequente a livello delle grosse branche, oggetto di frequente potatura; a livello del tronco, soggetto a vari tipi di ferite; a livello delle radici affioranti.

Quando le ascospore o i conidi del parassita vengono a contatto con una ferita, essi germinano producendo delle ife che avanzano rapidamente nella corteccia fino al cambio, uccidendolo, e poi, passando preferenzialmente attraverso i raggi midollari, si diffondono nei tessuti legnosi più interni. Una volta raggiunte le trachee e le tracheidi, il micelio prosegue ancora più velocemente il suo sviluppo in senso longitudinale, verso il basso e particolarmente verso l'alto, provocando l'alterazione cromatica e la necrosi delle cellule con le quali viene a contatto.

All'interno dei tessuti invasi dal micelio si possono osservare le forme di riproduzione conidica del parassita; numerosi sono i conidi a parete spessa (clamidoconidi) che probabilmente hanno la funzione di organi di conservazione. Le fruttificazioni sui tagli si sviluppano in modo particolarmente abbondante nel periodo caldo umido ma anche nei mesi invernali meno rigidi.

Le temperature minima e massima per la formazione, sviluppo e maturazione delle forme di riproduzione sono rispettivamente +5 e +35 °C, l'ottimale è di 25-27 °C.

La formazione dei conidi si può avere anche sul legno al di sotto della corteccia quando questa si dissecca, si crepa e si distacca a causa della malattia.

Epidemiologia

Poiché il fungo penetra nella pianta tramite soluzioni di continuità della corteccia, il principale vettore è l'uomo, che con le operazioni di potatura, gli scavi o incidentalmente, trasmette l'inoculo, contenuto nella segatura o in minuti frammenti di legno, sulle ferite inferte. La mancata disinfezione degli strumenti, dopo operazioni effettuate su piante infette, è sicuramente il principale mezzo di contagio che consente la diffusione del patogeno da pianta a pianta su uno stesso filare o da un filare all’altro di uno stesso comune o, addirittura, da un comune all’altro o da una regione all’altra. Non è raro riscontrare come filari di piante che non hanno subito interventi negli ultimi 10-15 anni risultino indenni dalla malattia.

La segatura e i frammenti di legno infetti possono essere trasportati, oltre che dagli attrezzi cesori, anche dalle scarpe e dagli indumenti degli operatori, dai veicoli, dal vento, dagli animali, o possono cadere all’interno dei contenitori dei mastici usati per il lutaggio delle ferite o essere trasportati dai corsi d’acqua..

Inoltre un'importante via di trasmissione del fungo è costituita dalle anastomosi radicali instauratesi fra piante malate e piante sane adiacenti.

Da ultimo non si può dimenticare la possibilità di diffusione per via naturale delle ascospore e dei conidi per mezzo di agenti meteorici (vento, pioggia, grandine) o di animali come uccelli, roditori o insetti.

Sintomatologia

La malattia si manifesta sugli organi legnosi (tronco e branche) sotto forma di lesioni longitudinali depresse, che col tempo, per effetto della disidratazione dei tessuti alterati, si fessurano in modo irregolare. Sugli individui a corteccia liscia e chiara è possibile osservare un'anomala colorazione bruno-nocciola, con toni spesso violacei (fiammatura), che contrasta col colore dei tessuti circostanti. Asportando la corteccia, il legno sottostante appare di colore bruno-scuro quasi nero. Il limite fra i tessuti sani ed alterati è sfrangiato e al suo margine, talora, sono presenti delle macchie scure "a pelle di leopardo".

Una caratteristica del cancro colorato è la frequente assenza di cercini cicatriziali che delimitano la lesione, a riprova dell'aggressività del patogeno. Sezionando trasversalmente il tronco e le branche infette, si osservano intense alterazioni bruno-nerastre disposte in senso radiale.

I sintomi sulla chioma sono differenti a seconda che il sito di infezione sia localizzato a livello aereo o a livello radicale. Nel primo caso si osservano dei disseccamenti parziali in corrispondenza del punto di inoculazione, il cancro ha un andamento basipeto e, spesso ma non sempre, si producono lungo il fusto abbondanti riscoppi vegetativi, che seccano man mano che il fungo avanza. Nel secondo caso l’infezione ha un andamento acropeto e sulla chioma appare un deperimento generalizzato con diffusi ingiallimenti, microfillia e filloptosi. In alternativa, come per molte tracheomicosi, si può verificare la repentina morte della pianta per “colpo apoplettico”.

Cenni storici e diffusione

La malattia è comparsa per la prima volta negli USA nel 1925 e vi si è diffusa intorno agli anni 1925-45. In vent'anni uccise il 50-70% dei platani esistenti in grandi centri come Boston, Chicago, Filadelfia.

Nel bacino mediterraneo il patogeno fu introdotto presumibilmente durante la seconda guerra mondiale. A Marsiglia, dal 1960 al 1978, su una popolazione di 11.000 platani dell'età media di cento anni, ne morirono più di 3.500. Attualmente in Europa , oltre che in Italia, è presente in Francia, Grecia, Svizzera, Albania e Armenia.

In Italia la malattia si manifestò per la prima volta nel 1954 a Caserta, dove fece strage dei 900 platani secolari che costituivano l'alberata monumentale del viale di accesso alla reggia borbonica. Nel 1972 fu segnalato a Forte dei Marmi, dove negli anni seguenti distrusse più del 70% delle piante di platano. A partire da tale epoca le segnalazioni si susseguirono numerose soprattutto nelle regioni del centro-nord. Attualmente poche zone d'Italia sono esenti dal patogeno.

In Piemonte fu rilevato per la prima volta nel 1979 a Torino. Oggi la malattia è presente in tutte le province.

Dopo anni di applicazione della lotta obbligatoria si deve ammettere che una eradicazione del patogeno non è purtroppo ipotizzabile, ma è necessario puntare su un rallentamento della sua diffusione sul territorio. In questo senso i risultati conseguiti in Piemonte sono interessanti.

Pericolosità e danni

Non esistono metodi di cura contro questa malattia. La pianta colpita viene portata sicuramente a morte in un periodo di tempo variabile a seconda delle condizioni fisiologiche dell’ospite e della virulenza del patogeno. In letteratura è riportato che una singola infezione sul tronco può impiegare un periodo variabile da 2 a 3 anni per uccidere una pianta di platano del diametro di 35-40 cm.

Questa malattia è particolarmente pericolosa per le piante delle alberature stradali, dei parchi e dei giardini urbani che vanno soggette a periodici tagli di potatura più o meno drastici e a danni all’apparato radicale per lavori stradali di vario genere.

Le preoccupazioni maggiori sono rivolte alle piante monumentali: la loro scomparsa rappresenterebbe un notevole danno per il nostro patrimonio storico-paesaggistico.

Applicazione della lotta obbligatoria

Nel 1987 fu emesso il primo decreto di lotta obbligatoria (DM n. 412 del 3 settembre 1987) a cui ha fatto seguito il DM 17 aprile 1998, quest’ultimo sostituito dal DM 29 febbraio 2012 attualmente in vigore. Con la D.D. 35 del 24 gennaio 2014 la Regione Piemonte ha recepito tale decreto, dettagliandolo dal punto di vista tecnico ed amministrativo.

Dai suddetti atti legislativi si evince che le uniche strade percorribili per il controllo del patogeno sono l'eradicazione e la prevenzione.

L'eradicazione prevede:

  • il monitoraggio del territorio;
  • il celere abbattimento delle piante infette e delle adiacenti;
  • l'esecuzione degli abbattimenti e il successivo smaltimento seguendo precise norme precauzionali al fine di contenere la diffusione dell'inoculo.

La prevenzione comporta:

  • il procedimento autorizzativo per l'esecuzione di interventi manutentivi di qualsiasi genere nelle zone focolaio;
  • il divieto di potatura nelle aree infette prima del completamento degli abbattimenti eradicativi;
  • l'esecuzione delle potature, nelle aree non infette, nel periodo più freddo ed asciutto dell'anno, riducendo al minimo il diametro dei tagli, disinfettando i tagli più grandi e le attrezzature utilizzate;
  • la massima limitazione degli scavi in prossimità dei platani e delle ferite conseguenti (in caso di recisione delle radici: refilare e disinfettare le ferite);
  • la sostituzione delle piante ammalate con specie diverse oppure con varietà/cloni resistenti;
  • l'adozione di opportune tecniche di impianto e di coltivazione.
Bibliografia

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