Il biennio appena trascorso non è stato facile per l'agricoltura piemontese, messa di fronte innanzitutto alla gravità dell’emergenza climatica, che si è manifestata provocando una forte crisi idrica che ha interessato tutti i settori agricoli; alla crisi economica, che sta spingendo con forza il settore verso le trasformazioni già intraprese alla fine del secolo scorso e accelerate ulteriormente dagli sconvolgimenti portati dalla diffusione della pandemia e dalle tensioni internazionali sfociate nel conflitto russo-ucraino.
Sul piano del mercato, le frequenti crisi finanziarie hanno portato molte aziende ad orientarsi verso una maggiore segmentazione e qualificazione dell’offerta al fine di una miglior valorizzazione delle produzioni e di sottrarsi alle crisi delle “commodity”. Sul piano territoriale si è notevolmente allargata l’influenza della cosiddetta “economia del gusto” che ha contribuito al rilancio di alcune aree rurali della regione. Il Piemonte, inoltre, spicca per la varietà del suo territorio e delle sue produzioni.
Infine, è da rimarcare l’importanza delle politiche pubbliche rivolte al settore e in particolare della PAC (Politica Agricola Comune), che ne condiziona fortemente lo sviluppo e gli orientamenti produttivi.
Dal punto di vista strutturale, il 36% del territorio della regione è destinato alla produzione agricola, pari a 923.428 ettari di SAU (Superficie Agricola Utilizzata), storicamente frammentata sia dal punto di vista aziendale (una media di 21 ha/azienda) sia dal punto di vista settoriale.
Il numero delle aziende agricole è fisiologicamente in calo da alcuni decenni. Negli ultimi 5 anni si è passati da 52.324 a 49.632 aziende, con un calo medio annuo dell’1% circa. Il numero di addetti nelle ultime annate è, invece, rimasto stabilmente poco sopra le 70.000 unità. Il calo delle aziende riguarda soprattutto le aziende marginali con minore professionalità e condotte da titolari di età più elevata. Aumenta, quindi, la dimensione media aziendale mentre il settore progredisce in termini di propensione all’innovazione e agli investimenti.
In questo senso, un dato positivo riguarda la presenza di titolari con meno di 40 anni, in crescita anche grazie alle politiche del PSR a partire dal 2016 e che nel 2022 hanno raggiunto il 14% del totale, pari a 6.656 aziende.
L’industria alimentare si è consolidata dopo un forte ridimensionamento causato dalla crisi economica, stabilizzandosi su una consistenza di circa 4.400 aziende (nel 2007 erano poco più di 7.000).
Il valore della produzione del settore agricolo, silvicolturale e della pesca piemontese ammontava nel 2021 a circa 4,2 miliardi di €, in ripresa dopo la negativa annata 2020. Se si depura questo dato dalla parte reimpiegata nel settore si ottiene il valore aggiunto regionale che ammontava a 1,95 mld di €. L’aumento dei costi di produzione di molte materie prime (+23% medio nel corso del 2022 per il settore agroalimentare) ha inciso notevolmente sulla redditività delle aziende piemontesi spingendo verso l’alto i prezzi all’origine di molti prodotti con ricadute a catena su prezzi all’ingrosso e al consumo.
Il Piemonte da sempre risulta importatore netto di prodotti agricoli (2,34 mld di € contro 0,57 mld di export) ed esportatore di prodotti trasformati (import 2,09 mld di € ed export 7,0 mld). Il settore primario destina la gran parte dei propri prodotti al mercato interno: tra le poche produzioni primarie esportate va citata la frutta fresca (soprattutto mele e kiwi) mentre per i prodotti trasformati, sono numerose le produzioni destinate all’export come vino, caffè e prodotti dell’industria dolciaria. La crisi internazionale del 2022, dopo le iniziali preoccupazioni legate ad alcuni blocchi commerciali, non sembra aver inciso sul risultato finale dell’export regionale (+15% per prodotti agroalimentari), mentre più rilevanti sono state le criticità in entrata a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime, su tutti quelli energetici.
Il principale elemento fondante del successo delle produzioni agroalimentari piemontesi è rappresentato dai prodotti di qualità certificata DOP e IGP, ovvero legati al territorio di origine: in Piemonte sono 23 le denominazioni nel settore alimentare e 59 nel settore del vino. La ricchezza del territorio piemontese è anche riconosciuta in 341 produzioni tipiche regolamentate sotto la dicitura PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale).
Le produzioni biologiche sono in crescita da alcuni anni, con 3.215 aziende piemontesi che aderiscono a questo regime di produzione e una superficie coltivata di poco superiore ai 51.000 ha. Rispetto alla media nazionale il Piemonte rimane al di sotto con il 5,5% della superficie agricola regionale (media nazionale 17%) ma in linea con le regioni del nord Italia. La distribuzione tra le diverse colture è molto frammentata con prevalenza di cereali, foraggere, vite e frutta a guscio.
Allargando lo sguardo alla componente terziaria della filiera agroalimentare, spicca la notevole crescita delle aziende ricettive (alloggio e ristorazione) che in molte aree della regione sono strettamente collegate al settore primario grazie alla diffusione della cosiddetta enogastronomia. Questa categoria è cresciuta molto nell’ultimo decennio attestandosi poco sotto le 30.000 unità. Tuttavia, il biennio 2020/21, a causa della pandemia di Covid-19, ha registrato una contrazione del settore che ha mostrato segnali di ripresa nel 2022.
Il turismo rurale evidenzia sia l’aumento costante dei flussi turistici che l’evoluzione dell’offerta ricettiva, grazie alle circa 1300 aziende agricole che praticano agriturismo, che permette un’alta valorizzazione della produzione aziendale in connessione con l’offerta di servizi turistici e la valorizzazione di paesaggio e aspetti culturali.
Tra le altre forme di diversificazione più diffuse vi sono le fattorie didattiche e l’agricoltura sociale mentre cresce il ruolo delle aziende agricole nell’offerta di servizi legati sia alla sfera ricreativa che a quella dei bisogni sociali e assistenziali, in particolare nelle aree urbane e periurbane.
Riguardo alle politiche pubbliche, è in fase di avvio il nuovo ciclo di programmazione comunitario 2023-2027 che prende il nome di Piano Strategico della PAC (PSP) in cui sono compresi tutti gli strumenti finanziabili attraverso i due principali Fondi Europei che interessano il settore primario: il FEAGA (primo pilastro) e il FEASR (secondo pilastro). Il primo pilastro della PAC ammonta a circa 10,5 miliardi di € su scala nazionale e si articola in diverse linee di finanziamento (aiuti diretti, aiuti settoriali, eco-schemi) e che ogni azienda agricola abbia diritto a percepire un pagamento, a patto di rispettare alcuni impegni di base di natura ambientale. Il volume totale annuo per il Piemonte nello scorso ciclo è stato di circa 340 milioni di €.
Il secondo pilastro della PAC è l’ex Programma di sviluppo rurale (PSR), strumento attivato dal Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR) e attraverso il quale la Direzione Agricoltura, in collaborazione col partenariato economico e sociale regionale, individua le strategie e gli interventi per la sua innovazione, competitività e sostenibilità ambientale e territoriale. Il programma, che dal 2023 prende il nome di CSR (Complemento di Sviluppo Rurale), ha una dotazione di 756,4 mln di € di finanziamento pubblico e trova attuazione in 51 diversi interventi raggruppabili in 7 categorie: ambiente e clima; indennità vincoli naturali; investimenti; giovani; cooperazione; akis (Agricultural Knowledge and Innovation System).
Testo a cura di Stefano Cavaletto - IRES Piemonte (aggiornamento giugno 2023)