Il settore agricolo e rurale piemontese

paesaggio rurale

La crisi economica che aveva colpito i mercati delle materie prime nel biennio 2022/23, si è attenuata nel corso del 2024. Per le aziende agricole piemontesi, l’aspetto più rilevante di questa crisi è stato certamente il forte aumento dei costi di produzione che hanno inciso negativamente sulla loro redditività. Inoltre, le criticità provocate dal cambiamento climatico hanno reso le ultime annate ancora più difficili per molte produzioni.

Sul piano del mercato, le frequenti crisi finanziarie hanno portato molte aziende ad orientarsi verso una maggiore segmentazione e qualificazione dell’offerta al fine di una miglior valorizzazione delle produzioni riducendo l’esposizione alle difficoltà di mercato delle produzioni “commodity”. Sul piano territoriale si è notevolmente allargata l’influenza della cosiddetta “economia del gusto” che ha contribuito al rilancio di alcune aree rurali della regione. Il Piemonte, peraltro, spicca per la varietà del suo territorio e delle sue produzioni.

Infine, è da rimarcare l’importanza delle politiche pubbliche rivolte al settore e in particolare della PAC (Politica Agricola Comune), che ne condiziona fortemente lo sviluppo e gli orientamenti produttivi.

allevamento

Dal punto di vista strutturale, il 35,6% del territorio della regione è destinato alla produzione agricola, pari a 903.392 ettari di SAU (Superficie Agricola Utilizzata), storicamente frammentata sia dal punto di vista aziendale (una media di 21 ha/azienda) sia dal punto di vista settoriale.

Il numero delle aziende agricole è fisiologicamente in calo da alcuni decenni. Negli ultimi 5 anni si è passati da 48.044 a 42.367 aziende, con un calo medio annuo superiore al 2%. Il numero di addetti nelle ultime annate è, invece, rimasto stabilmente poco sopra le 70.000 unità. Il calo delle imprese riguarda in genere aziende marginali condotte da titolari di età più elevata. Tuttavia, nell’ultimo biennio segnato dalla crisi, il calo è risultato più accentuato.

La dimensione media aziendale è costantemente in aumento e si riflette anche in un maggior apporto di manodopera extra famigliare. Un dato importante riguarda la presenza di titolari con meno di 40 anni, la cui percentuale sul totale è cresciuto nell’ultimo decennio anche grazie alle politiche del PSR. Nel 2024 queste aziende rappresentavano il 14,6% del totale, pari a 6.216 aziende.

Il valore della produzione del settore agricolo, silvicolturale e della pesca piemontese ammontava nel 2023 a circa 5 miliardi di €, con un forte aumento nelle ultime due annate grazie soprattutto alla dinamica dei prezzi all’origine. Se si depura questo dato dalla parte reimpiegata nel settore si ottiene il valore aggiunto regionale che ammontava a 2,22 mld di €. L’aumento dei costi di produzione di molte materie prime (+23% medio nel corso del 2022 per il settore agroalimentare) ha inciso notevolmente sulla redditività delle aziende piemontesi spingendo verso l’alto i prezzi all’origine di molti prodotti con ricadute a catena su prezzi all’ingrosso e al consumo.

L’industria alimentare si è consolidata dopo il periodo difficile della pandemia, stabilizzandosi su una consistenza di circa 4.300 aziende (nel 2019 erano poco più di 4.500) e producendo un valore aggiunto di circa 3,5 miliardi di €.

Il Piemonte da sempre risulta importatore netto di prodotti agricoli (3,1 mld di € contro 0,55 mld di export) ed esportatore di prodotti trasformati (import 2,78 mld di € ed export 8,31 mld). Il settore primario destina la gran parte dei propri prodotti al mercato interno: tra le poche produzioni primarie esportate va citata la frutta fresca (soprattutto mele e kiwi) mentre per i prodotti trasformati, sono numerose le produzioni destinate all’export come vino, caffè e prodotti dell’industria dolciaria. La crisi internazionale del 2022, dopo le iniziali preoccupazioni legate ad alcuni blocchi commerciali, non sembra aver inciso sul risultato finale dell’export regionale (+15% per prodotti agroalimentari nel 2022 e +3,6% nel 2023), mentre più rilevanti sono state le criticità in entrata a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime, su tutti quelli energetici.

La produzione agricola, che nel 2023 sfiorava i 4,5 miliardi di € a prezzi correnti, si suddivide in modo equilibrato tra i settori vegetali (46,6% del valore totale) e la zootecnia (42,6%) con una restante parte riguardante le attività di supporto. Tra le coltivazioni rivestono un ruolo importante soprattutto la cerealicoltura (210.000 ha e l’11,2% del valore totale del settore agricolo regionale), diffusa nella pianura torinese e cuneese e la risicoltura (113.000 ha; 6,2%), soprattutto nelle province orientali di Vercelli, Biella e Novara. Nelle aree collinari sono invece predominanti la viticoltura (44.000 ha; 9,9%), che ha il suo cuore nelle colline di Monferrato, Langhe e Roero (territorio riconosciuto come Patrimonio dell’Unesco) e la frutticoltura (43.000 ha; 7%), sia fresca che da guscio. Più eterogenea risulta, invece, la diffusione dell’orticoltura anche se nell’alessandrino si trovano le maggiori aziende di trasformazione industriale.

Nel comparto zootecnico l’allevamento bovino da carne è il settore che registra il più alto valore produttivo (12,7% del totale del settore), seguito dal lattiero caseario (10,8%). Gli allevamenti bovini censiti in regione sono 10.834 di cui l’81% (8.874) specializzate nell’allevamento di razze da carne. Gli allevamenti da carne sono presenti in diverse aree della regione, con una tendenza ad una maggiore intensività in pianura mentre in collina e bassa montagna vi è una maggior diffusione delle forme estensive di allevamento. L’allevamento di vacche da latte (1.325 aziende) è, invece, costituito da aziende mediamente più grandi, con una maggior intensività e diretti fornitori delle principali aziende di trasformazione regionali. Di particolare importanza sono anche il settore suinicolo (1.160 aziende e 7,4% del valore del settore agricolo regionale) e quello avicolo (1.060 aziende; 8,1% del valore sommando pollame e uova), principalmente concentrati in pianura e fortemente collegate con le principali realtà nazionali di trasformazione.

pat

Il principale elemento fondante del successo delle produzioni agroalimentari piemontesi è rappresentato dai prodotti di qualità certificata DOP e IGP, ovvero legati al territorio di origine: in Piemonte sono 23 le denominazioni nel settore alimentare e 60 nel settore del vino tra DOC e DOCG. La ricchezza del territorio piemontese è anche riconosciuta in 344 produzioni tipiche regolamentate sotto la dicitura PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale).

Le produzioni biologiche sono in crescita da alcuni anni, con 3.078 aziende piemontesi che aderiscono a questo regime di produzione e una superficie coltivata di poco superiore ai 57.300 ha. Tuttavia il Piemonte con il 6,3% della superficie agricola regionale rimane al di sotto della media nazionale (17%) ma è in linea con le regioni del Nord Italia. La distribuzione tra le diverse colture è molto frammentata con prevalenza di cereali, foraggere, vite e frutta a guscio.

turismo rurale

Allargando lo sguardo alla componente terziaria della filiera agroalimentare, spicca la notevole crescita delle aziende ricettive (alloggio e ristorazione) che in molte aree della regione sono strettamente collegate al settore primario grazie alla diffusione della cosiddetta enogastronomia. Questa categoria è cresciuta molto nell’ultimo decennio attestandosi poco sotto le 30.000 unità. Tuttavia, il biennio 2020/21, a causa della pandemia di Covid-19, ha registrato una contrazione del settore che ha mostrato segnali di ripresa nel 2022.

Il turismo rurale evidenzia sia l’aumento costante dei flussi turistici che l’evoluzione dell’offerta ricettiva, grazie alle circa 1300 aziende agricole che praticano agriturismo, che permette un’alta valorizzazione della produzione aziendale in connessione con l’offerta di servizi turistici e la fruizione di paesaggio e aspetti culturali.

Tra le altre forme di diversificazione più diffuse bisogna ricordare il contoterzismo che costituisce una importante fonte di reddito per molti agricoltori mentre è sempre più in crescita il ruolo delle aziende agricole nell’offerta di servizi legati sia alla sfera ricreativa che a quella dei bisogni sociali e assistenziali (fattorie didattiche e sociali), in particolare nelle aree urbane e periurbane.

unione europea

Riguardo alle politiche pubbliche, è stato avviato il nuovo ciclo di programmazione comunitario 2023-2027 che prende il nome di Piano Strategico della PAC (PSP) in cui sono compresi tutti gli strumenti finanziabili attraverso i due principali Fondi Europei che interessano il settore primario: il FEAGA (primo pilastro) e il FEASR (secondo pilastro). Il primo pilastro della PAC ammonta a circa 10,5 miliardi di € su scala nazionale e si articola in diverse linee di finanziamento (aiuti diretti, aiuti settoriali, eco-schemi) e sul fatto che ogni azienda agricola abbia diritto a percepire un pagamento, a patto di rispettare alcuni impegni di base di natura ambientale. Il volume totale annuo per il Piemonte nello scorso ciclo è stato di circa 340 milioni di €.

Il secondo pilastro della PAC è l’ex Programma di sviluppo rurale (PSR), strumento attivato dal Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR) e attraverso il quale la Direzione Agricoltura, in collaborazione col partenariato economico e sociale regionale, individua le strategie e gli interventi per la sua innovazione, competitività e sostenibilità ambientale e territoriale. Il programma, che dal 2023 prende il nome di CSR (Complemento di Sviluppo Rurale), ha una dotazione di 750,3 mln di € di finanziamento pubblico e trova attuazione in 51 diversi interventi raggruppabili in 7 categorie: ambiente e clima; indennità vincoli naturali; investimenti; giovani; cooperazione; AKIS (Agricultural Knowledge and Innovation System).

 

Testo a cura di Stefano Cavaletto - IRES Piemonte (aggiornamento gennaio 2025)