Venerdì 21 febbraio si è svolto il convegno di apertura della 46° edizione della Fiera in Campo di Vercelli. L’ormai storica manifestazione vercellese ha preso il via con un incontro dal titolo emblematico: La risicoltura moderna – una storia italiana lunga 100 anni rivolta al futuro, compiendo un excursus lungo un secolo di coltivazione del cereale che vede nelle province piemontesi di Vercelli, Novara, Biella e Alessandria, unitamente a quella di Pavia l’area con la maggior produzione a livello europeo.
Dopo i saluti di rito, è stato il dott. Filip Haxhari, ricercatore e genetista dell’Ente Nazionale Risi, a fare da apripista ricordando che il 2025 sarà l’anniversario degli 80 anni dalla costituzione della varietà Carnaroli, e dei 100 anni dal primo incrocio artificiale che ha di fatto aperto la strada al miglioramento genetico del riso in Italia e in Europa. E’ stato principalmente un intervento di taglio storico, che ha ripercorso a tappe la storia del cereale più consumato al mondo, dall’addomesticazione avvenuta nel Sud-Est asiatico circa 13mila anni fa fino ai giorni nostri e soprattutto alle aspettative future, a cui stanno volgendo lo sguardo gli imprenditori agricoli. Haxhari ha posto l’accento sull’incrocio artificiale e sull’ibridazione del riso, avvenuta per la prima volta a livello mondiale in Giappone nel 1901, e in Italia nel 1925 a Vercelli presso la Stazione Sperimentale di Risicoltura a opera del prof. Giovanni Sampietro, per poi giungere ai grandi cambiamenti iniziati negli anni ’80 del secolo scorso con la Comunità Europea che decise di sviluppare la coltivazione dei “risi indica”, l’inizio delle grandi emigrazioni di massa da Est verso Europa e Italia, la lotta al riso crodo e le prime varietà resistenti agli erbicidi. In conclusione il genetista ha sostenuto che le sfide del futuro per ricercatori e risicoltori saranno l’innalzamento del livello scientifico della ricerca genetica per aumentare la capacità produttiva delle nuove varietà, la conservazione della “qualità di granello” che il mondo invidia all’Italia, la drastica riduzione del numero di varietà in coltivazione, la lungimiranza nel saper cogliere le esigenze che richiederanno i nuovi consumatori.
Il successivo intervento è stato quello della dott.ssa Vittoria Brambilla dell’Università di Milano, che con una presentazione a carattere altamente tecnico e scientifico, si è addentrata sul lavoro di ricerca in laboratorio tramite interventi mirati sul DNA grazie ai marcatori molecolari, arrivando a creare nuovi caratteri attraverso la mutagenesi chimica o fisica. La docente ha fornito una spiegazione applicata della tecnologia CRISPR/Cas9, motivo del premio Nobel per la chimica nel 2020, “tecnologia che può aiutare l’umanità contribuendo soprattutto a migliorare l’agricoltura” introducendo mutazioni mirate nel DNA grazie alla conoscenza dei geni e alle TEA – Tecniche di Evoluzione Assistita, che consentono di cambiare solo il carattere che interessa con rapidità ed estrema precisione. Tali tecniche dall’altissimo valore scientifico rappresenteranno la nuova frontiera per migliorare le più performanti varietà esistenti, rendendole ad esempio più adattabili alla siccità o maggiormente resistenti agli attacchi patogeni, ricreando quindi piante considerabili equivalenti alle convenzionali e non OGM. Nonostante le difficoltà incontrate e le resistenze del mondo anti-scientifico, addirittura con i campi prova sperimentali vandalizzati e distrutti, la dott.ssa Brambilla ha concluso auspicando che manchi davvero poco al momento in cui biotecnologie ed ecologia potranno essere non più in competizione, bensì alleate.
a cura di Luca Ripellino, Regione Piemonte - Direzione Agricoltura e Cibo