L’ospedale di Biella in prima linea per la sperimentazione di una cura contro il Covid-19
È stato arruolato nei giorni scorsi il primo paziente, ricoverato in ospedale per Covid, che ha accettato di essere tra i protagonisti dello studio sull’uso della lattoferrina. Si tratta di uno studio coordinato dal direttore della Pediatria e Neonatologia dell’ASL BI dott. Paolo Manzoni, in sinergia con i responsabile dei reparti Covid, del Pronto Soccorso e del Dipartimento di Medicina.
Diverse ricerche hanno dimostrato già da tempo come la lattoferrina - molecola naturale (glicoproteina) presente in tutte le secrezioni umane, compreso il latte materno - sia in grado di accrescere le difese immunitarie dell’organismo, svolgendo anche un’azione anti-infiammatoria. Tali proprietà possono costituire un valido aiuto anche nella lotta al Coronavirus.
La sperimentazione in corso a Biella - approvata dal Comitato Etico di NOvara - prevede la divisione dei pazienti coinvolti in due gruppi: al primo viene somministrata la lattoferrina; al secondo un placebo. Tutto avviene con la tecnica in doppio cieco: con tale modalità sia il paziente, sia il medico non conoscono le caratteristiche del farmaco somministrato (la tipologia, la dose...) e ciò garantisce il maggior livello di neutralità possibile. Quando si somministra un farmaco, infatti, non va mai trascurata la componente psicologica, sia in chi riceve il farmaco sia in chi lo somministra, che può portare a conclusioni mendaci. Solo una terza persona sarà a conoscenza di chi ha assunto cosa.
Sono molto pochi in questo momento, anche a livello internazionale - spiega il dott. Manzoni - gli studi realizzati nel campo della terapia del Covid-19, e quello avviato a Biella è sicuramente innovativo e ambizioso, oltre che ulteriore dimostrazione del grande impegno di tutta la comunità medica e infermieristica dell’ASL BI nel contrasto della pandemia. La metodica in doppio cieco ci consente di orientare lo studio con il massimo rigore scientifico possibile, per poi valutare gli effetti della somministrazione sulla base di una serie di parametri: l’evoluzione della malattia, la riduzione dei sintomi, la tempistica con cui il paziente si negativizza, la durata del ricovero in ospedale... Proseguiremo con la raccolta dei dati fino a Maggio e dopo procederemo con la valutazione dei risultati ottenuti”.
Allo studio partecipa anche, come Centro collaboratore, l’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, con la figura del prof Pier Paolo Sainaghi come sperimentatore principale.