Interoperabilità in agricoltura: stato dell’arte e prospettive

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Terza pillola di resoconto della partecipazione della Direzione Agricoltura e Cibo alla Fieragricola Tech di Verona, tenutasi nella città scaligera a fine gennaio 2025. Questa volta si pone l’attenzione sulla tematica dell’interoperabilità in agricoltura grazie al convegno ad essa dedicato tenuto dal prof. Brunori dell’Università di Pisa, dal dott. Cruciali di Agricolus e dal dott. Valmori di Image Line.

L’incontro è iniziato fornendo preziose delucidazioni su “Data Act”, il Regolamento (UE) 2023/2854 che stabilisce le norme per l’accesso e l’uso dei dati, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea a fine dicembre 2023 e prossimo a entrare in vigore a partire da settembre 2025. Particolare risalto è stato dedicato ai Data Spaces, una sorta di “ecosistemi digitali” necessari alla creazione dei dati e quindi alla loro divulgazione: si è così introdotto il tema dell’interoperabilità descrivendo l’importanza dei suddetti spazi digitali che devono essere progettati per favorire al massimo l’efficienza e la circolazione dei dati all’interno della UE, seguendo standard condivisi e accessibili con l’obiettivo di arrivare a un mercato unico dei dati stessi.

Due saranno i “macro passaggi” necessari per giungere a una buona interoperabilità in ambito agricolo. Il primo, aumentare la consapevolezza degli imprenditori agricoli del valore dei dati che essi stessi producono. Come ormai ben sappiamo, l’inarrestabile progresso tecnologico coinvolge appieno anche l’agricoltura, con digitalizzazione e intelligenza artificiale sempre più presenti nella gestione di una moderna e competitiva azienda agricola. E a tal proposito è risultato particolarmente calzante l’esempio di quanto avvenuto negli Stati Uniti, dove inizialmente gli agricoltori utilizzavano software gratuiti per la gestione dei dati aziendali, consentendo così ad esempio a ditte produttrici di fertilizzanti e fitofarmaci di reperire facilmente (e soprattutto gratuitamente!) una notevole mole di informazioni arrivando persino a stabilire il prezzo del fattore produttivo per l’anno successivo, addirittura per singola azienda. Il trend è però cambiato radicalmente quando gli agricoltori si sono organizzati acquistando software a pagamento, consapevoli che l’investimento era irrisorio rispetto al “valore” dei dati in precedenza forniti gratuitamente che si trasformavano in un costo effettivo per l’acquisto dei fattori produttivi.

Il secondo fondamentale “macro passaggio” riguarda invece il superamento del timore nel condividere dati, aspetto in Italia ancora troppo diffuso e frequente tra cittadini, imprese ed enti pubblici. Un caposaldo del Data Act è proprio basato sulla convinzione che la diffusione equa del valore dei dati fra tutti i cittadini europei sia il miglior deterrente per evitare inopportune concentrazioni di potere. Anche a tal riguardo il dibattito è stato accompagnato da un esempio concreto: la direttiva UE “Inspire” inizialmente si basava sugli opendata geografici (tra cui il geoportale del Piemonte) ma visto l’insufficiente livello di recepimento da parte di alcuni enti pubblici si sta attualmente lavorando a un sistema federato di interoperabilità che garantisca il flusso libero dei dati e la loro condivisione. Utilizzando nella ricerca sulle chiavi dei diversi standard di interoperabilità anche l’intelligenza artificiale, che sembra dare buoni risultati.

Chiose finali del convegno sono state l’importanza della sicurezza nella protezione dei dati (essendo indubbia la crescita esponenziale del rischio di esposizione delle informazioni man mano che aumenta la loro condivisione), e per quel che concerne anche l’attività della nostra Direzione la richiesta della UE sull’interoperabilità dei dati per giustificare i finanziamenti erogati in agricoltura.