FAQ - Usi Civici in Piemonte

Rivolto a
Cittadini
Enti pubblici
Imprese e liberi professionisti

L’uso civico è un diritto che spetta a coloro che compongono una determinata collettività, delimitata territorialmente, di godere di terreni o beni immobili appartenenti alla collettività medesima (in modo indiviso). 

Il diritto si esplica nell’utilizzo di terreni agro-silvo-pastorali per il soddisfacimento di bisogni essenziali dei componenti della stessa collettività. 

I più comuni diritti di uso civico riguardano l’esercizio del pascolo, del legnatico, della semina e dello stramatico (consistente nel diritto di raccogliere erba secca e foglie per la lettiera degli animali).

I terreni ad uso civico sono:

  • inalienabili, non posso essere venduti senza una specifica autorizzazione
  • inusucapibili, non possono essere acquisiti per possesso continuato
  • indivisibili, non possono essere divisi tra i singoli membri della collettività titolare degli stessi;
  • imprescrittibili, cioè non si estinguono anche se non vengono esercitati;
  • soggetti al vincolo di destinazione agro-silvo-pastorale; 

L’inalienabilità ed il vincolo di destinazione possono essere derogati solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’amministrazione regionale. 
I terreni gravati da usi civici sono soggetti alla tutela paesaggistica prevista dall’art. 142, comma 1, lettera h) del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della Legge 6 luglio 2002,  n. 137).

Le leggi nazionali vigenti in materia di usi civici sono le seguenti:

-    Legge 16 giugno 1927 n. 1766 "Legge di riordinamento degli usi civici nel Regno", che ancora oggi costituisce la normativa  di riferimento in materia di usi civici, con la quale si tentò di unificare istituti e procedimenti in materia di usi civici. La Legge disciplina:

  • l’accertamento dell'esistenza, natura ed estensione dei diritti di uso civico;
  • la liquidazione degli usi civici su terre private;
  • lo scioglimento delle promiscuità;
  • le legittimazioni di occupazioni arbitrarie di terre di uso civico in presenza del verificarsi delle condizioni previste dalla legge (migliorie, possesso decennale, non interruzione del demanio);
  • la reintegrazione al demanio civico delle terre occupate nei casi in cui non avvenga la legittimazione;
  • l’assegnazione delle terre di uso civico alle due categorie previste dalla legge: 
    • a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o pascolo permanente; 
    • b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria;
  • le procedure giurisdizionali attribuite al giudice speciale denominato “Commissario per la liquidazione degli usi civici”;

-    Regio Decreto 26 febbraio 1928, n. 332, con il quale è stato approvato il regolamento di attuazione della L. 1766/1927 che definisce con maggior dettaglio gli istituti previsti dalla legge sul riordinamento degli usi civici e i relativi procedimenti;

-    Legge 17 aprile 1957, n. 278 “Costituzione dei Comitati per l’Amministrazione separata dei beni civici frazionali” che detta le norme relative alle elezioni per la costituzione o il rinnovo dei cosiddetti Comitati per l'Amministrazione Separate dei beni civici frazionali. Il Comitato dura in carica quattro anni ed è costituito da 5 membri eletti nell’ambito dei cittadini residenti nella frazioni di riferimento e iscritti nelle liste elettorali;

-    Legge 31 gennaio 1994, n. 97 “Nuove disposizioni per le zone montane” che definisce gli interventi speciali per la  montagna e le organizzazioni montane per la gestione di beni agro-silvo-pastorali;

-    Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” che fissa i concetti guida relativi al pensiero e alle attività sul patrimonio culturale italiano e invita alla stesura di piani urbanistici territoriali con specifica attenzione ai valori paesaggistici;

-    Legge 20 novembre 2017, n. 168 “Norme in materia di domini collettivi” che definisce e disciplina i domini collettivi e introduce la possibilità di trasferimento del vincolo di uso civico in caso di accertata e irreversibile trasformazione dei terreni.
 

La Regione Piemonte, rilevata la necessità di una regolamentazione completa ed aggiornata in materia di usi civici, ha adottato le seguenti disposizioni: 

-    Legge regionale 02 dicembre 2009, n. 29 "Attribuzioni di funzioni amministrative e disciplina in materia di usi civici" che ripartisce l’esercizio delle funzioni amministrative e disciplina gli istituti e gli strumenti operativi in materia di usi civici;

-    Decreto del Presidente della Giunta Regionale 27 giugno 2016, n. 8/R con il quale è stato approvato il regolamento regionale di attuazione della l.r. 29/2009 che definisce con maggior dettaglio gli istituti previsti dalla legge e i relativi procedimenti;

-    Deliberazione della Giunta Regionale  07 settembre 2018, n. 6-7499 con la quale sono stati approvati specifici criteri per l’affrancazione dei fondi enfiteutici gravati da usi civici;

-    Deliberazione della Giunta Regionale 05 ottobre 2018, n. 17-7645 con la quale sono stati determinati e approvati i parametri economici per la conciliazione stragiudiziale esplicativi della l.r. 29/2009.
 

I terreni gravati da uso civico sono gestiti ordinariamente dalle Amministrazioni Comunali, quali enti esponenziali della collettività titolare dei diritti di uso civico, fermo restando che, nel caso di esistenza o adesione ad un’Unione di Comuni per la gestione associata di funzioni amministrative, la disciplina degli interventi afferenti gli usi civici dovrà essere esercitata dall’Unione stessa.

In particolare, ai sensi dell’art. 6 della l.r. 29/2009, sono trasferite ai Comuni le seguenti funzioni:

  • il rilascio delle concessioni amministrative (previo parere della Regione in caso di concessioni di durata superiore a dieci anni aventi ad oggetto terreni di superficie superiore a venticinque metri quadrati);
  • il rilascio dei provvedimenti di alienazione e costituzione di diritti reali di godimento e relativa sdemanializzazione per i reliquati o aree già gravemente compromesse dal punto di vista ambientale;
  • la reintegrazione nel possesso di beni gravati da uso civico oggetto di occupazione abusiva non regolarizzata o non regolarizzabile;
  • la redazione di progetti di affrancazione;
  • la trasmissione alla struttura competente della documentazione relativa alle occupazioni oggetto di tentativo di conciliazione stragiudiziale per occupazione di terreni gravati da uso civico senza titolo o senza valido titolo e la conclusione della conciliazione stessa (previa autorizzazione della struttura competente);
  • la trasmissione alla Regione della documentazione relativa all’accertamento demaniale comunale delle terre di uso civico per l’approvazione (previa regolarizzazione di tutti i possessi illegittimi e pubblicizzazione dei dati attraverso affissione nell’albo pretorio o mediante pubblicazione sul sito istituzionale);
  • la redazione del regolamento per la fruizione dei beni civici di cui all’art. 9 della l.r. 29/2009.
     

La Regione Piemonte, con la Legge regionale n. 23/2015, ha trasferito alla Città Metropolitana di Torino e alla Provincia del Verbano-Cusio-Ossola le seguenti funzioni amministrative:

  • il rilascio dell’autorizzazione all’alienazione nel caso in cui questa costituisca un reale beneficio per la collettività;
  • il rilascio dell’autorizzazione alla conciliazione stragiudiziale per occupazioni di terreni gravati da uso civico senza titolo o senza valido titolo;
  • la formulazione dei pareri circa il rilascio delle concessioni amministrative di durata superiore a dieci anni aventi ad oggetto terreni di superficie superiore a venticinque metri quadrati.
     

Sono mantenute in capo alla Regione quelle funzioni che richiedono un esercizio unitario in quanto strettamente collegate sia alla tutela della consistenza del patrimonio coltivo, sia all’accertamento e al censimento di tali beni. 

In particolare, ai sensi dell’art. 4 della l.r. 29/2009, compete alla Regione:

  • il rilascio dell’autorizzazione all’alienazione nel caso in cui questa costituisca un reale beneficio per la collettività;
  • il rilascio delle autorizzazioni preliminari alla realizzazione di opere pubbliche acquisito il parere dei comuni interessati;
  • il rilascio dell’autorizzazione alla conciliazione stragiudiziale per occupazioni di terreni gravati da uso civico senza titolo o senza valido titolo;
  • il rilascio dell’autorizzazione al trasferimento del vincolo di uso civico in caso di accertata e irreversibile trasformazione dei terreni;
  • la formulazione dei pareri circa il rilascio delle concessioni amministrative di durata superiore a dieci anni aventi ad oggetto terreni di superficie superiore a venticinque metri quadrati;
  • l’approvazione degli accertamenti demaniali comunali delle terre di uso civico.
     

Le ASBUC frazionali sono entità organizzate appositamente costituite per la gestione separata delle terre e diritti civici. Qualora i terreni di uso civico siano di esclusiva appartenenza di una collettività ristretta identificabile con la frazione di un Comune, ai sensi dell’art. 7 della l.r. 29/2009, tali terreni possono essere gestiti autonomamente dalla collettività frazionale (ASBUC frazionali in Piemonte) tramite un Comitato per l’Amministrazione separata dei beni civici frazionali appositamente costituito con le modalità previste dalla Legge 17 aprile 1957 n. 278. 

Alle ASBUC frazionali è attribuita la personalità giuridica di diritto pubblico, ai sensi della l.r. 22.07.1994 n. 31.

Ai Comitati per l’amministrazione separata dei beni civici frazionali competono:

  • il rilascio delle concessioni amministrative (previo parere della Regione in caso di concessioni di durata superiore a dieci anni aventi ad oggetto terreni di superficie superiore a venticinque metri quadrati);
  • in rapporto alla disponibilità dei propri bilanci, il miglioramento e il mantenimento fondiario, la realizzazione di piste forestali e tagliafuoco, la partecipazione economica per la realizzazione di opere pubbliche;
  • la redazione del regolamento per la fruizione dei beni civici frazionali di cui all’art. 9 della l.r. 29/2009 e dello statuto relativo al funzionamento del Comitato.
     

I Comuni e le ASBUC frazionali sono tenuti a gestire i beni di uso civico a favore delle collettività, tenendo conto del vincolo di destinazione agro-silvo-pastorale dei terreni e garantendo il pieno esercizio dei diritti di uso civico da parte dei cittadini. La gestione dei beni dovrà inoltre garantire la massima tutela e valorizzazione ambientale del territorio.

L’esercizio degli usi civici è per principio gratuito, tuttavia, il Comune può chiedere a chi ha diritto agli usi civici un corrispettivo per il parziale recupero delle spese di amministrazione e sorveglianza dei terreni, quando la loro rendita non sia sufficiente a questi scopi (art. 46 del R.D. 26 febbraio 1928, n. 332).

I Comuni e le ASBUC frazionali sono tenuti a disciplinare l’esercizio dei diritti di uso civico da parte della collettività, attraverso apposito Regolamento ai sensi dell’art. 9 della l.r. 29/2009.
 

I Regolamenti devono essere predisposti dai Comuni/ASBUC frazionali e adottati rispettivamente con deliberazione del Consiglio Comunale/Assemblea dei frazionisti, ai sensi dell’art. 9 della l.r. 29/2009.

Il Regolamento disciplina:

  • l’esercizio dei diritti di uso civico da parte della comunità locale, determinandone il contenuto, i limiti e l’eventuale corrispettivo a carico degli utenti, nonché le modalità di imposizione e riscossione dei canoni;
  • le modalità, le forme e le condizioni economiche ai fini del rilascio delle concessioni per uso esclusivo delle terre civiche;
  • le modalità con le quali avviene la reintegrazione dei beni di uso civico nel possesso comunale;
  • le modalità di emissione e riscossione dei ruoli relativi ai canoni enfiteutici derivanti da quotizzazioni. 
     

La conoscenza a livello catastale dei terreni sottoposti al vincolo di uso civico varia da Comune a Comune, a seconda che siano state portate a conclusione o meno le procedure di accertamento previste dalla Legge 1766/1927 e dalla l.r. 29/2009.

L'art. 78 comma 1 lettera b) del D.P.R. 616/1977  prevede che“..sono attribuite ai Comuni, ai sensi dell'art. 118, primo comma, della Costituzione, le funzioni amministrative in materia di […] vigilanza sull'amministrazione dei beni di uso civico..”.

La Regione Piemonte, per una rapida consultazione dei dati relativi ai vincoli di usi civici, dispone di un applicativo regionale non probatorio (https://servizi.regione.piemonte.it/catalogo/usi-civici-regione-piemonte-0) il cui accesso è subordinato alla ricezione dell'abilitazione da parte del CSI. La richiesta di abilitazione dovrà essere inoltrata all’indirizzo mail ufficio.usicivici@regione.piemonte.it e, una volta ottenuta l’abilitazione, la funzione che si dovrà utilizzare per la ricerca è: "report atti per comune". 

Tale applicativo non contiene atti probatori e i dati al suo interno non rivestono carattere di ufficialità. Le uniche dichiarazioni certe, attinenti la presenza di usi civici, sono reperibili presso i Comuni stessi e, previo appuntamento, presso il Commissariato Usi Civici del Piemonte, Liguria e Valle D'Aosta - Tribunale di Torino in C.so Vittorio Emanuele II, 127 (per informazioni e/o appuntamenti tel. 011-4329504 - mail: usicivici.torino@giustizia.it / PEC: usicivici.torino@giustiziacert.it).
 

I Comuni per i quali è stata accertata in passato l’esistenza di usi civici e che sono stati assegnati a categoria ai sensi dell’art. 11 della legge 1766/1927, mediante l’adozione di un decreto del Commissario per la liquidazione degli usi civici o di altro provvedimento definitivo, devono procedere al riordino del proprio demanio civico verificando l’attuale consistenza delle terre civiche ed il loro effettivo stato di fatto.

I Comuni,  nei quali non è stata ancora accertata l’esistenza di usi civici, devono procedere all’accertamento di cui all’art. 4 della l.r. 29/2009 e al Titolo II del D.P.G.R. n.8/R del 27 giugno 2016. 

Dalle procedure di accertamento sono esclusi solo i Comuni per i quali è stata dichiarata l’inesistenza di terre civiche con decreto del Commissario per la liquidazione degli usi civici o con deliberazione della Giunta Regionale.
 

L’accertamento demaniale è disposto con provvedimento comunale, trasmesso alla struttura competente entro trenta giorni dall’esecutività.

I Comuni affidano gli incarichi di accertamento agli esperti di cui all’art. 5 del Decreto di cui sopra, i quali, facendo riferimento ai documenti e agli atti presenti negli archivi dei Comuni interessati e del Commissariato agli usi civici del Piemonte e della Liguria, producono la relazione di cui all’art. 6 del medesimo Decreto. 

La relazione prodotta, assolti gli obblighi di pubblicizzazione, deve essere approvata con provvedimento del Comune e poi  trasmessa dallo stesso Comune alla Regione per l’approvazione sotto il profilo della legittimità della procedura e chiusura delle operazioni. 

Eventuali contestazioni in merito agli accertamenti demaniali su beni di uso civico, ai sensi della legge 1766/1927, sono di competenza del Commissario per la liquidazione degli usi civici.
 

Il contenuto della relazione di accertamento demaniale è puntualmente indicato all’art. 6 del  D.P.G.R. n. 8/R del 27 giugno 2016.

In particolare, la relazione dovrà elencare distintamente, per particella catastale, i terreni gravati da uso civico, indicando la loro attuale destinazione d’uso, la categoria di assegnazione ai sensi dell’art.  11 della L. 1766/1927, se i terreni sono occupati o meno, l’eventuale titolo di occupazione oppure se questa è da ritenersi senza titolo o senza valido titolo, con la relativa motivazione. 

Alla relazione deve sempre essere allegata la cartografia ricavata dal catasto vigente, con l’evidenziazione dei confini dei terreni gravati da uso civico. In presenza di provvedimenti commissariali di assegnazione a categoria dei terreni che riportino riferimenti a vecchi catasti, dovrà essere effettuata la sovrapposizione tra la vecchia cartografia e il catasto vigente evidenziando i confini dei terreni di uso civico, anche se non coincidenti con i confini delle attuali particelle catastali; in questo caso devono essere allegate alla relazione sia la vecchia cartografia sia la sua sovrapposizione all’attuale.
 

Nel caso in cui dalla relazione emergano possessi illegittimi di terreni gravati da uso civico, il Comune deve procedere alla regolarizzazione e risoluzione di tutte i possessi senza titolo o senza valido titolo, art. 13  della l.r. 29/2009.

Infatti l’approvazione regionale dell’accertamento di iniziativa comunale, di cui all’art. 14 comma 2 della l.r. 29/2009, può avvenire esclusivamente a seguito della trasmissione dei documenti attestanti la regolarizzazione di tutti i possessi illegittimi, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 9 comma 1, lettera d) del D.P.G.R. 27 giugno 2016, n. 8/R. 
 

La relazione prodotta dall’esperto, con i relativi allegati, deve essere depositata presso il Comune o i Comuni interessati per almeno trenta giorni, previa affissione all’albo pretorio o pubblicazione sul sito istituzionale.

Durante il periodo di deposito, i cittadini del Comune e le loro associazioni, le ASBUC frazionali, ove esistenti, nonché i proprietari e titolari di altri diritti reali o personali di godimento, sui terreni interessati dall’accertamento, possono prendere visione della documentazione e, nello stesso periodo e nei venti giorni successivi, gli stessi soggetti possono presentare osservazioni scritte. 

Sulla base delle osservazioni pervenute, l’esperto apporta le modifiche e integrazioni necessarie alla relazione, oppure vi inserisce le motivazioni circa il mancato accoglimento delle stesse; in ogni caso le osservazioni pervenute sono allegate alla relazione, ovvero è dato atto che non è pervenuta alcuna osservazione.

La delibera di approvazione comunale dovrà essere redatta decorsi i termini per la presentazione di eventuali osservazioni e/o successivamente alle modifiche apportate dal tecnico a seguito delle osservazioni pervenute.
 

Le promiscuità relative ai terreni di uso civico sostanzialmente consistono nel fatto che collettività diverse esercitano propri diritti di godimento sugli stessi beni.

La legge 1766/1927, all’art. 8, disciplina i vari tipi di promiscuità e le modalità per conseguire il loro scioglimento. Le promiscuità si distinguono in comunioni generali (quando siano riferite agli interi territori delle comunità partecipanti) o in comunioni particolari (qualora riguardino solo una parte dei territori).

Le promiscuità di norma devono essere sciolte. La legge prevede che lo scioglimento avvenga con l’attribuzione a ciascun Comune o frazione interessata di una parte delle terre in piena proprietà, corrispondente in valore all’entità ed estensione dei reciproci diritti sulle terre.

Il procedimento di scioglimento può avvenire attraverso una transazione extragiudiziale tra le parti, nella forma della conciliazione prevista dall’art. 29 della L. 1766/1927. Le promiscuità esistenti possono essere conservate in considerazione di particolari bisogni dell’economia locale.
 

Gli usi civici non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia. I diritti di uso civico permangono anche a seguito di modifiche territoriali che interessano comuni e frazioni.

Ai sensi dell’art. 6, comma 3, lettera a) della l.r. 29/2009, i terreni gravati da uso civico possono essere dati in concessione a terzi direttamente dai Comuni, nel caso in cui questa arrechi un reale beneficio economico alla popolazione, oppure l’utilizzazione del fondo non ne muti la destinazione agro-silvo-pastorale.

Nel caso di concessioni o rinnovi per un periodo superiore a dieci anni, aventi ad oggetto terreni di superficie superiore a venticinque metri quadrati, i Comuni, affinché i contratti di concessione abbiano validità, devono acquisire il parere vincolante della Regione circa il rilascio della concessione con o senza contestuale mutamento di destinazione d’uso di cui all’art. 25 del D.P.G.R. 27 giugno 2016, n. 8/R. Si rimanda alla procedura per il rilascio della concessione amministrativa avente ad oggetto terreni di uso civico riportata al Capo IV del Titolo III di cui al D.P.G.R. 27 giugno 2016 n. 8/R.
 

L’alienazione di terre di uso civico è ordinariamente vietata; può essere eccezionalmente consentita ai sensi dell’art. 12 della legge 1766/1927 e art. 4 della l.r. 29/2009, nel caso in cui questa costituisca un reale beneficio per la collettività, solo attraverso una specifica e preventiva autorizzazione regionale, secondo la procedura  riportata al  Capo I del Titolo III di cui al D.P.G.R. 27 giugno 2016 n. 8/R.

L’autorizzazione regionale contiene la clausola di retrocessione delle terre all’alienante, nel caso in cui non siano realizzate le finalità per le quali l’alienazione è stata autorizzata nel termine previsto nell’atto stesso; in questo caso, i beni tornano al regime giuridico originario. La clausola deve essere inserita anche nel contratto di compravendita.

I Comuni provvedono direttamente al rilascio dei provvedimenti di alienazione e relativa sdemanializzazione dei reliquati o aree già gravemente compromesse dal  punto di vista ambientale, ai sensi dell’art. 6, comma 3, lettera b) della l.r. 29/2009.
 

I proventi derivanti, a qualsiasi titolo, dall'utilizzo di beni di uso civico, spettano al comune, o alle ASBUC frazionabili se esistenti, con esclusione degli introiti relativi alle tariffe del diritto di escavazione, devono essere destinati prioritariamente, per spese di investimento e miglioramenti fondiari a favore della comunità titolare dell'uso civico e in secondo luogo per la realizzazione di opere permanenti di interesse generale della popolazione.

Ai sensi dell’art. 25 del  D.P.G.R. 27 giugno 2016 n. 8/R, dovrà essere preventivamente predisposto, da parte del concessionario, idoneo piano di ripristino del terreno al termine della concessione, contenente il cronoprogramma attuativo degli interventi previsti, stimandone il valore e allegando apposita fideiussione bancaria o altra garanzia che possa intendersi equivalente. La concessione sarà ammessa solo in presenza del suddetto piano di ripristino ambientale.

La legge 1766/1927, all’art. 9, prevede che il Comune, in qualità di ente gestore del demanio civico, deve avviare la procedura di reintegra nel possesso delle terre di uso civico occupate illegittimamente, tramite provvedimento comunale esecutivo ai sensi di legge. 

La reintegra delle terre di uso civico è il procedimento con il quale, ai sensi dell’art. 9 della L. 1766/27 e dell’art. 13 della l.r. 29/2009, le terre di uso civico, oggetto di occupazione abusive o senza valido titolo,  sono restituite alla collettività titolare e rientrano a far parte del demanio civico.

In ogni fase del procedimento di reintegrazione delle terre di uso civico, può essere promosso un esperimento di conciliazione stragiudiziale su richiesta delle parti interessate, secondo quanto previsto dall’art. 29 della L. 1766/1927 e dall’art. 10 della l.r. 29/2009.

Nel provvedimento comunale di avvio del procedimento di reintegrazione nel possesso comunale del terreno gravato da uso civico, si può dare mandato al sindaco per l’esperimento di conciliazione stragiudiziale ai sensi del comma 2, lettera a) dell’art. 19 del D.P.G.R n.8/R del 27 giugno 2016.
 

L’istituto della conciliazione in materia di usi civici, previsto dall’art. 29 della L. 1766/1927, è finalizzato a risolvere in via extragiudiziale i possessi illegittimi da parte di privati di terreni gravati da uso civico.  

Questo procedimento è utilizzato per permettere una rapida soluzione di controversie riguardanti la reintegra, disposta nell’ambito del procedimento di accertamento dei demani civici, per i terreni di uso civico alienati nel passato dai Comuni in assenza dell’autorizzazione prevista dall’art. 12 della L. 1766/1927.

Ai sensi dell’art. 10 della l.r. 29/2009, la conciliazione stragiudiziale è conclusa dal Comune dopo aver acquisito l’autorizzazione di cui all’art. 4, comma 1, lettera c) secondo le modalità contenute al Capo III del Titolo III di cui al D.P.G.R. 27 giugno 2016 n. 8/R, sulla base dei parametri economici fissati con la Deliberazione della Giunta Regionale 5 ottobre 2018, n. 17-7645.
 

Il provvedimento del Comune deve approvare la relazione e la perizia di stima elaborate dal tecnico incaricato e anche lo schema di verbale di conciliazione. Il provvedimento deve indicare chiaramente a quale importo l’Amministrazione intende conciliare, se e quale abbattimenti intende applicare all’indennizzo per l’occupazione pregressa e, nel caso di successiva alienazione o concessione dei terreni, deve dimostrare il reale beneficio economico arrecato alla popolazione e indicarne le condizioni, ovvero il canone di alienazione/concessione e la durata della concessione, specificandone univocamente l’inizio.

Lo schema di verbale deve essere approvato con deliberazione del Consiglio comunale e deve essere sottoscritto tra le parti secondo quanto previsto dall’art. 18 comma 3 del D.P.G.R. n. 8/R del 27 giugno 2016 “Se le parti giungono ad un accordo sui termini della conciliazione stragiudiziale, il comune trasfonde gli stessi in uno schema di verbale di conciliazione”.

Se il Comune presenta un’unica istanza di conciliazione con successiva concessione dei terreni gravati da uso civico all’occupante, è sempre necessario il parere obbligatorio e vincolante della struttura competente, ai sensi dell’art. 6, comma 3, lettera a) della l.r. 29/2009, anche in caso di concessione avente durata inferiore a dieci anni. 

In base al punto 4 della D.G.R. n. 17-7645 del 05 ottobre 2018, la stima necessita di una valutazione coerente con quanto indicato dall'art. 31 del D.P.G.R. n. 8/R del 27 giugno 2016, il quale richiede la dimostrazione puntuale delle fonti impiegate per la stima del valore dei beni attraverso “... elementi ricavabili dalla legislazione regionale vigente o da banche dati del mercato immobiliare pubblicate dall'Agenzia delle entrate, di stima sintetico-comparativa o di valutazione contingente, secondo i principi dell'estimo.”

Per quanto attiene la determinazione del prelievo delle risorse naturali trova applicazione l’art. 10 comma 2 bis della l.r. 29/2009 il quale prevede che, ove sia presente una "attività lucrativa" , “..si presume un prelievo di risorse naturali di valore pari al 6 per cento dell'utile lordo, derivante dalle predette attività, rapportabile al terreno stesso..”, tuttavia considerando che la norma pone una presunzione, resta possibile, in sede di perizia di stima, utilizzare un diverso criterio di calcolo motivandone adeguatamente la scelta.

La determinazione dell’indennizzo per l’occupazione pregressa può tenere conto di interventi realizzati dagli occupanti secondo quanto prescritto dal  punto 11) della D.G.R. 5 ottobre 2018 n. 17-7645, il quale precisa che “..qualora, durante l’occupazione, il bene o i redditi derivanti dallo stesso siano stati impiegati in modo da arrecare un beneficio alla collettività locale, il controvalore di tali benefici è portato in detrazione dall’indennizzo per l’occupazione pregressa.”, purchè le opere ricadano sulle aree gravate da uso civico e la documentazione consenta di dimostrare il beneficio arrecato alla collettività. 

In ogni caso, non si possono detrarre le migliorie eventualmente apportate ai terreni da opere realizzate da pubbliche amministrazioni.
 

Ai sensi dell’art. 4, comma 1-bis del D.P.R. 327/2001, i beni gravati da uso civico non possono essere espropriati se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d’uso, fatte salve le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico.

Come anche ribadito chiaramente più volte nella Sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 12570/2023 del 10 maggio 2023 “..i diritti di uso civico gravanti su beni collettivi non possono essere posti nel nulla (ovvero considerati implicitamente estinti) per effetto di un decreto di espropriazione per pubblica utilità, poiché la loro natura giuridica assimilabile a quella demaniale lo impedisce essendo, perciò, necessario, per l’attuazione di una siffatta forma di espropriazione, un formale provvedimento di sdemanializzazione, la cui mancanza rende invalido il citato decreto espropriativo che implichi l’estinzione di eventuali usi civici di questo tipo ed il correlato trasferimento dei relativi diritti sull’indennità di espropriazione..” e ancora “..poiché i beni gravati da uso civico di dominio collettivo sono assimilabili a quelli demaniali (costituendone – secondo alcuni indirizzi - una particolare categoria), l’approdo ermeneutico, in relazione al loro regime giuridico sul punto, non può essere che lo stesso, nel senso che l’esperimento della procedura espropriativa per pubblica utilità, affinché possa essere ritenuta legittima, deve essere proceduta dalla preventiva “sdemanializzazione” di siffatti tipi di beni...”.

L’ art. 4, comma 1-ter del DPR 327/01 precisa che gli elettrodotti sono compatibili con l'uso civico, “... fatta salva la possibilità che la regione, o un comune da essa delegato, possa esprimere caso per caso una diversa valutazione...”.
 

In presenza di varianti e revisioni del piano regolatore generale ai sensi dell’art. 17  della l.r. 56/1977 e s.m.i. che comportino l’adeguamento al Piano Paesaggistico Regionale (Ppr) approvato con D.C.R. n. 233-35836 del 3 ottobre 2017 ai sensi dell’art. 33  delle Norme di Attuazione, i terreni gravati da uso civico devono essere rappresentati nella Tavola dei Vincoli.

Il regolamento di attuazione del Piano Paesaggistico Regionale del Piemonte (Ppr) 22 marzo 2019 , n. 4/R  precisa inoltre che qualora il Comune intenda procedere ai sensi dell’articolo 33, comma 19, delle NdA del Ppr e dell’articolo 47 del regolamento regionale 27 giugno 2016 n. 8/R in materia di usi civici, come previsto dall’articolo 3, comma 3, delle legge 20 novembre 2017 n. 168, recante “Norme in materia di domini collettivi”, il vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lettera h) del Codice dei Beni Culturali d.lgs 42/2004 permane sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici.
 

L'art. 78 comma 1 lettera b) del D.P.R. 616/1977  prevede che “... sono attribuite ai Comuni, ai sensi dell'art. 118, primo comma, della Costituzione, le funzioni amministrative in materia di […] vigilanza sull'amministrazione dei beni di uso civico...”.

La legge regionale 29/2009 e s.m.i. prevede che la vigilanza sull’osservanza dei regolamenti locali sia affidata ai Corpi di polizia municipale e provinciale, alle Guardie Ecologiche Volontarie e al Corpo Forestale dello Stato.
 

L’uso civico di pesca è normato dall'art. 10 del Regio Decreto 26 febbraio 1928, n. 332, il quale stabilisce che gli usi civici di pesca si esercitano in base a regolamenti deliberati dai Comuni e approvati dai Consigli provinciali. 

La Regione, con l’art. 5 della l.r. 29/2009 ha specificato che “... le province, in caso di uso civico di pesca, rilasciano un parere di conformità dei regolamenti comunali, previsti all'articolo 9, alla legge regionale 29 dicembre 2006, n. 37 “Norme per la gestione della fauna acquatica, degli ambienti acquatici e regolamentazione della pesca”...”.

Ai fini gestionali inoltre, l’art 17, comma 3 della l.r. 37/2006 ha definito che “... le province, i soggetti individuati ai sensi del comma 1 e i titolari o concessionari di diritto esclusivo di pesca e di uso civico effettuano l'attività di ripopolamento nei limiti stabiliti dalla programmazione regionale e provinciale. Le province entro il 31 ottobre di ogni anno approvano il programma per i ripopolamenti ittici da attuarsi nei dodici mesi successivi...”.