Il Piemonte è la seconda regione per produzione suinicola
L’assessore regionale alla Sanità del Piemonte esprime preoccupazione per le conseguenze che il passaggio del virus della peste suina africana dai cinghiali a due suini riscontrato ieri nel Lazio potrebbero avere sull’intera filiera della suinicoltura nazionale e auspica che la Commissione europea e il Governo nazionale sappiano tener conto dei tempestivi ed efficaci sforzi compiuti dal Piemonte per impedire la diffusione del contagio.
Ciò che è avvenuto nel Lazio, osserva l’assessore, è la controprova di come le drastiche misure assunte fin qui a caro prezzo dalla Regione Piemonte - d’intesa con le Organizzazioni di categoria agricole - siano state non solo utili, ma indispensabili, tanto da rendere impossibile il contagio dei suini nella zona rossa del Piemonte, semplicemente perché tutti i capi suini presenti in questa area (circa ottomila) sono stati immediatamente abbattuti per creare un cordone di massima sicurezza sanitaria, con una spesa a carico della Sanità regionale di oltre due milioni di euro di indennizzi per gli allevatori a totale copertura del danno.
Tutto ciò a tutela della filiera suinicola piemontese che vale circa un miliardo di euro e consta di circa 1.300.000 capi suini (di cui 900.000 in provincia di Cuneo).
L’assessore rileva che, invece, il Lazio pare non aver adottato le stesse precauzioni, così che oggi assistiamo al passaggio del virus dal cinghiale al maiale d’allevamento nella zona rossa del Lazio.
Una situazione che rischia di essere oltremodo punitiva per il Piemonte, se le paventate restrizioni al commercio delle carni suine e dei prodotti derivati venissero adottate su tutto il territorio nazionale, senza distinzioni di merito tra Regioni e Regioni.