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“Nell’attuale scenario epidemiologico, che vede una diminuzione costante della circolazione dell’infezione, tenuto conto del persistere delle attuali misure di confinamento per tutto il periodo delle festività, e considerato che i benefici maggiori potrebbero essere considerati meritevoli solo in una situazione di alta circolazione del virus, si ritiene poco opportuno procedere con un programma di screening di massa”: questo il parere comunicato dal gruppo di lavoro degli epidemiologi della Regione Piemonte (Giuseppe Costa, Paolo Vineis, Lorenzo Richiardi, Chiara Pasqualini e Carlo Di Pietrantonj), coordinato dal consulente Covid Pietro Presti.
Gli esperti ritengono invece più adeguato e strategico concentrare le risorse nella ripresa e nel miglioramento del sistema di tracciamento dei contatti, che include un uso appropriato dei test rapidi, e che insieme alle misure di prevenzione può moderare le spinte di ripresa epidemica possibili con i prossimi allentamenti dell’attuale confinamento differenziato.
Inoltre, considerano ragionevole considerare l’opportunità di impiegare lo screening in determinati contesti che per le proprie caratteristiche richiedono strategie di monitoraggio mirate, come Rsa, personale sanitario, scuola, forza dell’ordine.
In una nota consegnata alla Regione gli epidemiologi sostengono poi che le esperienze di alcuni screening di massa (Bolzano, Slovacchia, Cina) presentano caratteristiche organizzative ed epidemiologiche diverse (ad es. obiettivi, modalità, popolazione, contesto epidemiologico, misure di contenimento) e risultati solo parzialmente documentati e accompagnati da commenti scientifici molto cauti sotto il profilo del reale rapporto costo-efficacia.
Due sono gli aspetti importanti da valutare: la sostenibilità del programma e l’affidabilità del test. Si deve dimostrare che l’impiego di energie e risorse richiesto sia opportuno e realizzabile rispetto ad altri impieghi alternativi, e si ritiene che il tampone con test rapido antigenico presenti limiti soprattutto di sensibilità che ne raccomandano l’impiego solo in situazioni di più significativa frequenza di infezione, come in popolazioni ad alto rischio o in determinati contesti.