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Entra nella piena operatività la legge regionale del marzo scorso sullo sviluppo delle forme associative della medicina generale sul territorio, che intende garantire l’effettiva realizzazione della continuità delle cure, la presa in carico della cronicità ed una migliore accessibilità alle prestazioni, anche nei territori montani o con caratteristiche di zona disagiata: a consentirlo è l’accordo integrativo firmato tra la Sanità regionale e le organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale del Piemonte, che ribadisce il ruolo cardine dell’assistenza primaria tramite il potenziamento delle attuali forme associative di “medicina di gruppo” e “medicina di “rete” dei medici di medicina generale. Un obiettivo per il quale la Regione ha messo a riparto, a decorrere dal 1° gennaio 2021, oltre 35 milioni di euro, con un incremento annuo di 10 milioni.
“Favorire l’operatività aggregata dei medici di famiglia - osserva l’assessore regionale alla Sanità Luigi Genesio Icardi - significa andare tempestivamente incontro ai bisogni assistenziali non differibili, causa preponderante degli accessi impropri al pronto soccorso e dei conseguenti ricoveri ospedalieri, anche in fasce orarie diverse da quelle dedicate da ciascun medico all’attività ambulatoriale. In questo modo, viene elevato il livello delle prestazioni, aumentato il numero delle ore in cui è possibile accedere agli studi medici e incrementata la possibilità per i medici di partecipare ad attività formative. E’ un passo di strategica importanza per fornire prestazioni sanitarie omogenee e un nuovo modello di assistenza sul territorio più vicino ai bisogni dei cittadini”.
Il dettaglio dell’accordo
I medici che intendono costituire una nuova forma associativa devono acquisire il nulla-osta dell’apposito Comitato regionale, mentre è compito dell’Asl procedere, in qualsiasi momento successivo all’inizio dell’operatività, alla verifica del possesso dei requisiti previsti dalla legge regionale.
Ciascun medico presta la propria opera anche nei confronti degli assistiti in carico agli altri componenti dell’associazione, salvaguardando il rapporto fiduciario individuale.
La chiusura pomeridiana di uno degli studi in associazione deve avvenire non prima delle ore 19. Ciascun medico in associazione è tenuto all’apertura dell’ambulatorio per un numero di ore settimanali correlato al numero degli assistiti.
Nelle forme associative, l’articolazione oraria nelle fasce mattutine e pomeridiane deve garantire l’apertura pomeridiana di un numero di studi non inferiore ad un terzo dei medici associati e deve essere garantita l’apertura dello studio di medicina di gruppo o degli studi di medicina in rete almeno 6 ore al giorno.
Per salvaguardare la capillarità dell’assistenza in paesi, borgate e frazioni ubicati in zone a bassa densità abitativa e rendere l’attività della medicina generale maggiormente adattabile alle diverse contestualità locali, sia in termini di caratteristiche territoriali che nel rispetto delle diverse tipologie di utenza, viene istituito il modello associativo di medicina di gruppo-rete, contraddistinto dalla presenza di una sede centrale e di studi satelliti. La sede centrale e gli studi periferici devono essere funzionalmente collegati tra loro, con orario di apertura di almeno 6 ore al giorno opportunamente distribuite tra mattino e pomeriggio, e con almeno uno studio della sede centrale aperto fino alle 19.
I medici che scelgono di lavorare in una delle due modalità associative possono essere supportati da collaboratore di studio e personale infermieristico, previo nulla-osta del competente Comitato regionale, sulla base dei requisiti richiesti e dei fondi a disposizione. La relativa indennità è riconosciuta ad ogni medico facente parte dell'associazione, a condizione che il collaboratore sia presente per almeno 16 ore settimanali nel caso di tre medici, 24 ore settimanali nel caso di quattro medici, a tempo pieno nel caso di un numero maggiore a quattro. L’infermiere professionale deve, invece, essere disponibile per un orario pari al 50% di quello previsto per il collaboratore di studio. L’assunzione può essere fatta direttamente dal medico o da altri soggetti (società di servizi, cooperative) o secondo il contratto nazionale dei dipendenti per gli studi professionali di IV categoria e degli infermieri professionali, o con un contratto di natura libero professionale o comunque utilizzato secondo specifiche autorizzazioni aziendali.