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L'accoglienza dei migranti questione etica

“Credo di essere nel giusto nell’aver assunto una posizione radicalmente diversa sul tema migranti da quella dei presidenti di altre Regioni del Nord Italia, prima ancora che per ragioni politiche, per ragioni etiche e culturali. Sono onorato di essere il presidente della Regione in cui è stato accolto il rifugiato senegalese sepolto dalla frana all’hotel Rigopiano mentre svolgeva legalmente il suo lavoro, sono altrettanto onorato che il Piemonte abbia accolto il gruppo di migranti africani che sono in Abruzzo per aiutare le popolazioni colpite da terremoti e maltempo e che abbia accolto i richiedenti asilo che a Ormea a Garessio erano in prima fila a dare una mano a pulire i disastri dell’inondazione dello scorso novembre. Dire 'Io sto dalla loro parte' è una scelta di campo, etica, che riguarda tutte le persone che hanno responsabilità nella cosa pubblica”: non ha usato mezze misure il presidente Sergio Chiamparino per esprimere il suo parere sull'accoglienza dei migranti al termine di un dibattito su questo tema svoltosi il 24 gennaio in Consiglio regionale alla vigilia dell’incontro tra la Conferenza delle Regioni e il ministro dell’Interno, Marco Minniti, sui temi dell’immigrazione e nell’imminenza del varo del Piano di distribuzione dei migranti su tutto il territorio nazionale realizzato dal Ministero in collaborazione con l’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci).

Per quanto riguarda le politiche nazionali, Chiamparino ha sostenuto che “il ministro Minniti ha indicato la strada maestra, quella che prevede di stringere intese con i Paesi da cui proviene o transita la maggior parte dei migranti per costruire corridoi umanitari, e mi pare che l’aver ripreso in mano l'iniziativa diplomatica faccia ben presagire per il futuro. Quello messo a punto dal Governo Gentiloni è un piano che, da quello che si dice, si dipana in un contesto internazionale con un programma di interventi che punta a una accoglienza il più possibile diffusa sul territorio e che non mi sembra riducibile al modo in cui era stato presentato, vale a dire un Cie in ogni regione”.

Nel suo intervento il presidente ha poi detto che “non si può usare il lavoro dei migranti per sostituire altre attività lavorative, qualunque esse siano, ma tutti sappiamo quanti lavori sarebbero utili e necessari per rendere le nostre comunità più belle e pulite: io credo che ci sia uno spazio enorme per attività lavorative che compensino il sostengo che lo Stato offre ai migranti, senza che queste siano percepite come sostitutive. E mi vengono in mente molti esempi, in Piemonte, di Comuni di centro-sinistra e centro-destra dove i migranti svolgono attività integrative apprezzate da tutta la popolazione e che hanno contribuito significativamente a far 'riconoscere il diverso', e a integrarlo”.

Infine, Chiamparino ha affermato che “va decisamente abolito il reato di clandestinità, che ha avuto effetti esattamente opposti a quelli che si proponeva, rendendo più complicato il controllo dei titoli per l’accoglienza, come, peraltro, dimostra il percorso del terrorista di Berlino” e che “oggi dobbiamo oggi rivedere radicalmente tempi e criteri per l’accoglienza e per la definizione del diritto ad essere protetto e accolto: un anno e mezzo è un periodo troppo lungo, incompatibile con la possibilità di espellere chi non ha diritto di rimanere. Ma ancora più fondamentale è la ridefinizione dei criteri di accoglienza, perchè il confine della necessità fra negazione dei diritti umani e diritto a una vita socialmente ed economicamente dignitosa è troppo stretto. E’ doveroso quindi un salto di qualità complessivo nell’accoglienza, un salto di qualità che può e deve fare l’Europa, la comunità di Stati cui orgogliosamente apparteniamo ma che nella gestione di questa grande emergenza umanitaria è ancora dolorosamente troppo assente”.

Ad aprire il dibattito era stata l’assessora all’Immigrazione, Monica Cerutti, ricordando che “l’accordo Stato-Regioni assegna al Piemonte il 7,2% di tutte le persone accolte, anche se al momento ne ha in carico un po’ di più perché sta sopperendo a parte delle quote assegnate alle regioni colpite dal terremoto. Si tratta di poco più di 14.000 persone, di cui appena 1.270 legate al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) - il 40% delle quali ospitate nella Città metropolitana di Torino e il 60% nelle province rimanenti. Il Piano Anci intende proporre una ripartizione il più possibile equilibrata tra i Comuni: un elemento importante se si pensa che in Piemonte ben 902 Comuni non sono interessati ad alcun tipo di progetto in materia. Grazie agli incentivi destinati ai Comuni ospitanti stanno arrivando in Piemonte 7 milioni di euro che potranno essere usati dai sindaci a favore di progetti rivolti a tutta la comunità. Oltre all’accoglienza, obiettivo fondamentale è l’integrazione, portata avanti attraverso progetti di volontariato civico che permettano alle amministrazioni di coinvolgere i richiedenti asilo e di farli incontrare con la comunità”.

Author Gianni Gennaro Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.