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Difesa della vita: migliora il percorso di assistenza alle donne

Per garantire il diritto alla procreazione coscienmte e responsabile

La Regione chiama gli operatori dei servizi sanitari e sociali piemontesi ad attivare le azioni e gli interventi necessari a garantire il diritto alla procreazione cosciente e responsabile ed alla vita nascente fin dal momento del primo colloquio con cui una donna chiede l’interruzione di gravidanza. Una delibera della Giunta supera il percorso assistenziale dell’ottobre 2008 adottando nuove modalità di presa in carico della donna che si rivolge ai consultori, in modo da valutare ed accertare le cause che la spingono verso questa scelta.

Sodddisfatto il presidente Roberto Cota: “Ci eravamo impegnati in campagna elettorale a difesa della vita, sostenendo la presenza delle associazioni pro-vita nelle nostre strutture sanitarie: manteniamo l’impegno”.

Caterina Ferrero, assessore alla Tutela della salute e Sanità, alle Politiche sociali e per la famiglia, entra nel dettaglio: “Il nuovo protocollo rappresenta un atto di estrema importanza per dare la massima attuazione a tutte le esigenze previste dalle legge 194 e, in particolare modo, al rispetto della donna e delle sue esigenze di scelta responsabile della maternità, alla tutela della vita, alle motivazioni e alla ricerca di tutte le possibile alternative all’interruzione volontaria della gravidanza”.

L’obiettivo è ridurre un tasso di abortività che in Piemonte è più elevato della media nazionale (nel 2009 9,7 per mille contro l’8,7 per mille italiano, così come indicato nella relazione del Ministro della Salute sull’attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità) migliorando il percorso assistenziale oggi strutturato presso i consultori e la messa in campo di misure coordinate per il sostegno alla maternità difficile per ragioni economiche e sociali. “Proprio per rimuovere le cause che possono indurre la donna a richiedere l’interruzione della gravidanza - dichiara Ferrero - il protocollo prevede che le Asl debbano avviare opportune collaborazioni con i gestori delle funzioni socio-assistenziali, i centri per le famiglie e, in particolare, con le organizzazioni di volontariato e associazioni del privato sociale che operano nel settore della tutela materno-infantile quali portatrici di valori etici e di solidarietà sociale. Si potrà così privilegiare gli ambiti dell’aiuto/sostegno e dell’informazione, da realizzare con una maggiore integrazione tra servizi sanitari e sociali per una presa in carico globale sotto i profili psicologico e sociale e la messa in campo di azioni a tutela della vita nascente”.

In particolare, il protocollo prevede un’articolata serie di indicazioni per erogare dal primo colloquio servizi come la presa in carico della consulenza psicologica, l’erogazione di contributi economici, il sostegno socio-educativo anche domiciliare, la mediazione familiare, soluzioni di appoggio-ospitalità per il bambino o la coppia madre-figlio. Particolare rilievo viene, inoltre, riservato alle procedure che riguardano le minorenni e le donne straniere.

Per quanto attiene il ruolo del volontariato e del privato sociale nel settore della tutela materno-infantile, l’obiettivo è di mettere a disposizione delle persone e degli enti locali e no profit le opportunità presenti sul territorio per la promozione della vita e il sostegno alla natalità. A questo proposito, la delibera prevede l’istituzione presso ogni Asl di un elenco, basato su severi requisiti oggettivi e tecnico-organizzativi, delle associazioni che saranno autorizzate a stipulare convenzioni che consentiranno di intervenire a fianco degli operatori dei consultori e dei centri per la famiglia attivi nei consorzi dei servizi socio-assistenziali.

Rispondendo ad alcuni rilievi dei gruppi di opposizione, l’assessore ai Rapporti con il Consiglio Regionale, Elena Maccanti, ha rilevato il 26 ottobre che “si tratta di un assunzione di responsabilità a favore della vita e della libertà delle donne e non certo contro la legge 194. L’implementazione dei volontari provita nelle strutture ospedaliere vuole essere uno dei punti qualificanti a favore della famiglia, all’interno di una serie di provvedimenti a favore delle donne in difficoltà, per fare in modo che all’interruzione di gravidanza ci possa sempre essere un’alternativa”.

15 ottobre 2010