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Lo scarto di cibo negli ospedali piemontesi

Malgrado il crescente utilizzo di correttivi gestionali e di programmazione l’entità di cibo perfettamente utilizzabile che finisce in spazzatura da mense scolastiche, aziendali e ospedaliere resta troppo alta. L’ambito ospedaliero, per alcune sue peculiarità (urgenza/emergenza solo parzialmente programmabile, modificazioni impreviste delle condizioni cliniche di alcuni pazienti) richiede l’allestimento di porzioni extra che a volte contribuiscono a questo spreco.

Questi i risultati di uno studio, unico in Italia e molto probabilmente anche in Europa, effettuato dalla Rete regionale di dietetica e nutrizione clinica, che ha monitorato gli scarti della ristorazione ospedaliera in 13 ospedali del Piemonte.
Il monitoraggio, presentato il 7 ottobre ad Expo nel teatro Slow Food da Maria Luisa Amerio, direttore della struttura Dietetica e nutrizione clinica dell’ospedale Cardinal Massaia di Asti e coordinatrice del progetto, e da Fulvio Moirano, direttore della Sanità della Regione Piemonte, ha messo in evidenza che l’entità degli avanzi (cibo sprecato e gettato, anche se potenzialmente ancora consumabile) e degli scarti (cibo che viene gettato perché non consumato o consumato solo parzialmente) nella ristorazione collettiva resta uno dei grandi nodi solo parzialmente risolti a livello nazionale e internazionale.

Ma in Piemonte non tutto il cibo va perduto: stimolato dalla Rete regionale di dietetica e nutrizione clinica, con alcune onlus del settore (Banco alimentare, Caritas, Biella solidale) e grazie alla collaborazione delle direzioni sanitarie delle Asr e delle ditte di ristorazione che gestiscono alcuni ospedali, è stato avviato nel 2011 un percorso di applicazione della legge 155/2003, la legge cosiddetta “del Buon Samaritano”, che ha permesso nel 2014 il recupero a scopi di solidarietà sociale di più di 25 tonnellate di cibo altrimenti destinato a essere gettato.

Dopo il lavoro sugli avanzi la Rete piemontese di nutrizione clinica ha proseguito il percorso per la conoscenza dell’entità e delle cause degli scarti, attivando una vera task force di medici e dietisti, che per un periodo cumulativo di 48 settimane hanno effettuato 39545 rilevazioni monitorando gli scarti relativi a 8627 pasti in 13 ospedali della Regione, valutando al letto di ogni singolo paziente - in reparti selezionati rappresentanti delle differenti aree di degenza - le cause della assunzioni inadeguate (cliniche, organolettico-gastronomiche o gestionali) e l’entità degli scarti stessi, dopo adeguata formazione per un’omogenea rilevazione e gestione dei dati. Ne è risultata un’ampiezza di dati al momento mai apparsa nella letteratura scientifica con analoga numerosità e sistematicità metodologica. Le successive valutazioni hanno permesso non solo una ricostruzione delle ricadute in termini di perdita nutrizionale e spreco economico, ma anche un primo sistematico punto di partenza per la definizione di correttivi al sistema.

redazione

08 ottobre 2015