RACCOLTA DELLE LEGGI
E DEI REGOLAMENTI REGIONALI
- ANNO 1999 -

ACQUE PUBBLICHE

Legge regionale 9 agosto 1999, n. 22

Norme per la standardizzazione delle informazioni sulle opere connesse all’uso dell’acqua e riapertura dei termini per la presentazione delle domande di rinnovo delle utenze di acqua pubblica prorogate dalla legge regionale 29 novembre 1996, n. 88

AGRICOLTURA

Legge regionale 25 giugno 1999, n. 13

Norme per lo sviluppo dell’agricoltura biologica

Legge regionale 8 luglio 1999, n. 17

Riordino dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di agricoltura, alimentazione, sviluppo rurale, caccia e pesca

Legge regionale 9 agosto 1999, n. 20

Disciplina dei distretti dei vini e delle strade del vino del Piemonte. Modifiche della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37 “Le enoteche regionali, le botteghe del vino o cantine comunali, i musei etnografico-enologici, le strade del vino”

Legge regionale 9 agosto 1999, n. 21

Norme in materia di bonifica e d’irrigazione

ARTIGIANATO

Legge regionale 31 agosto 1999, n. 24

Modifiche della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21 “Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato”

Testo coordinato
Legge regionale 9 maggio 1997, n. 21 “Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato” così come modificata dalla legge regionale 31 agosto 1999, n. 24

ASSOCIAZIONI, FONDAZIONI

Legge regionale 24 maggio 1999, n. 10

Contributo regionale per la realizzazione di un monumento alla memoria di Fausto Coppi

BILANCIO

Legge regionale 20 gennaio 1999, n. 1

Autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio per l’anno finanziario 1999 per la Regione e per gli Enti dipendenti dalla Regione

Legge regionale 11 febbraio 1999, n. 2

Integrazione alla legge regionale 20 gennaio 1999, n. 1 (Autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio per l’anno finanziario 1999 per la Regione e per gli Enti dipendenti dalla Regione)

Legge regionale 26 marzo 1999, n. 4

Bilancio di previsione 1999 e pluriennale 1999-2001

Legge regionale 21 aprile 1999, n. 6

Prima integrazione alla Legge Regionale Bilancio di previsione per l’anno 1999 e pluriennale 1999-2001

Legge regionale 21 aprile 1999, n. 7

Assestamento al bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998 di enti dipendenti dalla Regione e di Enti di gestione di Aree protette

Legge regionale 18 giugno 1999, n. 11

Variazione urgente al bilancio della Regione per l’anno 1999

Legge regionale 25 giugno 1999, n. 12

Bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998 dell’Agenzia regionale per i servizi sanitaria

Legge regionale 2 luglio 1999, n. 14

Bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999 dell’Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Canavese

Legge regionale 6 dicembre 1999, n. 31

Prima variazione al bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999 nonchè disposizioni finanziarie per gli anni 2000 e 2001 e approvazione delle schede Fondo Investimenti Piemonte (FIP)

CAVE E TORBIERE

Legge regionale 3 dicembre 1999, n. 30

Norme speciali e transitorie in parziale deroga alle norme regionali vigenti per l’esercizio di cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni

COMMERCIO

Legge regionale 12 novembre 1999, n. 28

Disciplina, sviluppo del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114

CONSIGLIO REGIONALE

Legge regionale 26 aprile 1999, n. 9

Modifica alla legge regionale 30 dicembre 1981, n. 57 “Assicurazione contro gli infortuni dei Consiglieri regionali”

Legge regionale 13 ottobre 1999, n. 26

Modifiche alle leggi regionali 11 novembre 1998, n. 33 “Nuovo assetto organizzativo dei Gruppi consiliari e modifiche alla normativa sul personale dei Gruppi” e 1 dicembre 1998, n. 39 “Norme sull’organizzazione degli Uffici di Comunicazione e sull’ordinamento del personale assegnato”

DIRITTO ALLO STUDIO

Legge regionale 18 novembre 1999, n. 29

Interventi per l’Università ed il Diritto allo studio universitario

EDILIZIA RESIDENZIALE

Legge regionale 8 luglio 1999, n. 19

Norme in materia edilizia e modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 “Tutela ed uso del suolo”

ENTI STRUMENTALI

Legge regionale 2 aprile 1999, n. 5

Costituzione della Società Consortile per Azioni ICARUS

ISTRUZIONE

Legge regionale 4 novembre 1999, n. 27

Promozione, in collaborazione con l’Università di Torino, di un Corso di specializzazione in Amministrazione Pubblica

LAVORO

Legge regionale 1 marzo 1999, n. 3

Modifiche alla legge regionale 14 dicembre 1998, n. 41 “Organizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro”

MONTAGNA

Legge regionale 2 luglio 1999, n. 16

Testo unico delle leggi sulla montagna

PARTECIPAZIONI REGIONALI

Legge regionale 9 agosto 1999, n. 23

Sottoscrizione di nuove azioni della “Terme di Acqui S.p.A.”

Legge regionale 31 agosto 1999, n. 25

Sottoscrizione di nuove azioni della TEXILIA S.p.A.

Legge regionale 15 dicembre 1999, n. 32

Partecipazione della Regione Piemonte all’Agenzia di Pollenzo S.p.A.

TRASPORTI

Legge regionale 23 aprile 1999, n. 8

Norme di indirizzo programmatico per la razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti per autotrazione

TURISMO

Legge regionale 2 luglio 1999, n. 15

Modifica della legge regionale 15 aprile 1985, n. 31 (Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere) come integrata dalla legge regionale 11 aprile 1995, n. 55 (Integrazioni della legge regionale 15 aprile 1985, n. 31 relative alle caratteristiche tecnico-edilizie e igienico-sanitarie dei rifugi alpini e rifugi escursionistici)

Legge regionale 8 luglio 1999, n. 18

Interventi regionali a sostegno dell’offerta turistica

Legge regionale 20 gennaio 1999, n. 1

Autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio per l’anno finanziario 1999 per la Regione e per gli Enti dipendenti dalla Regione

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario di Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Esercizio provvisorio)

1. La Giunta Regionale è autorizzata, ai sensi dell’articolo 79 dello Statuto e secondo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 36 della legge regionale 29 dicembre 1981, n. 55 (Norme di contabilità regionale), ad esercitare provvisoriamente, fino al momento dell’entrata in vigore della relativa legge e non oltre il 28 febbraio 1999, il bilancio della Regione per l’anno finanziario 1999, secondo gli stati di previsione dell’entrata e della spesa del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1999, contenuti nel Disegno di legge n. 479 recante “Bilancio di previsione 1999 e pluriennale 1999-2001” approvato dalla Giunta Regionale in data 23 novembre 1998, stampato in data 27 novembre 1998 e presentato al Consiglio regionale in data 30 novembre 1998 e limitatamente ad un dodicesimo per mese degli stanziamenti iscritti ai capitoli inseriti nell’elenco allegato A alla presente legge.

Art. 2.

(Esercizio provvisorio degli Enti dipendenti)

1. Gli Enti dipendenti dalla Regione, il cui bilancio deve essere adottato con la legge di approvazione del bilancio regionale, sono autorizzati, ai sensi dell’articolo 36 della l.r. 55/1981 ed in applicazione dell’articolo 9 della legge regionale 21 luglio 1992, n. 36 (Adeguamento delle norme regionali in materia di aree protette alla legge 8 giugno 1990, n. 142 ed alla legge 6 dicembre 1991, n. 394), ad esercitare provvisoriamente, fino al momento dell’entrata in vigore della relativa legge di approvazione e non oltre il 31 marzo 1999, il bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999, limitatamente ad un dodicesimo per mese per le spese che rivestono carattere di urgenza ed indifferibilità, con riferimento agli stanziamenti previsti dal bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998.

Art. 3.

(Urgenza)

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione e dell’articolo 45 dello Statuto ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 20 gennaio 1999

Enzo Ghigo

Allegato A
(articolo 1, comma 1)

Elenco capitoli

10000 - 10030 - 10040 - 10045 - 10060 - 10070 - 10100 - 10110 - 10115 - 10117 - 10120 - 10124 - 10130 - 10134 - 10135 - 10140 - 10160 - 10162 - 10164 - 10180 - 10190 - 10200 - 10205 - 10207 - 10210 - 10230 - 10240 - 10250 - 10260 - 10270 - 10320 - 10360 - 10370 - 10380 - 10390 - 10400 - 10402 - 10404 - 10406 - 10410 - 10420 - 10430 - 10440 - 10442 - 10444 - 10450 - 10460 - 10470 - 10480 - 10490 - 10500 - 10520 - 10540 - 10550 - 10552 - 10560 - 10570 - 10590 - 10600 - 10630 - 10635 - 10640 - 10740 - 10760 - 10790 - 10880 - 11010 - 12280 - 13850 - 14330 - 15070 - 15180 - 15830 - 15840 - 15890 - 15900 - 15920 - 15930 - 15940 - 15960 - 20200 - 20230 - 20510 - 20530 - 20590 - 20610 - 20850 - 20870 - 20880 - 21150 - 21170 - 21280 - 21320 - 21450 - 21460 - 21510 - 21530 - 21550 - 21670 - 21690 - 21810 - 21880 - 21940 - 21960 - 22660 - 22670 - 22690 - 22700 - 22720 - 22740 - 22760 - 22770 - 22790 - 22810 - 23180 - 23360 - 23370 - 23440 - 23490 - 23600 - 23710 - 23790 - 23820 - 23890 - 23910 - 24030 - 24080 - 24150 - 24270 - 24400 - 24420 - 24450 - 24600 - 24640 - 24730 - 24970 - 24980 - 25030 - 25050 - 25210 - 25220 - 25240 - 25350 - 25500 - 25640 - 25700 - 25720 - 25760 - 25890 - 26000 - 26010 - 26030 - 26090 - 26100 - 26110 - 26120 - 26380 - 26490 - 26500 - 26510 - 26520 - 26540 - 26550 - 27120 - 27190 - 30090

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 3 del 21 gennaio 1999 (ndr)



Legge regionale 11 febbraio 1999, n. 2

Integrazione alla legge regionale 20 gennaio 1999, n. 1 (Autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio per l’anno finanziario 1999 per la Regione e per gli Enti dipendenti dalla Regione)

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario di Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

1. Dopo l’articolo 1 della legge regionale 20 gennaio 1999, n. 1 (Autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio per l’anno finanziario 1999 per la Regione e per gli Enti dipendenti dalla Regione), è aggiunto l’articolo 1 bis:

“Art. 1 bis.

1. In deroga a quanto previsto all’articolo 1 l’importo iscritto al capitolo 14.600 del disegno di legge n. 479 (Bilancio di previsione 1999 e pluriennale 1999-2001) può essere autorizzato nei limiti di lire un miliardo.”

Art. 2.

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 11 febbraio 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 6 del 12 febbraio 1999 (ndr)



Legge regionale 1º marzo 1999, n. 3

Modifiche alla legge regionale 14 dicembre 1998, n. 41 “Organizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

1. All’articolo 13, comma 1, della legge regionale 14 dicembre 1998, n. 41 (Organizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro) le parole: “A decorrere dal 1° gennaio 1999” sono sostituite dalle seguenti: ”A decorrere dalla data di trasferimento delle competenze statali”.

Art. 2.

1. All’articolo 15, comma 2, della l.r. 41/1998 le parole: “entro il 31 dicembre 1998” sono sostituite dalle seguenti: “entro il 30 giugno 1999”.

Art. 3.

1. All’articolo 16, comma 1, della l.r. 41/1998 sono abrogate le parole: “A decorrere dal 1° gennaio 1999”.

Art. 4.

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 1º marzo 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 10 del 10 marzo 1999 (ndr)



















Legge regionale 26 marzo 1999, n. 4

Bilancio di previsione 1999 e pluriennale 1999-2001

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario di Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Stato di previsione dell’entrata)

1. Il totale generale delle entrate della Regione Piemonte per l’anno finanziario 1999 è approvato in lire 23.342.459.477.747 in termini di competenza e in lire 27.751.974.925.955 in termini di cassa (Allegato A).

2. Sono autorizzati, secondo le leggi in vigore, l’accertamento e la riscossione dei tributi istituiti dalla Regione, ed il versamento alla cassa della Regione, delle somme e dei proventi dovuti nell’anno finanziario 1999.

Art. 2.

(Stato di previsione della spesa)

1. Il totale generale delle spese della Regione Piemonte, per l’anno finanziario 1999 è approvato in lire 23.342.459.477.747 in termini di competenza ed in lire 27.751.974.925.955 in termini di cassa (Allegato A).

2. E’ autorizzata l’assunzione di impegni di spesa entro i limiti degli stanziamenti di competenza dello stato di previsione della spesa per l’anno finanziario 1999.

3. E’ autorizzato il pagamento delle spese entro i limiti degli stanziamenti di cassa dello stato di previsione della spesa per l’anno 1999, in conformità delle disposizioni di cui alla legge regionale 29 dicembre 1981, n. 55 (Norme di contabilità regionale).

Art. 3.

(Quadro generale riassuntivo)

1. E’ approvato il quadro generale riassuntivo del bilancio per l’anno finanziario 1999 con gli allegati prospetti di cui all’articolo 33 della l.r. 55/1981 (Allegato A).

Art. 4.

(Bilancio Pluriennale)

1. E’ approvato il bilancio pluriennale 1999-2001 (Allegato B).

Art. 5.

(Riclassificazione della spesa)

1. Sono approvati, ai sensi dell’articolo 32, ultimo comma, della l.r. 55/1981 e successive modificazioni ed integrazioni, i quadri di riclassificazione ed il riassunto delle spese, allegati allo stato di previsione della spesa (Allegato A).

Art. 6.

(Spese obbligatorie e d’ordine)

1. Sono considerate spese obbligatorie e d’ordine, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 38 della l.r. 55/1981, quelle descritte nell’elenco 1, allegato A allo stato di previsione della spesa.

Art. 7.

(Variazioni di bilancio)

1. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare, ai sensi dell’articolo 15, primo comma, della legge 19 maggio 1976, n. 335 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni), e su conforme deliberazione della Giunta regionale, le variazioni al bilancio dell’esercizio in corso per l’istituzione di nuovi capitoli di entrata, per l’iscrizione di somme derivanti da assegnazioni dello Stato destinate a scopi specifici e per l’iscrizione delle relative spese quando queste siano tassativamente regolate dalle leggi statali o regionali in vigore.

Art. 8.

(Garanzie prestate dalla Regione)

1. E’ approvato, ai sensi dell’articolo 50 della l.r. 55/1981, il prospetto delle garanzie principali e sussidiarie prestate dalla Regione a favore di Enti e di altri soggetti, di cui all’elenco n. 3, allegato allo stato di previsione della spesa.

Art. 9.

(Pagamenti mediante aperture di credito)

1. E’ approvato, ai sensi dell’articolo 63 della l.r. 55/1981, il prospetto dei capitoli delle spese alla cui gestione si può provvedere mediante aperture di credito a favore di funzionari della Regione, di cui all’elenco n. 2, allegato allo stato di previsione della spesa.

Art. 10.

(Fondi globali)

1. Ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 41 della l.r. 55/1981, è autorizzata l’iscrizione nello stato di previsione della spesa per l’anno finanziario 1999:

a) del capitolo n. 15910 denominato: “Fondo occorrente per far fronte ad oneri derivanti da provvedimenti legislativi che si perfezioneranno dopo l’approvazione del bilancio, recanti spese di parte corrente attinenti alle funzioni normali” di cui all’elenco n. 4, allegato allo stato di previsione della spesa;

b) del capitolo n. 27170 denominato: “Fondo occorrente per far fronte ad oneri derivanti da provvedimenti legislativi che si perfezioneranno dopo l’approvazione del bilancio, recanti spese per investimenti attinenti ad ulteriori programmi di sviluppo” di cui all’elenco n. 5, allegato allo stato di previsione della spesa.

Art. 11.

(Fondo di riserva di cassa)

1. Il fondo di riserva di cassa di cui all’articolo 40 della l.r. 55/1981, destinato a far fronte al maggior fabbisogno di cassa che si manifesti nel corso dell’esercizio finanziario 1999, sui singoli capitoli di spesa, è determinato in lire 200.000.000.000, ed è iscritto al capitolo n. 15970.

Art. 12.

(Organizzazione e partecipazione a convegni)

1. La spesa per la realizzazione degli interventi di cui agli articoli 1 lettera a), e 2 della legge regionale 14 gennaio 1977, n. 6 (Norme per l’organizzazione e la partecipazione a convegni, congressi ed altre manifestazioni, per l’adesione ad Enti ed associazioni e per l’acquisto di documentazione di interesse storico ed artistico), è determinata per l’anno finanziario 1999, in lire 1.863.373.240, ed è iscritta al capitolo n. 10330.

2. La spesa per l’erogazione dei contributi di cui agli articoli 1, lettera b), e 3 della l.r. 6/1977, è determinata per l’anno finanziario 1999, in lire 700.000.000, ed è iscritta al capitolo n. 10930.

3. La spesa per la concessione dei contributi di cui agli articoli 1, lettera b), e 4 della l.r. 6/1977, è determinata per l’anno finanziario 1999, in lire 3.219.738.400, ed è iscritta al capitolo n. 10940.

Art. 13.

(Contributo all’Istituto di Ricerche
Economico-Sociali del Piemonte)

1. La spesa per la concessione all’Istituto di Ricerche Economico-Sociali (IRES) del contributo di cui all’articolo 24 della legge regionale 3 settembre 1991, n. 43 (Nuova disciplina dell’Istituto Ricerche Economico Sociali del Piemonte - IRES - Abrogazione legge regionale 18 febbraio 1985, n. 12), è determinata, per l’anno finanziario 1999, in lire 5.600.000.000, ed è iscritta al capitolo n. 10960.

Art. 14.

(Contributo al Consorzio per il trattamento
automatico dell’informazione)

1. La spesa per la concessione al Consorzio per il trattamento automatico dell’informazione del contributo di cui all’articolo 9 della legge regionale 15 marzo 1978, n. 13 (Definizione dei rapporti tra Regione e Consorzio per il trattamento automatico dell’Informazione), è determinata, per l’anno finanziario 1999 in lire 200.000.000 ed è iscritta al capitolo n. 10900.

Art. 15.

(Spese per il funzionamento dell’Ufficio
del Difensore Civico e della sua segreteria)

1. La spesa per il funzionamento dell’Ufficio del Difensore Civico e della sua segreteria, di cui alla legge regionale 9 dicembre 1981, n. 50 (Istituzione dell’Ufficio del Difensore Civico), è determinata per l’anno finanziario 1999 in lire 141.000.000 ed è iscritta al cap. 10100.

Art. 16.

(Personale dei Parchi e delle Riserve naturali)

1. Ai sensi ed in applicazione della legge regionale 31 agosto 1982, n. 29 (Seconda pianta organica del personale dei Parchi e delle Riserve naturali), la spesa per il personale dei Parchi e delle Riserve naturali è determinata per l’anno finanziario 1999 in lire 24.000.000.000 ed è iscritta al capitolo n. 15180.

Art. 17.

(Interventi per i Parchi e le Riserve naturali)

1. La spesa per l’attuazione degli interventi di cui alla legge regionale 23 agosto 1993, n. 31 (Modificazione alla legge regionale 21 luglio 1992, n. 36 “Adeguamento delle norme regionali in materia di aree protette alla legge 8 giugno 1990, n. 142 ed alla legge 6 dicembre 1991, n. 394"), è stabilita, per l’anno finanziario 1999, in lire 10.000.000.000 ed è iscritta al capitolo 15315.

Art. 18.

(Equilibrio faunistico)

1. La spesa per risarcimenti prevista dalla legge regionale 8 giugno 1989, n. 36 (Interventi finalizzati a raggiungere e conservare l’equilibrio faunistico ed ambientale nelle aree istituite a Parchi naturali, Riserve naturali ed aree attrezzate), è stabilita, per l’anno finanziario 1999, in lire 700.000.000 ed è iscritta al capitolo n. 15730.

Art. 19.

(Protezione Civile)

1. Per l’attuazione della legge regionale 12 marzo 1990, n. 10 (Valorizzazione e promozione del volontariato nella protezione civile), è autorizzata, per l’anno finanziario 1999, la spesa di lire 900.000.000 iscritta al capitolo n. 10920 dello stato di previsione della spesa.

Art. 20.

(Fondo di riserva per la reimpostazione
dei fondi statali vincolati)

1. Nello stato di previsione della spesa del bilancio per l’anno finanziario 1999 è istituito il capitolo n. 15965 con la seguente denominazione: “Fondo di riserva per le spese derivanti da economie sui fondi statali vincolati” e con lo stanziamento di lire 1.193.865.941.896 in termini di competenza e in lire 994.865.941.896 in termini di cassa.

2. Dal fondo di riserva di cui al precedente comma, in deroga al disposto dell’articolo 42 della l.r. 55/1981, sono prelevate, con provvedimento amministrativo, le somme occorrenti ad integrare gli stanziamenti o ad istituire appositi capitoli per consentire la reiscrizione delle economie o delle somme non più conservabili nel conto dei residui passivi relative a previsioni di spesa derivanti da assegnazioni statali a destinazione vincolata.

Art. 21.

(Utilizzo dell’avanzo finanziario
presunto alla chiusura dell’esercizio 1998)

1. L’avanzo finanziario presunto alla chiusura dell’esercizio 1998 ed applicato al bilancio di previsione per l’anno 1999, nell’ammontare di lire 2.127.221.145.302 è utilizzato per la copertura delle spese iscritte ai capitoli:

11930 - 15965 - 20000 - 20017 - 20020 - 20023 - 20026 - 20030 - 20066 - 20067 - 20068 - 20070 - 20075 - 20090 - 20100 - 20110 - 20130 - 20140 - 20150 - 20155 - 20156 - 20160 - 20170 - 20185 - 20200 - 20210 - 20220 - 20270 - 20280 - 20290 - 20360 - 20370 - 20390 - 20395 - 20400 - 20402 - 20403 - 20405 - 20425 - 20430 - 20440 - 20450 - 20455 - 20460 - 20462 - 20465 - 20470 - 20480 - 20495 - 20544 - 20546 - 20550 - 20565 - 20570 - 20574 - 20576 - 20630 - 20640 - 20665 - 20667 - 20670 - 20672 - 20673 - 20677 - 20690 - 20906 - 20908 - 20910 - 20923 - 20930 - 20935 - 20947 - 20948 - 20950 - 20975 - 20982 - 20990 - 20995 - 20996 - 21015 - 21040 - 21041 - 21072 - 21078 - 21104 - 21107 - 21124 - 21132 - 21350 - 21390 - 21420 - 21425 - 21655 - 21706 - 21717 - 22030 - 22185 - 23025 - 23100 - 23210 - 23242 - 23250 - 23258 - 23324 - 23326 - 23348 - 23530 - 23597 - 23600 - 23605 - 23640 - 23710 - 23770 - 23775 - 23780 - 23950 - 23960 - 23980 - 24080 - 24287 - 24310 - 24360 - 24450 (per l’importo di lire 14.484.173.173) - 24700 - 24958 - 25010 - 25020 - 25115 - 25117 - 25120 - 25204 - 25206 - 25305 - 25310 - 25335 - 25360 - 25398 - 25442 - 25443 - 25450 - 25460 - 25470 - 25475 - 25545 - 25567 - 25570 - 25573 - 25575 - 25580 - 25582 - 25606 - 25607 - 25615 - 25636 - 25656 - 25885 - 25990 - 26080 - 26090 - 26100 - 26110 - 26120 - 26130 - 26160 - 26161 - 26162 - 26249 - 26300 - 26640 - 26645 - 26660 - 26726 - 26736 - 26740 - 26741 - 26746 - 26756 - 26766 - 26770 - 26776 - 26781 - 26809 - 26816 - 26828 - 26836 - 26860 - 26865 - 26905 - 26925 - 26933 - 26935 - 26936 - 26940 - 26952 - 26983 - 26984 - 26985 - 27015 - 27020 - 27025 - 27035 - 27070 - 27160 - 27165 - 27167 - 27170 - 27190.

Art. 22.

(Variazioni compensative)

1. Fra i capitoli indicati nell’allegato C aventi uno stesso riferimento legislativo è autorizzato lo storno di fondi in via di compensazione mediante provvedimenti amministrativi in deroga al disposto dell’articolo 42 della l.r. 55/1981. Tali variazioni possono essere effettuate nel rispetto delle norme di cui all’articolo 48 della l.r. 55/1981.

2. Sono inoltre consentiti, per l’anno 1999, storni compensativi tra i capitoli iscritti per i pagamenti delle quote interesse e delle quote capitale delle rate di ammortamento dei mutui.

3. Per l’anno 1999 sono, inoltre, consentite variazioni tra loro compensative tra i seguenti capitoli: 10920-10970-10330-10930.

4. Per l’anno 1999 sono consentiti storni tra loro compensativi sui capitoli iscritti in bilancio ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) e successive variazioni.

Art. 23.

(Variazione ai capitoli di spesa delle partite di giro)

1. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare con proprio provvedimento, le variazioni ai capitoli di spesa delle partite di giro numeri: 40000 - 40005 - 40010 - 40020 - 40030 - 40040 - 40045 - 40050 - 40060 - 40070 - 40075 - 40080 - 40090 - 40100 - 40110 - 40120 - 40130 - 40140 - 40150 - 40160 - 40162 - 40170, in relazione agli accertamenti sui corrispondenti capitoli di entrata delle partite di giro, ed entro i limiti tassativi di importo degli accertamenti stessi.

Art. 24.

(Applicazione della legge regionale 8 agosto 1997, n.51
“Norme sull’organizzazione degli uffici
e sull’ordinamento del personale regionale”)

1. Per l’applicazione dell’articolo 17 della l.r. 51/1997 lo stanziamento di cui ai capitoli dell’allegato D della presente legge, viene assegnato, per i provvedimenti di competenza, alla direzione competente per materia.

Art. 25.

(Variazioni di codici)

1. Per l’anno finanziario 1999 le modifiche al bilancio della Regione relativamente al sistema di codici dei capitoli in esso contenuto, possono essere apportate con atto amministrativo, purché non comportino variazioni delle somme iscritte che non siano tra loro compensative.

Art. 26.

(Sostegno alla conservazione e protezione
del “Lupo italiano”)

1. La spesa per gli interventi previsti dalla legge regionale 3 aprile 1989, n. 18 (Norme per il sostegno alla conservazione e protezione del “Lupo italiano”), è stabilita per l’anno finanziario 1999 in lire 50.000.000 ed è iscritta al capitolo n. 15720.

Art. 27.

(Applicazione del FIP e accordi di programma)

1. L’iscrizione di cui al capitolo n. 27160, Fondo Investimenti Piemonte, è di lire 120.000.000.000 che vengono destinati come dall’elenco 7 contenuto nell’ allegato A.

2. L’iscrizione di cui al capitolo n. 27167, è di lire 53.488.400.000 che vengono destinati come dall’elenco 6 contenuto nell’allegato A.

Art. 28.

(Estinzioni debiti e crediti)

1. I crediti ed i debiti di importo non superiore a lire 20.000, esclusi quelli già previsti dall’articolo 6 della legge regionale 10 dicembre 1997, n. 60 (Disposizioni in materia di tasse di concessione regionale), in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, sono estinti e non si procede da parte degli uffici regionali alla loro riscossione o pagamento, né a quella di interessi e pene pecuniarie.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai rimborsi non ancora estinti alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 29.

(Urgenza)

1. La presente legge regionale è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 26 marzo 1999

Enzo Ghigo

Allegato A.

Atto in allegato: Bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999 - Stato di previsione dell’entrata - Stato di previsione della spesa - Riepiloghi ed elenchi.

Allegato B.

Atto in Allegato: Bilancio pluriennale 1999-2001 - Stato di previsione dell’entrata - Stato di previsione della spesa per area settore - programma.

Allegato C.

Atto in Allegato: Variazioni compensative (Art. 22).

Allegato D.

Atto in Allegato: Applicazione della legge regionale 8 agosto 1997, n. 51 (Norme sull’organizzazione degli uffici e sull’ordinamento del personale regionale) (Art. 24).

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 3 del 31 marzo 1999 (ndr)

I documenti contabili allegati alla presente legge regionale sono pubblicati sul supplemento speciale al Bollettino Ufficiale n. 15 del 14 aprile 1999 (ndr)





















Legge regionale 2 aprile 1999, n. 5

Costituzione della Società consortile per azioni ICARUS

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità)

1. Allo scopo di favorire la realizzazione di infrastrutture di elevato livello tecnologico anche mediante il recupero di siti industriali degradati, la Regione costituisce, assieme alla Provincia ed al Comune di Torino ed agli altri soggetti pubblici e privati interessati, la Società consortile per azioni ICARUS qui di seguito denominata ICARUS s.c.p.a..

2. In coerenza con quanto previsto dall’articolo 72 dello Statuto, l’iniziativa è funzionale al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo produttivo ed occupazionale indicati nel Documento Unico di Programmazione relativo agli anni 1997-1999, attuativo del Regolamento CEE n. 2081 del 20 luglio 1993 (Modifica del Regolamento CEE n. 2052/1988 relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti), (Area a declino industriale - obiettivo 2).

Art. 2.

(Caratteristiche della Società)

1. ICARUS s.c.p.a. è società senza scopo di lucro, a prevalente partecipazione pubblica.

2. L’oggetto sociale ricomprende il complesso degli interventi volti a realizzare, mediante l’acquisizione ed il riutilizzo di fabbricati industriali in disuso, un complesso aziendale in grado di erogare, anche tramite società controllate o collegate, servizi di assistenza al volo spaziale.

Art. 3.

(Modalità di partecipazione)

1. Al fine di acquisire la partecipazione di cui all’articolo 1 la Giunta regionale è autorizzata a conferire mandato senza rappresentanza, ai sensi degli articoli 1703 e seguenti del codice civile, all’Istituto finanziario regionale piemontese - Finpiemonte S.p.A..

2. Le modalità di provvista dei mezzi finanziari occorrenti, la definizione dei limiti del mandato ed ogni altro aspetto del rapporto contrattuale di cui al comma 1, trovano disciplina, nel rispetto della presente legge, in apposito provvedimento della Giunta regionale che dovrà, in particolare, prevedere periodiche verifiche sull’ottemperanza dell’operato di Finpiemonte S.p.A. alle istruzioni regionali.

Art. 4.

(Controlli)

1. In concomitanza con la predisposizione da parte degli amministratori di ICARUS s.c.p.a. del progetto di bilancio, il Presidente della Giunta riferisce alla Commissione consiliare competente sull’andamento della gestione sociale e sulla sua rispondenza agli indirizzi regionali.

2. Il Presidente della Giunta esaudisce altresì le richieste di informazione avanzate dai consiglieri regionali acquisendo i necessari elementi conoscitivi da Finpiemonte S.p.A. che, a sua volta, è tenuta a fornirli secondo le modalità e nei limiti stabiliti nella disciplina di cui all’articolo 3, comma 2.

Art. 5.

(Coordinamento degli azionisti pubblici)

1. Al fine di concordare politiche comuni nei confronti della Società nonchè allo scopo di promuovere iniziative istituzionali atte a favorirne le possibilità di sviluppo e di crescita, è istituito un Comitato permanente di consultazione costituito dai legali rappresentanti degli Enti pubblici azionisti.

2. Il Comitato si riunisce, su iniziativa del Presidente della Regione, almeno una volta all’anno e, comunque, ogni qualvolta egli ne ravvisi l’opportunità.

Art. 6.

(Disposizione finanziaria)

1. Per l’attuazione della presente legge è autorizzata, per l’anno finanziario 1999, la spesa di lire 4060 milioni.

2. All’onere complessivo si provvede mediante la riduzione di pari importo, in termini di competenza e di cassa, del capitolo n. 27170 in riferimento al DDL “Interventi nel settore industriale” e mediante l’istituzione, nello stato di previsione della spesa, per l’anno finanziario 1999, di apposito capitolo denominato “Oneri relativi alla costituzione della Società consortile per azioni ICARUS”.

Art. 7.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45, comma 6, dello Statuto ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 2 aprile 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 15 del 14 aprile 1999 (ndr)



Legge regionale 21 aprile 1999, n. 6

Prima integrazione alla legge regionale 26 marzo 1999, n. 4 “Bilancio di previsione 1999 e pluriennale 1999-2001”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Bilancio di previsione 1999 di Enti dipendenti
dalla Regione e di Enti di gestione di Aree protette)

1. Ad integrazione della legge regionale 26 marzo 1999, n. 4 (Bilancio di previsione 1999 e pluriennale 1999 - 2001), sono approvati i bilanci di previsione per l’anno finanziario 1999 (Allegato A) riferiti ai seguenti Enti:

a) Istituto Ricerche economico-sociali del Piemonte;

b) Agenzia regionale per i servizi sanitari;

c) Ente di gestione del Parco regionale La Mandria e dei parchi e delle Riserve naturali delle Valli di Lanzo;

d) Parco fluviale del Po e dell’Orba;

e) Ente di gestione dei parchi e delle riserve naturali del Lago Maggiore;

f) Riserva naturale speciale del Sacro Monte della SS. Trinità di Ghiffa;

g) Parco naturale Alta Valsesia;

h) Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Varallo;

i) Parco naturale delle Capanne di Marcarolo;

j) Ente di gestione delle riserve naturali speciali del Sacro Monte di Orta, del Monte Mesma e del Colle della Torre di Buccione;

k) Parco naturale del Monte Fenera;

l) Parco naturale dei Laghi di Avigliana;

m) Ente di gestione del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po - tratto torinese;

n) Ente di gestione del Parco dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero;

o) Parco naturale e area attrezzata del Sacro Monte di Crea;

p) Ente di gestione delle aree protette della Collina torinese;

q) Riserva naturale speciale del Parco Burcina “F. Piacenza”;

r) Parco naturale delle Alpi Marittime;

s) Ente di gestione dei parchi e delle riserve naturali astigiani;

t) Ente di gestione della Riserva naturale orientata delle Baragge, della Riserva naturale speciale  della Bessa e dell’Area attrezzata Brich di Zumaglia e Mont Prevè;

u) Ente di gestione del Parco naturale della Valle del Ticino;

v) Parco naturale Orsiera Rocciavrè e Riserva naturale di Chianocco;

w) Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Cuneese;

x) Ente di gestione del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po - tratto cuneese;

y) Ente regionale per il diritto allo studio universitario;

z) Riserva naturale speciale del Sacro Monte Calvario di Domodossola;

aa) Parco naturale di interesse provinciale del Lago di Candia;

bb) Ente Parco Lame del Sesia;

cc) Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand.

Art. 2.

(Museo regionale di Scienze naturali)

1. E’ approvato, ai sensi e per gli effetti derivanti dall’applicazione dell’articolo 5, ultimo comma, della legge regionale 29 giugno 1978, n. 37 (Istituzione del Museo regionale di Scienze naturali), il Piano di attività per l’anno 1999 del Museo regionale di Scienze naturali, allegato B alla presente legge.

Art. 3.

(Urgenza)

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore il giorno  della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 21 aprile 1999

Enzo Ghigo

Allegato A

(Art. 1)

ELENCO DEI BILANCI DI PREVISIONE 1999 DI ENTI DIPENDENTI DALLA REGIONE E DI ENTI DI GESTIONE DI AREE PROTETTE

Istituto Ricerche economico-sociali del Piemonte;

Agenzia regionale per i servizi sanitari;

Ente di gestione del Parco regionale La Mandria e dei parchi e delle Riserve naturali delle Valli di Lanzo;

Parco fluviale del Po e dell’Orba;

Ente di gestione dei parchi e delle riserve naturali del Lago Maggiore;

Riserva naturale speciale del Sacro Monte della SS. Trinità di Ghiffa;

Parco naturale Alta Valsesia;

Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Varallo;

Parco naturale delle Capanne di Marcarolo;

Ente di gestione delle riserve naturali speciali del Sacro Monte di Orta, del Monte Mesma e del Colle della Torre di Buccione;

Parco naturale del Monte Fenera;

Parco naturale dei Laghi di Avigliana;

Ente di gestione del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po - tratto torinese;

Ente di gestione del Parco dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero;

Parco naturale e area attrezzata del Sacro Monte di Crea;

Ente di gestione delle aree protette della Collina torinese;

Riserva naturale speciale del Parco Burcina “F. Piacenza”;

Parco naturale delle Alpi Marittime;

Ente di gestione dei parchi e delle riserve naturali astigiani;

Ente di gestione della Riserva naturale orientata delle Baragge, della Riserva naturale speciale  della Bessa e dell’Area attrezzata Brich di Zumaglia e Mont Prevè;

Ente di gestione del Parco naturale della Valle del Ticino;

Parco naturale Orsiera Rocciavrè e Riserva naturale di Chianocco;

Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Cuneese;

Ente di gestione del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po - tratto cuneese;

Ente regionale per il diritto allo studio universitario;

Riserva naturale speciale del Sacro Monte Calvario di Domodossola;

Parco naturale di interesse provinciale del Lago di Candia;

Ente Parco Lame del Sesia;

Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand.

Allegato B

(Art. 2)

PIANO DI ATTIVITÀ PER L’ANNO 1999 DEL MUSEO REGIONALE DI SCIENZE NATURALI

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 16 del 23 aprile 1999 (ndr)

L’allegato A alla presente legge è pubblicato sul Supplemento speciale al Bollettino Ufficiale n. 34 del 25 agosto 1999 (ndr)

L’allegato B alla presente legge è pubblicato sul Supplemento speciale al Bollettino Ufficiale n. 18 del 5 maggio 1999 (ndr)



Legge regionale 21 aprile 1999, n. 7

Assestamento al bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998 di Enti dipendenti dalla Regione e di Enti di gestione di Aree protette

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Assestamento 1998 di Enti dipendenti
dalla Regione e di Enti di gestione di Aree protette)

1. Sono approvati gli assestamenti ai bilanci di previsione per l’anno finanziario 1998 dei seguenti Enti:

a) Ente per il diritto allo studio universitario;

b) Ente parco Lame del Sesia;

c) Istituto ricerche economico-sociali del Piemonte;

d) Parco naturale Alpi Marittime;

e) Parco fluviale del Po e dell’Orba;

f) Parco naturale Alta Valsesia;

g) Ente di gestione dei Parchi e Riserve naturali astigiani;

h) Ente di gestione del sistema delle Aree protette della fascia fluviale del Po tratto torinese;

i) Ente di gestione del sistema delle Aree protette della fascia fluviale del Po tratto cuneese;

l) Parco naturale del Monte Fenera;

m) Ente di gestione del Parco naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero;

n) Riserva naturale speciale del Sacro Monte della SS. Trinità di Ghiffa;

o) Ente di gestione delle Aree protette della Collina torinese;

p) Ente di gestione delle Riserve naturali speciali del Sacro Monte di Orta, del Monte Mesma e del Colle della Torre di Buccione;

q) Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Lago Maggiore;

r) Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Varallo;

s) Parco naturale dei Laghi di Avigliana;

t) Ente di gestione della Riserva naturale orientata delle Baragge, della Riserva naturale speciale della Bessa e dell’Area attrezzata Brich di Zumaglia e Mont Prevè;

u) Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Cuneese.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 21 aprile 1999

Allegato A

(Art. 1)

ELENCO ASSESTAMENTI AL BILANCIO DI PREVISIONE PER L’ANNO FINANZIARIO 1998 DI ENTI DIPENDENTI DALLA REGIONE E DI ENTI DI GESTIONE DEI AREE PROTETTE.

a) Ente per il diritto allo studio universitario;

b) Ente parco Lame del Sesia;

c) Istituto ricerche economico-sociali del Piemonte;

d) Parco naturale Alpi Marittime;

e) Parco fluviale del Po e dell’Orba;

f) Parco naturale Alta Valsesia;

g) Ente di gestione dei Parchi e Riserve naturali astigiani;

h) Ente di gestione del sistema delle Aree protette della fascia fluviale del Po tratto torinese;

i) Ente di gestione del sistema delle Aree protette della fascia fluviale del Po tratto cuneese;

l) Parco naturale del Monte Fenera;

m) Ente di gestione del Parco naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero;

n) Riserva naturale speciale del Sacro Monte della SS. Trinità di Ghiffa;

o) Ente di gestione delle Aree protette della Collina torinese;

p) Ente di gestione delle Riserve naturali speciali del Sacro Monte di Orta, del Monte Mesma e del Colle della Torre di Buccione;

q) Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Lago Maggiore;

r) Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Varallo;

s) Parco naturale dei Laghi di Avigliana;

t) Ente di gestione della Riserva naturale orientata delle Baragge, della Riserva naturale speciale della Bessa e dell’Area attrezzata Brich di Zumaglia e Mont Prevè;

u) Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Cuneese.

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 16 del 23 aprile 1999 (ndr)

Gli allegati alla presente legge sono pubblicati sul supplemento speciale al Bollettino Ufficiale n. 39 del 29 settembre 1999 (ndr)

























Legge regionale 23 aprile 1999, n. 8

Norme di indirizzo programmatico per la razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti per autotrazione

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

INDICE

Titolo I.

PRINCIPI GENERALI

Art. 1.

Finalità

Titolo II.

NORME DI INDIRIZZO PROGRAMMATICO
PER LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA RETE
DISTRIBUTIVA DEI CARBURANTI
PER AUTOTRAZIONE

Capo I.

OBIETTIVI

Art. 2.

Disposizioni generali

Art. 3.

Criteri di carattere generale

Art. 4.

Definizioni

Art. 5.

Funzioni di pubblica utilità

Capo II.

RAZIONALIZZAZIONE E RISTRUTTURAZIONE DELLA RETE

Art. 6.

Zone omogenee regionali

Art. 7.

Zone omogenee a livello comunale

Art. 8.

Superficie minima dell’area di localizzazione dell’impianto

Art. 9.

Distanze minime per le nuove posizioni

Art. 10.

Rinvio

Capo III.

PROVVEDIMENTI RIGUARDANTI
GLI IMPIANTI STRADALI

Art. 11.

Modifica degli impianti

Art. 12.

Potenziamento

Art. 13

Nuove autorizzazioni

Capo IV.

IMPIANTI GAS PETROLIO LIQUIDO (GPL),
METANO E AD USO PRIVATO

Art. 14.

Rete degli impianti - GPL

Art. 15.

Rete degli impianti di metano e loro localizzazione

Art. 16.

Impianto di distribuzione ad uso privato

Capo V.

COLLAUDO

Art. 17.

Collaudo

Capo VI.

SISTEMA INFORMATIVO

Art. 18.

Sistema informativo e Osservatorio

Titolo III.

ORARI DI APERTURA
E CHIUSURA DEGLI IMPIANTI

Art. 19.

Principi generali

Art. 20.

Orari di apertura

Art. 21.

Esenzioni

Art. 22.

Turni di riposo

Art. 23.

Servizio notturno

Art. 24.

Deroghe

Art. 25.

Ferie

Titolo IV.

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 26.

Trasferimento ai Comuni del materiale di archivio

Art. 27.

Disposizioni finanziarie

Art. 28.

Abrogazione di norme

Art. 29.

Clausola d’urgenza

Titolo I.

FINALITÀ

Art. 1.

(Finalità)

1. La Regione Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n.32 (Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n.59), con la presente legge detta le norme di indirizzo programmatico per la rete distributiva dei carburanti al fine della promozione dell’efficienza e del contenimento dei prezzi per i consumatori, nel rispetto delle disposizioni poste a tutela dei beni culturali, paesistici e ambientali, della salute, della sicurezza e della viabilità.

Titolo II.

NORME DI INDIRIZZO PROGRAMMATICO PER LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA RETE
DISTRIBUTIVA DEI CARBURANTI PER AUTOTRAZIONE

Capo I.

OBIETTIVI

Art. 2.

(Disposizioni generali)

1. La presente legge detta le norme di indirizzo programmatico per la razionalizzazione della rete degli impianti stradali di carburante per autotrazione, allo scopo di assicurare il miglioramento dell’efficienza della rete e la garanzia del pubblico servizio in coerenza con le scelte effettuate dalla Regione Piemonte in materia di assetto del territorio e di tutela dell’ambiente.

Art. 3.

(Criteri di carattere generale)

1. Per il perseguimento degli obiettivi dichiarati in ordine al riequilibrio territoriale tra domanda ed offerta, la presente legge:

a) individua, in relazione ai volumi di domanda registrata sul territorio, i Comuni anche non contigui classificati nelle seguenti cinque zone:

1) ad alto livello di urbanizzazione;

2) medio livello di urbanizzazione;

3) di transizione;

4) prevalentemente rurali;

5) rurali.

b) individua le zone omogenee comunali e le caratteristiche degli impianti in funzione delle zone omogenee medesime, ai fini dell’attuazione degli interventi operativi sulla rete;

c) stabilisce i valori di superficie minima degli impianti e le distanze per il loro posizionamento reciproco, per i fini di cui all’articolo 2, comma 1 del d.lgs. 32/1998;

2. La Giunta regionale individua il numero massimo di impianti ammissibile per ciascun Comune sulla base dell’erogato complessivo, valutate le esigenze territoriali e socio-economiche delle popolazioni interessate.

Art. 4.

(Definizioni)

1. Si intende per rete l’insieme dei punti di vendita eroganti benzine, miscele di benzine e olio lubrificante, gasolio, GPL e metano per autotrazione.

2. Si intende per impianto il complesso commerciale unitario costituito da uno o più apparecchi di erogazione automatica del carburante per autotrazione con le relative attrezzature e accessori.

3. Gli impianti che costituiscono la rete sono convenzionalmente classificati nel seguente modo:

a) stazione di servizio: impianto costituito da uno o più apparecchi a semplice o multipla erogazione automatica di carburante con relativi serbatoi, comprendente locali per il lavaggio sia ingrassaggio sia altri servizi per l’autoveicolo, nonché dotato di servizi igienici ed eventualmente di altri servizi accessori;

b) stazione di rifornimento: impianto costituito da uno o più apparecchi a semplice o multipla erogazione automatica di carburante con relativi serbatoi che dispone, oltre che di servizi igienici, anche di attrezzature per servizi accessori vari esclusi i locali per lavaggio sia ingrassaggio sia altri servizi per l’autoveicolo;

c) chiosco: impianto costituito da uno o più apparecchi a semplice o multipla erogazione automatica di carburante con relativi serbatoi e da un locale adibito esclusivamente al ricovero del personale addetto ed eventualmente all’esposizione di lubrificanti o altri prodotti ed accessori per autoveicoli, nonché da un eventuale locale adibito a servizi igienici;

d) punto sia isolato sia appoggiato: impianto costituito da uno o più apparecchi a semplice o multipla erogazione automatica di carburante con relativi serbatoi ed eventuale pensilina, senza alcuna struttura sussidiaria;

4. Si intende per erogatore l’insieme delle attrezzature che realizzano il trasferimento automatico del carburante dal serbatoio dell’impianto al serbatoio dell’automezzo, misurando contemporaneamente sia i volumi sia le quantità trasferite. Esso è composto da:

a) una pompa o un sistema di adduzione;

b) un contatore o un misuratore;

c) una pistola o una valvola di intercettazione;

d) tubazioni che lo connettono.

5. Si intende per colonnina l’apparecchiatura contenente uno o più erogatori.

6. Si intende per self-service pre-pagamento il complesso di apparecchiature sia a moneta sia a lettura ottica per l’erogazione automatica di carburante senza l’assistenza di apposito personale.

7. Si intende per self-service post-pagamento il complesso di apparecchiature per il comando e controllo a distanza dell’erogatore da parte di apposito incaricato, con pagamento dopo che l’utente ha effettuato il rifornimento.

8. Per determinare l’erogato di vendita di ciascun impianto devono essere presi in considerazione i prodotti: benzine, gasolio, GPL e metano per autotrazione, sulla base dei dati risultanti dai prospetti di chiusura annuale dei registri di carico e scarico depositati presso il competente Ufficio tecnico di Finanza (UTF) o dei dati comunicati dagli interessati per quanto riguarda il metano.

Art. 5.

(Funzioni di pubblica utilità)

1. L’impianto assolve funzioni di pubblica utilità quando si colloca ad una distanza superiore a km 8 dal più vicino punto di rifornimento funzionante, riferita al percorso stradale minimo tra gli accessi ai due impianti.

2. La Regione incentiva, per il tramite degli enti locali, il mantenimento degli impianti di cui al comma 1, nei Comuni ad alta e media marginalità.

3. Nei comuni compresi nelle comunità montane delle province piemontesi privi di impianti di distribuzione carburanti è possibile autorizzare l’installazione di un punto vendita funzionante esclusivamente con apparecchiature self-service pre-pagamento senza la presenza del gestore, a condizione che il più vicino punto di rifornimento si collochi alla distanza di cui al comma 1.

Capo II.

RAZIONALIZZAZIONE
E RISTRUTTURAZIONE DELLA RETE

Art. 6.

(Zone omogenee regionali)

1. A garanzia di una articolata presenza del servizio di distribuzione carburanti su scala regionale e per evitare fenomeni di squilibrio territoriale sono individuate, ai fini della localizzazione degli impianti stradali, le seguenti zone omogenee regionali composte da un insieme di comuni, in funzione di un indicatore definito livello di urbanizzazione, che è determinato dalla densità abitativa, dalla qualità e quantità delle infrastrutture di trasporto e dal livello ove riscontrabile:

a) zone ad alto livello di urbanizzazione;

b) zone di media urbanizzazione;

c) zone di transizione;

d) zone prevalentemente rurali;

d) zone rurali.

L’elenco dei Comuni appartenenti alle cinque zone omogenee regionali è riportato nell’allegato A alla presente legge.

Art. 7.

(Zone omogenee a livello comunale)

1. Ai fini della localizzazione degli impianti il territorio comunale viene ripartito in quattro zone omogenee, così definite:

a) Zona 1. Centri storici: le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono interesse storico, artistico e di particolare pregio ambientale, di cui agli articolo 19 e 81 della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) e successive modificazioni ed integrazioni;

b) Zona 2. Zone residenziali: le parti del territorio parzialmente o totalmente edificate diverse dai centri storici e destinate prevalentemente alla residenza;

c) Zona 3. Zone per insediamenti produttivi (industriali-artigianali e per servizi commerciali di vario tipo): le parti del territorio destinate a nuovi o preesistenti insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati e le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale;

d) Zona 4. Zone agricole: le parti del territorio destinate ad attività agricole.

Art. 8.

(Superficie minima dell’area
di localizzazione dell’impianto)

1. Per i fini di cui all’articolo 2, comma 1 del d.lgs. 32/1998, l’area di nuovo insediamento dell’impianto, comprensiva dei percorsi di ingresso e uscita, deve avere le superfici minime, espresse in metri quadri, così indicate:

Tipo di impianto    Zona 2     Zona 3    Zona 4

Staz. di servizio    1000     1200    1500
Staz. di rifornimento    800     1000    1200
Chiosco    400    500     700

2. Non sono definite le superfici per la zona omogenea 1 (centro storico) in quanto non sono ammissibili nuovi insediamenti in tale zona.

3. Per gli impianti definiti sia punti isolati sia appoggiati, per i quali non si richiede una superficie minima, è richiesta comunque la presenza dell’area fuoristrada.

4. Nel rispetto delle superfici sopra specificate è consentito un margine di tolleranza per difetto nella misura del 20 per cento nelle zone collinari e montane.

Art. 9.

(Distanze minime per le nuove posizioni)

1. Il posizionamento dei nuovi impianti deve avvenire tenendo conto sia dell’appartenenza del Comune ad una delle cinque zone omogenee a livello regionale, nonché delle quattro zone omogenee a livello comunale, in funzione dei valori precisati nella seguente tabella con un margine di oscillazione del 15 per cento nelle zone definite di transizione, prevalentemente rurali e rurali.

Zone regionali omogenee     Zone omogenee comunali
per livello di urbanizzazione    (distanze in metri)

    Zona 2    Zona 3     Zona 4

medio-alto    200    300     600
transizione    300    400     800
preval. rurali e rurali    400     500    1000

2. Non sono definite le distanze per la zona omogenea 1 - centro storico - in quanto in tale zona non sono ammissibili nuovi insediamenti.

3. Le distanze vanno misurate con riferimento al percorso stradale minimo tra gli accessi di due impianti che abbiano in comune anche un solo prodotto.

4. La distanza tra impianti di Comuni confinanti che appartengono sia a zone con eguale o diverso livello di urbanizzazione sia a diverse zone omogenee comunali è determinata dalla media aritmetica delle distanze indicate nella suddetta tabella.

Art. 10.

(Rinvio)

1. La Giunta regionale individua il numero massimo di impianti ammissibili per ogni Comune. Inoltre, valutate le variazioni di domanda registrate sul territorio e le esigenze socio-economiche delle zone interessate, può stabilire nuovi criteri per modificare le zone omogenee regionali e comunali, le superfici minime, le distanze di posizionamento degli impianti di cui agli articoli 6, 7, 8 e 9, nonché le variazioni alle soglie massime di cui sopra.

Capo III.

PROVVEDIMENTI RIGUARDANTI
GLI IMPIANTI STRADALI

Art. 11.

(Modifica degli impianti)

1. Costituisce modifica all’impianto:

a) aggiunta di colonnine per carburanti già autorizzati;

b) sostituzione di distributori a semplice o doppia erogazione con altri a erogazione doppia o multipla per prodotti già autorizzati;

c) erogazione di benzina priva di piombo mediante strutture già installate per la erogazione di benzina super;

d) erogazione di benzine mediante strutture già installate per la erogazione di gasolio;

e) cambio di destinazione sia dei serbatoi sia delle colonnine erogatrici di prodotti già autorizzati;

f) aumento sia del numero sia della capacità di stoccaggio dei serbatoi;

g) sostituzione di miscelatori manuali con altri elettrici o elettronici;

h) sia detenzione sia aumenti di stoccaggio degli oli lubrificanti.

2. Non costituiscono modifica né potenziamento:

a) sia detenzione sia aumento di stoccaggio degli oli esausti, del gasolio per uso riscaldamento dei locali degli impianti e di tutti gli altri prodotti non destinati alla vendita al pubblico.

Art. 12.

(Potenziamento)

1. Il potenziamento consiste nell’aggiunta, in un impianto esistente ed in esercizio, sia di apparecchiature self-service pre-pagamento sia di nuovi carburanti, ad eccezione della benzina priva di piombo. Costituisce altresì potenziamento l’installazione di apparecchiature self-service pre-pagamento su colonnine eroganti benzine prive di piombo, qualora per l’impianto non sia già stata rilasciata autorizzazione per tali apparecchiature. Il potenziamento non costituisce aumento del numero degli impianti esistenti in ciascun Comune ai fini del rilascio del relativo provvedimento.

2. L’autorizzazione al potenziamento può essere accordata al richiedente che rinunci all’ autorizzazione relativa ad altro impianto, installato e funzionante, nell’ambito regionale, di cui possiede la titolarità e previo impegno al suo smantellamento da avviare contestualmente all’ottenimento dell’autorizzazione al potenziamento.

3. L’autorizzazione al potenziamento può altresì essere accordata al richiedente che rinunci all’ autorizzazione relativa ad altro impianto nell’ambito regionale, per il quale sia stato emanato provvedimento di autorizzazione allo smantellamento, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 13 dicembre 1996 (Nuove direttive alle regioni in materia di distribuzione automatica di carburanti per uso di autotrazione).

4. Nel caso di domande non contestuali, ogni richiesta deve essere accompagnata dalla rinuncia all’ autorizzazione relativa ad un impianto.

5. Le condizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4, non sono richieste per il potenziamento di impianti costituenti l’unico punto di rifornimento del Comune, sempre che si collochi ad una distanza non inferiore a km. 8 dal più vicino punto di vendita, munito del prodotto o delle apparecchiature oggetto del potenziamento richiesto.

6. Per gli interventi di potenziamento non e’ ammessa la rinuncia ad autorizzazioni relative ad impianti destinati ad assolvere funzioni di pubblica utilità, così come definite dall’articolo 5.

7. Il richiedente, unitamente alla domanda di potenziamento, deve allegare una autocertificazione da cui risulti la titolarità dell’impianto oggetto di rinuncia ed una effettiva erogazione di carburanti nei dodici mesi precedenti la presentazione dell’istanza.

8. La relativa autorizzazione viene rilasciata dal Comune richiesto, previo parere del Comune ove è sito l’impianto oggetto di rinuncia e nulla-osta regionale.

Art. 13.

(Nuove autorizzazioni)

1. I Comuni rilasciano le nuove autorizzazioni nel rispetto degli indirizzi programmatici della Regione, vigenti al momento del rilascio stesso.

2. Nel periodo transitorio è sempre ammessa l’installazione di un nuovo impianto nei Comuni che ne sono sprovvisti, nel rispetto delle condizioni di cui al d.lgs. 32/1998 e del presente provvedimento.

Capo IV.

IMPIANTI GPL, METANO E AD USO PRIVATO

Art. 14.

(Rete degli impianti GPL)

1. Il numero complessivo degli impianti di distribuzione GPL per autotrazione, sia di solo GPL sia misti, non puo’ superare il 15 per cento del totale dei punti di vendita esistenti in ciascuna provincia della Regione. La percentuale, calcolata con arrotondamento per eccesso, è verificata avuto riguardo del numero degli impianti esistenti all’atto della presentazione dell’istanza. A tal fine i Comuni chiedono alla Regione la verifica della suddetta percentuale.

2. Fermo restando il rispetto delle distanze di sicurezza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1971, n. 208 (Norme di sicurezza per gli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione) e successive modificazioni ed integrazioni, al fine di evitare concentrazioni geografiche e di favorire una distribuzione omogenea sul territorio, gli impianti per la erogazione di GPL di nuova installazione e quelli che si intendono potenziare con il medesimo prodotto devono collocarsi ad una distanza non inferiore a km 8, riferita al percorso stradale minimo tra gli accessi dei due impianti, rispetto al più vicino punto di vendita erogante GPL. La distanza è ridotta a km 4, qualora le suddette operazioni riguardano localizzazioni in Comuni capoluogo di Provincia, in Comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti, in Comuni confinanti con la Città di Torino.

Art. 15.

(Rete degli impianti di metano e loro localizzazione)

1. Al fine di favorire il formarsi della domanda verso questo comparto della distribuzione dei carburanti per il conseguimento del risparmio energetico e per la salvaguardia dell’ambiente, la erogazione di gas metano per autotrazione, ancorchè effettuata per mezzo di nuove e separate strutture adeguatamente collocate dal punto di vista della sicurezza, viene autorizzata alle condizioni di cui al comma 2.

2. Onde evitare le concentrazioni geografiche e favorire una equa distribuzione del prodotto sul territorio regionale, ferme restando tutte le condizioni di sicurezza definite dalla legislazione nazionale e regionale in vigore, possono essere rilasciate autorizzazioni per l’esercizio di impianti di gas metano per autotrazione, a condizione che detti impianti vengano installati ad una distanza non inferiore a km. 8 dal più vicino punto di vendita erogante metano o dalla prevista localizzazione di altro distributore per il quale sia già in corso procedimento amministrativo per il rilascio di autorizzazione. Nei Comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti la distanza è ridotta a km. 4, fatta eccezione per i Comuni capoluogo di provincia e Comuni confinanti per i quali la distanza è ridotta a km.2.

Art. 16.

(Impianto di distribuzione ad uso privato)

1. Per impianto di distribuzione carburanti per autotrazione ad uso privato si intende un autonomo complesso costituito da uno o più apparecchi fissi di erogazione di carburanti per uso di autotrazione collegati a serbatoi interrati utilizzati esclusivamente per il rifornimento di autoveicoli di proprietà di aziende o di imprese private, di Amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle Amministrazioni dello Stato, e ubicati all’interno di stabilimenti, cantieri, magazzini e simili.

Capo V.

COLLAUDO

Art. 17.

(Collaudo)

1. Il collaudo periodico è predisposto dal Comune competente mediante istituzione di apposita Commissione composta almeno da un funzionario comunale, da un rappresentante del Comando provinciale Vigili del Fuoco competente per territorio e da un rappresentante dell’Azienda sanitaria locale.

2. Le nuove autorizzazioni, i potenziamenti e le modifiche, non necessitano di collaudo, salvo diversa disposizione del Comune.

3. Gli oneri relativi al collaudo sono a carico del richiedente che provvede al versamento delle somme, determinate dalla Amministrazione comunale predisponente, presso le competenti tesorerie comunali.

4. Le risultanze del collaudo devono essere trasmesse alla Regione Piemonte-Direzione Commercio ed Artigianato.

Capo VI.

SISTEMA INFORMATIVO

Art. 18.

(Sistema informativo e Osservatorio)

1. Ai sensi dell’articolo 3, comma 9 del d.lgs. 32/1998, la Regione effettua un monitoraggio per verificare l’evoluzione del processo di razionalizzazione della rete distributiva e comunica annualmente al competente Ministero i risultati del monitoraggio.

2. A tal fine i Comuni trasmettono alla Regione ogni dato che la stessa ritiene utile acquisire.

3. La Regione Piemonte inoltre promuove una attività permanente di analisi e di studio delle problematiche strutturali e congiunturali del Settore Rete Carburanti, nel contesto del quadro economico regionale, nazionale ed internazionale, mediante l’istituzione di un Osservatorio che, raccordandosi con gli altri sistemi informativi regionali, concorra:

a) alla programmazione regionale nel Settore;

b) a fornire a tutti i soggetti interessati i dati e le elaborazioni per una migliore conoscenza del Settore;

c) alla diffusione delle informazioni presso le istituzioni e le categorie economiche.

4. A tal fine l’Osservatorio cura la raccolta e l’aggiornamento, in una banca dati informatizzata, delle principali informazioni sulla rete distributiva carburanti, promuove indagini, studi e ricerche e realizza strumenti di informazione periodica destinati agli operatori nonché alle organizzazioni professionali, agli istituti di ricerca ed alle istituzioni pubbliche.

Titolo III.

ORARI DI APERTURA
E CHIUSURA DEGLI IMPIANTI

Art. 19.

(Principi generali)

1. I Comuni della Regione Piemonte determinano gli orari di apertura e chiusura degli impianti stradali di distribuzione carburanti per uso di autotrazione.

2. Al fine di garantire la regolarità e la continuità del servizio di distribuzione carburanti, le compagnie petrolifere interessate sono tenute ad assicurare il rifornimento dei prodotti, specie agli impianti che effettuano l’apertura turnata nei giorni domenicali, festivi ed infrasettimanali o il servizio notturno.

3. Le Amministrazioni comunali, in collaborazione con le categorie interessate, dovranno curare la predisposizione di cartelli indicatori dell’orario di servizio degli impianti e delle aperture turnate nei giorni domenicali, festivi ed infrasettimanali, con l’obbligo di esporli in modo visibile all’utenza.

Art. 20.

(Orari di apertura)

1. Per l’espletamento dell’attività di distribuzione carburanti per uso di autotrazione l’orario settimanale di apertura degli impianti stradali è fissato in cinquantadue ore, fatta eccezione per gli impianti di cui al precedente articolo 5, comma 3.

2. I Comuni, nel rispetto del citato orario settimanale minimo e fino alla scadenza dei termini di cui all’articolo 7, comma 1 del d.lgs. 32/1998, fissano gli orari di apertura e chiusura degli impianti di distribuzione carburanti secondo le seguenti modalità:

a) dalle ore 5,30 alle ore 12,00 e dalle ore 16,00 alle ore 19,00;

b) dalle ore 7,30 alle ore 13,30 e dalle ore 15,30 alle ore 19,00;

c) dalle ore 7,00 alle ore 12,00 e dalle ore 14,30 alle ore 19,00;

d) dalle ore 8,00 alle ore 12,30 e dalle ore 16,00 alle ore 21,00;

e) dalle ore 8,00 alle ore 12,00 e dalle ore 16,00 alle ore 21,30;

f) dalle ore 7,30 alle ore 14,00 e dalle ore 16,00 alle ore 19,00;

g) dalle ore 6,30 alle ore 12,30 e dalle ore 16,00 alle ore 19,30;

h) dalle ore 7,30 alle ore 12,30 e dalle ore 15,00 alle ore 19,30

3. La scelta di una delle opzioni di cui sopra è comunicata dai gestori all’Amministrazione comunale competente, a mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, almeno 30 giorni prima dell’inizio del periodo di cui all’opzione prescelta. La scelta del gestore può essere modificata solo in occasione dell’entrata in vigore dell’ora legale e dell’ora solare. L’Amministrazione comunale ha facoltà di negare il proprio assenso qualora ravvisi nella richiesta motivi di incompatibilità con le esigenze di pubblico servizio.

4. E’ consentito lo scarico delle autocisterne per il rifornimento degli impianti di distribuzione carburanti anche nelle ore in cui gli stessi sono chiusi al pubblico e comunque in presenza del gestore.

Art. 21.

(Esenzioni)

1. Gli impianti di metano e di gas petrolio liquefatto sono esonerati dal rispetto dei turni di chiusura, anche se collocati all’interno di un complesso di distribuzione di altri carburanti, purché vengano realizzati accorgimenti finalizzati a separare temporaneamente le attività di erogazione dei diversi prodotti.

2. Le colonnine di impianti dotate di apparecchiature self-service pre-pagamento svolgono servizio continuativo ed ininterrotto. Il servizio, durante l’orario di chiusura degli impianti, deve essere svolto senza la presenza del gestore. La presenza del gestore deve essere invece garantita durante il normale orario di apertura e nei turni di apertura domenicali, festivi ed infrasettimanali, salvo per gli impianti di cui all’ articolo 5, comma 3.

3. Gli impianti provvisti di apparecchiature self-service post-pagamento devono invece osservare gli orari ed i turni fissati dall’articolo 22.

4. Le attività collaterali alla vendita di carburante, fermi restando gli orari ed i turni di riposo festivi, non sono assoggettabili al rispetto degli orari di apertura e chiusura degli impianti di distribuzione automatica di carburanti per autotrazione.

Art. 22.

(Turni di riposo)

1. Nelle domeniche e nei giorni festivi infrasettimanali deve essere determinata un’apertura di impianti nella misura del 25 per cento di quelli esistenti e funzionanti nel territorio comunale. Nei Comuni ove sono esistenti e funzionanti due o tre impianti, la percentuale può essere elevata, di concerto con i gestori, rispettivamente al 50 per cento o al 30 per cento.

2. I Comuni, fino alla scadenza dei termini di cui all’articolo 7, comma 1 del d. lgs. 32/1998, determinano la turnazione del riposo infrasettimanale, che deve essere effettuata da un numero di impianti non inferiore al 50 per cento di quelli esistenti e funzionanti nel territorio comunale. I Comuni possono ridurre il limite di apertura fino al 25 per cento, in relazione alla concentrazione di impianti e comunque quando tale riduzione non crei pregiudizi all’utenza. La turnazione è effettuata a scelta del gestore, comunque nelle ore pomeridiane.

3. Nella determinazione dei turni di riposo i Comuni tengono conto della esigenza di assicurare il servizio di distribuzione nel modo più capillare possibile, specie nei centri urbani e lungo le principali direttrici viarie di interesse nazionale, provinciale o locale maggiormente percorse dall’utenza.

4. Gli impianti che effettuano l’apertura domenicale sospendono l’attività nell’intera giornata del lunedì; se questo è festivo l’attività è sospesa nel primo giorno feriale successivo.

Art. 23.

(Servizio notturno)

1. Il servizio notturno è svolto dalle ore 22.30 alle ore 6.30 del giorno successivo, nel rispetto dei turni domenicali e festivi.

2. Per lo svolgimento del servizio notturno occorre una specifica autorizzazione rilasciata dal Sindaco competente per territorio.

3. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione al servizio notturno i Comuni assicurano il servizio di distribuzione in località opportunamente dislocate nei quartieri urbani, sulle vie di accesso ai centri abitati e sulle vie di grande comunicazione, e la qualità dell’organizzazione di vendita offerta al pubblico, privilegiando le stazioni di servizio o di rifornimento che offrono una vasta gamma di prodotti petroliferi, assistenza ai mezzi e alle persone, nonché condizioni di sicurezza agli operatori addetti al servizio. Particolare valutazione devono quindi avere anche le correnti di traffico e le consuetudini di afflusso, specie dei mezzi destinati a coprire lunghe distanze, in relazione anche alle possibilità di ristoro offerte dal punto di vendita.

4. Gli impianti autorizzati a svolgere il servizio notturno devono rispettare per intero l’orario di apertura.

Art. 24.

(Deroghe)

1. I Comuni possono derogare alla presente disciplina ove vi sono esigenze legate a manifestazioni di particolare interesse o in caso di eventi imprevisti, nonché per esigenze di carattere stagionale o turistico.

Art. 25.

(Ferie)

1. La sospensione dell’attività per ferie per ogni anno solare, fruibili in qualsiasi periodo, è autorizzata dai Comuni su domanda dei gestori, d’intesa con i titolari degli impianti.

2. Le sospensioni per ferie sono determinate in modo da assicurare il servizio all’utenza.

Titolo IV.

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 26.

(Trasferimento ai Comuni del materiale di archivio)

1. In attuazione delle competenze previste dal d.lgs. 32/1998, la Regione provvede a trasmettere ai Comuni, entro il 31 dicembre 1999 (1), il materiale di archivio relativo agli impianti attualmente in esercizio sul territorio.

2. Ai fini di cui al medesimo d.lgs. 32/1998, la Regione trasmette altresì ai Comuni, entro due mesi dalla pubblicazione della presente legge sul Bollettino Ufficiale, le istanze e relativa documentazione già in corso di istruttoria presso i propri uffici.

Art. 27.

(Disposizioni finanziarie)

1. Per l’attuazione della presente legge si fa fronte con le risorse finanziarie stanziate sul capitolo 14485 dello stato di previsione della spesa per l’esercizio finanziario 1999.

Art. 28.

(Abrogazione di norme)

1. Con l’entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le disposizioni in contrasto con la stessa ed in particolare:

a) legge regionale 12 giugno 1991, n. 25 (Norme sulle Commissioni Provinciali di collaudo degli impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso autotrazione);

b) legge regionale 23 ottobre 1991, n. 52 (Norme per l’esercizio e la razionalizzazione della rete degli impianti di distribuzione automatica dei carburanti per uso autotrazione).

Art. 29.

(Clausola d’urgenza)

1. La presente legge regionale è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 23 aprile 1999

Enzo Ghigo


Allegato A.
(art. 6, comma 1)

ELENCO DEI COMUNI APPARTENENTI ALLE CINQUE ZONE OMOGENEE REGIONALI

Zona 1 - Alto Livello di Urbanizzazione.

PROVINCIA DI TORINO

Alpignano, Banchette, Beinasco, Borgaro T.se, Brandizzo, Buttigliera Alta, Cafasse, Cambiano, Candiolo, Chieri, Chivasso, Collegno, Druento, Gassino T.se, Grugliasco, La Loggia, Mathi, Moncalieri, Montaldo Dora, Nichelino, Nole, None, Orbassano, Pianezza, Piossasco, Rivarolo C.se, Rivoli, S. Mauro T.se, S. Antonino di Susa, Settimo T.se, Torino, Vinovo, Volpiano.

PROVINCIA DI VERCELLI

Gattinara, Quarona, Vercelli.

PROVINCIA DI BIELLA

Biella, Candelo, Gaglianico, Ponderano, Vigliano B.se.

PROVINCIA DI NOVARA

Arona, Borgomanero, Cameri, Novara, Trecate.

VERBANO-CUSIO-OSSOLA

Domodossola, Galliate, Gravellona Toce, Omegna, Stresa ,Villadossola.

PROVINCIA DI CUNEO

Alba, Borgo S. Dalmazzo, Boves, Bra, Canale, Carrù, Costigliole Saluzzo, Cuneo, Fossano, Mondovì, Montà, Moretta, Sommariva del Bosco.

PROVINCIA DI ASTI

Asti, Canelli, Nizza M.to, Villafranca d’Asti.

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

Acqui Terme, Alessandria, Casale M.to, Tortona, Valenza.

Zona 2 - Medio livello di urbanizzazione

PROVINCIA DI TORINO

Almese, Andezeno, Avigliana, Borgofranco d’Ivrea, Bosconero, Bricherasio, Bruino, Burolo, Busano, Caluso, Candia C.se, Carmagnola, Cascinette d’Ivrea, Caselle T.se, Castellamonte, Castiglione T.se, Cavagnolo, Chiaverano, Chiusa S. Michele, Ciconio, Ciriè, Cuorgnè, Favria, Feletto, Fiano, Forno C.se, Giaveno, Leinì, Loranzè, Luserna S. Giovanni, Montalenghe, Montanaro, Oglianico, Osasco, Osasio, Ozegna, Pavone C.se, Pecco, Pecetto T.se, Pessinetto, Pino T.se, Piscina, Pomaretto, Porte, Reano, Rivalta di Torino, Robassomero, Romano C.se, Rondissone, Rosta, Salassa, S. Carlo C.se, S. Francesco al Campo, Sangano, S. Gillio C.se, San Giusto C.se, S. Raffaele Cimena, S. Secondo di Pinerolo, Santena, Strambino, Torrazza Piemonte, Valperga, Villarbasse, Villardora, Villar Perosa, Villastellone, Volvera.

PROVINCIA DI BIELLA

Busnengo, Camburzano, Cerreto Castello, Cossato, Occhieppo Superiore, Piatto, Quaregna, Ronco B.se, Sandigliano, Valdengo, Zumaglia.

PROVINCIA DI VERCELLI

Cigliano, Lozzolo, Santhià.

PROVINCIA DI NOVARA

Bellinzago N.se, Bolzano N.se, Borgo Ticino, Briga, Carpignano Sesia, Castelletto Sopra Ticino, Cerano, Comignago, Cressa, Cureggio, Divignano, Dormelletto, Gattico, Ghemme, Invorio, Marano Ticino, Massino Visconti, Nebbiuno, Oleggio, Oleggio Castello, Paruzzano, Pisano, Pogno, Prato Sesia, Romentino, S. Maurizio d’Opaglio, Varallo Pombia.

PROVINCIA VERBANO-CUSIO-OSSOLA

Arizzano, Baveno, Beè, Cambiasca, Casale Corte Cerro, Gargallo, Ghiffa, Pallanzeno, Piedimulera, Vignone.

PROVINCIA DI CUNEO

Castagnito, Cervasca, Dogliani, Grinzane Cavour, Guarene, Magliano Alfieri, Manta, Piasco, Piobesi d’Alba, Rifreddo, S. Vittoria d’Alba, Vezza d’Alba, Vignolo.

PROVINCIA DI ASTI

Baldichieri d’Asti, Cerro Tanaro, Costigliole d’Asti, Isola d’Asti, Mombercelli, S. Damiano d’Asti.

PROVINCIA DI ALESSANDRIA:

Cassano Spinola, Castelnuovo Scrivia, Ovada, S. Giorgio M.to, Serravalle Scrivia, Vignole Borbera, Viguzzolo.

Zona 3 - Transizione

PROVINCIA DI TORINO

Agliè, Albiano d’Ivrea, Azeglio, Balangero, Baldissero C.se, Barone C.se, Bollengo, Borgomasino, Borgone di Susa, Brosso, Bussoleno, Caravino, Carignano, Cesana T.se, Chiomonte, Coazze, Colleretto Giacosa, Cossano C.se, Cuceglio, Exilles, Fiorano C.se, Foglizzo, Front, Giaglione, Grosso, Isolabella, Ivrea, Lanzo T.se, Lessolo, Levone, Lusigliè, Maglione, Mattie, Mercenasco, Mompantero, Nomaglio, Orio C.se, Palazzo C.se, Parella, Perosa Argentina, Perrusio, Pinasca, Pinerolo, Pont C.se, Prascorsano, Pratiglione, Quagliuzzo, Quassolo, Rivara, Roreto Chisone, Rueglio, Salerano C.se, Salza di Pineroli, Samone, S. Didero, S. Giorio di Susa, S. Martino C.se, S. Maurizio C.se, S. Ponso, S. Ambrogio di Torino, Settimo Rottaro, Strambinello, Susa, Tavagnasco, Torre Pellice, Traves, Trofarello, Usseaux, Usseglio, Vaie, Vauda C.se, Venaria, Verolengo, Vestignè, Vidracco, Villanova C.se, Villareggia, Vistrorio.

PROVINCIA DI VERCELLI

Albano V.se, Arborio, Asigliano V.se, Balmuccia, Borgo d’Ale, Borgosesia, Carcofaro, Caresana, Costanzana, Crova, Desana, Fontaneto Po, Ghislarengo, Greggio, Lamporo, Lenta, Lignana, Livorno Ferraris, Motta dei Conti, Oldenico, Palazzolo V.se, Pertengo, Pezzana, Prarolo, Rive, Ronsecco, Salasco, Saluggia, S. Germano V.se, Scopa, Serravalle Sesia, Stroppiana, Tricerro, Trino, Valduggia, Villata.

PROVINCIA DI BIELLA

Andorno Micca, Bioglio, Borriana, Callabiana, Camandona, Campiglia Cervo, Caprile, Casapinta, Coggiola, Crevacuore, Crosa, Lessona, Masserano, Mezzana, Mortigliengo, Miagliano, Mongrando, Mosso S. Maria, Occhieppo Inferiore, Pettinengo, Piedicavallo, Pistolesa, Pollone, Portula, Pralungo, Pray, Quittengo, Rosazza, Sagliano Micca, Sala B.se, S.Paolo Cervo, Selve Marconi, Soprana, Sostegno, Strona, Tavigliano, Tollegno, Torrazza, Trivero, Vallanzengo, Valle Mosso, Valle S. Nicolao, Veglio, Villa del Bosco, Zimone, Zubiena.

PROVINCIA DI NOVARA

Bogogno, Borgolavezzaro, Casaleggio Novara, Casalvolone, Cavaglio d’Agogna, Fara Novarese, Gozzano, Grignasco, Lesa, Maggiora, Meina, Miasino, Nibbiola, Orta S. Giulio, Pettenasco, Recetto, Romagnano Sesia, Sizzano, Soriso, Suno, Tornaco, Vaprio d’Agogna, Vespolate.

PROVINCIA DI VERBANO-CUSIO-OSSOLA

Aurano, Belgirate, Brovello, Carpugnino, Cannero Riviera, Cesara, Cossogno, Cursolo Orasso, Germagno, Cignese, Gurro, Intragna, Loreglia, Madonna del Sasso, Massiola, Mergozzo, Montescheno, Nonio, Oggebbio, Pella, Quarna Sopra, Quarna Sotto, Seppiana, Verbania, Vigarella, Villette, Vogogna.

PROVINCIA DI CUNEO

Acceglio, Aisone, Alto, Argentera, Bagnasco, Barolo, Battifollo, Briga Alta, Castellinaldo, Castelnuovo di Ceva, Castiglione Falletto, Cervere, Corniliano d’Alba, Cortemilia, Crissolo, Faule, Garessio, Govone, Lesegno, Limone Piemonte, Lisio, Monasterolo Casotto, Monchiero, Monesiglio, Montezemolo, Monticello d’Alba, Murello, Nucetto, Ormea, Pietraporzio, Polonghera, Pontechianale, Pradleves, Priero, Priocca, Priola, Racconigi, Roccaforte Mondovì, Ruffia, Saliceto, Saluzzo, S. Stefano Belbo, Savigliano, Torre Mondovì, Trinità, Valdieri, Venasca, Verduno, Vernante, Verzuolo, Villanova Solaro, Vinadio.

PROVINCIA DI ASTI

Azzano d’Asti, Bruno, Calliano, Camerano Casasco, Casorzo, Castagnole delle Lanze, Castagnole M.to, Castelnuovo Belbo, Castelnuovo Don Bosco, Cerreto d’Asti, Cinaglio, Cisterna d’Asti, Cocconato, Colcavagno, Corsione, Cortanzè, Cunico, Dusino S. Michele, Grana, Grazzano Badoglio, Maranzana, Mombaruzzo, Moncalvo, Mongardino, Montegrosso d’Asti, Montemagno, Passerano Marmorito, Pino d’Asti, Piovà Massaia, Quaranti, Rocchetta Tanaro, S. Paolo Solbrito, Scandeluzza, Scurzolengo, Settime, Soglio, Tonco, Viarigi, Vigliano d’Asti, Villa S. Secondo.

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

Alzano Scrivia, Arquata Scrivia, Balzola, Bassignana, Bergamasco, Borgoratto A.no, Borgo S. Martino, Bosio, Bozzole, Carrosio, Casal Cermelli, Cassinelle, Castellar Guidobono, Castelletto d’Orba, Castelnuovo Bormida, Castelspina, Costa Vescovato, Cuccaro M.to, Francavilla Bisio, Frassineto Po, Fresonara, Giarole, Guazzora, Malvicino, Mirabello M.to, Molino dei Toriti, Montaldo Bormida, Morano sul Po, Mormese, Novi Ligure, Orsara Bormida, Ozzano M.to, Paderna, Parodi Ligure, Pasturana, Piovera, Pontecurone, Pontestura, Predosa, Rivalta Bormida, Rivarone, S. Cristoforo, S. Sebastiano Curone, S. Agata Fossili, Sezzadio, Silvano d’Orba, Solero, Spineto Scrivia, Ticineto, Valmacca, Villalvernia, Villanova M.to, Volpedo.

Zona 4 - Prevalentemente rurale

PROVINCIA DI TORINO

Airasca, Alpette, Arignano, Bairo, Baldissero T.se, Balme, Barbania, Bardonecchia, Bibiana, Bruzolo, Buriasco, Campiglione Fenile, Cantalupa, Caprie, Caselette, Castagneto Po, Castagnole Piemonte, Cavour, Cercenasco, Chianocco, Claviere, Cumiana, Frossasco, Germagnano, Givoletto, Gravere, Inverso Pinasca, La Cassa, Lombardore, Lombriasco, Lusernetta, Macello, Marentino, Mazzè, Mombello di Torino, Montaldo T.se, Moriondo T.se, Oulx, Pancalieri, Pavarolo, Perosa C.se, Poirino, Pragelato, Pralormo, Prarostino, Quincinetto, Rivalba, Riva presso Chieri, Rivarossa, Rocca C.se, Roletto, Rubiana, S. Benigno C.se, S. Germano Chisone, S. Giorgio C.se, S. Pietro Val Lemina, Sauze di Cesana, Sauze d’Oulx, Scalenghe, Scarmagno, Sciolze, Sestriere, Sparone, Torre C.se, Trana, Val della Torre, Valgioie, Vallo T.se, Varisella, Venaus, Vialfrè, Vigone, Villar Focchiardo, Virle Piemonte.

PROVINCIA DI VERCELLI

Alice Castello, Borgovercelli, Caresanablot, Crescentino, Formigliana, Guardabosone, Mollia, Pila, Postua, Quinto V.se, Rima S. Giuseppe, Roasio, Rovasenda, Scopello, Tarmengo, Varallo, Villarboit.

PROVINCIA DI BIELLA

Ailoche, Benna, Cavaglià, Cerrione, Dorzano, Massazza, Muzzano, Salussola, Verrone, Villanova B.se.

PROVINCIA DI NOVARA

Agrate Conturbia, Armeno, Viandrate, Boca, Caltignaga, Casalbeltrame, Colazza, Fontaneto d’Agogna, Garbagna N.se, Landiona, Momo, Pombia, Nazaro Sesia, S. Pietro Mosezzo, Terdobbiate, Veruno.

PROVINCIA DI VERBANO-CUSIO-OSSOLA

Anzola d’Ossola, Beura Cardezza, Cannobio, Caprezzo, Crevoladossola, Crodo, Druogno, Malesco, Masera, Miazina, Ornavasso, Pieve Vergonte, Premeno, Premosello Chiovenda, Re, S. Bernardino Verbano, S. Maria Maggiore, Toceno, Trarego Viggiona, Trontano.

PROVINCIA DI CUNEO

Albaretto della Torre, Arguello, Bagnolo, Bagnolo Piemonte, Baldissero d’Alba, Barbaresco, Barge, Beinette, Benevello, Bernezzo, Busca, Camo, Caraglio, Caramagna Piemonte, Casalgrasso, Castellar, Castelmagno, Cavallermaggiore, Centallo, Ceresole d’Alba, Ceva, Cherasco, Diano d’Alba, Dronero, Entraque, Frabosa Sottana, Gaiola, Genola, Marene, Margarita, Morozzo, Narzole, Peveragno, Pianfei, Pocapaglia, Revello, Robilante, Roccasparvera, Roccavione, Roddi, Rodello, Salmour, S. Benedetto Belbo, Sanfrè, Sanfront, S. Michele Mondovì, S. Albano Stura, Sommariva Perno, Tarantasca, Torre S. Giorgio, Vicoforte, Villanova Mondovì.

PROVINCIA DI ASTI

Bubbio, Buttigliera d’Asti, Calamandrana, Cantarana, Castell’Alfero, Castello d’Annone, Celle Enomondo, Ferrere, Incisa Scapaccino, Monale, Refrancore, Revigliasco d’Asti, Tigliole, Villanova d’Asti.

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

Basaluzzo, Belforte M.to, Carbonara Scrivia, Carentino, Casaleggio Boiro, Castelletto M.to, Cavatore, Cerrina M.to, Felizzano, Frugarolo, Gavi, Lerna, Masio, Molare, Murisengo, Pecetto di Valenza, Pietra Marazzi, Pozzolo Formigaro, Quattordio, Stazzano, Tagliolo M.to, Tassarolo, Visone.

Zona 5 - Rurale

PROVINCIA DI TORINO

Ala di Stura, Alice Superiore, Andrate, Angrogna, Bobbio Pellice, Borgiallo, Brozolo, Brusasco, Canischio, Cantoira, Carema, Casalborgone, Castelnuovo Nigra, Ceres, Ceresole Reale, Chialamberto, Chiesa Nuova, Cintano, Cinzano, Coassolo T.se, Colleretto Castelnuovo, Condove, Corio, Fenestrelle, Frassinetto, Garzignana, Groscavallo, Ingria, Issiglio, Lauriano, Lemie, Locana, Lugnacco, Masello, Meana di Susa, Meugliano, Mezzenile, Monastero di Lanzo, Moncenisio, Monteu da Po, Noasca, Novalesa, Perrero, Piverone, Prali, Pramollo, Ribordone, Ronco C.se, Rorà, Salbertrand, San Colombano Belmonte, S. Sebastiano da Po, Settimo Vittone, Trausella, Traversella, Valprato Soana, Verrua Savoia, Vico C.se, Villafranca P.te, Villar Pellice, Vische, Viù.

PROVINCIA DI VERCELLI

Alagna Valsesia, Balocco, Bianzè, Breia, Buronzo, Campertogno, Carisio, Casanova Elvo, Cellio, Cervatto, Civiasco, Collobiano, Cravagnana, Fobello, Moncrivello, Olcenengo, Piode, Rassa, Rimasco, Rimella, Riva Valdobbia, Rossa, Sabbia, Sali V.se, S. Giacomo V.se, Tronzano, Vocca.

PROVINCIA DI BIELLA

Boccioleto, Castelletto Cervo, Curino, Donato, Gifflenga, Graglia, Magnano, Mottalciata, Netro, Roppolo, Sordevolo, Viverone.

PROVINCIA DI NOVARA

Ameno, Arola, Barengo, Briona, Casalino, Castellazzo N.se, Cavaglietto, Cavallirio, Granozzo con Monticello, Mandello Vitta, Mezzomerico, Sillavengo, Sozzago, Vicolungo, Vinzaglio.

PROVINCIA DI VERBANO-CUSIO-OSSOLA

Antrona Schieranco, Baceno, Bannio Anzino, Bognanco, Calasca Castiglione, Cavaglio Spoccia, Ceppo Morelli, Craveggia, Falmenta, Formazza, Macugnaga, Montecrestese, Premia, Trasquera, Valstrona, Vanzone con S. Carlo, Varzo.

PROVINCIA DI CUNEO

Bastia M.vi’, Bellino, Belvedere Langhe, Benevagienna, Bergolo, Bonvicino, Borgomale, Bosia, Bossolasco, Briaglia, Brondello, Brossasco, Camerana, Canosio, Caprauna, Cardè, Cartignano, Casteldelfino, Castelletto Stura, Castelletto Uzzone, Castellino Tanaro, Castiglione Tinella, Castino, Cavallerleone, Celle di Macra, Cerreto Langhe, Chiusa di Pesio, Cigliè, Cissone, Clavesana, Cossano Belbo, Cravanzana, Demonte, Elva, Envie, Farigliano, Freisoglio, Frabosa Soprana, Frassino, Gambasca, Gorzegno, Gottasecca, Igliano, Isasca, Lagnasco, La Morra, Lequio Berria, Lequio Tanaro, Levice, Macra, Magliano Alpi, Mango, Marmora, Marsaglia, Martiniano Po, Melle, Moiola, Mombarcaro, Mombasiglio, Monastero di Vasco, Monastero di Savigliano, Monforte d’Alba, Montaldo di Mondovì’, Montaldo Roero, Montanera, Montelupo Albese, Montemale di Cuneo, Monterosso Grana, Monteu Roero, Murazzano, Neive, Niella Belbo, Niella Tanaro, Novello, Oncino, Ostana, Paesana, Pagno, Pamparato, Paroldo, Perletto, Perlo, Pezzolo Valle Uzzone, Piozzo, Prazzo, Prunetto, Rittana, Roascio, Reaschia, Roburent, Roccabruna, Rocca Cigliè, Rocca de’ Baldi, Rocchetta Belbo, Roddino, Rossana, Sale delle Langhe, Sale S. Giovanni, Sambuco, Sampeyre, San Damiano Macra, S. Stefano Roero, Scagnello, Scarnafigi, Serralunga d’Alba, Serravalle Langhe, Sinio, Somano, Stroppo, Torre Bormida, Torresina, Treiso, Trezzo Tinella, Valgrana, Valloriate, Valmata, Villafalletto, Villar S. Costanzo, Viola, Vottignasco.

PROVINCIA DI ASTI

Agliano, Albugnano, Antignano, Aramengo, Belveglio, Berzano di S. Pietro, Calosso, Capriglio, Cassignasco, Castelboglione, Castellero, Castelletto Molina, Castelnuovo Calcea, Castel Rocchero, Cellarengo, Cessole, Chiusano d’Asti, Coazzolo, Cortandone, Cortazzone, Cortiglione, Cossombrato, Fontanile, Frinco, Loazzolo, Maretto, Moasca, Mombaldone, Monastero Bormida, Moncucco T.se, Montabone, Montafia, Montaldo Scarampi, Montiglio, Murisengo, Olmo Gentile, Penango, Piea, Roatto, Robella, Rocca D’Arazzo, Roccaverano, Rocchetta Palafea, S. Giorgio Scarampi, S. Martino Alfieri, S. Marzano Oliveto, Serole, Sessame, Tonengo, Vaglio Serra, Valfenera, Vesime, Viale, Vinchio.

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

Albera Ligure, Alfiano Natta, Alice Belcolle, Alluvioni Cambiò, Altavilla M.to, Avolasca, Berzano di Tortona, Bistagno, Borghetto di Borbera, Boscomarengo, Brignano Frascata, Cabella Ligure, Camagna M.to, Camino, Cantalupo Ligure, Capriata d’Orba, Carezzano, Carpeneto, Carrega Ligure, Cartosio, Casal Noceto, Casasco, Cassine, Castellania, Castellazzo Bormida, Castelletto d’Erro, Castelletto Merli, Cellamonte, Cereseto, Cerreto Grue, Coniolo, Cenzano, Cremolino, Denice, Fabbrica Curone, Fraconalto, Frascaro, Frassinello M.to, Fubine, Gabiano, Gamalero, Garbagna, Gavazzana, Gremiasco, Grognardo, Grondona, Isola S. Antonio, Lu, Melazzo, Merana, Morbello M.to, Momperone, Moncestino, Mongiardino Ligure, Monleale, Montacuto, Montaldeo, Montecastello, Montechiaro d’Acqui, Montegioco, Montemarzino, Mordello, Morsasco, Occimiano, Odalengo Grande, Odalengo Piccolo, Olivola, Ottiglio, Oviglio, Pareto, Pomaro M.to, Ponti, Ponzano M.to, Ponzone, Pozzol Groppo, Prasco, Quargnento, Roccaforte Ligure, Roccagrimalda, Rocchetta Ligure, Rosignano M.to, Sala M.to, Sale, Sardigliano, Sarezzano, Serralunga di Crea, Solonghello, Spigno M.to, Strevi, Terruggia, Terzo, Treville, Trisobbio, Vignale, Villadeati, Villamiroglio, Villaromagnano, Volpeglino, Voltaggio.

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 17 del 28 aprile 1999 (ndr)



Legge regionale 26 aprile 1999, n. 9

Modifica alla legge regionale 30 dicembre 1981, n. 57 “Assicurazione contro gli infortuni dei Consiglieri regionali”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario di Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

Il comma 3 dell’articolo 2 della legge regionale 30 dicembre 1981, n. 57 (Assicurazione contro gli infortuni dei Consiglieri regionali) così come modificata dalla legge regionale n. 4/1986, legge regionale n. 14/19994, legge regionale n. 69/1995 è sostituito dal seguente:

“L’indennità in caso di morte, l’indennità in caso di invalidità permanente e l’indennità giornaliera in caso di invalidità temporanea sono stabilite dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale”.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 26 aprile 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 17 del 28 aprile 1999 (ndr)



Legge regionale 24 maggio 1999, n. 10

Contributo regionale per la realizzazione di un monumento alla memoria di Fausto Coppi

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

1. La Regione Piemonte assegna all’Associazione denominata “Associazione  per erigere un monumento alla memoria di Fausto Coppi”, con sede in Torino, un contributo di lire 200 milioni.

Art. 2.

1. All’onere relativo si farà fronte mediante riduzione di pari ammontare in termini di competenza e di cassa, dello stanziamento di cui al capitolo 27170 dello stato di previsione della spesa per l’anno 1999 e la conseguente istituzione, nello stato di previsione medesimo, di apposito capitolo con la denominazione “Contributo all’Associazione per erigere un monumento alla  memoria di Fausto Coppi” e lo stanziamento di lire 200 milioni in termini di competenza e di cassa.

2. Lo stanziamento di cui al comma 1 costituisce assegnazione alla Direzione regionale competente, ai sensi dell’articolo 17 della legge regionale 8 agosto 1997, n. 51 (Norme sull’organizzazione degli uffici e sull’ordinamento del personale regionale).

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, 24 maggio 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 21 del 26 maggio 1999 (ndr)



Legge regionale 18 giugno 1999, n. 11

Variazione urgente al bilancio della Regione per l’anno 1999

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1

(Variazione al bilancio 1999)

1. Nel bilancio di previsione per l’anno 1999 sono introdotte, ai sensi dell’articolo 44 della legge regionale 29 dicembre 1981, n. 55 (Norme di contabilità regionale), le variazioni, in termini di cassa, nello stato di previsione della spesa, di seguito elencate:

Capitolo    Competenza    Residui    Cassa

12280    0    0    - 100.000.000.000
15970    0    0    + 100.000.000.000

2. Il fondo di riserva di cassa di cui all’articolo 40 della l.r. n. 55/1981, determinato in lire 200 miliardi dall’articolo 11 della legge regionale 26 marzo 1999, n. 4 (Bilancio di previsione 1999 e pluriennale 1999-2001) è integrato di lire 100 miliardi.

Art. 2

(Urgenza)

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 18 giugno 1999

p. Enzo Ghigo
Il Vice Presidente
Antonino Masaracchio

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 25 del 23 giugno 1999 (ndr)













Legge regionale 25 giugno 1999, n. 12

Bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998 dell’Agenzia regionale per i servizi sanitari

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Bilancio di previsione 1998
dell’Agenzia regionale per i servizi sanitari)

1. Ad integrazione della legge regionale 2 giugno 1998, n.14 “Bilancio di previsione 1998 e pluriennale 1998 - 2000”, è approvato il bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998 dell’Agenzia regionale per i servizi sanitari.

Art. 2.

(Attività finanziarie)

1. Le attività finanziarie necessarie all’attuazione della legge regionale 16 marzo 1998, n. 10, istitutiva dell’Agenzia per i servizi sanitari, intervenute tra la data di istituzione dell’Agenzia stessa e la data di entrata in vigore della presente legge, sono valide a tutti gli effetti.

Art. 3.

(Urgenza)

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 25 giugno 1999

p. Enzo Ghigo
Il Vice Presidente
Antonino Masaracchio

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 26 del 30 giugno 1999 (ndr)

(segue allegato)












Legge regionale 25 giugno 1999, n. 13

Norme per lo sviluppo dell’agricoltura biologica

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità)

1. La Regione Piemonte, al fine di contribuire all’equilibrio dell’ambiente naturale e alla tutela della salute dei consumatori:

a) disciplina l’applicazione in Piemonte della normativa riguardante l’agricoltura biologica in attuazione delle disposizioni comunitarie previste dal regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio del 24 giugno 1991 (relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari), delle disposizioni nazionali previste dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220 (Attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento CEE n. 2092/91 in materia di produzione agricola ed agro-alimentare con metodo biologico), nonché delle disposizioni in materia emanate a livello comunitario e nazionale;

b) promuove la diffusione del metodo di produzione biologica di prodotti agricoli, nonché della trasformazione, lavorazione, conservazione e commercializzazione di prodotti biologici attraverso l’assistenza interaziendale, la ricerca e la sperimentazione, la dimostrazione, l’informazione e l’aggiornamento tecnico;

c) sostiene azioni di informazione e promozione del consumo di prodotti biologici;

d) prevede priorità per le aziende biologiche nella concessione di finanziamenti.

Art. 2.

(Definizioni)

1. Le definizioni di “agricoltura biologica”, “azienda agricola in conversione biologica”, “azienda agricola biologica”, “preparatore”, “organismo di controllo”, “operatore” sono quelle previste dal reg. (CEE) 2092/91, dal d.lgs. 220/1995 nonché dalle disposizioni in materia di agricoltura biologica emanate a livello comunitario e nazionale.

Art. 3.

(Notifiche)

1. Le notifiche di inizio o proseguimento dell’attività, le variazioni di notifica nonché le conferme delle notifiche già effettuate al Ministero per le politiche agricole, devono essere presentate alla Provincia in cui è ubicata l’azienda e all’organismo di controllo autorizzato scelto dall’operatore.

2. A tale scopo devono essere adottate le disposizioni contenute nell’articolo 6, comma 1, del d.lgs. 220/1995.

Art. 4.

(Elenco regionale degli operatori dell’agricoltura biologica)

1. E’ istituito presso l’Assessorato regionale all’Agricoltura l’elenco regionale degli operatori dell’agricoltura biologica, suddiviso per provincia e distinto in sezioni secondo quanto previsto dall’articolo 8 del d.lgs. 220/1995.

2. Gli organismi di controllo comunicano alle Province il riconoscimento di idoneità degli operatori previsto dall’articolo 8, comma 5 e dall’allegato III, primo capoverso, numero 2 del d.lgs. 220/1995.

3. Le Province, acquisite le predette comunicazioni, eseguiti i necessari riscontri documentali con le notifiche pervenute, comunicano all’Assessorato regionale all’Agricoltura i dati degli operatori previsti dalle disposizioni vigenti per inserirli nell’elenco regionale.

4. L’elenco regionale degli operatori dell’agricoltura biologica è gestito in modo informatico.

5. L’Assessorato regionale all’Agricoltura, in adempimento dell’articolo 8, comma 4 del d.lgs. 220/1995, provvede a comunicare al Ministero per le politiche agricole l’elenco regionale, aggiornato al 31 dicembre dell’anno precedente, degli operatori iscritti.

6. L’elenco regionale degli operatori dell’agricoltura biologica è pubblico.

Art. 5.

(Modalità dei controlli sugli operatori)

1. Gli organismi di controllo effettuano i controlli sugli operatori in base al piano tipo previsto dall’articolo 9, paragrafo 5, lettera a) del reg. (CEE) 2092/91.

2. Il piano tipo è trasmesso dagli organismi di controllo all’Assessorato regionale all’Agricoltura che lo approva qualora sia conforme alla normativa vigente. L’approvazione può essere subordinata all’accoglimento di osservazioni o proposte di modifica.

Art. 6.

(Vigilanza e sanzioni)

1. Le funzioni di vigilanza sugli organismi di controllo sono esercitate all’Assessorato regionale all’Agricoltura che può avvalersi delle Province.

2. Per quanto riguarda le sanzioni a carico degli operatori e degli organismi di controllo, vale quanto previsto dal reg. (CEE) 2092/91, dal d.lgs. 220/95 nonchè dalle disposizioni in materia emanate a livello comunitario e nazionale.

Art. 7.

(Associazioni dei produttori biologici)

1. La Regione Piemonte riconosce le associazioni dei produttori agricoli biologici ai sensi del regolamento (CE) n. 950/97 del Consiglio del 20 maggio 1997 (relativo al miglioramento dell’efficienza delle strutture agricole), e successive modifiche ed integrazioni, aventi come scopo:

a) l’assistenza interaziendale per l’applicazione di metodi di agricoltura biologica;

b) la ricerca, la sperimentazione e la dimostrazione nel campo dell’agricoltura biologica, le informazioni e l’aggiornamento tecnico dei soci;

c) un’attività aziendale in comune riguardante l’agricoltura biologica;

d) altre attività riguardanti l’agricoltura biologica.

2. L’associazione deve:

a) associare almeno cento aziende agricole, il cui titolare sia imprenditore agricolo a titolo principale iscritto nell’elenco regionale degli operatori dell’agricoltura biologica. In aggiunta può associare aziende agricole il cui titolare è imprenditore agricolo;

b) costituirsi con atto notarile e dotarsi di un apposito statuto redatto secondo le indicazioni dell’Assessorato regionale all’Agricoltura;

c) prevedere il voto pro capite;

d) operare con programmi annuali di attività.

3. La Regione può concedere alle associazioni un contributo di avviamento destinato a contribuire alla copertura dei costi di costituzione e di gestione dei programmi di attività annuali, per i primi cinque anni successivi al loro riconoscimento, nei limiti di importo fissati dal reg. (CE) 950/97.

4. Sulla spesa ammessa per il programma annuale viene concesso un contributo fino all’80 per cento.

Art. 8.

(Azioni di informazione e promozione)

1. La Regione finanzia programmi di informazione e promozione del consumo di prodotti biologici attuandoli direttamente o tramite istituzioni qualificate o concedendo contributi alle stesse.

2. La Regione finanzia programmi di ricerca, sperimentazione, dimostrazione, informazione ed aggiornamento nel campo dell’agricoltura biologica attuandoli direttamente o tramite istituzioni tecnico-scientifiche qualificate o concedendo contributi alle stesse.

Art. 9.

(Consulta regionale per l’agricoltura biologica)

1. E’ istituita presso l’Assessorato regionale all’Agricoltura la Consulta regionale per l’agricoltura biologica così composta:

a) Assessore regionale all’Agricoltura o suo delegato che la presiede;

b) un rappresentante designato dall’Unione delle Province piemontesi;

c) un esperto designato dall’Università di Torino, Facoltà di Agraria;

d) un rappresentante per ognuna delle tre organizzazioni professionali agricole più rappresentative a livello regionale operanti in tutte le province del Piemonte;

e) tre operatori dell’agricoltura biologica iscritti nell’elenco regionale, designati di comune accordo tra le associazioni dei produttori di cui all’articolo 7.

2. Possono essere chiamati a partecipare ai lavori della Consulta esperti nelle materie trattate, senza diritto di voto.

3. La Consulta è nominata, entro due mesi dall’entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Giunta regionale, decade unitamente al Consiglio regionale e comunque svolge le sue funzioni fino alla costituzione della nuova Consulta.

4. La Consulta ha la finalità di fornire un apporto consultivo, tecnico, scientifico nel campo dell’agricoltura biologica.

5. In particolare la Consulta viene sentita dall’Assessorato regionale all’Agricoltura:

a) nella predisposizione delle istruzioni per l’applicazione della presente legge;

b) per tutti gli aspetti generali che interessano l’agricoltura biologica per i quali l’Assessorato regionale all’Agricoltura ritiene utile avvalersi della Consulta.

6. Per i componenti della Consulta è previsto il rimborso delle spese di trasporto.

Art. 10.

(Priorità per le aziende biologiche)

1. Le aziende agricole singole o associate, riconosciute biologiche, hanno priorità nella concessione di finanziamenti a parità di tutte le altre condizioni.

Art. 11.

(Istruzioni per l’applicazione della legge)

1. La Giunta regionale emana entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, sentita la Consulta regionale per l’agricoltura biologica, le istruzioni per l’applicazione, riguardanti in particolare le procedure nonché tutti gli aspetti organizzativi ed operativi.

2. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, approva un programma di informazione e promozione del consumo di prodotti biologici di cui all’articolo 8, anche integrato con gli aspetti educativi e salutistici.

Art. 12.

(Disposizioni finanziarie)

1. Per la concessione dei contributi alle associazioni regionali di cui all’articolo 7 è stanziata la somma di lire 250 milioni per l’anno 1999. Nello stato di previsione della spesa del bilancio 1999 è istituito un capitolo con denominazione: “Contributi alle associazioni dei produttori agricoli biologici per l’assistenza interaziendale, la ricerca, la sperimentazione, le attività dimostrative ed informative”.

2. Per le spese di cui all’articolo 8 è stanziata la somma di lire 250 milioni per l’anno 1999. Nello stato di previsione della spesa del bilancio 1999 è istituito un capitolo con denominazione: “Oneri per programmi di ricerca, sperimentazione, informazione e promozione in materia di agricoltura biologica”.

3. All’onere di lire 500 milioni per l’esercizio 1999 si fa fronte mediante riduzione di pari importo del capitolo n. 15910. Per gli esercizi 2000 e 2001 si provvede in sede di predisposizione dei relativi bilanci di previsione.

Art. 13.

(Norme transitorie)

1. Le funzioni assegnate alle Province dalla presente legge continuano ad essere esercitate in via transitoria dalla Regione, tramite i Settori territoriali dell’agricoltura, fino alla data di decorrenza dell’esercizio delle funzioni in materia di agricoltura previste dalla legge regionale di attuazione del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale).

2. La concessione degli aiuti previsti dalla presente legge è disposta dopo il parere favorevole dell’Unione europea sulla legge.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 25 giugno 1999

p. Enzo Ghigo
Il Vice Presidente
Antonino Masaracchio

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 26 del 30 giugno 1999 (ndr)



Legge regionale 2 luglio 1999, n. 14

Bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999 dell’Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Canavese

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Bilancio di previsione 1999 dell’Ente di gestione
dei Parchi e delle Riserve naturali del Canavese)

1. È approvato il bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999 dell’Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Canavese.

Art. 2.

(Urgenza)

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 2 luglio 1999

Enzo Ghigo

Allegato A.

Relazione previsionale e programmatica anno 1999

Il Bilancio di previsione per il 1999 dell’Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali del Canavese qui proposto intende essere valido strumento a completare il programma triennale di interventi necessari a fornire la prima minima attrezzatura alla rete di aree protette della sub regione Ganavesana.

Mentre nel primo anno di mandato si è lentamente formata la conoscenza dell’esistente e la comprensione delle necessità immediate, nel corso del 1997 si è iniziato a porre le basi operative del progetto e nel 1998 si sono visti, in sintonia con i tempi previsti, i primi risultati sul campo.

Il 1999 ultimo anno intero del mandato di questo Consiglio Direttivo, vedrà l’apertura entro l’estate del centro di ricevimento ed informazione per i visitatori in Vauda Canavese, ormai terminato e che necessita solo più di arredi e attrezzature; si richiedono finanziamenti per arredare anche il centro di Baldissero Canavese, che il comune ha terminato di ristrutturare, ed il vecchio ristorante di Belmonte, per il quale l’Ente è riuscito a firmare la sospirata, convenzione con la proprietà.

Stanno per iniziare i lavori per il recupero del patrimonio statuario del Sacro Monte e prestissimo inizierà il primo lotto della valorizzazione del Sacro Monte; richiederemo i finanziamenti per completare la progettazione esecutiva dei successivi.

Sui Monti Pelati, terminata la costruzione della prima area attrezzata, attendiamo i finanziamenti per la seconda; lo stesso discorso vale per la pista ciclabile e l’area attrezzata di Lombardone.

Risulta peraltro evidente che le spese correnti di amministrazione assorbono buona parte delle entrate specificatamente stanziate dalla Regione, mentre per gli interventi di investimento previsti tutto dipenderà dai trasferimenti vincolati che la stessa riuscirà a finanziare.

Non si può dimenticare che il nostro Ente vive esclusivamente di finanza derivata e perciò gli spazi di programmazione e gli obiettivi perseguiti sono necessariamente ridotti.

Analizzando a grandi linee le Entrate definite correnti, si può verificare che la cat. 1a del 1º titolo prevede una competenza di L. 593.510.765, mentre per quanto attiene alle Entrate destinate agli investimenti la cat. 2a del 1º Titolo prevede una competenza di L. 1.635.113.883.

L’Avanzo finanziario presunto alla chiusura dell’esercizio 1998 è stato quantificato in L. 1.129.573.117.

Per quanto riguarda la parte della spesa, la sez. 1a e 2a prevedono rispettivamente L. 27.000.000 e L. 431.687.000, mentre per la gestione degli immobili (sez. 3a - cat. 1a) è stata prevista la somma di L. 17.000.000 e per quella degli uffici (sez. 3a cat. 2a) la somma di L. 19.500.000.

Altra voce di rilievo è quella destinata agli studi e ricerche (sez. IV - cat.  1a) che si attesta su una previsione di spesa di L. 36.000.000.

Nel complesso nel 1º Titolo della spesa vengono collocate risorse per L.  683.187.000.

Si vada ora all’analisi delle spese di Investimento, che intendono, almeno in linea programmatica, sottolineare le volontà di scelta da parte di questo Ente di Gestione, che necessariamente, come già sopra descritto debbono sottostare alla disponibilità finanziaria della Regione.

1) Recupero percorso devozionale della Via Crucis (Cap. 430) L. 270.000.000

Il percorso della Via Crucis, lungo il quale si trovano 13 cappelle con dipinti e gruppi statuari, viene utilizzato come percorso per fuori strada con punti fortemente compromessi. è caratterizzata da una presenza vegetale in stato di abbandono. Lungo il percorso si trovano oltre le cappelle anche aree archeologiche recintate, ma prive di ogni manutenzione o valorizzazione, oltre ad alcune aree archeologiche sotterranee in zone di transito.

Interventi previsti - Valorizzazione del percorso devozionale attraverso: consolidamento delle rive, regimazione delle acque, pulizia delle infestanti, miglioramento dell’accessibilità senza modifica dello stato dei luoghi, realizzanone di acciottolato originario con deviazioni trasversali già esistenti.

Valorizzazione archeologica delle aree archeologiche recintate già messe in luce, recupero ed inserimento di segnaletica turistica.

Al fine di rendere fruibile il percorso devozionale necessario ipotizzare l’acquisizione di un edificio attualmente abitato ubicato lungo la Via Crucis e l’eventuale ripristino ed inserimento dello stesso all’interno del percorso.

Per i caratteri dei fruitori è necessario includere nel progetto finale l’inserimento dei servizi igienici, non ancora previsti.

2) Rifacimento della copertura della Cappella V della Via Crucis e ristrutturazione dei locali ex Ristorante (Cap. 425) L. 250.000.000

- V Cappella

La V Cappella ubicata vicino ad una delle aree archeologiche scoperte, sì trova in uno stato di degrado dovuto ad un lungo periodo di mancata manutenzione.

Interventi previsti - Rifacimento del tetto con riuso dei coppi originari per la posa in opera del manto di copertura, intervento conservativo delle parti murarie con recupero di scritte e raffigurazioni pittoriche e cromie originarie.

- Ex - Ristorante

L’edificio situato al di sotto del piazzale antistante il Santuario realizzato agli inizi del XX secolo ed inserito nel contesto strutturale del Santuario era occupato da un ristorante adibito all’accoglienza dei pellegrini, ora inutilizzato, ma adatto ad un ripristino per ricezione turistica.

Interventi previsti - Rifacimento delle parti in muratura, interni ed esterni, opere di consolidamento, restauro e ripristino dei serramenti esterni ed interni, ripristino delle pavimentazioni e facimento dei servizi interni di illuminazione ed altro, ripristino del giardino antistante.

3) Statuaria ed affreschi (Cap. 435) L. 300.000.000

- Statuaria - Si contano 72 statue in terracotta di Castellamonte ed altre realizzate in scagliola rappresentanti la vita di Gesù in diverso stato di conservazione.

Ipotesi di intervento - Fissaggio dei sollevamenti pericolanti, spolveratura superficiale, consolidamento degli intonaci mediante iniezione, fissaggio della pellicola pittorica, pulitura superficiale, recupero delle raffigurazioni originali ed integrazione pittorica.

4) Casa del Parco Vauda Canavese - Casa del Parco Baldissero Canavese (Cap. 380 per L. 75.000.000 - Cap. 385 per L. 20.000.000) L. 95.000.000.

Casa del Parco a Baldissero Canavese.

La struttura si trova al confine con l’area naturale e per questo é destinata a Casa del Parco.

Il recupero della struttura, la cui costruzione ha avuto avvio negli anni ‘80 è stato curato dal Comune di Baldissero Canavese. Sono necessari arredi e strutture per la fruizione, di cui si occuperà l’Ente Parchi.

Casa del Parco nel comune di Vauda.

Interventi ancora necessari - La Casa del Parco è intesa quale punto di aggregazione e didattica, dunque sono necessari arredi, strutture e che consentano la valorizzazione in tale senso, oltre agli arredi standard per l’utilizzo della struttura.

5) Recupero percorso pedonale al Sacro Monte (Cap. 465) L. 105.500.000

L’unica strada per raggiungere il Convento storicamente utilizzata dai pellegrini è ubicata a mezza costa del Sacro Monte ed è inserita su una struttura granitica. La situazione attuale è di degrado dovuto alla forte attività erosiva delle acque ed alla presenza di specie infestanti.

Interventi previsti - Interventi di regimazione delle acque che faciliti il deflusso mantenendo appieno il tracciato con interventi di ripristino delle briglie centrali ed un intervento di pulizia dei bordi dalle specie vegetali che metta in evidenza le caratteristiche geologiche della zona.

6) Aree attrezzate (Cap. 455) L. 540.000.000

- Realizzazione dell’area attrezzata Vespia

Area boscata di 8000 mq, di fondovalle, non raggiungibile in automobile, ubicata nel comune di Castellamonte in parte pianeggiante, ricca d’acqua, con copertura vegetale diffusa e variegata ed in parte scoscesa con affioramenti rocciosi e fenomeni erosivi.

Interventi previsti - Pulizia generale dell’area, pulizia della vegetazione dei corsi d’acqua, interventi di regimazione delle acque, inserimento pannelli espositivi, creazione di percorsi con valorizzazione dei camminamenti esistenti, realizzazione sentieri secondari, inserimento attrezzature di fruizione lungo una spina di 180 metri finalizzate all’utilizzo stanziale per picnic e di transito.

- Realizzazione di una pista ciclabile a Lombardore e area attrezzata

Area terrazzata posta tra il comune di Lombardore ed il comune di Rivarossa nei pressi della strada provinciale. La fruibilità dell’area è molto elevata e dunque può diventare meta ambita con la realizzazione di un percorso ginnico e ciclabile.

Interventi previsti - Realizzazione di un percorso pedonale con pulizia delle infestanti, regimazione delle acque, pavimentazione del tratto interessato, con mattonelle autobloccanti in colori che si inseriscono nell’ambiente.

- Area attrezzata nel Comune di Front.

L’Ente Parchi ha previsto nel territorio di Front la realizzazione di un’area attrezzata all’interno della quale si prevede anche la vendita dei prodotti locali.

7) Realizzazione di sentieri autoguidati (Cap. 520) L. 150.000.000

Su tutte le aree si prevede di poter realizzare

- segnalazione di tutti i sentieri;

- inserimento di attrezzature per tratti in autoguida;

- realizzazione attrezzature per tratti agibili da disabili

Le spese complessive del II Titolo si attestano sulla somma di L. 2.082.500.000.

Le partite che si compensano con l’Entrata (Tit. IV) pari a L. 105.000.000 non rivestono importanza contabile.

Legge regionale pubblicata sul 2° Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 27 del 7 luglio 1999 (ndr)

(Segue allegato)



Legge regionale 2 luglio 1999, n. 15

Modifica della legge regionale 15 aprile 1985, n. 31 “Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere” come integrata dalla legge regionale 11 aprile 1995, n. 55 “Integrazioni della legge regionale 15 aprile 1985, n. 31 relative alle caratteristiche tecnico-edilizie e igienico-sanitarie dei rifugi alpini e rifugi escursionistici”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art.1.

1. Il quinto comma dell’articolo 7 della legge regionale 15 aprile 1985, n. 31 (Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere) aggiunto dalla legge regionale 11 aprile 1995, n. 55 (Integrazioni della legge regionale 15 aprile 1985, n. 31 relative alle caratteristiche tecnico-edilizie e igienico-sanitarie dei rifugi alpini e rifugi escursionistici), è sostituito dal seguente:

“I rifugi alpini e i rifugi escursionistici devono inoltre possedere le caratteristiche tecnico-edilizie e igienico-sanitarie indicate nell’allegato B della presente legge. Qualora il rispetto di tali requisiti comporti per i rifugi esistenti alla data di entrata in vigore della legge interventi di ristrutturazione e/o di manutenzione straordinaria, l’adeguamento alle prescrizioni dell’allegato B deve essere realizzato entro il 31 dicembre 2001, anche in deroga alle disposizioni delle vigenti norme di settore. La presente normativa non si applica ai bivacchi fissi, ai ricoveri, ai locali invernali posti nei rifugi ed ai punti di appoggio”.

Allegato B

DISPOSIZIONI TECNICO-EDILIZIE
ED IGIENICO-SANITARIE SUI RIFUGI ALPINI
E RIFUGI ESCURSIONISTICI

1 - GENERALITA’

Per l’applicazione delle disposizioni tecnico-edilizie e igienico-sanitarie i rifugi alpini e i rifugi escursionistici, in uniformità alla normativa per la prevenzione incendi di cui al decreto del ministro dell’interno del 9 aprile 1994, sono classificati nel seguente modo:

1.1. BIVACCHI, RICOVERI, LOCALI INVERNALI POSTI NEI RIFUGI, PUNTI DI APPOGGIO: strutture aperte senza attrezzature. Sono comunque ricomprese in tale definizione le strutture adibite al ricovero degli alpinisti che presentino le seguenti peculiarità: assenza di custodia, costante apertura, assenza di dispositivi di cottura, presenza dello stretto necessario per il riposo ed il ricovero di emergenza. Sono inoltre ricompresi i rifugi incustoditi in permanenza.

1.2. RIFUGI A (rifugi escursionistici): raggiungibili con strada rotabile;

1.3. RIFUGI B (rifugi alpini): raggiungibili con mezzo meccanico di risalita, esclusa la sciovia;

1.4. RIFUGI C (rifugi alpini): rifugi non compresi nelle precedenti categorie, con dislivello di accesso rispetto al fondo valle inferiore a 800 metri;

1.5. RIFUGI D (rifugi alpini): come rifugi C, ma con dislivello di accesso compreso tra 800 e 1.400 metri rispetto al fondo valle;

1.6. RIFUGI E (rifugi alpini): come rifugi C, ma con dislivello di accesso superiore a 1.400 metri dal fondo valle. Sono ricompresi in tale categoria i rifugi raggiungibili esclusivamente mediante passaggi di arrampicata alpina.

In fase di valutazione dell’idoneità tecnica e igienico sanitaria dei rifugi si deve inoltre tener conto delle seguenti variabili:

a) capienza massima del rifugio (<25 posti letto; tra 25 e 50 posti letto; >50 posti letto) ivi compresi gli ospiti fissi;

b) modalità di apertura (annuale, stagionale, solo nel fine settimana);

c) attività di preparazione cibi (assente; presente solo per ospiti pernottanti; presente anche per ospiti non pernottanti).

Le disposizioni tecniche relative al punto 2 (parametri edilizi) e al punto 3 (parametri ricettivi) sono da applicarsi limitatamente ai rifugi di tipo B, C, D, E (rifugi alpini).

Le disposizioni tecniche di cui ai punti 4, 5, 6 e 7 sono da applicarsi per tutte le tipologie di rifugi, sia alpini che escursionistici.

Per i rifugi incustoditi di capienza superiore ai 15 posti letto trovano applicazione le disposizioni di cui ai punti 4.3., 5, 6 e 7.

I criteri per quanto riguarda la dotazione idrica, il sistema di scarichi, i rifiuti e la ristorazione sono applicabili sia ai rifugi esistenti alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni sia ai rifugi nuovi.

I parametri relativi al dimensionamento interno della struttura sono vincolanti solo per gli edifici nuovi o soggetti ad interventi di ristrutturazione integrale. Sono inoltre vincolanti per le parti in ampliamento.

2 - PARAMETRI EDILIZI (applicabili limitatamente ai rifugi alpini tipo B, C, D, E).

Dimensionamento interno:

- l’altezza media minima è di metri 2,40, riducibile a metri 2,20 nei rifugi di tipo C, D, E. Per i rifugi alpini preesistenti può essere ammessa un’altezza minima comunque non inferiore a metri 2. In caso di piani mansardati sottotetto, nei locali a soffitto inclinato è ammessa un’altezza media non inferiore a metri 1,80, assicurando comunque le cubature minime sottoriportate;

- la cubatura minima pro capite nelle stanze o locali dormitorio deve essere pari almeno a metri cubi 4. Nel caso in cui due o più locali siano ampiamente e permanentemente intercomunicanti, il calcolo viene eseguito considerandoli come un unico locale. è associato il divieto di fumare e di riscaldamento in stanze e locali dormitorio;

- le aperture finestrate devono essere non inferiori a 1/15 della superficie di pianta derogabili a 1/20 per i rifugi esistenti. Ogni locale o camera deve essere dotato nel periodo di utilizzo di ricambio d’aria adeguato alla funzione del locale (almeno due ricambi orari nelle camere), conseguito mediante ventilazione naturale, a parete e/o con canne di ventilazione e/o ventole alle finestre. Limitatamente ai nuovi insediamenti sono da realizzare prese di espulsione di aria, direttamente comunicanti con l’esterno, con partenza dalle parti più alte del locale, nonché una presa di ingresso di aria fredda in basso nei locali piano terra, in corrispondenza della zona di riscaldamento, dotata di serranda per chiusure di necessità (tormenta, chiusura invernale).

Servizi igienici:

- 1 ogni 20 posti letto (derogabili fino a 1 ogni 25 per i rifugi preesistenti), dotati di turca e lavandino, con obbligo di aperture finestrate e divieto di riscaldamento con stufe a gas. è ammesso che il lavandino sia installato immediatamente all’esterno dei wc. La superficie di pianta dei locali wc di norma è pari almeno a metri quadri 1,20 in caso di presenza di sola turca e a metri quadri 2 in caso di presenza di turca e lavandino. I servizi igienici devono essere dotati di rivestimenti facilmente lavabili e disinfettabili (piastrelle in ceramica, klinker o gres, o altri rivestimenti aventi analoghe caratteristiche, con esclusione di smalti e tinte lavabili, tappezzerie, legno) su pavimenti e pareti fino a metri 1,50. La porta deve essere dotata di molla di chiusura automatica ed i servizi devono essere disimpegnati adeguatamente rispetto ai locali soggiorno, cucina e camere.

Docce:

- 1 ogni 30 posti letto nei rifugi di tipo B e 1 ogni 50 posti letto nei rifugi di tipo C; 1 lavello lavabiancheria ogni 50 ospiti, anche esterno, per rifugi di tipo B e C.

3 - PARAMETRI RICETTIVI (applicabili limitatamente ai rifugi alpini tipo B, C, D, E).

Dotazione di materassi obbligatoria. Dotazione di due coperte per posto letto. Dotazione di coprimaterassi e federe monouso o sistemi equivalenti (sacco-lenzuolo, di cui è possibile sia la dotazione personale da parte degli utenti, che la messa a disposizione da parte del gestore). Dotazione di materiale di consumo (carta igienica, sapone in dispenser, asciugamani).

Dotazione di materiale di pronto soccorso (cassetta pronto soccorso, barelle, slitte, corde, ecc.), telefono o attrezzatura per chiamata d’urgenza. Il contenuto della cassetta di pronto soccorso deve essere concordato con l’Azienda sanitaria locale (ASL) competente per territorio. Il Soccorso alpino, nell’ambito di specifica convenzione con il Servizio sanitario e/o su richiesta delle strutture della protezione civile, può procedere all’individuazione di rifugi in cui collocare altre particolari attrezzature sanitarie di emergenza, garantendone il mantenimento in condizioni di costante efficienza.

4 - RISTORAZIONE

Nei rifugi di tipo B, C, D, E l’attività di ristorazione è limitata ad alimenti conservabili nella struttura, con divieto di preparazione e somministrazione di salse o altri prodotti freschi a base di uova, nonché di altri alimenti deperibili.

è vietata la fornitura, l’utilizzazione e la somministrazione di prodotti surgelati, laddove non sia garantibile in permanenza il rispetto della catena del freddo.

L’attività di ristorazione è soggetta alle procedure autorizzative, ove richieste, di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande) ed al decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327 (Regolamento di esecuzione della l. 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande).

4.1. PREPARAZIONE PANINI

è consentita nella zona bar solo quando non sia disponibile una struttura di cucina.

Dotazioni: spazio dedicato alla preparazione panini, riparato dal pubblico, su piano rivestito in materiale perfettamente lavabile ed impermeabile (inox, marmo, teflon), con pareti adiacenti rivestite in piastrelle o altro materiale equivalente. Pavimento lavabile. Lavello con acqua calda e fredda con comando a leva. Posateria dedicata a ciascun tipo di alimento. Frigorifero di supporto con separazione tra formaggi, salumi e altri alimenti erogabili.

Il locale servizi igienici con wc e lavello deve disporre di comando non manuale per il personale, dispenser di sapone e asciugamani monouso (anche in eventuale uso promiscuo per l’utenza).

4.2. DOTAZIONE STRUTTURALE PER CUCINA

Superficie minima di metri quadri 8 per i rifugi nuovi o soggetti a ristrutturazione; nei rifugi esistenti non soggetti a ristrutturazione, eventuali dotazioni inferiori a metri quadri 8 devono essere valutate dall’ASL competente.

Pavimento e pareti fino a metri 1,50 in piastrelle su pareti attrezzate; sono ammessi altri materiali purchè facilmente lavabili e disinfettabili con esclusione di smalti e tinte lavabili, tappezzerie, legno e pietra. Doppio lavello con acqua calda e fredda con comando o a leva o a piede (due oltre i 100 posti letto, uno per zona sporco e una per zona preparazione). Separazione, anche nell’ambito dello stesso locale, della zona preparazione dalla zona sporco e dalla zona cottura. Zona preparazione con piani di lavoro rivestiti in inox, posateria dedicata alla zona e per ciascun tipo di alimento. Zona cottura con sistema di evacuazione fumi e posateria dedicata. Frigorifero con separazione tra formaggi, salumi, e altri alimenti erogabili.

Locale servizi igienici con wc e lavello con comando non manuale per il personale, dispenser di sapone e asciugamani monouso (anche in eventuale uso promiscuo con l’utenza).

4.3. SERVIZI DI AUTOCUCINA

Tutti i rifugi devono essere dotati di una zona di autocucina, conforme alle normative antincendio, nella quale è realizzato un piano di appoggio in materiale perfettamente lavabile e disinfettabile.

5 - DOTAZIONE IDRICA

Ai fini delle presenti disposizioni si intende per acqua potabile la risorsa idrica destinabile all’uso umano, ovvero avente le caratteristiche di qualità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (Attivazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell’articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183).

Tali caratteristiche sono certificate dall’ASL territorialmente competente.

Il gestore del rifugio è comunque tenuto a mantenere in buono stato di conservazione le opere realizzate per l’approvvigionamento delle acque potabili e deve effettuare almeno una volta all’anno adeguati interventi di pulizia e di disinfezione delle prese e delle vasche di raccolta.

a) Rifugi A:

acqua potabile ai sensi del d.p.r. 236/1988 rifornita da sorgenti o acquedotti, con linea diretta. è ammessa clorazione automatica con serbatoio inox di accumulo coibentato; può essere ammessa l’utilizzazione di trattamento con raggi UV, purché non seguito da cisterne o vasche di raccolta (trattamento in linea).

In caso di rifornimento di acqua superficiale, è necessario procedere a classificazione e trattamento secondo le vigenti normative. Devono essere installate una o più fontanelle all’esterno, inserite nella rete di approvvigionamento del rifugio, con le medesime regole.

Accertamenti analitici sono obbligatori ogni anno (mesi tardo-primaverili);

b) rifugi B:

come per rifugi A.

Se l’acqua non è potabile per motivi microbiologici ed è impossibile la clorazione automatica o il trattamento con raggi UV (carenza energia elettrica, apertura non annuale o stagionale), è ammesso l’uso a fini domestici di lavaggio o cottura, ma con l’obbligo di clorazione manuale secondo clororichiesta o, meglio, di rifornimento di acqua minerale per uso potabile;

c) rifugi C, D, E:

come per rifugi B.

In casi anomali di rifornimento, oltre ai sistemi di disinfezione, si valutano caso per caso le seguenti casistiche e procedure:

1) acque piovane: uso di cisterne veneziane realizzate con norme di buona tecnica e materiali idonei ad uso alimentare. Ammesse sempre che sia dimostrata la conformità anche in via chimica al d.p.r. 236/1988;

2) acque di fusione: sedimentazione e verifica della conformità anche in via chimica al d.p.r. 236/1988;

3) acque superficiali (laghi alpini): attesa l’impossibilita’ di procedere alla classificazione occorre la verifica analitica. Garantire in ogni caso il controllo dei parametri microbiologici mediante disinfezione, ma se non è conforme sotto il profilo chimico l’acqua non è idonea;

4) acque superficiali (torrenti): come sopra, con aggiunta obbligatoria di sedimentazione e paratia di chiusura. Si ricorda che in particolari situazioni (rifugi sotto i 25 posti letto, apertura nel fine settimana, presenza di parametri microbiologici e tossici della norma; eccesso di ferro entro 1 mg/l), il ricorso all’articolo 29, comma 3, del d.p.r. 327 /1980 può essere utilmente perseguito nei rifugi C, D, E: in ogni caso va però effettuata la predisposizione degli impianti di trattamento. Quando si applichi detta norma, ogni punto di erogazione deve essere dotato di cartello specificante che l’acqua non è stata dichiarata potabile.

6 - SCARICHI

Gli scarichi dei rifugi alpini sono classificati scarichi da insediamenti civili di classe A, sottoclasse a) ai sensi dell’articolo 14, comma 2 della legge regionale 26 marzo 1990, n. 13 “Disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli scarichi civili (art. 14 della legge 10 maggio 1976, n. 319)”, così come modificata ed integrata dalla legge regionale 3 luglio 1996, n. 37.

Per gli insediamenti qualificabili “esistenti” (1) ai sensi dell’articolo 13, comma 1 della l.r. 13/1990 restano validi gli obblighi di notifica di cui all’articolo 15, comma 2, lettera a) della predetta legge.

Per gli insediamenti qualificabili “equiparati agli esistenti” (2) o “nuovi” (3) ai sensi dell’articolo 13, commi 2 e 3 della l.r. 13/1990, nonché per gli insediamenti soggetti ad interventi edilizi valgono gli obblighi relativi al regime autorizzativo degli scarichi di cui all’articolo 15, comma 1 della precitata legge (i cui termini sono prorogati sino al 31 dicembre 2000 per i rifugi esistenti alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni) e dell’articolo 2, comma 1 della legge regionale 17 novembre 1993, n. 48 (Individuazione, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, delle funzioni amministrative in capo a Province e Comuni in materia di rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319 e successive modifiche ed integrazioni).

La rete di scarico deve essere dimensionata sui seguenti parametri:

a) carico idraulico 100 lt/die per ospite nei rifugi di tipo A e 50 lt/die per ospite negli altri, compatibilmente alla effettiva disponibilità idrica;

b) carico organico specifico 60 gr. BOD5/ospite per giorno.

A questi parametri vanno aggiunti, a seconda degli afflussi giornalieri, un carico idraulico specifico pari a 30 lt/persona ed un carico organico pari a 20 gr. BOD5/persona, dimezzati se la tipologia di afflusso non è relativa all’intero arco giornaliero.

Non è ammesso lo scarico incontrollato, ad eccezione delle sole acque meteoriche o di acque captate ma non utilizzate (troppo pieno dei serbatoi).

Deve essere attuata la raccolta differenziata degli oli esausti vegetali nei rifugi di tipo A (se non allacciati a pubblica fognatura) e di tipo B; nei rifugi di tipo C, D, E è ammesso l’uso di sgrassatori nella rete di scarico della cucina.

6.1. TRATTAMENTO

Per i rifugi di tipo A di nuova realizzazione devono essere predisposti impianti di depurazione dotati di trattamento biologico dei liquami.

Per tutte le altre tipologie di rifugi devono essere predisposti impianti di trattamento equivalenti alle vasche settiche di tipo Imhoff o migliorative (ad esempio, trattamento mediante digestione aerobica o anaerobica riscaldata), fatte salve le eccezioni di seguito riportate.

Per tutte le tipologie di rifugi preesistenti al 21 febbraio 1977, data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della deliberazione del 4 febbraio 1977 del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dell’inquinamento (Criteri, metodologie e norme tecniche generali di cui all’articolo 2, lettere b), d) ed e) della legge 10 maggio 1976, n. 319, recante norme per la tutela delle acque dall’inquinamento) sono ammesse le vasche settiche di tipo tradizionale qualora già in esercizio.

Qualora il liquame venga trasportato a valle con mezzi meccanici al fine dello smaltimento in impianti di depurazione, non devono essere posizionati impianti di trattamento, ma la cisterna di raccolta deve garantire la tenuta idraulica sia in fase di esercizio che durante il trasporto.

Nei rifugi posti a quote superiori a 2000 metri e ad uso stagionale, stanti le difficili condizioni ambientali che non consentono rese depurative sufficienti per rallentamento o inibizione della flora batterica, è ammissibile il ricorso a fosse settiche di tipo tradizionale.

6.2. SMALTIMENTO

è consentita la separazione delle reti di scarico o di smaltimento in due o più parti, anche mediante appositi partitori, al fine di garantire un più corretto smaltimento dei liquami trattati.

Si elencano le seguenti possibilità operative, da prescegliersi in funzione del contesto locale:

a) stoccaggio in vasche stagne di capienza adeguata, trasportabili a valle con mezzi meccanici ivi compresi i mezzi aerei, nel rispetto delle vigenti procedure autorizzative; il trasporto con mezzi aerei è esentato dalle procedure autorizzative previste dalle vigenti disposizioni in materia di trasporto di rifiuti;

b) scarico, anche in deroga ai limiti di accettabilità di cui alla l.r. 13/1990, in corpi idrici con portata presente in ogni periodo dell’anno, se a valle non vi sono captazioni per uso idrico-potabile interessate dal corpo idrico; obbligo di cartelli indicatori di divieto di bere con la motivazione, in corrispondenza di incroci del corpo idrico con il sentiero;

c) subirrigazione previa indagine geologica e seguendo le curve di livello, se non sono interessante sorgenti di acqua ad uso idrico-potabile, in funzione del carico idraulico e della natura del suolo; è possibile realizzare la subirrigazione mediante riporti e con opportune modalità anche in terreni declivi; se vi è la presenza di impluvi o colatoi, è preferibile la soluzione con drenaggio;

d) immissione in pozzi assorbenti previa indagine geologica, limitatamente ai rifugi di capienza inferiore a 50 posti letto, ad utilizzo stagionale o quale misura aggiuntiva in caso di insufficiente spazio per la subirrigazione.

7 - RIFIUTI SOLIDI

Divieto di abbandono o gettito di rifiuti.

Per rifugi di tipo A e B obbligo di raccolta anche all’esterno e conferimento a valle.

Per i rifugi di tipo C, D ed E, conferimento a valle, tramite gli ospiti e gli addetti; i rifiuti costituiti da materiale monouso combustibile, esclusi gli oggetti in materiale plastico, possono essere bruciati in loco in focolare o stufa. Per i rifiuti ingombranti derivanti da attività gestionale è comunque necessario il conferimento a valle.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 2 luglio 1999

Enzo Ghigo

Note:

(1) Insediamenti che abbiano attivato lo scarico o che abbiano ottenuto la licenza edilizia prima della data di entrata in vigore della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento).

(2) Insediamenti che abbiano attivato lo scarico e che abbiano ottenuto la licenza o concessione edilizia dopo l’entrata in vigore della legge 10 maggio 1976, n. 319 e prima dell’entrata in vigore della legge regionale 26 marzo 1990, n. 13.

(3) Insediamenti che abbiano attivato lo scarico e che abbiano ottenuto la concessione edilizia dopo l’entrata in vigore della legge regionale 26 marzo 1990, n. 13.

Legge regionale pubblicata sul 2° Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 27 del 7 luglio 1999 (ndr)



Legge regionale 2 luglio 1999, n. 16

Testo unico delle leggi sulla montagna

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

INDICE

Capo I.

FINALITÀ. DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

Finalità ed ambito di applicazione

Art. 2.

Territori montani

Art. 3.

Delimitazione delle zone montane omogenee

Art. 4.

Fasce altimetriche e di marginalità socio-economica

Art. 5.

Costituzione della Comunità montana

Art. 6.

Variazioni territoriali della Comunità montana

Art. 7.

Variazioni nella costituzione della Comunità montana

Art. 8.

Costituzione di nuove Comunità montane

Art. 9.

Finalità e funzioni della Comunità montana

Art. 10.

Attribuzioni

Art. 11.

Statuto

Art. 12.

Adozione dello statuto

Art. 13.

Regolamenti

Capo II.

ORGANI DELLA COMUNITÀ MONTANA

Art. 14.

Organi della Comunità montana

Art. 15.

Costituzione e funzionamento del Consiglio della Comunità montana

Art. 16.

Competenze del Consiglio

Art. 17.

Durata in carica del Consiglio

Art. 18.

Incompatibilità, convalida, cessazione e sostituzione dei Consiglieri

Art. 19.

Costituzione della Giunta della Comunità montana

Art. 20.

Elezione della Giunta

Art. 21.

Mozione di sfiducia, revoca e sostituzione

Art. 22.

Attribuzioni della Giunta

Art. 23.

Il Presidente della Comunità montana

Capo III.

UFFICI E PERSONALE
DELLA COMUNITÀ MONTANA

Art. 24.

Personale della Comunità montana

Art. 25.

Ufficio di statistica

Capo IV.

PIANO PLURIENNALE DI SVILUPPO
SOCIO-ECONOMICO. PROGRAMMI ANNUALI
OPERATIVI. PROGETTI INTEGRATI DI
INTERVENTO SPECIALE PER LA MONTAGNA

Art. 26.

Formazione, adozione ed approvazione del piano pluriennale di sviluppo socio-economico

Art. 27.

Contenuti del piano pluriennale di sviluppo socio-economico

Art. 28.

Programmi annuali operativi

Art. 29.

Progetti integrati

Capo V.

RAPPORTI ISTITUZIONALI. CONTROLLI

Art. 30.

Convenzioni

Art. 31.

Gestione da parte della Comunità montana di funzioni proprie dei Comuni, o ad essi delegate, da esercitarsi in forma associata

Art. 32.

Comunità montana. Unione di Comuni

Art. 33.

Servizi. Forme associative di cooperazione

Art. 34.

Revisore dei conti

Art. 35.

Controllo sugli organi e sugli atti della Comunità montana

Art. 36.

Conferenza dei Presidenti delle Comunità montane

Capo VI.

PROVVEDIMENTI PER LA SALVAGUARDIA
DEL TERRITORIO E PER LO SVILUPPO
SOCIO-ECONOMICO DELLE ZONE MONTANE

Art. 37.

Sistemazione idrogeologica ed idraulico-forestale

Art. 38.

Gestione del patrimonio forestale

Art. 39.

Piccole opere di manutenzione ambientale

Art. 40.

Difesa dalle valanghe

Art. 41.

Incentivi per l’insediamento nelle zone montane

Art. 42.

Interventi per la ricomposizione fondiaria e per i giovani agricoltori

Art. 43.

Turismo rurale in ambiente montano

Art. 44.

Artigianato e mestieri tradizionali nelle zone montane

Art. 45.

Trasporti

Art. 46.

Valorizzazione della cultura della montagna piemontese

Art. 47.

Informatizzazione

Art. 48.

Servizio scolastico

Art. 49.

Individuazione delle località abitate

Capo VII.

FONDO REGIONALE PER LA MONTAGNA.
DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 50.

Fondo regionale per la montagna

Art. 51.

Utilizzo del fondo regionale per la montagna

Art. 52.

Riparto dei fondi statali della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 e successive modifiche

Art. 53.

Contributi nelle spese di funzionamento delle Comunità montane

Capo VIII.

OSSERVATORIO REGIONALE SULLA MONTAGNA

Art. 54.

Finalità

Art. 55.

Osservatorio regionale sulla montagna

Art. 56.

Sistema informativo regionale sulla montagna

Art. 57.

Programma di attività annuale

Capo IX.

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 58.

Abrogazioni

Art. 59.

Oneri finanziari

Art. 60.

Norma transitoria

Allegato A: Territori montani della Regione Piemonte, individuati per Comune di appartenenza (articolo 2) .


Capo I.

FINALITÀ DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Finalità ed ambito di applicazione)

1. La Regione Piemonte, nel quadro delle finalità di cui all’articolo 44, ultimo comma, della Costituzione, in armonia con le vigenti disposizioni comunitarie e nazionali ed in applicazione della legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane), promuove la salvaguardia del territorio con particolare attenzione all’ambiente naturale e la valorizzazione delle risorse umane, culturali e delle attività economiche delle zone montane.

2. Le disposizioni della presente legge si applicano ai territori delle Comunità montane ridelimitate ai sensi dell’articolo 3 ed ai territori classificati montani pur non ricadenti in Comunità montane a norma dell’articolo 28, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), e successive modifiche ed integrazioni.

3. Le Comunità montane svolgono le funzioni di consorzio di bonifica montana.

Art. 2.

(Territori montani)

1. I territori montani della Regione Piemonte, individuati per Comune di appartenenza, sono elencati nell’allegato A alla presente legge.

Art. 3.

(Delimitazione delle zone montane omogenee)

1. I territori di cui all’articolo 2, nel rispetto delle indicazioni e con le limitazioni di cui all’articolo 28, comma 2, della l. 142/1990, sono ripartiti in base a criteri di unità territoriale, economica e sociale, nelle sottoelencate zone omogenee. La parte di territorio classificata montana di un Comune escluso dalle Comunità montane, mantiene la propria classificazione:

a) nella provincia di Alessandria:

1) i Comuni delle Valli Curone Grue Ossona: Avolasca, Brignano Frascata, Casasco, Castellania, Costa Vescovato, Dernice, Fabbrica Curone, Garbagna, Gremiasco, Momperone, Monleale, Montacuto, Montegioco, Montemarzino, Pozzol Groppo, San Sebastiano Curone;

2) i Comuni della Val Borbera e Valle Spinti: Albera Ligure, Borghetto Borbera, Cabella Ligure, Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Grondona, Mongiardino Ligure, Roccaforte Ligure, Rocchetta Ligure, Stazzano, Vignole Borbera;

3) i Comuni dell’Alta Val Lemme ed Alto Ovadese: Bosio, Carrosio, Casaleggio Boiro, Fraconalto, Lerma, Mornese, Tagliolo Monferrato, Voltaggio;

4) i Comuni dell’Alta Valle Orba, Valle Erro e Bormida di Spigno: Cartosio, Cassinelle, Castelletto d’Erro, Cavatore, Denice, Malvicino, Merana, Molare, Montechiaro d’Acqui, Morbello, Pareto, Ponzone, Spigno Monferrato;

b) nella provincia di Asti:

5) i Comuni della Langa Astigiana, Val Bormida: Bubbio, Cassinasco, Cessole, Loazzolo, Mombaldone, Monastero Bormida, Olmo Gentile, Roccaverano, San Giorgio Scarampi, Serole, Sessame, Vesime;

c) nella provincia di Biella:

6) i Comuni della Val Sessera: Ailoche, Caprile, Coggiola, Crevacuore, Guardabosone, Portula, Postua, Pray Biellese, Sostegno;

7) i Comuni della Valle di Mosso: Bioglio, Callabiana, Camandona, Mosso, Pettinengo, Selve Marcone, Soprana, Trivero, Vallanzengo, Valle Mosso, Valle S. Nicolao, Veglio;

8) i Comuni della Valle del Cervo-La Bursch: Andorno Micca, Campiglia Cervo, Miagliano, Pralungo, Ronco Biellese, Piedicavallo, Quittengo, Rosazza, Sagliano Micca, San Paolo Cervo, Tavigliano, Ternengo, Tollegno, Zumaglia;

9) i Comuni della Valle dell’Elvo (1): Donato, Graglia, Magnano, Muzzano, Netro, Pollone, Sala Biellese, Sordevolo, Torrazzo, Zimone;

10) i Comuni della Bassa Valle dell’Elvo: Camburzano, Mongrando, Occhieppo Inferiore, Occhieppo Superiore, Zubiena;

11) i Comuni delle Prealpi Biellesi: Casapinta, Cerreto Castello, Crosa, Curino, Mezzana Mortigliengo, Piatto, Quaregna, Strona, Valdengo, nonchè i territori classificati montani dei Comuni di Cossato, Lessona, Vigliano Biellese;

d) nella provincia di Cuneo:

12) i Comuni delle Valli Po, Bronda e Infernotto: Brondello, Castellar, Crissolo, Gambasca, Martiniana Po, Oncino, Ostana, Paesana, Pagno, Rifreddo, Sanfront nonchè il territorio classificato montano dei Comuni di Bagnolo Piemonte, Barge, Envie, Revello;

13) i Comuni della Valle Varaita: Bellino, Brossasco, Casteldelfino, Frassino, Isasca, Melle, Piasco, Pontechianale, Rossana, Sampeyre, Valmala, Venasca, nonchè il territorio classificato montano dei Comuni di Costigliole Saluzzo, Verzuolo;

14) i Comuni della Valle Maira: Acceglio, Busca, Canosio, Cartignano, Celle Macra, Dronero, Elva, Macra, Marmora, Prazzo, Roccabruna, San Damiano Macra, Stroppo, Villar San Costanzo;

15) i Comuni della Valle Grana: Bernezzo, Castelmagno, Cervasca, Montemale di Cuneo, Monterosso Grana, Pradleves, Valgrana, Vignolo, nonchè il territorio classificato montano del Comune di Caraglio;

16) i Comuni della Valle Stura: Aisone, Argentera, Demonte, Gaiola, Moiola, Pietraporzio, Rittana, Roccasparvera, Sambuco, Valloriate, Vinadio, nonchè il territorio classificato montano del Comune di Borgo San Dalmazzo;

17) i Comuni delle Valli Gesso Vermenagna Pesio: Chiusa Pesio, Entracque, Limone Piemonte, Roaschia, Robilante, Roccavione, Valdieri, Vernante, nonchè il territorio classificato montano dei Comuni di Boves e Peveragno;

18) i Comuni delle Valli Monregalesi: Briaglia, Frabosa Soprana, Frabosa Sottana, Monasterolo Casotto, Monastero Vasco, Montaldo Mondovì, Niella Tanaro, Pamparato, Roburent, Roccaforte Mondovì, San Michele Mondovì, Torre Mondovì, Vicoforte, nonchè il territorio classificato montano del Comune di Villanova Mondovì;

19) i Comuni dell’Alta Valle Tanaro: Alto, Bagnasco, Briga Alta, Caprauna, Garessio, Nucetto, Ormea, Perlo, Priola;

20) i Comuni delle Valli Mongia, Cevetta e Langa Cebana: Battifollo, Castellino Tanaro, Castelnuovo Ceva, Cigliè, Igliano, Lisio, Marsaglia, Monbasiglio, Montezemolo, Murazzano, Paroldo, Priero, Roascio, Rocca Cigliè, Sale delle Langhe, Sale San Giovanni, Scagnello, Torresina, Viola nonchè i territori classificati montani dei Comuni di Ceva e di Lesegno;

21) i Comuni dell’Alta Langa: Albaretto della Torre, Arguello, Belvedere Langhe, Benevello, Bonvicino, Borgomale, Bosia, Bossolasco, Camerana, Cerreto Langhe, Cissone, Cravanzana, Feisoglio, Lequio Berria, Mombarcaro, Monesiglio, Niella Belbo, Prunetto, San Benedetto Belbo, Serravalle Langhe, Somano;

22) i Comuni di Langa, Valli Bormida e Uzzone: Bergolo, Castelletto Uzzone, Castino, Cortemilia, Gorzegno, Gottasecca, Levice, Perletto, Pezzolo Valle Uzzone, Rocchetta Belbo, Saliceto, Torre Bormida;

e) nella Provincia di Novara:

23) i Comuni dei due Laghi: Armeno, Massino Visconti, Nebbiuno.

f) nella Provincia di Torino:

24) i Comuni della Valle Pellice: Angrogna, Bibiana, Bobbio Pellice, Bricherasio, Luserna S. Giovanni, Lusernetta, Rorà, Torre Pellice, Villar Pellice;

25) i Comuni delle Valli Chisone e Germanasca: Fenestrelle, Inverso Pinasca, Massello, Perosa Argentina, Perrero, Pinasca, Pomaretto, Porte, Pragelato, Prali, Pramollo, Roure, Salza di Pinerolo, S. Germano Chisone, Usseaux, Villar Perosa;

26) i Comuni del Pinerolese Pedemontano: Cantalupa, Frossasco, Prarostino, Roletto, S. Pietro Val Lemina, S. Secondo di Pinerolo, nonchè il territorio classificato montano del Comune di Cumiana;

27) i Comuni della Val Sangone: Coazze, Giaveno, Reano, Sangano, Trana, Valgioie;

28) i Comuni della Bassa Val di Susa e della Val Cenischia: Almese, Avigliana, Borgone di Susa, Bruzolo, Bussoleno, Caprie, Caselette, Chianocco, Chiusa S. Michele, Condove, Mattie, Meana di Susa, Mompantero, Moncenisio, Novalesa, Rubiana, S. Ambrogio di Torino, S. Antonino di Susa, S. Didero, S. Giorio di Susa, Susa, Vaie, Venaus, Villar Dora, Villar Focchiardo;

29) i Comuni dell’Alta Valle di Susa: Bardonecchia, Cesana Torinese, Chiomonte, Claviere, Exilles, Giaglione, Gravere, Oulx, Salbertrand, Sauze di Cesana, Sauze d’Oulx, Sestriere;

30) i Comuni della Val Ceronda e Casternone: Givoletto, La Cassa, Val della Torre, Vallo Torinese, Varisella;

31) i Comuni delle Valli di Lanzo: Ala di Stura, Balangero, Balme, Cafasse, Cantoira, Ceres, Chialamberto, Coassolo Torinese, Corio, Germagnano, Groscavallo, Lanzo Torinese, Lemie, Mezzenile, Monastero di Lanzo, Pessinetto, Traves, Usseglio, Viù;

32) i Comuni dell’Alto Canavese: Canischio, Cuorgnè, Forno Canavese, Levone, Pertusio, Prascorsano, Pratiglione, Rivara, S. Colombano Belmonte, Valperga;

33) i Comuni delle Valli Orco e Soana: Alpette, Ceresole Reale, Frassinetto, Ingria, Locana, Noasca, Pont Canavese, Ribordone, Ronco Canavese, Sparone, Valprato Soana;

34) i Comuni della Val Chiusella: Alice Superiore, Brosso, Issiglio, Lugnacco, Meugliano, Pecco, Rueglio, Trausella, Traversella, Vico Canavese, Vidracco, Vistrorio;

35) i Comuni della Valle Sacra: Borgiallo, Castellamonte, Castelnuovo Nigra, Chiesanuova, Cintano, Colleretto Castelnuovo;

36) i Comuni della Dora Baltea Canavesana: Andrate, Carema, Nomaglio, Quassolo, Quincinetto, Settimo Vittone, Tavagnasco;

g) nella Provincia del Verbano-Cusio-Ossola:

37) i Comuni delle Valli Antigorio e Formazza:

Baceno, Crevoladossola, Crodo, Formazza, Montecrestese, Premia, Trasquera, Varzo;

38) i Comuni della Valle Vigezzo: Craveggia, Druogno, Malesco, Re, Santa Maria Maggiore, Toceno, Villette;

39) i Comuni della Valle Antrona: Antrona Schieranco, Montescheno, Seppiana, Viganella, Villadossola;

40) i Comuni della Valle Anzasca: Bannio Anzino, Calasca Castiglione, Ceppo Morelli, Macugnaga, Piedimulera, Pieve Vergonte, Vanzone con San Carlo;

41) i Comuni della Valle Ossola: Anzola d’Ossola, Beura Cardezza, Bognanco, Domodossola, Masera, Mergozzo, Ornavasso, Pallanzeno, Premosello Chiovenda, Trontano, Vogogna;

42) i Comuni del Cusio-Mottarone: Arola, Baveno, Brovello Carpugnino, Cesara, Gignese, Madonna del Sasso, Nonio, Omegna, Quarna Sopra, Quarna Sotto, Stresa;

43) i Comuni della Val Strona: Casale Corte Cerro, Germagno, Gravellona Toce, Loreglia, Massiola, Valstrona;

44) i Comuni della Val Grande: Arizzano, Aurano, Cambiasca, Caprezzo, Cossogno, Intragna, Miazzina, San Bernardino Verbano, Vignone;

45) i Comuni dell’Alto Verbano: Bee, Cannero Riviera, Ghiffa, Oggebbio, Premeno, Trarego Viggiona;

46) i Comuni della Valle Cannobina: Cannobio, Cavaglio Spoccia, Cursolo Orasso, Falmenta, Gurro;

h) nella Provincia di Vercelli:

47) i Comuni della Valsesia: Alagna Valsesia, Balmuccia, Boccioleto, Borgosesia, Breia, Campertogno, Carcoforo, Cellio, Cervatto, Civiasco, Cravagliana, Fobello, Mollia, Pila, Piode, Quarona, Rassa, Rima S. Giuseppe, Rimasco, Rimella, Riva Valdobbia, Rossa, Sabbia, Scopa, Scopello, Valduggia, Varallo, Vocca.

Art. 4.

(Fasce altimetriche e di marginalità socio-economica)

1. Ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 28, comma 4, della l. 142/1990, nell’ambito territoriale delle singole Comunità montane sono individuate fasce altimetriche e di marginalità socio-economica così denominate:

a) classe 1: fascia ad alta marginalità;

b) classe 2: fascia a media marginalità;

c) classe 3: fascia a moderata marginalità.

2. La classificazione dei territori nelle fasce altimetriche e di marginalità socio-economica avviene sulla base dei parametri indicati dall’articolo 28, comma 4, della l. 142/1990, tenendo conto, in particolare, degli andamenti demografici, del reddito e dei consumi della popolazione, delle dotazioni di servizi locali, della vocazione turistica.

3. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Consiglio regionale provvede alla classificazione e alla ripartizione su base comunale dei territori compresi nelle zone montane omogenee di cui all’articolo 3 nelle classi previste dal comma 1.

4. Tale classificazione è sottoposta a revisione triennale.

Art. 5.

(Costituzione della Comunità montana)

1. Tra i Comuni il cui territorio, o parte di esso, ricade in ciascuna delle zone omogenee di cui all’articolo 3, è costituita, in attuazione degli articoli 28 e 29 della l. 142/1990, la Comunità montana, quale Ente locale con lo scopo di promuovere la valorizzazione della zona montana e l’esercizio associato delle funzioni comunali.

Art. 6.

(Variazioni territoriali della Comunità montana)

1. Le variazioni delle zone omogenee di cui all’articolo 3 sono disposte con legge regionale, sentite le Comunità montane ed i Comuni interessati, previa intesa con la Conferenza Permanente Regione-Autonomie Locali di cui all’articolo 6 della legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali).

2. Le leggi regionali che, nell’ambito dei territori montani di cui all’articolo 2, comma 1, istituiscono nuovi Comuni o modificano le circoscrizioni territoriali dei Comuni esistenti ai sensi dell’articolo 11 della l. 142/1990, dispongono altresì circa le conseguenti modifiche delle zone omogenee e delle relative Comunità montane.

3. L’aggregazione e la fusione di più Comunità montane, così come la scissione di una di esse, sono disciplinate con legge regionale.

Art. 7.

(Variazioni nella costituzione della Comunità montana)

1. Nel caso in cui, per effetto delle disposizioni di riordino territoriale, si verifichino variazioni rispetto al precedente assetto della Comunità montana con l’inserimento o l’esclusione di uno o più Comuni, il Consiglio della Comunità montana si ricostituisce con l’aggiunta dei rappresentanti del nuovo Comune o dei nuovi Comuni inseriti nella Comunità stessa, designati ai sensi dell’ articolo 15, con l’esclusione dei rappresentanti del Comune o dei Comuni usciti dalla Comunità montana.

2. La seduta di ricostituzione del Consiglio della Comunità montana è convocata dal Presidente. In tale seduta il Consiglio provvede alla elezione del Presidente, del Vice Presidente e della Giunta, secondo le procedure di cui all’articolo 20.

Art. 8.

(Costituzione di nuove Comunità montane)

1. Nel caso di costituzione di nuove Comunità montane che derivino dalla fusione o dalla scissione di Comunità montane preesistenti, il Presidente della Giunta regionale, con proprio decreto avente efficacia dalla data di entrata in vigore della legge di istituzione, nomina un Commissario per ciascuna delle Comunità preesistenti. Il Commissario viene individuato, di norma, tra i Sindaci dei Comuni componenti la Comunità montana ed assume i poteri degli organi delle stesse sino all’insediamento dei Consigli delle nuove Comunità ed all’elezione dei nuovi organi.

2. La seduta di insediamento del Consiglio delle nuove Comunità montane è convocata dal Presidente della Giunta regionale ed ha luogo entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge.

3. Costituiscono il Consiglio i rappresentanti dei Comuni facenti parte della nuova Comunità montana, già designati a rappresentarli nei Consigli delle Comunità montane preesistenti.

4. Nella seduta di insediamento, presieduta dal Consigliere più anziano di età, il Consiglio elegge il Presidente, il Vice Presidente e la Giunta con le procedure di cui all’articolo 20.

Art. 9.

(Finalità e funzioni della Comunità montana)

1. La Comunità montana, attraverso l’attuazione dei piani pluriennali di sviluppo, dei programmi annuali operativi e di progetti integrati di intervento speciale per la montagna e nel quadro della programmazione di sviluppo provinciale e regionale, promuove lo sviluppo socio-economico del proprio territorio, persegue l’armonico riequilibrio delle condizioni di esistenza delle popolazioni montane, anche garantendo, d’intesa con altri enti operanti sul territorio, adeguati servizi capaci di incidere positivamente sulla qualità della vita. La Comunità montana concorre, nell’ambito della legislazione vigente, alla difesa del suolo ed alla difesa ambientale, tutela e valorizza la cultura locale e favorisce l’elevazione culturale e professionale delle popolazioni montane anche attraverso un’adeguata formazione professionale che tenga conto, nei suoi moduli organizzativi, delle peculiarità delle realtà montane.

2. La Comunità montana esercita le funzioni ad essa attribuite dalla legge nazionale e regionale, quelle ad essa delegate da Regione, Provincia e Comuni ed in particolare:

a) gestisce gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla normativa dell’Unione europea e dalla legge nazionale e regionale;

b) esercita, secondo le procedure previste dall’articolo 31, le funzioni proprie dei Comuni, o ad essi delegate, che i Comuni sono tenuti o decidono di esercitare in forma associativa;

c) realizza le proprie finalità istituzionali attraverso programmi operativi annuali di attuazione del piano pluriennale di sviluppo socio-economico;

d) concorre alla formazione del piano territoriale provinciale e del piano territoriale metropolitano, anche attraverso le indicazioni urbanistiche contenute nel proprio piano pluriennale di sviluppo socio-economico. Il piano territoriale provinciale e metropolitano, prima della definitiva approvazione, deve comunque essere sottoposto al parere obbligatorio delle Comunità montane interessate.

3. Le finalità esercitate dalle Comunità montane in quanto tali sono mantenute anche successivamente all’eventuale costituzione di unioni di Comuni, da parte di tutti i Comuni ricadenti nella zona omogenea, secondo le procedure di cui all’articolo 32.

Art. 10.

(Attribuzioni)

1. In applicazione dell’articolo 3 della l. 142/1990, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) e della l.r. 34/1998 nell’organizzare, attraverso gli Enti locali, l’esercizio delle funzioni amministrative di interesse locale, la legge regionale determina quelle da attribuire alla competenza delle Comunità montane, adeguando la scelta alla peculiarità del territorio montano.

Art. 11.

(Statuto)

1. La Comunità montana adotta il proprio Statuto ai sensi dell’articolo 28, comma 2 della l. 142/1990.

2. Lo Statuto, nell’ambito dei principi fissati dalla legge, stabilisce le norme fondamentali per l’organizzazione dell’Ente ed in particolare determina le attribuzioni degli Organi, l’ordinamento dei propri uffici e dei servizi pubblici. Lo Statuto disciplina inoltre, nel quadro delle vigenti leggi statali e regionali, le forme della collaborazione fra la Comunità montana, i Comuni e gli altri enti operanti sul territorio e le modalità della partecipazione popolare e dell’accesso dei cittadini alle informazioni ed ai procedimenti amministrativi.

3. Lo Statuto determina altresì la sede e la denominazione dell’Ente.

Art. 12.

(Adozione dello Statuto)

1. Lo Statuto è adottato dal Consiglio della Comunità montana. Le Comunità montane ridelimitate o comunque modificate, ai sensi della presente legge, adottano lo Statuto entro centottanta giorni dalla data di insediamento del Consiglio della Comunità montana.

2. Nella predisposizione dello Statuto la Comunità montana valuta le relazioni funzionali con gli Statuti dei Comuni che la costituiscono.

3. Lo Statuto è approvato con il voto favorevole dei due terzi dei Consiglieri assegnati alla Comunità montana. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta in prima od in eventuale seconda convocazione nella seduta in cui per la prima volta l’argomento è posto all’ordine del giorno, la votazione è ripetuta in due successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo Statuto è approvato se ottiene in entrambe le sedute il voto favorevole della maggioranza dei Consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche od integrazioni dello Statuto.

4. Lo Statuto, soggetto al solo controllo di legittimità del Comitato regionale di controllo, è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione ed entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione.

Art. 13.

(Regolamenti)

1. Nel rispetto della legge e dello Statuto, la Comunità montana adotta in particolare uno o più regolamenti relativi all’organizzazione ed al funzionamento degli organi, degli uffici e per l’esercizio delle funzioni nonchè un apposito regolamento a tutela dei diritti di partecipazione e di accesso dei cittadini ai documenti amministrativi.

Capo II.

ORGANI DELLA COMUNITÀ MONTANA

Art. 14.

(Organi della Comunità montana)

1. Sono organi della Comunità montana:

a) il Consiglio;

b) la Giunta;

c) il Presidente.

Art. 15.

(Costituzione e funzionamento del Consiglio
della Comunità montana)

1. Il Consiglio della Comunità montana è costituito da tre rappresentanti per ciascuno dei Comuni ricadenti in tutto od in parte nella zona montana omogenea.

2. Sono rappresentanti del Comune in seno al Consiglio della Comunità montana:

a) il Sindaco o un Consigliere nominato dal Sindaco stesso;

b) due Consiglieri di cui uno della minoranza ove presente.

3. In caso di scioglimento di un Consiglio comunale, i tre rappresentanti del Comune restano in carica sino alla surrogazione da parte del nuovo Consiglio comunale e ciò anche nel caso di gestione commissariale.

4. La convocazione della prima seduta del Consiglio è disposta dal Presidente uscente entro trenta giorni dal completamento delle comunicazioni di nomina dei rappresentanti da parte dei Comuni. Tali comunicazioni debbono essere trasmesse alla Comunità montana entro dieci giorni dalla loro efficacia.

5. La seduta di cui al comma 4 è presieduta dal Consigliere più anziano di età.

6. Le norme regolamentari per il funzionamento del Consiglio disciplinano la dichiarazione di appartenenza dei Consiglieri ai Gruppi consiliari e la nomina dei Capigruppo.

7. Il Consiglio delibera con l’intervento della maggioranza dei Consiglieri ed a maggioranza dei voti, salvo nei casi espressamente previsti dalla presente legge.

Art. 16.

(Competenze del Consiglio)

1. Il Consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo politico amministrativo della Comunità montana.

2. Il Consiglio ha competenza sui seguenti atti fondamentali:

a) lo Statuto dell’Ente, i regolamenti, l’ordinamento degli uffici e dei servizi;

b) il piano pluriennale di sviluppo socio-economico, la carta di destinazione d’uso del suolo, i programmi annuali operativi, i programmi di settore;

c) l’accettazione di deleghe connesse all’esercizio di funzioni delegate dai Comuni, dalla Provincia o dalla Regione;

d) la presa d’atto dell’acquisizione dell’esercizio di funzioni proprie dei Comuni o ad essi delegate dalla Regione;

e) le relazioni previsionali e programmatiche;

f) i bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni;

g) i conti consuntivi;

h) la contrazione dei mutui e relativi piani finanziari;

i) i pareri da rendere in relazione agli atti suddetti;

l) la disciplina dello stato giuridico e delle assunzioni del personale, le piante organiche e le relative variazioni;

m) le convenzioni con gli altri enti locali, la costituzione e la modificazione di forme associative, compresi gli accordi di programma di cui alla l. 142/1990;

n) la costituzione, i compiti di aziende speciali ed istituzioni, l’assunzione e la concessione di pubblici servizi, la partecipazione della Comunità montana a società di capitali;

o) le spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione di beni e servizi di carattere continuativo;

p) gli acquisti, le alienazioni immobiliari e le relative permute;

q) gli appalti e le concessioni di opere che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta o dei funzionari;

r) la nomina, la designazione e la revoca di propri rappresentanti presso enti, aziende ed istituzioni;

s) i piani regolatori intercomunali e più in generale i pareri in materia urbanistica ove previsti, ai sensi delle vigenti leggi.

3. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via di urgenza da altri organi della Comunità montana, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio da sottoporre a ratifica del Consiglio nella prima seduta successiva all’adozione, da tenersi entro sessanta giorni, pena la decadenza.

Art. 17.

(Durata in carica del Consiglio)

1. Il Consiglio della Comunità montana si intende costituito o rinnovato con l’avvenuta designazione, entro i termini di cui all’articolo 36, comma 5, della l. 142/1990, dei rappresentanti di almeno i quattro quinti dei Comuni interessati.

2. Il Consiglio dura in carica sino al suo rinnovo, che avviene a seguito del rinnovo della maggioranza dei Consigli dei Comuni che costituiscono la Comunità montana.

3. I componenti il Consiglio della Comunità montana rappresentanti i Comuni non interessati dal turno elettorale restano in carica sino alla scadenza del loro mandato e comunque sino alla designazione da parte del Comune dei propri rappresentanti.

4. Dalla data di pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali cui sia interessata la maggioranza dei Comuni costituenti la Comunità montana, il Consiglio della stessa si limita, fino al rinnovo di cui al comma 2, ad adottare gli atti urgenti ed improrogabili.

Art. 18.

(Incompatibilità, convalida, cessazione e
sostituzione dei Consiglieri)

1. Si applicano ai Consiglieri della Comunità montana le norme della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di Consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario regionale) e successive modifiche ed integrazioni, in quanto compatibili.

2. Lo Statuto può prevedere norme sulla cessazione dalla carica di Consigliere e sui modi di sostituzione, nonchè sulla convalida, da parte del Consiglio, dei Consiglieri designati dai Comuni.

Art. 19.

(Costituzione della Giunta della Comunità montana)

1. La Giunta è costituita dal Presidente, dal Vice Presidente e da un numero di componenti stabiliti dallo Statuto, in misura non superiore a tre per le Comunità montane costituite da non più di otto Comuni, non superiore a cinque per le Comunità montane costituite da nove a quattordici Comuni, non superiore a sette per le Comunità montane costituite da oltre quattordici Comuni.

Art. 20.

(Elezione della Giunta)

1. Il Consiglio della Comunità montana elegge, con unica votazione, il Presidente, il Vice Presidente e la Giunta nella prima adunanza subito dopo la convalida dei Consiglieri.

2. L’elezione avviene sulla base di un documento programmatico, sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Comunità montana, contenente la lista dei candidati alla carica di Presidente, di Vice Presidente e di componenti della Giunta. Il documento è illustrato dal candidato alla carica di Presidente.

3. L’elezione avviene a scrutinio palese, a maggioranza assoluta dei Consiglieri assegnati alla Comunità montana. Nel caso non si raggiunga la maggioranza predetta, si procede all’indizione di due successive votazioni da tenersi in distinte sedute e comunque entro sessanta giorni dalla convalida dei Consiglieri. Qualora in nessuna di esse si raggiunga la maggioranza richiesta, il Consiglio è sciolto secondo le procedure previste dall’articolo 39 della l. 142/1990. Analoga procedura si utilizza in caso di vacanza della carica di Presidente; in caso di dimissioni del Presidente decade l’intera Giunta ed i sessanta giorni decorrono dalla data di presentazione delle dimissioni. La surroga di uno o più componenti la Giunta avviene nella seduta del Consiglio immediatamente successiva al verificarsi della vacanza od alla presentazione delle dimissioni.

4. Lo Statuto può prevedere l’elezione a componente della Giunta di cittadini non facenti parte del Consiglio della Comunità montana, in possesso dei requisiti di compatibilità e di eleggibilità alla carica di Consigliere comunale e di Consigliere della Comunità montana.

Art. 21.

(Mozione di sfiducia, revoca e sostituzione)

1. Il Presidente, il Vice Presidente e la Giunta cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia costruttiva espressa per appello nominale con voto della maggioranza assoluta dei Consiglieri assegnati alla Comunità montana. Si applicano le norme contenute nell’articolo 37, comma 2, della l. 142/1990.

2. Alla sostituzione di singoli componenti della Giunta, revocati dal Consiglio su proposta del Presidente, provvede nella stessa seduta il Consiglio su proposta del Presidente.

Art. 22.

(Attribuzioni della Giunta)

1. La Giunta compie tutti gli atti di amministrazione che non siano riservati al Consiglio e che non rientrino nelle competenze attribuite dallo Statuto al Presidente, o riservate al segretario o ai funzionari dirigenti; riferisce annualmente al Consiglio sulla propria attività, ne attua gli indirizzi generali e svolge funzione propositiva nei confronti dello stesso.

2. La Giunta delibera con l’intervento della maggioranza dei componenti ed a maggioranza di voti.

Art. 23.

(Il Presidente della Comunità montana)

1. Il Presidente ha la legale rappresentanza dell’ente, convoca e presiede il Consiglio e la Giunta, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici, nonchè all’esecuzione degli atti.

2. Il Presidente esercita le funzioni a lui attribuite dalle leggi, dallo Statuto e dai regolamenti e sovrintende altresì all’espletamento di tutte le funzioni attribuite o delegate alla Comunità montana.

Capo III.

UFFICI E PERSONALE DELLA COMUNITÀ MONTANA

Art. 24.

(Personale della Comunità montana)

1. Il trattamento giuridico ed economico-normativo del personale di ruolo della Comunità montana è determinato da contratti collettivi ai sensi della legislazione vigente. Le Comunità montane possono comunque stipulare contratti di lavoro a termine nei casi consentiti dalla vigente legislazione.

2. Le Comunità montane, nell’ambito della propria autonomia statutaria e regolamentare, possono dotarsi di un Direttore che svolga anche funzioni di segretario, secondo quanto previsto e consentito dalle norme vigenti.

Art. 25.

(Ufficio di Statistica)

1. Lo Statuto della Comunità montana prevede l’istituzione di un ufficio di statistica, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 (Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell’Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell’articolo 24, legge 23 agosto 1988, n. 400), anche per le finalità di cui all’articolo 47, comma 1.

Capo IV.

PIANO PLURIENNALE DI SVILUPPO
SOCIO-ECONOMICO. PROGRAMMI ANNUALI
OPERATIVI. PROGETTI INTEGRATI
DI INTERVENTO SPECIALE PER LA MONTAGNA

Art. 26.

(Formazione, adozione ed approvazione del piano
pluriennale di sviluppo socio-economico)

1. Entro un anno dall’approvazione dello Statuto, la Comunità montana adotta il piano pluriennale di sviluppo socio-economico di cui all’articolo 29 della l. 142/1990.

2. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico ha durata quinquennale. Nel corso della sua validità, al piano possono essere apportate variazioni ed aggiornamenti.

3. La Giunta della Comunità montana predispone il piano pluriennale di sviluppo socio-economico tenendo conto delle previsioni degli strumenti urbanistici esistenti a livello comunale ed intercomunale, della pianificazione territoriale e di settore vigenti, nonchè delle indicazioni derivanti dalla consultazione dei Comuni interessati.

4. Il Consiglio della Comunità montana adotta il piano e lo trasmette, corredato di ogni utile documentazione, alla Provincia che lo approva con deliberazione consiliare entro novanta giorni dal suo ricevimento. Trascorso tale termine, il piano si intende approvato salvo che pervengano alla Comunità montana richieste di chiarimenti od elementi integrativi di giudizio anche attraverso procedure di audizioni. In tal caso il termine di novanta giorni si intende a decorrere dalla conclusione della procedura di richiesta di chiarimenti. Entro dieci giorni dalla definitiva approvazione, copia del piano approvato è trasmessa dalla Comunità montana alla Presidenza della Giunta regionale.

5. La procedura di cui al comma 4 si applica anche per le variazioni e gli aggiornamenti del piano.

Art. 27.

(Contenuti del piano pluriennale di sviluppo
socio-economico)

1. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico comprende tutte le opere e gli interventi nei settori produttivi, economici, infrastrutturali, sociali e dei servizi che la Comunità montana intende realizzare, nell’ambito della durata temporale dello stesso, nell’esercizio dei propri compiti istituzionali, delle funzioni attribuite, di quelle delegate, nonchè di quelle comunali da svolgere in forma associata. Il piano costituisce l’unitario strumento di programmazione della Comunità montana ed è redatto in forma sintetica secondo schemi predisposti, ai fini dell’omogeneità, dalla Giunta regionale.

2. Il piano individua gli strumenti normativi e finanziari idonei a consentire la realizzazione delle opere e degli interventi di cui al comma 1.

3. Al piano si raccordano gli interventi speciali per la montagna previsti dalla normativa dell’Unione europea e dalla normativa statale e regionale, affidati alla competenza della Comunità montana nell’ambito della sua validità temporale.

4. L’individuazione e la collocazione cartografica delle opere e degli interventi previsti nel piano pluriennale di sviluppo socio-economico costituiscono le indicazioni urbanistiche di cui all’articolo 29, comma 4, della l. 142/1990, le quali concorrono alla formazione del piano territoriale provinciale o del piano territoriale metropolitano. Alle suddette indicazioni i Comuni adeguano i propri strumenti urbanistici, ai sensi dell’articolo 15, comma 6, della l. 142/1990 e della legge urbanistica regionale vigente.

5. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico è corredato da una tavola denominata “carta di destinazione d’uso del suolo” contenente gli indirizzi fondamentali dell’organizzazione territoriale nell’area di propria competenza, che ne costituisce parte integrante.

6. La carta di cui al comma 5, elaborata in scala 1:25.000, individua le aree di prevalente interesse agro-silvo-forestale e di particolare pregio ambientale e paesistico, le linee di uso delle risorse primarie e dello sviluppo residenziale, produttivo, terziario, turistico e la rete delle infrastrutture aventi rilevanza territoriale.

7. La carta di cui al comma 5 concorre alla formazione del piano territoriale provinciale o del piano territoriale metropolitano ai sensi dell’articolo 9 ter, comma 2, lettera c) della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) e successive modifiche ed integrazioni.

Art. 28.

(Programmi annuali operativi)

1. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico viene realizzato mediante programmi annuali operativi. Il programma annuale operativo integra la relazione previsionale e programmatica allegata al bilancio di previsione della Comunità montana ed indica l’utilizzo delle risorse finanziarie disponibili per la sua attuazione.

2. Il programma annuale operativo è trasmesso alla Provincia ed alla Regione.

3. Per l’attuazione dei programmi annuali operativi la Comunità montana ricerca ogni possibile collaborazione con gli altri enti operanti sul territorio di competenza, anche attraverso accordi di programma di cui all’articolo 27 della l. 142/1990.

Art. 29.

(Progetti integrati)

1. La Regione finanzia o concorre a finanziare progetti integrati presentati entro il 31 marzo di ogni anno dalle Comunità montane singolarmente o d’intesa fra loro, coerenti con il contenuto del piano pluriennale di sviluppo socio-economico ed idonei a promuovere lo sviluppo economico-sociale, demografico ed occupazionale, nonchè la tutela del patrimonio storico, culturale ed ambientale.

2. Alla realizzazione dei progetti integrati possono concorrere altri enti e privati interessati alla promozione economico-sociale della zona montana.

3. I rapporti e gli impegni per la realizzazione di progetti integrati, qualora concorrano più soggetti al loro finanziamento, sono regolati da apposita convenzione stipulata fra le parti e resa operante con decreto del Presidente della Giunta regionale. Qualora concorrano al finanziamento soltanto altri enti pubblici, la convenzione si intende sostituita dalle deliberazioni degli organi competenti degli enti stessi, comprovanti la copertura finanziaria del relativo impegno.

4. L’ammissibilità e priorità dei progetti integrati al finanziamento o al cofinanziamento e la misura dell’intervento sono determinate dalla Giunta regionale, su proposta di un nucleo di valutazione tecnica appositamente costituito, tenendo conto:

a) della ricaduta economica ed occupazionale dell’intervento;

b) dei benefici ambientali che ne derivano;

c) della localizzazione rispetto alle fasce altimetriche e di marginalità socio-economica di cui all’articolo 4.

5. Il nucleo di valutazione tecnica può disporre l’audizione delle Comunità montane proponenti.

6. La Giunta regionale approva i progetti ammessi al finanziamento o al cofinanziamento una volta conseguita la disponibilità delle risorse di cui all’articolo 50 della presente legge.

Capo V.

RAPPORTI ISTITUZIONALI. CONTROLLI

Art. 30.

(Convenzioni)

1. La Regione partecipa ai rapporti convenzionali tra la Comunità montana ed il Comune parzialmente montano escluso dalla medesima in attuazione dell’articolo 28 della l. 142/1990, per la realizzazione, da parte della Comunità montana, degli interventi speciali per la montagna, in forza di normative dell’Unione europea e di leggi statali o regionali, nella parte di territorio classificata montana del Comune interessato.

2. La convenzione regola espressamente i rapporti finanziari, conseguenti alla sua attuazione, tra la Regione, la Comunità montana ed il Comune interessato.

Art. 31.

(Gestione da parte della Comunità montana di funzioni
proprie dei Comuni, o ad essi delegate,
da esercitarsi in forma associata)

1. I Comuni ricadenti in ciascuna delle zone omogenee di cui all’articolo 2 organizzano l’esercizio associato di funzioni proprie e la gestione associata di servizi comunali, nei settori di competenza, a livello di Comunità montana.

2. I Comuni di cui al comma 1 organizzano altresì, a livello di Comunità montana, l’esercizio associato di funzioni ad essi delegate.

3. La legge regionale indica le funzioni proprie dei Comuni, o ad essi delegate, che debbono essere esercitate in forma associata in attuazione dell’articolo 29, comma 2, della l. 142/1990 e ne definisce le procedure dell’attuazione.

4. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, i Consigli comunali approvano un disciplinare sulla base di uno schema tipo, definito dalla Comunità montana d’intesa con i Comuni interessati, che stabilisce i fini, la durata dell’impegno, i rapporti finanziari, nonchè gli obblighi e le garanzie reciproche tra i Comuni e la Comunità montana.

5. I Comuni di cui al comma 1 classificati parzialmente montani possono disporre che la delega alla Comunità montana di funzioni proprie o delegate, anche quando le stesse vengono svolte in forma associata, si estenda, ai sensi dell’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 93 (Disposizioni integrative della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, recante norme per lo sviluppo della montagna), anche alla parte del proprio territorio non classificata montana. I relativi rapporti di natura finanziaria, nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 4 della l. 93/1981, sono regolati da apposita convenzione.

6. Per la gestione di servizi di livello provinciale o di aree intercomunali che superino l’ambito territoriale della zona omogenea montana, la Comunità montana può essere delegata da tutti o parte dei propri Comuni a far parte di Consorzi fra Enti locali, costituiti ai sensi dell’articolo 25 della l. 142/1990, assorbendo le quote di partecipazione assegnate ai singoli Comuni aderenti. In tal caso il Presidente della Comunità montana, o suo delegato, fa parte dell’Assemblea del Consorzio in rappresentanza dei Comuni deleganti alla Comunità montana.

7. La Comunità montana non può partecipare a Consorzi qualora facciano parte dei medesimi tutti i Comuni che la costituiscono.

8. Ai sensi degli articoli 28 e 29 della l. 142/1990, le Comunità montane, singolarmente o in consorzio con altri enti montani, esercitano in forma associata le funzioni comunali, nonchè la gestione associata di servizi pubblici spettanti ai Comuni, con particolare riguardo ai seguenti settori:

a) raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani; disincentivo alla produzione, riduzione, riutilizzo e smaltimento dei rifiuti solidi urbani con eventuale trasformazione a fini energetici dei rifiuti tossico-nocivi e degli oli esausti di origine domestica, delle macerie e degli inerti;

b) organizzazione del trasporto locale ed in particolare del trasporto scolastico;

c) organizzazione del servizio di polizia urbana e rurale;

d) realizzazione di strutture di servizi sociali per gli anziani, nonchè gestione delle attività socio-assistenziali ai sensi dell’articolo 13 della legge regionale 13 aprile 1995, n. 62 (Norme per l’esercizio delle funzioni socio-assistenziali);

e) realizzazione di strutture sociali di orientamento e formazione per i giovani;

f) realizzazione di opere pubbliche di interesse collettivo;

g) organizzazione di interventi di ripristino e recupero ambientale;

h) realizzazione delle funzioni di cui all’articolo 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), e successive modifiche ed integrazioni, relative alla progettazione, all’appalto e alla direzione lavori di opere pubbliche e di opere tecnico-manutentive del territorio.

9. I Comuni possono delegare alle Comunità montane la facoltà di contrarre mutui, in loro nome e per loro conto, presso la Cassa Depositi e Prestiti o presso altri istituti di credito, per la realizzazione di opere e per l’attuazione di interventi aventi carattere sovraccomunale, qualora tali opere ed interventi siano coerenti con le finalità del piano pluriennale di sviluppo socio-economico.

10. La Regione riconosce priorità nell’assegnazione di finanziamenti ai servizi svolti in forma associata dalle Comunità montane.

Art. 32.

(Comunità montana. Unione di Comuni)

1. I Comuni della Comunità montana possono costituirsi in unione di Comuni, di cui all’articolo 26 della l. 142/1990.

2. Tale costituzione può avvenire su proposta del Consiglio della Comunità montana da assumere a maggioranza assoluta dei Consiglieri assegnati. L’atto costitutivo ed il regolamento dell’unione sono approvati con unica deliberazione dai singoli Consigli comunali, a maggioranza assoluta dei Consiglieri assegnati.

3. Gli organi dell’unione sono organi della Comunità montana, anche quando il potere di iniziativa è autonomamente assunto dai singoli Comuni.

4. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui all’articolo 26 della l. 142/1990.

5. Nel caso di costituzione di unione di Comuni fra due o più Comuni facenti parte di una Comunità montana, la rappresentanza in seno alla stessa continua ad essere assicurata dai singoli Comuni costituenti l’unione, salvo diversa espressa volontà dei Comuni interessati.

Art. 33.

(Servizi. Forme associative di cooperazione)

1. La Comunità montana costituisce, per l’esercizio di servizi e per lo svolgimento di funzioni, aziende speciali, istituzioni e consorzi. Può altresì partecipare a società per azioni in relazione alla natura del servizio da erogare.

2. Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui agli articoli 22, 23, 24 e 25 della l. 142/1990.

Art. 34.

(Revisore dei conti)

1. Il Consiglio della Comunità montana elegge, a maggioranza dei Consiglieri assegnati, un revisore dei conti.

2. Il revisore dei conti deve essere scelto:

a) tra gli iscritti nel ruolo nazionale dei revisori ufficiali dei conti;

b) tra gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti operanti in Piemonte;

c) tra gli iscritti negli albi dei ragionieri operanti in Piemonte.

3. Il revisore dei conti dura in carica tre anni, non è revocabile salvo inadempienza ed è rieleggibile una sola volta. Il revisore ha diritto di accesso agli atti ed ai documenti dell’Ente.

4. Il revisore, secondo procedure determinate dallo Statuto e da Regolamenti, collabora con il Consiglio nella funzione di controllo e di indirizzo, esercita la vigilanza sulla regolarità contabile e finanziaria della gestione dell’Ente ed attesta la corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione, redigendo la relazione che accompagna la proposta di deliberazione consiliare di approvazione del consuntivo. In tale relazione il revisore esprime rilievi e proposte tendenti a conseguire una migliore efficienza, produttività ed economicità della gestione.

Art. 35.

(Controllo sugli organi e sugli atti
della Comunità montana)

1. Ai sensi dell’articolo 49 della l. 142/1990, alla Comunità montana si applicano le norme sul controllo e la vigilanza dettate per i Comuni e per le Province.

Art. 36.

(Conferenza dei Presidenti delle Comunità montane)

1. è costituita la Conferenza dei Presidenti delle Comunità montane quale organo consultivo della Giunta regionale. Della Conferenza fanno parte i Presidenti delle Comunità montane, la Giunta esecutiva della Delegazione regionale dell’Unione nazionale Comuni, Comunità, enti montani (UNCEM) e due rappresentanti dell’Unione Province piemontesi (UPP).

2. La Conferenza è convocata almeno due volte all’anno dal Presidente della Giunta regionale.

Capo VI.

PROVVEDIMENTI PER LA SALVAGUARDIA
DEL TERRITORIO E PER LO SVILUPPO
SOCIO-ECONOMICO DELLE ZONE MONTANE

Art. 37.

(Sistemazione idrogeologica ed idraulico-forestale)

1. Le Comunità montane, nell’esercizio delle funzioni di consorzi di bonifica montana ad esse trasferite dalla legge regionale 4 settembre 1975, n. 50 (Trasferimento alle Comunità montane delle funzioni in materia di bonifica montana), individuano gli interventi di sistemazione idrogeologica ed idraulico-forestale all’interno del bacino idrografico di competenza. Esse formano a tal fine un programma pluriennale; in tale programma sono compresi anche i territori montani limitrofi non ricadenti nella Comunità montana che costituiscono naturale completamento del bacino idrografico.

2. Le Comunità montane predispongono il programma di interventi di cui al comma 1 promuovendo conferenze di servizi ai sensi dell’articolo 14, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), e successive modifiche ed integrazioni, con la Regione e l’Autorità di bacino di cui all’articolo 11 della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo).

3. Alle Comunità montane è demandato il compito di gestire la realizzazione degli interventi di sistemazione idrogeologica ed idraulico-forestale previsti dal programma pluriennale di cui al comma 1.

4. La sistemazione idrogeologica ed idraulico-forestale di cui al presente articolo contempla interventi di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e può essere realizzata secondo le modalità previste all’articolo 17 della l. 97/1994.

5. La Giunta regionale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, definisce le modalità di applicazione delle disposizioni del presente articolo.

Art. 38.

(Gestione del patrimonio forestale)

1. Le Comunità montane, nell’esercizio delle funzioni di consorzi di bonifica montana, promuovono la conservazione e la valorizzazione del patrimonio forestale pubblico e privato agendo attraverso:

a) apposite convenzioni con i proprietari pubblici e privati;

b) accordi di programma con enti pubblici;

c) eventuale costituzione di consorzi forestali, anche in forma coattiva, qualora lo richiedano i proprietari di almeno i tre quarti della superficie interessata, finalizzati al rimboschimento o alla tutela ed alla migliore gestione dei boschi;

d) attuazione di quanto disposto dall’articolo 9, comma 3, della l. 97/1994.

2. Le Comunità montane svolgono specifici compiti di tutela paesaggistica e di salvaguardia del territorio anche per favorirne l’utilizzazione per fini produttivi, turistici, ricreativi. A tal fine svolgono le seguenti attività:

a) manutenzione delle zone a destinazione agro-silvo-pastorale;

b) mantenimento in efficienza delle infrastrutture e dei manufatti finalizzati alla sistemazione idraulico forestale.

3. Le Comunità montane, su delega dei Comuni, gestiscono le proprietà silvo-pastorali dei Comuni stessi.

4. Le Comunità montane possono affidare la realizzazione delle attività di cui al comma 3 ai soggetti di cui all’articolo 17 della l. 97/1994, nei limiti e con le modalità di cui al medesimo articolo.

5. La Regione promuove lo sviluppo dell’economia del legno attraverso la formazione dello specifico piano di settore con l’obiettivo di migliorare lo sfruttamento delle risorse forestali in un’ottica di filiera, anche tramite il conferimento della delega alle Comunità montane.

Art. 39.

(Piccole opere di manutenzione ambientale)

1. Le Comunità montane, anche in applicazione dell’articolo 7 della l. 97/1994, possono concedere contributi fino ad un massimo del settantacinque per cento dell’importo ritenuto ammissibile per piccole opere di manutenzione ambientale concernenti le proprietà agro-silvo-pastorali.

2. Possono beneficiare del contributo imprenditori agricoli singoli od associati, anche non a titolo principale.

3. La Giunta regionale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, definisce i criteri e gli ambiti applicativi del presente articolo.

Art. 40.

(Difesa dalle valanghe)

1. Le Comunità montane costituiscono, ai sensi dell’articolo 33, Commissioni locali valanghe per l’esercizio dell’attività di controllo dei fenomeni nivologici ed al fine di segnalare il pericolo di valanghe su centri o nuclei abitati, opere pubbliche ed impianti o infrastrutture di interesse pubblico.

2. Le Commissioni di cui al comma 1 devono svolgere l’attività di controllo sulla base della metodologia indicata dal competente Settore regionale.

3. La Regione Piemonte, con apposito regolamento, fornisce le modalità di costituzione e gestione delle Commissioni.

Art. 41.

(Incentivi per l’insediamento nelle zone montane)

1. Allo scopo di favorire il riequilibrio insediativo ed il recupero dei centri abitati di montagna, le Comunità montane possono concedere contributi sulle spese di trasferimento, di acquisto e ristrutturazione di immobili da destinare a prima abitazione a favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale, unitamente alla propria attività economica in Comuni montani aventi le caratteristiche di cui al comma 3.

2. Il beneficiario dei contributi di cui al comma 1 deve impegnarsi per un decennio a non modificare residenza e dimora abituale e a non trasferire l’attività economica, pena la revoca del beneficio concesso ed il recupero del contributo ricevuto maggiorato degli interessi legali.

3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei Comuni montani con meno di mille abitanti appartenenti alla classe 1, e nelle località abitate non capoluogo con meno di cinquecento abitanti appartenenti alle classi 1 e 2 di cui all’articolo 4 della presente legge.

4. Le Comunità montane, a valere sul finanziamento loro concesso ai fini dell’attuazione della presente legge, possono erogare contributi al fine di favorire i collegamenti telefonici di case sparse ed agglomerati non inclusi nelle zone perimetrate dai piani regolatori quali aree a prevalente destinazione residenziale.

5. La Giunta regionale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, determina le modalità di concessione e la misura massima del contributo per ogni tipo di intervento; tale determinazione è soggetta a revisione biennale. Le Comunità montane stabiliscono di conseguenza l’entità del contributo. Tale entità può essere diversificata per sub aree in relazione alle loro caratteristiche.

Art. 42.

(Interventi per la ricomposizione fondiaria e
per i giovani agricoltori)

1. Al fine di favorire l’accesso dei giovani all’attività agricola, di evitare la frammentazione delle aziende agricole nelle zone montane, di favorire operazioni di ricomposizione fondiaria, ai sensi dell’articolo 13, comma 4, della l. 97/1994, la Regione e la Cassa per la formazione della proprietà contadina, istituita con decreto legislativo 5 marzo 1948, n. 121 (Provvedimenti a favore di varie Regioni d’Italia meridionale e delle isole), accordano la preferenza del finanziamento dell’acquisto dei terreni, sino alla concorrenza del trenta per cento delle disponibilità finanziarie per la formazione della proprietà coltivatrice, ai seguenti beneficiari:

a) coltivatori diretti di età compresa tra i diciotto ed i quarant’anni, residenti nelle zone montane;

b) eredi considerati affittuari, ai sensi dell’articolo 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari), delle porzioni di fondi rustici comprese nelle quote degli altri coeredi e residenti nelle zone montane, che intendano acquisire alla scadenza del rapporto di affitto le quote medesime secondo le modalità ed i limiti di cui agli articoli 4 e 5 della l. 97/1994;

c) cooperative agricole con sede in territori montani nelle quali la compagine dei soci cooperatori sia composta, per almeno il trenta per cento, da giovani di età compresa tra i diciotto ed i quarant’anni residenti in Comuni montani.

2. Al fine di favorire la ricomposizione fondiaria, le Comunità montane possono concedere, ai soggetti di cui al comma 1, contributi a copertura delle spese relative agli atti di compravendita e di permuta di terreni.

Art. 43.

(Turismo rurale in ambiente montano)

1. Allo scopo di valorizzare le potenzialità produttive, ricreative e culturali dell’ambiente rurale e naturale, le Comunità montane promuovono lo sviluppo del turismo rurale, mediante progetti per specifiche aree geografiche che assicurino il mantenimento dell’attività agricola nelle zone interessate e concorrano alla tutela dell’ambiente rurale e naturale.

2. Le Comunità montane promuovono progetti ed iniziative di salvaguardia ambientale e tutela della fauna selvatica in collaborazione con gli Enti di gestione delle aree protette.

3. A tal fine la Regione, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, con deliberazione del Consiglio regionale, individua le caratteristiche del turismo rurale nella montagna piemontese.

4. Le Comunità montane possono concedere incentivi per l’attuazione dei progetti di cui al comma 1, per la conservazione e valorizzazione del patrimonio edilizio rurale di particolare valore storico paesaggistico e architettonico, nonchè per il restauro dei centri storici e dei nuclei abitativi rurali, valorizzando tipologie edilizie tradizionali.

5. La concessione degli incentivi di cui al comma 4 è subordinata al rispetto del principio comunitario del “de minimis”.

Art. 44.

(Artigianato e mestieri tradizionali nelle zone montane)

1. La Giunta regionale, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, determina i settori artigianali ed i mestieri tradizionali da considerare come espressioni autentiche della montagna piemontese.

2. Le Comunità montane definiscono, nell’ambito del proprio programma operativo annuale, gli interventi e le azioni da realizzare in armonia con le linee generali espresse dalla Giunta regionale e individuano i soggetti pubblici e privati interessati da tali interventi.

3. L’erogazione di eventuali contributi nell’ambito degli interventi e delle azioni previste dal comma 2 è subordinata al rispetto del principio comunitario del “de minimis”.

Art. 45.

(Trasporti)

1. Per i Comuni montani con meno di cinquemila abitanti nonchè per le località abitate con meno di cinquecento abitanti comprese in Comuni montani aventi più di cinquemila abitanti nei quali il servizio di trasporto pubblico sia mancante oppure non sia adeguato a fornire una risposta almeno sufficiente ai bisogni delle popolazioni locali, le Comunità montane, su delega dei Comuni, provvedono ad organizzare e gestire il trasporto di persone e merci, anche in deroga alle norme regionali vigenti, utilizzando al meglio i mezzi di trasporto comunque disponibili sul territorio e ricercando l’integrazione con i servizi di linea già istituiti.

2. Il trasporto pubblico di cui al comma 1, è attivato garantendo condizioni di accessibilità ai portatori di handicap, agli invalidi ed agli anziani.

3. Le Comunità montane delegate possono stipulare convenzioni con i Comuni interessati per estendere il servizio suddetto anche a territori limitrofi, anche se non compresi nelle Comunità montane.

4. L’organizzazione del servizio è definita da un apposito regolamento approvato dal Consiglio della Comunità montana a norma dell’articolo 23 della l. 97/1994.

5. La Giunta regionale assegna annualmente alle Comunità montane delegate, nell’ambito degli interventi di settore, i fondi necessari per l’espletamento del servizio.

6. Le Comunità montane delegate possono concedere contributi a compensazione di maggiori oneri di trasporto relativi a persone e merci sul proprio territorio.

7. I compiti di cui all’articolo 23 della l. 97/1994, attribuiti alla Regione, sono delegati alle Comunità montane competenti per territorio. Il rilascio delle autorizzazioni da parte delle Comunità montane è subordinato al nullaosta preventivo della Provincia competente per territorio.

Art. 46.

(Valorizzazione della cultura
della montagna piemontese)

1. La Regione riconosce nei valori affermati dalla cultura tradizionale piemontese e dalle culture delle minoranze etniche, linguistiche e religiose il mezzo fondamentale per rendere la gente di montagna consapevole delle proprie origini e della propria identità e protagonista attiva dello sviluppo socio-economico.

2. La Regione, sentita la Conferenza dei Presidenti delle Comunità montane, provvede ad istituire e sostenere centri per la documentazione, la tutela e la valorizzazione delle espressioni della cultura dell’area montana piemontese.

Art. 47.

(Informatizzazione)

1. Al fine di ovviare agli svantaggi ed alle difficoltà di comunicazione derivanti alle zone montane dalla distanza dai centri provinciali, le Comunità montane operano quali sportelli del cittadino mediante un adeguato sistema informatico ai sensi dell’articolo 24 della l. 97/1994, in collaborazione con le Province, i Comuni e gli uffici periferici dell’amministrazione pubblica.

2. La Giunta regionale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, emana direttive per la progettazione del predetto sistema informatico e per determinare i relativi finanziamenti.

3. La Giunta regionale, conformemente a quanto stabilito dal Comitato interministeriale per la programmazione econonomica (CIPE), definisce direttive per il decentramento, nei Comuni montani, di attività e servizi ai sensi dell’articolo 14 della l. 97/1994.

Art. 48.

(Servizio scolastico)

1. I Comuni e le Comunità montane, nell’ambito delle rispettive competenze, collaborano con l’amministrazione statale, la Regione e le Province nel realizzare un equilibrato sviluppo del servizio scolastico nel territorio, mediante convenzioni stipulate a livello provinciale, previa intesa con l’autorità scolastica provinciale.

2. Le Comunità montane possono concedere borse di studio ai giovani di età compresa fra i quattordici e i venticinque anni residenti nei Comuni montani che frequentano corsi di studi di scuola secondaria superiore o universitari.

3. Le Comunità montane possono concedere contributi per il mantenimento delle strutture scolastiche materne, elementari e medie sul loro territorio.

Art. 49.

(Individuazione delle località abitate)

1. L’individuazione dei comuni montani con meno di mille abitanti e delle località abitate aventi meno di cinquecento abitanti ricomprese negli altri comuni montani, deliberata ai fini dell’applicazione dell’articolo 16 della l. 97/1994 è sottoposta a verifica ed aggiornamento quinquennale da parte della Giunta regionale.

Capo VII.

FONDO REGIONALE PER LA MONTAGNA.
DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 50.

(Fondo regionale per la montagna)

1. è istituito il fondo regionale per la montagna. Alla copertura finanziaria di tale fondo si provvede, destinando a tal fine:

a) una quota del venti per cento di quanto accertato dalla Regione a titolo di addizionale sul consumo di gas metano nell’esercizio precedente ed eventuali altri stanziamenti a carico del bilancio regionale determinati annualmente con la legge di bilancio;

b) la quota di competenza regionale del fondo nazionale per la montagna di cui all’articolo 2 della l. 97/1994 ed eventuali altre risorse specificatamente destinate allo sviluppo della montagna derivanti da trasferimenti dello Stato;

c) il cinquanta per cento dei proventi dell’addizionale regionale sui canoni per le utenze di acqua pubblica, ai sensi dell’articolo 14, comma 4, della legge regionale 20 gennaio 1997, n. 13 (Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali per l’organizzazione del servizio idrico integrato e disciplina delle forme e dei modi di cooperazione tra gli Enti locali ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 36 e successive modifiche ed integrazioni. Indirizzo e coordinamento dei soggetti istituzionali in materia di risorse idriche);

d) i finanziamenti comunitari volti a sostenere programmi regionali per lo sviluppo delle zone montane.

2. In attuazione di quanto previsto dal comma 1, nello stato di previsione della spesa vengono istituiti appositi capitoli, per i quali è possibile lo storno compensativo con atto amministrativo, con le seguenti denominazioni:

a) “Fondo regionale per la montagna: risorse regionali”;

b) “Fondo regionale per la montagna: risorse regionali spese”;

c) “Fondo regionale per la montagna: risorse statali vincolate”;

d) “Fondo regionale per la montagna: risorse comunitarie”.

Art. 51.

(Utilizzo del fondo regionale per la montagna)

1. Le risorse costituenti il fondo regionale per la montagna sono utilizzate nel modo seguente:

a) il settanta per cento è ripartito tra le Comunità montane secondo i seguenti criteri:

1) il trenta per cento in proporzione diretta alla popolazione residente nella zona montana con riferimento ai dati del penultimo anno precedente;

2) il settanta per cento in proporzione diretta alla superficie delle zone montane;

b) una quota non superiore al dieci per cento è destinata ad azioni di iniziativa della Giunta regionale, anche a carattere straordinario, mediante spese o contributi ad enti e privati, per le finalità di cui all’articolo 1;

c) la restante parte viene utilizzata per il finanziamento dei progetti integrati di cui all’articolo 29.

2. Per la copertura delle spese correnti di funzionamento, le Comunità montane possono destinare una quota non superiore al dieci per cento delle risorse ripartite ai sensi del comma 1, lettera a).

3. Entro il 31 marzo di ogni anno, la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, approva il programma delle iniziative di cui al comma 1, lettera b) che intende attuare nell’anno.

Art. 52.

(Riparto dei fondi statali della legge 3 dicembre 1971,
n. 1102 e successive modifiche e integrazioni)

1. I fondi assegnati alla Regione ai fini della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (Nuove norme per lo sviluppo della montagna), così come successivamente modificata ed integrata, sono ripartiti tra le Comunità montane per la redazione e l’attuazione dei piani pluriennali di sviluppo socio-economico, secondo i seguenti criteri:

a) cinque decimi in proporzione diretta alla popolazione residente nella zona montana con riferimento ai dati del penultimo anno precedente;

b) cinque decimi in proporzione diretta alla superficie delle zone montane.

2. Il riparto di cui al comma 1 è determinato con deliberazione della Giunta regionale.

Art. 53.

(Contributi nelle spese di funzionamento
delle Comunità montane)

1. Alle Comunità montane, per le spese di funzionamento dei loro uffici, è concesso un contributo nella misura annua di lire 6 milioni.

2. è concesso inoltre un contributo aggiuntivo di lire 500 per ogni ettaro di superficie delle zone classificate montane ai sensi di legge e di lire 500 per ogni abitante residente nelle stesse zone montane in base ai dati dell’ultimo censimento della popolazione.

3. Al fine dell’applicazione dei commi 1 e 2, il corrispondente stanziamento di spesa è determinato con la legge di approvazione del bilancio regionale.

CAPO VIII.

OSSERVATORIO REGIONALE SULLA MONTAGNA

Art. 54.

(Finalità)

1. La Regione, al fine di realizzare gli obiettivi della presente legge, promuove un’attività permanente di analisi e di studio delle problematiche del territorio montano piemontese.

2. A tal fine la Giunta regionale provvede all’acquisizione di tutti gli elementi informativi necessari per la conoscenza delle caratteristiche socio-economiche, ambientali e territoriali del territorio montano nonchè quelli relativi all’attuazione dei piani, programmi e interventi indirizzati alla tutela delle risorse territoriali e allo sviluppo dell’economia e dell’occupazione.

Art. 55.

(Osservatorio regionale sulla montagna)

1. Per la realizzazzione delle attività di cui all’articolo 54, presso l’Assessorato all’economia montana e alle foreste della Regione Piemonte è istituito l’Osservatorio regionale sulla montagna, la cui struttura organizzativa è definita dalla Giunta regionale entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

2. L’Osservatorio svolge attività di analisi e di studio delle problematiche strutturali e congiunturali relative al territorio montano, tenendo conto delle politiche comunitarie, nazionali e regionali a favore della montagna e contribuisce alla redazione della relazione annuale sullo stato della montagna prevista dall’articolo 24 della l. 97/1994.

3. Per lo svolgimento dell’attività dell’Osservatorio, la Giunta regionale si avvale della collaborazione dell’Istituto ricerche economico-sociali (IRES), dell’Istituto per le piante da legno e l’ambiente (IPLA) e dell’Agenzia regionale per l’ambiente (ARPA) nonchè, per compiti altamente specializzati, di esperti esterni.

4. L’Osservatorio concorre, con la propria attività:

a) alla programmazione regionale;

b) alla valutazione dell’efficacia degli interventi comunitari, nazionali e regionali interessanti la montagna piemontese;

c) alla raccolta, elaborazione e diffusione di dati relativi alla situazione e alle problematiche del territorio montano piemontese, allo scopo di migliorarne la conoscenza.

5. A tal fine l’Osservatorio:

a) cura la raccolta e l’aggiornamento, in una banca dati informatizzata, delle principali informazioni sulla montagna, acquisendo sistematicamente dati da fonti già disponibili ed attivando specifiche collaborazioni con soggetti pubblici e privati;

b) promuove indagini, ricerche, studi e collaborazioni;

c) realizza strumenti di informazione periodica, anche sotto forma di bollettini o monografie di approfondimento su temi di particolare rilevanza;

d) svolge attività di informazione socio-economica anche attraverso l’organizzazione di seminari e convegni di studio con gli enti e le associazioni interessate.

Art. 56.

(Sistema informativo regionale sulla montagna)

1. Il sistema informativo regionale sulla montagna (SIREM) ha sede presso l’Assessorato all’economia montana e alle foreste della Regione Piemonte; esso assicura le basi dati e le elaborazioni necessarie all’attività dell’Osservatorio.

2. Il SIREM persegue i seguenti obiettivi:

a) promuovere il coordinamento dei sistemi informativi già istituiti nella Regione Piemonte, al fine del raggiungimento degli obiettivi dell’Osservatorio;

b) acquisire sistematicamente i dati raccolti dai sistemi informativi di cui alla lettera a) e dalle strutture regionali, nazionali, comunitarie ed extracomunitarie attraverso la creazione e la gestione di un apposito centro di documentazione;

c) aggiornare ed elaborare i dati disponibili per la realizzazione degli strumenti di informazione periodica di cui all’articolo 55, comma 5, lettera c).

Art. 57.

(Programma di attività annuale)

1. Al fine di conseguire gli obiettivi previsti nel presente capo coerentemente alle finalità della programmazione regionale, l’Osservatorio regionale sulla montagna predispone entro il mese di settembre di ogni anno un programma di attività, da svolgersi nell’anno successivo, corredato da apposito preventivo finanziario.

2. Le risorse finanziarie necessarie allo svolgimento del programma di attività sono previste nel programma annuale delle azioni di iniziativa della Giunta regionale di cui all’articolo 51, comma 3.

Capo IX.

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 58.

(Norme abrogative)

1. Sono abrogati:

a) l’articolo 1 della legge regionale 28 agosto 1979, n. 50 (Aggiornamento ed integrazione della legge regionale 11 agosto 1973, n. 17 avente per oggetto: “Delimitazione delle zone montane omogenee. Costituzione e funzionamento delle Comunità montane”), a partire dalla data in cui esplica la sua efficacia, ai sensi dell’articolo 60, la delimitazione delle zone montane omogenee prevista dall’articolo 3 della presente legge;

b) l’articolo 2 della l.r. 50/1979;

c) la legge regionale 22 giugno 1981, n. 22 (Aggiornamento dell’articolo 1 della legge regionale 28 agosto 1979, n. 50. Modificazione della zona montana omogenea n. 11 dei Comuni delle Valli Monregalesi (Provincia di Cuneo), a partire dalla data di cui alla lettera a), n. 1);

d) la legge regionale 15 gennaio 1982, n. 1 (Integrazione agli articoli 5 e 6 della legge regionale 11 agosto 1973, n. 17, concernente “Delimitazione delle zone montane omogenee. Costituzione e funzionamento delle Comunità montane”);

e) la legge regionale 30 marzo 1982, n. 9 (Modifiche alla legge regionale 11 agosto 1973, n. 17 concernente: “Delimitazione delle zone montane omogenee. Costituzione e funzionamento delle Comunità montane”);

f) la legge regionale 11 gennaio 1983, n. 2 (Modifica dell’articolo 1 della legge regionale 11 agosto 1973 n. 17, concernente: “Delimitazione delle zone montane omogenee. Costituzione e funzionamento delle Comunità montane”);

g) la legge regionale 3 settembre 1986, n. 40 (Comunità montane. Integrazioni delle norme in materia di garanzia fidejussoria di cui alla l.r. n. 50/79, articolo 3);

h) la legge regionale 19 dicembre 1991, n. 60 (Contributo straordinario alle Comunità montane);

i) la legge regionale 18 giugno 1992, n. 28 (Ordinamento delle Comunità montane);

l) la legge regionale 18 giugno 1992, n. 29 (Modificazioni alla legge “Ordinamento delle Comunità montane” approvata dal Consiglio regionale in data 12 maggio 1992);

m) la legge regionale 11 aprile 1995, n. 54 (Individuazione delle fasce altimetriche e di marginalità socio-economica nell’ambito delle Comunità montane. Modificazioni alla legge regionale 18 giugno 1992, n. 28), a partire dalla data di entrata in vigore della deliberazione del Consiglio regionale di cui all’articolo 4, comma 3;

n) la legge regionale 9 ottobre 1995, n. 72 (Provvedimenti per la salvaguardia del territorio e per lo sviluppo socio-economico delle zone montane e modifiche alla legge regionale 18 giugno 1992, n. 28, già modificata dalla legge regionale 18 giugno 1992, n. 29);

o) la legge regionale 6 agosto 1996, n. 58 (Sostituzione dell’articolo 11 e del comma 4 dell’articolo 21 della legge regionale 9 ottobre 1995, n. 72 “Provvedimenti per la salvaguardia del territorio e per lo sviluppo socio-economico delle zone montane e modifiche alla legge regionale 18 giugno 1992, n. 28 già modificata dalla legge regionale 18 giugno 1992, n. 29);

p) la legge regionale 3 gennaio 1997, n. 2 (Modifiche della legge regionale 9 ottobre 1995, n. 72 “Provvedimenti per la salvaguardia del territorio e per lo sviluppo socio-economico delle zone montane e modifiche alla legge regionale 18 giugno 1992, n. 28 già modificata dalla legge regionale 18 giugno 1992, n. 29", così come modificata dalla legge regionale 6 agosto 1996, n. 58);

q) la legge regionale 21 gennaio 1998, n. 4 (Modificazioni alla legge regionale 9 ottobre 1995, n. 72 “Provvedimenti per la salvaguardia del territorio e per lo sviluppo socio-economico delle zone montane e modifiche alla legge regionale 18 giugno 1992, n. 28 già modificata dalla legge regionale 18 giugno 1992, n. 29", così come modificata dalla legge regionale 3 gennaio 1997, n. 2);

r) la legge regionale 28 luglio 1998, n. 19 (Modifica dell’articolo 38 della legge regionale 18 giugno 1992, n. 28 “Ordinamento delle Comunità montane”. Sostituzione del comma 1 dell’articolo 25 della legge regionale 9 ottobre 1995, n. 72 “Provvedimenti per la salvaguardia del territorio e per lo sviluppo socio-economico delle zone montane e modifiche alla legge regionale 18 giugno 1992, n. 28 già modificata dalla legge regionale 18 giugno 1992, n. 29", così come modificata dalla legge regionale 21 gennaio 1998, n. 4).

2. è inoltre abrogata ogni altra norma o disposizione regionale in contrasto con la presente legge.

Art. 59.

(Oneri finanziari)

1. Agli oneri finanziari derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede in sede di predisposizione dei relativi bilanci di previsione.

Art. 60.

(Norma transitoria)

1. Le disposizioni di cui all’articolo 3 che modificano la delimitazione delle zone omogenee vigente alla data di entrata in vigore della presente legge esplicano la loro efficacia dopo la scadenza dell’attuale mandato amministrativo ovvero con il rinnovo dei Consigli delle Comunità montane. Fino a tale data resta operante la delimitazione in atto.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 2 luglio 1999

Enzo Ghigo

Allegato A

Territori montani della Regione Piemonte, individuati per Comune di appartenenza (articolo 2).

I Comuni il cui territorio è interamente montano vengono elencati senza alcuna specificazione.

Per i Comuni il cui territorio è parzialmente montano vengono indicati i fogli di mappa corrispondenti, anche in parte (p), al territorio montano, ovvero i fogli di mappa corrispondenti, anche in parte (p), al territorio non montano; in quest’ultimo caso il territorio montano è individuato per differenza.

Provincia di Alessandria:

Albera Ligure

Arquata Scrivia (territori montani: 6p; 7; 8; 12p; 13p; 14; 15; 16p; dal 17 al 27)

Avolasca

Borghetto Borbera

Bosio

Brignano Frascata

Cabella Ligure

Cantalupo Ligure

Carrega Ligure

Carrosio

Cartosio

Casaleggio Boiro

Casasco

Cassinelle

Castellania

Castelletto d’Erro

Cavatore

Costa Vescovato

Denice

Dernice

Fabbrica Curone

Fraconalto

Garbagna

Gremiasco

Grondona

Lerma

Malvicino

Merana

Molare

Momperone

Mongiardino Ligure

Monleale

Montacuto

Montechiaro d’Acqui

Montegioco

Montemarzino

Morbello

Mornese

Pareto

Ponzone

Pozzol Groppo

Roccaforte Ligure

Rocchetta Ligure

San Sebastiano Curone

Serravalle Scrivia (territori montani: 13; 16p)

Spigno Monferrato

Stazzano

Tagliolo Monferrato

Vignole Borbera

Voltaggio

Provincia di Asti:

Bubbio

Cassinasco

Cessole

Loazzolo

Mombaldone

Monastero Bormida

Olmo Gentile

Roccaverano

San Giorgio Scarampi

Serole

Sessame

Vesime

Provincia di Biella:

Ailoche

Andorno Micca

Biella (territori montani: 1; 2; 3; 4; 5; 6p; dal 12 al 19; 20p; 21p; 33p; 35; 36; 37p; 39p; dal 68 al 75)

Bioglio

Callabiana

Camandona

Camburzano

Campiglia Cervo

Caprile

Casapinta

Cerreto Castello

Coggiola

Cossato (territori montani: dall’1 al 15; 16p; dal 17 al 21; 22p; 23p; 24p)

Crevacuore

Crosa

Curino

Donato

Graglia

Lessona (territori montani: 1; 3p; 4; 5; 7)

Magnano

Mezzana Mortigliengo

Miagliano

Mongrando

Mosso

Muzzano

Netro

Occhieppo Inferiore

Occhieppo Superiore

Pettinengo

Piatto

Piedicavallo

Pollone

Portula

Pralungo

Pray Biellese

Quaregna

Quittengo

Ronco Biellese

Rosazza

Sagliano Micca

Sala Biellese

San Paolo Cervo

Selve Marcone

Soprana

Sordevolo

Sostegno

Strona

Tavigliano

Ternengo

Tollegno

Torrazzo

Trivero

Valdengo

Vallanzengo

Valle Mosso

Valle S.Nicolao

Veglio

Vigliano Biellese (territori montani: dall’1 all’8)

Zimone

Zubiena

Zumaglia

Provincia di Cuneo:

Acceglio

Aisone

Albaretto della Torre

Alto

Argentera

Arguello

Bagnasco

Bagnolo Piemonte (territori non montani: dal 4 al 17; 18p; 19; dal 33 al 35)

Barge (territori non montani: dall’1 al 46; 47p; 52p; dal 53 al 59)

Battifollo

Bellino

Belvedere Langhe

Benevello

Bergolo

Bernezzo

Bonvicino

Borgo San Dalmazzo (territori non montani: dall’1 al 9; 14p; dal 15 al 18)

Borgomale

Bosia

Bossolasco

Boves (territori non montani: dall’1 al 12; 16p; 17p; dal 20 al 22)

Briaglia

Briga Alta

Brondello

Brossasco

Busca (territori non montani: dall’1 al 62; dal 67 al 71)

Camerana

Canosio

Caprauna

Caraglio (territori non montani: dall’1 al 32; 50)

Cartignano

Casteldelfino

Castellar

Castelletto Uzzone

Castellino Tanaro

Castelmagno

Castelnuovo di Ceva

Castino

Celle di Macra

Cerreto Langhe

Cervasca

Ceva (territori non montani: dall’1 al 32)

Chiusa Pesio

Cigliè

Cissone

Cortemilia

Costigliole Saluzzo (territori non montani: dall’1 all’8; dal 19 al 21)

Cravanzana

Crissolo

Demonte

Dronero

Elva

Entracque

Envie (territori non montani: dal 4 al 12; dal 19 al 21)

Feisoglio

Frabosa Soprana

Frabosa Sottana

Frassino

Gaiola

Gambasca

Garessio

Gorzegno

Gottasecca

Igliano

Isasca

Lequio Berria

Lesegno (territori non montani: dall’1 al 7; 12; 13)

Levice

Limone Piemonte

Lisio

Macra

Magliano Alpi (territori montani: dal 29 al 32)

Marmora

Marsaglia

Martiniana Po

Melle

Moiola

Mombarcaro

Mombasiglio

Monastero Vasco

Monasterolo Casotto

Monesiglio

Montaldo Mondovì

Montemale di Cuneo

Monterosso Grana

Montezemolo

Murazzano

Niella Belbo

Nucetto

Oncino

Ormea

Ostana

Paesana

Pagno

Pamparato

Paroldo

Perletto

Perlo

Peveragno (territori non montani: dall’1 al 4; 6p; dal 7 al 13; 14p; 15; 16; 17p; dal 18 al 21)

Pezzolo Valle Uzzone

Pianfei (territori montani: dal 16 al 20)

Piasco

Pietraporzio

Pontechianale

Pradleves

Prazzo

Priero

Priola

Prunetto

Revello (territori montani: dal 44 al 52)

Rifreddo

Rittana

Roaschia

Roascio

Robilante

Roburent

Rocca Cigliè

Roccabruna

Roccaforte Mondovì

Roccasparvera

Roccavione

Rocchetta Belbo

Rossana

Sale delle Langhe

Sale San Giovanni

Saliceto

Sambuco

Sampeyre

San Benedetto Belbo

San Damiano Macra

San Michele Mondovì

Sanfront

Scagnello

Serravalle Langhe

Somano

Stroppo

Torre Bormida

Torre Mondovì

Torresina

Valdieri

Valgrana

Valloriate

Valmala

Venasca

Vernante

Verzuolo (territori non montani: 3p; dal 4 all’11; dal 21 al 26. Comune censuario di Villanovetta: 1p; 2; 3; 4)

Vicoforte Mondovì

Vignolo

Villanova Mondovì (territori montani: 26p; 27; 28p; 31p; dal 32 al 43)

Villar San Costanzo

Vinadio

Viola

Provincia di Novara:

Armeno

Massino Visconti

Nebbiuno

Provincia di Torino:

Ala di Stura

Alice Superiore

Almese

Alpette

Andrate

Angrogna

Avigliana (territori montani: dal 14 al 16)

Balangero

Balme

Bardonecchia

Bibiana

Bobbio Pellice

Borgiallo

Borgone di Susa

Bricherasio

Brosso

Bruzolo

Bussoleno

Cafasse

Canischio

Cantalupa

Cantoira

Caprie

Carema

Caselette

Castellamonte

Castelnuovo Nigra

Ceres

Ceresole Reale

Cesana Torinese

Chialamberto

Chianocco

Chiesanuova

Chiomonte

Chiusa S. Michele

Cintano

Claviere

Coassolo Torinese

Coazze

Colleretto Castelnuovo

Condove

Corio

Cumiana (territori montani: dall’1 al 23; 34; dal 36 al 39; Tavernette 1,7)

Cuorgnè

Exilles

Fenestrelle

Forno Canavese

Frassinetto

Frossasco

Germagnano

Giaglione

Giaveno

Givoletto

Gravere

Groscavallo

Ingria

Inverso Pinasca

Issiglio

La Cassa

Lanzo Torinese

Lemie

Levone

Locana

Lugnacco

Luserna S. Giovanni

Lusernetta

Massello

Mattie

Meana di Susa

Meugliano

Mezzenile

Mompantero

Monastero di Lanzo

Moncenisio

Noasca

Nomaglio

Novalesa

Oulx

Pecco

Perosa Argentina

Perrero

Pertusio

Pessinetto

Pinasca

Pinerolo (territori montani: dall’1 al 7; Abbadia A. 1; 2)

Piossasco (territori montani: dal 5 al 9; 13; 14; 28; 29; 31; 32; 33; 36)

Pomaretto

Pont Canavese

Porte

Pragelato

Prali

Pramollo

Prarostino

Prascorsano

Pratiglione

Quassolo

Quincinetto

Reano

Ribordone

Rivara

Roletto

Ronco Canavese

Rorà

Roure

Rubiana

Rueglio

S. Didero

S.Ambrogio di Torino

S.Antonino di Susa

S.Colombano Belmonte

S.Germano Chisone

S.Giorio di Susa

S.Pietro Val Lemina

S.Secondo di Pinerolo

Salbertrand

Salza di Pinerolo

Sangano

Sauze d’Oulx

Sauze di Cesana

Sestriere

Settimo Vittone

Sparone

Susa

Tavagnasco

Torre Pellice

Trana

Trausella

Traversella

Traves

Usseaux

Usseglio

Vaie

Val della Torre

Valgioie

Vallo Torinese

Valperga

Valprato Soana

Varisella

Venaus

Vico Canavese

Vidracco

Villar Dora

Villar Focchiardo

Villar Pellice

Villar Perosa

Vistrorio

Viù

Provincia del Verbano-Cusio-Ossola:

Antrona Schieranco

Anzola d’Ossola

Arizzano

Arola

Aurano

Baceno

Bannio Anzino

Baveno

Bee

Beura Cardezza

Bognanco

Brovello Carpugnino

Calasca Castiglione

Cambiasca

Cannero Riviera

Cannobio

Caprezzo

Casale Corte Cerro

Cavaglio Spoccia

Ceppo Morelli

Cesara

Cossogno

Craveggia

Crevoladossola

Crodo

Cursolo Orasso

Domodossola

Druogno

Falmenta

Formazza

Germagno

Ghiffa

Gignese

Gravellona Toce

Gurro

Intragna

Loreglia

Macugnaga

Madonna del Sasso

Malesco

Masera

Massiola

Mergozzo

Miazzina

Montecrestese

Montescheno

Nonio

Oggebbio

Omegna

Ornavasso

Pallanzeno

Piedimulera

Pieve Vergonte

Premeno

Premia

Premosello Chiovenda

Quarna Sopra

Quarna Sotto

Re

San Bernardino Verbano

Santa Maria Maggiore

Seppiana

Stresa (territori non montani: 6p; 7p; 11p; 12p; dal 13 al 17; 19p; dal 20 al 38)

Toceno

Trarego Viggiona

Trasquera

Trontano

Valstrona

Vanzone con San Carlo

Varzo

Viganella

Vignone

Villadossola

Villette

Vogogna

Provincia di Vercelli:

Alagna Valsesia

Balmuccia

Boccioleto

Borgosesia

Breia

Campertogno

Carcoforo

Cellio

Cervatto

Civiasco

Cravagliana

Fobello

Guardabosone

Mollia

Pila

Piode

Postua

Quarona

Rassa

Rima S. Giuseppe

Rimasco

Rimella

Riva Valdobbia

Rossa

Sabbia

Scopa

Scopello

Valduggia

Varallo

Vocca.

Legge regionale pubblicata sul 2° Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 27  del 7 luglio 1999 (ndr)



Legge regionale 8 luglio 1999, n. 17

Riordino dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di agricoltura, alimentazione, sviluppo rurale, caccia e pesca

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

SOMMARIO

Art. 1.

Finalità

Capo I.

FUNZIONI AMMINISTRATIVE
CONFERITE AGLI ENTI LOCALI

Art. 2.

Funzioni amministrative conferite alle Province

Art. 3.

Funzioni amministrative conferite alle Comunità montane

Art. 4.

Funzioni amministrative delegate ai Comuni

Art. 5.

Conferma funzioni amministrative già conferite

Art. 6.

Funzioni riservate alla Regione

Capo II.

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 7.

Disposizioni generali

Art. 8.

Partecipazione delle categorie agricole

Art. 9.

Disposizioni operative

Capo III.

DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 10.

Riparto dei fondi e programmi operativi annuali per l’esercizio delle funzioni conferite

Art. 11.

Resoconti e monitoraggio

Capo IV.

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 12.

Data di decorrenza dell’esercizio delle funzioni amministrative conferite

Art. 13.

Provvedimenti in corso

Art. 1.

(Finalità)

1. La Regione Piemonte con la presente legge individua le funzioni da conferire agli enti locali e quelle da mantenere in capo alla Regione, in materia di agricoltura, alimentazione, sviluppo rurale, caccia e pesca, in attuazione dell’articolo 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa) e del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale) ed in conformità alla legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli enti locali) e ai principi della Carta europea dell’autonomia locale, ratificata con legge 30 dicembre 1989, n. 439 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea relativa alla Carta europea dell’autonomia locale, firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985).

2. La Regione Piemonte inoltre, con la presente legge, prevede un generale riordino amministrativo della materia, in attuazione della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali).

Capo I.

FUNZIONI AMMINISTRATIVE
CONFERITE AGLI ENTI LOCALI

Art. 2.

(Funzioni amministrative conferite alle Province)

1. É trasferito alle Province l’esercizio delle funzioni amministrative riguardanti:

a) interventi relativi al miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie e alla creazione di nuove aziende, ivi compresi il finanziamento dei piani di sviluppo aziendali ed interaziendali, per la fase della produzione nonché della trasformazione aziendale;

b) interventi relativi al miglioramento e allo sviluppo delle produzioni vegetali;

c) interventi relativi al miglioramento e allo sviluppo delle produzioni animali;

d) interventi di assistenza tecnica, divulgazione e consulenza alle aziende agricole nonché di formazione professionale, rivolta specialmente ai giovani operatori agricoli ed ai giovani disoccupati, compresi i necessari supporti a livello provinciale;

e) attività relative alle avversità atmosferiche nei confronti delle colture e alle calamità naturali per quanto riguarda le strutture aziendali nonché le infrastrutture rurali di livello provinciale;

f) interventi relativi alle infrastrutture rurali;

g) interventi per l’applicazione di misure comunitarie di accompagnamento;

h) interventi per l’erogazione di premi, incentivi ed integrazioni di reddito previsti da regolamenti comunitari e nazionali;

i) interventi per la gestione di quote di produzione;

l) interventi per l’applicazione di misure agro-ambientali, compresa l’agricoltura biologica;

m) funzioni, comprese le nomine, relative a commissioni e comitati provinciali previsti da norme statali e regionali;

n) rilascio delle autorizzazioni per l’acquisto dei presidi fitosanitari;

o) attività relative ai servizi di supporto per l’incremento ippico, ivi compresa l’applicazione delle norme sulla riproduzione nel settore equino;

p) interventi relativi all’attività agrituristica;

q) approvazione dei piani di riordino irriguo e fondiario.

2. É attribuito alle Province, ai sensi dell’articolo 14 della l. 142/1990, l’esercizio delle seguenti funzioni amministrative:

a) autorizzazioni concernenti il controllo e l’immissione di fauna selvatica, sentito il parere delle Comunità montane se in territorio montano;

b) istituzione di zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna, così come individuate dal piano faunistico regionale;

c) autorizzazioni per lo svolgimento di corsi in materia di caccia e pesca previsti da norme statali e regionali, compreso il rilascio di attestati;

d) autorizzazioni per l’istituzione di centri di riproduzione e di recupero per la fauna selvatica, sentito il parere delle Comunità montane se in territorio montano;

e) autorizzazioni per la cattura, l’inanellamento e l’utilizzo della fauna selvatica a scopo scientifico, per l’uso di apparecchi a generatore autonomo di energia elettrica e per l’esercizio della piscicoltura agricola in risaia;

f) diritti esclusivi di pesca e relativi usi civici;

g) attività ispettiva in materia di caccia e pesca, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, lettera b), della legge regionale 4 settembre 1996, n. 70 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)

h) attività di promozione faunistica.

3. É inoltre delegato alle Province l’esercizio delle seguenti funzioni amministrative:

a) svolgimento dei servizi per il prelevamento e l’uso dei carburanti a prezzi agevolati per l’agricoltura, compresi il conferimento della qualifica di utente di motore agricolo e l’assistenza agli utenti di motore agricolo;

b) accertamento e controlli per l’applicazione degli interventi per la regolazione dei mercati previsti da regolamenti comunitari;

c) vigilanza sulla tenuta dei registri e dei libri genealogici e sull’attuazione dei relativi controlli funzionali;

d) commissioni tecniche provinciali di cui all’articolo 2 della legge 12 giugno 1962, n. 567 (Norme in materia di affitto di fondi rustici), modificato con legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari);

e) rilevazioni statistiche nazionali e regionali.

Art. 3.

(Funzioni amministrative conferite alle
Comunità montane)

1. Relativamente ai territori classificati montani le attribuzioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettere d), e), f), g), h), l), q) sono conferite alle Comunità montane.

Art. 4.

(Funzioni amministrative delegate ai Comuni)

1. É delegato ai Comuni l’esercizio delle funzioni amministrative riguardanti:

a) segnalazione di danni alle strutture agricole, alle infrastrutture rurali ed alle colture agrarie a causa di avversità atmosferiche e calamità naturali e proposte alle Province di delimitazione del territorio e di interventi del fondo di solidarietà;

b) riconoscimento della qualifica professionale di imprenditore agricolo, coltivatore diretto e di ogni altra qualifica richiesta in materia di agricoltura, anche previa verifica delle risultanze del registro delle imprese istituito presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

c) pareri e proposte in merito agli interventi riguardanti viabilità rurale, acquedotti ed elettrodotti rurali, di competenza delle Province.

2. Le funzioni amministrative di cui al comma 1, che i Comuni non sono in grado di gestire direttamente, sono esercitate secondo le previsioni di cui all’articolo 4, comma 5 e all’articolo 5 della l.r. 34/1998.

Art. 5.

(Conferma funzioni amministrative già conferite)

1. Resta confermato ai rispettivi enti locali l’esercizio delle funzioni amministrative già conferite dalla Regione con precedenti disposizioni.

Art. 6.

(Funzioni riservate alla Regione)

1. Restano riservate alla competenza della Regione, relativamente alle funzioni amministrative conferite agli enti locali, le seguenti funzioni:

a) legislazione, normative, disposizioni e direttive;

b) indirizzo e coordinamento;

c) programmazione settoriale e generale;

d) rapporti con l’Unione europea, con lo Stato, con le altre Regioni, con enti nazionali ed enti regionali;

e) ripartizione delle disponibilità finanziarie agli enti locali per l’attuazione delle funzioni conferite e relativi indirizzi operativi;

f) approvazione di programmi di attuazione di misure e disposizioni comunitarie, nazionali e regionali;

g) coordinamento delle rilevazioni statistiche comunitarie, nazionali e regionali;

h) gestione e coordinamento del sistema informativo;

i) rapporti con gli istituti esercenti il credito agrario;

l) attuazione di programmi, compresa l’erogazione di incentivi, qualora, ai fini dell’efficacia della scelta programmatoria, sia utile l’unitario esercizio a livello regionale.

2. Resta riservato alla Regione l’esercizio delle seguenti funzioni:

a) interventi nel settore agroindustriale;

b) valorizzazione delle produzioni agroalimentari, ivi comprese le attività promozionali e l’orientamento dei consumi;

c) funzioni riguardanti l’offerta dei prodotti agricoli e la regolamentazione dei mercati ivi comprese le forme organizzative;

d) definizione e ripartizione a livello subregionale dei quantitativi di riferimento in relazione alle politiche di regolamentazione delle produzioni;

e) attività di ricerca applicata, sperimentazione e dimostrazione, attività per i supporti regionali all’assistenza tecnica e alla divulgazione, nonché, d’intesa con le Province, la formazione professionale e l’aggiornamento dei tecnici dei servizi di sviluppo agricolo e le attività di assistenza tecnica di livello regionale e interprovinciale;

f) attività relative ai controlli e certificazioni fitosanitarie necessarie alla produzione e circolazione dei vegetali e prodotti vegetali;

g) funzioni, comprese la vigilanza e la tutela, in ordine ad enti, aziende, consorzi ed associazioni a carattere regionale e a livello interprovinciale;

h) funzioni, comprese le nomine, relative a commissioni e comitati a carattere regionale;

i) autorizzazioni in materia di produzione e vendita di materiale seminale ed embrionale;

l) interventi e ripristini riguardanti l’irrigazione e la bonifica;

m) interventi e ripristini riguardanti le infrastrutture agricole a livello interprovinciale e regionale o comunque di notevole rilevanza concernenti gli acquedotti rurali, la viabilità e l’elettrificazione rurale;

n) interventi riguardanti l’energia rinnovabile;

o) dichiarazione dell’esistenza di eccezionale calamità o avversità atmosferica, ivi compresa l’individuazione dei territori danneggiati e delle provvidenze di cui alla legge 14 febbraio 1992, n. 185 (Disciplina del fondo di solidarietà nazionale);

p) attività di studio e ricerca per quanto attiene la fauna selvatica;

q) predisposizione del calendario e del tesserino venatorio;

r) attività di promozione di cultura faunistica;

s) istituzione di centri regionali di riproduzione della fauna selvatica;

t) caccia programmata;

u) ripartizione delle risorse finanziarie derivanti dalle tasse di concessione regionale in materia di caccia e pesca a soggetti pubblici e privati per attività di tutela, conservazione ed incremento della fauna selvatica, compreso il risarcimento dei danni provocati alle coltivazioni agricole;

v) approvazione dei piani di ripopolamento ed abbattimento in materia di caccia e pesca;

z) rilascio di concessioni di aziende faunistico-venatorie ed agrituristiche venatorie;

w) attività ispettiva ai sensi dell’articolo 28 della l.r. n. 70/1996.

Capo II.

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 7.

(Disposizioni generali)

1. Si rinvia alle previsioni contenute nella l.r. 34/1998 per la disciplina dei seguenti aspetti:

a) la messa a disposizione delle risorse alle Province per l’esercizio delle funzioni amministrative conferite a far data dall’inizio dell’esercizio delle funzioni amministrative stesse;

b) il potere sostitutivo della Regione, in caso di inattività degli enti nell’esercizio delle funzioni amministrative conferite;

c) il potere di revoca da parte della Regione in caso di persistente inattività o violazione di norme o di non adeguamento alle direttive e agli indirizzi della Regione.

Art. 8.

(Partecipazione delle categorie agricole)

1. É istituito, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della l.r. 34/1998, il Comitato composto dall’Assessore regionale all’agricoltura, dai Presidenti di Provincia o loro delegati e dai rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale.

2. Le Province attivano, per l’esercizio delle funzioni conferite con la presente legge, la partecipazione delle categorie agricole, istituendo appositi comitati provinciali.

Art. 9.

(Disposizioni operative)

1. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall’approvazione della presente legge, disciplina gli aspetti operativi necessari all’attuazione della stessa, ed in particolare:

a) l’individuazione di procedure semplificate;

b) la ricognizione e l’adeguamento della normativa che disciplina le materie conferite;

c) l’adattamento dell’attuale sistema informativo agricolo piemontese, prevedendo in particolare il collegamento con gli enti locali delegati e l’interscambio con altri sistemi informativi regionali, nazionali e comunitari, nonché delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Capo III.

DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 10.

(Riparto dei fondi e programmi operativi annuali
per l’esercizio delle funzioni conferite)

1. La Giunta regionale effettua il riparto, alle Province, dei fondi per l’esercizio delle funzioni conferite, distintamente per ogni intervento, sulla base di criteri e parametri oggettivi.

2. Il riparto riguarda inoltre gli interventi che non comportano pagamenti diretti da parte delle Province ma che danno luogo a pagamenti da parte della Regione, dello Stato e di altri enti a tale scopo incaricati.

3. Nella ripartizione delle disponibilità finanziarie si deve tenere conto anche del grado di utilizzo delle disponibilità assegnate negli anni precedenti.

4. La Giunta regionale effettua il riparto dei fondi alle Province, anche se provvisorio, entro il 30 settembre di ogni anno, per le attività dell’anno successivo.

5. Le Province, sulla base del riparto, provvedono a formulare programmi operativi annuali entro il 15 novembre di ogni anno.

6. Può essere previsto un riparto pluriennale con conseguente obbligo per le Province di elaborare programmi pluriennali e programmi annuali operativi stralcio.

7. I programmi pluriennali e i programmi operativi annuali sono approvati dalla Giunta regionale entro il 31 dicembre di ogni anno.

Art. 11.

(Resoconti e monitoraggio)

1. Per i resoconti e le verifiche si rinvia a quanto indicato dall’articolo 13 della l.r. 34/1998.

2. Per l’utilizzazione delle risorse in attuazione di programmi comunitari e nazionali, le Province presentano alla Giunta regionale, entro il 28 febbraio di ogni anno, la rendicontazione delle spese sostenute nell’esercizio finanziario precedente.

3. Le Province sono tenute inoltre a fornire dati ed informazioni per il monitoraggio dell’attuazione di programmi regionali, nazionali e comunitari, fermo restando le verifiche ed i controlli previsti da disposizioni comunitarie, nazionali e regionali.

Capo IV.

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 12.

(Data di decorrenza dell’esercizio
delle funzioni amministrative conferite)

1. La data di decorrenza dell’esercizio delle funzioni amministrative conferite dalla presente legge è stabilita con la procedura prevista dall’articolo 16, comma 3 della l.r. 34/1998.

Art. 13.

(Provvedimenti in corso)

1. I provvedimenti in corso, alla data di inizio dell’esercizio delle funzioni amministrative conferite, vengono definiti dalle Province competenti, compresi i provvedimenti relativi ad agevolazioni ed aiuti già concessi dalla Regione.

2. La Regione provvede alla liquidazione del concorso regionale negli interessi riguardanti mutui e prestiti agevolati già concessi dalla Regione in data precedente all’inizio dell’esercizio delle funzioni amministrative conferite.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

É fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 8 luglio 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 28 del 14 luglio 1999 (ndr)














Legge regionale 8 luglio 1999, n. 18

Interventi regionali a sostegno dell’offerta turistica

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità)

1. La Regione Piemonte, in conformità degli indirizzi di programmazione nazionale e regionale, favorisce e sostiene lo sviluppo, il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica.

2. Gli interventi sono attuati a favore delle attività imprenditoriali del turismo, del tempo libero e dei servizi che operano in stretta connessione ed integrazione dell’offerta turistica.

Art. 2.

(Integrazione dell’offerta turistica)

1. I Comuni concorrono a sostenere, sviluppare, potenziare e riqualificare l’offerta turistica coordinando e sostenendo gli investimenti delle imprese turistiche e di tempo libero, nell’ottica del turismo sostenibile, mediante opere di riqualificazione primaria e secondaria.

2. La Regione sostiene gli oneri derivanti dalle opere di urbanizzazione primaria e secondaria per l’assetto e la riqualificazione delle aree sulle quali si sviluppano i singoli investimenti di cui all’articolo 4, mediante la corresponsione ai Comuni di contributi nella misura massima pari al 15 per cento del costo complessivo delle opere di riqualificazione.

Art. 3.

(Beneficiari)

1. I beneficiari degli interventi previsti dalla presente legge sono le piccole e medie imprese anche enti no profit operanti nel settore del turismo, gli esercenti la ristorazione, le aziende agrituristiche, i servizi a supporto delle attività del tempo libero dei turisti, ivi compresi gli impianti di risalita.

2. Ai fini della presente legge sono piccole e medie imprese quelle definite come tali dalle disposizioni dell’Unione europea.

Art. 4.

(Ambiti di intervento)

1. Gli aiuti previsti dalla presente legge sono indirizzati a migliorare e potenziare l’offerta turistica e agrituristica favorendo la crescita dei sistemi turistici locali, l’integrazione, il completamento e l’equilibrio delle varie componenti dell’offerta attraverso:

a) creazione di nuova ricettività;

b) ampliamento della ricettività esistente;

c) ristrutturazione di immobili già destinati all’uso ricettivo che determinino un incremento di posti letto;

d) realizzazione di parcheggi a supporto delle strutture ricettive, anche mediante il recupero di immobili esistenti;

e) creazione di ricettività di atmosfera;

f) adeguamento a fini ricettivi di dimore storiche;

g) creazione ed adeguamento di ricettività in case private da adibire all’esercizio di affittacamere, ai sensi del titolo V della legge regionale 15 aprile 1985, n. 31 (Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere) e successive modifiche ed integrazioni;

h) certificazione di qualità di strutture ricettive;

i) realizzazione, ristrutturazione e riqualificazione di impianti e attrezzature per il turismo gestiti da imprese;

l) acquisto di immobili finalizzati alla ricettività.

Art. 5.

(Programma annuale degli interventi)

1. La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, entro il 31 ottobre di ciascun anno definisce il programma annuale degli interventi.

2. Il programma annuale degli interventi, in conformità dei dettami del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c) della legge 15 marzo 1997, n. 59), contiene:

a) gli obiettivi di sviluppo dell’offerta turistica;

b) le specifiche iniziative oggetto di finanziamento;

c) le priorità degli interventi e gli ambiti territoriali;

d) i criteri e le modalità per la presentazione delle domande per la concessione dei contributi finanziari nel rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di aiuti alle piccole e medie imprese;

e) il piano finanziario dei fondi a bilancio.

Art. 6.

(Azioni di indirizzo e coordinamento)

1. La Regione esercita funzioni di indirizzo e programmazione attraverso il programma annuale degli interventi di cui all’articolo 5 e ne coordina l’attuazione.

2. La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, stabilisce con il programma annuale degli interventi gli obiettivi specifici di ogni tipologia di intervento, le priorità, la categoria dei soggetti beneficiari. Definisce inoltre l’entità e le modalità di accesso e di erogazione dei contributi, nonché le procedure per la rendicontazione e per il controllo della loro efficacia, e le ipotesi di revoca e di decadenza dei contributi.

3. Gli interventi proposti sulla base del programma annuale sono esaminati sotto il profilo dell’efficacia, efficienza, esecutività, sostenibilità ambientale nonchè sotto quello economico-finanziario.

4. La gestione dei contributi é demandata all’ente strumentale Finpiemonte S.p.A. o ad Istituti di Credito, come previsto dal d.lgs. 123/1998, previa stipula di apposita convenzione.

5. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla presentazione della domanda, sulla base di propria istruttoria, approva la graduatoria degli interventi ammessi ai finanziamenti, provvedendo a pubblicare la graduatoria sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

Art. 7.

(Aiuti alle imprese)

1. Le agevolazioni previste dal programma annuale degli interventi sono concesse, entro il limite stabilito dalle vigenti disposizioni dell’Unione europea, anche in forma cumulativa per ciascun intervento, secondo le seguenti tipologie:

a) finanziamenti agevolati secondo le indicazioni contenute nel programma annuale, applicando un tasso annuo di interesse ridotto non superiore al tasso di inflazione. Il finanziamento non può superare la durata di diciotto anni;

b) contributi in conto capitale nella misura massima consentita dai regimi di aiuti approvati dalla Commissione europea, ivi compreso il regime di aiuto a finalità regionale di cui all’articolo 92, comma 3 del Trattato dell’Unione europea. Le percentuali di contribuzione sono applicate alla spesa ritenuta ammissibile contenuta nel programma annuale di cui all’articolo 5.

Art. 8.

(Fondo regionale per la qualificazione
dell’offerta turistica)

1. La Regione istituisce il fondo regionale per la qualificazione dell’offerta turistica finalizzato al sostegno degli interventi previsti dal programma annuale di cui all’articolo 5.

2. Il fondo è istituito presso l’ente strumentale Finpiemonte S.p.A. o presso Istituti di Credito, previa stipula di convenzione.

3. Il fondo è costituito dagli stanziamenti della Regione Piemonte, dai fondi conferiti dallo Stato, dalle disponibilità non utilizzate, dai rientri di capitale, dagli interessi e da ogni altra risorsa di soggetti pubblici e privati.

4. Le risorse del fondo costituiscono patrimonio della Regione; pertanto tutte le somme residue, comprensive di eventuali crediti di gestione al netto degli impegni già formalmente assunti e perfezionati, sono restituite alla Regione, che le riutilizza per le finalità di cui all’articolo 1.

5. Lo stanziamento del fondo è stabilito annualmente con legge di bilancio.

Art. 9.

(Controlli, monitoraggio e vigilanza)

1. La Regione dispone verifiche, accertamenti e controlli finalizzati alla corretta attuazione del programma annuale degli interventi e, se del caso, adotta provvedimenti fino alla revoca delle agevolazioni concesse.

2. La Finpiemonte S.p.A. o gli Istituti di Credito sono tenuti ad effettuare un monitoraggio trimestrale sullo stato di attuazione del programma annuale degli interventi e alla rendicontazione annuale degli investimenti realizzati e dei risultati conseguiti.

Art. 10.

(Relazione annuale)

1. La Giunta regionale, sulla base dei dati forniti dalla Finpiemonte S.p.A. o gli Istituti di Credito in sede di monitoraggio e rendicontazione annuale, presenta annualmente alla competente Commissione consiliare una relazione sull’andamento della gestione e sul raggiungimento degli obiettivi del programma annuale degli interventi.

Art. 11.

(Divieto di cumulabilità)

1. Le agevolazioni di cui alla presente legge non sono cumulabili con altri aiuti concessi dalla Regione, da altri enti pubblici, dallo Stato e dall’Unione europea per le medesime iniziative, salvo che ne venga fatta specifica previsione nel provvedimento di concessione o con successivo provvedimento ove si riscontri l’opportunità di garantire la realizzazione dell’iniziativa anche con l’integrazione di tutti gli interventi pubblici.

Art. 12.

(Vincolo di destinazione)

1. Le iniziative finanziate ai sensi della presente legge sono vincolate alla specifica destinazione d’uso per una durata minima di dieci anni.

2. Il programma annuale di cui all’articolo 5 determina le modalità con cui viene garantito il vincolo, e le procedure per l’eventuale revoca del finanziamento da parte della Giunta regionale, previo recupero delle somme erogate, opportunamente rivalutate ai sensi dell’articolo 8 della legge 17 maggio 1983, n. 217 (Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica).

Art. 13.

(Agevolazioni per l’accesso al credito
a favore di nuove imprese turistiche)

1. La Regione agevola l’accesso al credito alle imprese turistiche di nuova costituzione e ai giovani fino ai trentacinque anni che svolgono già attività in ambito turistico.

2. Le agevolazioni sono concesse mediante il concorso al fondo rischi di consorzi e di cooperative di garanzia collettiva fidi, operanti in ambito turistico sul territorio regionale.

3. La Regione istituisce una riserva, non superiore al cinque per cento, del Fondo di riqualificazione turistica, a favore dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi, per il concorso al fondo garanzia rischi.

4. Le modalità e le condizioni per l’utilizzo del fondo garanzia rischi sono definite nell’ambito della convenzione di cui all’articolo 6, comma 4, in conformità al Programma annuale degli interventi.

Art. 14.

(Norme transitorie e finali)

1. Le domande per la concessione dei finanziamenti previsti dalla presente legge devono essere presentate alla Finpiemonte S.p.A. o Istituti di Credito entro sessanta giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte del programma annuale degli interventi di cui all’articolo 5.

2. La procedura adottata è quella valutativa a graduatoria, così come prevista dall’articolo 5, comma 2 del d.lgs. 123/1998.

3. La concessione degli aiuti previsti dalla presente legge è disposta dopo il parere favorevole dell’Unione europea sulla legge.

Art. 15.

(Norme finanziarie)

1. Per l’attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di lire 1,5 miliardi per l’anno finanziario 1999, di lire 40 miliardi per l’anno finanziario 2000 e di lire 20 miliardi per l’anno 2001.

2. Nello stato di previsione della spesa del bilancio della Regione per l’anno finanziario 1999 e seguenti viene istituito il seguente capitolo con la dotazione a fianco indicata:

a) “Fondo regionale per la qualificazione dell’offerta turistica”, con dotazione di lire 1,5 miliardi in termini di competenza e di cassa per l’anno 1999, di lire 40 miliardi per l’anno 2000 e di lire 20 miliardi per l’anno 2001.

3. Agli oneri finanziari derivanti dall’applicazione della presente legge si provvede con riduzione degli stanziamenti iscritti, in termini di competenza e di cassa, al capitolo 27170 del bilancio della Regione per l’anno 1999 e del bilancio pluriennale 1999-2001, relativamente agli anni 2000 e 2001.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

É fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 8 luglio 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 28 del 14 luglio 1999 (ndr)



Legge regionale 8 luglio 1999, n. 19

Norme in materia di edilizia e modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 “Tutela ed uso del suolo”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità della legge)

1. La presente legge persegue la semplificazione e la chiarezza delle procedure edilizie nei comuni, anche attraverso la loro unificazione; l’uniformità dei regolamenti edilizi comunali; un adeguato livello di qualità del prodotto edilizio in rapporto all’ambiente e la fruibilità degli edifici da parte di tutti; la trasparenza nei rapporti fra i cittadini e la pubblica amministrazione competente per la materia.

Art. 2.

(Regolamento edilizio)

1. Ogni comune deve essere dotato di regolamento edilizio.

2. Il regolamento edilizio comunale, in armonia con le disposizioni di legge, disciplina:

a) la formazione, le attribuzioni ed il funzionamento della commissione edilizia;

b) gli adempimenti inerenti alle trasformazioni edilizie ed urbanistiche del territorio ed alle relative procedure;

c) i parametri e gli indici edilizi ed urbanistici, come definiti dalla Regione nel regolamento edilizio tipo;

d) l’inserimento ambientale, i requisiti prestazionali ed il decoro del prodotto edilizio;

e) le prescrizioni costruttive e funzionali per i manufatti;

f) l’esercizio dell’attività costruttiva e dei cantieri;

g) la vigilanza e le sanzioni.

3. Le prescrizioni dei regolamenti riguardanti il prodotto edilizio elencano le esigenze alle quali debbono corrispondere i requisiti prestazionali che il prodotto stesso deve possedere, senza necessità di vincolarlo a specifiche soluzioni tecniche, quantitative o formali, precostituite.

Art. 3.

(Approvazione del regolamento edilizio)

1. Il Consiglio regionale approva un regolamento edilizio tipo, che é integralmente pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. Il regolamento edilizio tipo può essere modificato ed integrato con deliberazione del Consiglio regionale.

2. Il regolamento edilizio tipo individua, in modo esplicito e tassativo, gli argomenti sui quali il testo approvato dal consiglio comunale può scostarsi da quelli del regolamento tipo, senza che ciò pregiudichi, agli effetti di cui al comma 3, la conformità del testo comunale a quello regionale tipo.

3. L’approvazione di un regolamento edilizio comunale conforme al regolamento edilizio tipo é effettuata dal consiglio comunale con deliberazione soggetta al solo controllo di legittimità; tale deliberazione divenuta esecutiva assume efficacia con la pubblicazione per estratto sul Bollettino Ufficiale della Regione. La deliberazione deve contenere esplicita dichiarazione di conformità del regolamento comunale approvato al regolamento tipo formato dalla Regione.

4. I regolamenti edilizi approvati dai comuni ai sensi del comma 3 sono trasmessi con la deliberazione consiliare di approvazione alla Giunta regionale, che ha la facoltà di annullare disposizioni illegittime o non conformi al regolamento tipo, nei tempi e con la procedura dell’articolo 27 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), e successive modifiche ed integrazioni, e dell’articolo 68 della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela e uso del suolo), come modificato dall’articolo 40 della legge regionale 20 maggio 1980, n. 50.

5. I comuni che non intendono avvalersi della facoltà di cui al comma 3 e formano un regolamento edilizio non conforme, anche in parte, al regolamento edilizio tipo, adottano il regolamento con deliberazione del consiglio comunale e lo trasmettono alla Azienda sanitaria locale, che esprime, entro sessanta giorni, il parere sugli aspetti igienico-sanitari.

6. Il regolamento é approvato, entro centottanta giorni dal ricevimento, dalla Giunta regionale, che può introdurre modifiche d’ufficio per correggere errori, chiarire prescrizioni ed operare adeguamenti a norme di legge.

7. Il regolamento che richieda modifiche o rielaborazioni é restituito al comune, con provvedimento motivato, dal Presidente della Giunta regionale, o dall’Assessore delegato.

8. Il comune provvede alle modifiche o alla rielaborazione richiesta ed invia il regolamento alla Regione che assume le proprie determinazioni nei successivi novanta giorni.

9. Il regolamento assume efficacia con la pubblicazione, per estratto, sul Bollettino Ufficiale della Regione della deliberazione di approvazione.

10. Le modifiche dei regolamenti edilizi comunali sono approvate con le procedure del presente articolo.

Art. 4.

(Commissione edilizia)

1. In ogni comune é costituita la commissione edilizia.

2. Il regolamento edilizio disciplina la composizione, la durata, le modalità di formazione, le attribuzioni ed il funzionamento della commissione edilizia, ed assicura che i componenti siano scelti fra soggetti professionalmente competenti, per specifica preparazione ed esperienza, nelle discipline riguardanti l’edilizia, l’urbanistica e l’ambiente.

3. La commissione edilizia é formata dal presidente, dai membri di diritto e dai componenti eletti dal consiglio comunale.

4. Non possono far parte della commissione edilizia soggetti che per legge, in rappresentanza di altre amministrazioni, organi o istituti, devono esprimere pareri obbligatori sulle pratiche sottoposte alla commissione stessa.

5. La commissione edilizia esprime pareri preventivi, obbligatori non vincolanti, su tutte le istanze per il rilascio di concessioni e di autorizzazioni edilizie, di loro varianti e sui provvedimenti di annullamento e di revoca di concessioni ed autorizzazioni edilizie.

6. Il sindaco, la giunta ed il consiglio comunale hanno facoltà di richiedere pareri, non vincolanti, alla commissione edilizia su qualsiasi questione, attinente all’attività edilizia od urbanistica, che incida sul territorio comunale.

7. La commissione edilizia ha facoltà di formulare proposte al sindaco, alla giunta ed al consiglio comunale in materia edilizia o urbanistica ed in tema di organizzazione e di procedimenti amministrativi riguardanti le materie predette.

8. Le sedute della commissione edilizia non sono pubbliche. É consentito l’accesso ai verbali della commissione edilizia e l’estrazione di copia degli stessi con le modalità e alle condizioni stabilite ai sensi di legge.

9. I componenti della commissione edilizia devono astenersi, allontanandosi dall’aula, dall’assistere all’esame, alla discussione ed al giudizio, delle pratiche nelle quali abbiano interessi di carattere privato.

10. I comuni che non dispongono di regolamento edilizio provvedono, fino all’approvazione dello stesso, alla nomina della commissione edilizia formata dal presidente, dal comandante provinciale dei Vigili del Fuoco, o da un suo delegato, e da un numero di componenti eletti non inferiore a quattro e non superiore a dieci, scelti fra soggetti professionalmente competenti, per specifica preparazione ed esperienza, nelle discipline riguardanti l’edilizia, l’urbanistica e l’ambiente. Valgono comunque le disposizioni del comma 4.

Art. 5.

(Certificato urbanistico)

1. In tutti i comuni, l’autorità comunale, su richiesta del proprietario, o del titolare di altro diritto che conferisca la facoltà di compiere attività edilizie, rilascia il certificato urbanistico relativo all’immobile o all’area interessata.

2. Il certificato indica, in sintesi, le norme che incidono in modo specifico sull’immobile, sulla sua trasformazione e sul suo uso; le prescrizioni urbanistiche ed edilizie interessanti l’immobile stesso; le destinazioni d’uso ammesse; i vincoli che gravano sul bene o sull’area.

3. Il certificato urbanistico é rilasciato dall’autorità comunale entro sessanta giorni dalla domanda; esso descrive la condizione urbanistica ed edilizia dell’immobile al momento del rilascio, senza pregiudizio delle facoltà di variare tale condizione e senza obblighi di notifica dell’intervenuta variazione a carico del comune.

4. La richiesta del certificato urbanistico può essere formulata anche indipendentemente dall’esercizio di attività edilizie.

Art. 6.

(Determinazione delle variazioni essenziali
al progetto approvato)

1. Agli effetti degli articoli 7 e 8 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) e successive modifiche ed integrazioni si ha variazione essenziale al progetto approvato quando si verificano una o più delle seguenti condizioni:

a) mutamento della destinazione d’uso degli immobili o di parti di unità immobiliari, superiori al 30 per cento della superficie utile lorda dell’unità stessa o superiori a 20 metri quadrati per unità immobiliare, qualora ciò comporti il passaggio da una ad altra categoria di cui all’articolo 8, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f);

b) aumento di entità superiore al 5 per cento di uno dei seguenti parametri: superficie coperta, superficie utile lorda, volumetria;

c) riduzione di entità superiore al 10 per cento di uno dei seguenti parametri: distanza da altri fabbricati, dai confini di proprietà, dalle strade;

d) modifica della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza, quando la sovrapposizione della sagoma a terra dell’edificio in progetto e di quello realizzato, per effetto di rotazione o traslazione di questo, sia inferiore al 50 per cento;

e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.

3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale, nonché su immobili ricadenti in parchi o in aree protette, nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dalla concessione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 7 e 20 della l. 47/1985.

Art. 7.

(Accertamento della destinazione d’uso in atto)

1. La destinazione d’uso in atto dell’immobile o dell’unità immobiliare é quella stabilita dalla licenza edilizia o dalla concessione o dall’autorizzazione e, in assenza o indeterminazione di tali atti, dalla classificazione catastale attribuita in sede di primo accatastamento o da altri documenti probanti.

Art. 8.

(Mutamenti delle destinazioni d’uso)

1. Costituisce mutamento di destinazione d’uso, subordinato a concessione, il passaggio, anche senza opere edilizie, dall’una all’altra delle seguenti categorie:

a) destinazioni residenziali;

b) destinazioni produttive, industriali o artigianali;

c) destinazioni commerciali;

d) destinazioni turistico-ricettive;

e) destinazioni direzionali;

f) destinazioni agricole.

2. I comuni, se lo ritengono necessario, all’atto della predisposizione degli strumenti urbanistici, o con modifica a quelli vigenti approvata con le procedure dell’articolo 17, comma 7, della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 1 della legge regionale 29 luglio 1997, n. 41, possono individuare, all’interno delle categorie del comma 1, ulteriori articolazioni delle destinazioni d’uso, il passaggio dall’una all’altra delle quali costituisce anch’esso, anche in assenza di opere edilizie, modifica di destinazione d’uso, da subordinare ad autorizzazione.

3. L’istanza di autorizzazione, conforme alla normativa urbanistica ed edilizia, si intende accolta qualora l’autorità comunale non si pronunci entro novanta giorni dalla presentazione. Il silenzio assenso non si forma per gli interventi su immobili soggetti ai vincoli previsti dalle leggi 1° giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose di interesse artistico o storico) e 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), e successive modifiche ed integrazioni.

4. É fatta salva la prescrizione del primo comma, lettera a) dell’articolo 48 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 44 della legge regionale 6 dicembre 1984, n. 61.

5. I mutamenti delle destinazioni d’uso, anche in assenza di opere edilizie, sono onerosi solo nei casi in cui si verifichi il passaggio dall’una all’altra delle categorie elencate al comma 1.

6. L’onerosità é commisurata alla differenza tra gli oneri dovuti per la classe della nuova destinazione d’uso e quelli dovuti per la destinazione in atto. Il concessionario é tenuto al versamento dell’importo corrispondente al saldo, se positivo.

Art. 9.

(Modifica dell’articolo 50 della legge regionale
5 dicembre 1977, n. 56)

1. L’articolo 50 della l.r. 56/1977, é sostituito dal seguente:

“Art. 50. (Poteri sostitutivi in caso di mancato rilascio di concessione)

1. Scaduti i termini previsti dall’articolo 4, commi 4 e 5, della legge 4 dicembre 1993, n. 493 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, recante disposizioni per l’accelerazione degli investimenti a sostegno dell’occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia), come modificato dall’articolo 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il rilascio della concessione senza che l’autorità comunale si sia pronunciata, l’interessato può inoltrare istanza al Presidente della Giunta regionale per la nomina di un commissario ad acta.

2. L’istanza va inoltrata entro novanta giorni dalla data di scadenza del termine di cui all’articolo 4, comma 5, della l. 493/1993.

3. Nel termine di quindici giorni dal ricevimento dell’istanza, il Presidente della Giunta regionale, o l’Assessore delegato, invita l’autorità comunale a trasmettere entro il termine perentorio di quindici giorni gli atti istruttori compiuti dall’amministrazione comunale ed a comunicare osservazioni e decisioni eventualmente assunte, anche tardivamente, sulla domanda di concessione.

4. Il Presidente della Giunta regionale, o l’Assessore delegato, persistendo il silenzio, provvede con decreto, immediatamente esecutivo, alla nomina di un commissario che deve pronunciare la propria motivata decisione sulla domanda di concessione nel termine di trenta giorni dalla data della pubblicazione del decreto sul Bollettino Ufficiale della Regione.”.

Art. 10.

(Colore ed arredo urbano)

1. Le determinazioni in tema di colore, di arredo urbano e simili, nei comuni che si dotano di tale disciplina, sono approvate dal consiglio comunale e inserite nel regolamento edilizio.

Art. 11.

(Poteri dell’autorità comunale per l’applicazione
del regolamento edilizio e sanzioni)

1. Il rispetto e l’applicazione delle norme e delle prescrizioni del regolamento edilizio comunale é assicurato dall’autorità comunale anche mediante l’esercizio dei poteri di coercizione ed, occorrendo, attraverso l’esecuzione d’ufficio delle necessarie opere, a spese dei contravventori.

2. La violazione delle disposizioni del regolamento edilizio é inoltre perseguita con sanzione amministrativa pecuniaria. Resta impregiudicata l’applicazione delle sanzioni penali, ove ne ricorrano le condizioni, e di eventuali ulteriori sanzioni di legge.

3. Chiunque violi le disposizioni del regolamento edilizio comunale é soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a lire cinquecentomila e non superiore a lire cinque milioni.

4. Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria tra il limite minimo e il limite massimo si ha riguardo alla gravità della violazione, all’incidenza della stessa sull’ambiente, alla misura del pericolo creato, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze dannose.

5. Il proprietario dell’immobile o dell’area interessata dalla violazione é obbligato in solido con l’autore della violazione stessa al pagamento della sanzione amministrativa e delle spese di cui al comma 1.

6. Il rapporto che ha accertato la violazione é presentato all’autorità comunale competente ad irrogare la sanzione.

7. Per quanto non disciplinato dalle presenti norme, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

Art. 12.

(Disposizioni transitorie)

1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge i comuni non possono adottare varianti ai regolamenti edilizi vigenti, che conservano efficacia fino all’entrata in vigore dei nuovi regolamenti.

2. La Regione restituisce ai comuni i regolamenti edilizi trasmessi per l’approvazione anteriormente all’entrata in vigore della legge stessa.

3. Il regolamento edilizio tipo uniforma le definizioni dei parametri e degli indici edilizi e urbanistici da rispettare nell’edificazione. Tali definizioni devono essere recepite dalle normative comunali.

4. I comuni dotati di piano regolatore generale, le cui norme definiscono i parametri e gli indici di cui al comma 3 in modo non conforme alle definizioni del regolamento edilizio tipo approvato dal Consiglio regionale, recepiscono in via transitoria nel regolamento edilizio comunale, anche mediante semplice norma di rinvio, le definizioni anzidette del piano regolatore generale.

5. I nuovi piani regolatori generali, le loro revisioni, le varianti generali, adottati successivamente alla pubblicazione della deliberazione del Consiglio regionale che approva il regolamento edilizio tipo, devono adeguarsi alle definizioni uniformate.

Art. 13.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni:

a) gli articoli 48 bis, 57, 65, 87 e 91 sexies della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56;

b) l’articolo 50 della legge regionale 20 maggio 1980, n. 50;

c) gli articoli 45, 70 e 74 della legge regionale 6 dicembre 1984, n. 61;

d) il secondo capoverso del secondo comma dell’articolo 1 della legge regionale 31 gennaio 1985, n. 8.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

É fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 8 luglio 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 28  del 14 luglio 1999 (ndr)



Legge regionale 9 agosto 1999, n. 20

Disciplina dei distretti dei vini e delle strade del vino del Piemonte. Modifiche della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37 “Le enoteche regionali, le botteghe del vino o cantine comunali, i musei etnografico-enologici, le strade del vino”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

SOMMARIO

Capo I.

FINALITÀ E STRUMENTI

Art. 1.

Finalità e strumenti

Capo II.

DISTRETTI DEI VINI

Art. 2.

Definizione, istituzione e delimitazione

Art. 3.

Piano di distretto: finalità

Art. 4.

Piano di distretto: contenuti e procedure di formazione

Art. 5.

Piano di distretto: programmi annuali di attuazione

Art. 6.

Consiglio di distretto

Art. 7.

Indennità e rimborsi

Art. 8.

Uffici e strutture tecnico-operative

Art. 9.

Soggetti attuatori degli interventi

Art. 10.

Monitoraggio e controlli

Capo III.

MODIFICHE DELLA LEGGE REGIONALE
12 MAGGIO 1980, N. 37, E DISCIPLINARE DELLE STRADE DEL VINO. ENOTECA DEL PIEMONTE

Art. 11.

Modifica dell’articolo 2 della l.r. 37/1980

Art. 12.

Sostituzione dell’articolo 5 della l.r. 37/1980

Art. 13.

Disciplinare delle strade del vino

Art. 14.

Costituzione dell’Enoteca del Piemonte

Capo IV.

NORMATIVA ECONOMICA. DISPOSIZIONI
FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI

Art. 15.

Misure degli interventi

Art. 16.

Disposizioni finanziarie

Art. 17.

Disposizioni transitorie e finali

Capo I.

FINALITA’ E STRUMENTI

Art. 1.

(Finalità e strumenti)

1. Con la presente legge la Regione Piemonte si propone:

a) di favorire la conoscenza e la valorizzazione della cultura e delle tradizioni enoiche, dell’enogastronomia, dei centri storici e dei borghi rurali delle città del vino, del paesaggio dei territori viticoli del Piemonte, al fine di incrementare l’attrattività dei territori stessi e sviluppare il turismo culturale ed enogastronomico, l’agriturismo e la funzione ambientale delle aree vitivinicole;

b) di valorizzare la produzione dei vini a denominazione di origine controllata (DOC) e a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), di altri prodotti derivati dalla utilizzazione delle uve e dei vini e di altri prodotti tipici della tradizione agroalimentare ed enogastronomica locale, al fine di migliorare l’immagine dei prodotti stessi presso i consumatori e gli operatori economici dei mercati interni ed internazionali;

c) di promuovere la formazione professionale e l’assistenza tecnica, nonche’ le iniziative di informazione tecnico-scientifica e commerciale;

d) di promuovere iniziative volte al recupero e alla valorizzazione delle tradizioni ed alla ricostruzione dell’identità economico-culturale dei territori del vino;

e) di promuovere il turismo del vino e tutte le forme di attività ad esso collegate ivi comprese quelle esercitate dalle biblioteche comunali e dalle associazioni per la promozione delle attività culturali, economiche, ricreative, ambientali;

f) di favorire l’applicazione di tecniche e indirizzi di programmazione e gestione urbanistica e di architettura del paesaggio volti a valorizzare le caratteristiche dei territori del vino del Piemonte, anche determinando proposte e indirizzi per la predisposizione dei piani regolatori comunali od intercomunali dei Comuni dei territori del vino;

g) di sviluppare la divulgazione nel campo viticolo ed enologico anche con l’individuazione e la qualificazione di centri sperimentali e la promozione di incontri scientifici a carattere periodico;

h) di migliorare le caratteristiche funzionali e di immagine del patrimonio architettonico pubblico e privato dei territori del vino ai fini di accoglienza turistica e di valorizzazione ambientale;

i) promuovere iniziative di informazione ed educazione alimentare e la realizzazione di iniziative di educazione alla salute per la prevenzione dell’alcolismo e per favorire un corretto rapporto con la bevanda alcolica.

2. La Regione Piemonte realizza le finalità di cui al comma 1:

a) mediante il cofinanziamento e l’attuazione dei piani di distretto;

b) ponendo in essere direttamente iniziative finalizzate alla realizzazione degli obiettivi di cui al comma 1;

c) sostenendo le iniziative di promozione dell’immagine e dei territori vitivinicoli del Piemonte attivate da soggetti pubblici e privati per la valorizzazione della produzione vitivinicola e delle attività correlate e indotte;

d) con il coordinamento, mediante gli organi di distretto, delle iniziative e manifestazioni a carattere locale collegate al settore enogastronomico.

Capo II.

DISTRETTI DEI VINI

Art. 2.

(Definizione, istituzione e delimitazione)

1. I distretti dei vini, di seguito denominati “distretti”, sono costituiti dall’insieme dei territori collinari e montani omogenei delle aree indicate nel comma 2, caratterizzati dalla coltivazione della vite e da una consistente presenza di attività indotte e connesse alla viticoltura, al turismo ed all’enogastronomia, nonchè da un sistema di relazioni tra le suddette attività e i fenomeni culturali, le tradizioni, il paesaggio e le risorse umane.

2. Sono istituiti i seguenti distretti dei vini:

a) Distretto Langhe, Roero e Monferrato;

b) Distretto Canavese, Coste della Sesia, Colline novaresi.

3. Sono ammessi a far parte del Distretto Langhe, Roero e Monferrato i territori delle Province di Asti, di Alessandria e di Cuneo inclusi nelle zone a DOC e a DOCG nonchè i territori delle stesse Province in cui siano presenti produzioni viticole storiche ed i territori vitivinicoli della Provincia di Torino contigui all’area sopra definita.

4. Sono ammessi a far parte del Distretto Canavese, Coste della Sesia, Colline novaresi i territori inclusi nelle zone a DOC delle Province di Torino, esclusi quelli aggregati al Distretto Langhe, Roero e Monferrato, di Biella, di Vercelli e di Novara nonchè altri territori di dette Province e del Verbano Cusio Ossola in cui siano presenti produzioni viticole storiche.

5. I Comuni ammessi a far parte dei distretti sono individuati dalle rispettive Province con provvedimento della Giunta provinciale entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

6. L’individuazione territoriale dei distretti è disposta con deliberazione della Giunta Regionale che ne riporta in allegato la delimitazione cartografica.

Art. 3.

(Piano di distretto: finalità)

1. Per la realizzazione delle proprie finalità il distretto si dota del piano di distretto.

2. Il piano di distretto ha carattere intersettoriale e definisce le iniziative, gli strumenti, gli interventi tecnici e finanziari finalizzati a promuovere:

a) la valorizzazione delle risorse umane, la divulgazione, mediante la formazione professionale e l’informazione, delle conoscenze tecniche, scientifiche e di mercato, e la qualificazione degli operatori comunque impegnati nelle produzioni vitivinicole e nelle attività connesse ed indotte del settore turistico-enogastronomico, della gestione del territorio e della tutela ambientale;

b) il recupero e la valorizzazione delle tradizioni culturali, folcloristiche e storiche ai fini dell’animazione e dello sviluppo della identità economica e socio-culturale del distretto;

c) la definizione di indirizzi per la salvaguardia e la valorizzazione del paesaggio, la formazione di progetti di arredo urbano e di ogni altra iniziativa volta a caratterizzare le città ed i paesaggi del vino;

d) l’integrazione socio-economica tra viticoltura, turismo, enogastronomia e connesse attività nel campo della cultura, dell’informazione e della produzione di iniziative di animazione e caratterizzazione del territorio;

e) il miglioramento delle capacità di sviluppo dell’economia del distretto tenendo conto dell’evoluzione dei territori del vino in ambito europeo;

f) la realizzazione di iniziative a carattere scientifico, tecnico, commerciale e di centri di documentazione per dotare il distretto di una adeguata capacità informativa;

g) la realizzazione di sedi di collegamento tra produttori, commercianti e operatori di filiera a carattere permanente identificabili come “borse del vino”;

h) la costituzione di uno o più musei etnografico-enologici del vino di cui all’articolo 4 della legge regionale 12 maggio 1980, n. 37 (Le enoteche regionali, le botteghe del vino o cantine comunali, i musei etnografico-enologici, le strade del vino);

i) il ruolo delle enoteche regionali, delle botteghe del vino e dei musei etnografico-enologici di cui alla l.r. 37/1980, come soggetti fondamentali per la realizzazione della politica del distretto;

l) la costituzione e la realizzazione delle strade del vino come definite nell’articolo 12.

3. In particolare per le strade del vino gli interventi sono finalizzati:

a) alla progettazione, alla messa in loco e alla manutenzione di specifica segnaletica riferita alla strada del vino riconosciuta;

b) alla formazione e alla qualificazione professionale dei soggetti aderenti alla strada del vino;

c) all’adeguamento delle aziende e dei punti di informazione locale agli standard minimi previsti dal disciplinare delle strade del vino di cui all’articolo 13;

d) alla realizzazione di campagne di informazione e promozione della strada del vino, comprese le guide e il materiale illustrativo e divulgativo;

e) alla promozione di iniziative legate all’enogastronomia identificabili come percorsi o luoghi del gusto, anche come progetti finalizzati alla formazione di nuove economie integrate.

4. Il piano di distretto può prevedere la costituzione di strutture e sedi di iniziative enoiche anche fuori dal proprio territorio, in particolare nelle città e nei luoghi di maggiore frequentazione.

5. Nel piano di ciascun distretto possono essere previste iniziative comuni ad entrambi gli ambiti distrettuali o di interesse generale per la Regione.

Art. 4.

(Piano di distretto: contenuti e procedure di formazione)

1. Il piano di distretto deve contenere i seguenti elementi:

a) la relazione concernente lo stato fisico, socio-economico e produttivo del distretto;

b) le iniziative da realizzare per i fini di cui all’articolo 3, i tempi delle realizzazioni, i soggetti attuatori scelti tra quelli previsti all’articolo 9, nonchè, per ogni intervento, l’ammontare della spesa e del contributo a carico della Regione sulla base delle misure indicate nell’articolo 15.

2. Il primo piano di distretto deve essere approvato entro sei mesi dall’insediamento del Consiglio di cui all’articolo 6 ed ha durata per i tre anni solari successivi. In seguito i piani avranno validità triennale e dovranno essere approvati entro il 30 giugno del terzo anno con le modalità di cui al comma 3.

3. Il piano di distretto è approvato dal Consiglio di distretto di cui all’articolo 6 ed approvato dalla Giunta regionale, previo parere della competente Commissione del Consiglio regionale.

4. Il piano di distretto si attua mediante i programmi annuali di attuazione di cui all’articolo 5.

Art. 5.

(Piano di distretto: programmi annuali di attuazione)

1. I programmi annuali di attuazione del piano di distretto sono approvati dal Consiglio di distretto entro il 31 dicembre di ogni anno per l’anno successivo.

2. I programmi annuali di attuazione comprendono gli interventi di cui all’articolo 3, con l’indicazione dei progetti da finanziare sulla base delle domande presentate entro il 31 ottobre di ogni anno al Consiglio di distretto dai soggetti attuatori di cui all’articolo 9.

3. I programmi annuali, unitamente alle domande presentate per il finanziamento, sono trasmessi alla Regione che ne dispone il cofinanziamento con deliberazione della Giunta regionale entro il 31 marzo di ogni anno.

4. Gli uffici regionali provvedono all’espletamento dell’istruttoria tecnico-amministrativa e all’erogazione dei contributi sulla base delle istruzioni operative che devono essere adottate dalla Giunta regionale, sentita la competente Commissione del Consiglio regionale, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge.

Art. 6.

(Consiglio di distretto)

1. Il distretto è dotato di un Consiglio. Il Consiglio definisce, con apposito regolamento, la propria sede e le modalità di funzionamento dei suoi organismi.

2. Il Consiglio di distretto è composto da:

a) i Presidenti delle Province interessate o loro delegati;

b) tre Sindaci per ciascuna delle Province designati a maggioranza semplice in apposite assemblee dei Sindaci del distretto;

c) i Presidenti delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura delle medesime Province o loro delegati;

d) un rappresentante per ognuna delle tre organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative;

e) due rappresentanti scelti tra le organizzazioni cooperativistiche agricole maggiormente rappresentative;

f) due rappresentanti delle associazioni degli industriali;

g) tre rappresentanti designati dalle associazioni del commercio, del turismo e dell’artigianato;

h) i Presidenti delle agenzie di accoglienza e promozione turistica locale operanti nel distretto;

i) i Presidenti delle enoteche regionali del distretto;

l) tre rappresentanti delle botteghe del vino e delle cantine comunali del distretto eletti a maggioranza semplice dai Presidenti riuniti in apposita assemblea;

m) i Presidenti dei consorzi di tutela dei vini a DOC e a DOCG del distretto o loro delegati;

n) un rappresentante per ognuna delle associazioni dei produttori agricoli del settore vitivinicolo riconosciute ai sensi della legislazione vigente;

o) un rappresentante per ognuna delle tre associazioni agrituristiche regionali;

p) cinque rappresentanti designati dalle associazioni maggiormente rappresentative operanti nelle attività connesse alla tutela, valorizzazione e promozione del settore enogastromico;

q) tre esperti designati dal Consiglio regionale, di cui uno espressione della minoranza;

r) tre rappresentanti degli organismi associativi formalmente costituiti per l’attuazione e la gestione delle strade del vino.

3. Il Consiglio di distretto è nominato dal Presidente della Giunta regionale e dura in carica cinque anni.

4. Il Consiglio elegge al suo interno il Presidente e il Comitato esecutivo composto da 12 membri nel quale devono essere rappresentati i territori di tutte le Province del distretto.

5. Il Comitato esecutivo di ogni distretto predispone, su indicazione del Consiglio e tenendo conto degli orientamenti espressi dalla Conferenza annuale di distretto di cui al comma 7, il piano di distretto ed i piani annuali di attuazione da sottoporre alla discussione ed alla approvazione del Consiglio medesimo.

6. Il Consiglio di distretto assicura la divulgazione delle informazioni relative alla propria attività mediante i mezzi di comunicazione ed anche promuovendo conferenze, convegni, incontri e iniziative di natura tecnica, economica, culturale.

7. Il Consiglio di distretto assicura la partecipazione alla propria attività di tutti i soggetti singoli e collettivi operanti nel settore. A tal fine indice annualmente la Conferenza di distretto come occasione di confronto per l’indirizzo generale della propria politica.

Art. 7.

(Indennità e rimborsi)

1. Ai Presidenti dei distretti dei vini e al Presidente dell’Enoteca del Piemonte spettano un compenso mensile e il rimborso spese.

2. Ai componenti degli organi esecutivi dei distretti e dell’Enoteca del Piemonte spetta un rimborso spese.

3. L’ammontare e le modalità di attribuzione dei compensi e dei rimborsi di cui ai commi 1 e 2 e dell’emolumento di cui all’articolo 14, comma 8 sono definiti dalla Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, entro sessanta giorni dall’approvazione della presente legge. I rimborsi spese possono essere stabiliti in misura forfettaria.

Art. 8.

(Uffici e strutture tecnico-operative)

1. Le Province forniscono ai Consigli di distretto le sedi e l’organico tecnico-amministrativo occorrente al loro funzionamento e provvedono alle spese, ivi comprese le prestazioni di esperti per la formazione dei piani; il cinquanta per cento di tali spese è a carico della Regione.

2. L’impegno di cui al comma 1 è definito relativamente a ciascun distretto mediante accordo di programma tra le Province interessate.

3. La previsione dell’ammontare degli oneri di funzionamento deve essere contenuta nel piano di distretto.

Art. 9.

(Soggetti attuatori degli interventi)

1. I piani di distretto devono prevedere, per ogni intervento, il soggetto o i soggetti attuatori che possono essere, sulla base delle rispettive competenze:

a) le enoteche regionali, le botteghe del vino o cantine comunali e i musei etnografico-enologici di cui alla l.r. 37/1980;

b) i consorzi di tutela dei vini a denominazione di origine;

c) le associazioni dei produttori vitivinicoli riconosciute ai sensi della legislazione vigente;

d) le associazioni ricreativo-culturali;

e) gli enti locali: Province, Comuni, Comunità montane;

f) le agenzie di accoglienza e promozione turistica locale;

g) l’Ente nazionale per le strade (ANAS), le società ferroviarie, le società autostradali e le società aeroportuali ;

h) le aziende aderenti agli interventi delle strade del vino;

i) gli organismi associativi formalmente costituiti per l’attuazione e la gestione delle strade del vino.

Art. 10.

(Monitoraggio e controlli)

1. Entro il 30 aprile di ogni anno il Consiglio di distretto presenta alla Giunta regionale una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente.

2. La Giunta regionale trasmette al Consiglio regionale entro il 30 giugno di ogni anno uno stato di attuazione della presente legge predisposto dall’Osservatorio regionale sul sistema agroindustriale piemontese di cui all’articolo 12 della legge regionale 22 dicembre 1995, n. 95 (Interventi regionali per lo sviluppo del sistema agroindustriale piemontese).

Capo III.

MODIFICHE DELLA LEGGE REGIONALE
12 MAGGIO 1980, N. 37 E DISCIPLINARE DELLE
STRADE DEL VINO. ENOTECA DEL PIEMONTE

Art. 11.

(Modifica dell’articolo 2 della l.r. 37/1980)

1. Dopo il primo comma dell’articolo 2, della l.r. 37/1980, sono aggiunti i seguenti:

“Le enoteche regionali possono istituire centri di informazione finalizzati alla produzione e diffusione di notizie sulle aree vitivinicole dei distretti dei vini, istituiti con legge regionale, e delle strade del vino.

I centri di cui al secondo comma possono svolgere attività di prenotazione di visite e soggiorni a carattere locale, per conto delle strutture private e pubbliche previ accordi e convenzioni con le medesime.

Le enoteche costituiscono a tutti gli effetti uffici di informazione e di accoglienza turistica (IAT), ai sensi della legge regionale 22 ottobre 1996, n. 75 (Organizzazione dell’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte).

Ove stabilito dal piano di distretto previsto dalla legge regionale istitutiva dei distretti dei vini, le enoteche regionali possono realizzare e gestire anche strutture esterne alla propria sede.

Le caratteristiche tecniche, gli standard qualitativi e le modalità di funzionamento dei musei e dei centri di documentazione sono definite in uno specifico disciplinare.”

Art. 12.

(Sostituzione dell’articolo 5 della l.r. 37/1980)

1. L’articolo 5 della l.r. 37/1980 è sostituito dal seguente:

“Art. 5. (Strade del vino)

1. Le strade del vino sono percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi sistemi indicatori, lungo i quali insistono valori naturali e culturali, vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico. Le strade del vino costituiscono uno strumento attraverso il quale le risorse dei territori vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgate e promosse in forma di offerta enologica, enogastronomica, turistica, ricreativa e culturale.

2. Le strade del vino hanno tra i loro scopi la visita e l’accesso alle cantine e ai luoghi di mescita, ai fini della promozione e dell’offerta al pubblico dei vini e dei prodotti tipici locali.

3. Le attività di accoglienza, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da aziende agricole nell’ambito del programma delle strade del vino sono riconducibili alle attività agrituristiche di cui all’articolo 2 della legge 5 dicembre 1985, n. 730 (Disciplina dell’agriturismo), secondo i principi in essa contenuti e secondo le disposizioni regionali vigenti.”

Art. 13.

(Disciplinare delle strade del vino)

1. Il Consiglio di distretto, entro tre mesi dall’insediamento, trasmette una proposta di disciplinare delle norme tecniche per le strade del vino, di cui all’articolo 5 della l.r. 37/1980 come sostituito dalla presente legge, alla Giunta regionale che l’approva, sentita la competente Commissione del Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni.

2. La proposta di disciplinare:

a) definisce un’immagine e il relativo logo distintivo delle strade del vino in Piemonte, nel rispetto dei criteri di armonizzazione individuati dall’Unione europea o concordati con altre Regioni interessate e con loro associazioni;

b) stabilisce standard minimi di qualità dell’ambiente e delle aziende delle strade del vino;

c) indica le caratteristiche generali della segnaletica informativa;

d) elenca le tipologie di siti, beni, percorsi, beni culturali ed ambientali, strutture pubbliche e private, attività e manifestazioni che possono essere oggetto di segnalazione;

e) indica linee guida per lo schema organizzativo e gestionale delle strade del vino;

f) individua gli strumenti di controllo ed il sistema sanzionatorio.

3. Il Consiglio di distretto si attiene al disciplinare di cui al comma 2 per l’individuazione degli interventi delle strade del vino, nell’ambito del piano di distretto.

4. Il disciplinare può essere modificato con la medesima procedura di cui al comma 1.

Art. 14.

(Costituzione dell’Enoteca del Piemonte)

1. Le enoteche regionali si consorziano con atto pubblico per costituire l’“Enoteca del Piemonte” avente lo scopo della promozione e della valorizzazione dei vini piemontesi a livello regionale, nazionale ed internazionale.

2. Possono aderire all’Enoteca del Piemonte le associazioni dei produttori vitivinicoli piemontesi riconosciute e i consorzi di tutela dei vini a DOC e a DOCG nonchè istituzioni pubbliche o private interessate al settore vitivinicolo piemontese.

3. L’Enoteca del Piemonte si dota di un apposito statuto a norma del codice civile.

4. Le spese di costituzione e quelle relative alla sede sono finanziate dalla Regione.

5. Le spese di funzionamento sono finanziate dalla Regione e da altri enti locali per un periodo di cinque anni a partire dalla data di insediamento degli organi dell’Enoteca del Piemonte. La misura massima del contributo può essere del cento per cento per il primo anno. Per i successivi quattro anni tale misura è decrescente del venti per cento per ogni anno, secondo le seguenti percentuali: ottanta per cento nel secondo anno; sessantaquattro per cento nel terzo anno; cinquantadue per cento nel quarto anno; quarantadue per cento nel quinto anno.

6. L’Enoteca del Piemonte ha sede a Torino dove, tra l’altro, espone i vini a DOC e a DOCG del Piemonte e i prodotti enogastronomici piemontesi, con possibilità di istituire altre sedi distaccate in Italia e all’estero.

7. La Giunta regionale, sentiti i Presidenti delle enoteche, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge, nomina un Commissario con l’incarico di promuovere la costituzione dell’Enoteca del Piemonte e di svolgere le funzioni connesse fino all’insediamento degli organi dell’Enoteca.

8. Al Commissario viene riconosciuto un emolumento ed il rimborso delle spese sostenute, comprese quelle per l’attività di segreteria.

Capo V.

NORMATIVA ECONOMICA, DISPOSIZIONI
FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI

Art. 15.

(Misure degli interventi)

1. Per l’attuazione degli interventi di cui all’articolo 3, commi 2 e 3 sono concedibili ai soggetti attuatori di cui all’articolo 9 i seguenti contributi in conto capitale:

a) per interventi di indagine e studio, promozione e informazione, nonchè finalizzati al recupero del folclore e delle tradizioni storiche e rurali ed in generale all’animazione dei territori viticoli, fino all’ottanta per cento della spesa ammessa per le iniziative di enti e istituzioni pubbliche e fino al cinquanta per cento per iniziative di soggetti privati;

b) per interventi di formazione professionale e qualificazione degli operatori impegnati professionalmente nelle produzioni vitivinicole e nelle attività connesse e indotte del turismo enogastronomico e nella gestione dei territori e della tutela ambientale, fino all’ottanta per cento della spesa ammessa per le iniziative di enti e istituzioni pubbliche e fino al cinquanta per cento per iniziative di soggetti privati;

c) per iniziative di adeguamento strutturale che non riguardano attività di produzione e trasformazione possono essere concessi a favore di enti ed istituzioni pubbliche contributi fino all’ottanta per cento della spesa ammessa;

d) per gli interventi di progettazione, messa in loco e manutenzione della segnaletica delle strade del vino fino all’ottanta per cento della spesa ammessa a favore di enti e istituzioni pubbliche;

e) per gli interventi connessi alla realizzazione e allo sviluppo di sedi di collegamento tra produttori, commercianti e operatori della filiera e di qualificati centri di informazione, documentazione, fino all’ottanta per cento della spesa ammessa per le iniziative di enti e istituzioni pubbliche e fino al cinquanta per cento per iniziative di soggetti privati.

2. Il cofinanziamento regionale non può superare il cinquanta per cento della spesa ammissibile. Per le iniziative che prevedono un contributo massimo dell’ottanta per cento la partecipazione finanziaria delle Province e degli enti locali non può essere inferiore al trenta per cento.

3. Le istruzioni operative di cui all’articolo 5, comma 4 stabiliscono i contenuti dei progetti di intervento presentati dai soggetti attuatori nonchè i criteri di ammissibilità, l’esatta misura e le modalità di concessione dei contributi.

4. Per gli interventi di adeguamento strutturale nell’ambito delle iniziative delle strade del vino i soggetti privati hanno, a parità di tutte le altre condizioni, priorità di finanziamento nella concessione degli aiuti amministrati dalla Regione.

5. Gli interventi previsti dal presente articolo sono elaborati ed attuati nel rispetto delle normative e degli orientamenti comunitari e nazionali.

Art. 16.

(Disposizioni finanziarie)

1. Il finanziamento degli interventi previsti dalla presente legge può basarsi su risorse finanziarie di provenienza comunitaria, nazionale, regionale e degli enti locali nonchè su contributi dei privati.

2. Per l’attuazione dei piani di distretto sono autorizzate a carico del bilancio regionale spese per lire 3.600 milioni per l’esercizio 1999, per lire 3.700 milioni per ciascuno degli esercizi dal 2000 al 2001.

3. Per gli oneri di carattere generale per l’attuazione della legge, comprese le spese eventuali per la partecipazione a progetti comunitari, è autorizzata la spesa di lire 300 milioni per ciascun esercizio dal 1999 al 2001. Nello stato di previsione della spesa del bilancio 1999 è istituito un capitolo con denominazione: “Oneri di carattere generale per l’attuazione della legge regionale che disciplina i distretti dei vini e le strade del vino del Piemonte”.

4. Per i contributi per le spese di funzionamento dei Consigli di distretto di cui all’articolo 6 e dell’Enoteca del Piemonte di cui all’articolo 14, per i compensi di cui all’articolo 7 e per le spese di predisposizione dei piani di distretto di cui agli articoli 3 e 4 è autorizzata la spesa di lire 300 milioni per l’esercizio 1999 e di lire 400 milioni per ciascun esercizio dal 2000 al 2001. Nello stato di previsione della spesa del bilancio 1999 è istituito un capitolo con denominazione: “Contributi ai Consigli di distretto, alle Province, all’Enoteca del Piemonte, alle enoteche regionali e ad altri soggetti per le spese di funzionamento per l’attuazione della legge regionale che disciplina i distretti dei vini e le strade del vino del Piemonte”.

5. Per i contributi per gli interventi previsti nei piani di distretto è autorizzata la spesa di lire 3.000 milioni per l’esercizio 1999 e di lire 3.000 milioni per ciascun esercizio dal 2000 al 2001. Nello stato di previsione della spesa del bilancio 1999 è istituito il seguente capitolo: “Contributi alle Province, ad altri enti locali, all’Enoteca del Piemonte, alle enoteche regionali e ad altri soggetti pubblici e privati per interventi connessi all’attuazione della legge regionale che disciplina i distretti dei vini e le strade del vino del Piemonte”.

6. Alla spesa per l’anno 1999 si fa fronte mediante riduzione di lire 600 milioni dal capitolo n. 15910 e di lire 3.000 milioni dal capitolo n. 27170; alla spesa per gli anni 2000 e 2001 si fa fronte mediante riduzione di lire 700 milioni dal capitolo n. 15910 e di lire 3.000 milioni dal capitolo n. 27170 dei rispettivi esercizi. Per gli anni successivi gli stanziamenti saranno definiti con le relative leggi di bilancio.

Art. 17.

(Disposizioni transitorie e finali)

1. Le politiche e gli interventi di cui agli articoli precedenti sono elaborati ed attuati nel rispetto delle normative e degli indirizzi comunitari e nazionali, nonchè dei principi di sussidiarietà e addizionalità delle risorse finanziarie.

2. La Regione può inoltre cofinanziare, sia sotto forma di partecipazione diretta che di contributi ad altri enti e forme associate, la partecipazione a progetti da presentarsi su programmi e iniziative dell’Unione europea in materia di valorizzazione dei territori viticoli, di sperimentazione del commercio elettronico del vino, di promozione, armonizzazione e collegamenti delle strade europee del vino e di altri temi similari.

3. La concessione degli aiuti previsti dalla presente legge è disposta dopo il parere dell’Unione europea sulla legge.

4. In fase di prima applicazione della presente legge i programmi di attuazione dei piani di distretto per l’anno 1999 sono adottati entro tre mesi dall’approvazione dei piani di distretto.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 9 agosto 1999

p. Enzo Ghigo
Il Vice Presidente
Gilberto Pichetto Fratin

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 32 dell’11 agosto 1999 (ndr)




Legge regionale 9 agosto 1999, n. 21

Norme in materia di bonifica e d’irrigazione

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

INDICE

Capo I.

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

Oggetto

Art. 2.

Piano regionale per le attività di bonifica e di irrigazione

Art. 3.

Programma triennale regionale della bonifica e dell’irrigazione

Art. 4.

Ambiti territoriali per la bonifica e l’irrigazione

Art. 5.

Riordino irriguo volontario

Art. 6.

Collaborazione, concertazione e accordi di programma

Capo II.

COMPRENSORI E CONSORZI DI BONIFICA

Art. 7.

Comprensori di bonifica

Art. 8.

Modifica dei comprensori di bonifica

Art. 9.

Comprensori interregionali

Art. 10.

Piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale

Art. 11.

Procedure per l’approvazione del piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale

Art. 12.

Opere di bonifica

Art. 13.

Consorzi di bonifica

Art. 14.

Funzioni dei consorzi di bonifica

Art. 15.

Partecipazione al consorzio

Art. 16.

Costituzione su iniziativa degli interessati

Art. 17.

Costituzione su iniziativa della Regione

Art. 18.

Modifica e soppressione dei consorzi di bonifica

Art. 19.

Consorzio di bonifica già operante

Art. 20.

Realizzazione delle opere di bonifica

Art. 21.

Obblighi di bonifica a carico dei proprietari

Art. 22.

Esecuzione delle opere di competenza privata

Art. 23.

Proprietà pubblica delle opere di bonifica

Art. 24.

Gestione delle opere

Art. 25.

Concessioni, licenze e permessi

Art. 26.

Violazioni amministrative

Art. 27.

Piano di classifica e contributo consortile di bonifica

Art. 28.

Diritto di voto

Art. 29.

Catasto consortile

Art. 30.

Organi

Art. 31.

Consiglio dei delegati

Art. 32.

Designazione dei rappresentati dei Comuni

Art. 33.

Elezione dei delegati

Art. 34.

Durata in carica del Consiglio

Art. 35.

Compiti e funzionamento del Consiglio

Art. 36.

Deputazione amministrativa

Art. 37.

Presidente

Art. 38.

Collegio dei revisori dei conti

Art. 39.

Statuto

Art. 40.

Pubblicazione ed esecutività delle deliberazioni consortili

Art. 41.

Controllo regionale sugli atti consortili

Art. 42.

Vigilanza regionale e poteri sostitutivi

Art. 43.

Impugnazione dei provvedimenti consortili

Capo III.

COMPRENSORI E CONSORZI DI IRRIGAZIONE

Art. 44.

Comprensori di irrigazione

Art. 45.

Consorzi di irrigazione

Art. 46.

Funzioni dei consorzi di irrigazione

Art. 47.

Consorzi di irrigazione e bonifica

Art. 48.

Funzioni dei consorzi di irrigazione e bonifica

Art. 49.

Costituzione di coutenze e partecipazione a società

Art. 50.

Canali demaniali di irrigazione

Art. 51.

Riordino dei consorzi di irrigazione esistenti

Art. 52.

Finanziamenti regionali per l’irrigazione

Capo IV.

NORME COMUNI

Art. 53.

Consorzi di secondo grado

Art. 54.

Attuazione del programma triennale regionale della bonifica e dell’irrigazione

Art. 55.

Procedure per la redazione dei programmi annuali

Art. 56.

Finanziamento delle opere pubbliche di bonifica e di irrigazione

Art. 57.

Contributi regionali per gli interventi di competenza privata

Art. 58.

Contributi regionali per la fusione di consorzi

Art. 59.

Interventi urgenti

Art. 60.

Interventi della Giunta regionale

Art. 61.

Relazione triennale

Art. 62.

Sistema informativo della bonifica ed irrigazione

Art. 63.

Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione

Art. 64.

Competenze della Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione

Art. 65.

Norme finanziarie

Art. 66.

Norma transitoria

Capo I.

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Oggetto)

1. La Regione riconosce nell’attività di bonifica e d’irrigazione un mezzo permanente finalizzato allo sviluppo, alla tutela e alla valorizzazione delle produzioni agricole con particolare riguardo alla qualità, alla difesa e conservazione del suolo, alla regolazione delle acque ed alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali. La Regione riconosce altresì nei consorzi di bonifica, nei consorzi d’irrigazione e nei consorzi d’irrigazione e bonifica l’organismo più idoneo allo svolgimento, da parte degli utenti interessati, delle attività di bonifica e delle attività d’irrigazione.

2. La presente legge, per l’attuazione delle finalità di cui al comma 1, disciplina l’istituzione e il funzionamento dei consorzi di bonifica, dei consorzi d’irrigazione, e dei consorzi d’irrigazione e bonifica, ai quali, nel rispetto ed in attuazione del principio di sussidiarietà, riconosce un prevalente ruolo sul territorio ai fini delle proposte di programmazione per lo specifico settore e per la progettazione, realizzazione e gestione delle opere irrigue e di bonifica.

3. La presente legge disciplina altresì le modalità dell’intervento pubblico per la bonifica e per l’irrigazione che si realizza tenendo conto degli obiettivi dei fondi strutturali dei quadri comunitari di sostegno dell’Unione Europea, delle linee generali della programmazione nazionale e regionale, secondo le previsioni del programma regionale di sviluppo e in modo da assicurare il coordinamento delle attività di bonifica e irrigazione con le altre azioni per la gestione delle risorse idriche, con le azioni previste nei piani di bacino e negli altri strumenti di pianificazione e programmazione della Regione e degli altri enti locali in materia d’agricoltura e lavori pubblici e secondo i principi di concertazione e collaborazione.

Art. 2.

(Piano regionale per le attività
di bonifica e d’irrigazione)

1. Il Consiglio regionale approva, su proposta della Giunta, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il piano regionale per le attività di bonifica e d’irrigazione, finalizzato ad impostare organicamente le attività di bonifica e d’irrigazione sul territorio regionale.

2. La proposta di piano formulata dalla Giunta regionale è trasmessa alle Province ed ai consorzi di cui agli articoli 13, 45 e 47 operanti nella Regione, che possono formulare osservazioni e proposte entro novanta giorni dalla ricezione.

3. Il piano regionale per le attività di bonifica e d’irrigazione definisce:

a) gli indirizzi generali e le linee fondamentali dell’azione della Regione per il conseguimento delle finalità di cui all’articolo 1;

b) la tipologia degli interventi e delle opere di bonifica e di irrigazione;

c) le principali opere di bonifica ed irrigazione da attuare nel periodo di validità del piano, i tempi e le risorse di massima necessarie per la loro realizzazione;

d) le linee per le proposte e le indicazioni di competenza della Regione relative ai piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo).

Art. 3.

(Programma triennale regionale
della bonifica e dell’irrigazione)

1. La Giunta regionale, in attuazione del piano regionale per le attività di bonifica e d’irrigazione di cui all’articolo 2, nei centoventi giorni successivi alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, in conformità di quanto previsto dall’articolo 54, approva il programma triennale delle opere di bonifica e delle opere di irrigazione.

Art. 4.

(Ambiti territoriali per la bonifica e l’irrigazione)

1. Gli ambiti territoriali da riconoscere quali comprensori di bonifica e quelli da riconoscere quali comprensori di irrigazione sono individuati secondo i criteri e le procedure indicate agli articoli 7 e 44.

Art. 5.

(Riordino irriguo volontario)

1. Al fine di favorire il riordino irriguo negli ambiti territoriali dei consorzi di bonifica, dei consorzi di irrigazione e dei consorzi di irrigazione e bonifica, la Regione, concedendo il contributo finanziario di cui all’articolo 52, incentiva la cessione volontaria dei diritti d’acqua a favore dei citati consorzi, cui è riconosciuto diritto di prelazione.

2. Con l’acquisizione dei diritti d’acqua di cui al comma 1, ai terreni del comprensorio consortile vengono assicurati, nei limiti della disponibilità naturale del corpo idrico e fatto salvo il rilascio in alveo del deflusso minimo vitale, i quantitativi d’acqua che risultano rispondenti, ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275 (Riordino in materia di concessione di acque pubbliche), all’effettivo fabbisogno idrico in funzione della superficie da irrigare, dei consumi idrici medi delle colture praticate e dei metodi di irrigazione adottati: i terreni stessi sono assoggettati ai contributi consortili in ragione del beneficio, con le modalità e le prescrizioni determinate dal consorzio.

3. Nel caso in cui la richiesta dei diritti d’acqua provenga da più consorzi, siano essi consorzi di bonifica, consorzi di irrigazione o consorzi di irrigazione e bonifica, sentito il parere della Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione di cui all’articolo 63, è data priorità al soggetto che dimostri di perseguire la più razionale utilizzazione della risorsa idrica in relazione ai criteri previsti dall’articolo 9 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

Art. 6.

(Collaborazione, concertazione e accordi di programma)

1. Allo scopo di realizzare sul territorio la più ampia collaborazione e concertazione tra i consorzi di cui alla presente legge e gli enti locali, la Regione promuove accordi di programma ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali) e successive modificazioni, nonché patti territoriali e intese interistituzionali.

2. I consorzi possono altresì stipulare, nel rispetto delle disposizioni vigenti, intese e convenzioni con gli enti locali per la realizzazione di azioni di comune interesse, per la gestione in comune di specifici servizi e comunque per il conseguimento di obiettivi comuni rientranti nell’ambito delle rispettive finalità istituzionali.

Capo II.

COMPRENSORI E CONSORZI DI BONIFICA

Art. 7.

(Comprensori di bonifica)

1. I Comprensori di bonifica sono delimitati dalla Regione, al di fuori dei territori ai quali si applica la normativa regionale relativa alle zone montane. Tenuto conto dell’esigenza di istituire gli ambiti di cui all’articolo 4, i comprensori di bonifica devono corrispondere ad unità omogenee sotto il profilo idrografico e funzionale in rapporto alle esigenze di organicità dell’azione pubblica di bonifica e di difesa del suolo e del coordinamento dell’intervento pubblico con quello privato. Gli stessi ambiti, qualora confinino con il territorio di una Comunità montana, devono essere individuati d’intesa con la medesima.

2. Per la delimitazione dei comprensori di bonifica, la Giunta regionale trasmette alle Province e ai Comuni interessati le proposte di delimitazione fatte pervenire dai privati con le modalità previste dagli articoli 16 e 17.

3. I Comuni formulano eventuali osservazioni entro sessanta giorni e le trasmettono alle Province che esprimono il proprio parere e lo inviano alla Giunta regionale unitamente alle osservazioni dei Comuni.

4. La Giunta regionale, valutati i pareri e le osservazioni ricevute, definisce la delimitazione e la trasmette al Consiglio regionale per l’approvazione.

5. La cartografia relativa è depositata presso la Giunta regionale, dove chiunque può prenderne visione ed estrarne copia con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 ( Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e successive modifiche ed integrazioni.

Art. 8.

(Modifica dei comprensori di bonifica)

1. La delimitazione dei comprensori di bonifica può essere modificata, acquisite le osservazioni dei consorzi interessati, con le procedure di cui all’articolo 7.

Art. 9.

(Comprensori interregionali)

1. Nelle unità omogenee idrografiche che comprendono anche il territorio di regioni limitrofe possono essere delimitati comprensori interregionali, in conformità all’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 22 luglio 1975 n. 382).

2. La delimitazione di comprensori interregionali e la relativa disciplina sono stabiliti d’intesa con le regioni interessate.

3. A tal fine la Giunta regionale, sentiti gli enti locali e i consorzi competenti per territorio predispone, di concerto con i competenti organi delle Regioni interessate, la proposta d’intesa e la trasmette al Consiglio regionale per l’approvazione.

4. Nei comprensori interregionali si applicano le disposizioni contenute nelle intese tra le Regioni, anche in deroga a quanto stabilito dalla presente legge.

Art. 10.

(Piano generale di bonifica
e di tutela del territorio rurale)

1. Per ciascun comprensorio classificato di bonifica, l’attività di bonifica è svolta secondo le previsioni del piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale, redatto dal consorzio competente per territorio.

2. Il piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale:

a) definisce le linee d’intervento della bonifica nel comprensorio;

b) individua le opere di bonifica da realizzare indicandone le priorità;

c) stabilisce gli indirizzi per le opere di competenza dei privati;

d) propone la realizzazione delle opere necessarie per la tutela e la valorizzazione rurale del comprensorio, nonché per la salvaguardia dell’ambiente naturale.

3. Le linee di intervento della bonifica sono stabilite sulla base delle caratteristiche idrografiche del territorio, tenuto conto della sua destinazione d’uso risultante dagli strumenti urbanistici vigenti.

4. Le opere di bonifica sono individuate nell’ambito delle tipologie di cui all’articolo 12.

5. Per ciascuna opera è definita la localizzazione ed il progetto di massima con il costo presunto, specificando se si tratta di esecuzione di opera di competenza pubblica o privata.

6. Il piano generale ha efficacia dispositiva in ordine alle azioni, di competenza del consorzio di bonifica, per l’individuazione e progettazione delle opere di bonifica; il piano ha valore di indirizzo per quanto attiene alle azioni di cui al comma 2, lettera d), ai vincoli per la difesa dell’ambiente naturale e all’individuazione dei suoli agricoli da salvaguardare rispetto a destinazioni d’uso alternative.

Art. 11.

(Procedure per l’approvazione del piano generale
di bonifica e di tutela del territorio rurale)

1. Il Consiglio dei delegati di ciascun consorzio di bonifica, entro un anno dalle prime elezioni consortili successive all’approvazione dello statuto, delibera la proposta di piano concernente il comprensorio di propria competenza e la trasmette ai Comuni e alle Province interessati per territorio, curandone la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione e nella pagina regionale di almeno un quotidiano a diffusione nazionale.

2. I Comuni provvedono al deposito della proposta di piano nella rispettive segreterie per trenta giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione e presentare proprie osservazioni. Dell’avvenuto deposito è dato avviso mediante affissione nell’albo pretorio e pubblici manifesti.

3. I Comuni, nei cinque giorni successivi alla scadenza del termine di deposito, trasmettono alla Provincia le proprie osservazioni in merito nonchè le eventuali osservazioni ricevute ai sensi del comma 2.

4. Le Province, tenuto conto degli atti ricevuti ai sensi del comma 3, esprimono il proprio parere in merito alla proposta di piano nei novanta giorni successivi al ricevimento della medesima e lo trasmettono alla Giunta regionale unitamente agli atti stessi.

5. La Giunta regionale, sulla base degli atti ricevuti, acquisito il parere della Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione di cui all’articolo 63, approva il piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale.

6. Dell’avvenuta approvazione è data notizia sul Bollettino ufficiale della Regione. Successivamente a tale adempimento sono vietati i mutamenti di destinazione d’uso del suolo che siano incompatibili con le previsioni del piano.

7. Fermo restando quanto previsto dal comma 6, non si tiene conto, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, dell’eventuale aumento di valore dei terreni derivanti da mutamenti di destinazione degli stessi, compatibili con le previsioni del piano, disposti successivamente alla data di cui al comma 6.

8. Il piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale è aggiornato ed integrato con le modalità e gli effetti di cui al presente articolo.

Art. 12.

(Opere di bonifica)

1. Nei comprensori delimitati ai sensi dell’articolo 7 costituiscono opere di bonifica, così come individuate nel piano regionale per le attività di bonifica e irrigazione:

a) la canalizzazione della rete scolante e le opere di stabilizzazione, difesa e regimazione dei corsi d’acqua;

b) le opere di captazione, provvista, adduzione e distribuzione delle acque utilizzate a prevalenti fini agricoli e quelle intese a tutelarne la qualità;

c) gli impianti di sollevamento e di derivazione delle acque;

d) le opere di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche);

e) le opere per la sistemazione idraulico-agraria e per la moderazione delle piene;

f) le infrastrutture di supporto per la realizzazione e la gestione di tutte le opere predette;

g) le altre opere idonee ad assicurare la funzionalità di quelle di cui alle lettere a), b), c), d), e), f), in rapporto alle caratteristiche idrografiche del territorio;

h) le opere finalizzate alla manutenzione e al ripristino ambientale e di protezione dalle calamità naturali;

i) il riordino fondiario per favorire il contenimento dei fenomeni di polverizzazione e frammentazione della proprietà compresi gli studi e le opere irrigue e viabili conseguenti; il riordino irriguo finalizzato alla razionale distribuzione delle acque irrigue comprendente la ristrutturazione, l’ammodernamento, il potenziamento delle reti;

l) le opere per la sistemazione ed il consolidamento delle zone e dei terreni collinari dissestati da fenomeni idrogeologici.

2. Gli enti locali, che per l’esercizio di funzioni di loro competenza utilizzino le opere di bonifica di cui al presente articolo, sono chiamati a contribuire alle spese per la realizzazione, l’esercizio e la manutenzione delle stesse.

Art. 13.

(Consorzi di bonifica)

1. I consorzi di bonifica sono enti pubblici economici e concorrono con gli altri consorzi previsti dalla presente legge alla realizzazione delle finalità di cui all’articolo 1 secondo le direttive, i piani e i programmi disposti dalla Regione.

2. Su ciascun comprensorio di bonifica opera un solo consorzio di bonifica.

3. La costituzione di un consorzio di bonifica non comporta la cessazione dei consorzi irrigui esistenti sul territorio, che continuano ad esercitare la loro attività conservando la loro personalità giuridica, la loro autonomia di gestione e le loro competenze sul territorio interessato.

4. In caso di sovrapposizione territoriale di competenze per l’esercizio dell’irrigazione tra i consorzi di bonifica ed i consorzi irrigui esistenti, le rispettive zone di competenza devono essere definite dai consorzi interessati, nel rispetto dei criteri dell’organicità, funzionalità ed economicità della gestione irrigua.

5. Qualora le parti interessate non raggiungano un’intesa, la vertenza è demandata alla Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione di cui all’articolo 63, che esprime una proposta di accordo entro novanta giorni. Nel caso in cui la proposta di accordo espressa dalla Consulta regionale non sia accolta dalle parti, la Giunta regionale nomina un commissario per la soluzione della vertenza.

6. I consorzi di bonifica possono altresì, per la realizzazione di iniziative, costituire o partecipare con altri soggetti pubblici o privati ad accordi, programmi, attività di studio, realizzazione e gestione delle risorse idriche, compresi gli acquedotti rurali, nonchè svolgere attività finalizzata alla valorizzazione dei prodotti agricoli di interesse del consorzio sia nel proprio comprensorio sia al di fuori del medesimo, in sintonia con i compiti istituzionali.

Art. 14.

(Funzioni dei consorzi di bonifica)

1. Ai consorzi di bonifica competono le seguenti funzioni:

a) deliberano la proposta di piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale e del programma di cui all’articolo 3 relativo al comprensorio di propria competenza;

b) provvedono alla gestione delle opere di bonifica, fatto salvo quanto previsto al comma 3;

c) provvedono alla progettazione, all’esecuzione ed alla gestione delle opere di bonifica di competenza privata per l’affidamento dei proprietari interessati ovvero, nei casi di cui all’articolo 22, comma 2, in sostituzione dei medesimi;

d) esercitano le funzioni dei consorzi di utilizzazione idrica ai sensi dell’articolo 72 del r.d. 1775/1933 e quelle di competenza regionale dei consorzi idraulici di terza categoria, che interessano il comprensorio consortile ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge 16 dicembre 1993, n. 520 (Soppressione dei consorzi idraulici di terza categoria) predisponendo ed attuando i piani di polizia idraulica per il mantenimento delle sezioni di deflusso dei corsi d’acqua;

e) elaborano ed attuano i piani di riordino fondiario e di riordino irriguo;

f) esercitano tutte le altre funzioni ad essi attribuite dalla presente legge.

2. I consorzi di bonifica esercitano inoltre le funzioni per la difesa del suolo, la tutela ed uso plurimo delle risorse idriche e la salvaguardia ambientale, loro attribuite dalla normativa vigente.

3. Su concessione della Regione e di altri enti i consorzi di bonifica possono effettuare la progettazione ed esecuzione di opere di bonifica di competenza dei soggetti affidatari pubblici.

Art. 15.

(Partecipazione al consorzio)

1. Il consorzio è costituito tra i proprietari degli immobili situati nell’ambito del relativo comprensorio di bonifica, che ricevono o possono ricevere beneficio dall’attività di bonifica già realizzata ovvero da attuare secondo il piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale ed il programma triennale di cui all’articolo 3.

2. Il perimetro di contribuenza che comprende le proprietà immobiliari che presentano i requisiti di cui al comma 1 è reso pubblico con il mezzo della trascrizione, ai sensi dell’articolo 58 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale), e successive modifiche ed integrazioni.

3. La partecipazione al consorzio è obbligatoria. La qualità di consorziato si acquisisce con l’iscrizione delle proprietà immobiliari nel perimetro di contribuenza.

4. Contestualmente all’approvazione dello statuto consortile è stabilito il perimetro di contribuenza provvisorio. Il perimetro definitivo è determinato dopo l’approvazione del piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale e può essere successivamente aggiornato in rapporto alle modificazioni del piano medesimo.

5. I consorziati:

a) eleggono gli organi consortili, in conformità alla presente legge ed allo statuto del consorzio;

b) sono tenuti al pagamento del contributo di bonifica;

c) esercitano tutte le altre attività e funzioni stabilite dalla presente legge e dallo statuto del consorzio.

6. Le attribuzioni di cui al comma 5, anziché dal proprietario sono esercitate dall’affittuario, dal conduttore o dal titolare di diritti reali di godimento, qualora gli stessi siano tenuti, per legge o in base al contratto, al pagamento del contributo consortile.

7. Il proprietario comunica al consorzio i nominativi dei soggetti di cui al comma 6, al fine della loro iscrizione nei ruoli di contribuenza e dell’annotazione nel catasto consortile.

Art. 16.

(Costituzione su iniziativa degli interessati)

1. Nei comprensori, delimitati ai sensi dell’articolo 7, possono essere istituiti i consorzi su proposta dei proprietari degli immobili situati nei comprensori medesimi, che traggono beneficio dalla bonifica.

2. La proposta di costituzione del consorzio è presentata da almeno un terzo dei proprietari degli immobili situati nel comprensorio e che rappresentino almeno un terzo dell’estensione complessiva del medesimo.

3. La proposta è corredata con lo schema preliminare di statuto nonché con la nomina di un organo provvisorio incaricato dell’indizione delle prime elezioni consortili e degli altri adempimenti per la costituzione del Consiglio dei delegati.

4. La proposta di costituzione è inviata alla Giunta regionale che, verificata la conformità con le disposizioni della presente legge, ne autorizza la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

5. Entro i sessanta giorni successivi a tale pubblicazione i soggetti interessati possono presentare le eventuali osservazioni alla Giunta regionale.

6. Entro i successivi novanta giorni la Giunta regionale, valutati i pareri e le osservazioni ricevute ed apportate le eventuali modifiche per garantirne la legittimità e la funzionalità, adotta la proposta di costituzione e la trasmette al Consiglio regionale per la sua approvazione.

7. L’organo provvisorio di cui al comma 3, entro centottanta giorni dalla deliberazione della Giunta regionale, provvede all’elezione dei delegati di cui all’articolo 33.

Art. 17.

(Costituzione su iniziativa della Regione)

1. I consorzi di bonifica possono essere costituiti dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, per la realizzazione del piano regionale per le attività di bonifica e di irrigazione, da attuarsi nel comprensorio interessato, delimitato ai sensi dell’articolo 7. L’intervento è previsto laddove si accerti la necessità e l’urgenza del recupero o della valorizzazione della produttività agricola del territorio considerato, constatata la mancanza di iniziative, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 16 e deve ottenere il consenso dei proprietari degli immobili del comprensorio, nella stessa misura indicata all’articolo 16, comma 2 e nel rispetto dell’autonomia dei consorzi irrigui esistenti.

2. Entro sessanta giorni dalla deliberazione di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale nomina una commissione provvisoria di amministrazione del consorzio incaricata di elaborare lo statuto consortile e di indire le prime elezioni per la costituzione del Consiglio dei delegati secondo criteri preventivamente individuati dalla Giunta regionale.

3. La commissione è così composta :

a) un rappresentante della Giunta regionale, con funzione di Presidente;

b) due rappresentanti della Provincia se il comprensorio interessa una sola Provincia, in caso contrario un rappresentante per Provincia;

c) tre rappresentanti designati dai Comuni del comprensorio con il maggior numero di abitanti;

d) tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole più rappresentative nell’ambito del comprensorio;

e) un rappresentante dell’Unione Regionale del Piemonte dell’Associazione nazionale delle bonifiche, delle irrigazioni, dei miglioramenti fondiari.

4. La commissione, entro novanta giorni dalla nomina, elabora lo statuto provvisorio del consorzio che viene approvato sulla base della procedura di cui all’articolo 16, commi 4 e 5.

5. Nei centottanta giorni successivi all’approvazione dello statuto la commissione di cui al comma 2 provvede all’elezione dei delegati ai sensi dell’articolo 33.

Art. 18.

(Modifica e soppressione dei consorzi di bonifica)

1. La modifica dei consorzi di bonifica è attuata con le stesse modalità di cui agli articoli 16 e 17.

2. La soppressione dei consorzi di bonifica è deliberata dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, sentito il consorzio interessato.

Art. 19.

(Consorzio di bonifica già operante)

1. Per i comprensori nei quali è già operante un consorzio di bonifica, le relative funzioni sono attribuite al consorzio esistente.

2. Gli organi del consorzio di bonifica, già operante alla data di entrata in vigore della presente legge, rimangono in carica fino alla scadenza del mandato fatta salva la sostituzione, a norma di statuto, di singoli membri che cessino dalla carica prima di tale scadenza.

Art. 20.

(Realizzazione delle opere di bonifica)

1. La Giunta regionale può, tramite concessione, assegnare ai consorzi di bonifica la progettazione e la realizzazione delle opere di bonifica. Nell’atto di concessione sono stabiliti i termini per indire la gara d’appalto, per l’avvio delle procedure espropriative, ove necessarie, e per l’inizio e il completamento dei lavori nonché i tempi e le modalità per l’erogazione del relativo finanziamento pubblico.

2. I consorzi di bonifica provvedono alla redazione dei progetti esecutivi delle opere di bonifica comprese nel programma triennale di finanziamento di cui all’articolo 56 e li trasmettono alla Giunta regionale per l’approvazione.

3. L’approvazione dei progetti esecutivi equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere.

4. Qualora il consorzio di bonifica operi in difformità dalla concessione, la Giunta regionale, con atto motivato, revoca la concessione e provvede all’affidamento dei lavori secondo le disposizioni vigenti in materia di opere pubbliche.

5. Le opere ultimate sono consegnate al consorzio concessionario previo collaudo, per la loro manutenzione ed esercizio, a decorrere dalla data di ultimazione. Nei casi di cui al comma 4 la consegna al consorzio risulta da apposito verbale.

6. Qualora l’opera sia frazionata in lotti funzionali, la disposizione di cui al comma 5 si applica con riferimento ai singoli lotti.

Art. 21.

(Obblighi di bonifica a carico dei proprietari)

1. I proprietari degli immobili situati nella perimetrazione del consorzio di bonifica di cui all’articolo 15, comma 2, concorrono alla realizzazione dell’attività di bonifica, provvedendo:

a) alla realizzazione delle opere di bonifica ed alla manutenzione straordinaria di esse con un concorso finanziario massimo del 5 per cento della spesa occorrente, in rapporto alla rilevanza del beneficio;

b) alla realizzazione, a proprio carico, delle opere di particolare interesse dei singoli immobili, connesse alle finalità ed alla funzionalità delle opere di bonifica nonché all’esercizio ed alla loro manutenzione;

c) all’esercizio ed alla manutenzione ordinaria delle opere di bonifica ovvero dei singoli lotti funzionali, dopo il relativo compimento e la consegna accertati ai sensi dell’articolo 20, comma 5.

2. Gli obblighi di cui al comma 1, lettera c) sono a carico delle proprietà immobiliari in rapporto al beneficio che le medesime ricevono dalle opere di bonifica realizzate.

3. Per la realizzazione delle opere di cui al comma 1, lettera b) possono essere concessi contributi in conto capitale entro le seguenti misure e limiti di spesa considerata ammissibile: fino al cinquantacinque per cento in collina entro il limite di spesa di lire 180.000.000; fino al quaranta per cento in pianura entro il limite di spesa di lire 180.000.000.

Art. 22.

(Esecuzione delle opere di competenza privata)

1. Alla progettazione ed esecuzione delle opere di competenza privata di cui all’articolo 21, comma 1, lettere b), previste nel programma triennale regionale della bonifica e dell’irrigazione di cui all’articolo 3, provvedono i proprietari degli immobili interessati, anche avvalendosi del consorzio di bonifica competente.

2. In caso di inerzia dei proprietari, la Giunta regionale, su istanza del consorzio, dispone l’intervento sostitutivo a spese dei proprietari.

Art. 23.

(Proprietà pubblica delle opere di bonifica)

1. Le opere di bonifica realizzate ai sensi dell’articolo 20 appartengono al demanio regionale.

2. Appartengono altresì al demanio le aree espropriate per la realizzazione delle opere medesime.

3. Agli adempimenti di legge concernenti le iscrizioni e trascrizioni delle opere di proprietà della Regione, provvede il consorzio di bonifica concessionario, dandone avviso alla Giunta regionale.

4. Il consorzio trasmette altresì alla Giunta regionale copia dell’atto di espropriazione ovvero, in caso di cessione volontaria, del contratto stipulato nonché copia del verbale di collaudo delle opere.

5. In caso di revoca della concessione di cui all’articolo 20, comma 4, agli adempimenti di cui al comma 3 provvede la Giunta regionale.

Art. 24.

(Gestione delle opere)

1. I consorzi di bonifica, nell’ambito del comprensorio di loro competenza, provvedono, dalla data della loro consegna, alla gestione delle opere di bonifica realizzate.

2. La gestione comprende la manutenzione ordinaria, l’esercizio e la vigilanza delle opere. A tal fine i consorzi provvedono:

a) alla determinazione e all’impiego delle somme occorrenti per le spese di manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica ed alla relativa riscossione dei contributi di bonifica a carico dei proprietari degli immobili;

b) alla vigilanza sulle opere medesime ai sensi del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368 (Regolamento per l’esecuzione del testo unico della legge 22 marzo 1900, n. 195 e della legge 7 luglio 1902, n. 333 sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi);

c) al rilascio delle concessioni, delle licenze e dei permessi di cui agli articoli 134 e 138 del r.d. 368/1904.

3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano altresì alle reti a prevalente scopo irriguo, agli impianti per l’utilizzazione in agricoltura delle acque reflue, agli acquedotti rurali e agli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica, ai sensi dell’articolo 27 della l. 36/1994.

Art. 25.

(Concessioni, licenze e permessi)

1. Le concessioni, le licenze ed i permessi di cui agli articoli 134 e 138 del r.d. 368/1904, sono rilasciate dai consorzi di bonifica interessati per territorio, acquisito il parere favorevole della competente Direzione regionale.

2. I provvedimenti sono adottati entro trenta giorni dal ricevimento della relativa domanda. Trascorso tale termine senza che il consorzio si sia pronunciato, la domanda s’intende accolta.

3. Ai fini dell’acquisizione del parere del competente ufficio regionale, il termine di cui al comma 2 è sospeso dalla data della richiesta di parere alla data di ricevimento del medesimo.

4. E’ di competenza dei consorzi di bonifica l’adozione dei provvedimenti di revoca o sospensione delle concessioni, delle licenze e dei permessi rilasciati, in caso di inosservanza da parte dei beneficiari delle prescrizioni ivi contenute ed in ogni altro caso in cui vi sia pericolo di danno per le opere di bonifica.

Art. 26.

(Violazioni amministrative)

1. All’accertamento e alla contestazione delle violazioni previste di cui agli articoli 132, 133, 134 e 136 del r.d. 368/1904 provvedono, oltre agli agenti e agli ufficiali di polizia giudiziaria, gli agenti dipendenti dai consorzi di bonifica ai quali sia stata attribuita, ai sensi delle leggi di pubblica sicurezza, la qualifica di guardia giurata.

2. A tal fine i soggetti di cui al comma 1 sono muniti di tessera di riconoscimento rilasciata dal consorzio competente.

3. Per l’applicazione delle sanzioni amministrative si applica la disciplina della legge regionale 28 novembre 1989, n. 72 (Disciplina dell’applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale).

Art. 27.

(Piano di classifica e contributo consortile di bonifica)

1. Il contributo consortile di bonifica costituisce la quota dovuta da ciascun consorziato per le spese riferibili all’articolo 21, comma 1, lettere a) e c), nonché per le spese di funzionamento del consorzio.

2. L’ammontare del contributo consortile è determinato con la deliberazione annuale di riparto della contribuenza; il costo a carico dei consorziati per la realizzazione delle opere di cui all’articolo 21, comma 1, lettera a), deve gravare pro quota sul contributo consortile, per la durata dell’ammortamento del mutuo eventualmente all’uopo stipulato.

3. A tal fine il consorzio approva, sulla base dei criteri di cui all’articolo 64, comma 1, lettera b), il piano di classifica degli immobili che individua il beneficio derivante dalle opere di bonifica, stabilisce i parametri per la quantificazione del medesimo e determina l’indice di contribuenza di ciascun immobile, tenendo conto delle variazioni che intervengono nel loro utilizzo.

4. Fino alla redazione e approvazione del piano di classifica e di determinazione del beneficio, il riparto della spesa per l’adempimento dei fini istituzionali è determinato in riferimento alle spese risultanti dai bilanci preventivi sulla base di indici provvisori.

5. Il contributo di bonifica consortile costituisce onere reale sugli immobili ed è esigibile ai sensi dell’articolo 21 del r.d. 215/1933.

Art. 28.

(Diritto di voto)

1. Ogni consorziato che goda dei diritti civili, se in regola con il pagamento dei contributi di bonifica consortili, ha diritto ad un voto.

2. Per le proprietà in comunione il diritto di voto è esercitato dal cointestatario individuato dalla maggioranza degli intestatari calcolata secondo il valore delle quote.

3. L’individuazione è effettuata con dichiarazione autenticata nei modi di legge e trasmessa alla segreteria del consorzio almeno dieci giorni prima della data delle elezioni.

4. Se la dichiarazione non è stata depositata nel termine previsto, il diritto di voto è esercitato dal cointestatario titolare della quota che rappresenta la maggioranza della proprietà indivisa ovvero, in mancanza, dal primo intestatario della proprietà.

5. Per le persone giuridiche, per i minori e gli interdetti, il diritto di voto è esercitato dai rispettivi rappresentanti.

6. Ai fini dell’esercizio di voto, è ammessa la delega a favore di un altro iscritto nella medesima sezione elettorale. Ogni consorziato non può essere titolare di più di tre deleghe. I coltivatori diretti possono conferire la delega anche a familiari conviventi.

7. Le deleghe sono conferite con atto scritto e la firma del delegante deve essere autenticata nelle forme di legge.

Art. 29.

(Catasto consortile)

1. Presso ciascun consorzio è istituito il catasto consortile al fine di individuare tutti gli immobili situati nell’ambito del comprensorio.

2. Nel catasto è individuata per ciascun immobile la proprietà nonché, nei casi di cui all’articolo 15, comma 6 l’eventuale titolarità di diritti reali di godimento e di rapporti d’affitto e di locazione.

Art. 30.

(Organi)

1. Gli organi dei consorzi di bonifica sono:

a) il Consiglio dei delegati

b) la Deputazione amministrativa

c) il Presidente

d) il Collegio di revisori dei conti.

Art. 31.

(Consiglio dei delegati)

1. Il Consiglio dei delegati è composto da un numero di membri stabilito dallo statuto del consorzio, non inferiore a quindici e pari ad un multiplo di cinque.

2. I componenti del Consiglio dei delegati vengono eletti per quattro quinti dai consorziati e per un quinto sono nominati tra gli amministratori dei Comuni rientranti, anche parzialmente, nell’ambito territoriale del comprensorio di bonifica.

3. La nomina dei rappresentanti dei Comuni è disposta con decreto del Presidente della Giunta regionale su designazione dell’assemblea dei Sindaci dei Comuni di cui all’articolo 32.

4. Il provvedimento di nomina è comunicato al consorzio nei dieci giorni successivi alla chiusura delle operazioni per le elezioni consortili. A tal fine il consorzio deve comunicare al Presidente della Giunta regionale la data delle elezioni almeno novanta giorni prima.

Art. 32.

(Designazione dei rappresentanti dei Comuni)

1. I rappresentanti dei Comuni nel Consiglio dei delegati sono designati da un assemblea composta dai Sindaci dei Comuni del comprensorio o da loro delegati, con voto limitato a:

a) due nominativi, per la designazione di tre rappresentanti;

b) tre nominativi, per la designazione fino a cinque rappresentanti;

c) quattro nominativi, per la designazione di sei rappresentanti.

2. La convocazione dell’assemblea di cui al comma 1 avviene su richiesta del Presidente del consorzio, entro i trenta giorni anteriori alla scadenza degli organi consortili.

3. L’assemblea dei Sindaci è convocata e presieduta dal sindaco del Comune avente il maggior numero di abitanti o dal suo delegato.

4. L’assemblea dei Sindaci non può procedere alle elezioni se non interviene la maggioranza dei componenti.

5. Nel caso di mancato raggiungimento del numero legale, l’assemblea è convocata di diritto per l’ottavo giorno successivo e può effettuare validamente le elezioni con la presenza di almeno un terzo dei componenti.

6. Qualora l’elezione non sia stata effettuata entro il termine di scadenza dell’amministrazione consortile precedente, il consiglio dei delegati può validamente esercitare le proprie funzioni nella composizione risultante dall’elezione dei rappresentanti dei consorziati.

7. Il consiglio dei delegati può validamente esercitare le funzioni anche nel caso in cui non siano ancora stati designati tutti i rappresentanti delle amministrazioni comunali.

Art. 33.

(Elezione dei delegati)

1. I consorziati eleggono i componenti del Consiglio al loro interno.

2. Ai fini delle elezioni dei delegati i consorziati sono suddivisi fino ad un massimo di 5 fasce, a seconda del diverso carico contributivo.

3. Ad ogni fascia è attribuito un numero di delegati, sul totale dei delegati da eleggere, percentualmente pari al rapporto fra la somma dei contributi imposti ai consorziati facenti parte di ciascuna ed il totale della contribuenza consortile, fino ad un limite massimo del 50 per cento dei delegati da eleggere.

4. I delegati eventualmente non attribuiti ad una fascia, perché eccedenti il 50 per cento dei delegati da eleggere, sono attribuiti alle altre fasce con criterio proporzionale.

5. L’elezione del Consiglio dei delegati si svolge a scrutinio segreto, contemporaneamente e separatamente fascia per fascia su presentazione di liste concorrenti di candidati compresi tra gli iscritti aventi diritto al voto nella rispettiva fascia.

6. Le liste dei candidati devono essere presentate da un numero di consorziati non inferiore al 2 per cento degli aventi diritto al voto della fascia, esclusi i candidati. Nell’ambito di ciascuna fascia il numero dei delegati da assegnare a ciascuna lista è pari alla percentuale dei voti ottenuti dalla lista, in caso di resto, i delegati da assegnare vengono attribuiti alle liste con i maggiori quozienti.

7. Sono eletti, all’interno di ciascuna lista, i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti preferenziali.

8. Qualora in una fascia sia stata presentata una sola lista di candidati, gli elettori possono dare il voto di preferenza anche ad aventi diritto al voto della medesima fascia, non compresi nella lista presentata. In questo caso, risultano eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti.

9. Sia nell’ipotesi del comma 6 sia in quella del comma 7, in caso di parità di voti, risulta eletto il più anziano d’età.

10. L’individuazione delle classi di contribuenza di cui al comma 2, è effettuata con deliberazione della Deputazione amministrativa approvata dalla Giunta regionale.

Art. 34.

(Durata in carica del Consiglio)

1. Il Consiglio dei delegati resta in carica cinque anni e i suoi membri sono rieleggibili una sola volta.

2. I delegati eletti, che per qualsiasi motivo cessino dalla carica, sono sostituiti dal primo non eletto appartenente alla medesima lista.

3. I delegati nominati dalla Regione decadono dal Consiglio qualora cessino dalla carica di amministratori dei Comuni. Alla sostituzione provvede la Regione su designazione del Comune interessato.

4. Qualora non sia possibile procedere alla sostituzione dei delegati eletti che cessino dalla carica, il Consiglio continua ad esercitare le proprie funzioni con i membri rimasti in carica.

5. Qualora i delegati eletti rimasti in carica siano inferiori ai due terzi del numero previsto dallo statuto, l’intero Consiglio decade ed è rinnovato a seguito di nuove elezioni consortili.

6. Nei casi di cui al comma 3, fino alla sostituzione dei delegati decaduti, e nel caso di cui al comma 4, le maggioranze, per la validità delle sedute e per l’adozione delle deliberazioni, sono calcolate facendo riferimento al numero dei membri rimasti in carica.

Art. 35.

(Compiti e funzionamento del Consiglio)

1. Il Consiglio dei delegati:

a) delibera la proposta di statuto da sottoporre all’approvazione della Regione ed approva i regolamenti del consorzio e le relative modifiche;

b) nomina il Presidente, la Deputazione amministrativa e il Collegio dei revisore dei conti;

c) delibera la proposta di piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale, di cui all’articolo 10;

d) approva il piano di classifica degli immobili di cui all’articolo 27, comma 3;

e) approva il bilancio preventivo e il conto consuntivo;

f) esercita tutte le altre funzione attribuitegli dallo statuto.

2. Il Consiglio è validamente costituito con la presenza della maggioranza dei delegati.

3. Le deliberazioni sono assunte a maggioranza dei delegati presenti, salve le diverse maggioranze previste dallo statuto.

Art. 36.

(Deputazione amministrativa)

1. La Deputazione amministrativa è l’organo che provvede alla gestione del consorzio, esercitando le funzioni a tal fine attribuitele dallo statuto.

2. La Deputazione è composta dal Presidente e da un numero di membri stabilito nello statuto, nominati dal Consiglio dei delegati.

3. I membri della Deputazione sono nominati tra i delegati eletti dai consorziati.

4. La Deputazione resta in carica quanto il Consiglio che l’ha nominata.

5. I membri della Deputazione, che cessino dalla carica prima della scadenza, vengono sostituiti da altri delegati secondo la categoria di appartenenza.

6. Lo statuto consortile stabilisce le modalità per la sostituzione dei componenti della Deputazione che cessino dalla carica.

7. La Deputazione cessa dalla carica prima della scadenza qualora decada la maggioranza dei suoi componenti.

Art. 37.

(Presidente)

1. Il Consiglio dei delegati nomina il Presidente del consorzio tra i propri membri eletti.

2. Il Presidente ha la legale rappresentanza dell’ente. Presiede il consiglio dei delegati e la Deputazione amministrativa ed esercita tutte le altre funzioni attribuitegli dallo statuto.

3. In caso di assenza o impedimento, il Presidente è sostituito con le modalità stabilite dallo statuto.

Art. 38.

(Collegio dei revisori dei conti)

1. Il Collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi e due supplenti, di cui uno effettivo ed uno supplente nominati dalla Regione fra gli iscritti nel ruolo ufficiale dei revisori dei conti. Gli altri membri sono nominati dal Consiglio dei delegati e scelti tra soggetti esperti in materia contabile e amministrativa.

2. Il Collegio dei revisori dei conti resta in carica quanto il Consiglio dei delegati.

3. Al membro effettivo iscritto nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti è affidata la presidenza del Collegio.

4. Il Collegio dei revisori dei conti:

a) esamina il bilancio e il conto consuntivo, predisponendo le relative relazioni illustrative;

b) vigila sulla regolare tenuta della contabilità del consorzio e ne riferisce periodicamente agli organi consortili, secondo le modalità stabilite nello statuto;

c) svolge le funzioni attribuite al Collegio sindacale dagli articoli 2397 e seguenti del codice civile;

d) esercita le funzioni attribuitegli dallo statuto;

e) presenta annualmente alla Regione una relazione sulla gestione finanziaria del consorzio nonché sui risultati dell’attività di cui alla lettera c).

Art. 39.

(Statuto)

1. Il consorzio di bonifica è retto da uno statuto che detta disposizioni per il suo funzionamento, in conformità con le disposizioni della presente legge.

2. In particolare lo statuto stabilisce:

a) il numero dei componenti del Consiglio dei delegati e della Deputazione amministrativa;

b) le competenze degli organi del consorzio e le modalità del relativo esercizio;

c) le disposizioni per le elezioni degli organi consortili.

3. La proposta di statuto è deliberata dal Consiglio dei delegati a maggioranza assoluta dei relativi componenti ed è trasmessa alla Giunta regionale nei trenta giorni successivi.

4. Lo statuto è approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, secondo le modalità stabilite dall’articolo 16.

5. Lo statuto può essere modificato con le stesse modalità.

Art. 40.

(Pubblicazione ed esecutività
delle deliberazioni consortili)

1. Le deliberazioni del Consiglio dei delegati sono pubblicate, entro sette giorni dall’adozione, mediante affissione per otto giorni consecutivi nell’albo consortile istituito presso la sede del consorzio e diventano esecutive trascorso il termine di affissione.

2. Le deliberazioni assunte dalla Deputazione amministrativa, anche sotto forma di provvedimento di urgenza da sottoporre a ratifica del competente organo, sono pubblicate all’albo del consorzio di bonifica a pena di decadenza entro il quindicesimo giorno dalla data della loro adozione. Tali deliberazioni sono immediatamente eseguibili dalla data della loro pubblicazione.

Art. 41.

(Controllo regionale sugli atti consortili)

1. Entro cinque giorni dalla loro adozione il consorzio trasmette alla Giunta regionale, per il controllo di competenza, copia delle deliberazioni relative:

a) ai piani di organizzazione variabile;

b) all’assunzione di mutui;

c) ai piani di classifica per il riparto provvisorio e definitivo degli oneri di bonifica consortili;

d) ai bilanci preventivi, alle relative variazioni ed ai conti consuntivi.

2. Entro i trenta giorni successivi alla data del loro ricevimento, la Giunta regionale ha facoltà di annullare le deliberazioni di cui al comma 1, ovvero di interrompere il termine per una sola volta, al fine di richiedere i chiarimenti al consorzio. Qualora il consorzio non risponda entro venti giorni dal ricevimento della richiesta di chiarimenti la deliberazione è dichiarata decaduta. Trascorsi i termini previsti le deliberazioni si intendono approvate ove non sia pervenuta notifica di annullamento.

Art. 42.

(Vigilanza regionale e poteri sostitutivi)

1. La Giunta regionale esercita i poteri sostitutivi sugli atti dei consorzi obbligatoriamente previsti entro un termine determinato, ai sensi della legislazione vigente e dello statuto consortile, e per gli atti sui quali siano stati posti rilievi o denunce di irregolarità.

2. A tale fine, la Giunta regionale delibera l’avvio della procedura di sostituzione, invitando il consorzio a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni dal ricevimento della deliberazione medesima.

3. Qualora il consorzio non provveda all’adozione dell’atto entro il termine stabilito, ovvero quando l’atto adottato sia annullato, la Giunta regionale nomina un Commissario ad acta per il compimento dello stesso.

4. La Giunta regionale può disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento degli organi del consorzio.

5. La Giunta regionale dispone lo scioglimento del Consiglio dei delegati in caso di:

a) ripetute e gravi violazioni di legge o dello statuto;

b) persistente inattività;

c) gravi irregolarità amministrative e contabili.

6. In tali casi la Giunta regionale provvede alla contestazione dei rilievi ed invita il Consiglio a presentare le proprie controdeduzioni entro un termine non inferiore a trenta giorni.

7. Qualora il Consiglio non provveda nel termine assegnatogli ovvero non siano ritenute valide le controdeduzioni presentate, la Giunta regionale delibera lo scioglimento del Consiglio e nomina un Commissario straordinario del consorzio, che provvede all’amministrazione del medesimo nonché all’indizione delle elezioni consortili per la costituzione del nuovo Consiglio. Il commissario straordinario è nominato per un periodo non superiore a sei mesi. Per motivate necessità, l’incarico può essere rinnovato per una sola volta per il medesimo periodo.

8. Con lo stesso provvedimento viene nominata una Consulta composta da un minimo di cinque consorziati ad un massimo di undici, il cui parere è obbligatorio per :

a) gli atti sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 41;

b) l’adozione dello statuto consortile e delle relative modifiche;

c) la proposta del piano generale di bonifica e di tutela del territorio rurale e dei relativi programmi pluriennali d’attuazione;

d) l’assunzione di mutui.

Art. 43.

(Impugnazione dei provvedimenti consortili)

1. Contro le deliberazioni degli organi dei consorzi è ammessa opposizione, ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi), da proporsi entro trenta giorni decorrenti dall’ultimo giorno di pubblicazione prevista dall’articolo 40.

2. Contro le deliberazioni che decidono sulle opposizioni è ammesso ricorso alla Giunta regionale entro trenta giorni dalla data di notificazione.

3. La Giunta regionale decide con provvedimento definitivo.

Capo III.

COMPRENSORI E CONSORZI DI IRRIGAZIONE

Art. 44.

(Comprensori di irrigazione)

1. I comprensori d’irrigazione sono delimitati con deliberazione della Giunta regionale, tenuto conto dell’esigenza di istituire gli ambiti territoriali di cui all’articolo 4, corrispondenti ad unità omogenee sotto il profilo idrografico e funzionale, in relazione alle esigenze di coordinamento delle utenze, di organicità degli interventi irrigui, della unitarietà delle fonti di approvvigionamento e delle reti di adduzione collettive.

2. A tale scopo i consorzi interessati inviano alla Giunta regionale le proprie proposte di delimitazione entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della presente legge.

3. La Giunta regionale, verificata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, trasmette le proposte di delimitazione alle Province che, entro trenta giorni, fanno pervenire le proprie osservazioni.

4. La Giunta regionale, sentita la Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione di cui all’articolo 63, approva la delimitazione dei comprensori di irrigazione nel rispetto delle situazioni in atto.

Art. 45.

(Consorzi di irrigazione)

1. A ciascun ambito delimitato ai sensi dell’articolo 44 corrisponde un consorzio di irrigazione territorialmente competente.

2. I consorzi d’irrigazione privi di personalità giuridica possono acquisirla:

a) costituendosi in consorzi di miglioramento fondiario di cui al titolo V, capo II del r.d. 215/1933, con le procedure previste dall’articolo 16 della presente legge;

b) ai sensi dell’articolo 12 del codice civile.

3. Ai consorzi d’irrigazione, istituiti o riconosciuti ai sensi delle norme di cui al titolo V, capo II del r.d. 215/1933, il cui comprensorio sia delimitato ai sensi dell’articolo 44, è riconosciuta la natura giuridica di consorzio privato di interesse pubblico.

4. Fanno parte del consorzio di irrigazione e sono iscritti ad ogni effetto di legge nel catasto corsortile i proprietari dei terreni siti nel comprensorio che sono irrigati con le acque consortili o che comunque utilizzando le medesime traggono beneficio dall’attività del consorzio. Ne fanno parte inoltre gli affittuari dei suddetti terreni che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti norme di legge, abbiano ottenuto l’iscrizione nel catasto consortile e nei ruoli di contribuenza per le spese di esercizio.

5. L’ordinamento dei consorzi di irrigazione è disciplinato dai relativi statuti nel rispetto delle norme contenute nel codice civile e, per i consorzi di miglioramento fondiario, nel r.d. 215/1933.

Art. 46.

(Funzioni dei consorzi di irrigazione)

1. Ai consorzi di irrigazione di cui all’articolo 45, competono le seguenti funzioni:

a) esercizio dell’irrigazione in forma collettiva e manutenzione delle relative opere, nonché, su concessione dello Stato o della Regione, realizzazione di interventi pubblici di manutenzione straordinaria degli impianti per l’irrigazione collettiva o di nuovi impianti collettivi anche in attuazione degli obiettivi dei fondi strutturali dell’Unione Europea;

b) realizzazione, manutenzione, gestione ed esercizio di impianti di produzione di energia sui canali consortili e approvvigionamento di imprese produttive con le acque fluenti nei canali stessi per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni;

c) svolgimento degli ulteriori compiti previsti per i consorzi di irrigazione dall’articolo 27 della legge 36/1994;

d) svolgimento dei compiti ad essi conferiti ai sensi degli articoli 1 e 11 della legge 183/1989;

e) esecuzione, con proprio personale, di misure e monitoraggi idrologici, secondo specifici protocolli tecnici regionali;

f) collaborazione con le autorità competenti per i controlli in materia di qualità delle acque, avvalendosi del proprio personale addetto alla sorveglianza delle opere, nonché collaborazione con le Autorità competenti anche attraverso la stipula di apposite convenzioni per lo studio, la realizzazione e la gestione di iniziative nel settore delle risorse idriche, compresi la depurazione ed il riutilizzo delle acque reflue;

g) promozione del riordino fondiario e del riordino irriguo.

2. I consorzi costituiti ai sensi dell’articolo 71 del r.d. 215/1933 o riconosciuti con apposito provvedimento svolgono i compiti di polizia idraulica e le funzioni di cui al titolo VI del r.d. 368/1904.

3. Le spese per l’esercizio e la manutenzione delle opere irrigue e per il funzionamento dei consorzi sono ripartite tra gli utenti beneficiari iscritti nel catasto consortile. Il riparto viene effettuato secondo i criteri indicati nello statuto o nel piano generale di riparto delle spese.

Art. 47.

(Consorzi di irrigazione e bonifica)

1. I consorzi di irrigazione costituiti ai sensi dell’articolo 71 del r.d. 215/1933, o riconosciuti con apposito provvedimento, possono svolgere in tutto il proprio comprensorio o su parte dello stesso, oltre alle funzioni proprie dei consorzi di irrigazione, anche attività di bonifica qualora ottengano, ai sensi dell’articolo 7, per il territorio interessato a tale attività, la classifica di bonifica e costituiscano a tale fine una separata gestione bonifica, secondo apposita previsione statutaria.

2. La gestione bonifica è sottoposta alla disciplina prevista dalla presente legge.

3. Gli enti pubblici che erogano finanziamenti per la realizzazione di opere di bonifica nominano loro rappresentanti negli organi statutari finalizzati alla predetta attività, secondo le indicazioni contenute nello statuto consortile.

4. I consorzi di irrigazione descritti nel presente articolo assumono la denominazione di consorzi di irrigazione e bonifica e conservano la natura giuridica dei consorzi di irrigazione.

Art. 48.

(Funzioni dei consorzi di irrigazione e bonifica)

1. Ai consorzi di irrigazione e bonifica, limitatamente al territorio classificato di bonifica, competono oltre alle funzioni che l’articolo 46 assegna ai consorzi di irrigazione, tutte le funzioni che la presente legge affida ai consorzi di bonifica ai sensi degli articoli 14 e 25.

2. I consorzi di irrigazione e bonifica, al pari dei consorzi di bonifica, possono, sulla base di accordi da stipularsi tra gli enti interessati, assumere incarichi da parte della Regione, delle Provincie, dei Comuni e loro consorzi per lo studio, la realizzazione e la gestione di iniziative nel settore delle risorse idriche, compresi il controllo delle acque sotterranee, la depurazione e il riutilizzo delle acque reflue e gli acquedotti rurali; possono altresì assumere incarichi nei settori della difesa del suolo e della salvaguardia e della valorizzazione del territorio e dell’ambiente.

Art. 49.

(Costituzione di coutenze e partecipazione a società)

1. Per la gestione in comune di canali, invasi o altri impianti idrici, i consorzi di irrigazione e i consorzi di irrigazione e bonifica contitolari della stessa utenza di acqua pubblica si costituiscono con atto pubblico in coutenza.

2. Alle coutenze così costituite possono venire concessi i contributi previsti all’articolo 52.

3. La costituzione di coutenza è altresì ammessa per:

a) la realizzazione di nuove iniziative nel settore delle utenze idriche con l’eventuale partecipazione di altri soggetti interessati;

b) la partecipazione a società, anche miste pubbliche e private, che operino nel settore delle risorse idriche, del territorio e dell’ambiente.

Art. 50.

(Canali demaniali di irrigazione)

1. La gestione dei canali demaniali d’irrigazione, trasferiti alla Regione ai sensi dell’articolo 12 della legge 27 dicembre 1977, n. 984 (Coordinamento degli interventi pubblici nei settori della zootecnia, della produzione ortofrutticola, della forestazione, dell’irrigazione, delle grandi colture mediterranee, della vitivinicoltura e della utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani), è esercitata dai consorzi di irrigazione, dagli enti pubblici e dalle coutenze a tale scopo costituite, cui possono essere concessi i contributi previsti all’articolo 52.

Art. 51.

(Riordino dei consorzi di irrigazione esistenti)

1. La Regione in considerazione dell’elevato numero di piccoli consorzi di irrigazione esistenti, diffusi sul territorio, al fine di rendere più organici gli interventi a favore dell’attività irrigua, incentiva, con le provvidenze di cui all’articolo 52, i consorzi di irrigazione, il cui comprensorio sia delimitato ai sensi dell’articolo 44.

2. I consorzi di irrigazione di cui all’articolo 45, comma 1 possono essere costituiti anche attraverso la fusione di organismi consortili esistenti, ovvero con la formazione di consorzi di secondo grado.

3. Allo stesso scopo la Regione, qualora non si ravvisino le condizioni per realizzare le fusioni, promuove, tenuto conto della realtà esistente, la costituzione, oltre che dei consorzi di irrigazione di cui al comma 1, anche di coutenze ai sensi dell’articolo 49.

4. I consorzi di irrigazione esistenti che risultano di estensione troppo limitata per poter economicamente disporre di moderne ed efficienti strutture tecniche ed amministrative, hanno facoltà, qualora ne ravvisino la convenienza economica, di concordare con i consorzi esistenti idoneamente organizzati, indipendentemente dalla localizzazione dei rispettivi comprensori, forme volontarie di collaborazione e di aggregazione.

5. In mancanza di iniziativa da parte dei consorzi esistenti, allo scopo di acquisire una più efficiente ed organica funzionalità dell’esercizio irriguo, la Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione di cui all’articolo 63, entro sei mesi dalla scadenza del termine previsto al comma 2 dell’articolo 44, sentite le Province interessate, presenta proposte alla Giunta regionale per la riorganizzazione dei consorzi di irrigazione, a condizione che sussista l’assenso della maggioranza dei soci che rappresenti almeno la maggioranza della superficie irrigata di ciascun consorzio.

6. Con l’entrata in vigore della presente legge gli esistenti consorzi di miglioramento fondiario che operano su comprensori di antica irrigazione classificati di bonifica e che già dispongono di una separata gestione bonifica e dei relativi organi statutari, sono considerati, a tutti gli effetti, quali consorzi di irrigazione e bonifica di cui all’articolo 47.

Art. 52.

(Finanziamenti regionali per l’irrigazione)

1. A favore dei consorzi d’irrigazione, così come individuati all’articolo 45, possono essere concessi contributi in conto capitale:

a) fino al 95 per cento entro il limite della spesa considerata ammissibile, per la ricerca, la raccolta e la distribuzione delle acque a scopo irriguo, per l’acquisto delle relative attrezzature, per la realizzazione o la sistemazione dei laghetti artificiali, anche se destinati unicamente all’acquacoltura e per le sistemazioni idraulico-agrarie del suolo;

b) fino al 50 per cento del valore di trasferimento relativo al riordino irriguo volontario di cui all’articolo 5.

Capo IV.

NORME COMUNI

Art. 53.

(Consorzi di secondo grado)

1. Per la coordinata realizzazione e gestione di opere di bonifica e dei servizi di interesse comune a più consorzi, possono costituirsi consorzi di secondo grado tra consorzi di bonifica, consorzi di irrigazione, consorzi di irrigazione e bonifica e Comunità montane.

2. Alla costituzione dei consorzi di secondo grado di cui al comma 1 possono partecipare anche enti pubblici e privati ed altri soggetti interessati alla realizzazione e alla gestione di opere di bonifica e di servizi di interesse comune.

3. L’iniziativa per la costituzione dei consorzi di cui ai commi 1 e 2 può essere assunta da uno o più dei soggetti interessati nonchè dalla Regione.

4. La costituzione dei consorzi di cui ai commi 1 e 2 è deliberata, su proposta della Giunta regionale, dal Consiglio regionale, con l’approvazione dei rispettivi statuti che devono definirne i compiti, le finalità, la natura giuridica, la composizione degli organi amministrativi e le norme di funzionamento.

Art. 54.

(Attuazione del programma triennale regionale
della bonifica e dell’irrigazione)

1. Il programma di cui all’articolo 3 è valido per un triennio ed è aggiornato annualmente in funzione del bilancio pluriennale della Regione.

2. Il programma, con riferimento alle disponibilità finanziarie indicate dal bilancio della Regione, individua per ciascuno degli anni considerati e per ogni comprensorio:

a) le nuove opere pubbliche di bonifica e di irrigazione e le opere di manutenzione straordinaria, specificando per ciascuna di esse la spesa presunta, l’eventuale concorso degli enti locali ai sensi dell’articolo 12, nonché la misura del concorso a carico dei proprietari immobiliari interessati di cui all’articolo 21;

b) le nuove opere di bonifica di competenza privata e l’ammontare complessivo dell’eventuale contributo regionale concesso per la loro realizzazione.

3. Nelle more dell’approvazione del programma triennale di bonifica e di irrigazione, gli interventi previsti nei piani generali di bonifica e di tutela del territorio rurale sono realizzati sulla base di un programma annuale approvato dalla Giunta regionale nell’ambito degli stanziamenti iscritti sui competenti capitoli del bilancio annuale della Regione e secondo i criteri e le priorità da questa individuate, sentito il parere della Commissione consultiva regionale per l’agricoltura e le foreste di cui all’articolo 8 della l.r. 63/1978, come sostituito dall’allegato all’articolo 2 della legge regionale 28 ottobre 1986, n. 44.

Art. 55.

(Procedure per la redazione dei programmi annuali)

1. I consorzi di irrigazione di cui all’articolo 45, i consorzi di irrigazione e bonifica di cui all’articolo 47 e i consorzi di bonifica, in conformità delle indicazioni deliberate dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, elaborano la proposta di programma annuale relativa ai comprensori di propria competenza e la trasmettono entro il 31 maggio di ogni anno alla Giunta regionale.

2. La proposta è contestualmente inviata agli enti locali interessati per territorio.

3. Entro il 31 luglio di ogni anno tali enti trasmettono alla Giunta regionale eventuali osservazioni in ordine alla priorità degli interventi previsti e al coordinamento con le altre opere pubbliche che interessano il medesimo territorio.

4. Entro il 30 settembre di ogni anno la Giunta regionale, tenuto conto delle osservazioni ricevute, approva il programma.

5. Il programma così approvato è pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione.

Art. 56.

(Finanziamento delle opere pubbliche
di bonifica e di irrigazione)

1. La Giunta regionale approva il programma triennale di finanziamento per le opere pubbliche di bonifica e di irrigazione e la conseguente ripartizione delle risorse, valutando la loro priorità in rapporto alle altre opere pubbliche previste per ciascun comprensorio ed al complesso degli interventi di bonifica e di irrigazione da realizzare sul territorio regionale.

2. Per le opere pubbliche di bonifica, la Giunta regionale tiene conto degli elementi desumibili dai piani generali di bonifica e di tutela del territorio rurale nonché degli eventuali ulteriori elementi relativi ad eventi successivi all’approvazione dei piani e specificatamente motivati nel programma triennale di cui all’articolo 54.

Art. 57.

(Contributi regionali per gli interventi
di competenza privata)

1. Per la realizzazione delle opere di bonifica di competenza privata per le quali possono essere concessi contributi di cui all’articolo 21, la Giunta regionale entro novanta giorni dall’approvazione del programma triennale di cui all’articolo 54, delibera i criteri per la concessione di contributi.

Art. 58.

(Contributi regionali per la fusione dei consorzi)

1. La Regione, al fine di favorire la fusione di organismi consortili esistenti, concede contributi in conto capitale, entro le seguenti misure:

a) fino al 100 per cento per le spese notarili, fiscali e professionali documentate e riconosciute ammissibili;

b) fino al 95 per cento della spesa riconosciuta ammissibile per la realizzazione delle opere necessarie e funzionali al comprensorio conseguente alla fusione stessa.

Art. 59.

(Interventi urgenti)

1. Al verificarsi di una situazione di particolare emergenza, qualora siano necessari interventi urgenti ed indifferibili per garantire la funzionalità delle opere di bonifica e di irrigazione, per evitare danni alle medesime ed in generale a persone ed immobili, lo stanziamento previsto per i contributi a favore dei consorzi può essere utilizzato, nel limite massimo del quindici per cento per le spese di pronto intervento, quale anticipazione dei fondi riconosciuti dallo Stato alla Regione per lo stesso titolo in base alle leggi vigenti.

2. In caso di mancato accoglimento da parte dello Stato della proposta regionale di declaratoria della eccezionalità dell’evento calamitoso, oppure nell’eventualità di minori assegnazioni statali rispetto alle somme anticipate dalla Regione, la stessa reintegra, fino al limite massimo indicato al comma 1, il finanziamento per gli interventi di cui al presente articolo.

Art. 60.

(Interventi della Giunta regionale)

1. La Giunta regionale promuove e finanzia, con le forme previste dall’ordinamento regionale, rilevamenti, indagini, studi e ricerche per realizzare una migliore conoscenza e valutazione degli aspetti fisici, ambientali, sociali ed economici, finalizzati all’elaborazione del piano regionale per le attività di bonifica e irrigazione di cui all’articolo 2, nonché per particolari necessità che si manifestino in un periodo successivo a tale elaborazione.

2. Le spese per l’attuazione di quanto previsto al comma 1, sono autorizzate in deroga a quanto previsto dalla legge regionale 25 gennaio 1988, n. 6 (Norme relative allo svolgimento di collaborazioni nell’ambito dell’attività dell’Amministrazione Regionale) e successive modifiche ed integrazioni.

Art. 61.

(Relazione triennale)

1. La Giunta regionale presenta al Consiglio regionale una relazione triennale concernente l’attuazione del programma triennale di cui all’articolo 54.

2. La relazione è presentata entro il 31 dicembre dell’anno successivo al triennio di riferimento.

Art. 62.

(Sistema informativo della bonifica ed irrigazione)

1. Al fine di raccogliere, organizzare, elaborare e diffondere dati ed elaborati, anche cartografici, sulla bonifica, l’irrigazione e lo spazio rurale, è costituito presso la Giunta regionale il Sistema informativo della bonifica ed irrigazione, di seguito denominato SIBI.

2. Il SIBI contiene in forma organizzata e facilmente accessibile le informazioni necessarie per migliorare la gestione e la trasparenza amministrativa, conoscere lo stato, la consistenza, l’ubicazione delle opere idrauliche e irrigue sul territorio, documentare lo stato e le caratteristiche delle risorse fisiche comprensoriali, supportare l’attività di elaborazione ed attuazione dei piani e programmi regionali e comprensoriali.

3. Per la realizzazione del SIBI, la Regione può stipulare apposite convenzioni e collegamenti con altri enti, strutture e sistemi informativi ed avvalersi di tecnici ed esperti nel campo informativo, socioeconomico e territoriale.

4. Il SIBI è raccordato con tutti i sistemi informativi della Regione.

Art. 63.

(Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione)

1. E’ costituita presso la Giunta regionale la Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione. La Consulta è organo consultivo della Regione per gli adempimenti connessi all’attuazione della presente legge.

2. La Consulta è nominata dal Presidente della Giunta regionale ed è composta da quindici membri di cui:

a) un rappresentante dell’Unione regionale del Piemonte dell’Associazione nazionale delle bonifiche, delle irrigazioni, dei miglioramenti fondiari;

b) un rappresentante designato dai consorzi di bonifica di cui all’articolo 13;

c) un rappresentante designato dai consorzi di irrigazione e bonifica di cui all’articolo 47;

d) un rappresentante designato dai consorzi di irrigazione di cui all’articolo 45;

e) un rappresentante per ognuna delle tre organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale;

f) tre rappresentanti delle organizzazioni cooperativistiche agricole maggiormente rappresentative a livello regionale;

g) un rappresentante dei Comuni desiganto dall’Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI);

h) un rappresentante delle Province interessate designato dall’Unione delle Province piemontesi (UPP);

i) tre funzionari della Regione, in rappresentanza dei Settori regionali competenti in materia di agricoltura, lavori pubblici, risorse idriche e ambiente.

3. La Consulta è presieduta dall’Assessore regionale all’Agricoltura o da un suo delegato.

4. Il funzionamento della Consulta è disciplinato dalla Giunta regionale.

Art. 64.

(Competenze della Consulta regionale
per la bonifica e l’irrigazione)

1. La Consulta regionale per la bonifica e l’irrigazione formula proposte in ordine:

a) all’elaborazione degli schemi di statuto dei consorzi;

b) all’elaborazione dei criteri per la formulazione dei piani di classifica ai fini del riparto delle spese consortili;

c) alle vertenze tra i consorzi di cui all’articolo 13, comma 5;

d) alla organizzazione d’ufficio dei consorzi irrigui esistenti, in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 51, comma 5.

2. La Consulta esprime parere, obbligatorio e non vincolante, in ordine alle proposte di:

a) piano regionale per la bonifica e l’irrigazione;

b) delimitazione dei comprensori di bonifica e dei comprensori di cui all’articolo 44;

c) piani generali di bonifica e di tutela del territorio rurale;

d) piani di classifica per il riparto degli oneri e delle spese di gestione consortile;

e) delimitazione dei perimetri consortili;

f) programma triennale regionale della bonifica e dell’irrigazione.

Art. 65.

(Norme finanziarie)

1. Per l’attuazione della presente legge è autorizzata, per l’anno finanziario 1999 la spesa di lire 350.000.000 per le spese correnti e la spesa di lire 6.300.000.000 per spese di investimento.

2. Nello stato di previsione della spesa vengono conseguentemente istituiti appositi capitoli con le denominazioni sottospecificate e gli stanziamenti a fianco indicati:

a) “Spese per studi e ricerche per la redazione del piano di cui all’articolo 60 e per le spese notarili, fiscali e professionali di cui all’articolo 58, lire 350.000.000";

b) “Contributi in conto capitale per opere di bonifica e irrigazione private obbligatorie, lire 2.800.000.000";

c) “Contributi in conto capitale per la manutenzione di opere pubbliche di bonifica e irrigazione e opere private di bonifica e irrigazione, lire 1.000.000.000";

d) “Contributi in conto capitale di cui all’articolo 52, lire 1.250.000.000";

e) “Contributi in conto capitale di cui all’articolo 58, lire 1.250.000.000".

3. Alla copertura degli oneri finanziari si provvede mediante riduzione di lire 350.000.000 dal capitolo 15910 e di lire 6.300.000.000 dal capitolo 27170.

4. Fra i capitoli indicati al comma 3, è autorizzato lo storno di fondi in via di compensazione mediante provvedimenti amministrativi in deroga al disposto dell’articolo 42 della legge regionale 29 dicembre 1981, n. 55 (Norme di contabilità regionale).

5. Nello stato di previsione dell’entrata del bilancio regionale è altresì istituito un capitolo denominato: “Introito dei proventi delle contravvenzioni alle norme di polizia idraulica elevate dai consorzi di bonifica con la dotazione ‘per memorià’”.

6. Per gli anni successivi si provvede in sede di predisposizione dei relativi bilanci.

Art. 66.

(Norma transitoria)

1. La concessione degli aiuti previsti dalla presente legge è disposta dopo il parere favorevole dell’Unione Europea sulla legge.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 9 agosto 1999

p. Enzo Ghigo
Il Vice Presidente
Gilberto Pichetto Fratin

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 32 dell’11 agosto 1999 (ndr)



Legge regionale 9 agosto 1999, n. 22

Norme per la standardizzazione delle informazioni sulle opere connesse all’uso dell’acqua e riapertura dei termini per la presentazione delle domande di rinnovo delle utenze di acqua pubblica prorogate dalla legge regionale 29 novembre 1996, n. 88

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità e oggetto della legge)

1. Al fine di disporre di un patrimonio conoscitivo comune a tutti i soggetti coinvolti nel governo e nella gestione della risorsa idrica, nonché di favorire l’attività di vigilanza e di polizia idraulica, la presente legge ha per oggetto la definizione di modalità per l’identificazione univoca delle captazioni idriche e per l’acquisizione dei dati sulle infrastrutture di acquedotto, fognatura e depurazione in modo da consentire omogeneità del trattamento dei dati e l’interscambio delle informazioni acquisite.

Art. 2.

(Registro delle opere di captazione)

1. E’ istituito il registro delle opere di captazione quale parte integrante del catasto delle utenze idriche di cui all’articolo 4 della legge regionale 13 aprile 1994, n. 5 (Subdelega alle Province delle funzioni amministrative relative alle utilizzazioni delle acque pubbliche), nel quale sono riportati i codici identificativi di tutte le opere destinate al prelievo di acque superficiali e sotterranee per uso diverso da quello domestico.

2. L’autorità competente al rilascio o rinnovo dei provvedimenti amministrativi autorizzativi o concessori relativi all’utilizzazione delle acque ai sensi del testo unico sulle acque ed impianti elettrici approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, assegna ad ogni opera di captazione un codice identificativo.

3. Entro trenta giorni dall’assegnazione, la stessa autorità comunica il codice identificativo a tutti gli enti ed i soggetti preposti all’esercizio di funzioni amministrative autorizzative, conoscitive, consultive o di controllo attinenti all’opera medesima, i quali conformano i propri archivi riportando il codice identificativo assegnato e utilizzano il medesimo in ogni provvedimento o comunicazione avente ad oggetto l’opera di captazione.

4. Il codice identificativo si riferisce esclusivamente all’opera di captazione, segue la medesima dalla sua realizzazione alla sua demolizione e/o chiusura e non può essere riutilizzato per opere diverse.

5. Con provvedimento della Giunta regionale, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri di identificazione e le modalità di attribuzione del codice.

Art. 3.

(Targa delle opere di captazione)

1. La stessa autorità di cui all’articolo 2, comma 2 provvede alla realizzazione e alla consegna al titolare dell’opera di captazione di una targa con inciso il codice identificativo, che, a cura e spese di questi, è applicata, entro il termine stabilito dalla medesima autorità, alla struttura esterna dell’opera di captazione in modo inamovibile, visibile e riconoscibile.

2. Il titolare ha l’obbligo, a pena di inammissibilità delle relative istanze o comunicazioni, di utilizzare il codice assegnato nei rapporti con la pubblica amministrazione aventi come oggetto i provvedimenti amministrativi relativi all’opera di captazione. Il titolare dell’opera di captazione è responsabile del mantenimento in buono stato di conservazione della targa, che deve risultare sempre chiaramente leggibile. In caso di danneggiamento, smarrimento o sottrazione della medesima ne richiede, a sua cura e spese, la sostituzione all’autorità competente.

Art. 4.

(Ambito di applicazione)

1. Le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 si applicano a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento della Giunta regionale di cui all’articolo 2, comma 5 e, limitatamente alle opere di captazione relative a grandi derivazioni di acqua pubblica, con decorrenza dalla data di effettivo trasferimento delle corrispondenti funzioni di cui all’articolo 89, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), così come disciplinato dallo stesso decreto legislativo.

Art. 5.

(Progetti di acquedotto, fognatura e depurazione)

1. I progetti di opere pubbliche igienico-sanitarie relative ad acquedotti, fognature ed impianti di depurazione, ai fini della loro approvazione ai sensi dell’articolo 18 della legge regionale 21 marzo 1984, n. 18 (Legge generale in materia di opere e lavori pubblici), sono necessariamente corredati con la scheda del catasto delle infrastrutture dei servizi idrici e della relativa cartografia su carta tecnica regionale in scala 1:10.000. La scheda e le modalità di compilazione sono definite dalla Giunta regionale entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 6.

(Riapertura dei termini per la presentazione
delle domande di rinnovo delle utenze
di acqua pubblica soggette a proroga)

1. Il termine di cui all’articolo 2, comma 1 della legge regionale 29 novembre 1996, n.88 (Disposizioni in materia di piccole derivazioni di acqua pubblica) è prorogato sino al 30 giugno 2000. La disposizione del presente comma ha efficacia dal 27 giugno 1997.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 9 agosto 1999

p. Enzo Ghigo
Il Vice Presidente
Gilberto Pichetto Fratin

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 32 dell’11 agosto 1999 (ndr)











Legge regionale 9 agosto 1999, n. 23

Sottoscrizione di nuove azioni della “Terme di Acqui S.p.A.”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità)

1. Al fine di dotare la “Terme di Acqui S.p.A.” dei mezzi finanziari occorrenti per la realizzazione del programma di interventi di riqualificazione degli stabilimenti termali e delle strutture ricettive, la Regione Piemonte si impegna a sottoscrivere, in proporzione alla quota azionaria posseduta, in adesione al previsto aumento di capitale che l’Assemblea della Società delibererà, un numero di nuove azioni di importo complessivo non superiore a lire 7.000 milioni.

Art. 2.

(Modalità attuative)

1. La Giunta regionale è autorizzata a compiere gli atti necessari a dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 1 nonchè quelli comunque utili a preservare, in capo alla Regione, la titolarità del pacchetto azionario di maggioranza.

Art. 3.

(Disposizione finanziaria)

1. Per l’attuazione della presente legge è autorizzata, per l’anno finanziario 1999, la spesa di lire 3.500 milioni.

2. All’onere relativo si provvede mediante riduzione di pari ammontare, sia in termini di competenza che di cassa, dello stanziamento di cui al capitolo 27170 dello stato di previsione della spesa e mediante istituzione - con identico stanziamento - di apposito capitolo denominato “Oneri relativi alla sottoscrizione di nuove azioni della Terme di Acqui S.p.A.”.

3. Alla copertura finanziaria della residua quota, pari a lire 3.500 milioni, si provvede in sede di predisposizione del bilancio della Regione per l’anno 2000.

Art. 4.

(Dichiarazione d’urgenza)

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 9 agosto 1999

p. Enzo Ghigo
Il Vice Presidente
Gilberto Pichetto Fratin

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 32 dell’11 agosto 1999 (ndr)




Legge regionale 31 agosto 1999, n. 24

Modifiche della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21 “Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

1. Il comma 3 dell’articolo 1 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21 (Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato), è sostituito dal seguente:

“3. Gli interventi sono attuati a favore delle imprese artigiane, sia singole che associate o consorziate, nonché a favore di imprese richiedenti che ottengono l’iscrizione presso il competente albo provinciale delle imprese artigiane entro dodici mesi dalla data di presentazione della domanda di intervento agevolativo. Le imprese beneficiarie devono avere la sede operativa nel territorio della Regione Piemonte.”.

Art. 2.

1. Il comma 3 dell’articolo 2 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“3. Il finanziamento di tutte le tipologie di interventi previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59) è attuato attraverso risorse proprie della Regione e quote di fondi nazionali e comunitari destinati al settore. La Regione inoltre ricerca e promuove l’utilizzo di risorse aggiuntive da parte di soggetti pubblici e privati interessati a partecipare alle iniziative ed ai programmi di valorizzazione dell’artigianato previsti dalla presente legge.”.

Art. 3.

1. Dopo l’articolo 3 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è inserito il seguente:

“Art. 3 bis. (Monitoraggio e valutazione dell’efficacia degli interventi)

1. La Giunta regionale, entro il 30 aprile di ogni anno, predispone il monitoraggio degli interventi di sostegno pubblico concessi nell’anno precedente al fine di verificare lo stato di attuazione, anche finanziario, di ciascun regime e la capacità di perseguire i relativi obiettivi.

2. Sulla scorta dei dati rilevati, la Giunta regionale, entro il mese di giugno, predispone e trasmette al Consiglio regionale, per opportuna informazione, una relazione contenente per ogni tipologia di intervento:

a) lo stato di attuazione finanziaria;

b) l’efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi perseguiti;

c) l’eventuale fabbisogno finanziario per gli interventi in vigore;

d) l’eventuale esigenza di nuovi interventi.”.

Art. 4.

1. La rubrica del capo I del titolo II della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente: “Capo I. Fondo regionale per lo sviluppo e la qualificazione delle piccole imprese”.

Art. 5.

1. L’articolo 4 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 4 (Istituzione del Fondo)

1. E’ istituito il Fondo regionale per lo sviluppo e la qualificazione delle piccole imprese, di seguito denominato Fondo, attraverso il quale la Regione sostiene le iniziative che rispondono ai criteri e ai requisiti fissati dal programma degli interventi di cui all’articolo 5.

2. Il Fondo viene alimentato dagli stanziamenti della Regione Piemonte, dagli interessi maturati sugli stanziamenti non utilizzati e dai rientri, per capitale ed interessi, delle somme anticipate per il finanziamento dei programmi di intervento.

3. Al Fondo possono confluire anche le disponibilità finanziarie assegnate alla Regione ai sensi di leggi statali e di regolamenti comunitari, per l’attuazione di programmi di intervento rivolti alle piccole imprese. Al Fondo possono confluire altresì contribuzioni di altri soggetti pubblici e privati, erogate per il medesimo scopo.

4. Il Fondo è articolato in apposite sezioni in corrispondenza alle differenti tipologie di intervento finanziate ai sensi della presente legge o di altre leggi regionali.

5. Il Fondo è istituito presso l’Istituto finanziario regionale Finpiemonte SpA.

6. Le risorse del Fondo costituiscono patrimonio della Regione e, nel caso del venire meno dei presupposti che ne determinano l’istituzione, le somme residue, comprensive degli eventuali crediti gestionali e dedotto unicamente quanto forma oggetto di impegni già formalmente assunti e perfezionati, devono essere restituite alla Regione che le utilizza per scopi di promozione e sviluppo delle piccole imprese.".

Art. 6.

1. L’articolo 5 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente :

“Art. 5. (Programma degli interventi)

1. Per ciascuna sezione del Fondo di cui all’articolo 4, la Giunta regionale, sentite le associazioni di categoria regionali maggiormente rappresentative, predispone il programma degli interventi da finanziare e lo trasmette al Consiglio regionale per il parere da esprimersi entro quarantacinque giorni dalla trasmissione. Trascorso tale termine il parere si intende acquisito favorevolmente.

2. Il citato programma individua e determina:

a) gli ambiti prioritari di intervento, riferiti sia a determinate situazioni territoriali, sia alle esigenze specifiche delle imprese operanti in particolari settori di attività;

b) le misure di agevolazione, ivi compresi i tassi di restituzione, nonché la determinazione dettagliata delle classi e delle tipologie degli investimenti ammissibili, per ciascuno degli ambiti di cui alla lettera a);

c) i criteri e le modalità per l’utilizzazione delle risorse disponibili;

d) gli indirizzi attuativi di intervento.”.

Art. 7.

1. Il comma 1 dell’articolo 7 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente :

“1. Per l’esame dei progetti e delle iniziative ammissibili agli interventi del Fondo viene istituito, per ciascuna sezione del Fondo, con determinazione della Direzione regionale competente per materia, un Gruppo tecnico di valutazione, composto da:

a) il Dirigente della struttura regionale competente per materia che lo presiede;

b) un esperto individuato dall’ente gestore;

c) tre esperti in materie economiche, giuridiche e aziendali, anche su indicazione delle associazioni regionali di categoria maggiormente rappresentative.”.

Art. 8.

1. Il comma 1 dell’articolo 9 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“1. La Regione agevola l’accesso al credito delle imprese artigiane e il reperimento delle risorse finanziarie occorrenti nell’attuazione dei programmi di investimento per l’impianto, il consolidamento e lo sviluppo dell’attività aziendale, attraverso i seguenti interventi:

a) sostegno e promozione della cooperazione creditizia attraverso il concorso al fondo rischi dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi, costituiti ed operanti secondo quanto disposto dagli articoli 10, 11 e 12, nonché la concessione agli stessi consorzi e cooperative di contributi per programmi di assistenza tecnica di cui all’articolo 21;

b) concorso a fondo perduto ovvero nel pagamento degli interessi su tutti gli interventi attivati, sotto qualsiasi forma, gestiti direttamente oppure per il tramite della Cassa per il credito alle imprese artigiane Artigiancassa SpA, ovvero direttamente dall’Artigiancassa stessa o da Finpiemonte SpA o da altri istituti di credito;

c) anticipazioni finanziarie attraverso l’intervento di apposita sezione del Fondo di cui all’articolo 4.”.

Art. 9.

1. Il comma 3 dell’art. 10 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“3. La Giunta regionale approva annualmente i criteri e le modalità di assegnazione dei contributi al fondo rischi dei Confidi e li trasmette al Consiglio regionale per il parere da esprimersi entro quarantacinque giorni dalla trasmissione. Trascorso tale termine, il parere si intende acquisito favorevolmente.”.

Art. 10.

1. La lettera b) del comma 2 dell’articolo 11 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente:

“b) la presenza nell’organo amministrativo del Consorzio di due rappresentanti della Regione Piemonte designati dalla Giunta regionale, su proposta del responsabile della Direzione regionale competente in materia di artigianato, tra i dirigenti o i funzionari appartenenti alle strutture di competenza.”

2. Dopo il comma 2 dell’articolo 11 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è aggiunto il seguente:

“2 bis. I benefici della presente legge sono validi anche nel caso di eventuale fusione del Consorzio regionale artigiano di garanzia fidi Artigianfidi con altri consorzi di garanzia fidi, a condizione che detti benefici vengano destinati esclusivamente ad integrazione di fondi rischi per la prestazione di garanzia alle imprese artigiane e che venga mantenuta la rappresentanza della Regione negli organi amministrativi e nel Collegio sindacale del consorzio.”.

Art. 11.

1. La lettera d) del comma 1 dell’articolo 12 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente:

“d) svolgere attraverso i Confidi associati attività di assistenza, consulenza finanziaria, assicurativa e formativa a favore delle imprese artigiane”.

2. La lettera b) del comma 3 dell’articolo 12, della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente:

“b) la presenza nell’organo amministrativo del consorzio di due rappresentanti della Regione Piemonte designati dalla Giunta regionale, su proposta del responsabile della Direzione regionale competente in materia di artigianato, tra i dirigenti o i funzionari appartenenti alle strutture di competenza.”.

Art. 12.

1. Il comma 1 dell’articolo 15 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“1. I programmi di investimento in beni e servizi, effettuati da imprese artigiane singole o consorziate, possono essere finanziati fino ad un massimo del 70 per cento dell’investimento complessivo ritenuto ammissibile. Il finanziamento regionale non può superare l’importo definito con il programma degli interventi di cui all’articolo 5 ed è erogato in aggiunta ad un concomitante finanziamento bancario sulla parte di importo residuo, che deve accompagnare la realizzazione del piano di investimento.”.

Art. 13.

1. L’articolo 16 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 16 (Localizzazione e rilocalizzazione degli insediamenti artigiani)

1. La Regione promuove la localizzazione e la rilocalizzazione delle imprese artigiane, sia singole che associate, all’interno di:

a) aree attrezzate a destinazione produttiva o mista;

b) complessi edilizi e fabbricati riattivabili a fini produttivi o di servizio;

c) aree per l’artigianato artistico e di servizio;

d) aree interessate da programmi di recupero e riqualificazione urbana;

e) aree individuate da normativa comunitaria o statale quale oggetto di interventi di sostegno pubblico all’artigianato.

2. I progetti di localizzazione e rilocalizzazione nelle aree di cui al comma 1, esecutivi e di immediata operatività, devono essere conformi agli strumenti urbanistici del comune.”.

Art. 14.

1. L’articolo 18 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 18 (Programma degli interventi)

1. La Giunta regionale, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, predispone il programma degli interventi, sentite le confederazioni artigiane regionali maggiormente rappresentative.

2. Nel programma sono individuati e determinati:

a) gli ambiti di intervento riferiti a determinate situazioni territoriali e alle esigenze specifiche delle imprese operanti in particolari settori di attività;

b) le misure di agevolazione e la determinazione dettagliata delle classi, delle tipologie e dei limiti degli investimenti ammissibili, per ciascuno degli ambiti di cui alla lettera a);

c) i criteri e le modalità per l’utilizzazione delle risorse disponibili;

d) i termini e le modalità di presentazione delle domande con relativa documentazione da parte dei soggetti interessati.

3. L’intervento regionale, nei limiti delle risorse disponibili, si attua con un contributo in conto capitale fino al 40 per cento della spesa complessiva ritenuta ammissibile, dedotti gli oneri fiscali.

4. La Giunta regionale ha facoltà di aggiornare e modificare il programma degli interventi, sentite le confederazioni artigiane regionali maggiormente rappresentative.”.

Art. 15.

1. Il comma 3 dell’articolo 20 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“3. I contributi di cui al comma 2, lettera a), possono essere concessi per il sostegno delle spese occorrenti:

a) all’elaborazione del manuale di qualità;

b) all’accesso alle procedure di precertificazione o certificazione da parte degli organismi accreditati ai sensi delle normative in vigore;

c) all’addestramento tecnico del personale addetto alle funzioni di controllo della qualità.”

2. Il comma 5 dell’articolo 20 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“5. La Giunta regionale dispone, con proprio provvedimento, i criteri per la concessione ed erogazione dei contributi nonché i termini e le modalità per la presentazione delle domande.”.

Art. 16.

1. L’articolo 21 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 21. (Assistenza tecnica)

1. La Regione incentiva l’innovazione e l’aggiornamento organizzativo e manageriale nell’artigianato favorendo l’accesso delle imprese ai servizi di assistenza tecnico-organizzativa, economico-finanziaria, tecnologica, produttiva e commerciale, finalizzati al miglioramento dell’efficienza aziendale e delle strategie di presenza sui mercati. Gli interventi regionali sono attuati attraverso il finanziamento di programmi di assistenza tecnica finalizzata allo sviluppo dei sistemi di qualità, alla certificazione, al trasferimento delle informazioni relative a normative nazionali e comunitarie nonché a opportunità commerciali e di collaborazione tecnica, alla partecipazione alla ricerca applicata, alla creazione e allo sviluppo dei brevetti, alla partecipazione a gare di appalto, alla formazione e all’aggiornamento imprenditoriale e tecnologico anche nel campo delle tecniche finanziarie, alla creazione di nuove imprese, all’elaborazione di piani di sviluppo aziendale e alla conseguente predisposizione di fascicoli relativi a richieste di accesso a programmi di finanziamento.

2. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono perseguiti attraverso:

a) il finanziamento di iniziative attivate direttamente dalla Regione, anche in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati;

b) la concessione di contributi a programmi di assistenza tecnica predisposti, singolarmente o in concorso tra loro, dai centri e dalle agenzie per l’innovazione, anche a capitale misto pubblico e privato, promossi dall’Unione europea, dalle Università degli Studi e dal Politecnico, dalle CCIAA del Piemonte, dagli enti di ricerca operanti nella regione, dalle associazioni sindacali artigiane maggiormente rappresentative, che operano direttamente o attraverso apposite società e reti di servizi, nonchè da consorzi, società consortili e associazioni temporanee costituite tra imprese artigiane e dai soggetti di cui agli articoli 10, 11 e 12.

3. I programmi di assistenza tecnica possono essere predisposti sia con carattere di continuità nel tempo, quando occorra assicurare l’accesso a servizi reali di base da parte di gruppi aperti di imprese, sia per singole iniziative a carattere saltuario.

4. Il finanziamento regionale può coprire fino al 50 per cento delle spese relative alla realizzazione dei programmi di intervento, con criteri e limiti di importo stabiliti dalla Giunta regionale.

5. Nelle spese di realizzazione dei programmi di intervento rientrano anche i costi relativi alle analisi preliminari, alla progettazione economico-finanziaria e alla promozione dei servizi offerti, la cui incidenza non sia superiore al 10 per cento del costo dell’intero programma.

6. I criteri e le modalità’ per la presentazione delle domande per la concessione ed erogazione dei contributi sono disposti dalla Giunta regionale con proprio provvedimento, sentite le confederazioni sindacali artigiane regionali maggiormente rappresentative.”.

Art. 17.

1. Al comma 4 dell’articolo 23 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, sono soppresse le parole: “entro il 31 dicembre”.

2. Il comma 5 dell’articolo 23 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“5. L’intervento regionale può arrivare a coprire fino al 30 per cento delle spese ritenute ammissibili, con un tetto massimo di spesa il cui importo è stabilito con deliberazione della Giunta regionale, sentite le confederazioni sindacali artigiane regionali e quelle dei lavoratori maggiormente rappresentative; con lo stesso provvedimento sono stabiliti i criteri, le modalità e i termini per la presentazione delle domande nonchè per la concessione ed erogazione dei contributi.”.

Art. 18.

1. La rubrica del capo V della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente: “Promozione”.

Art. 19.

1. L’articolo 24 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 24. (Interventi per la promozione)

1. Per diffondere e consolidare la presenza dell’artigianato piemontese sui mercati nazionali ed esteri, la Regione promuove interventi atti a facilitare:

a) la partecipazione ad esposizioni fieristiche e a missioni esplorative;

b) lo svolgimento di ricerche e analisi di mercato;

c) la consulenza contrattuale, giuridico-fiscale e di arbitrato;

d) la ricerca e lo sviluppo di rapporti di cooperazione transnazionale;

e) la progettazione e la realizzazione di marchi di qualità e di origine.

2. Gli interventi per la promozione commerciale diretti ad imprese artigiane singole o consorziate, a norma di legge, sono predisposti e curati attraverso l’Istituto per il commercio estero (ICE), le CCIAA del Piemonte, anche per il tramite della loro unione regionale e del Centro estero promosso dalle stesse, gli enti strumentali regionali, le associazioni rappresentative dell’artigianato e altri soggetti eventualmente individuati con apposita convenzione.

3. Le richieste di contributo per gli interventi e le iniziative di promozione devono essere presentate entro il mese di settembre dell’anno che precede l’esercizio di riferimento e devono essere corredate della documentazione atta a valutare le ricadute sulle imprese partecipanti nella loro dimensione di mercato economico-finanziaria.

4. Il programma degli interventi e delle iniziative di promozione commerciale nel settore dell’artigianato è approvato dalla Giunta regionale, entro il successivo mese di ottobre, e contiene i limiti di intervento e le modalita’ per l’erogazione dei contributi.

5. I rapporti della Regione con gli enti incaricati di prestare gli interventi di promozione commerciale all’artigianato sono disciplinati da apposita convenzione predisposta dalla Giunta regionale.".

Art. 20.

1. L’articolo 25 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 25 (Iniziative dirette)

1. La Regione può organizzare direttamente, o in collaborazione con l’ICE o le CCIAA del Piemonte, anche attraverso il Centro estero delle CCIAA piemontesi, partecipazioni collettive di imprese artigiane ad esposizioni e rassegne commerciali ritenute particolarmente qualificanti sotto il profilo della specializzazione merceologica, della ricerca e del confronto stilistico e delle innovazioni.

2. La Regione può farsi carico dell’organizzazione di missioni di delegazioni, qualora ciò risulti utile per ragioni di studio e documentazione di aspetti connessi all’organizzazione dei sistemi produttivi, ai rapporti di collaborazione tra imprese di differenti dimensioni, all’acquisizione di conoscenze nel campo delle tecnologie di produzione e della ricerca scientifica, all’assetto giuridico e istituzionale del settore e a quanto altro può formare oggetto di conoscenza e approfondimento degli aspetti evolutivi della realtà artigiana. Analogamente la Regione può ospitare delegazioni di operatori dell’artigianato interessate alla conoscenza delle caratteristiche del settore artigiano in Piemonte.

3. La Regione inoltre sostiene iniziative di promozione dell’artigianato tramite il finanziamento di programmi che prevedano lo svolgimento di attività finalizzate al recupero, al restauro e alla valorizzazione del patrimonio artistico regionale e nazionale con contributi ad enti, associazioni fra imprese e consorzi, per importi fino al 70 per cento della spesa ritenuta ammissibile e tramite interventi diretti volti a diffondere la conoscenza delle lavorazioni artistiche e tipiche a livello nazionale e internazionale.

4. Gli interventi regionali previsti dal presente articolo, previa individuazione dei criteri da parte della Giunta regionale, sono attuati nei limiti degli stanziamenti autorizzati con la legge di approvazione del bilancio della Regione, fatta salva la preventiva intesa governativa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all’estero delle Regioni e delle Province autonome), nei casi concernenti attività promozionali all’estero.".

Art. 21.

1. L’articolo 27 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 27. (Disciplinari di produzione)

1. Per le lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico individuate dalla Giunta regionale sono predisposti appositi disciplinari con i quali sono descritti i caratteri delle tecniche produttive adottate, dei materiali impiegati e di quanto altro concorre a individuare e qualificare le lavorazioni in essere.

2. I disciplinari delle lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico sono predisposti da apposite Commissioni e sono approvati dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per l’artigianato.

3. Le Commissioni di cui al comma 2 sono costituite da:

a) due esperti di storia e tecnica delle particolari lavorazioni considerate;

b) un imprenditore artigiano che risulti in attività da almeno sette anni nello stesso settore delle lavorazioni artistiche e tipiche oggetto di disciplinare, o da un imprenditore artigiano in quiescenza con esperienza di almeno sette anni nel settore oggetto del disciplinare;

c) un rappresentante designato dall’ente locale presso cui risultano le maggiori consistenze produttive delle attività prese in esame;

d) un rappresentante designato dalle associazioni e dalle confederazioni sindacali artigiane regionali maggiormente rappresentative; e) il dirigente della struttura regionale competente per materia o suo delegato.

4. L’individuazione degli esperti e dell’imprenditore artigiano di cui al comma 3, lettere a) e b) è effettuata dal responsabile della Direzione regionale competente per materia, a seguito di pubblicazione di avviso indicante i requisiti e le condizioni richieste per ricoprire l’incarico, sulla base di criteri stabiliti dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per l’artigianato.

5. Alla nomina delle Commissioni per i disciplinari, nonché alla loro reintegrazione nel caso in cui si determinino vacanze dagli incarichi conferiti o abbandoni, si provvede con determinazione della Direzione regionale competente per materia.".

Art. 22.

1. Dopo il comma 4 dell’articolo 36 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è inserito il seguente:

“4 bis. La Giunta regionale adotta disposizioni organizzative idonee ad assicurare il coordinamento delle attività degli osservatori regionali istituiti per l’analisi dei diversi settori dell’economia piemontese.”

.Art. 23.

1. La lettera b) del comma 1 dell’articolo 39 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente:

“b) promuovere indagini, ricerche, studi e collaborazioni tese a favorire lo sviluppo delle imprese artigiane sul mercato interno ed estero.”

2. La lettera d) del comma 1 dell’articolo 39 legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente:

“d) svolge attività di informazione socio-economica anche attraverso l’organizzazione e la partecipazione a seminari e convegni di studio.”.

Art. 24.

1. L’articolo 41 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 41. (Programma annuale di attività)

1. Al fine di conseguire gli obiettivi previsti dall’articolo 38, l’Osservatorio regionale dell’artigianato predispone annualmente un programma di attività, tenendo conto degli indirizzi della programmazione regionale e di settore. Il programma è approvato dalla Giunta regionale e trasmesso alla commissione consiliare competente.”.

Art. 25.

1. L’articolo 43 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 43. (Iscrizione all’albo provinciale)

1. La domanda di iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane, da parte delle imprese che sono in possesso dei requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 della l. 443/1985, deve essere presentata alla Commissione provinciale per l’artigianato entro trenta giorni dall’inizio dell’attività o dell’acquisizione dei requisiti di legge o dalla data dell’iscrizione stessa, quando trattasi di attività’ esercitata da società soggette all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese a norma dell’articolo 2200 del codice civile e dell’articolo 26 quater del decreto legge 31 ottobre 1980, n. 693 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1980, n. 891.

2. La presentazione della domanda alla Commissione provinciale può essere effettuata mediante consegna diretta o a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, o per il tramite del Comune in cui ha sede l’impresa. La segreteria della Commissione o i competenti uffici comunali devono rilasciare ricevuta della presentazione della domanda. Nel caso di inoltro a mezzo di uffici postali costituisce data di presentazione quella della ricevuta dagli stessi rilasciata.

3. Le domande di iscrizione all’albo delle imprese artigiane e le successive denunce di modifica e di cessazione sono presentate sulla base di modelli conformi a quelli approvati dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per la presentazione delle domande di iscrizione al registro delle imprese e delle denunce al repertorio delle notizie economiche e amministrative, secondo la disciplina vigente. La Regione può integrare i predetti modelli con appositi intercalari al fine di acquisire notizie di specifico rilievo ai fini della gestione dell’albo e dell’esercizio delle proprie funzioni in materia di artigianato.

4. La Commissione provinciale per l’artigianato procede all’istruttoria delle domande di iscrizione all’albo verificando, anche con accertamenti diretti, la sussistenzaa dei requisiti stabiliti dalle vigenti disposizioni di legge. A tal fine la Commissione può richiedere al Comune, nel cui territorio è ubicata la sede operativa principale dell’impresa, di effettuare l’istruttoria di competenza e di rilasciare le relative attestazioni di cui all’articolo 63, comma 4, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

5. Le amministrazioni comunali sono tenute ad effettuare l’istruttoria di competenza ed a rilasciare la relativa attestazione entro il termine di quindici giorni dalla richiesta della Commissione provinciale per l’artigianato.

6. Sulla base degli elementi acquisiti e delle verifiche effettuate, la Commissione provinciale per l’artigianato dispone l’iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane e ne dà comunicazione all’interessato entro sessanta giorni.

7. La mancata comunicazione all’interessato vale come accoglimento della domanda stessa.

8. Gli effetti costitutivi dell’iscrizione decorrono dalla data di inizio dello svolgimento dell’attività in conformità dei requisiti di qualifica previsti dalla l. 443/1985.

9. L’iscrizione all’albo è comprovata da apposito certificato rilasciato dalla Commissione provinciale per l’artigianato.”.

Art. 26.

1. La rubrica dell’articolo 45 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente:

“Modifiche e cancellazione”.

2. Il comma 3 dell’articolo 45 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“3. La modifica dello stato di iscrizione e il provvedimento di cancellazione dall’albo delle imprese artigiane producono effetti, rispettivamente, dalla data della modifica e dalla data della cessazione dell’attività stessa, o di perdita dei requisiti di qualifica previsti dalla l. 443/1985.”.

Art. 27.

1. Il comma 1 dell’articolo 46 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“1. Ai trasgressori delle disposizioni concernenti la tenuta dell’albo delle imprese artigiane sono inflitte le sanzioni amministrative, consistenti nel pagamento di una somma di denaro così determinata:

a) da lire 500 mila a lire 5 milioni in caso di omessa domanda di iscrizione o denuncia di inizio attività;

b) da lire 400 mila a lire 2 milioni in caso di omessa denuncia di modifica dell’impresa o di cessazione dell’attività;

c) da lire 200 mila a lire 1 milione in caso di dichiarazione contenente dati inesatti;

d) da lire 1 milione a lire 5 milioni in caso di uso illecito, da parte di un’impresa non iscritta all’albo, di riferimenti all’artigianato nella denominazione della ditta o insegna o marchio;

e) da lire 50 mila a lire 300 mila in caso di domanda di iscrizione, denuncia di inizio attività, denuncia di modifica o di cancellazione presentata entro sessanta giorni dalla scadenza dei termini di cui agli articoli 43 e 45.”.

Art. 28.

1. L’articolo 49 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituito dal seguente:

“Art. 49. (Funzioni della Commissione regionale per l’artigianato)

1. La Commissione regionale per l’artigianato ha sede presso gli uffici della Giunta regionale. Quale organo regionale amministrativo e di tutela del settore essa:

a) presenta alla Giunta regionale, entro il mese di luglio di ogni anno, il programma della propria attività per l’anno successivo ed il consuntivo dell’attività svolta nell’anno precedente. Tale programma tiene conto anche delle eventuali proposte delle Commissioni provinciali per l’artigianato;

b) decide sui ricorsi, proposti avverso le decisioni delle Commissioni provinciali per l’artigianato, di iscrizione, modifica e cancellazione dall’albo provinciale delle imprese artigiane e di negato riconoscimento di impresa artigiana del settore artistico e tipico;

c) decide sui ricorsi avverso i provvedimenti delle Commissioni provinciali per l’artigianato in materia di iscrizione, negata iscrizione, modifica e cancellazione dagli elenchi nominativi per l’assicurazione contro le malattie, l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) ai sensi della legge 17 marzo 1993, n. 63 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 15 gennaio 1993, n. 6, recante disposizioni urgenti per il recupero degli introiti contributivi in materia previdenziale);

d) decide sulla costituzione in giudizio in caso di impugnazione delle delibere ai sensi dell’articolo 7, comma 6 della l. 443/1985;

e) svolge, in stretta collaborazione con le Commissioni provinciali per l’artigianato, attività di documentazione, di studio, di indagine e rilevazione statistica delle attività artigiane della regione, avvalendosi prioritariamente degli enti strumentali regionali e in collaborazione con l’Osservatorio regionale dell’artigianato di cui all’articolo 36;

f) esprime pareri sugli atti della programmazione regionale in materia di artigianato, sentite le Commissioni provinciali per l’artigianato;

g) propone iniziative rivolte alla promozione, tutela, valorizzazione e sviluppo dell’artigianato;

h) svolge una funzione di informazione e coordinamento nei confronti delle Commissioni provinciali dell’artigianato per assicurare omogeneità di indirizzo agli interventi sul territorio regionale in stretta collaborazione con le strutture competenti della Regione Piemonte;

i) svolge ogni altro compito attribuitole dalle leggi regionali e nazionali.

2. Tutti gli oneri e le spese per il funzionamento della Commissione regionale per l’artigianato sono a carico della Regione.

3. La rappresentanza processuale e la difesa in giudizio della Commissione regionale spetta di norma alla struttura organizzativa speciale dell’Avvocatura della Regione Piemonte.

4. Le funzioni di segreteria e i compiti tecnico-amministrativi della Commissione regionale per l’artigianato sono svolti dall’apposita struttura organizzativa di cui agli articoli 52 e 53.

5. Per l’approfondimento di argomenti di particolare complessità la Commissione regionale per l’artigianato può articolarsi in gruppi di lavoro.”.

Art. 29.

1. Dopo l’articolo 59 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è inserito il seguente:

“Art. 59 bis. (Adeguamento alla normativa statale)

1. La Regione provvede ad apportare le necessarie modifiche alla presente legge in attuazione del regolamento di cui all’articolo 20, comma 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa).”.

Art. 30.

1. La lettera f) del comma 2 dell’articolo 65 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, è sostituita dalla seguente:

“f) “Contributi ai consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi di primo e secondo grado””.

2. Dopo la lettera m) del comma 2 dell’articolo 65 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21, sono inserite le seguenti:

“m bis) “Contributi in conto capitale per la localizzazione e rilocalizzazione di imprese artigiane”;

m ter) “Iniziative dirette della Regione in materia di assistenza tecnica alle imprese artigiane””.

Art. 31.

1. E’ abrogata la legge regionale 19 novembre 1996, n. 84 (Modifiche alla legge regionale 11 agosto 1994, n. 30 “Interventi regionali per lo sviluppo e la qualificazione del settore artigiano”).

2. Sono inoltre abrogate le seguenti disposizioni legislative:

a) la lettera l) del comma 2 dell’articolo 2 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21;

b) il comma 2 dell’articolo 8 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21;

c) il comma 5 dell’articolo 12 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21;

d) gli articoli 13, 17 e 19 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21;

e) il comma 2 dell’articolo 46 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21;

f) il capo VII del titolo II della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21.

Art. 32.

1. In sede di prima applicazione della presente legge, la Giunta regionale concede un contributo una tantum ad integrazione del fondo rischi del Consorzio regionale tra i confidi di cui all’articolo 12 della l. r. 21/1997, come modificato dalla presente legge.

2. Sono fatti salvi tutti i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, avviati in attuazione delle norme di cui all’articolo 31. Tali procedimenti sono portati a compimento sulla base delle relative disposizioni di intervento.

La presente legge regionale sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 31 agosto 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul 2° Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 35 del 3 settembre 1999 (ndr)


Legge regionale 9 maggio 1997, n. 21 “Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato” così come modificata dalla legge regionale 31 agosto 1999, n. 24

Testo coordinato

SOMMARIO

Titolo I. DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1. Finalità e destinatari

Art. 2. Programmazione e risorse

Art. 3. Articolazione, indirizzo e coordinamento degli interventi

Art. 3 bis. (Monitoraggio e valutazione dell’efficacia degli interventi)

Titolo II. PROMOZIONE ECONOMICA E IMPRENDITORIALE

Capo I. FONDO REGIONALE PER LO SVILUPPO E LA QUALIFICAZIONE DELLE PICCOLE IMPRESE

Art. 4. Istituzione del Fondo

Art. 5. Programma degli interventi

Art. 6. Gestione del Fondo

Art. 7. Gruppo tecnico di valutazione

Art. 8. Relazione annuale

Capo II. AGEVOLAZIONI PER L’ACCESSO AL CREDITO

Art. 9. Tipologia degli interventi

Art. 10. Consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi

Art. 11. Consorzio regionale artigiano di garanzia fidi-Artigianfidi

Art. 12. Consorzio regionale fra i Confidi

Art. 13. Promozione della cooperazione di garanzia collettiva (abrogato)

Art. 14. Cassa per il credito alle imprese artigiane S.p.A. Artigiancassa

Art. 15. Anticipazioni finanziarie tramite il Fondo regionale

Capo III. INSEDIAMENTI ARTIGIANI E AREE ATTREZZATE

Art. 16. Localizzazione e rilocalizzazione degli insediamenti artigiani

Art. 17. Soggetti attuatori degli interventi (abrogato)

Art. 18. Programma degli interventi

Art. 19. Modalità dei finanziamenti (abrogato)

Capo IV. SERVIZI REALI E ASSISTENZA TECNICA

Art. 20. Sistemi di qualità e certificazione

Art. 21. Assistenza tecnica

Art. 22. Salvaguardia e sostegno del lavoro artigiano

Art. 23. Interventi per la tutela ambientale

Capo V. PROMOZIONE

Art. 24. Interventi per la promozione

Art. 25. Iniziative dirette

Capo VI. ARTIGIANATO ARTISTICO E TIPICO DI QUALITÀ

Art. 26. Obiettivi

Art. 27. Disciplinari di produzione

Art. 28. Imprese artigiane delle lavorazioni artistiche e tipiche

Art. 29. Interventi

Art. 30. Modalità degli interventi

Art. 31. Istruzione e addestramento artigiano

Capo VII. INTERVENTI IN DIPENDENZA DI EVENTI CALAMITOSI (ABROGATO)

Art. 32. Tipologia degli interventi (abrogato)

Art. 33. Fondi rischi speciali (abrogato)

Art. 34. Contributi in conto capitale (abrogato) Art. 35. Contributi in conto interessi e in conto canoni (abrogato)

Capo VIII. OSSERVATORIO REGIONALE DELL’ARTIGIANATO

Art. 36. Istituzione dell’osservatorio

Art. 37. Commissione tecnico-scientifica

Art. 38. Obiettivi dell’osservatorio

Art. 39. Attività dell’osservatorio

Art. 40. Sistema informativo regionale sull’artigianato

Art. 41. Programma annuale di attività

Titolo III. TUTELA DELLA PROFESSIONALITÀ DEGLI IMPRENDITORI ARTIGIANI

Capo I. TENUTA DELL’ALBO PROVINCIALE DELLE IMPRESE ARTIGIANE

Art. 42. Albi provinciali delle imprese artigiane

Art. 43. Iscrizione all’albo provinciale

Art. 44. Revisione dell’albo provinciale

Art. 45. Modifiche e cancellazione

Art. 46. Sanzioni

Capo II. FUNZIONAMENTO DELLE COMMISSIONI PROVINCIALI E REGIONALE PER L’ARTIGIANATO

Art. 47. Funzioni delle Commissioni provinciali per l’artigianato

Art. 48. Composizione delle Commissioni provinciali per l’artigianato

Art. 49. Funzioni della Commissione regionale per l’artigianato

Art. 50. Composizione della Commissione regionale per l’artigianato

Art. 51. Durata in carica delle Commissioni

Art. 52. Uffici di segreteria delle Commissioni

Art. 53. Personale e organizzazione degli uffici di segreteria delle Commissioni

Art. 54. Indirizzo, coordinamento e vigilanza

Capo III. ELEZIONI DEI COMPONENTI ARTIGIANI DELLE COMMISSIONI PROVINCIALI PER L’ARTIGIANATO

Art. 55. Indizione delle elezioni e presentazione delle liste dei candidati

Art. 56. Adempimenti preparatori della consultazione

Art. 57. Sistema elettorale

Art. 58. Costituzione dei seggi elettorali, spoglio delle schede, scrutinio e proclamazione degli eletti

Art. 59. Ricorsi

Art. 59 bis. (Adeguamento alla normativa statale)

Capo IV. TUTELA DELLE IMPRESE ARTIGIANE DALLE FORME DI LAVORO ABUSIVO

Art. 60. Denunce di irregolarità

Art. 61. Segnalazioni

Titolo IV. NORME FINALI, TRANSITORIE E FINANZIARIE

Art. 62. Dotazione finanziaria iniziale del Fondo

Art. 63. Costituzione in via straordinaria delle Commissioni provinciali e regionale per l’artigianato

Art. 64. Spese di funzionamento di Collegi consultivi e di amministrazione attiva

Art. 65. Disposizioni finanziarie

Art. 66. Divieto di cumulo

Art. 67. Abrogazione di norme

Art. 68. Regime transitorio

Art. 69. Applicazione della legge


Titolo I.

 DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Finalità e destinatari)

1. La presente legge disciplina, in armonia con gli indirizzi della programmazione nazionale e regionale, gli interventi della Regione diretti alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato, nonché alla valorizzazione delle produzioni artigiane nelle loro diverse espressioni territoriali, artistiche e tradizionali, anche a tutela degli utenti e dei consumatori.

2. Mediante la presente legge la Regione Piemonte disciplina, in attuazione della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge quadro per l’artigianato), le funzioni relative alla tenuta dell’albo provinciale delle imprese artigiane, nonché l’organizzazione e il funzionamento degli organi amministrativi e di tutela dell’artigianato.

3. Gli interventi sono attuati a favore delle imprese artigiane, sia singole che associate o consorziate, nonché a favore di imprese richiedenti che ottengono l’iscrizione presso il competente albo provinciale delle imprese artigiane entro dodici mesi dalla data di presentazione della domanda di intervento agevolativo. Le imprese beneficiarie devono avere la sede operativa nel territorio della Regione Piemonte. (1)

4. La Regione assicura distinta considerazione giuridica e amministrativa all’artigianato, nella valutazione dell’impatto dei provvedimenti che vengono assunti con riguardo ai diversi ambiti di intervento in cui si rileva la presenza delle imprese artigiane accanto a quella degli altri settori produttivi.

5. Al fine della realizzazione degli obiettivi di cui al comma 1, la Regione si avvale del concorso delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane e delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), nonché della Commissione regionale per l’artigianato.

Art. 2.

(Programmazione e risorse)

1. Gli interventi della Regione nel settore dell’artigianato sono attuati attraverso programmi annuali e pluriennali, definiti con il concorso delle organizzazioni sindacali regionali di categoria e degli enti locali interessati, sulla base di obiettivi prioritari volti a garantire la qualificazione e il rafforzamento delle imprese  artigiane.

2. I programmi di intervento della Regione per l’artigianato sono ispirati a uno o più dei seguenti obiettivi:

a) agevolare l’accesso al credito;

b) promuovere la realizzazione di insediamenti artigiani in aree e locali idonei allo sviluppo di processi produttivi compatibili con la tutela delle condizioni di lavoro e la salvaguardia dell’ambiente;

c) sviluppare l’associazionismo economico e la cooperazione aziendale;

d) agevolare la realizzazione di programmi di penetrazione commerciale sui mercati nazionali ed esteri e di cooperazione transnazionale;

e) promuovere la creazione di servizi reali nel campo dell’assistenza tecnica e manageriale, della sperimentazione, della qualità, del sostegno finanziario alle imprese ed ai lavoratori interessati da fattori di crisi aziendale contingente e temporanea e ristrutturazioni coordinate con l’intervento dell’Ente bilaterale dell’artigianato piemontese (EBAP);

f) favorire l’accesso al mercato delle tecnologie e ai risultati della ricerca scientifica e tecnologica;

g) valorizzare le produzioni dell’artigianato artistico e tipico di qualità;

h) favorire la formazione e l’aggiornamento tecnico-professionale e imprenditoriale;

i) migliorare la conoscenza delle problematiche dell’artigianato e promuovere l’informazione delle imprese artigiane;

l) lettera abrogata (2)

m) tutelare e incentivare la professionalità degli imprenditori artigiani a garanzia degli utenti e dei consumatori;

n) rafforzare le condizioni di esercizio delle imprese nell’ambito di una economia concorrenziale;

o) favorire la crescita e lo sviluppo delle imprese artigiane a conduzione femminile;

p) favorire la tutela e la qualificazione ambientale delle imprese artigiane

3. Il finanziamento di tutte le tipologie di interventi previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59) è attuato attraverso risorse proprie della Regione e quote di fondi nazionali e comunitari destinati al settore. La Regione inoltre ricerca e promuove l’utilizzo di risorse aggiuntive da parte di soggetti pubblici e privati interessati a partecipare alle iniziative ed ai programmi di valorizzazione dell’artigianato previsti dalla presente legge.(3)

4. Le agevolazioni previste dalla presente legge sono soggette ai limiti imposti dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti alle piccole e medie imprese.

5. Ove la definizione dei criteri e dell’entità dei contributi sia demandata a successivi provvedimenti della Giunta o del Consiglio regionale, questi dovranno tenere conto dei vincoli di cui al comma 4.

Art. 3.

(Articolazione, indirizzo e coordinamento degli interventi)

1. Per l’attuazione degli interventi la Regione può avvalersi degli enti strumentali regionali, delle società a partecipazione regionale o di altre strutture operative esterne in grado di assolvere i compiti assegnati, quali le organizzazioni sindacali regionali dell’artigianato maggiormente rappresentative, ferma restando la possibilità di delegare funzioni agli enti locali.

2. Al fine di garantire particolari esigenze di sviluppo e qualificazione dell’artigianato piemontese, anche in rapporto alla sua articolazione settoriale e territoriale, la Giunta regionale esercita, nel rispetto degli obiettivi e delle indicazioni del piano regionale di sviluppo, funzioni di indirizzo e coordinamento su tutti gli interventi effettuati direttamente o tramite i soggetti di cui al comma 1, previsti dalla presente legge. Le stesse funzioni vengono esercitate, nei limiti e con le modalità stabilite dalla normativa statale, sugli interventi attuati tramite la Cassa per il credito alle imprese artigiane.

3. La Giunta regionale può disporre accertamenti e controlli diretti a verificare la corretta attuazione dei progetti di investimento ammessi a beneficiare delle agevolazioni regionali. In caso di difformità tra quanto riscontrato a seguito degli accertamenti e quanto ammesso alle agevolazioni, la Giunta regionale dispone i necessari provvedimenti fino alla revoca delle agevolazioni medesime.

Art. 3 bis. (4)

(Monitoraggio e valutazione dell’efficacia degli interventi)

1. La Giunta regionale, entro il 30 aprile di ogni anno, predispone il monitoraggio degli interventi di sostegno pubblico concessi nell’anno precedente al fine di verificare lo stato di attuazione, anche finanziario, di ciascun regime e la capacità di perseguire i relativi obiettivi.

2. Sulla scorta dei dati rilevati, la Giunta regionale, entro il mese di giugno, predispone e trasmette al Consiglio regionale, per opportuna informazione, una relazione contenente per ogni tipologia di intervento:

a) lo stato di attuazione finanziaria;

b) l’efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi perseguiti;

c) l’eventuale fabbisogno finanziario per gli interventi in vigore;

d) l’eventuale esigenza di nuovi interventi.

Titolo II.

PROMOZIONE ECONOMICA E IMPRENDITORIALE

Capo I.

FONDO REGIONALE PER LO SVILUPPO E LA QUALIFICAZIONE DELLE PICCOLE IMPRESE (5)

Art. 4. (6)

(Istituzione del Fondo)

1. E’ istituito il Fondo regionale per lo sviluppo e la qualificazione delle piccole imprese, di seguito denominato Fondo, attraverso il quale la Regione sostiene le iniziative che rispondono ai criteri e ai requisiti fissati dal programma degli interventi di cui all’articolo 5.

2. Il Fondo viene alimentato dagli stanziamenti della Regione Piemonte, dagli interessi maturati sugli stanziamenti non utilizzati e dai rientri, per capitale ed interessi, delle somme anticipate per il finanziamento dei programmi di intervento.

3. Al Fondo possono confluire anche le disponibilità finanziarie assegnate alla Regione ai sensi di leggi statali e di regolamenti comunitari, per l’attuazione di programmi di intervento rivolti alle piccole imprese. Al Fondo possono confluire altresì contribuzioni di altri soggetti pubblici e privati, erogate per il medesimo scopo.

4. Il Fondo è articolato in apposite sezioni in corrispondenza alle differenti tipologie di intervento finanziate ai sensi della presente legge o di altre leggi regionali.

5. Il Fondo è istituito presso l’Istituto finanziario regionale Finpiemonte SpA.

6. Le risorse del Fondo costituiscono patrimonio della Regione e, nel caso del venire meno dei presupposti che ne determinano l’istituzione, le somme residue, comprensive degli eventuali crediti gestionali e dedotto unicamente quanto forma oggetto di impegni già formalmente assunti e perfezionati, devono essere restituite alla Regione che le utilizza per scopi di promozione e sviluppo delle piccole imprese.

Art. 5. (7)

(Programma degli interventi)

1. Per ciascuna sezione del Fondo di cui all’articolo 4, la Giunta regionale, sentite le associazioni di categoria regionali maggiormente rappresentative, predispone il programma degli interventi da finanziare e lo trasmette al Consiglio regionale per il parere da esprimersi entro quarantacinque giorni dalla trasmissione. Trascorso tale termine il parere si intende acquisito favorevolmente.

2. Il citato programma individua e determina:

a) gli ambiti prioritari di intervento, riferiti sia a determinate situazioni territoriali, sia alle esigenze specifiche delle imprese operanti in particolari settori di attività;

b) le misure di agevolazione, ivi compresi i tassi di restituzione, nonché la determinazione dettagliata delle classi e delle tipologie degli investimenti ammissibili, per ciascuno degli ambiti di cui alla lettera a);

c) i criteri e le modalità per l’utilizzazione delle risorse disponibili;

d) gli indirizzi attuativi di intervento.

 Art. 6.

(Gestione del Fondo)

Al Fondo sono accreditati gli interessi ed addebitate le eventuali perdite, nonché le indennità per l’istruttoria delle richieste di intervento.

Con il rendiconto periodico si dà atto sia della gestione complessiva del Fondo sia delle specifiche gestioni pertinenti a ciascuna delle sezioni eventualmente previste.

Il programma degli interventi previsto all’articolo 5 é attuato dall’ente gestore del Fondo.

Il gestore del Fondo é tenuto a presentare annualmente alla Giunta regionale, entro un termine di scadenza che verrà individuato con la convenzione prevista al comma 5, un bilancio consuntivo della gestione finanziaria del Fondo.

I rapporti tra Regione ed Ente gestore sono regolati da apposita convenzione il cui schema verrà approvato dalla Giunta regionale.

Art. 7.

(Gruppo tecnico di valutazione)

1. Per l’esame dei progetti e delle iniziative ammissibili agli interventi del Fondo viene istituito, per ciascuna sezione del Fondo, con determinazione della Direzione regionale competente per materia, un Gruppo tecnico di valutazione, composto da:

a) il dirigente della struttura regionale competente per materia che lo presiede;

b) un esperto individuato dall’ente gestore;

c) tre esperti in materie economiche, giuridiche e aziendali, anche su indicazione delle associazioni regionali di categoria maggiormente rappresentative.(8)

2.  Per il regolare funzionamento del Gruppo, che opera sulla base dei criteri definiti dal programma di cui all’articolo 5, gli enti interessati provvedono, contestualmente alla designazione dei membri effettivi, anche a quella dei membri supplenti che sostituiscono i primi in caso di impedimento.

3. Il Gruppo delibera a maggioranza dei componenti.

4. Le funzioni di segreteria del Gruppo e le spese di funzionamento sono assicurate dall’ente gestore.

Art. 8.

(Relazione annuale)

1. Il Gruppo tecnico di valutazione é tenuto a predisporre e ad inviare alla Giunta regionale, entro il mese di febbraio di ogni anno, una relazione sull’attività svolta. Tale relazione indica il numero delle domande presentate e di quelle accolte, la suddivisione per tipologia di attività delle imprese finanziate, le aree geografiche interessate e i risultati ottenuti con gli interventi attuati.

2. comma abrogato (9)

Capo II.

 AGEVOLAZIONI PER L’ACCESSO AL CREDITO

Art. 9.

(Tipologia degli interventi)

1. La Regione agevola l’accesso al credito delle imprese artigiane e il reperimento delle risorse finanziarie occorrenti nell’attuazione dei programmi di investimento per l’impianto, il consolidamento e lo sviluppo dell’attività aziendale, attraverso i seguenti interventi:

a) sostegno e promozione della cooperazione creditizia attraverso il concorso al fondo rischi dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi, costituiti ed operanti secondo quanto disposto dagli articoli 10, 11 e 12, nonché la concessione agli stessi consorzi e cooperative di contributi per programmi di assistenza tecnica di cui all’articolo 21;

b) concorso a fondo perduto ovvero nel pagamento degli interessi su tutti gli interventi attivati, sotto qualsiasi forma, gestiti direttamente oppure per il tramite della Cassa per il credito alle imprese artigiane Artigiancassa SpA, ovvero direttamente dall’Artigiancassa stessa o da Finpiemonte SpA o da altri istituti di credito;

c) anticipazioni finanziarie attraverso l’intervento di apposita sezione del Fondo di cui all’articolo 4. (10)

2. La Regione può assumere, nei limiti delle disponibilità appositamente autorizzate con la legge di approvazione del bilancio, partecipazioni azionarie nel capitale della Cassa per il credito alle imprese artigiane S.p.A. Artigiancassa.

Art. 10.

(Consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi)

1. Sono ammessi a beneficiare dei contributi regionali al fondo rischi i consorzi, le cooperative di garanzia collettiva fidi e il Consorzio regionale artigiano di garanzia fidi Artigianfidi, di seguito denominati Confidi, aventi sede legale e operativa nel territorio della Regione Piemonte, che risultino costituiti da almeno quattrocento imprese artigiane e altre imprese non artigiane, nei limiti previsti dall’articolo 6 della legge n. 443/1985, che abbiano come scopi sociali:

a) la prestazione di garanzie collettive per favorire la concessione di finanziamenti aggiuntivi rispetto all’autonoma capacità di affidamento delle singole imprese associate, da parte di aziende e istituti di credito, di società di locazione finanziaria, di società di cessione di crediti di imprese e di enti parabancari;

b) l’informazione, la consulenza e l’assistenza alle imprese consorziate per il reperimento e il migliore utilizzo delle fonti finanziarie, nonché le prestazioni di servizi per il miglioramento della gestione finanziaria delle imprese medesime.

2. Per poter ottenere i contributi regionali i Confidi devono risultare costituiti ed operanti in base a principi statutari che prevedano:

a) la mancanza dello scopo di lucro e il divieto di distribuire utili ai soci, sotto qualsiasi forma, anche in caso di scioglimento;

b) la riserva della carica di Presidente dell’organo interno di controllo e verifica contabile-amministrativa, ad un professionista iscritto nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti designato dalla Giunta regionale.

c) la presenza nell’organo amministrativo della cooperativa di almeno due rappresentanti della Regione Piemonte.

3. La Giunta regionale approva annualmente i criteri e le modalità di assegnazione dei contributi al fondo rischi dei Confidi e li trasmette al Consiglio regionale per il parere da esprimersi entro quarantacinque giorni dalla trasmissione. Trascorso tale termine, il parere si intende acquisito favorevolmente. (11)

Art. 11.

(Consorzio regionale artigiano di garanzia
fidi Artigianfidi)

1. Il Consorzio regionale artigiano di garanzia fidi Artigianfidi, già costituito con la partecipazione dell’Istituto finanziario regionale piemontese Finpiemonte S.p.A. e di altri enti pubblici e privati, opera allo scopo di favorire l’accesso al credito a breve e medio termine finalizzato alle seguenti necessità aziendali:

a) stipulazione di contratti per commesse, forniture e subforniture, anche per l’esportazione, o acquisizione di ordini;

b) partecipazione a gare, appalti e commesse;

c) ingegnerizzazione di innovazioni tecnologiche e svolgimento di attività scientifica, tecnologica e di sperimentazione tecnica;

d) realizzazione di programmi di penetrazione commerciale su nuovi mercati;

e) smobilizzo di crediti, anche attraverso operazioni di fattorizzazione “pro soluto”, tramite società specializzate o istituti di credito;

f) ogni altra esigenza finanziaria dell’impresa artigiana.

2. Per ottenere i benefici della presente legge, lo statuto del Consorzio regionale artigiano di garanzia fidi Artigianfidi deve prevedere:

a) la mancanza dello scopo di lucro e il divieto di distribuire utili, sotto qualsiasi forma, ai soci;

b) la presenza nell’organo amministrativo del Consorzio di due rappresentanti della Regione Piemonte designati dalla Giunta regionale, su proposta del responsabile della Direzione regionale competente in materia di artigianato, tra i dirigenti o i funzionari appartenenti alle strutture di competenza. (12)

c) la riserva della carica di Presidente del Collegio sindacale ad un professionista iscritto nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti, designato dalla Giunta regionale;

d) in caso di scioglimento, l’obbligo di destinare l’eventuale avanzo di liquidazione, dedotte le quote rimborsate ai consorziati, a enti, che perseguano finalità mutualistiche affini, indicati dall’assemblea che approva il bilancio di liquidazione.

2 bis. I benefici della presente legge sono validi anche nel caso di eventuale fusione del Consorzio regionale artigiano di garanzia fidi Artigianfidi con altri consorzi di garanzia fidi, a condizione che detti benefici vengano destinati esclusivamente ad integrazione di fondi rischi per la prestazione di garanzia alle imprese artigiane e che venga mantenuta la rappresentanza della Regione negli organi amministrativi e nel Collegio sindacale del consorzio. (13)

Art. 12.

(Consorzio regionale fra i Confidi)

1. La Regione promuove la costituzione tra i soggetti di cui agli articoli 10 e 11, di un Consorzio regionale di garanzia chiamato ad operare sulla base dei seguenti scopi sociali:

a) promuovere e coordinare, con procedure e criteri unitari adottati in conformità agli indirizzi ed ai programmi della Regione, l’attività dei consorziati;

b) riassicurare i rischi dei consorziati nella misura e secondo le modalità fissate dalle norme statutarie e regolamentari;

c) potenziare il sistema di garanzie collettive attraverso la concessione di garanzie integrative;

d) svolgere attraverso i Confidi associati attività di assistenza, consulenza finanziaria, assicurativa e formativa a favore delle imprese artigiane.(14)

2. Fatti salvi gli adeguamenti statutari richiesti dal presente articolo e approvati con deliberazione della Giunta regionale, il Consorzio regionale fra i confidi può essere costituito con lo scorporo della sezione autonoma “Consorzio fra le cooperative”, attualmente costituita in capo al Consorzio regionale artigiano di garanzia fidi Artigianfidi.

3. Per ottenere i benefici della presente legge, lo statuto del Consorzio, deve prevedere:

a) la mancanza dello scopo di lucro e il divieto di distribuire utili, sotto qualsiasi forma ai soci;

b) la presenza nell’organo amministrativo del consorzio di due rappresentanti della Regione Piemonte designati dalla Giunta regionale, su proposta del responsabile della Direzione regionale competente in materia di artigianato, tra i dirigenti o i funzionari appartenenti alle strutture di competenza. (14)

c) la riserva della carica di Presidente del Collegio sindacale ad un professionista iscritto nel ruolo dei revisori ufficiali dei conti, designato dalla Giunta regionale;

d) l’obbligo, in caso di scioglimento, di destinare l’eventuale avanzo di liquidazione, dedotte le quote rimborsate ai consorziati, a enti che perseguano finalità mutualistiche affini, indicati dall’assemblea che approva il bilancio di liquidazione.

4. La Regione può concedere contributi straordinari al fondo rischi del Consorzio regionale fra i Confidi, in proporzione ai rischi riassicurati, alle garanzie integrative di cui al comma 1, lettera c) e sulla base delle perdite sofferte nell’anno precedente.

5. comma abrogato (15)

6. Le domande di concessione dei contributi devono essere presentate alla Giunta regionale entro il 30 giugno di ogni anno corredate:

a) da una dichiarazione congiunta del Presidente del Consiglio di amministrazione e del Presidente del Collegio sindacale da cui risulti, il numero e l’importo dei rischi riassicurati suddivisi per i soci beneficiari e l’ammontare delle perdite sofferte;

b) da una copia dell’ultimo bilancio approvato e delle relative relazioni del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale;

c) da ogni altra documentazione utile ed opportuna richiesta dalla Giunta regionale.

7. La misura dei contributi e le modalità di erogazione sono determinate dalla Giunta regionale, sulla base degli stanziamenti disposti in bilancio.

Art. 13. abrogato (16)

(Promozione della cooperazione di garanzia collettiva)

Art. 14.

(Cassa per il credito alle imprese
artigiane S.p.A. Artigiancassa)

1. I contributi regionali di cui all’articolo 9, comma 1, lettera b) (1) vengono erogati dalla Cassa per il credito alle imprese artigiane S.p.A. Artigiancassa, subentrata nella situazione giuridica di cui era titolare l’ente pubblico economico Cassa per il credito alle imprese artigiane. Le disponibilità finanziarie, derivanti dai conferimenti regionali, sono assoggettate dall’Artigiancassa S.p.A. a gestione contabile separata; le relative deliberazioni vengono assunte dal Comitato tecnico regionale di cui all’articolo 37 della legge 25 luglio 1952, n. 949 (Provvedimenti per lo sviluppo dell’economia e l’incremento dell’occupazione).

2. La Giunta regionale indirizza la gestione dei relativi interventi agevolativi, con particolare riferimento a:

a) limiti di importo massimo, di tasso agevolato e di durata dei finanziamenti ammissibili a contributo;

b) criteri selettivi e prioritari inerenti la concessione delle agevolazioni, articolati per categorie di attività e ubicazione territoriale;

c) controlli sulla effettiva destinazione economica dei finanziamenti.

3. I rapporti tra la Regione Piemonte e la Cassa per il credito alle imprese artigiane sono regolati da una convenzione approvata dalla Giunta regionale che prevede le modalità di utilizzo dei conferimenti regionali, il rimborso delle spese di gestione, nonché delle spese per il funzionamento del Comitato tecnico di cui al comma 1.

4. Con periodicità trimestrale, la Cassa per il credito alle imprese artigiane S.p.A. provvede a fornire alla Giunta regionale adeguate informazioni sulla dinamica delle operazioni agevolate, evidenziando le operazioni presentate, quelle ammesse al contributo, distinte a seconda della tipologia di finanziamento e quelle respinte, oltre al quadro finanziario relativo allo stato del Fondo.

5. Entro il 31 gennaio di ogni anno la Cassa per il credito alle imprese artigiane provvede a comunicare alla Regione Piemonte i dati consuntivi delle operazioni ammesse ai benefici regionali, articolati per settori e per aree territoriali sulla scorta delle direttive e dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale.

Art. 15.

(Anticipazioni finanziarie tramite il Fondo regionale)

1. I programmi di investimento in beni e servizi, effettuati da imprese artigiane singole o consorziate, possono essere finanziati fino ad un massimo del 70 per cento dell’investimento complessivo ritenuto ammissibile. Il finanziamento regionale non può superare l’importo definito con il programma degli interventi di cui all’articolo 5 ed è erogato in aggiunta ad un concomitante finanziamento bancario sulla parte di importo residuo, che deve accompagnare la realizzazione del piano di investimento. (17)

2. I finanziamenti disposti a valere sul Fondo di cui all’articolo 4, saranno erogati al tasso e con le modalità che verranno determinati nel programma degli interventi di cui all’articolo 5. In ogni caso la durata dei finanziamenti regionali non potrà superare i sessanta mesi.

3. La Finpiemonte S.p.A. provvede al finanziamento dei progetti approvati dal Gruppo tecnico di valutazione di cui all’articolo 7, alla condizione che l’impresa sia stata giudicata affidabile, per l’importo richiesto, da parte dell’istituto di credito indicato dall’impresa e convenzionato con l’ente gestore, al quale spetta l’erogazione del finanziamento.

4. Le operazioni di finanziamento disposte ai sensi del presente articolo sono assistite da garanzia dei Confidi. La garanzia opera pro quota sul finanziamento concesso con fondi bancari e su quello concesso con fondi regionali.

5. Le domande di finanziamento devono essere presentate all’ente gestore, sottoscritte dal titolare legale rappresentante dell’impresa richiedente.

6. Entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta di finanziamento, la domanda, con la relativa istruttoria, é sottoposta al parere del Gruppo tecnico di valutazione, di cui all’articolo 7.

Capo III.

INSEDIAMENTI ARTIGIANI E AREE ATTREZZATE

Art. 16. (18)

(Localizzazione e rilocalizzazione
degli insediamenti artigiani)

1. La Regione promuove la localizzazione e la rilocalizzazione delle imprese artigiane, sia singole che associate, all’interno di:

a) aree attrezzate a destinazione produttiva o mista;

b) complessi edilizi e fabbricati riattivabili a fini produttivi o di servizio;

c) aree per l’artigianato artistico e di servizio;

d) aree interessate da programmi di recupero e riqualificazione urbana;

e) aree individuate da normativa comunitaria o statale quale oggetto di interventi di sostegno pubblico all’artigianato.

2. I progetti di localizzazione e rilocalizzazione nelle aree di cui al comma 1, esecutivi e di immediata operatività, devono essere conformi agli strumenti urbanistici del comune.

Art. 17. abrogato (19)

(Soggetti attuatori degli interventi)

Art. 18. (20)

(Programma  degli interventi)

1. La Giunta regionale, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, predispone il programma degli interventi, sentite le confederazioni artigiane regionali maggiormente rappresentative.

2. Nel programma sono individuati e determinati:

a) gli ambiti di intervento riferiti a determinate situazioni territoriali e alle esigenze specifiche delle imprese operanti in particolari settori di attività;

b) le misure di agevolazione e la determinazione dettagliata delle classi, delle tipologie e dei limiti degli investimenti ammissibili, per ciascuno degli ambiti di cui alla lettera a);

c) i criteri e le modalità per l’utilizzazione delle risorse disponibili;

d) i termini e le modalità di presentazione delle domande con relativa documentazione da parte dei soggetti interessati.

3. L’intervento regionale, nei limiti delle risorse disponibili, si attua con un contributo in conto capitale fino al 40 per cento della spesa complessiva ritenuta ammissibile, dedotti gli oneri fiscali.

4. La Giunta regionale ha facoltà di aggiornare e modificare il programma degli interventi, sentite le confederazioni artigiane regionali maggiormente rappresentative.

Art. 19. abrogato (21)

(Modalità dei finanziamenti)

Capo IV.

SERVIZI REALI E ASSISTENZA TECNICA

Art. 20.

(Sistemi di qualità e certificazione)

1. La Regione promuove l’introduzione e lo sviluppo nelle aziende artigiane dei sistemi di qualità e di certificazione volti a garantire la qualificazione dei processi produttivi e dei prodotti nel rispetto delle normative emanate a livello nazionale e comunitario.

2. L’intervento regionale, fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammissibile ed entro i limiti stabiliti annualmente dalla Giunta regionale, é attuato attraverso la concessione di contributi:

a) alle imprese artigiane singole o associate in forma di consorzi, società consortili o associazioni temporanee;

b) ad enti operanti nella regione in materia di qualificazione e di certificazione;

c) alle associazioni sindacali artigiane maggiormente rappresentative che agiscono o direttamente o attraverso apposite società e reti di servizi operanti nella regione in materia di qualificazione e certificazione.

3. I contributi di cui al comma 2, lettera a), possono essere concessi per il sostegno delle spese occorrenti:

a) all’elaborazione del manuale di qualità;

b) all’accesso alle procedure di precertificazione o certificazione da parte degli organismi accreditati ai sensi delle normative in vigore;

c) all’addestramento tecnico del personale addetto alle funzioni di controllo della qualità. (22)

4. I contributi di cui al comma 2, lettere b) e c), sono concessi dietro presentazione di un programma di attività che specifichi gli elementi valutativi dell’interesse, per le imprese artigiane, a fruire degli interventi da esso previsti, nonché i criteri di prestazione dei servizi, con l’indicazione degli oneri a carico delle imprese artigiane che vi fanno ricorso.

5. La Giunta regionale dispone, con proprio provvedimento, i criteri per la concessione ed erogazione dei contributi nonché i termini e le modalità per la presentazione delle domande.(22)

Art. 21. (23)

(Assistenza tecnica)

1. La Regione incentiva l’innovazione e l’aggiornamento organizzativo e manageriale nell’artigianato favorendo l’accesso delle imprese ai servizi di assistenza tecnico-organizzativa, economico-finanziaria, tecnologica, produttiva e commerciale, finalizzati al miglioramento dell’efficienza aziendale e delle strategie di presenza sui mercati. Gli interventi regionali sono attuati attraverso il finanziamento di programmi di assistenza tecnica finalizzata allo sviluppo dei sistemi di qualità, alla certificazione, al trasferimento delle informazioni relative a normative nazionali e comunitarie nonché a opportunità commerciali e di collaborazione tecnica, alla partecipazione alla ricerca applicata, alla creazione e allo sviluppo dei brevetti, alla partecipazione a gare di appalto, alla formazione e all’aggiornamento imprenditoriale e tecnologico anche nel campo delle tecniche finanziarie, alla creazione di nuove imprese, all’elaborazione di piani di sviluppo aziendale e alla conseguente predisposizione di fascicoli relativi a richieste di accesso a programmi di finanziamento.

2. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono perseguiti attraverso:

a) il finanziamento di iniziative attivate direttamente dalla Regione, anche in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati;

b) la concessione di contributi a programmi di assistenza tecnica predisposti, singolarmente o in concorso tra loro, dai centri e dalle agenzie per l’innovazione, anche a capitale misto pubblico e privato, promossi dall’Unione europea, dalle Università degli Studi e dal Politecnico, dalle CCIAA del Piemonte, dagli enti di ricerca operanti nella regione, dalle associazioni sindacali artigiane maggiormente rappresentative, che operano direttamente o attraverso apposite società e reti di servizi, nonchè da consorzi, società consortili e associazioni temporanee costituite tra imprese artigiane e dai soggetti di cui agli articoli 10, 11 e 12.

3. I programmi di assistenza tecnica possono essere predisposti sia con carattere di continuità nel tempo, quando occorra assicurare l’accesso a servizi reali di base da parte di gruppi aperti di imprese, sia per singole iniziative a carattere saltuario.

4. Il finanziamento regionale può coprire fino al 50 per cento delle spese relative alla realizzazione dei programmi di intervento, con criteri e limiti di importo stabiliti dalla Giunta regionale.

5. Nelle spese di realizzazione dei programmi di intervento rientrano anche i costi relativi alle analisi preliminari, alla progettazione economico-finanziaria e alla promozione dei servizi offerti, la cui incidenza non sia superiore al 10 per cento del costo dell’intero programma.  

6. I criteri e le modalità per la presentazione delle domande per la concessione ed erogazione dei contributi sono disposti dalla Giunta regionale con proprio provvedimento, sentite le confederazioni sindacali artigiane regionali maggiormente rappresentative.

Art. 22.

(Salvaguardia e sostegno del lavoro artigiano)

1. Per salvaguardare il patrimonio di professionalità di lavoro dipendente e imprenditoriale delle imprese artigiane la Regione può concedere contributi integrativi ai due fondi costituiti dall’EBAP, denominati “Fondo di sostegno al reddito” e “Fondo regionale formazione”.

2. I contributi regionali sono determinati annualmente, nel limite massimo di spesa autorizzato con la legge di approvazione del bilancio regionale e per un importo comunque non superiore all’80 per cento della spesa ritenuta ammissibile, e possono essere concessi, in relazione alle finalità contemplate dagli statuti dei fondi di cui al comma 1, per l’attuazione di programmi di intervento predisposti con lo scopo di:

a) incoraggiare l’esecuzione di accordi sindacali sottoscritti a salvaguardia dei livelli occupazionali;

b) contenere le esigenze finanziarie delle imprese connesse alla realizzazione di piani di riorganizzazione aziendale;

c) favorire la ripresa produttiva nei casi di interruzione dell’attività aziendale derivante da eventi dannosi di carattere straordinario e imprevisto;

d) realizzare programmi di aggiornamento tecnico-professionale.

3. La concessione ed erogazione dei contributi regionali é disposta, dietro richiesta dell’EBAP da presentarsi entro il 31 dicembre di ogni anno; la richiesta deve essere corredata da una relazione illustrativa che documenti le attività finanziate dai fondi predetti, le caratteristiche del programma e il piano economico-finanziario delle iniziative in esso previste.  

4. Con il provvedimento di concessione del contributo regionale, sono determinati i criteri e le modalità di rendicontazione circa l’utilizzo finale dei finanziamenti erogati.

Art. 23.

(Interventi per la tutela ambientale)

1. La Regione, sentite le organizzazioni sindacali regionali di categoria, promuove presso le imprese artigiane la diffusione di metodi produttivi compatibili con i più avanzati modelli di tutela e di salvaguardia ambientale, intesa quale corretta applicazione delle disposizioni emanate in materia a livello locale, nazionale e comunitario, nonché di stimolo alla ricerca di un esauriente inquadramento dei rapporti intercorrenti tra imprese artigiane e ambiente e di una omogenea caratterizzazione dei vincoli che vengono fatti ricadere sulle imprese del settore.

2. Tra i fattori della tutela e salvaguardia ambientale rientrano anche quelli relativi al rispetto delle prescrizioni urbanistiche ed edilizie e della sicurezza sui luoghi di lavoro.

3. Per i fini di cui ai commi 1 e 2 la Regione contribuisce al finanziamento di servizi di studio, informazione, consulenza e formazione, rivolti ai titolari e ai dipendenti delle imprese artigiane. Gli interventi di sostegno sono attuati direttamente dalla Regione oppure, anche in concorso tra di loro, dagli enti pubblici eventualmente preposti, da organizzazioni rappresentative dell’artigianato, da organismi paritetici tra organizzazioni artigiane e sindacati dei lavoratori dipendenti da imprese artigiane, da consorzi di almeno cinque imprese artigiane.

4. Per l’attuazione degli interventi i soggetti interessati devono presentare alla Giunta regionale (24) un programma delle iniziative che intendono intraprendere, articolato in:

a) analisi delle condizioni che determinano la richiesta di intervento;

b) descrizione delle variabili coinvolte, integrata dalla stima quantitativa delle stesse, effettuata in condizioni di assenza e presenza dell’intervento regionale;

c) individuazione dei soggetti che si impegnano alla attuazione dell’intervento proposto;

d) programma dettagliato e analitico, con specifica indicazione dei lavori occorrenti e dei costi preventivabili.

5. L’intervento regionale può arrivare a coprire fino al 30 per cento delle spese ritenute ammissibili, con un tetto massimo di spesa il cui importo è stabilito con deliberazione della Giunta regionale, sentite le confederazioni sindacali artigiane regionali e quelle dei lavoratori maggiormente rappresentative; con lo stesso provvedimento sono stabiliti i criteri, le modalità e i termini per la presentazione delle domande nonchè per la concessione ed erogazione dei contributi. (25)

Capo V.

 PROMOZIONE (26)

Art. 24 (27)

(Interventi per la promozione)

1. Per diffondere e consolidare la presenza dell’artigianato piemontese sui mercati nazionali ed esteri, la Regione promuove interventi atti a facilitare:

a) la partecipazione ad esposizioni fieristiche e a missioni esplorative;  

b) lo svolgimento di ricerche e analisi di mercato;  

c) la consulenza contrattuale, giuridico-fiscale e di arbitrato;

d) la ricerca e lo sviluppo di rapporti di cooperazione transnazionale;

e) la progettazione e la realizzazione di marchi di qualità e di origine.

2. Gli interventi per la promozione commerciale diretti ad imprese artigiane singole o consorziate, a norma di legge, sono predisposti e curati attraverso l’Istituto per il commercio estero (ICE), le CCIAA del Piemonte, anche per il tramite della loro unione regionale e del Centro estero promosso dalle stesse, gli enti strumentali regionali, le associazioni rappresentative dell’artigianato e altri soggetti eventualmente individuati con apposita convenzione.  

3. Le richieste di contributo per gli interventi e le iniziative di promozione devono essere presentate entro il mese di settembre dell’anno che precede l’esercizio di riferimento e devono essere corredate della documentazione atta a valutare le ricadute sulle imprese partecipanti nella loro dimensione di mercato economico-finanziaria.  

4. Il programma degli interventi e delle iniziative di promozione commerciale nel settore dell’artigianato è approvato dalla Giunta regionale, entro il successivo mese di ottobre, e contiene i limiti di intervento e le modalita’ per l’erogazione dei contributi.  

5. I rapporti della Regione con gli enti incaricati di prestare gli interventi di promozione commerciale all’artigianato sono disciplinati da apposita convenzione predisposta dalla Giunta regionale.

Art. 25. (28)

(Iniziative dirette)

1. La Regione può organizzare direttamente, o in collaborazione con l’ICE o le CCIAA del Piemonte, anche attraverso il Centro estero delle CCIAA piemontesi, partecipazioni collettive di imprese artigiane ad esposizioni e rassegne commerciali ritenute particolarmente qualificanti sotto il profilo della specializzazione merceologica, della ricerca e del confronto stilistico e delle innovazioni.  

2. La Regione può farsi carico dell’organizzazione di missioni di delegazioni, qualora ciò risulti utile per ragioni di studio e documentazione di aspetti connessi all’organizzazione dei sistemi produttivi, ai rapporti di collaborazione tra imprese di differenti dimensioni, all’acquisizione di conoscenze nel campo delle tecnologie di produzione e della ricerca scientifica, all’assetto giuridico e istituzionale del settore e a quanto altro può formare oggetto di conoscenza e approfondimento degli aspetti evolutivi della realtà artigiana. Analogamente la Regione può ospitare delegazioni di operatori dell’artigianato interessate alla conoscenza delle caratteristiche del settore artigiano in Piemonte.  

3. La Regione inoltre sostiene iniziative di promozione dell’artigianato tramite il finanziamento di programmi che prevedano lo svolgimento di attività finalizzate al recupero, al restauro e alla valorizzazione del patrimonio artistico regionale e nazionale con contributi ad enti, associazioni fra imprese e consorzi, per importi fino al 70 per cento della spesa ritenuta ammissibile e tramite interventi diretti volti a diffondere la conoscenza delle lavorazioni artistiche e tipiche a livello nazionale e internazionale.  

4. Gli interventi regionali previsti dal presente articolo, previa individuazione dei criteri da parte della Giunta regionale, sono attuati nei limiti degli stanziamenti autorizzati con la legge di approvazione del bilancio della Regione, fatta salva la preventiva intesa governativa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all’estero delle Regioni e delle Province autonome), nei casi concernenti attività promozionali all’estero.

Capo VI.

ARTIGIANATO ARTISTICO E TIPICO DI QUALITÀ

Art. 26.

(Obiettivi)

1. La Regione tutela e promuove le lavorazioni dell’artigianato che presentano elevati requisiti di carattere artistico o che estrinsecano valori economici collegati alla tipicità dei materiali impiegati, delle tecniche di lavorazione, dei luoghi di origine o alla cultura, anche di derivazione locale.

2. Con riferimento alle produzioni indicate al comma 1 la Regione persegue i seguenti obiettivi:

a) tutela dei requisiti di professionalità e di origine delle produzioni dell’artigianato artistico e tipico;

b) qualificazione e innovazione delle lavorazioni attuate sotto il profilo stilistico, tecnologico, dei materiali e dei processi utilizzati;

c) valorizzazione delle produzioni realizzate sia sul mercato interno che su quello internazionale;

d) divulgazione e diffusione della conoscenza delle tecniche, delle produzioni realizzate e dei requisiti di manualità e professionalità insiti nelle lavorazioni artistiche e tipiche;

e) acquisizioni e documentazioni concernenti le origini, lo sviluppo storico e i percorsi evolutivi delle lavorazioni;

f) sostegno alla creazione e allo sviluppo di nuove imprese tramite progetti di recupero e rivitalizzazione di attività tradizionali o artistiche locali.

3. L’individuazione delle lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico tutelate é approvata dalla Giunta regionale, anche per settori di attività affini o complementari. La Giunta regionale si avvale della Commissione regionale per l’artigianato. Con lo stesso provvedimento si individuano e si delimitano i territori interessati nel caso in cui le lavorazioni in essere risultino collegate a particolari ambiti territoriali di esecuzione o di approvvigionamento delle materie prime impiegate nella produzione, anche in riferimento al contenuto di cui all’articolo 15 della legge regionale 9 ottobre 1995, n. 72 e successive modificazioni.

Art. 27. (29)

(Disciplinari di produzione)

1. Per le lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico individuate dalla Giunta regionale sono predisposti appositi disciplinari con i quali sono descritti i caratteri delle tecniche produttive adottate, dei materiali impiegati e di quanto altro concorre a individuare e qualificare le lavorazioni in essere.  

2. I disciplinari delle lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico sono predisposti da apposite Commissioni e sono approvati dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per l’artigianato.

3. Le Commissioni di cui al comma 2 sono costituite da:

a) due esperti di storia e tecnica delle particolari lavorazioni considerate;

b) un imprenditore artigiano che risulti in attività da almeno sette anni nello stesso settore delle lavorazioni artistiche e tipiche oggetto di disciplinare, o da un imprenditore artigiano in quiescenza con esperienza di almeno sette anni nel settore oggetto del disciplinare;

c) un rappresentante designato dall’ente locale presso cui risultano le maggiori consistenze produttive delle attività prese in esame;

d) un rappresentante designato dalle associazioni e dalle confederazioni sindacali artigiane regionali maggiormente rappresentative;

e) il dirigente della struttura regionale competente per materia o suo delegato.

4. L’individuazione degli esperti e dell’imprenditore artigiano di cui al comma 3, lettere a) e b) è effettuata dal responsabile della Direzione regionale competente per materia, a seguito di pubblicazione di avviso indicante i requisiti e le condizioni richieste per ricoprire l’incarico, sulla base di criteri stabiliti dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per l’artigianato.

5. Alla nomina delle Commissioni per i disciplinari, nonché alla loro reintegrazione nel caso in cui si determinino vacanze dagli incarichi conferiti o abbandoni, si provvede con determinazione della Direzione regionale competente per materia.

Art. 28.

(Imprese artigiane delle lavorazioni artistiche e tipiche)

1. Le imprese artigiane che esercitano le lavorazioni artistiche e tipiche individuate dalla Giunta regionale, sono censite a cura delle Commissioni provinciali per l’artigianato competenti per territorio, previo accertamento della rispondenza delle produzioni attuate dai richiedenti con i requisiti stabiliti dai relativi disciplinari di produzione.

2. Gli imprenditori artigiani che esercitano attività nell’ambito delle lavorazioni artistiche e tipiche possono inoltrare domanda alla Commissione provinciale per l’artigianato, per ottenere il riconoscimento di impresa artigiana del settore artistico e tipico. Sulla domanda di riconoscimento presentata dalle imprese la Commissione provinciale decide nei tempi e con le modalità previste per l’iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane.

3. Il riconoscimento di impresa artigiana operante nel campo delle lavorazioni artistiche e tipiche é attuato mediante idonea annotazione nell’albo provinciale delle imprese artigiane, riportando altresì la descrizione della particolare lavorazione attuata.

4. Le modalità tecniche delle annotazioni da apportare agli albi provinciali delle imprese artigiane sono determinate dalla Giunta regionale, sentito il parere della Commissione regionale per l’artigianato, sulla base di criteri atti a garantire l’unitarietà del sistema informativo costituito dagli albi provinciali.

Art. 29

(Interventi)

1. Per il perseguimento degli obiettivi previsti all’articolo 26 la Giunta regionale promuove, anche in concorso con enti locali, enti pubblici e privati, fondazioni, confederazioni sindacali artigiane, associazioni e consorzi di imprese:

a) la predisposizione di appositi disciplinari di produzione di cui all’articolo 27;

b) la ricerca di nuovi modelli e la realizzazione e sperimentazione tecnica di nuovi prodotti nonché la realizzazione di marchi di qualità e d’origine;

c) la realizzazione di rassegne ed esposizioni tematiche di manufatti che documentino l’evoluzione della tecnica e degli stili legati alle produzioni realizzate nel campo delle lavorazioni artistiche e tipiche;

d) la realizzazione di pubblicazioni, cataloghi, supporti audiovisivi che illustrano l’evoluzione storica, le testimonianze, le tecniche produttive e i valori intrinseci delle produzioni dell’artigianato artistico e tipico;

e) la partecipazione delle imprese artigiane operanti nei settori delle lavorazioni artistiche e tipiche a rassegne e manifestazioni di carattere commerciale sia in Italia che all’estero;

f) l’allestimento, presso le strutture pubbliche di conservazione di beni culturali, di spazi idonei alla presentazione e alla vendita di oggetti e riproduzioni ispirati alle collezioni ivi esistenti;

g) la realizzazione di corsi di addestramento tecnico-pratico nelle botteghe artigiane, basati sull’apporto formativo diretto degli imprenditori artigiani, secondo quanto previsto all’articolo 31;

h) ogni altra iniziativa ritenuta utile e opportuna per la valorizzazione dell’artigianato artistico e tipico.

2. La Giunta regionale, entro il 30 novembre di ogni anno, sentita la Commissione regionale per l’artigianato e informata la Commissione consiliare competente, predispone il piano per l’anno successivo degli interventi per l’artigianato artistico e tipico.

3. Con il piano degli interventi vengono individuate le lavorazioni prioritarie da incentivare, anche con riferimento a determinati ambiti territoriali, i criteri di riparto dei contributi in relazione alle diverse tipologie di intervento previste, i limiti massimi di spesa per l’elaborazione dei disciplinari e per l’attuazione degli interventi, unitamente ai requisiti dei soggetti che vi fanno ricorso.

Art. 30

(Modalità degli interventi)

1. Gli interventi possono essere promossi direttamente dalla Regione o da soggetti esterni quali enti locali, consorzi di imprese, associazioni di categoria, enti vari, fondazioni e istituti operanti senza fini di lucro che si propongono scopi di promozione dell’artigianato artistico e tipico di qualità.

2. Il finanziamento degli interventi é disposto sulla base di un progetto delle iniziative da attuare, con cui vengono determinati gli obiettivi che si intendono conseguire e il piano economico-finanziario previsto. La Giunta regionale, nei limiti degli stanziamenti appositamente autorizzati con l’approvazione del bilancio di previsione provvede fissando anche i termini e le modalità di attuazione delle iniziative programmate.

3. Nel caso in cui le iniziative siano promosse e realizzate previa richiesta di finanziamento da parte di terzi, i contributi regionali possono essere concessi fino all’80 per cento della spesa riconosciuta ammissibile e comunque per un importo non superiore a quanto determinato ai sensi dell’articolo 29, comma 3, in relazione a ciascuna tipologia di intervento prevista.

4. I progetti di intervento devono essere presentati alla Regione, dai soggetti indicati al comma 1, non oltre il 31 gennaio di ogni anno, per poter ottenere il finanziamento, di norma, a carico dell’esercizio finanziario corrispondente allo stesso anno.

Art. 31.

(Istruzione e addestramento artigiano)

1. Le imprese artigiane che hanno ottenuto dalla Commissione provinciale per l’artigianato il riconoscimento di imprese operanti nei settori delle lavorazioni artistiche e tipiche, così come definite dalla presente legge, possono essere chiamate a concorrere alla attuazione dell’istruzione artigiana, in qualità di botteghe scuola, sulla base di apposite convenzioni che valorizzino appieno la prevalente funzione formativa.

2. L’istruzione artigiana volta alla formazione ne i settori artistici e tipici, deve essere svolta per almeno un terzo delle ore totali di insegnamento presso le imprese artigiane, singole o associate, individuate come botteghe-scuola.

3. In aggiunta agli interventi definiti attraverso i programmi e le azioni regionali nel campo della formazione professionale, la Regione può favorire la realizzazione di programmi di addestramento tecnico-pratico non previsti nei piani regionali di formazione professionale, rivolti alla trasmissione delle conoscenze tecniche e delle abilità di lavoro manuale connesse a particolari prestazioni concernenti anche e in particolare la riproduzione, la manutenzione e il restauro di beni di particolare interesse storico o pregio artistico.

4. Possono beneficiare dell’intervento regionale gli organismi associativi, operanti senza fini di lucro, costituiti da artigiani che vantano professionalità specifiche nei particolari mestieri da tutelare e tramandare; le singole imprese artigiane, con le stesse caratteristiche, che si impegnano a realizzare cicli di addestramento tecnico-pratico all’interno delle botteghe artigiane rivolti a soggetti che intendono acquisire le capacità tecnico-professionali connesse allo svolgimento delle lavorazioni. L’intervento regionale consiste in un contributo all’organismo o impresa che organizza i corsi per ogni allievo impegnato nell’attività di addestramento pratico. L’importo dei contributi regionali é determinato con il piano degli interventi di cui all’articolo 29, comma 2 e in ogni caso non può superare la metà del salario mensile di un apprendista, calcolato al netto dei contributi assicurativi e previdenziali, secondo i minimi tabellari contrattualmente in vigore per le corrispondenti categorie di attività, per non più di due anni consecutivi.

5. La concessione ed erogazione dei contributi é disposta sulla base dei criteri definiti con il piano annuale degli interventi di cui all’articolo 29, con deliberazione della Giunta regionale che determina altresì le modalità di svolgimento delle attività di addestramento tecnico e di rendicontazione finale delle spese sostenute.

6. La Regione può concedere inoltre agli allievi che partecipano ai cicli di addestramento di cui al comma 4 borse di studio con i criteri e le modalità da stabilirsi con il Piano degli interventi di cui all’articolo 29, comma 2.

Capo VII. Abrogato (30)

 INTERVENTI IN DIPENDENZA
DI EVENTI CALAMITOSI

Art. 32. abrogato (30)

 (Tipologia degli interventi)

Art. 33. abrogato (30)

(Fondi rischi speciali)

Art. 34. abrogato (30)

(Contributi in conto capitale)

Art. 35. abrogato (30)

(Contributi in conto interessi e in conto canoni)

Capo VIII.

OSSERVATORIO REGIONALE DELL’ARTIGIANATO

Art. 36.

(Istituzione dell’Osservatorio)

1. La Regione Piemonte promuove un’attività permanente di analisi e di studio delle problematiche del settore artigiano.

2. A tal fine, la Giunta regionale provvede all’acquisizione di tutti gli elementi informativi necessari all’attuazione degli interventi per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato attraverso l’istituzione di un Osservatorio regionale dell’artigianato, operante all’interno dell’assessorato competente per la materia.

3. L’Osservatorio svolge attività di analisi e di studio delle problematiche strutturali e congiunturali relative al settore artigiano nel contesto del quadro economico regionale, nazionale ed internazionale.

4. L’attività dell’Osservatorio regionale dell’artigianato é svolta in coerenza con le finalità dei sistemi informativi nazionali e concorre alla attuazione dell’Osservatorio nazionale.

4 bis. La Giunta regionale adotta disposizioni organizzative idonee ad assicurare il coordinamento delle attività degli osservatori regionali istituiti per l’analisi dei diversi settori dell’economia piemontese. (31)

Art. 37.

(Commissione tecnico-scientifica)

1. Nello svolgimento della sua attività l’Osservatorio opera in stretto raccordo con la Commissione regionale per l’artigianato e si avvale di un’apposita Commissione tecnico-scientifica con funzioni consultive e propositive per quanto attiene la metodologia delle indagini conoscitive da effettuare nel settore.

2. La Commissione tecnico-scientifica é istituita con decreto del Presidente della Giunta regionale ed é composta da:

a) un dirigente della struttura regionale preposta all’artigianato, con funzioni di presidente;

b) il direttore dell’Istituto di ricerche economico sociali (IRES) o un suo delegato;

c) il direttore regionale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) o un suo delegato;

d) un rappresentante dell’Unione delle CCIAA piemontesi;

e) un esperto designato dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per l’artigianato;

f) un esperto delle confederazioni sindacali artigiane regionali maggiormente rappresentative.

2. Alle riunioni della Commissione tecnico-scientifica possono essere invitati esperti o rappresentanti di enti o associazioni a vario titolo interessate all’attività dell’osservatorio.

3. Il coordinamento tra la Commissione regionale per l’artigianato e la Commissione tecnico-scientifica é attuato dal responsabile della struttura regionale preposta all’artigianato.

4. Le funzioni di segreteria della Commissione tecnico-scientifica sono svolte da un funzionario dell’assessorato all’artigianato.

5. La Commissione tecnico-scientifica dura in carica cinque anni dalla sua costituzione.

6. Per la realizzazione delle attività dell’Osservatorio, la Giunta regionale può stipulare convenzioni con enti, istituzioni, società, istituti di ricerca, organizzazioni professionali e sindacali, anche a carattere paritetico, nonché esperti del settore, che abbiano competenza in materia di artigianato.

Art. 38.

(Obiettivi dell’Osservatorio)

1. L’attività dell’osservatorio concorre:

a) alla programmazione regionale nel settore dell’artigianato;

b) alla valutazione dell’efficacia degli interventi regionali in materia di artigianato;

c) a fornire a tutti i soggetti interessati i dati e le elaborazioni per una migliore conoscenza del settore artigiano piemontese, anche al fine di rafforzare la presenza delle aziende piemontesi sul mercato nazionale ed internazionale;

d) alla diffusione delle informazioni sulla realtà artigiana presso le istituzioni e le categorie economiche;

e) alla realizzazione del sistema informativo regionale sull’artigianato, in raccordo con il sistema informativo nazionale.

Art. 39.

(Attività dell’Osservatorio)

1. L’Osservatorio regionale dell’artigianato, per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 38, promuove la conoscenza tra le imprese del settore di tutte le opportunità connesse alla realizzazione dei programmi rivolti allo sviluppo dell’artigianato e, in particolare:

a) cura la raccolta e l’aggiornamento, in una banca dati informatizzata, delle principali informazioni sul settore, acquisendo sistematicamente dati da fonti già disponibili e attivando specifiche collaborazioni con soggetti pubblici e privati;

b) promuovere indagini, ricerche, studi e collaborazioni tese a favorire lo sviluppo delle imprese artigiane sul mercato interno ed estero; (32)

c) realizza strumenti di informazione periodica, anche sotto forma di bollettini periodici e di approfondimento monografico su temi di particolare rilevanza per il settore, destinati alle imprese artigiane piemontesi nonché alle organizzazioni professionali, agli istituti di ricerca e alle istituzioni pubbliche;

d) svolge attività di informazione socio-economica anche attraverso l’organizzazione e la partecipazione a seminari e convegni di studio. (32)

Art. 40

(Sistema informativo regionale sull’artigianato)

1. Il Sistema informativo regionale sull’artigianato del Piemonte (SIRAP), che ha sede presso l’assessorato all’artigianato della Regione Piemonte, assicura la gestione delle basi dati e le elaborazioni necessarie all’attività dell’Osservatorio, garantendo nel contempo le funzioni di collegamento con il Sistema informativo nazionale istituito dal decreto legge 31 luglio 1987, n. 318 (Norme urgenti in materia di agevolazione della produzione industriale delle piccole e medie imprese e di rifinanziamento degli interventi di politica mineraria), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 399.

2. A tal fine il SIRAP deve perseguire i seguenti obiettivi:

a) promuovere il coordinamento dei sistemi informativi già istituiti nella Regione Piemonte al fine del raggiungimento degli obiettivi dell’Osservatorio di cui all’articolo 38;

b) acquisire sistematicamente i dati raccolti dai sistemi informativi di cui alla lettera a) e dalle altre strutture regionali, nazionali, comunitarie ed extracomunitarie attraverso la creazione e gestione di un apposito centro di documentazione;

c) aggiornare ed elaborare i dati disponibili per la realizzazione degli strumenti di informazione periodica di cui all’articolo 39, comma 1, lettera c).

Art. 41. (33)

(Programma annuale di attività)

1. Al fine di conseguire gli obiettivi previsti dall’articolo 38, l’Osservatorio regionale dell’artigianato predispone annualmente un programma di attività, tenendo conto degli indirizzi della programmazione regionale e di settore. Il programma è approvato dalla Giunta regionale e trasmesso alla commissione consiliare competente.

Titolo III.

TUTELA DELLA PROFESSIONALITÀ DEGLI IMPRENDITORI ARTIGIANI

Capo I.

TENUTA DELL’ALBO PROVINCIALE DELLE IMPRESE ARTIGIANE

Art. 42.

(Albi  provinciali delle imprese artigiane)

1. In ogni capoluogo di provincia sono istituiti l’albo provinciale delle imprese artigiane e la Commissione provinciale per l’artigianato che provvede, quale organo amministrativo e di tutela del settore, alla tenuta dell’albo sulla base delle disposizioni di legge vigenti nella materia e nel rispetto dei poteri di indirizzo della Regione.

2. Tra le funzioni relative alla tenuta dell’albo provinciale delle imprese artigiane rientrano anche quelle di iscrizione, revisione, cancellazione, certificazione e rilevazione statistica.

3. La Giunta regionale può stipulare apposite convenzioni con le CCIAA o con l’Unione regionale delle CCIAA del Piemonte, per quanto attiene ai servizi da assicurare per lo svolgimento delle funzioni delle Commissioni provinciali per l’artigianato e per la tenuta dell’albo provinciale delle imprese artigiane. Le convenzioni precisano altresì le procedure da attivare per definire un sistematico scambio di informazioni finalizzato a garantire efficienza e qualità nell’erogazione dei servizi e programmi comuni di promozione del settore artigiano.

4. Le convenzioni di cui al comma 3 possono inoltre determinare i criteri e le modalità di concertazione dell’utilizzo delle risorse finanziarie camerali e regionali, al fine della realizzazione di interventi comuni per il sostegno del comparto artigiano, con particolare riferimento a: qualificazione degli insediamenti artigiani, servizi reali e assistenza tecnica, tutela e qualificazione ambientale, promozione commerciale, artigianato artistico e tipico di qualità.

5. La Commissione provinciale per l’artigianato é tenuta a comunicare alla rispettiva CCIAA ogni elemento conoscitivo atto a garantire i necessari collegamenti funzionali tra albo e registro delle imprese.

6. Apposita comunicazione dovrà essere effettuata alle competenti sedi degli istituti assicurativi, previdenziali e assistenziali, abilitati al rilascio di prestazioni in favore degli imprenditori artigiani.

7. Spettano alla Regione, nelle stesse misure stabilite con legge statale, i diritti sull’iscrizione agli albi provinciali delle imprese artigiane e sugli atti e certificati rilasciati dagli uffici di segreteria delle Commissioni provinciali per l’artigianato.

8. L’albo provinciale delle imprese artigiane é pubblico e chiunque può prenderne visione nel rispetto della vigente normativa in materia di accesso ai documenti amministrativi.

Art. 43. (34)

(Iscrizione all’albo provinciale)

1. La domanda di iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane, da parte delle imprese che sono in possesso dei requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 della l. 443/1985, deve essere presentata alla Commissione provinciale per l’artigianato entro trenta giorni dall’inizio dell’attività o dell’acquisizione dei requisiti di legge o dalla data dell’iscrizione stessa, quando trattasi di attività’ esercitata da società soggette all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese a norma dell’articolo 2200 del codice civile e dell’articolo 26 quater del decreto legge 31 ottobre 1980, n. 693 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 1980, n. 891.  

2. La presentazione della domanda alla Commissione provinciale può essere effettuata mediante consegna diretta o a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, o per il tramite del Comune in cui ha sede l’impresa. La segreteria della Commissione o i competenti uffici comunali devono rilasciare ricevuta della presentazione della domanda. Nel caso di inoltro a mezzo di uffici postali costituisce data di presentazione quella della ricevuta dagli stessi rilasciata.

3. Le domande di iscrizione all’albo delle imprese artigiane e le successive denunce di modifica e di cessazione sono presentate sulla base di modelli conformi a quelli approvati dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato per la presentazione delle domande di iscrizione al registro delle imprese e delle denunce al repertorio delle notizie economiche e amministrative, secondo la disciplina vigente. La Regione può integrare i predetti modelli con appositi intercalari al fine di acquisire notizie di specifico rilievo ai fini della gestione dell’albo e dell’esercizio delle proprie funzioni in materia di artigianato.

4. La Commissione provinciale per l’artigianato procede all’istruttoria delle domande di iscrizione all’albo verificando, anche con accertamenti diretti, la sussistenzaa dei requisiti stabiliti dalle vigenti disposizioni di legge. A tal fine la Commissione può richiedere al Comune, nel cui territorio è ubicata la sede operativa principale dell’impresa, di effettuare l’istruttoria di competenza e di rilasciare le relative attestazioni di cui all’articolo 63, comma 4, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

5. Le amministrazioni comunali sono tenute ad effettuare l’istruttoria di competenza ed a rilasciare la relativa attestazione entro il termine di quindici giorni dalla richiesta della Commissione provinciale per l’artigianato.

6. Sulla base degli elementi acquisiti e delle verifiche effettuate, la Commissione provinciale per l’artigianato dispone l’iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane e ne dà comunicazione all’interessato entro sessanta giorni.  

7. La mancata comunicazione all’interessato vale come accoglimento della domanda stessa.

8. Gli effetti costitutivi dell’iscrizione decorrono dalla data di inizio dello svolgimento dell’attività in conformità dei requisiti di qualifica previsti dalla l. 443/1985.

9. L’iscrizione all’albo è comprovata da apposito certificato rilasciato dalla Commissione provinciale per l’artigianato.

Art. 44.

(Revisione dell’albo provinciale)

1. Il Presidente della Giunta regionale con proprio decreto indice ogni trenta mesi la revisione dell’albo provinciale delle imprese artigiane a norma dell’articolo 7, comma 3, della l. 443/1985, specificando in esso le procedure e i tempi di attuazione della medesima.

2. Ai fini della revisione, sugli elenchi delle imprese artigiane che risultano iscritte all’albo, trasmessi dalla Commissione provinciale per l’artigianato ai singoli Comuni, i competenti uffici comunali sono tenuti a effettuare il riscontro dei dati ivi riportati e a comunicare alla Commissione, entro centoventi giorni dalla data di ricevimento degli elenchi, ogni difformità rilevata rispetto alla situazione di fatto delle imprese di cui sono a conoscenza; se entro tale termine non é giunta nessuna comunicazione alla Commissione, ai fini della revisione si intendono confermati gli elenchi trasmessi dalla stessa ai singoli Comuni.

3. Per attuare il disposto di cui al comma 2, la Commissione provinciale può consultare le organizzazioni artigiane di categoria.

Art. 45.

(Modifiche e cancellazione) (35)

1. I titolari delle imprese artigiane iscritte nell’albo devono comunicare, direttamente o tramite il Comune di residenza, alla Commissione provinciale per l’artigianato, entro trenta giorni, il venire meno dei requisiti stabiliti dalle disposizioni di legge vigenti o la cessazione della attività e ogni variazione o modificazione dell’attività, della sede e della ragione sociale.

2. La cancellazione dall’albo delle imprese artigiane per sopravvenuta mancanza di uno dei requisiti richiesti dalla legge o per cessazione dell’attività, é disposta dalla Commissione provinciale per l’artigianato sentito in ogni caso l’interessato.

3. La modifica dello stato di iscrizione e il provvedimento di cancellazione dall’albo delle imprese artigiane producono effetti, rispettivamente, dalla data della modifica e dalla data della cessazione dell’attività stessa, o di perdita dei requisiti di qualifica previsti dalla l. 443/1985. (36)

Art. 46.

(Sanzioni)

1. Ai trasgressori delle disposizioni concernenti la tenuta dell’albo delle imprese artigiane sono inflitte le sanzioni amministrative, consistenti nel pagamento di una somma di denaro così determinata:  

a) da lire 500 mila a lire 5 milioni in caso di omessa domanda di iscrizione o denuncia di inizio attività;  

b) da lire 400 mila a lire 2 milioni in caso di omessa denuncia di modifica dell’impresa o di cessazione dell’attività;  

c) da lire 200 mila a lire 1 milione in caso di dichiarazione contenente dati inesatti;  

d) da lire 1 milione a lire 5 milioni in caso di uso illecito, da parte di un’impresa non iscritta all’albo, di riferimenti all’artigianato nella denominazione della ditta o insegna o marchio;

e) da lire 50 mila a lire 300 mila in caso di domanda di iscrizione, denuncia di inizio attività, denuncia di modifica o di cancellazione presentata entro sessanta giorni dalla scadenza dei termini di cui agli articoli 43 e 45. (37)

2. comma abrogato (38)

3. L’autorità competente ad irrogare le sanzioni é il Sindaco del Comune in cui ha sede l’impresa. Il versamento dei relativi proventi é effettuato a favore del Comune medesimo.

4. Il Sindaco, nel rispetto delle norme e dei principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), si avvale in particolare dei competenti uffici comunali, nonché degli atti forniti dalle Commissioni provinciali per l’artigianato.

5. I Comuni relazionano annualmente alla Regione sull’attività di vigilanza ad essi demandata, dettagliando le violazioni accertate, le generalità dei soggetti sanzionati e l’importo delle sanzioni applicate.

6. Gli importi delle sanzioni di cui al comma 1 sono aggiornabili a cadenza triennale con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale.

Capo II.

FUNZIONAMENTO DELLE COMMISSIONI
PROVINCIALI E REGIONALE PER L’ARTIGIANATO

Art. 47.

(Funzioni delle Commissioni
provinciali per l’artigianato)

1. Le Commissioni provinciali per l’artigianato possono aver sede presso le CCIAA e, oltre a svolgere tutte le funzioni riguardanti la tenuta dell’albo provinciale delle imprese artigiane di cui all’articolo 42, assolvono ai seguenti compiti:

a) concorrere con la Commissione regionale per l’artigianato, allo svolgimento di indagini, rilevazioni e studi concernenti l’artigianato;

b) proporre iniziative e prospettare esigenze per lo sviluppo dei servizi reali alle imprese artigiane, nonché ricerche e applicazioni di processi di innovazione tecnologica;

c) esprimere pareri sulle caratteristiche, sul coordinamento e sulla istituzione di fiere e mostre a carattere artigiano;

d) promuovere ogni utile iniziativa diretta a valorizzare le attività artigiane della Provincia;

e) svolgere gli altri compiti attribuiti dalle leggi regionali.

2. Le spese per il funzionamento delle Commissioni provinciali per l’artigianato sono a carico della Regione.

3. L’espletamento delle funzioni di segreteria e dei compiti tecnico-amministrativi necessari all’attività delle Commissioni é assicurato dalle apposite strutture organizzative individuate ai sensi degli articoli 52 e 53.

Art. 48.

(Composizione delle Commissioni
provinciali per l’artigianato)

1. La Commissione provinciale per l’artigianato é costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale ed é composta:

a) da diciotto titolari di imprese artigiane operanti nella Provincia da almeno tre anni, eletti in base alle disposizioni riportate al titolo III, capo IV;

b) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti più rappresentative;

c) dal Direttore provinciale INPS o suo delegato;

d) dal Direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro o suo delegato;

e) da tre esperti in materie concernenti l’artigianato, su proposta delle organizzazioni sindacali artigiane più rappresentative a livello provinciale;

f) da un rappresentante designato dalla Giunta camerale della CCIAA.

2. La Commissione provinciale elegge il Presidente, scegliendolo tra i componenti di cui alla lettera a), ed il Vice Presidente.

3. Per la validità delle riunioni della Commissione é necessaria, in prima convocazione, la presenza di almeno la metà più uno dei componenti; in seconda convocazione le sedute sono valide con la presenza di almeno un terzo dei componenti la Commissione. Le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei partecipanti al voto. In caso di parità di voti prevale il voto del Presidente.

4. Nel caso si verifichino più di tre assenze consecutive, senza adeguata giustificazione, i componenti della Commissione provinciale per l’artigianato decadono dalla carica. Coloro che vengono dichiarati decaduti ai sensi del comma 4, non sono rieleggibili limitatamente al primo rinnovo della stessa Commissione.

5. I componenti di cui alle lettere a), b), ed e) sono ridotti rispettivamente a dodici, uno e due, nelle province in cui le imprese artigiane sono inferiori alle 10.000 unità.

Art. 49. (39)

(Funzioni della Commissione regionale
per l’artigianato)

1. La Commissione regionale per l’artigianato ha sede presso gli uffici della Giunta regionale. Quale organo regionale amministrativo e di tutela del settore essa:  

a) presenta alla Giunta regionale, entro il mese di luglio di ogni anno, il programma della propria attività per l’anno successivo ed il consuntivo dell’attività svolta nell’anno precedente. Tale programma tiene conto anche delle eventuali proposte delle Commissioni provinciali per l’artigianato;  

b) decide sui ricorsi, proposti avverso le decisioni delle Commissioni provinciali per l’artigianato, di iscrizione, modifica e cancellazione dall’albo provinciale delle imprese artigiane e di negato riconoscimento di impresa artigiana del settore artistico e tipico;

c) decide sui ricorsi avverso i provvedimenti delle Commissioni provinciali per l’artigianato in materia di iscrizione, negata iscrizione, modifica e cancellazione dagli elenchi nominativi per l’assicurazione contro le malattie, l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) ai sensi della legge 17 marzo 1993, n. 63 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 15 gennaio 1993, n. 6, recante disposizioni urgenti per il recupero degli introiti contributivi in materia previdenziale);

d) decide sulla costituzione in giudizio in caso di impugnazione delle delibere ai sensi dell’articolo 7, comma 6 della l. 443/1985;

e) svolge, in stretta collaborazione con le Commissioni provinciali per l’artigianato, attività di documentazione, di studio, di indagine e rilevazione statistica delle attività artigiane della regione, avvalendosi prioritariamente degli enti strumentali regionali e in collaborazione con l’Osservatorio regionale dell’artigianato di cui all’articolo 36;

f) esprime pareri sugli atti della programmazione regionale in materia di artigianato, sentite le Commissioni provinciali per l’artigianato;

g) propone iniziative rivolte alla promozione, tutela, valorizzazione e sviluppo dell’artigianato;

h) svolge una funzione di informazione e coordinamento nei confronti delle Commissioni provinciali dell’artigianato per assicurare omogeneità di indirizzo agli interventi sul territorio regionale in stretta collaborazione con le strutture competenti della Regione Piemonte;

i) svolge ogni altro compito attribuitole dalle leggi regionali e nazionali.

2. Tutti gli oneri e le spese per il funzionamento della Commissione regionale per l’artigianato sono a carico della Regione.

3. La rappresentanza processuale e la difesa in giudizio della Commissione regionale spetta di norma alla struttura organizzativa speciale dell’Avvocatura della Regione Piemonte.

4. Le funzioni di segreteria e i compiti tecnico-amministrativi della Commissione regionale per l’artigianato sono svolti dall’apposita struttura organizzativa di cui agli articoli 52 e 53.

5. Per l’approfondimento di argomenti di particolare complessità la Commissione regionale per l’artigianato può articolarsi in gruppi di lavoro.

Art. 50.

(Composizione della Commissione
regionale per l’artigianato)

1. La Commissione regionale per l’artigianato, ai sensi dell’articolo 11 della l. 443/1985, é nominata con decreto del Presidente della Giunta regionale ed é composta:

a) dai Presidenti delle Commissioni provinciali per l’artigianato;

b) da tre rappresentanti della Regione designati dalla Giunta regionale;

c) da cinque esperti in materia di artigianato, designati dalle organizzazioni artigiane più rappresentative a struttura nazionale ed operanti nella Regione;

d) da un rappresentante dei consumatori designato dalle associazioni dei consumatori iscritte all’albo istituito con l’articolo 9 bis della legge regionale 25 marzo 1985, n. 21 “Provvedimenti per la tutela e la difesa del consumatore” così come aggiunto dall’articolo 7 della legge regionale 12 luglio 1994, n. 23;

e) da un rappresentante delle organizzazioni sindacali regionali dei lavoratori.

2. I componenti della Commissione regionale per l’artigianato eleggono nel proprio seno il Presidente e il Vicepresidente.

3. Le riunioni della Commissione regionale per l’artigianato sono valide con la presenza della metà più uno dei componenti e le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei partecipanti al voto.

4. La Commissione regionale per l’artigianato disciplina il proprio funzionamento con norme regolamentari interne.

Art. 51.

(Durata in carica delle Commissioni)

1. Le Commissioni provinciali e la Commissione regionale per l’artigianato durano in carica cinque anni.

2. I componenti delle Commissioni decadono dalla carica in caso di perdita dei requisiti; possono inoltre essere revocati e sostituiti dall’organismo che li ha designati.

3. I componenti delle Commissioni provinciali per l’artigianato titolari di impresa artigiana, cessati dalla carica per qualsiasi causa, vengono sostituiti dal Presidente della Giunta regionale con i candidati che li seguono immediatamente nella graduatoria dello scrutinio di lista.

4. I nominativi dei componenti delle Commissioni provinciali e della Commissione regionale per l’artigianato, individuabili attraverso designazione, devono essere comunicati alla Giunta regionale entro trenta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine il Presidente della Giunta regionale provvede all’insediamento delle Commissioni che risultano validamente costituite con la nomina di almeno la metà più uno dei componenti.

5. La sostituzione dei rappresentanti designati è effettuata dal Presidente della Giunta regionale su designazione dello stesso ente che ha espresso la designazione originaria.

Art. 52.

(Uffici di segreteria delle Commissioni)

1. Presso le Commissioni provinciali e regionale per l’artigianato operano apposite strutture organizzative di segreteria individuate ai sensi dell’articolo 53.

2. Le strutture organizzative di segreteria delle Commissioni provinciali per l’artigianato debbono compiere gli atti connessi agli adempimenti di legge e comunque di competenza delle rispettive Commissioni. Spetta in particolare ad esse predisporre e curare:

a) gli adempimenti relativi alle iscrizioni, alle modificazioni ed alle cancellazioni delle imprese artigiane dagli albi provinciali disposte dalle rispettive Commissioni;

b) la verbalizzazione, la pubblicità e la conservazione degli atti delle Commissioni stesse;

c) il rilascio delle certificazioni di iscrizione all’albo ed ogni altra certificazione prevista dalla legge;

d) gli atti e le procedure relative alle revisioni periodiche dell’albo;

e) gli adempimenti relativi al procedimento di rinnovo delle rispettive Commissioni;

f) le iniziative delle Commissioni di carattere promozionale, statistico, di tutela o comunque di competenza delle Commissioni stesse, seguendone l’attuazione;

g) ogni altro adempimento derivante dalle funzioni assegnate alle rispettive Commissioni.

3. La struttura organizzativa di segreteria della Commissione regionale per l’artigianato deve compiere gli atti connessi agli adempimenti di legge di competenza della Commissione. Spetta in particolare ad essa predisporre e curare:

a) gli atti e le istruttorie relative ai ricorsi proposti avverso le decisioni delle Commissioni provinciali per l’artigianato;

b) la verbalizzazione, la pubblicità e la conservazione degli atti della Commissione;

c) le attività della Commissione di carattere promozionale, statistico, di tutela dell’artigianato, e di coordinamento delle iniziative delle Commissioni provinciali, seguendone l’attuazione;

d) ogni altro adempimento derivante dalle funzioni assegnate alla Commissione.

Art. 53.

(Personale e organizzazione degli uffici
di segreteria delle Commissioni)

1. Le dotazioni organiche delle strutture organizzative di segreteria delle Commissioni provinciali e regionale per l’artigianato sono determinate ai sensi delle leggi regionali vigenti in materia di personale e organizzazione.

2. Il personale della struttura organizzativa di segreteria della Commissione regionale per l’artigianato é individuato tra il personale regionale e dipende funzionalmente dal Presidente della Commissione medesima, ferma restando la sua appartenenza al settore regionale competente, di cui la struttura costituisce articolazione interna e da cui dipende gerarchicamente.

3. Il personale delle strutture organizzative di segreteria delle Commissioni provinciali per l’artigianato é individuato fra il personale regionale ovvero fra il personale delle CCIAA, in base alla convenzione di cui all’articolo 42, e dipende funzionalmente dai Presidenti delle Commissioni medesime.

4. Tra il personale di cui al comma 3 viene individuato il segretario di ciascuna Commissione provinciale per l’artigianato.

Art. 54

(Indirizzo, coordinamento e vigilanza)

1. L’attività delle Commissioni provinciali per l’artigianato é sottoposta ai poteri di vigilanza, di indirizzo e di coordinamento della Giunta regionale che si avvale a tale scopo, del parere consultivo della Commissione regionale per l’artigianato.

2. La Giunta regionale può ordinare ispezioni e indagini sul funzionamento delle Commissioni provinciali e regionale per l’artigianato.

3. Nel caso in cui una Commissione venga a trovarsi nella impossibilità di funzionare o dia luogo a gravi e reiterate irregolarità, la Commissione medesima viene sciolta, previa diffida, con decreto del Presidente della Giunta regionale e contestualmente viene nominato un Commissario straordinario competente ad esercitare fino alla ricostituzione della Commissione, tutte le funzioni alla stessa attribuite. Il decreto di scioglimento fissa la data di nuove elezioni.

Capo III.

ELEZIONI DEI COMPONENTI ARTIGIANI DELLE COMMISSIONI PROVINCIALI PER L’ARTIGIANATO

Art. 55.

(Indizione delle elezioni e presentazione
delle liste dei candidati)

1. La data delle elezioni dei titolari di aziende artigiane, chiamati a far parte della Commissione provinciale per l’artigianato, é fissata con decreto del Presidente della Giunta regionale almeno trenta giorni prima del termine ultimo per l’indizione delle elezioni.

2. Le elezioni sono indette dal Presidente uscente della Commissione con apposito manifesto da affiggersi, per la durata di quindici giorni, negli albi della Camera di Commercio e dei Comuni della provincia e negli S.p.A.zi previsti per le pubbliche affissioni, almeno centoventi giorni prima della scadenza del quinquennio di durata in carica della Commissione.

3. Qualora il Presidente, nel termine suddetto, non abbia provveduto, il Presidente della Giunta regionale nomina un Commissario per tutti gli adempimenti relativi alle operazioni elettorali.

4. Tutte le operazioni elettorali devono essere ultimate non oltre la scadenza del quinquennio di durata in carica della Commissione.

5. Le liste dei candidati devono essere presentate al Presidente della Commissione provinciale entro le ore dodici del trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del manifesto che indice le elezioni, insieme alla dichiarazione di accettazione di ciascun candidato.

6. Le liste possono contenere un numero di candidati non superiore al numero dei componenti da eleggere e non inferiore al 50 per cento degli stessi. Esse devono essere presentate da almeno cinquanta artigiani nelle province aventi fino a diecimila imprese iscritte all’albo, da almeno centocinquanta artigiani nelle province con una consistenza di imprese artigiane compresa tra diecimila e ventimila unità e da almeno quattrocento artigiani nelle altre province. Le firme dei presentatori e le dichiarazioni di accettazione di cui al comma 5, devono essere autenticate dal Sindaco, o da un suo delegato, o dal segretario comunale, o dal conciliatore, o da un notaio.

7. I presentatori devono essere titolari di imprese iscritte nell’albo provinciale e possono sottoscrivere soltanto una lista. Le liste debbono essere presentate personalmente da uno dei firmatari.

8. Dell’avvenuta presentazione delle liste dovrà essere rilasciata ricevuta.

9. Le liste sono contrassegnate da un numero progressivo in corrispondenza dell’ordine di presentazione. Al numero può essere abbinato anche un simbolo.

10. Nei cinque giorni successivi alla scadenza del termine utile per la presentazione delle liste, la Commissione provinciale provvede ad accertarne la regolarità.

11. Le eventuali decisioni concernenti l’esclusione di liste o di singoli candidati devono essere motivate e, a cura della Commissione provinciale, debbono essere notificate, entro cinque giorni dalla loro adozione, ai candidati esclusi e comunque a tutti i candidati delle liste interessate.

12. I candidati esclusi possono inoltrare ricorso, entro dieci giorni dalla notifica della decisione della Commissione, al Presidente della Giunta regionale che decide entro quindici giorni dalla presentazione del ricorso.  

Art. 56

(Adempimenti preparatori della consultazione)

1. Nei quarantacinque giorni successivi al termine utile per la presentazione delle liste, il Presidente della Commissione provinciale per l’artigianato, pubblica un manifesto da affiggere per almeno quindici giorni negli albi della CCIAA, negli spazi destinati alle pubbliche affissioni, nella sede degli albi e dei Comuni della provincia, con il quale vengono resi noti agli elettori:

a) la data e l’orario delle votazioni, con inizio alle ore otto e termine alle ore venti del medesimo giorno;

b) le liste dei candidati, contrassegnate ciascuna da un numero progressivo secondo l’ordine di presentazione;

c) la sede delle sezioni elettorali;

d) l’avvenuta pubblicazione delle liste degli elettori, distinte per sezioni, negli albi della Camera di Commercio e dei Comuni, fino al giorno delle elezioni.

2. Le votazioni hanno luogo in un giorno festivo entro il ventesimo giorno antecedente quello di scadenza del quinquennio di durata in carica della Commissione.

3. La ripartizione del territorio della provincia in sezioni elettorali é effettuata, a cura della Commissione provinciale per l’artigianato, in modo che in ciascuna sezione il numero degli elettori non sia superiore a cinquecento nei territori delle Comunità montane e a settecento nei restanti territori. La Commissione può, qualora circostanze particolari lo rendano opportuno, raggruppare gli elettori di più Comuni confinanti.

4. I certificati elettorali sono predisposti a cura delle Commissioni provinciali, inviati ai Comuni di competenza, i quali provvederanno ad inoltrarli, tramite i messi comunali, a ciascun elettore presso la sede dell’impresa, entro il quindicesimo giorno antecedente quello fissato per le votazioni. In caso di smarrimento o di mancato recapito del certificato elettorale, copia dello stesso potrà essere ritirata presso la sede che verrà indicata con il manifesto con cui verranno resi noti la data, l’orario della votazione e la sede delle sezioni elettorali.

5. Le sezioni elettorali hanno sede all’interno di edifici pubblici. In ciascuna sezione é affissa la lista degli elettori della sezione stessa, nonché le liste dei candidati.

6. Il Presidente della Commissione provinciale per l’artigianato provvede a nominare, entro il quinto giorno antecedente quello delle votazioni, un Presidente per ciascuna sezione elettorale, scegliendolo fra i dipendenti dello Stato, della Regione o degli enti locali in possesso almeno del diploma di scuola media di secondo grado, nonché due scrutatori scelti fra imprenditori artigiani iscritti nelle liste della Provincia non candidati e il segretario del seggio scelto fra i dipendenti del Comune in cui ha sede il seggio.

7. Ai componenti di cui sopra spetta il trattamento economico previsto per le elezioni comunali, e l’onere relativo é a carico della Regione.

8. Sono elettori i titolari, o i legali rappresentanti in caso di società, di imprese artigiane che risultano iscritte all’albo alla data delle elezioni. I titolari di imprese artigiane cancellate dall’albo d’ufficio sono esclusi dall’elettorato attivo salvo che abbiano presentato ricorso alla Commissione regionale per l’artigianato e questa, alla data delle elezioni, non abbia adottato alcuna decisione oppure abbia deciso l’accoglimento del ricorso annullando conseguentemente la deliberazione di cancellazione della Commissione provinciale per l’artigianato.

9. Sono eleggibili i titolari, o i legali rappresentanti in caso di società, delle imprese artigiane operanti nella Provincia da almeno tre anni alla data ultima per la presentazione delle liste. Sono altresì eleggibili i titolari o i legali rappresentanti in caso di società, delle imprese artigiane che siano iscritti da almeno tre anni all’albo provinciale degli artigiani della Provincia per la quale sono indette le elezioni. I candidati devono essere iscritti nelle liste elettorali di un Comune della Repubblica.

10. É incompatibile la contemporanea appartenenza a più di una Commissione provinciale per l’artigianato. Tale incompatibilità deve essere rimossa attraverso l’esercizio dell’opzione.

Art. 57.

(Sistema elettorale)

1. L’elezione dei componenti la Commissione provinciale per l’artigianato é effettuata a scrutinio di lista, con rappresentanza proporzionale.

2. Il voto é personale, libero e segreto.

3. Il voto di lista si esprime tracciando sulla scheda un segno nel contrassegno corrispondente alla lista prescelta o nel rettangolo che la contiene.

4. Ogni elettore può esprimere preferenze per un numero di candidati, scelti esclusivamente fra quelli della lista da lui votata, non superiore a tre; la preferenza data in una lista costituisce espressione di voto per la lista medesima.

5. La cifra elettorale generale sarà stabilita in base al numero di votanti e i rappresentanti saranno ripartiti, fra le sole liste che avranno ottenuto voti pari ad almeno il 5 per cento dei votanti, in relazione ai voti di lista e al quoziente elettorale. Eventuali rappresentanti in ballottaggio saranno assegnati alla lista che ha ottenuto i maggiori resti.

6. All’interno delle singole liste aventi diritto a rappresentanti, risultano eletti i candidati che abbiano riportato il maggior numero di voti. A parità di voti é eletto il più anziano di età.

Art. 58.

(Costituzione dei seggi elettorali, spoglio delle schede, scrutinio e proclamazione degli eletti)

1. Il giorno precedente la data delle elezioni delle Commissioni provinciali per l’artigianato, presso ogni sezione elettorale si provvede alla costituzione del seggio.

2. Le operazioni di voto hanno inizio alle ore otto e terminano alle ore venti dello stesso giorno.

3. Immediatamente dopo la chiusura dei seggi i componenti il seggio procedono allo spoglio delle schede annotando, in appositi verbali, i voti riportati da ogni lista, nonché le preferenze espresse per ciascun candidato.

4. Le schede, i verbali riportanti i risultati finali delle votazioni e ogni altro atto riguardante lo svolgimento delle votazioni vengono trasmessi immediatamente al Presidente della Commissione provinciale in plico sigillato e firmato dal Presidente del seggio e dagli scrutatori. Il Presidente della Commissione provinciale, sulla base delle risultanze dei verbali delle singole sezioni elettorali, procede alla proclamazione degli eletti.

5. Le operazioni di scrutinio e la proclamazione degli eletti avvengono in seduta pubblica.

Art. 59.

(Ricorsi)

1. Avverso le decisioni della Commissione provinciale relative a: operazioni elettorali, risultati delle votazioni, assegnazione dei seggi e proclamazione degli eletti, qualunque elettore può proporre ricorso al Presidente della Giunta regionale entro dieci giorni dal verificarsi dell’evento che dà luogo al ricorso.

2. Il Presidente della Giunta regionale decide entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso, sentite le parti interessate.

3. Per quanto non espressamente disposto al titolo III, capo III, valgono in materia di procedimento elettorale, in quanto applicabili, le norme in vigore per le elezioni dei Consigli comunali con popolazione inferiore a quindicimila abitanti.

Art. 59 bis. (40)

(Adeguamento alla normativa statale)

1. La Regione provvede ad apportare le necessarie modifiche alla presente legge in attuazione del regolamento di cui all’articolo 20, comma 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa).

Capo IV.

TUTELA DELLE IMPRESE ARTIGIANE
DALLE FORME DI LAVORO ABUSIVO

Art. 60.

(Denunce di irregolarità)

1. Le commissioni provinciali per l’artigianato sono tenute a raccogliere e verificare, anche attraverso la collaborazione delle amministrazioni statali competenti per l’osservanza delle disposizioni in materia fiscale e del lavoro, tutte le denunce ad esse presentate relative a soggetti che esercitino, anche in modo non continuativo, dietro compenso, attività artigianali riconducibili comunque alla produzione di beni o alla prestazione di servizi a favore di terzi, in mancanza dei requisiti di legge previsti per l’esercizio delle medesime attività e senza adempiere a tutti gli obblighi posti a carico delle imprese artigiane.

Art. 61.

(Segnalazioni)

 1. Le commissioni provinciali per l’artigianato, esaminate le denunce presentate ed acquisito ogni idoneo elemento di valutazione, le segnalano formalmente ai Comuni e alle altre amministrazioni competenti in materia di vigilanza sugli eventuali illeciti e di irrogazione delle relative sanzioni, dandone comunicazione alle autorità ed agli uffici competenti in materia fiscale, previdenziale, assicurativa e contributiva. Qualora l’infrazione sia rilevata a carico di soggetti dipendenti da amministrazioni dello Stato, enti locali o da altri enti pubblici, copia degli atti é inviata anche all’amministrazione di appartenenza dei soggetti che esercitano forme di lavoro abusivo.

Titolo IV.

NORME FINALI, FINANZIARIE E TRANSITORIE

Art. 62.

(Dotazione finanziaria iniziale del Fondo)

1. Nella prima applicazione della presente legge, agli effetti della determinazione della dotazione finanziaria iniziale del Fondo regionale per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato, le disponibilità residue a valere sui fondi assegnati all’Istituto finanziario regionale Finpiemonte S.p.A. ai sensi della legge regionale 11 agosto 1994, n. 30 (Interventi regionali per lo sviluppo e la qualificazione del settore artigiano), si consolidano con gli stanziamenti di bilancio appositamente autorizzati dalla presente legge.

2. Al Fondo regionale per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato afferiscono inoltre le disponibilità residue della gestione relativa alla legge regionale 21 dicembre 1994, n. 59 (Interventi regionali a favore delle imprese artigiane, commerciali, dei servizi e della piccola industria danneggiate da eventi calamitosi).

3. La Finpiemonte S.p.A. é tenuta a predisporre lo stato della consistenza delle risorse disponibili a valere sui fondi assegnati ai sensi della l.r. 30/1994 e della l.r. 59/1994 riferito alla data di entrata in vigore della presente legge e a trasmetterlo al settore regionale competente in materia di artigianato.

Art. 63.

(Costituzione in via straordinaria delle Commissioni provinciali e regionale per l’artigianato)

 1. Qualora eventi eccezionali, non dipendenti dai soggetti a vario titolo responsabili della costituzione delle Commissioni provinciali per l’artigianato, impediscano la predisposizione e la conclusione in tempo utile delle elezioni di cui al titolo III, capo III, la Giunta regionale può autorizzare, in presenza di procedure avviate di revisione degli albi provinciali delle imprese artigiane, la ricostituzione in via straordinaria delle Commissioni provinciali per l’artigianato che risultano prossime alla scadenza del loro normale periodo di durata in carica, mediante nomina dei componenti previsti all’articolo 48, comma 1, lettera a).

2. La nomina di cui al comma 1 é disposta sulla base di designazioni delle associazioni artigiane della provincia aderenti alle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative proporzionalmente alla effettiva consistenza dei rispettivi associati.

3. Le designazioni di cui al comma 1 devono pervenire alla Regione entro trenta giorni dalla richiesta.

4. Le Commissioni provinciali per l’artigianato, nonché la Commissione regionale per l’artigianato ricostituita a seguito del rinnovo straordinario delle prime, durano in carica fino alla data di conclusione del procedimento elettorale previsto al titolo III, capo III, da espletarsi comunque entro e non oltre dodici mesi dalla data del provvedimento del Presidente della Giunta regionale con cui vengono costituite le Commissioni provinciali.

5. Dopo l’espletamento delle elezioni e la proclamazione degli eletti, effettuate ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo III, capo III, il Presidente della Giunta regionale provvede alla ricostituzione delle Commissioni provinciali e regionale per l’artigianato decretando contestualmente la decadenza delle Commissioni costituite con le modalità straordinarie di cui al presente articolo.

6. Le Commissioni provinciali e regionale per l’artigianato già costituite continuano a funzionare fino all’insediamento delle nuove Commissioni.

7. A tal fine, qualora i Presidenti in carica perdano i requisiti prescritti, le funzioni di Presidenza sono assunte dal Vice Presidente, o in sua assenza dal membro di Commissione più anziano, in possesso dei requisiti prescritti.

8. Qualora non si possa procedere alla costituzione delle Commissioni, la Giunta regionale provvede a nominare un Commissario straordinario per l’esercizio delle funzioni attribuite alle Commissioni stesse.

Art. 64.

(Spese di funzionamento di Collegi consultivi
e di amministrazione attiva)

1. Ai componenti dei Comitati consultivi, Commissioni e comunque di organi collegiali chiamati a formulare pareri, proposte di iniziative, assumere deliberazioni, in merito a quanto oggetto della presente legge, é riconosciuto un gettone di presenza nella misura di lire 50 mila per ogni seduta giornaliera.

2. Agli stessi componenti che per partecipare alle sedute devono fare uso di mezzi di trasporto é riconosciuto il rimborso delle spese di viaggio nella misura prevista per i funzionari della Regione.

3. L’importo del gettone di presenza di cui al comma 1 può essere aggiornato ogni due anni dalla Giunta regionale, in relazione alle variazioni accertate dell’indice ISTAT del costo della vita per le famiglie degli operai ed impiegati.

4. Ai Presidenti delle Commissioni provinciali e regionale per l’artigianato sono rimborsate, nella misura prevista per i funzionari regionali, le spese di missione eventualmente sostenute per lo svolgimento di attività su incarico della Regione connesse al loro ruolo istituzionale.

Art. 65.

(Disposizioni finanziarie)

1. Per l’attuazione della presente legge é autorizzata per l’anno 1997 la spesa di lire 2 miliardi.

2. Nello stato di previsione della spesa vengono conseguentemente istituiti appositi capitoli con la seguente denominazione e lo stanziamento a fianco indicato:

a) “Spese per il funzionamento dell’Osservatorio regionale dell’artigianato” lire 500 milioni;

b) “Contributi integrativi ai Fondi intercategoriali di sostegno istituiti dall’Ente bilaterale dell’artigianato piemontese (EBAP)” lire 100 milioni;

c) “Spese per la tenuta degli albi artigiani ed il funzionamento di comitati, commissioni ed altri organi con funzioni consultive e deliberative in materia di artigianato” lire 300 milioni;

d) “Spese per iniziative dirette nel settore della promozione commerciale” lire 100 milioni;

e) “Fondo regionale per lo sviluppo, la qualificazione dell’artigianato e per la realizzazione di insediamenti artigiani in aree attrezzate” lire 600 milioni;

f)"Contributi ai consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi di primo e secondo grado"; (41)

g) “Contributi in conto capitale o in conto interessi attualizzati per la riduzione del costo dei finanziamenti garantiti da consorzi fidi e cooperative artigiane di garanzia” lire 100 milioni;

h) “Conferimenti finanziari al Fondo istituito presso la Cassa per il credito alle imprese artigiane S.p.A. Artigiancassa” per memoria;

i) “Interventi per la promozione della qualità, per la realizzazione di servizi reali e l’assistenza tecnica, per la tutela e la salvaguardia ambientale, per la valorizzazione e lo sviluppo delle lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico di qualità” lire 300 milioni;

l) “Fondo per interventi regionali di garanzia fidi a favore delle imprese danneggiate da eventi calamitosi” per memoria;

m) “Contributi in conto capitale o in conto interessi attualizzati a favore delle imprese artigiane danneggiate da eventi calamitosi” per memoria.

m bis) “Contributi in conto capitale per la localizzazione e rilocalizzazione di imprese artigiane”;

m ter) “Iniziative dirette della Regione in materia di assistenza tecnica alle imprese artigiane” (42)

3. Agli oneri derivanti dall’applicazione della presente legge si provvede:

- mediante riduzione di lire 1 miliardo in termini di competenza e di cassa del capitolo 15950 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l’anno finanziario 1997;

- mediante riduzione di lire 1 miliardo in termini di competenza e di cassa del capitolo 27170 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l’anno finanziario 1997;

4. All’entrata in vigore della presente legge la dotazione dei capitoli di cui alle lettere a), c), e) e h) del comma 2 é incrementata dalla disponibilità residua sui capitoli del bilancio 1997, secondo lo schema seguente:

lettera a) capitolo 14496

lettera c) capitolo 14470

lettera e) capitolo 25575

lettera h) capitolo 25580

5. La spesa per ciascuno degli esercizi finanziari successivi all’anno 1997 é determinata con la legge di approvazione dei relativi bilanci o delle leggi di variazione.

6. Le somme derivanti dai diritti di cui all’articolo 42, comma 7, sono versate alla Regione secondo le modalità che saranno indicate dalla Giunta regionale ed introitate in apposito capitolo da istituire nello stato di previsione dell’entrata del bilancio regionale con la denominazione “Entrate derivanti dai diritti di segreteria per l’iscrizione agli albi provinciali delle imprese artigiane e per gli atti e i certificati rilasciati dalle Commissioni provinciali per l’artigianato”.

7. In deroga alla legge regionale di contabilità, tra i capitoli di cui alle lettere l) e m) appartenenti alla medesima autorizzazione di spesa, sono autorizzate variazioni compensative con atto amministrativo.

Art. 66.

(Divieto di cumulo)

1. I benefici disposti dalla presente legge non sono cumulabili con quelli previsti per le stesse finalità, da altre norme regionali, nazionali o comunitarie, se non fino alla integrazione della misura

dell’intervento regionale qualora questo risulti più favorevole.

Art. 67.

(Abrogazione di norme)

1. Sono abrogate le seguenti leggi e disposizioni legislative regionali:

a) legge regionale 11 ottobre 1979, n. 64 (Interventi a favore dei Comuni e dei loro consorzi per insediamenti produttivi artigiani in aree attrezzate);

b) legge regionale 4 marzo 1985, n. 17 (Provvedimenti per l’ammodernamento tecnologico e l’incremento della produttività nel settore dell’artigianato);

c) legge regionale 11 agosto 1994, n. 30 (Interventi regionali per lo sviluppo e la qualificazione del settore artigiano);

d) legge regionale 14 marzo 1980, n. 14 (Norme per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di artigianato di cui al 1° e 5° comma dell’articolo 9, al 1° e 5° comma degli articoli 12 e 14, nonché al 2° comma dell’articolo 13 della legge 25 luglio 1956, n. 860, trasferite alla Regione ai sensi degli articoli 63, comma 2, lettera c) e 64 del decreto Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e finora esercitate dalle Camere di commercio);

e) legge regionale 6 luglio 1987, n. 38 (Norme per la tenuta degli albi provinciali delle imprese artigiane e disciplina degli organi di rappresentanza e di tutela dell’artigianato);

f) legge regionale 12 marzo 1990, n. 9 (Modifiche alla legge regionale 6 luglio 1987, n. 38 recante: “Norme per la tenuta degli albi provinciali delle imprese artigiane e disciplina degli organi di rappresentanza e di tutela dell’artigianato”);

g) legge regionale 24 febbraio 1992, n. 11 (Sostituzione dell’articolo 2, 3° comma, della legge regionale 12 marzo 1990, n. 9, di modifica alla legge regionale 6 luglio 1987, n. 38, recante: “Norme per la tenuta degli albi provinciali delle imprese artigiane e disciplina degli organi di rappresentanza e di tutela dell’artigianato”);

h) legge regionale 10 dicembre 1992, n. 55 (Norme per la tutela della professionalità degli imprenditori artigiani e la repressione dell’abusivismo nell’artigianato");

i) legge regionale 10 maggio 1993, n. 14 (Modificazione alla legge regionale 6 luglio 1987, n. 38 “Norme per la tenuta degli albi provinciali delle imprese artigiane e disciplina degli organi di rappresentanza e di tutela dell’artigianato”);

l) legge regionale 21 dicembre 1994, n. 59 (Interventi regionali a favore delle imprese artigiane, commerciali, dei servizi e della piccola industria danneggiate da eventi calamitosi);

m) legge regionale 5 gennaio 1995, n. 4 (Istituzione dell’Osservatorio regionale dell’artigianato);

n) legge regionale 19 dicembre 1995, n. 89 (Disposizioni transitorie per la costituzione delle Commissioni provinciali e regionale per l’Artigianato di cui alla legge regionale 6 luglio 1987, n. 38 recante: “Norme per la tenuta degli Albi provinciali delle Imprese artigiane e disciplina degli organi di tutela e di rappresentanza dell’artigianato e successive modifiche e integrazioni”);

o) articolo 16 della legge regionale 25 febbraio 1980, n. 9 (Interventi per il riequilibrio regionale del sistema industriale);

p) articolo 12 della legge regionale 12 luglio 1994, n. 23 (Modifiche ed integrazioni della L.R. 25 marzo 1985, n. 21: Provvedimenti per la tutela e difesa del consumatore - L.R. n. 47/75, L.R. n. 30/84, L.R. n. 27/87, L.R. n. 38/87, L.R. n. 55/87, L.R. n. 52/91).

p bis) legge regionale 19 novembre 1996, n. 84 (Modifiche alla legge regionale 11 agosto 1994, n. 30 “Interventi regionali per lo sviluppo e la qualificazione del settore artigiano”) (43)

Art. 68.

(Regime transitorio)

1. Sono fatti salvi tutti i procedimenti amministrativi già in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, avviati in attuazione delle norme di cui all’articolo 67. Tali procedimenti sono portati a compimento sulla base delle relative disposizioni di intervento.

2. Nella convenzione che regola i rapporti tra la Regione Piemonte e la Cassa per il credito alle imprese artigiane S.p.A. Artigiancassa, ai sensi dell’articolo 14, comma 3, sono riconosciute le spese di gestione sostenute dall’Artigiancassa S.p.A. a far tempo dalla data in cui la Cassa stessa ha assunto la forma giuridica di Società per Azioni.

3. Nella fase di prima applicazione, a valere per il 1997, il termine per la presentazione delle domande di cui al comma 3 dell’articolo 22 e comma 4 dell’articolo 23 é fissato nel novantesimo giorno dalla pubblicazione della presente legge sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

Art. 69.

(Applicazione della legge)

1. La Giunta regionale e il Consiglio regionale devono sottostare alle norme previste dall’articolo 92, paragrafo 1 del Trattato di Roma nell’individuazione dei criteri e delle risorse finanziarie necessarie all’erogazione di aiuti alle imprese artigiane, qualora questi dovessero superare i limiti imposti dalle linee direttrici in materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese.


Note

(1) comma così sostituito dall’art. 1 della legge regionale 31 agosto 1999, n. 24.

(2) la lettera l) del comma 2 dell’articolo 2, di seguito riportata, è stata abrogata dall’art. 31 della l.r. 24/1999.

“l) sostenere la ripresa produttiva delle imprese colpite da eventi calamitosi;”.

(3) comma così sostituito dall’art. 2 della l.r. 24/1999.

(4) nuovo articolo inserito dall’art. 3 della l.r. 24/1999.

(5) rubrica così sostituita dall’art. 4 della l.r. 24/1999.

(6) articolo così sostituito dall’art. 5 della l.r. 24/1999.

(7) articolo così sostituito dall’art. 6 della l.r. 24/1999.

(8) comma così sostituito dall’art. 7 della l.r. 24/1999.

(9) il comma 2 dell’articolo 8, di seguito riportato, è stato abrogato dall’art. 31 della l.r. 24/1999.

“2. La Giunta regionale, entro il mese di aprile di ogni anno, tenuto anche conto della relazione di cui al comma 1, predispone e presenta al Consiglio regionale, per opportuna informazione, una relazione sullo stato di attuazione del programma degli interventi.”.

(10) comma così sostituito dall’art. 8 della l.r. 24/1999.

(11) comma così sostituito dall’art. 9 della l.r. 24/1999.

(12) lettera così sostituita dall’art. 10, comma 1 della l.r. 24/1999.

(13) nuovo comma inserito dall’art. 10, comma 2 della l.r. 24/1999.

(14) lettere così sostituite dall’art. 11 della l.r. 24/1999.

(15) il comma 5 dell’articolo 12, di seguito riportato, è stato abrogato dall’art. 31 della l.r. 24/1999.

“5. Allo stesso Consorzio possono essere concessi altresi’ contributi fino al 70 per cento delle spese sostenute per la realizzazione attraverso i consorziati, di programmi rivolti a diffondere la conoscenza degli strumenti finanziari disponibili per l’artigianato, promuovere la formazione e l’aggiornamento imprenditoriale nel campo delle tecniche finanziarie e realizzare servizi di assistenza tecnica e gestionale per le imprese artigiane.” .

(16) l’articolo 13, di seguito riportato, è stato abrogato dall’art. 31 della l.r. 24/1999.

Art. 13. (Promozione della cooperazione di garanzia collettiva)

1. La Regione sostiene lo sviluppo della cooperazione creditizia nell’artigianato attraverso la concessione di contributi e l’erogazione di finanziamenti agevolati alle imprese artigiane che contraggono prestiti, sia a breve che a medio termine, con la garanzia dei Confidi, non assistiti da altre forme di agevolazione, per far fronte a specifici e documentati bisogni aziendali rivolti ad adeguamenti sia produttivi sia imposti da normative vigenti, comprese quelle in materia di ambiente di lavoro.

2. Le agevolazioni di cui al comma 1 sono disposte con i limiti di importo e i criteri stabiliti dalla Giunta regionale:

a) per i contributi, in misura comunque non superiore al 20 per cento dell’importo del finanziamento garantito;

b) per i finanziamenti agevolati con l’abbattimento fino all’80 per cento del tasso di riferimento.

3. L’istruttoria delle richieste e l’erogazione delle agevolazioni e’ effettuata per il tramite dei Confidi, di cui agli articoli 10 e 11, con i quali la Giunta regionale e’ autorizzata a stipulare, direttamente o per il tramite del loro Consorzio, apposite convenzioni che prevedano, fra l’altro, condizioni, tempi e modalita’ delle agevolazioni regionali. “.

(17) comma così sostituito dall’art. 12 della l.r 24/1999

(18) articolo così sostituito dall’art. 13 della l.r. 24/1999

(19) l’articolo 17, di seguito riportato, è stato abrogato dall’art. 31 della l.r. 24/1999.

“Art. 17. (Soggetti attuatori degli interventi)

1. Gli interventi per la realizzazione degli insediamenti nelle aree di cui all’articolo 16, comma 1, devono essere promossi e attuati da:

a) enti locali singoli o associati;

b) societa’ di intervento costituite dall’Istituto finanziario regionale, Finpiemonte Spa, e da uno o piu’ soggetti compresi tra enti locali, istituti di credito, associazioni di imprese, consorzi di imprese artigiane;

c) consorzi di imprese artigiane, societa’ consortili miste e associazioni temporanee di imprese;

2. Le domande di contributo devono essere indirizzate dai soggetti attuatori alla Regione entro il 31 dicembre di ogni anno, corredate di:

a) elaborati cartografici con l’individuazione dell’area oggetto dell’intervento;

b) estratto degli strumenti urbanistici vigenti nel Comune interessato dall’intervento, attestante la destinazione delle aree e l’inserimento delle opere previste nelle aree stesse e gli eventuali strumenti attuativi necessari;

c) relazione illustrativa indicante ogni elemento di valutazione circa i tempi di apprestamento dell’area, le previsioni di insediamento, l’utilita’ economica e sociale che la realizzazione dell’area riveste, anche in rapporto alla struttura produttiva locale e alle sue esigenze di sviluppo e le modalita’ previste per la gestione dell’area stessa;

d) documentazione comprovante la disponibilita’ dell’area da parte del richiedente;

e) progetto tecnico preliminare dell’insediamento nell’area;

f) piano di fattibilita’ tecnico-finanziaria delle opere da realizzare con indicazione di tutte le fonti di finanziamento;

g) piano previsionale degli insediamenti di imprese artigiane disposte ad insediarsi nell’area, con indicazione delle attivita’ che ivi verranno svolte;

h) ogni altra documentazione utile ed opportuna richiesta dalla Regione.” .

(20) articolo così sostituito dall’art. 14 della l.r. 24/1999

(21) l’articolo 19, di seguito riportato, è stato abrogato dall’art. 31 della l.r. 24/1999.

Art. 19. (Modalita’ dei finanziamenti)

1. Al finanziamento delle opere indicate all’articolo 16 si provvede con le disponibilita’ del Fondo di cui all’articolo 4, attivando una speciale sezione del Fondo stesso da sottoporre a contabilita’ separata.

2. Il finanziamento regionale, determinato secondo i limiti di cui all’articolo 2, commi 4 e 5, non puo’ superare complessivamente il 90 per cento della spesa riconosciuta ammissibile ed e’ restituito in cinque anni.

3. Con il provvedimento di concessione del finanziamento regionale e’ approvato anche lo schema dell’atto di accettazione, da sottoscriversi da parte del soggetto attuatore, nel quale sono determinati gli aspetti operativi e finanziari dell’intervento e, in particolare:

a) il termine a decorrere dal quale i fondi anticipati dovranno essere restituiti al Fondo, unitamente all’importo delle rate e alla periodicita’ dei rimborsi fino alla restituzione dell’intera somma anticipata;

b) l’obbligo di mantenimento della destinazione dichiarata su tutte le opere realizzate, per un periodo almeno pari al doppio della durata delle anticipazioni, calcolato a partire dal collaudo finale delle opere finanziate;

c) la garanzia della restituzione delle somme anticipate, comprensive degli interessi, con aggiornamento annuale degli importi per adeguarli al debito residuo, da fornire attraverso fideiussione bancaria o assicurativa di primario istituto a favore del Fondo.

4. Qualora le opere non siano iniziate o realizzate nei termini previsti, la Giunta regionale, salvo motivata richiesta di proroga, dispone la revoca dei finanziamenti concessi che, insieme agli interessi legali decorrenti dalla data della loro erogazione, sono restituiti alla Regione.” .

(22) commi così sostituiti dall’art. 15 della l.r. 24/1999.

(23) articolo così sostituito dall’art. 16 della l.r. 24/1999.

(24) le parole “entro il 31 dicembre” sono state soppresse dall’art. 17, comma 1 della l.r. 24/1999.

(25) comma così sostituito dall’art. 17, comma 2 della l.r. 24/1999.

(26) rubrica così sostituita dall’art. 18 della l.r. 24/1999.

(27) articolo così sostituito dall’art. 19 della l.r. 24/1999.

(28) articolo così sostituito dall’art. 20 della l.r. 24/1999.

(29) articolo così sostituito dall’art. 21 della l.r. 24/1999.

(30) il Capo VII del Titolo II, comprensivo degli articoli 32, 33, 34 e 35, di seguito riportati, è stato abrogato dall’art. 31 della l.r. 24/1999.

“Capo VII. Interventi in dipendenza di eventi calamitosi

Art. 32. (Tipologia degli interventi)

1. Per favorire la ripresa produttiva delle strutture aziendali danneggiate a seguito di eventi calamitosi la Regione istituisce un fondo di partecipazione al quale affluiscono risorse proprie regionali, dello Stato, di altri enti e soggetti pubblici e privati.

2. In relazione all’entita’ e alla gravita’ dei danni subiti dalle imprese artigiane, nonche’ alla consistenza delle risorse reperibili per fronteggiare l’opera di ricostruzione, la Regione puo’ disporre uno o piu’ dei seguenti interventi a valere sulle disponibilita’ del Fondo:

a) creazione di fondi rischi per la prestazione di garanzie bancarie sui mutui richiesti dalle imprese;

b) erogazione di contributi in conto capitale;

c) erogazione di contributi in conto interessi per i mutui bancari o per le operazioni di leasing.

3. Gli interventi sono attuati a favore delle imprese artigiane operanti nei territori che hanno subito danni per effetto degli eventi calamitosi e che intendono riattivare l’attivita’ produttiva.

4. A seguito della individuazione dei territori danneggiati, da parte del Consiglio regionale, non appena ultimata la

programmazione anche finanziaria degli interventi, la Giunta regionale predispone un bando ufficiale con cui vengono portati a conoscenza delle imprese artigiane interessate tutti gli elementi che concorrono a determinare il quadro delle provvidenze previste unitamente alle modalita’, termini e procedure per farvi ricorso.

5. La Regione puo’ altresi’ istituire, nelle localita’ capoluogo dei territori interessati dagli eventi calamitosi, per il tempo strettamente necessario alla attuazione degli interventi, appositi sportelli informativi con il compito di fornire assistenza alle imprese nella predisposizione della documentazione da presentare agli enti finanziatori. La creazione degli sportelli informativi puo’ avvenire anche avvalendosi delle strutture delle associazioni rappresentative dell’artigianato che risultino gia’ operanti in loco.

Art. 33. (Fondi rischi speciali)

1. La creazione di fondi rischi speciali e’ effettuata attraverso l’assegnazione di risorse all’Istituto Finanziario regionale Finpiemonte Spa. L’utilizzazione di questi fondi rischi puo’ essere disposta da Finpiemonte Spa, direttamente o per il tramite delle strutture di garanzia collettiva fidi gia’ costituite ed operanti nel settore dell’artigianato. In ogni caso, l’intervento regionale e’ subordinato alla stipula di una convenzione tra la Finpiemonte Spa e gli istituti di credito, con la quale si definiscono:

a) la natura sostitutiva della garanzia dei fondi rischi e la sua cumulabilita’ con altre forme di garanzia, ivi comprese quelle collettive e consortili;

b) l’efficacia della garanzia, da accordare con un massimale del 100 per cento della perdita effettivamente accertata d’intesa con Finpiemonte Spa;

c) l’anticipazione, in caso di insolvenza dell’impresa mutuataria e previo avvio delle procedure di recupero ritenute utili d’intesa con Finpiemonte Spa, di un acconto nei limiti della garanzia attivabile, non superiore al 50 per cento dell’insolvenza, salvo conguaglio in sede di definitiva determinazione della perdita.

2. L’assegnazione di risorse per la creazione dei fondi rischi speciali e’ disposta dalla Giunta regionale sulla base di una previsione di attivita’ di intervento con cui viene stimato il fabbisogno finanziario di prima contribuzione, fino al 50 per cento del fabbisogno stesso in via anticipata e, per la parte rimanente, che puo’ essere erogata anche in rate successive, sulla scorta di una rendicontazione degli interventi effettivamente svolti.

3. Le risorse assegnate a Finpiemonte Spa sono assoggettate a contabilita’ separata e, a conclusione degli interventi di emergenza disposti ai sensi della presente legge, deve essere redatto un rendiconto analitico di tutti gli interventi attuati nonche’ una situazione della consistenza finale delle risorse erogate e di quelle disponibili.

4. Le risorse rimanenti restano vincolate per l’attuazione di iniziative ulteriori in dipendenza di eventi calamitosi.

5. Ai soggetti gestori viene riconosciuta una quota fino al 1 per cento a titolo di compensazione dei maggiori oneri sopportati nella gestione degli interventi.

6. Per l’accesso ai fondi rischi nessun onere e’ posto a carico delle imprese danneggiate.

7. I rapporti tra Finpiemonte Spa e Regione saranno regolati da apposita convenzione.

Art. 34. (Contributi in conto capitale)

1. La Regione puo’ concedere, tramite la Cassa per il Credito alle imprese artigiane Artigiancassa Spa, contributi in conto capitale, fino al 30 per cento del valore dei danni dichiarato dalle imprese ed accertato a mezzo di perizia asseverata redatta da tecnico abilitato.

2. Il contributo in conto capitale viene riconosciuto in relazione ai danni subiti da: immobili aziendali, macchinari ed attrezzature utilizzate per l’esercizio di attivita’, compresi gli automezzi se intestati all’impresa, scorte di magazzino.

3. L’ammontare massimo dei danni e’ determinato, in conformita’ ai criteri che verranno stabiliti dal Consiglio regionale, sulla base di autocertificazione resa dal titolare o legale rappresentante dell’impresa danneggiata con la descrizione dei beni perduti o danneggiati e la valutazione degli stessi.

4. La concessione ed erogazione dei contributi e’ deliberata dal Comitato tecnico regionale della Cassa per il Credito alle Imprese artigiane Artigiancassa Spa mediante acconto pari al 50 per cento dell’importo spettante e per la parte rimanente, a saldo, previa presentazione della perizia asseverata. Alle imprese il cui danno accertato non superi l’importo minimo che verra’ stabilito con i criteri di cui al comma 3, il contributo puo’ essere concesso in unica soluzione.

5. Il contributo in conto capitale e’ riconosciuto alle imprese danneggiate, in esercizio alla data della calamita’, secondo i criteri individuati dalla Giunta regionale.

6. Le domande di contributo in conto capitale devono essere presentate entro la data che sara’ definita con apposito provvedimento della Giunta regionale. Entro la stessa data dovranno essere prodotte le perizie giurate contenenti la descrizione analitica dei danni subiti dalle imprese e la corrispondente valutazione e quantificazione del loro ammontare.

Art. 35. (Contributi in conto interessi e in conto canoni)

1. Per il ripristino, anche migliorativo, dei beni danneggiati la Regione puo’ intervenire tramite la Cassa per il Credito alle imprese artigiane Spa, con contributi nel pagamento degli interessi relativi a finanziamenti bancari.

2. I finanziamenti agevolati di cui al presente articolo sono destinati al ripristino degli impianti e delle strutture aziendali, nonche’ alla ricostituzione delle normali scorte di esercizio, la quale non puo’ superare il 20 per cento dell’investimento complessivo.

3. I finanziamenti, da erogarsi dagli istituti di credito, non potranno avere durata superiore a dieci anni, di cui al massimo due di preammortamento e otto di rimborso. L’importo massimo dei finanziamenti e’ calcolato per scaglioni di spesa, in modo da non superare il 95 per cento del primo miliardo di lire di spesa, il 75 per cento della spesa eccedente fino a tre miliardi di lire e il 30 per cento dell’ulteriore eccedenza.

4. Il tasso di interesse a carico delle imprese beneficiarie dei finanziamenti di cui al presente articolo e’ pari al 3 per cento nominale annuo posticipato a decorrere dall’inizio del periodo di ammortamento del finanziamento. Nel periodo di preammortamento l’onere per interessi rimane interamente a carico del Fondo di partecipazione.

5. Qualora le iniziative di investimento siano realizzate attraverso la locazione finanziaria, la Regione puo’ concedere per il tramite della Cassa per il credito alle imprese artigiane Artigiancassa Spa, contributi in conto canoni, in misura equivalente, in valore attuale, a quella dei contributi in conto interessi, sulle medesime operazioni di locazione finanziaria.

6. Per il ripristino dei macchinari e delle attrezzature danneggiate e’ ammessa l’acquisizione di beni usati purche’ efficienti e non obsoleti.

7. Alle imprese che intendono provvedere con mezzi propri alla riattivazione degli impianti e alla ricostituzione delle normali scorte di esercizio, puo’ essere concesso un contributo fino al 5 per cento annuo della spesa riconosciuta ammissibile, per non piu’ di cinque anni.

8. La presentazione e l’esame delle domande di contributo e’ effettuata con le modalita’ che verranno rese note all’atto della pubblicazione del bando di cui all’articolo 32, comma 4.”.

(31) nuovo comma così inserito dall’art. 22 della l.r. 24/1999.

(32) lettere così sostituite dall’art. 23 della l.r. 24/1999.

(33) articolo così sostituito dall’art. 24 della l.r. 24/1999.

(34) articolo così sostituito dall’art. 25 della l.r. 24/1999.

(35) rubrica così sostituita dall’art. 26, comma 1 della l.r. 24/1999.

(36) comma così sostituito dall’art. 26, comma 2 della l.r. 24/1999.

(37) comma così sostituito dall’art. 27 della l.r. 24/1999.

(38) il comma 2 dell’articolo 46, di seguito riportato, è stato abrogato dall’art. 31 della l.r. 24/1999.

“2. Le sanzioni di cui al comma 1, sono applicate nella misura minima nel caso in cui le violazioni vengano sanate con denuncia dell’interessato, prima dell’accertamento da parte della autorita’ competente.” .

(39) articolo così sostituito dall’art. 28 della l.r. 24/1999.

(40) nuovo articolo così inserito dall’art. 29 della l.r. 24/1999.

(41) lettera così sostituita dall’art. 30, comma 1 della l.r. 24/1999.

(42) nuove lettere così inserite dall’art. 30, comma 2 della l.r. 24/1999.

(43) lettera inserita, conformemente ai criteri di tecnica legislativa, nel testo della l.r. 21/97 a seguito delle disposizioni espresse nell’art. 31 della l.r. 24/1999.

Testo coordinato pubblicato sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 37 del 15 settembre 1999 (ndr)



Legge regionale 31 agosto 1999, n. 25

Sottoscrizione di nuove azioni della Texilia S.p.A.

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità)

1. Nell’attesa degli adempimenti di cui all’articolo 3 e allo scopo di consentire un riequilibrio della struttura economico-patrimoniale della Texilia S.p.A., la Regione aderisce all’operazione di ricapitalizzazione che l’Assemblea straordinaria della Società ha deliberato per consentire l’aumento del capitale sociale da lire 4.379 milioni a lire 6.452 milioni.

Art. 2.

(Modalità attuative)

1. L’importo complessivo della sottoscrizione, di cui all’articolo 1, è individuato nell’ammontare del credito vantato dalla Regione nei confronti della Texilia S.p.A., rivalutato degli interessi legali maturati fino alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. La Giunta regionale è autorizzata a sottoscrivere un numero di azioni inferiore a quelle che spetterebbero in ragione della quota azionaria posseduta pari alla frazione tra il credito e il valore nominale delle nuove azioni di lire 440 cadauna, così estinguendo, per compensazione, il credito stesso.

Art. 3.

(Adempimenti ulteriori)

1. Entro quattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge il Presidente della Giunta riferisce alla competente commissione consiliare sulle iniziative che la Giunta, nell’approssimarsi della scadenza del patto sociale, intende assumere in ordine al futuro della Società.

2. Nel definire le iniziative da intraprendere la Giunta dovrà previamente verificare:

a) la possibilità di conseguire, nel breve periodo, un significativo miglioramento dei risultati gestionali;

b) la disponibilità degli altri soci pubblici e privati a riequilibrare la consistenza delle quote partecipative possedute rispetto a quella regionale.

3. Le valutazioni di cui al secondo comma dovranno essere effettuate tenendo conto:

a) dell’esigenza di attualizzare il ruolo della Texilia S.p.A. nel campo della formazione professionale adeguandolo ai principi introdotti dalla nuova disciplina normativa di settore;

b) dell’opportunità di diversificare l’attività sociale ampliandone i settori di intervento in modo da valorizzare, oltre che la funzione peculiare della Società, la formazione professionale, le funzioni di ricerca applicata e di trasferimento delle tecnologie.

Art. 4.

(Modifiche statutarie)

1. Sono autorizzati gli atti modificativi dello Statuto societario consistenti nella proroga della durata della Società per un arco temporale necessario a definire e realizzare il nuovo assetto societario e comunque non eccedente il 31 dicembre 2002.

La presente legge regionale sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 31 agosto 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul 2° Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 35 del 3 settembre 1999 (ndr)



Legge regionale 13 ottobre 1999, n. 26

Modifiche alle leggi regionali 11 novembre 1998, n. 33 “Nuovo assetto organizzativo dei Gruppi consiliari e modifiche alla normativa sul personale dei Gruppi” e 1° dicembre 1998, n. 39 “Norme sull’organizzazione degli Uffici di Comunicazione e sull’ordinamento del personale assegnato”

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

1. Il comma 4 dell’articolo 1 della legge regionale 8 giugno 1981, n. 20 (Assegnazione di personale ai gruppi consiliari) così come modificato dall’articolo 1 della legge regionale 11 novembre 1998, n. 33 (Nuovo assetto organizzativo dei Gruppi consiliari e modifiche alla normativa sul personale dei Gruppi) è sostituito dai seguenti:

“4. Le risorse finanziarie necessarie all’utilizzo del personale di cui ai commi precedenti sono definite dall’Ufficio di Presidenza con riferimento alle qualifiche funzionali massime indicate, tenuto conto dei C.C.N.L. e dei protocolli d’intesa, e delle relative decorrenze, eventualmente stipulati in merito all’applicazione degli stessi. Per quanto attiene l’applicazione del nuovo ordinamento professionale, le relative posizioni organizzative, corrispondenti a direzione di unità organizzative complesse, sono attribuite ai Gruppi in relazione al personale di categoria D (ex qualifiche direttive Tab. A, l.r. 2/1992). L’importo è determinato annualmente sulla base del costo effettivo del personale, riferito al trattamento economico fondamentale corrispondente a ciascuna qualifica, comprensivo degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’Ente, delle somme erogate con caratteri di continuità e fissità e del costo delle posizioni organizzative, determinato come sopra, nonché del trattamento economico accessorio e di fine rapporto, definito al 1° gennaio di ogni anno. L’importo risultante è incrementato di una percentuale corrispondente all’aumento della spesa globale per il personale regionale, ivi compreso quello non contrattualizzato, intercorso tra il gennaio dell’anno precedente e il gennaio dell’anno in corso, nonché del costo corrispondente ad un monte ore straordinarie pari a quello medio assegnato al personale dell’Ufficio di Comunicazione del Presidente del Consiglio, con esclusione delle posizioni organizzative.

4bis. L’importo del contributo di funzionamento di cui al comma 4 è integrativo dei finanziamenti percepiti ai sensi dell’articolo 3 della legge regionale 10 novembre 1972, n. 12 (Funzionamento dei Gruppi consiliari) come sostituito dall’articolo 3 della legge regionale 14 gennaio 1991, n. 2 (Modificazioni ed integrazioni alle leggi regionali 10 novembre 1972, n. 12 e 8 giugno 1981, n. 20 e successive modificazioni ed integrazioni in materia di funzionamento e di personale dei Gruppi consiliari) ed è soggetto alla disciplina prevista dall’articolo 4, comma 4, della l.r. 12/1972 come sostituito dall’articolo 6 della legge regionale 16 maggio 1994, n. 14 (Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 13 ottobre 1972, n. 10, 10 novembre 1972, n. 12, 30 dicembre 1981, n. 57, 23 gennaio 1984, n. 9 e successive modificazioni ed integrazioni (Status dei Consiglieri e Gruppi consiliari)).”

Art. 2.

1. L’articolo 3 della l.r. 20/1981 così come modificato dall’articolo 2 della l.r. 33/1998 è sostituito dal seguente:

“Art. 3.

1. Il conferimento di incarico di componente delle segreterie dei Gruppi consiliari, con contratto di diritto privato a tempo determinato, full time o part time (a tempo pieno o a tempo parziale) o con collaborazione coordinata e continuativa a dipendenti della Regione, degli Enti strumentali e degli Enti dipendenti dalla Regione, determina il loro collocamento in aspettativa senza assegni per tutto il periodo dell’incarico. Il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell’anzianità di servizio per tutto il periodo dell’incarico e comporta la conservazione del posto nel ruolo di precedente appartenenza.

2. Fermo restando il limite di spesa di cui all’articolo 1, comma 4, i Gruppi possono avvalersi anche di personale esterno all’amministrazione regionale con contratto di diritto privato a tempo determinato, ivi compreso il contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Il relativo trattamento economico viene stabilito in relazione alle prestazioni richieste.

3. Il personale di cui ai commi 1 e 2 stipula, su proposta del Presidente del Gruppo consiliare, con il Presidente del Consiglio regionale o suo delegato, contratti di diritto privato sulla base di schemi approvati dall’Ufficio di Presidenza che tengano conto delle professionalità richieste, dei diversi ambiti di autonomia e responsabilità del personale interessato. E’ in ogni caso previsto che il rapporto possa essere risolto in qualsiasi momento, su proposta del Presidente del Gruppo consiliare di cui l’interessato fa parte, ed in ogni caso con la ricostituzione dei Gruppi consiliari a seguito del rinnovo del Consiglio regionale o in caso di scioglimento del Gruppo consiliare.

4. Il personale di cui al comma 3 dipende funzionalmente dal Presidente del Gruppo consiliare.

5. Le risorse finanziarie definite ai sensi dell’articolo 1, comma 4, debbono essere utilizzate, almeno nella misura del cinquanta per cento per il finanziamento dei contratti di cui al comma 3; la restante parte può essere utilizzata per le esigenze di funzionamento dei Gruppi consiliari in aggiunta al finanziamento assegnato per il funzionamento dei Gruppi stessi.”.

Art. 3.

1. Il comma 5 dell’articolo 1 della legge regionale 1° dicembre 1998, n. 39 (Norme sull’organizzazione degli Uffici di Comunicazione e sull’ordinamento del personale assegnato) è sostituito dal seguente:

“5. Fermo restando il limite di spesa di cui al comma 3 gli Uffici di comunicazione possono avvalersi, nei limiti massimi dei tre quinti di tale spesa, anche di personale esterno all’Amministrazione regionale con contratto di diritto privato a tempo determinato, ivi compreso il contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Il relativo trattamento economico viene stabilito in relazione alle prestazioni richieste.”.

Art. 4.

1. All’onere derivante dall’applicazione della presente legge, per l’anno 1999, presunto in complessive lire 262.908.193 si fa fronte con lo stanziamento previsto al capitolo 10030 del bilancio regionale che deve essere integrato mediante riduzione di pari importo del capitolo 10000.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 13 ottobre 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 42 del 20 ottobre 1999 (ndr)







Legge regionale 4 novembre 1999, n. 27

Promozione, in collaborazione con l’Università di Torino, di un Corso di specializzazione in Amministrazione Pubblica

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Principi generali e programmatici)

1. La Regione Piemonte, in considerazione dei profondi processi di trasformazione in atto nella Pubblica Amministrazione, individua, quale obiettivo primario da raggiungere nell’attuazione delle proprie politiche e dei propri piani formativi, l’accrescimento della cultura e della formazione professionale, sui temi concernenti i processi di gestione delle Pubbliche Amministrazioni. Adotta, di conseguenza, iniziative per la realizzazione di programmi formativi mirati a questi fini.

Art. 2.

(Corso di specializzazione in Amministrazione Pubblica)

1. Per il conseguimento delle finalità indicate nell’articolo 1, la Regione Piemonte affianca l’azione dell’Università per l’attivazione, a partire dall’anno accademico 1999/2000, di un Corso di specializzazione in Amministrazione Pubblica.

Art. 3.

(Svolgimento del Corso - Caratteristiche)

1. Lo svolgimento del corso, di cui all’articolo 2, è realizzato dall’Università degli Studi di Torino. Il rapporto tra la Regione Piemonte e l’Università di Torino è regolato da apposita convenzione.

2. Il Corso di specializzazione in Amministrazione Pubblica è destinato a giovani in possesso del diploma di laurea, e ha durata pari a quella prevista per l’anno accademico universitario.

Art. 4.

(Articolo finanziario)

1. Per l’attuazione della presente legge è autorizzata la spesa complessiva di lire 800 milioni di cui lire 500 milioni per l’anno finanziario 1999 e lire 300 milioni per l’anno finanziario 2000.

2. Nello stato di previsione della spesa per il corrente anno è istituito apposito capitolo con la seguente denominazione: “Contributo all’Università degli Studi di Torino per l’istituzione di una Scuola di specializzazione in Amministrazione Pubblica” con la dotazione indicata al comma 1.

3. Alla copertura degli oneri finanziari si provvede, per lire 500 milioni, per l’anno finanziario 1999, mediante riduzione di pari ammontare dal capitolo n. 15950 e per lire 300 milioni, per l’anno finanziario 2000, mediante riduzione dal capitolo n. 15910.

Art. 5.

(Dichiarazione d’urgenza)

1. La legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 4 novembre 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 45 del 10 novembre 1999  (ndr)



Legge regionale 12 novembre 1999, n. 28

Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

SOMMARIO

Capo I.

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

Finalità

Art. 2.

Funzioni della Regione

Capo II.

INDIRIZZI GENERALI PER L’INSEDIAMENTO
COMMERCIALE E CRITERI URBANISTICI

Art. 3.

Indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali e criteri di programmazione urbanistica

Art. 4.

Strumenti comunali

Art. 5.

Efficacia e validità delle autorizzazioni

Art. 6.

Revoca delle autorizzazioni

Capo III.

DISPOSIZIONI URBANISTICHE REGIONALI

Art 7.

Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56

Capo IV.

ORARI DI VENDITA

Art. 8.

Principi in tema di orari di vendita

Art. 9.

Località ad economia turistica

Capo V.

COMMERCIO SU AREA PUBBLICA

Art. 10.

Commercio su area pubblica

Art. 11.

Ulteriori disposizioni sul commercio su area pubblica

Capo VI.

VENDITE STRAORDINARIE

Art. 12.

Esercizio delle funzioni amministrative

Art. 13.

Vendite di liquidazione

Art. 14.

Vendite di fine stagione

Art. 15.

Disposizioni comuni

Capo VII.

CENTRI DI ASSISTENZA TECNICA, FORMAZIONE
PROFESSIONALE E CREDITO AL COMMERCIO

Art. 16.

Centri di assistenza tecnica

Art. 17.

Formazione professionale

Art. 18.

Credito al commercio

Capo VIII.

VERIFICA E CONTROLLO

Art. 19.

Competenze regionali

Capo IX.

OSSERVATORIO REGIONALE DEL COMMERCIO

Art. 20.

Istituzione dell’Osservatorio regionale del commercio

Art. 21.

Obiettivi dell’Osservatorio regionale

Art. 22.

Attività dell’Osservatorio regionale

Art. 23.

Sistema informativo regionale del commercio

Capo X.

NORME FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI

Art. 24.

Disposizioni finanziarie

Art. 25.

Norme transitorie

Art. 26.

Disposizioni finali

Art. 27.

Clausola di urgenza

Capo I.

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Finalità)

1. La Regione Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), con la presente legge definisce le norme di indirizzo generale per l’insediamento delle attività commerciali e i criteri di programmazione urbanistica, al fine della promozione della competitività del sistema commerciale piemontese e della razionalizzazione della rete commerciale, anche in relazione all’obiettivo della tutela dei consumatori, del contenimento dei prezzi e dell’efficienza della distribuzione, nel rispetto dell’articolo 41 della Costituzione e dei principi di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).

2. La Regione assicura l’adozione delle misure più idonee al fine della trasparenza, snellimento e semplificazione delle procedure amministrative. La Regione, nell’esercizio delle funzioni ad essa spettanti, persegue i seguenti obiettivi:

a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci;

b) la tutela del consumatore, con particolare riguardo all’informazione, alla possibilità di approvvigionamento, al servizio di prossimità, all’assortimento, alla sicurezza e alla qualità dei prodotti;

c) l’efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonché l’evoluzione tecnologica dell’offerta, anche al fine del contenimento dei prezzi;

d) il pluralismo e l’equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita;

e) la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, collinari e montane;

f) il recupero e la valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese con la previsione di forme di incentivazione, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.

3. La Regione, nel rispetto della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali) e successive modifiche, garantisce altresì la partecipazione degli enti locali ai processi decisionali, attraverso la Conferenza permanente Regione-Autonomie locali istituita ai sensi della legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali).

Art. 2.

(Funzioni della Regione)

1. In particolare, nell’ambito delle funzioni conferite alla Regione, il Consiglio regionale definisce:

a) gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali e i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, in attuazione dell’articolo 6, commi 1 e 2 del d.lgs. 114/1998;

b) i criteri in base ai quali i Comuni, per un periodo non superiore a due anni, possono sospendere o inibire gli effetti della comunicazione all’apertura degli esercizi di vicinato per le aree di cui all’articolo 6, comma 3, lettere a), b) e c) del d.lgs. 114/1998;

c) i criteri in base ai quali applicare i limiti massimi di superficie di vendita di cui all’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e) della presente legge, in base alle caratteristiche socio-economiche, anche in deroga al criterio della consistenza demografica;

d) la disciplina delle vendite di liquidazione e di fine stagione, in attuazione dell’articolo 15, comma 6 del d.lgs. 114/1998;

e) i criteri relativi alle aree da destinare a commercio su area pubblica, in attuazione dell’articolo 28, comma 13 del d.lgs. 114/1998;

f) i criteri per l’individuazione dei Comuni a prevalente economia turistica, le città d’arte o le zone del territorio dei medesimi, ai fini dell’applicazione delle deroghe agli orari degli esercizi commerciali, ai sensi dell’articolo 12, comma 3 del d.lgs. 114/1998.

2. La Giunta regionale, per l’attuazione delle funzioni di competenza regionale, adotta:

a) le norme sul procedimento amministrativo concernente le domande relative alle grandi strutture di vendita, in attuazione dell’articolo 9, comma 5 del d.lgs. 114/98;

b) le disposizioni relative alla formazione e alla qualificazione professionale, ai sensi dell’articolo 5, comma 7 del d.lgs. 114/1998, nonché alle forme di agevolazione per gli operatori del settore, avuto riguardo anche all’ubicazione degli insediamenti;

c) i criteri e le norme procedimentali relativi alle autorizzazioni e gli indirizzi in materia di orari del commercio su area pubblica, ai sensi dell’articolo 28, comma 12 del d.lgs. 114/1998.

Capo II.

INDIRIZZI GENERALI PER L’INSEDIAMENTO
COMMERCIALE E CRITERI URBANISTICI

Art. 3.

(Indirizzi generali per l’insediamento delle attività
commerciali e criteri di programmazione urbanistica)

1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, con atto deliberativo approva gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali ed i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore del commercio, sulla base delle finalità e degli obiettivi di cui all’articolo 1. La proposta è deliberata dalla Giunta previa acquisizione del parere obbligatorio delle rappresentanze degli enti locali e sentite le organizzazioni regionali più rappresentative dei consumatori e delle imprese del commercio.

2. Gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali contengono:

a) i riferimenti e le articolazioni degli obiettivi;

b) la classificazione degli esercizi commerciali in funzione della loro dimensione, delle diverse caratteristiche di composizione dell’offerta (merceologica e di servizio), del livello dei prezzi praticabili, delle differenti preferenze di localizzazione che concorre alla definizione delle tipologie di strutture distributive;

c) l’assetto territoriale della rete distributiva che, in funzione delle caratteristiche della struttura del commercio in sede fissa e su area pubblica, delle caratteristiche morfologiche e socio-economiche e della densità abitativa, individua i sottosistemi riferiti al settore distributivo quali: le aree di programmazione commerciale configurabili come unico bacino di utenza, formate da un comune attrattore, che ne determina l’importanza, e dai Comuni che ad esso fanno riferimento (Allegato A); i Comuni classificati secondo l’importanza commerciale e socio-economica (Allegato B); le zone di insediamento commerciale, addensamenti e localizzazioni commerciali, ovvero gli ambiti territoriali, riconoscibili in ciascun Comune attraverso i quali si sviluppa la dinamica concorrenziale, lo sviluppo e la trasformazione del sistema al fine di favorire una organizzazione territoriale della rete distributiva idonea a garantire un adeguato servizio al consumatore e l’equilibrato sviluppo tra le diverse tipologie distributive (Allegato C);

d) la regolamentazione dello sviluppo della rete distributiva, attraverso le diverse combinazioni dell’offerta compatibile con ciascuno dei sottosistemi, tenuto anche conto della vocazione territoriale e commerciale dei luoghi, della loro fruizione da parte dei consumatori e della obbligatorietà della tutela storico-ambientale;

e) i principi, i criteri e le modalità in base ai quali i Comuni, per preservare, sviluppare e potenziare la funzione del sistema distributivo commerciale locale, in relazione al contributo che esso fornisce alle varie forme di aggregazione sociale, per la valorizzazione delle zone di insediamento commerciale o altri aggregati di offerta consolidata e per il recupero delle piccole e medie imprese, adottano, anche attraverso la concertazione con soggetti privati, specifici Progetti denominati di Qualificazione Urbana;

f) i principi, i criteri e le modalità in base ai quali i Comuni per preservare, mantenere, ricostituire e rivitalizzare il tessuto commerciale locale, con particolare riguardo alle zone collinari, montane, rurali e marginali, adottano, anche attraverso la concertazione con soggetti privati, specifici Progetti Integrati di Rivitalizzazione delle realtà minori.

3. I criteri di programmazione urbanistica, riferiti al settore commerciale, necessari anche per gli adeguamenti urbanistici comunali, tengono conto ed identificano:

a) le modalità, i criteri ed i parametri per il riconoscimento degli addensamenti commerciali, quali porzioni del territorio urbano o extraurbano, percepite come omogenee e unitarie, che raggruppano un insieme di attività commerciali, paracommerciali ed assimilabili, ubicate l’una in prossimità dell’altra in un ambito a scala pedonale, nelle quali il consumatore trova un insieme organizzato ed integrato di offerta commerciale e di servizi;

b) le modalità, i criteri ed i parametri per il riconoscimento delle localizzazioni commerciali, quali porzioni del territorio, esistenti e potenziali di insediamento commerciale non addensato;

c) i criteri e le modalità utili a definire la vocazione commerciale del territorio comunale, il dimensionamento delle aree a destinazione d’uso al fine di garantire lo sviluppo e la trasformazione del settore commerciale nel rispetto della concorrenza estesa alle forme distributive, alle zone di insediamento commerciale ed al settore immobiliare;

d) i vincoli di natura urbanistica al fine della tutela dei centri storici e dei beni culturali ed ambientali nel rispetto delle normative nazionali e regionali in vigore, comprendendo anche, fra tali beni, parti del tessuto commerciale o esercizi singoli, pubblici esercizi e attività artigianali aventi valore storico ed artistico;

e) i vincoli di natura urbanistica relativi alla quantificazione del fabbisogno di parcheggi e di altre aree di sosta degli insediamenti commerciali nel rispetto della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo), come da ultimo modificata dalla presente legge;

f) le modalità ed i criteri per la corretta regolamentazione delle aree di sosta relative agli insediamenti commerciali;

g) il necessario regolamento tra l’autorizzazione commerciale e la concessione o autorizzazione edilizia;

h) le disposizioni sostitutive in caso di inerzia da parte dei Comuni.

4. Il Consiglio regionale, secondo le procedure stabilite al comma 1, può modificare il programma sulla base delle successive esperienze applicative, delle modificazioni del contesto economico del mercato ed in relazione ai mutamenti delle caratteristiche degli ambiti territoriali della Regione.

5. La conferenza dei servizi di cui all’articolo 9, comma 3 del d.lgs. 114/1998, è indetta dalla direzione regionale competente. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale determina le disposizioni inerenti le procedure per il rilascio delle autorizzazioni previste dal medesimo articolo. Le decisioni della conferenza dei servizi hanno natura vincolante per il rilascio delle relative autorizzazioni. Con le stesse modalità ed entro lo stesso termine, la Giunta regionale fornisce le indicazioni ai Comuni sui procedimenti relativi alle comunicazioni ed autorizzazioni disciplinate rispettivamente dagli articoli 7 e 8, commi 3 e 4 del d.lgs. 114/1998.

6. La Regione promuove attività di assistenza, di informazione e formazione a favore degli enti locali dirette all’applicazione degli indirizzi e dei criteri urbanistici di cui ai commi 2 e 3.

Art. 4.

(Strumenti comunali)

1. I Comuni sono tenuti ad adeguare gli strumenti urbanistici generali ed attuativi ed i regolamenti di polizia locale, nonché ad adottare i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 8, comma 3 del d.lgs. n. 114/1998, entro centottanta giorni dalla pubblicazione, sul Bollettino Ufficiale della Regione, degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3 e nel rispetto dei principi e delle norme contenute nei suddetti indirizzi e criteri.

2. L’adeguamento degli strumenti urbanistici generali ed attuativi individua:

a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali con particolare riguardo agli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio;

b) i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali al fine della tutela dell’arredo urbano e dei beni artistici, culturali ed ambientali;

c) i limiti ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;

d) i vincoli di natura urbanistica con particolare riguardo alla disponibilità di spazi pubblici ed alle quantità minime di spazi per parcheggi;

e) la correlazione tra gli atti autorizzatori commerciali e la concessione o autorizzazione edilizia.

3. Gli indirizzi ed i criteri di cui all’articolo 3 definiscono, altresì, le necessarie norme sostitutive che si applicano in caso di inerzia o di adeguamenti difformi dai criteri regionali da parte dei Comuni e restano in vigore fino all’emanazione delle norme comunali.

Art. 5.

(Efficacia e validità delle autorizzazioni)

1. L’apertura al pubblico conseguente al rilascio dell’autorizzazione per attivazione, ampliamento, variazione o aggiunta di settore merceologico, o comunque per altra fattispecie prevista dagli indirizzi e dai criteri di cui all’articolo 3 delle medie e grandi strutture di vendita, deve avvenire, pena la revoca del titolo, entro i termini previsti dall’articolo 22, comma 4 del d.lgs. 114/1998, salvo proroga fino ad un massimo di ulteriori anni tre per le grandi strutture di vendita ed anni due per le medie strutture di vendita, per ritardi non imputabili al soggetto autorizzato.

2. I termini di cui al comma 1 sono sospesi in pendenza di procedimento giudiziario fino alla notifica alle parti della relativa sentenza passata in giudicato.

3. Qualora nei tempi stabiliti dai commi 1 e 2 la superficie di vendita sia realizzata in misura inferiore ai due terzi di quella autorizzata, il Comune revoca l’autorizzazione per la parte non realizzata, a condizione che siano comunque rispettate le norme della presente legge.

4. La revoca dell’autorizzazione per la parte non realizzata determina l’annullamento o la modifica dell’autorizzazione regionale prevista dall’articolo 26 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dalla presente legge.

5. Il titolare di un’autorizzazione commerciale il cui esercizio sia organizzato in più reparti, in relazione alla gamma dei prodotti trattati o alle tecniche di servizio impiegate, può affidare tali reparti a terzi, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5 del d.lgs. 114/1998, perché li gestiscano in proprio, previa comunicazione al Comune competente per territorio, per la durata contrattualmente convenuta.

6. Il divieto di esercitare, congiuntamente nello stesso locale, l’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio previsto dall’articolo 26, comma 2 del d.lgs. 114/1998, non opera per la vendita di:

a) macchine, attrezzature e articoli tecnici per l’agricoltura, l’industria, il commercio e l’artigianato;

b) materiale elettrico;

c) colori e vernici, carte da parati;

d) ferramenta ed utensileria;

e) articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici;

f) articoli da riscaldamento;

g) strumenti scientifici e di misura;

h) macchine per ufficio e relativi accessori;

i) auto-moto-cicli e relativi accessori e parti di ricambio;

l) combustibili;

m) materiale per edilizia;

n) legnami.

Art. 6.

(Revoca delle autorizzazioni)

1. Le autorizzazioni per l’esercizio delle attività commerciali sono revocate qualora non siano rispettati:

a) gli indirizzi ed i criteri di cui all’articolo 3;

b) le norme della l.r. 56/1977, come da ultimo modificata dalla presente legge e degli strumenti urbanistici generali ed attuativi comunali adeguati ai sensi dell’articolo 4;

c) le procedure relative alle autorizzazioni di cui all’articolo 3, comma 5.

2. L’autorizzazione commerciale per l’esercizio dell’attività è altresì revocata in pendenza dell’autorizzazione preventiva regionale prevista ai commi sesto, settimo, ottavo, nono, decimo e undicesimo dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dalla presente legge.

3. La revoca dell’autorizzazione commerciale comporta la chiusura dell’esercizio.

4. Il sindaco ordina la chiusura degli esercizi di vicinato nel caso in cui non siano rispettate eventuali disposizioni particolari assunte dai Comuni in applicazione degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3.

Capo III.

DISPOSIZIONI URBANISTICHE REGIONALI

Art. 7.

(Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56)

1. Per l’attuazione delle disposizioni contenute negli articoli 3 e 4 e, in particolare, per consentire ai Comuni l’adeguamento degli strumenti urbanistici nei termini previsti, si provvede al riordino della l.r. 56/1977, secondo le modifiche di cui ai commi seguenti.

2. Dopo il comma 6 dell’articolo 4 della l.r. 56/1977, come da ultimo sostituito dall’articolo 4 della legge regionale 10 novembre 1994, n. 45 (Norme in materia di pianificazione del territorio: modifiche alla l.r. 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modifiche ed integrazioni e alle ll.rr. 16 marzo 1989, n. 16 e 3 aprile 1989, n. 20), è inserito il seguente:

“6 bis. Per quanto attiene il settore della distribuzione commerciale al dettaglio si applicano le norme previste dagli indirizzi e criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).”.

3. Il numero 1) del secondo comma dell’articolo 12 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 15 della legge regionale 6 dicembre 1984, n. 61, è sostituito dal seguente:

“1) valuta le esigenze di sviluppo delle attività produttive, degli insediamenti residenziali dei servizi e delle attrezzature, indicando la quota che può essere soddisfatta con il recupero del patrimonio insediativo esistente ed individuando la quantità di aree necessarie per la realizzazione dei nuovi insediamenti; valuta altresì le esigenze relative agli insediamenti del settore commerciale applicando gli indirizzi ed i criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998;”.

4. Dopo la lettera d) del numero 1) del primo comma dell’articolo 14 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 17 della l.r. 61/1984, è inserita la seguente:

“d bis) i criteri per l’applicazione degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, ove sono contenute le motivazioni delle scelte operate nella definizione delle zone di insediamento commerciale;”.

5. Il numero 4 del primo comma dell’articolo 14 della l.r. 56/1977, è sostituito dal seguente:

“4) le Norme di Attuazione, contenenti le definizioni e le prescrizioni generali e particolari relative alle classi di destinazione d’uso, ai tipi di intervento, ai modi di attuazione ed alla gestione del piano, ivi comprese quelle relative agli insediamenti commerciali al dettaglio.”.

6. Dopo il primo comma dell’articolo 14 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 17 della l.r. 61/1984, è inserito il seguente:

“I Comuni, utilizzando le tavole di cui al primo comma, numero 3) ed avvalendosi di quelle in scala idonea, rappresentano altresì le perimetrazioni con riferimento alle caratteristiche delle zone di insediamento commerciale ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. 114/1998 e degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del decreto legislativo stesso.”.

7. Al ventesimo comma dell’articolo 15 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 18 della l.r. 61/1984, è aggiunto il seguente periodo:

“In caso di mancato adeguamento entro il termine di centottanta giorni, del Piano Regolatore Generale agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, entrano in vigore, fino all’emanazione delle norme comunali, le norme sostitutive stabilite ai sensi dell’articolo 6, comma 6 del decreto legislativo stesso.”.

8. La lettera f) del comma 4 dell’articolo 17 della l.r. 56/1977, come sostituito dall’articolo 1 della legge regionale 29 luglio 1997, n. 41, è sostituita dalla seguente:

“f) incrementano le superfici territoriali o gli indici di edificabilità del Piano Regolatore Generale vigente, relativi alle attività economiche produttive, direzionali, turistico-ricettive, commerciali, anche di adeguamento della disciplina della rete distributiva agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, risultanti dagli atti del piano medesimo, in misura superiore al 6 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i diecimila abitanti, al 3 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i ventimila abitanti, al 2 per cento nei restanti Comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti. Tali incrementi devono essere realizzati su aree contigue a quelle urbanizzate o a quelle di nuovo impianto previste dal Piano Regolatore Generale vigente.”.

9. Dopo il comma 5 dell’articolo 17 della l.r. 56/1977, come sostituito dall’articolo 1 della l.r. 41/1997, è aggiunto il seguente:

“5 bis. La variante di adeguamento al Piano Regolatore Generale ai sensi del d.lgs. 114/1998 è approvata dalla Giunta regionale entro centoventi giorni dalla data del suo ricevimento esclusivamente nel caso in cui contenga degli interventi attuabili a seguito di avvio delle procedure previste dagli articoli 8 e 9 del decreto medesimo.”.

10. La lettera b) del numero 1) del primo comma dell’articolo 21 della l.r. 56/1977, come modificata dall’articolo 24 della l.r. 61/1984, è sostituita dalla seguente:

“b) 5 mq per abitante di aree per attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per mercati su aree pubbliche e centri commerciali pubblici);”.

11. Il numero 3) del primo comma dell’articolo 21 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 24 della l.r. 61/1984, è sostituito dal seguente:

“3) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti direzionali e commerciali al dettaglio non soggetti alle prescrizioni di cui al secondo comma: nei casi di intervento all’interno dei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall’articolo 24, primo comma, numero 1) e di ristrutturazione urbanistica e di completamento di cui all’articolo 13, terzo comma, lettere e) ed f), la dotazione minima è stabilita nella misura dell’80 per cento della superficie lorda di pavimento. Nei casi di intervento di nuovo impianto, di cui all’articolo 13, terzo comma, lettera g), la dotazione minima è stabilita nella misura del 100 per cento della superficie lorda di pavimento. La dotazione minima di aree destinate a parcheggio pubblico è stabilita in misura non inferiore al 50 per cento delle menzionate dotazioni.”.

12. Il secondo comma dell’articolo 21 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 4 della legge regionale 27 dicembre 1991, n. 70, è sostituito dal seguente:

“Per le attività commerciali al dettaglio di cui all’articolo 4 del d.lgs. 114/1998, con superficie di vendita superiore a mq 400 devono anche essere osservati gli standard relativi al fabbisogno di parcheggi pubblici stabiliti dagli indirizzi e dai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, applicando il maggiore tra quelli previsti al numero 3) del primo comma e quelli previsti nel presente comma; nel caso di interventi nei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall’articolo 24, primo comma, numero 1), la dotazione di parcheggi pubblici è stabilita nella misura dell’80 per cento degli standard previsti dai citati indirizzi e criteri, fatte salve ulteriori prescrizioni aggiuntive stabilite dai criteri stessi. I Comuni possono richiedere altre dotazioni di standard o di altre aree per attrezzature al servizio degli insediamenti non disciplinate dal presente comma e che sono da intendersi aggiuntive a quelle previste dallo stesso.”.

13. La lettera f) del primo comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, è sostituita dalla seguente:

“f) le aree e gli edifici da riservare alle attività commerciali al dettaglio, con riferimento a quanto previsto dal d.lgs. 114/1998 e nel rispetto delle norme previste dagli indirizzi e dai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, nonché gli impianti di commercializzazione all’ingrosso.”.

14. Il sesto comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“Il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie relative all’insediamento delle attività commerciali al dettaglio con superficie di vendita fino a mq 1.500 nei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti e a mq 2.500 negli altri Comuni è contestuale al rilascio dell’autorizzazione commerciale ai sensi del d.lgs. 114/1998, purché la superficie lorda di pavimento non sia superiore a mq 4.000. Negli altri casi il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie è subordinato alle norme e prescrizioni di cui ai commi seguenti.”.

15. Il settimo comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“Nel caso di insediamenti di attività commerciali al dettaglio con superficie lorda di pavimento compresa tra mq 4.000 e mq 8.000, il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia è subordinato alla stipula di una convenzione o atto di impegno unilaterale, ai sensi dell’articolo 49, quinto comma, ed a preventiva autorizzazione regionale. Tale autorizzazione è rilasciata in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998.”.

16. L’ottavo comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“Nel caso di insediamenti di attività commerciali al dettaglio con superficie lorda di pavimento superiore a mq 8.000, il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia è subordinato a preventiva approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo ed a preventiva autorizzazione regionale. Tale autorizzazione è rilasciata in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998.”.

17. Il nono comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“Nei casi previsti dai commi sesto, settimo e ottavo, nella concessione o autorizzazione edilizia, nella convenzione o atto di impegno unilaterale che disciplinano l’intervento, sono precisate:

a) la superficie utile lorda e la superficie lorda di pavimento dell’insediamento commerciale;

b) la superficie di vendita ripartita per tipologia di strutture distributive limitatamente alle medie e grandi strutture di vendita;

c) le superfici a magazzino e deposito;

d) le superfici destinate alle attività accessorie;

e) le superfici destinate ad altre attività, ad esempio artigianali, di servizio;

f) le superfici destinate ai servizi pubblici (parcheggi e verde pubblici) a norma dell’articolo 21;

g) le superfici destinate a soddisfare il fabbisogno di parcheggi previsti dai citati indirizzi e criteri;

h) i parcheggi privati ai sensi della legge 24 marzo 1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale), le superfici destinate a carico e scarico merci, nonché ogni altro ulteriore elemento previsto dai citati indirizzi e criteri.".

18. Dopo il nono comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è inserito il seguente:

“Nei casi di superficie lorda di pavimento superiore a mq. 4.000, nella convenzione devono essere adeguatamente dettagliate le soluzioni che risolvono i problemi di impatto con la viabilità e deve essere definita l’attribuzione dei relativi costi di realizzazione.”

19. Il decimo comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“L’ampliamento della superficie lorda di pavimento originaria o la modifica delle destinazioni d’uso, tipizzate al nono comma, comporta l’acquisizione dell’autorizzazione regionale, la revisione della convenzione o dell’atto di impegno unilaterale e dello strumento urbanistico esecutivo solo quando le variazioni superino il 10 per cento della superficie utile lorda di pavimento originaria, salvo che, per via di successivi ampliamenti, si superino i limiti di cui ai commi settimo e ottavo”.

Capo IV.

ORARI DI VENDITA

Art. 8.

(Principi in tema di orari di vendita)

1. In applicazione del disposto dell’articolo 11 del d.lgs. 114/98 gli orari di apertura e chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al suindicato articolo e dei criteri emanati dai Comuni in applicazione dell’articolo 36 della legge n. 142/1990.

2. I Comuni conformano la predisposizione dei criteri in materia di orari di apertura e di chiusura degli esercizi di vendita ai seguenti principi:

a) armonizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali agli orari dei servizi pubblici e degli uffici locali, in relazione alle esigenze complessive degli utenti, in attuazione della legge regionale 6 aprile 1995, n. 52 (Norme per la formulazione e l’adozione dei piani comunali di coordinamento degli orari PCO ai sensi dell’articolo 36, comma 3, della legge n. 142/90) e dell’articolo 36, comma 3, della l. 142/90;

b) promozione di un costante processo di confronto fra le parti sociali interessate ed i soggetti pubblici per avviare sperimentazioni di nuove soluzioni di servizio alla collettività;

c) coordinamento degli orari degli esercizi di vendita, con particolare riguardo alle caratteristiche delle zone, così come individuate dagli indirizzi e dai criteri di cui all’articolo 3, attraverso l’articolazione della mezza giornata di chiusura infrasettimanale, qualora prevista, e delle deroghe all’obbligo della chiusura festiva e domenicale secondo aree omogenee dello stesso Comune, e, qualora necessario, anche a livello sovracomunale, previa intesa con i Comuni interessati;

d) ottimizzazione del servizio al consumatore attraverso:

1) l’individuazione dei giorni domenicali e festivi nei quali consentire la deroga di cui alla lettera c) in modo tale da garantire per ogni area omogenea l’apertura degli esercizi per ulteriori otto domeniche o festività oltre a quelle comunque previste per il mese di dicembre;

2) la definizione degli ambiti territoriali entro i quali è consentito l’esercizio dell’attività di vendita ad un limitato numero di esercizi di vicinato in orario notturno;

3) la definizione del regime di orari da applicarsi alle attività miste di uno stesso esercizio commerciale, con particolare riguardo ai centri polifunzionali e ai centri commerciali, secondo criteri che, oltre al settore merceologico o all’attività prevalente, tengano conto delle esigenze complessive dell’utenza;

4) l’uniformità del regime degli orari delle attività artigiane, agricole ed industriali esercenti la vendita al dettaglio a quello dei negozi;

5) la definizione delle modalità in base alle quali gli esercizi del settore alimentare devono garantire l’apertura al pubblico in caso di più di due festività consecutive.

Art. 9.

(Località ad economia turistica)

1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, sentite le rappresentanze degli enti locali, attraverso la Conferenza permanente Regione-Autonomie Locali istituita ai sensi della l.r. 34/1998, e le rappresentanze delle organizzazioni regionali più rappresentative dei consumatori, delle imprese del commercio e turismo e dei lavoratori dipendenti, approva i criteri per l’individuazione delle località ad economia turistica, al fine particolare delle deroghe di cui all’articolo 12, comma 1, del d.lgs. 114/1998, con riferimento alle seguenti tipologie di Comuni:

a) Comuni o parti di Comuni a prevalente economia turistica o, comunque, ad elevato indice di specializzazione turistica;

b) città d’arte o parti di Comuni aventi tale connotazione;

c) Comuni montani o zone montane di Comuni;

d) altri Comuni o singole zone di Comuni caratterizzati dalla presenza di attrattive termali, naturalistico-ambientali, storico-culturali, sportive, artigianali, enogastronomiche, religiose, in cui il movimento turistico, anche solo giornaliero, costituisce un elemento di significativo apporto all’animazione o all’economia della località;

e) Comuni, o parti di essi, interessati da un rilevante afflusso di turisti in occasione di manifestazioni permanenti o episodiche, connotate da capacità di attrazione extracomunale.

2. Ciascuna provincia sulla base delle istanze presentate dai Comuni del proprio territorio interessati, provvede, in applicazione dei criteri regionali di cui al comma 1 e sentite le Organizzazioni provinciali più rappresentative dei consumatori, delle imprese del commercio e del turismo, nonché dei lavoratori dipendenti, all’individuazione della connotazione permanente o periodica o episodica, di località turistica dell’intero territorio comunale o di parti specifiche dello stesso, sulla base delle esigenze e delle peculiari caratteristiche territoriali ed economiche locali.

3. Ciascuna provincia provvede altresì, sentite le Organizzazioni provinciali maggiormente rappresentative di cui al comma 2, all’individuazione, per ciascun comune interessato, dei periodi in cui é riconosciuta la presenza rilevante di popolazione turistica, anche giornaliera, ai fini delle deroghe previste dall’articolo 12, comma 1, del d. lgs. 114/1998.

4. Le deliberazioni relative alle deroghe previste dal presente articolo devono essere inviate entro 15 giorni dalla loro adozione all’osservatorio regionale di cui al capo IX.

5. I criteri di cui al presente articolo possono essere sottoposti ad aggiornamento sulla base di mutamenti del contesto economico del mercato, in relazione alle caratteristiche degli ambiti territoriali della Regione.

Capo V.

COMMERCIO SU AREA PUBBLICA

Art. 10.

(Commercio su area pubblica)

1. Il Consiglio regionale, con le procedure di cui all’articolo 3, comma 1, definisce i criteri generali per l’individuazione delle aree da destinare all’esercizio del commercio su aree pubbliche, con riferimento alle tipologie di manifestazioni e forme ed in relazione alla localizzazione, dimensionamento e composizione merceologica.

2. I criteri perseguono i seguenti obiettivi:

a) ottimizzare il servizio, con particolare riguardo all’ubicazione ed alla tipologia dell’offerta;

b) realizzare un adeguato equilibrio con le altre forme di distribuzione, tenuto conto delle presenze dei consumatori e attraverso la valorizzazione del ruolo di completamento e di alternativa rispetto al commercio fisso;

c) definire un disegno territoriale del commercio su area pubblica in correlazione con le peculiarità territoriali, secondo le tipologie individuate dall’articolo 6, comma 3 del d.lgs. 114/1998;

d) incentivare il commercio su area pubblica nelle sue varie forme, anche itineranti, per potenziare l’offerta commerciale in ambito urbano e per valorizzare il suo ruolo dal punto di vista della concorrenza anche nei confronti delle forme di commercio fisso a localizzazione extraurbana;

e) sostenere l’adeguamento delle aree alle norme di igiene, sanità e sicurezza;

f) valorizzare il ruolo della produzione agricola locale e regionale.

3. Il Consiglio regionale, secondo le procedure stabilite al comma 1, può modificare i criteri sulla base delle successive esperienze applicative, delle modificazioni del contesto economico del mercato ed in relazione ai mutamenti delle caratteristiche degli ambiti territoriali della Regione.

Art. 11.

(Ulteriori disposizioni sul commercio su area pubblica)

1. La Giunta regionale, sentite le rappresentanze degli enti locali, le organizzazioni regionali più rappresentative dei consumatori e delle imprese del commercio e dei produttori agricoli, adotta i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per il commercio su area pubblica, nonché per l’istituzione, soppressione, spostamento, funzionamento dei mercati e delle varie forme di commercio su area pubblica, ai sensi dell’articolo 28, commi 12 e 13 del d.lgs. 114/1998.

2. Allo stesso modo la Giunta regionale determina:

a) le indicazioni relative alle modalità di esercizio del commercio su area pubblica, alle procedure per il rilascio e alle altre vicende giuridico-amministrative delle autorizzazioni ed i criteri per l’assegnazione dei posteggi;

b) le modalità di partecipazione dei produttori agricoli al commercio su area pubblica;

c) le disposizioni relative alla valenza delle autorizzazioni già rilasciate ai sensi della legge 28 marzo 1991, n. 112 (Commercio su aree pubbliche), sia ex novo che per effetto di conversione;

d) gli indirizzi in materia di orari delle attività di commercio su area pubblica con particolare riguardo:

1) al rispetto dei principi dell’articolo 8 della presente legge;

2) alle diverse modalità di esercizio dell’attività;

3) all’assetto della rete distributiva locale in sede fissa;

4) alla possibilità di stabilire fasce diversificate di orari fra commercio su area pubblica e commercio in sede fissa in relazione alle esigenze dei consumatori;

5) alle limitazioni per motivi di interesse e di sicurezza pubblica.

3. Gli indirizzi possono essere sottoposti ad aggiornamento per ragioni di ottimizzazione del funzionamento del commercio su area pubblica.

4. I Comuni possono rilasciare autorizzazioni stagionali per il commercio su area pubblica con le stesse modalità previste per le autorizzazioni non stagionali, nonché concedere autorizzazioni temporanee alla vendita su area pubblica in occasione di fiere, feste, mercati o altre riunioni straordinarie di persone. Le autorizzazioni sono valide soltanto per i giorni delle predette riunioni e sono rilasciate esclusivamente a chi è in possesso dei requisiti professionali e soggettivi previsti dalla legge.

Capo VI.

VENDITE STRAORDINARIE

Art. 12.

(Esercizio delle funzioni amministrative)

1. La Regione trasferisce ai Comuni le funzioni amministrative previste dall’articolo 15 del d.lgs. 114/1998, relative alla fissazione delle modalità di svolgimento, della pubblicità, dei periodi e della durata delle vendite di liquidazione e di fine stagione, secondo i principi e le disposizioni degli articoli 13, 14 e 15.

Art. 13.

(Vendite di liquidazione)

1. La vendita di liquidazione è soggetta a previa comunicazione al Comune ove ha sede il punto di vendita e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della stessa.

2. Nella comunicazione il soggetto interessato dichiara:

a) l’ubicazione dell’esercizio nel quale viene effettuata la vendita;

b) le date di inizio e quella di cessazione della vendita;

c) le motivazioni della liquidazione;

d) le merci poste in vendita, distinte per voci merceologiche, con indicazione della qualità e quantità, dei prezzi praticati prima della vendita straordinaria e dei prezzi che saranno praticati nella stessa;

e) i testi delle asserzioni pubblicitarie ai fini della corretta informazione al consumatore.

3. Le comunicazioni relative alle liquidazioni per cessazione di attività, cessione di azienda, trasferimento di sede dell’esercizio e trasformazione dei locali devono altresì contenere l’indicazione degli estremi delle comunicazioni o autorizzazioni, concessioni o licenze, di presupposto o, nel caso di cessione, dell’atto di cessione.

4. Le operazioni di rinnovo di minore entità, non supportate da atti amministrativi di presupposto, necessitano dei preventivi di spesa allegati alla comunicazione. Il Comune valuta l’opportunità di consentire la liquidazione.

5. I Comuni stabiliscono la durata della vendita di liquidazione, comunque per un periodo massimo di tre mesi, sulla base delle motivazioni contenute nella comunicazione.

6. A decorrere dall’inizio delle vendite di cui al presente articolo, è vietato introdurre, nei locali e pertinenze del punto vendita interessato, ulteriori merci del genere di quelle per le quali viene effettuata la vendita di liquidazione. Il divieto di rifornimento riguarda sia le merci acquistate sia quelle concesse in conto deposito.

7. Durante le vendite di liquidazione rimangono validi gli atti di presupposto all’esercizio dell’attività di vendita. E’ vietata l’effettuazione di vendita di liquidazione con il sistema del pubblico incanto.

Art. 14.

(Vendite di fine stagione)

1. La vendita di fine stagione deve essere preceduta da comunicazione al Comune, ove ha sede il punto di vendita, contenente:

a) l’ubicazione dell’esercizio nel quale viene effettuata la vendita;

b) la data di inizio e quella di cessazione della vendita;

c) le percentuali degli sconti o ribassi praticati sui prezzi normali di vendita;

d) i testi delle asserzioni pubblicitarie, ai fini della corretta informazione al consumatore.

2. Le vendite di fine stagione possono essere effettuate soltanto in due periodi dell’anno, precisamente dal 10 gennaio al 31 marzo e dal 10 luglio al 30 settembre. Nell’ambito di tali periodi i Comuni fissano annualmente la durata delle vendite di fine stagione fino ad un massimo di quattro settimane, anche non continuative, per ciascun periodo. Per la definizione del calendario annuale delle vendite di fine stagione, i Comuni si raccordano con gli altri Comuni confinanti anche con riferimento alle aree di programmazione commerciale previste dagli indirizzi e criteri di cui all’articolo 3.

Art. 15.

(Disposizioni comuni)

1. I Comuni stabiliscono le modalità relative alle indicazioni dei prezzi e alle asserzioni pubblicitarie e le procedure più idonee di controllo, al fine di garantire la veridicità e la correttezza dell’effettuazione delle vendite di liquidazione e di fine stagione in relazione alla tutela del consumatore.

2. Le violazioni alle disposizioni in materia di vendita di liquidazione e di fine stagione sono punite ai sensi dell’articolo 22, commi 3, 6 e 7 del d.lgs. 114/1998. In caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può disporre la sospensione dell’attività di vendita per un periodo non superiore a 30 giorni. Tali disposizioni non si applicano alle vendite disposte dall’autorità giudiziaria a seguito di esecuzione forzata.

3. Nelle vendite di liquidazione e di fine stagione o nella relativa pubblicità è vietato l’uso della dizione “vendite fallimentari” come pure ogni riferimento a fallimento, procedure fallimentari, esecutive, individuali o concorsuali e simili, anche come termine di paragone.

Capo VII.

CENTRI DI ASSISTENZA TECNICA, FORMAZIONE
PROFESSIONALE E CREDITO AL COMMERCIO

Art. 16.

(Centri di assistenza tecnica)

1. La Regione, in attuazione dell’articolo 23 del d.lgs. 114/1998, promuove la costituzione di appositi centri di assistenza tecnica, di seguito denominati centri al fine di sviluppare i processi di ammodernamento della rete distributiva. I centri, istituiti dalle associazioni di categoria e da altri soggetti interessati, svolgono a favore delle imprese commerciali attività di assistenza tecnica in materia di innovazione tecnologica e organizzativa, di gestione economica e finanziaria di impresa, di accesso ai finanziamenti anche comunitari, di sicurezza e tutela dei consumatori, di tutela dell’ambiente, di igiene e sicurezza sul lavoro, di interventi finalizzati alla introduzione di sistemi di qualità ed alla loro certificazione.

2. I centri sono autorizzati dalla Regione, in misura massima di uno per soggetto costituente, esclusivamente in presenza di uno statuto che preveda lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 a favore di tutte le imprese richiedenti le prestazioni, a prescindere dall’appartenenza o meno delle stesse ai soggetti istitutivi del centro, e della disponibilità di una struttura articolata e funzionante sul territorio regionale.

3. I soggetti costituenti i centri possono essere le associazioni di categoria del settore rappresentative di almeno il 5 per cento delle aziende commerciali operanti sul territorio regionale secondo i dati rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente la costituzione del centro, anche congiuntamente ad altri soggetti interessati. Le associazioni e gli altri soggetti devono avere svolto attività di assistenza tecnica alle imprese commerciali nei tre anni precedenti la costituzione del centro.

4. La Regione, al fine di assicurare un adeguato supporto al raggiungimento degli obiettivi della programmazione regionale di settore, in particolare la sensibilizzazione alla cultura dell’innovazione, l’individuazione ed il coordinamento delle linee di formazione e aggiornamento, la finalizzazione degli incentivi allo sviluppo del commercio, ed a garantire il sostegno progettuale agli enti locali per la riqualificazione del territorio, può partecipare alla formazione di centri di assistenza tecnica.

5. La Giunta regionale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, stabilisce le modalità ed i termini di presentazione delle richieste di autorizzazione e la relativa documentazione. Stabilisce altresì l’autorità competente, i criteri e i termini per il rilascio dell’autorizzazione, i controlli sulla documentazione prodotta e sulle attività esercitate, nonché le sanzioni applicabili.

6. La Giunta regionale stabilisce altresì criteri e modalità di incentivazione dei centri.

Art. 17.

(Formazione professionale)

1. La Giunta regionale individua i percorsi formativi per l’accesso all’imprenditorialità, per l’aggiornamento degli operatori in attività, per l’innalzamento o la riqualificazione del livello professionale, con particolare riferimento alle nozioni in materia di organizzazione e qualità della gestione, marketing, normativa ambientale, sicurezza, tutela e informazione ai consumatori, introduzione dei sistemi di qualità e loro certificazione, al fine di favorire la formazione degli esercenti e degli addetti al settore commerciale e di sostenere e qualificare l’occupazione nel settore distributivo.

2. Le modalità organizzative, la durata, le materie ed i finanziamenti dei corsi di formazione professionale sono stabilite dalla Giunta regionale in conformità alle disposizioni delle leggi regionali, statali e comunitarie in materia di politiche attive del lavoro, formazione e servizi all’impiego.

3. La partecipazione ai corsi di formazione professionale, conclusasi con esito positivo, costituisce condizione indispensabile per l’accesso all’esercizio del commercio relativamente al settore merceologico alimentare; le modalità di partecipazione e di ammissione alle prove finali per l’accertamento dell’idoneità sono stabilite dalla Giunta regionale.

4. I corsi, secondo i percorsi formativi di cui al comma 1, possono essere istituiti, mediante convenzione con la Regione Piemonte, dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) e dalle loro aziende speciali, dalle associazioni di categoria più rappresentative del settore a livello regionale e dagli enti costituiti con il loro concorso, dai centri di assistenza tecnica, da altri soggetti già operanti nel settore della formazione professionale.

5. La Giunta autorizza altresì i piani di formazione e verifica la rispondenza agli obiettivi dei programmi di formazione portati a conoscenza prima dell’inizio dei corsi.

6. Sono ritenuti validi, agli effetti del possesso del requisito professionale di cui all’articolo 5, comma 5, lettera a) del d.lgs. 114/1998, i corsi effettuati presso enti riconosciuti da altre Regioni nonché l’avvenuto superamento, con esito favorevole, delle prove di idoneità già previste per l’iscrizione al registro degli esercenti il commercio dalla legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio).

7. In fase di prima applicazione, e comunque non oltre un anno dall’entrata in vigore della presente legge, i corsi professionali di cui al comma 3 sono svolti prioritariamente dalle CCIAA e dalle associazioni di categoria più rappresentative del settore commerciale secondo i programmi della previgente normativa in materia di commercio. A tale scopo, presso ciascuna CCIAA è costituita e nominata un’apposita commissione d’esame, composta da:

a) un esperto designato dalla competente CCIAA, in qualità di presidente;

b) un esperto in materia di norme igienico-sanitarie, designato dalla competente direzione regionale alla sanità,

c) un esperto di tecnica commerciale designato dalla CCIAA;

d) un esperto di merceologia designato dalla CCIAA;

e) un rappresentante della struttura formativa che ha gestito il corso.

8. La commissione è integrata per ogni sessione d’esame da un componente del collegio docenti che, nominato dal responsabile della struttura formativa, svolge le funzioni di segretario durante lo svolgimento dello scrutinio.

9. I corsi di formazione professionale per l’accesso all’esercizio del commercio, relativamente al settore merceologico alimentare e limitatamente alla fase di prima applicazione di cui al comma 7, non comportano oneri a carico della Regione; gli stessi sono posti a carico dei soggetti organizzatori dei corsi e ricompresi nella quota d’iscrizione posta a carico degli allievi, secondo le modalità stabilite in apposita convenzione.

Art. 18.

(Credito al commercio)

1. La Regione agevola l’accesso al credito delle imprese operanti nel settore del commercio attraverso interventi diretti:

a) alla realizzazione di progetti integrati con il concorso degli enti locali per la valorizzazione del tessuto commerciale urbano, la rivitalizzazione delle realtà minori, la qualificazione del territorio e la creazione di centri commerciali naturali;

b) ai programmi di sviluppo delle imprese inerenti l’innovazione gestionale e tecnologica, il ricorso alla certificazione di qualità, la formazione e l’aggiornamento professionale. Gli interventi per il finanziamento dei programmi sono attuati anche mediante l’utilizzo del fondo di cui all’articolo 4 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21 (Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato), e successive modificazioni ed integrazioni, tramite istituzione di apposite sezioni di detto fondo, sul quale possono confluire le risorse stanziate all’articolo 24, comma 2, lettera c);

c) al concorso al fondo rischi dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi;

d) al sostegno della costituzione dei centri di assistenza tecnica e del loro finanziamento per l’attuazione di specifici progetti.

2. La Regione interviene a favore degli enti locali, delle imprese commerciali e loro forme associative per il finanziamento dei progetti integrati di cui al comma 1, lettera a) per la realizzazione dei fini ivi indicati.

3. I benefici determinati dagli interventi di cui al comma 1 sono attribuiti in una delle seguenti forme: concessione di garanzie sui prestiti; bonus fiscale; contributi in conto capitale e in conto interessi; finanziamenti agevolati; finanziamenti su operazioni di leasing e di ingegnerizzazione finanziaria. Gli interventi sono attuati con procedimento automatico, valutativo e negoziale.

4. In fase di prima applicazione, nelle more dell’emanazione del provvedimento regionale attuativo del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c) della legge 15 marzo 1997, n. 59), la Giunta regionale determina i criteri e le modalità degli interventi a favore dei soggetti di cui al comma 1, concessi mediante risorse proprie, statali o comunitarie.

5. In particolare la Giunta, sulla base degli obiettivi della programmazione regionale di settore ed in conformità dei limiti imposti dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti alle piccole e medie imprese, per ciascun intervento individua:

a) la tipologia del procedimento con riferimento alle caratteristiche ed alle finalità dell’aiuto;

b) i requisiti dei soggetti beneficiari e l’ambito territoriale di applicazione;

c) la tipologia e il periodo di ammissibilità delle spese nonché la relativa documentazione;

d) la forma dell’aiuto concedibile scegliendolo tra quelli indicati al comma 3;

e) le intensità dell’aiuto e le modalità di calcolo in equivalente sovvenzione lorda o netta;

f) i termini per la realizzazione dell’iniziativa, i tempi di concessione ed erogazione dell’intervento;

g) le modalità e i termini di effettuazione dei controlli, i motivi di revoca dei benefici erogati e l’eventuale ricorso al regime di convenzione con soggetti terzi per lo svolgimento di alcune fasi del procedimento.

6. La Giunta regionale predispone annualmente il monitoraggio degli interventi di sostegno pubblico concessi nell’anno precedente, al fine di verificare lo stato di attuazione, anche finanziario, di ciascun regime d’aiuto e la capacità di perseguire i relativi obiettivi. Sulla scorta dei dati rilevati, la Giunta regionale entro il mese di giugno di ciascun anno predispone e trasmette al Consiglio regionale una relazione contenente per ogni tipologia di intervento:

a) lo stato di attuazione finanziario;

b) l’efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi perseguiti;

c) l’eventuale fabbisogno finanziario per gli interventi in vigore;

d) l’eventuale esigenza di nuovi interventi.

Capo VIII.

VERIFICA E CONTROLLO

Art. 19.

(Competenze regionali)

1. Fatta salva la competenza comunale all’irrogazione delle sanzioni amministrative di cui all’articolo 22 del d.lgs. 114/1998, la Regione verifica la corretta applicazione delle disposizioni statali e regionali nelle materie del commercio.

2. In particolare, compete alla Regione la verifica della conformità dell’azione amministrativa e programmatoria comunale all’attuazione degli strumenti regionali emanati sulla base delle disposizioni del d.lgs. 114/1998, nonché la verifica della rispondenza delle attività realizzate ai relativi atti autorizzatori.

3. La Regione, anche avvalendosi di altri organismi competenti, esercita l’intervento sostitutivo previsto dagli articoli 6 e 28 del d.lgs. 114/1998 in caso di inerzia da parte dei Comuni.

Capo IX.

OSSERVATORIO REGIONALE DEL COMMERCIO

Art. 20.

(Istituzione dell’osservatorio regionale del commercio)

1. La Regione Piemonte, in attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera g), del d.lgs. 114/1998 istituisce l’Osservatorio regionale del commercio, di seguito denominato Osservatorio regionale, con sede presso la Direzione regionale competente in materia di commercio e artigianato, per assicurare un sistema coordinato di monitoraggio sull’entità ed efficienza della rete distributiva commerciale, al fine delle valutazioni sull’efficacia degli interventi regionali, nazionali e comunitari in materia.

2. L’attività dell’Osservatorio regionale si raccorda con le finalità dell’Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato.

Art. 21.

(Obiettivi dell’osservatorio regionale)

1. L’attività dell’Osservatorio regionale concorre:

a) alla programmazione regionale nel settore del commercio;

b) al monitoraggio dell’entità ed efficienza della rete distributiva commerciale;

c) alla valutazione dell’efficacia degli interventi regionali in materia;

d) a fornire a tutti i soggetti interessati i dati e le elaborazioni per una migliore conoscenza del settore della distribuzione commerciale piemontese;

e) alla realizzazione del sistema informativo regionale del settore della distribuzione commerciale, in raccordo con l’Osservatorio nazionale del commercio e con gli osservatori regionali economici e settoriali.

2. Per i fini di cui al comma 1, l’Osservatorio regionale predispone annualmente, entro il mese di ottobre, un programma di attività da svolgersi nell’anno successivo, sentita l’apposita Commissione da istituirsi con deliberazione della Giunta regionale, composta dai rappresentanti delle imprese del commercio, degli enti locali, delle organizzazioni dei consumatori e dei lavoratori dipendenti. Il programma annuale di attività è approvato dalla Giunta regionale e comunicato alla competente commissione del Consiglio regionale.

Art. 22.

(Attività dell’Osservatorio)

1. L’Osservatorio regionale, per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 21:

a) cura la raccolta e l’aggiornamento delle principali informazioni sul settore, anche avvalendosi degli enti locali, delle CCIAA, delle organizzazioni del settore commerciale ed attivando, quando occorre, specifiche collaborazioni con soggetti pubblici e privati;

b) promuove il coordinamento con i sistemi informativi della Regione Piemonte e dell’Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato secondo il disposto dell’articolo 6, comma 1, lettera g) del d.lgs. 114/1998;

c) promuove indagini e ricerche e attiva collaborazioni per lo studio delle problematiche strutturali ed economiche relative al settore del commercio regionale, nazionale e comunitario;

d) realizza strumenti di informazione periodica destinati alle imprese del settore operanti nella Regione Piemonte, alle organizzazioni professionali, agli istituti di ricerca e alle istituzioni pubbliche;

e) svolge attività di informazione socio-economica, anche attraverso l’organizzazione di seminari e convegni di studio con le categorie interessate.

2. Per la realizzazione delle attività dell’Osservatorio regionale, possono essere stipulate convenzioni con enti, istituzioni, società, istituti di ricerca, organizzazioni professionali e sindacali, nonché esperti che abbiano specifica competenza nel settore della distribuzione commerciale.

Art. 23.

(Sistema informativo regionale del commercio)

1. Il Sistema informativo regionale del commercio del Piemonte (SIRC), assicura la gestione delle basi dati e le elaborazioni necessarie all’attività dell’Osservatorio regionale e garantisce le funzioni di collegamento con l’Osservatorio nazionale.

2. Il SIRC persegue i seguenti obiettivi:

a) acquisire sistematicamente i dati raccolti dai sistemi informativi di cui all’articolo 22, comma 1, lettere a) e b) e dalle altre strutture regionali, nazionali, comunitarie ed extracomunitarie attraverso la creazione e la gestione di un apposito centro di documentazione;

b) aggiornare ed elaborare i dati disponibili per la realizzazione degli strumenti di informazione periodica di cui all’articolo 22.

Capo. X.

NORME FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI

Art. 24.

(Disposizioni finanziarie)

1. Per l’attuazione della presente legge è autorizzata per l’anno 1999 la spesa di lire 12 miliardi.

2. Nello stato di previsione della spesa vengono conseguentemente istituiti appositi capitoli con la seguente denominazione e lo stanziamento a fianco indicato:

a) “Interventi per la valorizzazione del tessuto commerciale del Piemonte a favore degli enti locali” (articolo 18, comma 1, lettera a): lire 500 milioni;

b) “Interventi per la valorizzazione del tessuto commerciale del Piemonte a favore delle imprese e loro forme associative” (articolo 18, comma 1, lettera a): lire 500 milioni;

c) “Interventi per l’accesso al credito delle imprese commerciali” (articolo 18, comma 1, lettere b) e c): lire 9 miliardi;

d) “Interventi per la formazione e la qualificazione degli operatori commerciali (articolo 18, comma 1, lettera d)”: lire 1 miliardo;

e) “Interventi a favore dei centri di assistenza tecnica” (articolo 16, comma 1): lire 1 miliardo;

3. Nello stato di previsione della spesa viene conseguentemente istituito un apposito capitolo con la seguente denominazione: “Spese di funzionamento dell’Osservatorio regionale del commercio”, con la dotazione “per memoria”.

4. Agli oneri derivanti dall’applicazione della presente legge si provvede mediante la riduzione di lire 12 miliardi in termini di competenza e di cassa del capitolo 26160 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l’esercizio finanziario 1999, a favore degli interventi di cui al comma 2, lettere a), b), c), d) ed e).

5. La spesa per ciascuno degli esercizi finanziari successivi all’anno 1999 è determinata con legge di approvazione dei bilanci o delle relative leggi di variazione.

6. Sono autorizzate variazioni compensative con atto amministrativo tra i capitoli di cui al comma 2, appartenenti alla medesima autorizzazione di spesa.

Art. 25.

(Norme transitorie)

1. Le domande di autorizzazione all’apertura, ampliamento e trasferimento di una media e grande struttura di vendita, presentate alla Giunta regionale ed alle quali non è stato dato seguito ai sensi dell’articolo 25, comma 6 del d.lgs. 114/98, vengono valutate in base alle norme degli indirizzi e criteri di cui all’articolo 3 della presente legge, e secondo le competenze di cui agli articoli 8 e 9 del d.lgs. 114/98.

2. I Comuni, qualora non abbiano ancora provveduto, sono tenuti a rilasciare le autorizzazioni a seguito dei nullaosta di cui alla l. 426/1971, nel termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge. In particolare alle suddette autorizzazioni si applicano le disposizioni previste dall’articolo 5 della presente legge. Si applica l’articolo 5 anche alle autorizzazioni già rilasciate a seguito di nullaosta di cui alla l. 426/1971, qualora la struttura non sia ancora stata realizzata, indipendentemente dalla data di rilascio della stessa.

3. Fino all’emanazione degli atti previsti dall’articolo 11 rimangono in vigore i criteri relativi al commercio su area pubblica di cui alla deliberazione di Consiglio regionale 1° dicembre 1998, n. 508-14689 (Indirizzi provvisori ai Comuni in materia di commercio su aree pubbliche in attuazione della legge n. 112/1991 e della legge regionale n. 17/1995) e, per quanto ivi non previsto, alle disposizioni della legge regionale 13 febbraio 1995, n. 17 (Disciplina delle funzioni attribuite alle Regioni dalla legge 28 marzo 1991, n. 112 in materia di commercio su aree pubbliche. Modifica della legge regionale 7 settembre 1987, n. 47).

4. E’ sospesa la presentazione delle domande di nuova autorizzazione per l’esercizio del commercio su area pubblica dalla data di pubblicazione della deliberazione del Consiglio regionale n. 508-14689 del 1998 fino a 180 giorni dopo l’entrata in vigore della presente legge.

5. Nell’individuazione delle aree da destinare all’esercizio del commercio su area pubblica i Comuni si attengono ai criteri generali di cui all’articolo 10.

6. Fino all’adozione dei criteri di cui all’articolo 11, i Comuni si attengono, nella regolamentazione degli orari del commercio su area pubblica, alle disposizioni vigenti in sede locale adottate ai sensi della l. 112/1991 e successivi regolamenti attuativi.

7. Fino all’adozione dei criteri di cui all’articolo 9 restano in vigore le disposizioni in materia di orari nelle località ad economia turistica di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 16 giugno 1999 n. 544 - 7802 (Ratifica ai sensi dell’articolo 40 dello Statuto della deliberazione della Giunta regionale del 23 aprile 1999 n. 2 - 27125 - Orari dei negozi - Individuazione di località ad economia turistica nella fase di prima applicazione del d.lgs. 114/1998).

8. In fase di prima applicazione, il termine di cui all’articolo 21, comma 2 è stabilito in 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 26.

(Disposizioni finali)

1. Per tutto quanto non espressamente previsto nella presente legge, si fa riferimento al d.lgs. 114/1998.

2. Gli indirizzi ed i criteri di cui agli articoli 3 e 10 sono approvati dal Consiglio regionale entro trenta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge.

3. La Giunta regionale e il Consiglio regionale devono sottostare alle norme previste dall’articolo 87 del Trattato nell’individuazione dei criteri e delle risorse finanziarie necessarie all’erogazione di aiuti alle imprese commerciali, qualora questi dovessero superare i limiti imposti dalle linee direttrici in materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese.

Art. 27.

(Clausola d’urgenza)

1. La presente legge regionale è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 12 novembre 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul 2° Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 46 del 17 novembre 1999 (ndr)

(Segue allegato)











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Legge regionale 18 novembre 1999, n. 29

Interventi per l’Università ed il Diritto allo studio universitario

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità)

1. La Regione Piemonte, ai sensi dell’articolo 4 dello Statuto, promuove lo sviluppo degli insediamenti universitari e dei servizi per il diritto allo studio, al fine di sostenere la qualificazione e l’efficacia dell’attività didattica, formativa e scientifica delle istituzioni universitarie della Regione e al fine di favorire il riassetto dell’Università degli Studi di Torino, del Politecnico di Torino e delle loro attività formative decentrate nonché il consolidamento dell’Università del Piemonte Orientale, anche in riferimento agli standards europei ed internazionali.

2. La Giunta regionale, a tale scopo, è autorizzata ad erogare finanziamenti agli atenei piemontesi ed all’Ente regionale per il Diritto allo studio universitario, con i seguenti obiettivi:

a) acquisizione, costruzione, ristrutturazione e riqualificazione di aree e di immobili da destinarsi a sedi di attività universitarie;

b) realizzazione ed adeguamento di laboratori, biblioteche, sistemi informativi e di quant’altro utile al potenziamento ed alla completa utilizzazione delle risorse didattico-scientifiche;

c) conservazione, allestimento o riallestimento di collezioni scientifiche, a supporto degli interventi di valorizzazione del patrimonio storico-scientifico degli Atenei;

d) acquisizione, costruzione e ristrutturazione di immobili da destinarsi a residenze o ad altri servizi pertinenti lo sviluppo del diritto allo studio, in ambito universitario e post-universitario;

e) realizzazione ed adeguamento di spazi attrezzati da destinare a sede delle attività organizzate dagli studenti e dalle associazioni, cooperative e rappresentanze studentesche.

Art. 2.

(Modalità per l’erogazione dei finanziamenti)

1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva gli obiettivi e gli indirizzi del programma generale di intervento.

2. I soggetti beneficiari dei finanziamenti, sulla base delle deliberazioni assunte dai rispettivi Consigli di amministrazione e, per gli Atenei, acquisito il parere del Senato accademico, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, presentano alla Giunta regionale un programma generale di interventi, con l’indicazione degli obiettivi che li hanno motivati e dei risultati attesi. Il programma è accompagnato dal piano economico e dei tempi di attuazione nonché dalla precisazione della disponibilità dei beni, oggetto degli interventi stessi, e della situazione amministrativa di attuabilità delle opere previste.

3. La Giunta regionale, verificata la coerenza degli interventi proposti con le finalità della legge e con gli obiettivi e gli indirizzi approvati dal Consiglio regionale, sentito il Comitato regionale di coordinamento, costituito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25 e previo parere della Commissione consiliare competente, provvede a stipulare con i soggetti beneficiari accordi, intese, convenzioni.

4. Tali atti devono contenere le seguenti indicazioni:

a) programma generale di sviluppo degli insediamenti universitari e dei servizi per il diritto allo studio universitario;

b) individuazione delle priorità degli interventi da finanziare, anche con il concorso di altri soggetti sostenitori e del Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, in applicazione di eventuali protocolli d’intesa;

c) tempi di realizzazione degli interventi;

d) entità e modalità di erogazione dei finanziamenti e modalità di rendicontazione delle spese;

e) modalità di comunicazione delle iniziative.

5. Il Presidente della Giunta regionale o, in sua vece, l’Assessore competente riferisce annualmente al Consiglio regionale sullo stato di avanzamento degli interventi.

Art. 3.

(Finanziamenti)

1. I finanziamenti per la realizzazione degli interventi, fissati in lire 105 miliardi, sono erogati nel quinquennio 1999-2003 all’Università degli Studi di Torino, al Politecnico di Torino, all’Università del Piemonte Orientale e all’Ente regionale per il Diritto allo studio universitario, con ripartizioni che sono definite dalla Giunta regionale, sulla base dei programmi di cui all’articolo 2, comma 2.

Art. 4.

(Costituzione dell’Osservatorio regionale
per l’Università e per il Diritto allo studio universitario)

1. Al fine di acquisire informazioni e documentazione, di raccogliere ed aggiornare tempestivamente dati statistici, di promuovere studi, ricerche, progetti per lo sviluppo universitario e dei servizi per il diritto allo studio e per fornire supporto alle attività del Comitato regionale di coordinamento, è istituito, presso la Direzione ai Beni Culturali dell’Assessorato alla Cultura, l’Osservatorio regionale per l’Università e per il Diritto allo studio universitario. L’Osservatorio elabora metodologie e criteri per la valutazione dell’efficacia delle attività formative e di ricerca del sistema universitario piemontese e degli interventi per il diritto allo studio, anche in riferimento agli standards europei ed internazionali. L’Osservatorio promuove inoltre la diffusione dei dati acquisiti e dei progetti elaborati, dei risultati delle valutazioni sul sistema universitario e sul diritto allo studio favorendo il confronto fra gli Atenei, le Amministrazioni pubbliche e le forze sociali ed economiche, con specifica attenzione al coinvolgimento della popolazione studentesca.

2. Su proposta della Giunta regionale, il Consiglio regionale approva le modalità di funzionamento dell’Osservatorio nonchè le forme per garantire la partecipazione degli Atenei, delle rappresentanze studentesche, del sistema regionale della formazione professionale, dei Provveditorati agli studi, delle forze economiche e sociali alla definizione degli indirizzi per l’attività dell’Osservatorio.

3. Per il funzionamento dell’Osservatorio e per lo svolgimento della sua attività, la Giunta regionale, su proposta del Comitato regionale di coordinamento, provvede a stipulare apposita convenzione con idonea istituzione, tra i cui soci figurino la Regione Piemonte, l’Università degli Studi di Torino, il Politecnico di Torino. La convenzione deve in ogni caso prevedere il coinvolgimento e la partecipazione di studenti universitari all’attività dell’Osservatorio, definendo criteri e modalità.

Art. 5.

(Norma finanziaria)

1. Agli interventi finanziari previsti dalla presente legge si provvede mediante l’istituzione, nel bilancio della Regione, dei seguenti capitoli:

a) “Fondo per contributi a spese di investimento per lo sviluppo delle strutture universitarie e del diritto allo studio universitario”;

b) “Contributi per spese di funzionamento e di attività dell’Osservatorio regionale per l’Università e per il Diritto allo studio universitario”.

2. Lo stanziamento del capitolo a), in termini di competenza e di cassa, è stabilito per l’anno 1999 in lire 20 miliardi, per l’anno 2000 in lire 20 miliardi, per l’anno 2001 in lire 25 miliardi; per la parte residua di 40 miliardi si provvederà in sede di predisposizione dei bilanci 2002, 2003.

3. Lo stanziamento del capitolo b), in termini di competenza e di cassa, è stabilito, per l’anno 1999, in lire 500 milioni; per gli esercizi successivi all’anno 1999 lo stanziamento è definito con i bilanci di previsione della Regione.

4. Alla copertura finanziaria degli oneri necessari alle attività descritte dal capitolo “Fondo per contributi a spese di investimento per lo sviluppo delle strutture universitarie e del diritto allo studio universitario”, si provvede con prelievo dal capitolo 27170 per gli anni 1999, 2000, 2001. Per gli anni 2002 e 2003 si provvederà in sede di approvazione dei relativi bilanci, assicurando la copertura finanziaria mediante stipulazione di mutui.

5. Alla copertura finanziaria degli oneri necessari alle attività descritte dal capitolo “Contributi per spese di funzionamento e di attività dell’Osservatorio regionale per l’Università e il Diritto allo studio universitario” si provvede con prelievo dal capitolo 15910 del bilancio della Regione per l’anno 1999.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 18 novembre 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 47 del 24 novembre 1999 (ndr)



Legge regionale 3 dicembre 1999, n. 30

Norme speciali e transitorie in parziale deroga alle norme regionali vigenti per l’esercizio di cave di prestito finalizzate al reperimento di materiale per la realizzazione di opere pubbliche comprese in accordi Stato-Regioni

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalita’ ed ambito di applicazione)

1. Al fine di contemperare le esigenze connesse alla realizzazione di opere pubbliche inserite in accordi Stato-Regioni, oggetto di finanziamento, con la disciplina dell’attivita’ di cava, la presente legge detta norme in parziale deroga alla normativa vigente e transitorie, ove non diversamente specificato dalle disposizioni della legge regionale 22 novembre 1978, n. 69 (Coltivazione di cave e torbiere), per la coltivazione di cave di prestito funzionali al reperimento di materiali necessari all’esecuzione di tali opere pubbliche.

2. Il proponente l’opera è tenuto a presentare il Piano di reperimento dei materiali litoidi occorrenti per la realizzazione della stessa; il Piano è approvato in Conferenza dei servizi contestualmente al progetto esecutivo.

3. Il Piano deve ottimizzare l’uso delle risorse garantendo il fabbisogno richiesto prioritariamente con il massimo utilizzo di sfridi derivanti dall’attività estrattiva, del materiale di riciclo ai sensi del decreto ministeriale 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), nonchè dei materiali, purchè compatibili con il corretto uso delle risorse, derivanti da interventi di rispristino delle sezioni ottimali di deflusso dei corsi d’acqua, conseguenti a calamità naturali, o diretti a prevenire situazioni di pericolo, comprendenti anche la rimozione di materiali litoidi dagli alvei, previsti in appositi piani di intervento approvati ai sensi delle vigenti leggi.

4. La Giunta regionale predispone entro tre mesi dall’approvazione della legge, il censimento dei siti dai quali prelevare i materiali di cui al comma 3. Tale censimento è aggiornato ogni anno.

Art. 2.

(Autorizzazione alla coltivazione)

1. L’autorizzazione all’apertura di cave di prestito è rilasciata nel rispetto della normativa vigente ai soggetti proponenti attuatori dell’opera pubblica di cui all’articolo 1.

2. L’istanza per l’apertura delle cave di prestito, con l’indicazione dei percorsi utilizzati dai mezzi di cantiere, deve essere presentata nei modi e nelle forme previste dall’articolo 5 della l.r. 69/1978, con gli allegati tecnico-amministrativi ivi previsti e con la documentazione attestante i requisiti di cui al comma 1.

3. L’autorizzazione all’esercizio delle cave viene rilasciata ai sensi della l.r. 69/1978 ed è prescritta, a pena di decadenza, l’utilizzazione del materiale reperito esclusivamente per le esigenze esecutive dell’opera pubblica di cui all’articolo 1, comma 2.

4. L’esercizio delle cave di prestito è regolato da accordi convenzionali in cui è previsto un onere economico, a carico del soggetto attuatore e a favore dell’Amministrazione comunale ove ha sede la cava, pari a lire 600 ogni metro cubo coltivato per opere di riqualificazione e mitigazione ambientale e progetti di sviluppo locale sostenibile.

5. La Giunta regionale provvede ad aggiornare l’importo di cui al comma 4, con frequenza biennale in base all’indice Istituto centrale di statistica (ISTAT) relativo ai materiali da costruzione.

6. La società esercente la cava è tenuta ad assicurare direttamente la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete viaria, utilizzata dalla viabilità di servizio, nonchè delle strutture irrigue interferite dai lavori di coltivazione. A tal fine la società stipula apposite convenzioni con gli enti ed i consorzi proprietari o gestori delle suddette strutture.

7. Qualora l’Amministrazione comunale non rilasci l’autorizzazione all’esercizio delle cave nel termine previsto dall’articolo 7 della l.r. 69/1978, il Presidente della Giunta regionale la invita a provvedere entro i successivi sessanta giorni. Trascorso inutilmente anche tale termine, la Giunta regionale provvede con propria deliberazione.

8. Il soggetto titolare dell’autorizzazione è tenuto a comunicare all’Amministrazione comunale il nominativo dell’impresa esecutrice della coltivazione delle cave.

9. L’utilizzo dei materiali individuati nel decreto ministeriale 5 febbraio 1998 è consentito nei termini previsti dagli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 22/1997; per l’impiego dei materiali individuati nel presente comma non sono richiesti gli accordi convenzionali di cui al comma 4.

10. E’ esclusa qualsiasi attivita’ di cava che non sia specificamente individuata nel progetto dell’opera pubblica e per quantita’ di materiali maggiori di quelle strettamente necessarie all’esecuzione di tale opera.

Art. 3.

(Estinzione dell’autorizzazione e revoca)

1. Per l’estinzione e la revoca dell’autorizzazione si applicano le disposizioni di cui all’articolo 17 della l.r. 69/1978.

2. La violazione della prescrizione autorizzativa di utilizzazione del materiale, esclusivamente per le esigenze di esecuzione dell’opera pubblica, comporta la decadenza dell’autorizzazione e l’obbligo di ripristino dei luoghi.

3. La decadenza è disposta dall’Amministrazione comunale. Qualora questa non provveda, il Presidente della Giunta regionale la invita ad adempiere entro trenta giorni, trascorsi inutilmente i quali, provvede direttamente.

Art. 4.

(Vigilanza e sanzioni)

1. La vigilanza sui lavori di coltivazione e di recupero ambientale è attuata nei modi previsti dall’articolo 19 della l.r. 69/1978.

2. La violazione della prescrizione autorizzativa di utilizzazione del materiale esclusivamente per le esigenze di esecuzione dell’opera pubblica comporta, oltre alla decadenza dell’autorizzazione e all’obbligo della risistemazione dei luoghi, il pagamento della sanzione pecuniaria pari al valore commerciale del materiale estratto, rilevato dai listini prezzi della Camera di Commercio competente e, comunque, non inferiore a lire 5 milioni.

3. Per l’accertamento delle violazioni e per l’applicazione delle sanzioni si osservano le norme ed i principi di cui al capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

Art. 5.

(Urgenza)

La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 3 dicembre 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 49 del 10 dicembre 1999 (ndr)



Legge regionale 6 dicembre 1999, n. 31

Prima variazione al bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999 nonché disposizioni finanziarie per gli anni 2000 e 2001 e approvazione delle schede Fondo Investimenti Piemonte (FIP)

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Variazioni anno 1999)

1. Nel bilancio di previsione per l’anno finanziario 1999 sono introdotte, ai sensi dell’articolo 43, comma 3, della legge regionale 29 dicembre 1981, n. 55 (Norme di contabilità regionale) e successive modificazioni e integrazioni le variazioni allo stato di previsione della spesa riportati nel volume di cui la presente legge si compone (Allegato A).

Art. 2.

(Patto per lo sviluppo e fondo socio-assistenziale)

1. L’incremento del capitolo 27167 è destinato al finanziamento del Patto per lo sviluppo.

2. L’incremento del capitolo 11950 non viene inserito nella base per il calcolo del fondo per l’anno 2000.

Art. 3.

(Schede Fondo Investimenti Piemonte)

1. Sono approvate le schede relative al Fondo Investimenti Piemonte (FIP), di cui alla legge regionale 18 ottobre 1994, n. 43 (Norme in materia di programmazione degli investimenti regionali), riportate in allegato alla presente legge (Allegato B).

Art. 4.

(Parere Unione Europea)

1. Gli interventi di cui all’articolo 3, che costituiscono nuovi aiuti alle imprese ai sensi dell’articolo 88 del Trattato, sono disposti a seguito del parere favorevole dell’Unione Europea.

2. Il cumulo tra analoghi regimi di aiuto è ammesso nei limiti massimali previsti dall’Unione Europea.

Art. 5.

(Deroga per residui perenti)

1. Per gli anni 1999 e 2000, in attesa del riordino delle materie di cui alla legge 19 maggio 1976, n. 335 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni), gli impegni contabili assunti dall’Amministrazione regionale e cancellati dal bilancio finanziario in applicazione dell’istituto della perenzione, sono riassunti, in deroga dell’articolo 67, comma 4 della l.r. 55/1981, sugli stanziamenti di competenza, del bilancio della Regione per gli anni 1999 e 2000, relativi ai capitoli sui quali era stato assunto l’impegno.

Art. 6.

(Variazioni anno 2000)

1. Per la concessione dei contributi in annualità, in attuazione della legge regionale 28 febbraio 1984, n. 14 (Integrazione alla legge regionale 4 settembre 1979, n. 59 -Provvedimenti per l’esercizio dello sgombero neve) è autorizzato, per l’anno 2000, il limite di impegno di lire 500.000.000 che viene iscritto al capitolo 24958 del bilancio pluriennale 1999 - 2001 tranche 2000.

2. E’ altresì autorizzato sempre per l’anno 2000 il limite di impegno di lire 4.400.000.000 sul capitolo 26982 per la concessione di contributi in annualità ai sensi della legge regionale 13 aprile 1995, n. 59 (Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento dei rifiuti).

Art. 7.

(Variazioni anno 2001)

1. Per la concessione di contributi in capitale a comuni, loro consorzi ed alle comunità montane, nella spesa per la costruzione, la ricostruzione, l’ampliamento ed il potenziamento degli acquedotti e delle fognature è autorizzata per l’anno 2001, la spesa di lire 22.000.000.000 che viene iscritta al capitolo 24360 del bilancio pluriennale 1999 - 2001 tranche 2001, mediante riduzione del capitolo 24365.

Art. 8.

(Deroga per collaborazioni)

1. In deroga a quanto disposto dalla legge regionale 25 gennaio 1988, n. 6 (Norme relative allo svolgimento di collaborazioni nell’ambito dell’attività dell’Amministrazione regionale) e successive modificazioni e integrazioni, limitatamente all’anno 1999, sui capitoli di spesa 15230 e 15236 sono autorizzati impegni che riguardino attività disciplinate dalla legge citata.

Art. 9.

(Estinzione anticipata delle annualità passive
sul Reg. CEE 950/97 e autorizzazione al completamento
del finanziamento regionale sul Reg. CEE 951/97)

1. E’ autorizzata l’estinzione anticipata delle annualità scadenti dopo l’1 gennaio 2000 di concorso regionale negli interessi per mutui di miglioramento relativi a piani di sviluppo e di miglioramento aziendali approvati in attuazione dei Regolamenti CEE n. 2328/85 e della Direttiva CEE n. 159/72. Il tasso di attualizzazione sarà stabilito con successiva deliberazione della Giunta regionale.

2. E’ autorizzata l’utilizzazione degli stanziamenti di competenza dei capitoli dello stato di previsione della spesa n. 21716 e n. 21720 per il completamento del finanziamento dei progetti presentati e approvati sul Regolamento CEE n. 951/97.

Art. 10

(Urgenza)

1. La presente legge regionale è urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto ed entra in vigore nel giorno della sua integrale pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 6 dicembre 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Supplemento al Bollettino Ufficiale n. 49 del 10 dicembre 1999 (ndr)

(Segue allegato)



Legge regionale 15 dicembre 1999, n. 32

Partecipazione della Regione Piemonte all’Agenzia di Pollenzo S.p.A.

Il Consiglio regionale ha approvato.

Il Commissario del Governo ha apposto il visto.

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Finalità)

1. Allo scopo di favorire la conservazione di beni di interesse storico artistico e la loro valorizzazione, anche in termini imprenditoriali, nei settori turistico e culturale la Regione intende concorrere alla ristrutturazione del compendio immobiliare dell’ex Tenuta reale di Pollenzo e a tal fine partecipa, con le modalità di cui all’articolo 2, alla società per azioni “Agenzia di Pollenzo”, con sede in Bra.

2. L’Agenzia di Pollenzo S.p.A. ha acquisito parte del compendio immobiliare dell’ex Tenuta reale di Pollenzo e intende realizzare la sua ristrutturazione finalizzata sia all’insediamento di attività alberghiere ed enogastronomiche sia all’attivazione di un’istituzione culturale ad alta vocazione didattico-educativa.

Art. 2.

(Modalità di partecipazione)

1. Per il conseguimento delle finalità della presente legge la Regione si avvale dell’Istituto finanziario piemontese - Finpiemonte S.p.A. - il quale acquisisce, in nome e per conto proprio, una partecipazione azionaria nell’Agenzia di Pollenzo ~S.p.A.~ pari al 25 per cento del capitale sociale.

2. A tal fine la Giunta regionale è autorizzata ad approvare, mediante apposito regolamento negoziale, una disciplina dei rapporti con Finpiemonte S.p.A. che, pur salvaguardando l’esigenza di piena autonomia gestionale della partecipazione, valga a garantire il perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 1.

3. Nell’ambito del complessivo assetto negoziale di cui al comma 2, la Regione garantisce a Finpiemonte S.p.A. la disponibilità gratuita dei mezzi finanziari occorrenti per l’acquisizione della partecipazione prevedendone, nel contempo, la restituzione allo scioglimento della società; eventuali plusvalenze patrimoniali, accertate in sede di liquidazione societaria, verranno acquisite al patrimonio regionale.

4. Il regolamento negoziale di cui al comma 2 deve tra l’altro prevedere quali condizioni per la partecipazione di Finpiemonte all’Agenzia di Pollenzo:

a) la modifica statutaria dell’Agenzia di Pollenzo S.p.A. da cui emerga che l’oggetto principale dell’Agenzia coincide con le finalità di cui all’articolo 1;

b) la conoscenza del prezzo a base d’asta per la ristrutturazione e la riqualificazione del fabbricato oggetto dell’investimento, accompagnato da un piano economico finanziario per la copertura delle spese;

c) la garanzia circa la tutela e la valorizzazione del patrimonio di interesse architettonico, artistico, archeologico e ambientale del fabbricato e dell’area di pertinenza, da definirsi d’intesa con le Soprintendenze competenti.

Art. 3.

(Partecipazione ad altre iniziative)

1. Allo scopo di perseguire le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, anche su altri beni di interesse storico artistico di proprietà pubblica, la Regione può partecipare ad Enti o società di capitali aventi le finalità sopra dette, promosse dagli enti proprietari.

Art. 4.

(Disposizioni finanziarie)

1. Gli oneri previsti per l’acquisizione delle quote di partecipazione e per la sottoscrizione di nuove azioni necessarie per mantenere inalterata la misura, ammontano a lire 6 miliardi.

2. Per farvi fronte è istituito, nello stato di previsione della spesa, apposito capitolo denominato: “Conferimenti alla Finpiemonte S.p.A. per la partecipazione all’Agenzia di Pollenzo S.p.A.”.

3. Lo stanziamento relativo, in termini di competenza e di cassa, è individuato in lire 3 miliardi per l’esercizio 1999 ed in lire 3 miliardi per l’esercizio 2000. La copertura finanziaria è assicurata, per l’anno 1999, da riduzione di lire 3 miliardi dal capitolo 27170. Per l’anno 2000 la copertura finanziaria è assicurata da riduzione di lire 3 miliardi dal capitolo 27170.

4. Per dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 3 viene istituito nel bilancio regionale apposito capitolo denominato “Fondo per la partecipazione a iniziative su beni di interesse storico artistico” la cui denominazione e finalizzazione vengono definiti in sede di predisposizione dei relativi bilanci di previsione con dotazione in termini di competenza e di cassa per memoria.

Art. 5.

(Urgenza)

1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 15 dicembre 1999

Enzo Ghigo

Legge regionale pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 51  del 22 dicembre 1999