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Bollettino Ufficiale n. 21 del 28 / 05 / 2009


Deliberazione della Giunta Regionale 11 maggio 2009, n. 24−11391

Indirizzi regionali per la programmazione da parte delle Istituzioni scolastiche piemontesi del 20% della quota oraria di offerta formativa. Decreto Ministro Pubblica Istruzione 28 dicembre 2005, Art. 1, comma 2.

(omissis)

LA GIUNTA REGIONALE

a voti unanimi...

delibera

− di approvare, per le ragioni espresse in premessa, il documento allegato e parte integrante della presente deliberazione, per promuovere presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado il potenziamento delle competenze scientifiche, quali desunte dal quadro europeo, e cioè "tutte quelli di cui hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e l'occupazione" come area privilegiata rispetto alla quale orientare la quota flessibile del 20% del curricolo dell'autonomia a partire dall'anno scolastico 2009/2010.

L'adozione del presente provvedimento non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale.

La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 61 dello Statuto e dell'art. 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.

(omissis)

Allegato

La Regione Piemonte è profondamente convinta che lo sviluppo del sistema formativo regionale sia una leva potente per lo sviluppo del proprio territorio e che l'investimento a favore delle giovani generazioni sia una priorità anche nell'ottica di una sempre più ampia inclusione sociale.

La recente riforma del Titolo V della Costituzione e le prospettive di federalismo che ne derivano hanno peraltro ampliato le tradizionali competenze delle Regioni a statuto ordinario, alle quali spetta la potestà legislativa concorrente in tema di istruzione, fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche.

Si profila cioè un sistema nel quale gli attori del sistema educativo sono sostanzialmente tre: lo Stato, per quanto attiene i principi fondamentali e le norme generali, le Regioni, per quanto attiene la formazione professionale, le norme sull'istruzione, riferimento alla e il diritto allo studio, le scuole autonome in quanto titolari della funzione di istruzione.

La funzione programmatoria della Regione comprende, fra l'altro, la responsabilità di programmazione della rete delle istituzioni scolastiche e formative, in coerenza con gli assi di sviluppo del territorio, e con attenzione non soltanto agli aspetti quantitativi ma anche agli aspetti qualitativi del servizio. Si può ormai affermare che la Regione può e deve entrate a pieno titolo, nel governo dell'istruzione.

Ne consegue un sistema assai più articolato all'interno del quale spetta alle Regioni, fra l'altro, la responsabilità di programmazione della rete delle istituzioni scolastiche e formative, in coerenza con gli assi di sviluppo del territorio, e con attenzione non soltanto agli aspetti quantitativi ma anche agli aspetti qualitativi del servizio.

è di stretta attualità il tema della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in tema di servizi scolastici e formativi, da intendere come esplicitazione di un diritto che si compone con diverse connotazioni e responsabilità.

Tali ragioni sono alla base anche di recenti richiami normativi in tema di implementazione della quota flessibile dei curricoli scolastici come si evidenzierà meglio in seguito.

Per tali motivazioni, e sulla base di tali presupposti giuridici, la Regione Piemonte intende favorire, tramite le sue politiche, i processi di innovazione didattici al fine di sollecitare le istituzioni scolastiche autonome ad una implementazione della quota flessibile del curricolo coerente con le priorità individuate per una migliore crescita del tessuto sociale ed imprenditoriale, nell'ottica di una piena occupabilità delle giovani generazioni non soltanto in Piemonte, ma ove si prospettino occasioni di lavoro qualificato. La globalizzazione, ma anche la vocazione internazionale della nostra regione, sono infatti sfondi che non possono essere dimenticati.

è ormai riconosciuto, infatti, che lo sviluppo dei sistemi di istruzione e formazione rappresenta una delle chiavi di volta per il raggiungimento degli l'obiettivi della strategia di Lisbona: "fare dell'Europa l'economia basata sulle conoscenze più competitiva e dinamica del mondo".

Sviluppare i sistemi formativi in chiave europea significa anche investire per lo sviluppo delle competenze chiave, fra cui la comunicazione nella madrelingua e nelle lingue straniere, la competenza di base in matematica, scienza e tecnologia come attesta il documento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente.

Si tratta, come è noto, di uno dei cinque obiettivi da raggiungere entro il 2010 per rafforzare l'efficacia e la qualità dei sistemi formativi: gli studenti della nostra Regione, non essendo collocati in posizione particolarmente debole rispetto alle competenze matematico−scientifiche secondo l'ultimo rapporto Ocse−Pisa, possono ambire a raggiungere quei traguardi che li renderebbero più prossimi ai loro coetanei europei ed in tale direzione, secondo la Regione Piemonte, vanno sostenuti.

è necessario ricomporre in una visione integrata saperi tradizionalmente separati nell'ottica che per decenni ha distinto l'area umanistica da quella scientifica in una logica di contrapposizione che ormai non ha più alcuna ragione di essere.

Infine, anche in una prospettiva storica il nostro territorio vanta una lunga tradizione di studi scientifici, ed un correlativo patrimonio documentario e museale, tali da far considerare, anche nell'ottica di avvicinamento agli eventi del 2011, il potenziamento delle competenze scientifiche di base, una opportunità per sottolineare una eccellenza da presentare ad un pubblico internazionale. I tre documenti allegati al presente atto sono da considerare un presupposto scientifico alle affermazioni appena sintetizzate, e ad essi si rinvia per ogni opportuno approfondimento.

L'allegato A evidenzia come, fin dai tempi di Emanuele Filiberto, e fino ad oggi senza una vera soluzione di continuità, Torino e la regione circostante siano stati l'alveo di una eccellente cultura scientifica e tecnologica;

l'allegato B permette di constatare aspetti di debolezza del Piemonte rispetto alle economie più avanzate per quanto riguarda alcuni fattori competitivi cruciali, fra i quali la specializzazione nei servizi ad alta tecnologia, la qualità del capitale umano, la propensione all'innovazione, ben evidenziata dalla stabilizzazione e diminuzioni delle sue produzioni a più elevata tecnologia, con la conseguente necessità di un rilancio delle vocazioni e della capacità di innovazione tecnologica del sistema produttivo regionale come condizione per una ripresa duratura;

infine la sintesi dei dati Pisa Ocse per la nostra regione (Allegato C) sottolinea, fra l'altro, un minor interesse e divertimento degli allievi piemontesi rispetto alla media di altre regioni del nord Italia nell'apprendere le discipline scientifiche.

Se si incrociano i dati relativi agli apprendimenti degli studenti piemontesi nelle materie scientifiche con il loro grado di interesse verso queste discipline si può ipotizzare questa tipologia di interventi:

− utilizzare le nuove tecnologie per fare breccia nella curiosità degli studenti, al fine di coinvolgere e motivare allo studio della scienza coloro che attualmente si dimostrano indifferenti o disinteressati;

− analizzare più a fondo le metodologie didattiche di insegnamento della scienza utilizzate nelle scuole e le risorse messe a disposizione degli studenti per capire quale possa essere un modello di scuola e di partecipazione alle attività didattiche capace di stimolare l'interesse e la passione per la scienza degli studenti e, di conseguenza, innalzare ed arricchire le loro competenze.

Infine non vanno dimenticate alcune ricorrenze significative: il 2009 è individuato come anno della creatività e dell'innovazione da parte dell'Unione Europea; dall'Unesco quale anno dell'astronomia; infine ricorre il centenario di Darwin. Si tratta di ricorrenze e richiami che, al di là degli eventi specifici, richiamano comunque temi di fondamentale interesse scientifico, quale il rapporto fra scienza e tecnologia, la centralità della ricerca e della sperimentazione.

Il processo di federalismo in corso, sia pure fra molte difficoltà ed incertezze, assegna un rinnovato ruolo alle regioni in tema di politiche scolastiche e di diritto allo studio, inteso quest'ultimo non soltanto nella sua dimensione individuale, ma anche in quella collettiva.

Vale la pena sottolineare, in proposito, come la recente Legge Regionale n. 28/2007(Diritto allo studio e alla libera scelta educativa) proponga non soltanto interventi volti a rimuovere le difficoltà personali che si frappongono alla piena fruizione del diritto allo studio, ma anche misure di ampliamento delle opportunità formative rivolte alle componenti collettive della comunità scolastica.

Il processo esplicitato costituzionalmente dal rinnovato art. 117 Cost. trova una sua connotazione specifica, rispetto alla implementazione del curricolo, nel decreto del Ministro dell'istruzione e ricerca del 28 dicembre 2005, richiamato da ultimo nel 2006 nella nota del Ministro dell'istruzione del 22 giugno 2006. Tali testi esplicitano che spetta alle Regioni definire gli indirizzi ai quali le istituzioni autonome possono conformare la quota del 20% di curricolo relativa ad ogni grado di istruzione, anche alla luce delle esigenze e delle opportunità espresse nei vari contesti territoriali.

A tale ultimo proposito va rilevato che le istituzioni scolastiche piemontesi hanno −molto spesso in collaborazione con soggetti del territorio − realizzato già significative esperienze interistituzionali e vantano, quindi, una forte potenzialità per rinnovare e rinsaldare percorsi di innovazione nell'ottica appena richiamata;

La Giunta Regionale promuove quindi per le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, il potenziamento delle competenze scientifiche, quali desunte dal quadro europeo, e cioè "tutte quelle di cui hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e l'occupazione" come area privilegiata rispetto alla quale orientare la quota flessibile del 20% del curricolo dell'autonomia a partire dall'anno scolastico 2009/2010.

Allegato A

La scienza in Piemonte

Il 4 settembre 1506 Erasmo da Rotterdam conseguiva a Torino la laurea in teologia. Ma non era e non sarebbe stata nel segno di una passione umanistica la cifra culturale del Piemonte sabaudo. Fin dai tempi di Emanuele Filiberto, viceversa, e fino ad oggi senza una vera soluzione di continuità, Torino e la regione circostante sarebbero stati l'alveo di una eccellente cultura scientifica e tecnologica. Fin dalla metà del Cinquecento, infatti, l'esigenza di dare corpo e struttura a uno Stato centralizzato consigliò i duchi di Savoia di circondarsi di uomini di scienza che sapessero aiutarli nella ingegneria dei ponti e delle strade, nella costruzione di luoghi fortificati, nella organizzazione delle artiglierie, nella canalizzazione delle acque, nella costruzione di macchine, nella architettura dei nuovi centri urbani e, non ultimo, nell'approfondimento delle conoscenze anatomiche e mediche. A partire dal veneziano Giovanni Battista Benedetti (1530−1590), matematico di vasta dottrina, celebrato anche da Torquato Tasso come studioso di grande valore, continuando con Antonio Busca, architetto militare, gli uomini di scienza si susseguirono fin dal Cinquecento segnando non di rado con il loro nome momenti di assoluta eccellenza: Bartolomeo Cristini, matematico e costruttore di orologi, Barthélemy Souvey, matematico e docente di lingue orientali, il barnabita Redento Baranzano astronomo e corrispondente di Francis Bacon, il cartografo Giovanni Tommaso Borgonio, quindi Guarino Guarini (1624−83), padre teatino, architetto e matematico, e ancora Amedeo di Castellamonte, architetto di corte. Fino al genio di Filippo Juvarra, che avrebbe lasciato segni profondi nel volto di Torino e dei palazzi legati alla storia sabauda. Senza interruzioni, la corte torinese cercò e accolse, in epoca barocca così come nel successivo secolo XVIII, studiosi di vaglia che rinsaldassero l'anima scientifica della cultura piemontese: una cultura votata al fare più che alle speculazioni filosofiche e alle leggiadrie della letteratura.

Ma fu nel corso del Settecento che la vicenda delle scienze in Piemonte prese una piega definitiva, particolare, destinata a segnare la fisionomia di Torino e della regione fino ai giorni nostri. Fu allora, infatti, che dagli insegnamenti della matematica di Girolamo Tagliazzucchi e da quelli di fisica di Giambattista Beccaria sarebbero cresciuti allievi come Gianfrancesco Cigna, Luigi Lagrange e Angelo Saluzzo di Monesiglio che, insieme a Francesco Michelotti, Carlo Antonio Napione e poi Ambrogio Bertrandi, Carlo Allioni e altri avrebbero dato vita nel 1757 alla Società Privata Torinese, focolaio di studi scientifici e di cultura illuministica. Confluiti nell'alveo già tracciato dalle Scuole Teoriche e Pratiche di Artiglieria, nate nel 1739 per iniziativa degli ingegneri militari Francesco Ignazio Bertola e Felice De Vincenti, questi uomini avrebbero consolidato rapporti con la cultura scientifica internazionale, corrispondendo con le più reputate Accademie europee, da Parigi a Berlino, da Stoccolma a Madrid a San Pietroburgo e con personaggi del calibro di Eulero, Buffon, d'Alembert, Haller e Lavoisier, Needham, Spallanzani, Monge, La Place e Condorcet. La loro assidua attività a mezza via fra l'ambito civile e il militare, fra i laboratori delle Scuole di Artiglieria e le aule dell'Università, sarebbe stata la condizione favorevole alla fondazione della Accademia delle Scienze di Torino, ufficialmente riconosciuta da Vittorio Amedeo III nel 1783. E proprio nelle stanze dell'Accademia le esperienze di laboratorio avrebbero maturato la svolta dalla teoria alla pratica: trovando ragioni economiche e sociali per trasformare la scienza in applicazione tecnologica, prefigurando quell'idea di macchinismo industriale che avrebbe dato profonde radici alla manifattura tessile prima e alla metalmeccanica un secolo dopo. L'Ottocento, con le personalità di prima grandezza del fisico Amedeo Avogadro, del matematico Giuseppe Peano e con la grande stagione del positivismo di fine secolo, avrebbe corroborato quella antica vocazione agli studi scientifici, lasciando al Novecento una eredità già cospicua di pensieri e di esperienze. E assicurando una eccellenza politecnica che avrebbe fatto di Torino la capitale del distretto industriale e tecnologico italiano.

Allegato

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