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Bollettino Ufficiale n. 13 del 2 / 04 / 2009


Commissione tributaria provinciale di Cuneo

Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a norma dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Ordinanza n. 85 del 9 luglio 2008, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Cuneo sul ricorso proposto da IN.PRO.MA − Industria produzione mangimi s.r.l. c/ Comune di Ceresole d'Alba ed altra.

FATTO

La s.r.l. IN.PRO.MA, con sede in Ceresole d'Alba, ha tempestivamente impugnato, nei confronti di detto Comune e della s.p.a. G.E.C. − Gestioni Esazioni Convenzionate, l'avviso di accertamento−liquidazione datato 1/3/2007, notificatole il giorno 5 successivo, con il quale la seconda ha ingiunto, per conto del primo, il pagamento della somma di Euro 78.157,50, oltre accessori, quale contributo dovuto al Comune impositore ex art. 16, co. IV, Legge Reg. Piemonte n. 24/2002 come modificata dalla L.R.P. n. 2/2003, per l'anno 2006.

Nel proposto ricorso, datato 2/5/07, la s.r.l. IN.PRO.MA:

− ha riferito che la propria attività imprenditoriale é costituita dalla gestione di un impianto di pretrattamento di scarti animali ad alto rischio ed a rischio specifico di encefalopatia spongiforme, attività che la suddetta norma assoggetta ad un "contributo minimo annuo di 0,25 curo ogni 100 chilogrammi di materiale trattato nell'anno";

− ha rappresentato che l'onere derivante da tal assoggettamento costituisce per la ricorrente un costo significativo che nessuna delle altre imprese esercenti, in Italia, la medesima attività é tenuta a sopportare, essendo operanti al di fuori della Regione Piemonte, unica ad aver stabilito normativamente il "contributo" de quo;

− ha affermato che la pretesa del Comune, concretatasi per l'anno 2006 nella somma di Euro 78.157,50, é illegittima, a motivo dell'illegittimità costituzionale della summenzionata norma impositrice, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione Italiana.

A conforto della denunziata illegittimità, la ricorrente ha sostenuto che il "contributo, tale definito dalla legge piemontese, si pone in realtà come una vera e propria "imposta" ed ha quindi rilevato:

− che il testo novellato dell'art. 119 Cost. legittima le Regioni ad introdurre imposte gravanti sulle attività svolgentesi sul proprio territorio, subordinando peraltro la concreta attività in subjecta materia all'emanazione di norme di principio per il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, norme al momento non ancora approvate;

− che la Regione Piemonte non avrebbe allora potuto, legittimamente, stabilire con legge propria il "contributo" di cui al sovra citato art. 16, co. IV, avendo esso in realtà natura tributaria;

− che, d'altra parte, detta norma impositrice non trova la propria legittimità nella Legge statale n. 549/1995 prevedente tributi in materia di rifiuti, rispetto alla quale Legge risulta anzi nettamente contrastante: ed infatti mentre la Legge statale colpisce finanziariamente il collocamento in discarica e l'incenerimento in quanto comportanti la mera eliminazione dei rifiuti senza recupero di essi in alcuna misura, la Legge regionale colpisce le attività di trattamento di "scarti animali", mercé le quali i medesimi vengono riutilizzati e quindi recuperati;

− che in forza del novellato art. 117 Cost. lo Stato ha potestà legislativa di fissare i principi fondamentali ai quali le Regioni devono sottostare nell'esercizio delle proprie competenze cooperando eventualmente ad una maggior tutela del paesaggio, ma sempre nel rispetto dei principi fondamentali fissati dallo Stato;

− che le finalità dell'istituzione del tributo di cui all'art. 3 Legge (statale) n. 549/1995 sono primariamente di natura ambientale e si concretano nell'intendimento del legislatore di attuare il riutilizzo dei rifiuti, per quanto possibile;

che l'istituzione del "contributo" stabilito dalla Regione Piemonte, colpendo le attività di recupero e cioé quelle palesemente rientranti nelle finalità della Legge statale, si pone come costituzionalmente illegittima, per aver violato l'art. 117, co. II e III, Cost.

La ricorrente, conclusivamente, ha chiesto all'adita Commissione:

− la sospensione del giudizio e la rimessione alla Corte Costituzionale, ex art. 134 Cost. e 23 della L. n. 87/1953, per la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 16, co. IV, Legge Reg.Piemonte n. 24/2002 come modificata dalla Legge Reg. Piemonte n. 2/2003, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione Italiana;

− l'annullamento totale dell'atto impugnato, dopo avvenuta l'auspicata declaratoria di incostituzionalità.

La IN. PRO.MA s.r.l. ha poi presentato istanza ex art. 47 D.Lgs n. 546/1992, datata 31/8/2007, riferendo che la G.E.C. s.p.a. con atto notificato il 25/7/07 le aveva ingiunto di pagare la somma portata dall'avviso di accertamento−liquidazione ut supra impugnato; a sostengo dell'istanza, la ricorrente, evidenziando la (ritenuta) fondatezza della questione di incostituzionalità in cui si é sostanziato il proprio gravame, ha prospettato il pregiudizio irreparabile cui sarebbe andata incontro ove avesse dovuto pagare la suddetta somma.

Nel giudizio, si sono costituite sia la G.E.C. s.p.a. sia il Comune di Ceresole d'Alba.

La prima, rilevando di non aver titolo (quale società di riscossione) a replicare alle doglianze della ricorrente, si é riportata alle difese svolte dal Comune impositore, tuttavia instando per la reiezione del ricorso.

Il secondo, formulando analoga conclusiva istanza, ha opposto al ricorso quanto qui di seguito sinteticamente esposto:

− la ricorrente non ha prospettato alcuna doglianza specificamente concernente l'atto tributario impugnato, ma ha prospettato, quale unico motivo del proposto ricorso, la dedotta incostituzionalità della normativa che ha stabilito il "contributo" de quo;

− in conseguenza di ciò il gravame é inammissibile;

− la dedotta incostituzionalità é insussistente: perché il contributo ha natura corrispettiva, come si evince dalla possibile destinazione di esso, quale risultante dal comma V dell'art. 3 Legge Reg. Piemonte n. 24/2002; perché in ogni caso le Regioni, a tenore del dettato costituzionale, possono istituire un tributo da assoggettarsi ai "principi generali" dell'ordinamento; perché, ancora, é carente l'allegato − dalla ricorrente − impatto di natura ambientale del contributo de quo.

Il Comune convenuto ha pertanto concluso instando per la declaratoria di infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente e per la conseguenziale reiezione del gravame.

Quanto alla richiesta di sospensione dell'esecutività dell'atto impugnato, il Comune convenuto ne ha domandato il rigetto, per asserita insussistenza di entrambi i presupposti ex lege stabiliti (fumus boni juris e periculum in mora).

All'udienza 11/12/07 fissata per la decisione sull'istanza di sospensione ex art. 47 D.Lgs n. 546/1992, la decisione stessa é stata rinviata all'udienza del 12/2/07, unitamente alla assumenda decisione del ricorso nel merito.

A detta ultima udienza, previa ampia discussione ad opera delle parti, la vertenza é stata assunta a decisione dalla Commissione.

DIRITTO

Va preliminarmente rilevato che la denunzia di incostituzionalità in cui si sostanzia, unicamente, il proposto ricorso, si risolve necessariamente in una denunzia di illegittimità dell'atto impugnato in quanto fondato, unicamente, su di una norma contrastante con il dettato costituzionale: il rilievo ora esposto comporta la reiezione delle eccezioni di inammissibilità sollevate da parte resistente, risultando, in forza di esso, che l'impugnazione ha ad oggetto un vizio proprio dell'atto impugnato e che, nel contempo, la denunzia di incostituzionalità − lungi dall'esser fine a se stessa − si pone come strumentale, decisivamente, ai fini della caducazione del medesimo. Ritenuta l'ammissibilità del ricorso, occorre valutarne la fondatezza o meno, ponendosi quindi, ed innanzitutto, questo quesito: quello che l'art. 16, co. IV Legge Reg. Piemonte n. 24/2002 definisce "contributo", imponendone la corresponsione ai soggetti individuati in detta norma, si pone effettivamente come tale, e cioé costituisce la partecipazione ad una spesa che il Comune ha da sostenere in relazione all'attività che detti soggetti svolgono?

A tal quesito ritiene la Commissione di rispondere negativamente, perché non é dato vedere quale servizio o prestazione onerosa il Comune ponga in essere per rendere possibile o favorire o agevolare l'attività relativamente alla quale i soggetti che la svolgono sono tenuti a corrispondere il "contributo" de quo.

Né a far ritenere che si tratti effettivamente di "contributo" pare giovare il richiamo fatto dal Comune convenuto al disposto di cui al co. V del cennato art. 16: detta norma, invero, non individua un servizio o una prestazione per la cui effettuazione risulti giustificata la corresponsione di un "contributo" da parte di chi ne beneficia, svolgendo l'attività cui detti servizio o prestazione ineriscono; piuttosto, detta norma, indica quella che "può essere" una destinazione dell'introito derivante all'ente che percepisce i "contributi", ente che non é peraltro vincolato ad attenersi a tale indicazione e deve comunque determinarsi "previo accordo con i soggetti che versano i contributi".

Va d'altra parte considerato che destinatari (eventuali) di parte del gettito proveniente dai "contributi" sono soggetti diversi da quello che del gettito beneficia: anche questa circostanza, allora, giustifica una risposta negativa al quesito come sopra posto.

In definitiva, siamo in costanza di un onere economico che risulta coattivamente imposto dalla legge, a favore di un ente pubblico ed a carico di un soggetto, per effetto del verificarsi di un presupposto di fatto di rilevanza reddituale, senza che il soggetto gravato abbia richiesto o comunque consegua dall'ente, con riferimento a tal fatto, prestazioni o servizi di sorta.

L'onere economico in questione, impropriamente definito "contributo" dal legislatore regionale, é in realtà una vera e propria imposta (se ne veda la definizione, nei termini ora prospettati, in Enciclopedia del Diritto, Giuffré Ed., voce Imposta, F.Malfezzoni,

pagg. 448,455).

Irrilevante essendo il nomen juris risultante dalla norma, deve a questo punto darsi risposta a questo ulteriore quesito: l'imposizione del tributo (e non "contributo") de quo é stata legittima, tenuto conto del dettato costìtuzionale?

In sede di esegesi dell'art. 119 della Costituzione la Corte Costituzionale ha affermato che l'attuazione del disegno emergente da detta norma "richiede ... come necessaria premessa l'intervento del legislatore statale, il quale, al fine di coordinare l'insieme della finanza pubblica dovrà non solo fissare i principi cui i legislatori regionali dovranno attenersi ma anche determinare le grandi linee dell'intero sistema tributario, e definire gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva, rispettivamente di Stato, Regioni ed enti locali".

Questo assunto si legge nella motivazione della decisione n. 37 del 26.1.2004 ed é testualmente riproposto nella decisione n. 372 del 2/12/2004, ove peraltro si fa cenno ad una possibile "inerzia del legislatore statale" nell'approntamento della normativa "quadro" , "inerzia che legittimerebbe − par di capire − l'istituzione tributi, da parte del legislatore regionale, a condizione che il medesimo si attenga ai principi fondamentali "comunque desumibili dall'ordinamento".

Una tal possibilità rende, all'evidenza, estremamente opinabile l'attività istitutiva tributaria del legislatore regionale, perché é per certo problematico e tutt'altro che agevole accertare se e quali "principi fondamentali" il medesimo abbia avuti presenti, attenendovisi, nell'esercizio di detta attività istitutiva.

Questa Commissione, preso atto che − com'é pacifico − al momento in cui venne istituito il "contributo" (rectius: tributo) per cui é vertenza non esisteva la normativa "quadro" cui hanno fatto espresso riferimento le due decisioni qui sopra menzionate, non individua "principi fondamentali dell'ordinamento" ai quali possa essere puntualmente ricondotta l'istituzione del ridetto "contributo". Sia la ricorrente sia il Comune convenuto richiamano la normativa che ha stabilito il "tributo speciale" in materia di rifiuti, e cioé la Legge statale, n. 549/1995 ed il Comune sostiene che proprio in detta normativa si rinvengono i "principi fondamentali" alla luce dei quali il "contributo" de quo risulta legittimamente istituito dal legislatore regionale.

Anche ad ammettere che alla materia nel cui ambito é avvenuta tale istituzione possano correttamente applicarsi, quanto a genesi normativa, i "principi fondamentali" rinvenibili nella Legge n. 549/1995, non pare proprio che essi siano in sintonia con l'istituzione del "contributo" per cui é vertenza.

Si consideri, invero, che a tenore dell'art. 3, co. 24, 25, 26, 28 di detta legge:

− il "tributo speciale" é stato istituito "al fine di favorire la minore produzione di rifiuti e recupero dagli stessi di materia prima ed energia";

− "la base imponibile é costituita dalla quantità dei rifiuti conferiti in discarica";

− l'imposta grava, in definitiva, su colui che effettua il conferimento ed in misura commisurata all'entità di esso.

Se questi sono i "principi fondamentali", con riferimento ai quali − senza meno − é avvenuta l'istituzione del "tributo speciale" di cui alla Legge statale n. 549/1995, deve escludersi che in essi possa aver trovato ragione l'istituzione del "contributo" di cui all'art. 16, co. IV, della Legge Reg. Piemonte n. 24/2002.

I soggetti passivi del "contributo" (rectius: imposta) sono i gestori degli impianti indicati in detto co. IV l'attività dei quali si concreta nel trattamento e nel riutilizzo di rifiuti, in particolare "scarti animali": sono dunque colpiti dall'imposta soggetti che oggettivamente favoriscono una minore produzione di rifiuti ed il recupero degli stessi e tendono quindi a quel risultato per la cui incentivazione risulta istituito expressis verbis il "tributo speciale" di cui alla Legge statale n. 549/1995; correlativamente, é evidente che i principi ispiratori di questo "tributo speciale" sono incompatibili con l'istituzione del "contributo" (rectius: tributo) per cui é vertenza.

In definitiva, ad avviso di questa Commissione, la questione di costituzionalità prospettata dalla ricorrente non risulta manifestamente infondata, per avere la Regione Piemonte stabilito un'imposta in violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione della Repubblica Italiana, non trovando tale imposta l'imprescindibile supporto né nei non emanati principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario né in altri principi fondamentali, comunque desumibili dall'ordinamento, che risultino idonei a legittimare l'istituzione del tributo de quo.

Quanto all'istanza di sospensione ex art. 47 D.Lgs n. 546/1992, nel caso di specie é riscontrabile innanzitutto il requisito del fumus boni juris, a motivo della ritenuta − ut supra − violazione del dettato costituzionale, la quale, ove effettivamente sussistente, renderebbe illegittima l'imposizione di cui all'atto impugnato; quanto al periculum in mora, esso pure pare configurarsi in considerazione della rilevante entità del credito del Comune, il cui realizzo potrebbe condurre ad una gravosissima incidenza patrimoniale, con possibile compromissione della stessa attività imprenditoriale della ricorrente.

PQM

La Commissione, visti gli artt. 134 Cost. e 23 Legge n. 87/1953, visto altresì l'art. 47 del D.Lgs n. 546 del 31/12/1992:

− ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla ricorrente, concernente l'art. 16, comma 4, della Legge Regionale Piemonte n. 24 del 24/10/2002, per aver tal norma stabilito un'imposta, peraltro definita "contributo», in violazione dell'art. 117 e dell'art. 119, comma 2, della Costituzione della Repubblica Italiana;

− sospende il presente procedimento non potendo questo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della ridetta questione di legittimità costituzionale, che la Commissione formalmente solleva;

− ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale in Roma, per la decisione in ordine alla sollevata questione;

− sospende l'esecuzione dell'atto impugnato;

− ordina che la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa nonché al Presidente della Giunta della Regione Piemonte.