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Bollettino Ufficiale n. 32 del 7 / 08 / 2008

Deliberazione della Giunta Regionale 21 luglio 2008, n. 23-9242

Integrazione alla deliberazione della Giunta Regionale 14 aprile 2008 n. 23-8585 di approvazione delle Linee guida per la verifica del fabbisogno irriguo, la revisione delle concessioni e il calcolo dei riparti in condizioni di magra.

A relazione dell’Assessore De Ruggiero:

Premesso:

che in data 14 aprile 2008 con deliberazione n. 23-8585 la Giunta regionale ha approvato, quali disposizioni di attuazione del Piano regionale di Tutela delle acque, le “Linee guida per la verifica del fabbisogno irriguo, la revisione delle concessioni e il calcolo dei riparti in condizioni di magra” e i relativi allegati tecnici predisposti sia in forma cartacea che informatizzata su CD ROM;

che la predetta deliberazione della Giunta regionale e i cospicui allegati tecnici sono stati pubblicati sul Supplemento al numero 18 del Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte in data 30 aprile 2008.

Considerato che per mero errore materiale non è stato allegato alla citata deliberazione e conseguentemente approvato il testo delle Linee guida, ma unicamente gli allegati tecnici ad esse collegati;

ribadito che la Conferenza regionale delle Risorse idriche, di cui alla Legge regionale 13/1997, nella seduta del 12 marzo 2008, aveva espresso parere favorevole sulla bozza di “Linee guida per la verifica del fabbisogno irriguo, la revisione delle concessioni e il calcolo dei riparti in condizioni di magra” e relativi allegati tecnici;

considerata la necessità di integrare la D.G.R. n. 23-8585 del 14 aprile 2008, approvando il testo delle predette Linee guida allegate alla presente deliberazione per costituirne parte integrante;

visto l’articolo 10 lettera a) del Piano Regionale di Tutela delle acque approvato dal Consiglio regionale con deliberazione del 13 marzo 2007 n. 117-10731;

la Giunta regionale, a voti unanimi,

delibera

di approvare per le motivazioni riportate in premessa, quali disposizioni di attuazione del Piano di Tutela delle acque, le “Linee guida per la verifica del fabbisogno irriguo, la revisione delle concessioni e il calcolo dei riparti in condizioni di magra” che costituiscono parte integrante della presente deliberazione.

La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi degli articoli 27 e 61 dello Statuto e degli articoli 11 e 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.

(omissis)

Allegato

Linee guida per la verifica del fabbisogno irriguo, la revisione delle concessioni e il calcolo dei riparti in condizioni di magra in attuazione del Piano di tutela delle acque (D.C.R. n. 117 - 10731 del 13 marzo 2007)

Premessa

Il quadro normativo di riferimento

Campo d’applicazione

A) VERIFICA DEL FABBISOGNO IRRIGUO

Superfici e loro definizioni

Superficie irrigabile, precisazioni

Superficie irrigata consortile convenzionale

Fabbisogni irrigui netti e lordi.

Quantificazione della portata massima e media concedibile

Modulazione della portata derivabile durante l’anno

Ricalcolo annuale del fabbisogno irriguo lordo

Ampliamento dell’irrigazione

B) REVISIONE DELLE CONCESSIONI

Attivazione della procedura di revisione delle concessioni per asta fluviale 11

Modificabilità della portata di concessione durante il periodo di validità della stessa

C) RIPARTI DELL’ACQUA IN CONDIZIONI DI MAGRA ORDINARIA

Criteri e modalità di riparto dell’acqua

Fabbisogni irrigui da computare ai fini delle politiche di riequilibrio del bilancio idrico

Disposizione finale


Gli allegati sono stati pubblicati sul supplemento del Bollettino Ufficiale della Regione numero 18 del 30 Aprile 2008 (pag. 13 - 116).


Premessa

Il territorio della Regione Piemonte presenta un’elevata variabilità climatica, sia sul piano spaziale sia dal punto di vista temporale; in particolare, le precipitazioni non sono uniformemente distribuite nel corso dell’anno e normalmente scarseggiano durante il periodo estivo, quando i fabbisogni delle colture irrigue sono maggiori.

L’irrigazione rappresenta perciò un fattore di produzione indispensabile, in molte zone, per garantire e stabilizzare un adeguato livello produttivo delle colture a ciclo estivo e per consentire la specializzazione delle coltivazioni.

In Piemonte, così come in Italia e nel mondo in genere, il settore agricolo è pertanto stato e continua ad essere il principale utilizzatore d’acqua dolce, incidendo, nella nostra regione, per circa i tre quarti della complessiva pressione antropica sul reticolo idrografico superficiale.

Negli ultimi cinquant’anni si sono verificate, con frequenza sempre maggiore, gravi situazioni di squilibrio di bilancio idrico a carico di numerosi bacini idrografici piemontesi, con drastiche riduzioni dei volumi fluenti negli alvei, fino ad arrivare alla scomparsa del filone della corrente per lunghi tratti e alla contemporanea sofferenza dell’utenza irrigua che non riesce a prelevare i volumi indispensabili per il soddisfacimento dei propri fabbisogni, anche quando sensibilmente inferiori al titolo di concessione.

Le criticità sono sempre più ricorrenti a causa della diminuzione dei deflussi nel periodo estivo, dovuti alla scarsità di precipitazioni ed alla riduzione dell’accumulo nevoso in quota e della contestuale introduzione negli ordinamenti aziendali di colture con maggiori idroesigenze nel trimestre estivo.

Tra le azioni che concorrono al riequilibrio del bilancio idrico, il Piano di Tutela delle Acque, di seguito detto per brevità PTA, ha individuato come prioritario il rinnovo delle concessioni in scadenza, ovvero la revisione di quelle con titolo valido, al fine di aggiornare i diritti di prelievo alle effettive idroesigenze attuali, da un lato, e di identificare, dall’altro, i deficit idrici da affrontare e superare con gli strumenti previsti dal piano medesimo.

L’auspicabile futura piena integrazione nella politica agricola comunitaria dei principi d’uso sostenibile delle risorse naturali, ivi compresa l’acqua, concorrerà a costituire la cornice entro la quale sviluppare un’azione di riequilibrio del bilancio idrico efficace e sostenibile.

Il quadro normativo di riferimento

L’articolo 28 del R. D 11 dicembre 1933 n. 1775, vigente al momento in cui furono presentate le originarie istanze di rinnovo delle grandi derivazioni irrigue, non più applicabile nell’ordinamento regionale con l’entrata in vigore dell’articolo 30 del Regolamento regionale 29 luglio 2003 n. 10/R, affermava testualmente che “ove non ostino ragioni superiori di pubblico interesse la concessione è rinnovata con le modificazioni che si rendono necessarie per le variate condizioni dei luoghi e del corso d’acqua”.

Il concessionario, quindi, era tenuto ad allegare all’istanza di rinnovo presentata alla Pubblica Amministrazione tutte le informazioni necessarie per descrivere la consistenza della derivazione al momento del rinnovo, includendo le eventuali modifiche intervenute nell’estensione e localizzazione delle superfici irrigue.

L’articolo 96 comma 3 del Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, nel sostituire l’articolo 12 bis del R.D. 1775/1933, ha stabilito che la concessione è rilasciata se non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corpo d’acqua interessato, garantisce il rilascio del minimo deflusso vitale e l’equilibrio del bilancio idrico.

Il medesimo articolo ha integrato l’articolo 21 del R.D. 1775/1933 per quanto riguarda la quantificazione della portata da concedere alle derivazioni ad uso irriguo, stabilendo espressamente che occorre “tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità d’irrigazione”.

Il regolamento regionale del 29 luglio 2003 n. 10/R all’articolo 18 comma 2 nello stabilire i criteri per il rilascio, ovvero il rinnovo, delle concessioni prevede che il diritto al prelievo venga determinato considerando la più razionale utilizzazione delle risorse idriche, nonché in relazione:

* alla commisurazione della quantità d’acqua concessa ai reali fabbisogni dell’utente, in base ai fabbisogni delle colture presenti stimati sulla base delle metodologia di calcolo regionale, tenuto conto del livello di soddisfacimento del medesimo in relazione ad un adeguato tempo di ritorno ed evitando ogni spreco;

* alle effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all’uso;

* alle caratteristiche qualitative e quantitative del corpo idrico;

* alla garanzia del mantenimento o del raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per i corpi idrici interessati, nonché del minimo deflusso vitale.

L’articolo 30 del medesimo regolamento, con riferimento alle istanze di rinnovo della concessione, dispone che l’ufficio istruttore debba verificare l’effettivo fabbisogno idrico in funzione delle modifiche dell’estensione della superficie da irrigare, dei tipi di colture praticate anche a rotazione, dei relativi consumi medi e dei metodi d’irrigazione adottati.

Il Piano regionale di Tutela delle Acque (PTA) approvato dal Consiglio regionale il 13 marzo 2007 definisce le norme e le azioni necessarie per riqualificare i corpi idrici piemontesi al fine di consentirne la loro corretta utilizzazione contemperando gli interessi economici e sociali con la tutela del loro elevato valore ambientale.

Tra le azioni che il PTA promuove per riequilibrare il bilancio idrico attraverso la revisione dei titoli di concessione dei prelievi a scopo irriguo effettuata contestualmente nell’ambito di ciascun bacino idrografico assume particolare rilevanza la verifica degli effettivi fabbisogni irrigui e la valutazione dell’efficienza del trasporto e la distribuzione dell’acqua captata mediante metodologie e criteri omogenei sull’intero territorio regionale.

La politica agraria dell’Unione Europea, che influisce in maniera significativa sulle scelte colturali degli imprenditori agricoli, non ha fino ad ora incluso le azioni finalizzate alla salvaguardia e alla tutela dell’ambiente; ad esempio l’articolo 87 del Trattato dell’Unione Europea non consente agli Stati membri di incentivare, sostenendola economicamente, l’introduzione di colture scarsamente idroesigenti, nemmeno in areali caratterizzati da una progressiva ridotta disponibilità di approvvigionamento irriguo.

Il Regolamento Comunitario 1782/2003, dal canto suo, eliminando gran parte dei contributi legati agli orientamenti colturali, ha, di fatto, liberalizzato le scelte degli agricoltori, che vengono dettate dalla domanda del “mercato” e dalla disponibilità dei fattori di produzione, tra i quali l’accesso, a costi sostenibili, a adeguati volumi d’acqua per l’irrigazione.

Campo d’applicazione

Le presenti linee guida in attuazione del PTA e del Regolamento regionale 10/R del 29 luglio 2003 costituiscono criteri di riferimento per la verifica del fabbisogno irriguo, la revisione delle concessioni e il calcolo dei riparti i condizioni di magra per le derivazioni ricadenti nel territorio piemontese, ad eccezione del comprensorio risicolo del Piemonte nord - orientale che si alimenta con le acque del Po, della Dora Baltea, del Sesia, del Ticino e del reticolo idrografico minore dell’areale nel quale non sono immediatamente applicabili.

Il modello per il calcolo del fabbisogno idrico a livello comprensoriale proposto non riesce, infatti, a cogliere e interpretare i complessi fenomeni idraulici (connessione reticolo superficiale - falda, emergenze idriche dei fontanili) che condizionano i volumi complessivi di prelievo irriguo.

A) VERIFICA DEL FABBISOGNO IRRIGUO

Ai fini della verifica del fabbisogno irriguo consortile netto e lordo, l’Autorità concedente utilizza la metodologia allegata alle presenti linee guida.

Il concessionario può comunque validamente documentare il proprio fabbisogno utilizzando informazioni sulle caratteristiche dei terreni e sulle condizioni meteo climatiche dedotte da misure dirette o da elaborazioni di carte tematiche di maggiore dettaglio e attualità rispetto a quelle utilizzate dal metodo regionale.

Condizioni necessarie, affinché tali elaborazioni siano considerate valide e vengano utilizzate ai fini della quantificazione del titolo di prelievo, sono l’accuratezza dei dati d’ingresso, la correttezza e documentabilità delle eventuali misure effettuate dall’utente.

Superfici e loro definizioni

La “superficie topografica consortile” è l’area complessiva, agraria e non (ad esempio gli edifici rurali e le strade interpoderali, etc), ricadente all’interno del perimetro servito dal consorzio irriguo.

La “superficie irrigabile consortile”, intesa come la frazione della superficie topografica sulla quale è possibile praticare l’irrigazione, è la superficie sulla quale, grazie alla rete consortile di trasporto e distribuzione, è possibile consegnare l’acqua irrigua derivata, ovvero utilizzare “colature” provenienti da terreni del medesimo Consorzio o di altri Consorzi ubicati a monte.

La “superficie irrigata consortile” è quella parte di superficie irrigabile su cui in un determinato anno si pratica l’irrigazione; la sua estensione può teoricamente variare da zero, corrispondente all’anno in cui non si coltivassero colture idroesigenti, fino alla totalità dell’area irrigabile allorquando su tutte le superfici potenzialmente irrigabili fossero presenti colture che necessitano di apporti integrativi d’acqua per il loro ciclo produttivo.

La “superficie irrigata consortile convenzionale” è rapportata alla massima estensione raggiunta dall’irrigazione anteriormente all’annata agraria 2006 dalle colture ordinariamente irrigue, nel semestre estivo, salvo quanto precisato in seguito e comunque non superiore all’80% della superficie irrigabile.

Il regolamento regionale del 29 luglio 2003 n. 10/R pone in capo all’utente l’obbligo di specificare la superficie irrigabile e le tipologie di colture praticate con la relativa estensione, nonché di allegare la rappresentazione di tali entità su un estratto della CTR in scala 1:10.000, oltre che sul cosiddetto “catastino”.

Superficie irrigabile, precisazioni

Al momento dell’adozione del titolo di concessione si dovrà fare riferimento alle sole superfici irrigabili attuali, al netto delle aree interessate dai fenomeni di urbanizzazione o infrastrutturazione o comunque da interventi che rendono impossibile la pratica dell’attività agricola.

Non concorrono, di norma, alla quantificazione della “superficie irrigabile consortile” le particelle che dal Catasto terreni sono state iscritte al Catasto edilizio urbano, mentre potrà essere attribuita una competenza idrica residuale all’utenza residenziale con verde privato.

Nei casi in cui si valuti possibile che l’utenza residenziale si doti di sistemi alternativi di alimentazione quali cisterne d’accumulo d’acqua piovana da utilizzarsi per soddisfare il fabbisogno idrico dell’area verde secondo le previsioni del comma 4 lettera b) dell’articolo 42 del PTA, tale competenza residuale dovrà essere assegnata per un tempo limitato.

L’Amministrazione concedente verifica la reale estensione delle superfici irrigabili nei comprensori agrari in cui vi sono state recenti importanti interventi di infrastutturazione e di urbanizzazione.

Superficie irrigata consortile convenzionale

La portata massima di concessione è determinata dall’Autorità concedente in relazione alla “superficie irrigata consortile” ed ai fabbisogni lordi comprensoriali del “mese di punta” aventi frequenza di superamento del 20%, resi congruenti alle disponibilità idriche.

Nel caso di Consorzi che, per la ricorrente mancanza di risorsa rispetto al titolo di prelievo a suo tempo riconosciuto, non hanno potuto finora utilizzare pienamente le potenzialità del proprio territorio, tale superficie potrà essere stimata in coerenza con le previsioni del Piano di Sviluppo Rurale (PSR) a prescindere dal predetto limite, tenendo conto dei necessari avvicendamenti colturali.

Il Consorzio, nel corso del procedimento istruttorio, ha comunque la facoltà di puntualizzare e aggiornare, alla luce delle presenti linee guida, le informazioni già fornite in merito alla superficie irrigata, producendo integrazioni documentali in coerenza con quanto previsto dal regolamento 10/R del 2003.

L’assunzione del limite convenzionale dell’80% della superficie irrigabile tiene conto di un’ordinaria rotazione agronomica su circa un quinto dei terreni delle singole aziende agricole consorziate, finalizzata alla salvaguardia della fertilità dei terreni agrari, della razionalizzazione della forza lavoro impiegata e dell’ottimizzazione dei fattori di produzione aziendali.

Le superfici destinate a colture poliennali irrigue, quali i frutteti, i pioppeti e i prati stabili, in quanto non suscettibili di rotazione, sono conteggiate integralmente come superfici irrigate.

Per quanto riguarda il riparto colturale, si farà riferimento a quello che, sulla superficie irrigata dichiarata, ha visto la prevalenza di ordinamenti maggiormente idroesigenti prima del 30 giugno 2006.

Il titolare della derivazione potrà quindi integrare la documentazione presentata ai sensi del regolamento 10/R del 2003, al fine di:

* specificare eventuali ampliamenti della “superficie irrigabile consortile” intervenuti dopo il 30 giugno 2006;

* specificare la consistenza della massima estensione assunta nelle annate agrarie trascorse dalla superficie irrigata e motivare la previsione di un suo ampliamento futuro, fermo restando il limite indicato dalle presenti linee guida ai fini della valutazione della “superficie irrigata consortile convenzionale”;

* specificare, ove non lo avesse già fatto, la distribuzione percentuale delle differenti colture idroesigenti (mais, prato, frutteti, ortive coltivate in pieno campo, soia, riso, etc.) nell’ambito degli ordinamenti consortili.

Le informazioni prodotte dall’utente potranno essere verificate dall’Autorità concedente in conformità ad un congruo numero d’anni di dati provenienti dalle dichiarazioni rese dalle aziende che aderiscono ai programmi della Politica Agraria dell’Unione Europea (PAC). A fronte di eventuali rilevanti scostamenti rispetto al dato dichiarato, l’Autorità concedente potrà chiedere spiegazioni al Consorzio e procedere ad una revisione del titolo, laddove gli scostamenti non siano imputabili a fattori congiunturali di breve periodo.

Nei bacini caratterizzati da rilevanti squilibri del loro bilancio idrico, la portata massima di concessione quantificata a partire dalla “superficie irrigata consortile” non potrà di norma superare la portata massima stabilita in passato, salvo che il concessionario documenti:

* una sostanziale modifica dell’ordinamento colturale che ha portato all’introduzione di colture più idroesigenti, oppure di colture che presentano picchi di consumo in corrispondenza a fasi critiche del loro ciclo colturale;

* un incremento della superficie irrigabile.

Entrambe le modifiche devono risultare anteriori al 30 giugno 2006. Nel definire il fabbisogno lordo relativo ad eventuali modificazioni delle predette entità successive a tale data, l’Autorità concedente procederà nel modo previsto per le nuove derivazioni.

Fabbisogni irrigui netti e lordi.

Come premesso nell’inquadramento normativo, l’articolo 96 del D. Lgs. 152/2006 ha introdotto due nuovi vincoli per la quantificazione del volume d’acqua concedibile rapportandolo rispettivamente:

* all’ordinamento colturale in funzione della disponibilità della risorsa idrica;

* alla quantità minima necessaria alla coltura stessa.

Per la determinazione delle portate di concessione, tuttavia si ritiene al fine di evitare impatti insostenibili sull’attività agricola e in coerenza con le previsioni del PSR, che la compatibilità con le risorse disponibili per ciascun’asta fluviale, possa essere verificata secondo i criteri esposti nel successivo paragrafo.

Ai fini della quantificazione della portata concedibile, non sono considerate irrigate particelle agrarie su cui si coltiva il frumento o investite a vigneto; il frumento, infatti, non viene tradizionalmente irrigato neppure nell’Italia meridionale.

Con riferimento alla vite si rileva, da un lato, la scarsa diffusione dei vigneti nelle aree di pianura piemontesi e, dall’altro, il fatto che i disciplinari di produzione delle Denominazioni d’origine controllata vietano il ricorso all’irrigazione, che induce alte produzioni a scapito della qualità del prodotto.

I fabbisogni lordi comprensoriali sono le quantità d’acqua irrigua che, al lordo di tutte le perdite, è necessario approvvigionare per garantire alle colture irrigue presenti nel comprensorio un adeguato livello del flusso traspirativo e quindi della fotosintesi e della produzione.

Il soddisfacimento dei fabbisogni lordi comprensoriali di valore medio garantisce statisticamente quanto sopra un anno su due, mentre l’analogo soddisfacimento dei fabbisogni con frequenza di superamento del 20% fornisce analoga garanzia quattro anni su cinque. Non è sostenibile sotto l’aspetto ambientale, né dal punto di vista economico, individuare quantitativi d’acqua concedibili in grado di coprire completamente i fabbisogni anche nelle condizioni in assoluto più sfavorevoli.

I valori dei fabbisogni sono determinabili mediante l’impiego della metodologia di calcolo, a valenza regionale, costituita dal software “Quant4" e dalle ”Carte tematiche" dei fabbisogni netti parcellari allegati alle presenti linee guida.

La metodologia consente di tenere conto della variabilità dei fabbisogni delle colture, delle perdite che occorrono durante le fasi di trasporto e distribuzione dell’acqua irrigua, nonché delle perdite connesse con le operazioni di adacquamento.

Il procedimento messo a punto consente poi di valutare in modo semplice ed in tempi brevi come, in un dato comprensorio, i fabbisogni irrigui lordi ed i collegati prelievi variano per effetto delle modifiche negli indirizzi produttivi, nei metodi irrigui, nei sistemi di trasporto e consegna. Ciò permette di indirizzare oculatamente le scelte degli imprenditori e gli interventi pubblici nel campo della corretta utilizzazione e gestione della risorsa acqua.

L’algoritmo utilizzato per la costruzione delle carte tematiche presenta un percorso avente verso opposto rispetto al cammino compiuto dall’acqua irrigua a partire dalla fonte di approvvigionamento. Sinteticamente si può ricordare che la fase iniziale ha comportato la formulazione di bilanci idrici mensili concatenati relativi alla parcella irrigua, condotti con riferimento a diverse colture e per una lunga serie d’anni, al fine di tenere conto della variabilità climatica. In base ai risultati dei bilanci sono stati quindi definiti i fabbisogni netti parcellari di valore medio e quelli aventi frequenza di superamento del 20%.

La metodologia di calcolo, valida per tutto il territorio di pianura e di collina della Regione Piemonte, ad eccezione dell’areale risicolo del Piemonte nord-orientale, è stata messa a punto per un agevole ed oggettivo impiego da parte dei tecnici. Queste assunzioni hanno comportato l’adozione di alcune semplificazioni apportatrici di limitazioni nella precisione dei risultati.

È quindi logico considerare a parte le situazioni particolari di specifici consorzi, quali:

1) le caratteristiche del canale adduttore (sviluppo particolarmente lungo, cattivo stato dei rivestimenti, particolari condizioni locali);

2) la percentuale della superficie irrigata rispetto a quella topografica del Consorzio: l’urbanizzazione e l’infrastrutturazione del territorio, infatti, potrebbero avere determinato la disposizione a “macchia di leopardo” delle aree irrigue consortili con conseguenti gravi perdite d’efficienza nel trasporto e distribuzione dei corpi d’acqua derivati;

3) i turni e gli orari per la distribuzione dell’acqua agli utenti consorziati, che in alcune realtà consortili non vengono stabiliti, ma lasciati alla discrezionalità dei singoli utilizzatori;

4) la presenza di colture poliennali cui deve essere prioritariamente garantito il soddisfacimento del fabbisogno irriguo;

5) le modalità seguite nel dimensionamento del quantitativo d’acqua destinato al singolo utente che frequentemente risultano essere:

* una prefissata portata definita, nella maggior parte dei casi, da un “antico diritto”;

* un prefissato numero di “ore d’acqua”;

* un quantitativo che varia in funzione della superficie denunciata come irrigabile o irrigata (indipendentemente dalle colture praticate).

Considerando in modo adeguato quanto sopra, l’Autorità concedente potrà tenere conto della difficoltà che i Consorzi incontrano nel riorganizzarsi in tempi rapidi aumentando, in via provvisoria e in ogni caso per un periodo non superiore ai cinque anni, i valori del fabbisogno irriguo lordo derivanti dal calcolo fino ad un massimo del 10%.

Al fine di evitare che l’assegnazione di una portata maggiore ai Consorzi meno strutturati e organizzati rispetto a quelli in cui si registra una più efficiente gestione dell’acqua derivata si traduca - di fatto - in un premio, se non addirittura in un incentivo all’inefficienza e allo spreco della risorsa, è opportuno vincolare la temporanea maggiorazione del diritto di prelievo all’impegno del Consorzio a superare le attuali sfavorevoli situazioni gestionali, mentre quelle strutturali dovranno trovare soluzione nell’ambito dell’applicazione delle misure previste dalla L. R. 21/1999 e dal PTA.

In presenza di comprensori di limitata estensione, nei quali il fabbisogno lordo risulta inferiore alla portata minima necessaria per il regolare funzionamento delle reti a pelo libero, l’Autorità concedente potrà assegnare portate massime di prelievo più elevate, stabilendo contestualmente un’opportuna turnazione del prelievo in modo che il volume complessivamente prelevabile non ecceda quello stimato necessario.

I disciplinari di concessione di derivazione relativi ad utenze alle quali è stata riconosciuta un’efficienza d’uso dell’acqua particolarmente bassa, devono contenere anche un valore guida della portata massima prelevabile, da raggiungere in un congruo numero d’anni, stabilito dall’Autorità concedente in conformità ad interventi identificati necessari e concordati con il Consorzio durante il procedimento istruttorio. L’effettiva rimodulazione del diritto sarà effettuata a valle della realizzazione degli interventi ritenuti necessari e previa verifica della loro efficacia.

Nel quantificare il diritto di prelievo da corpo idrico superficiale l’Autorità concedente tiene conto delle eventuali disponibilità d’acque di risorgive e di colatura.

L’eventuale disponibilità d’acque sotterranee captabili da pozzi consortili, di norma, è invece da considerare solo in funzione d’integrazione delle risorse idriche superficiali laddove queste ultime siano scarse e pertanto, nel definire le portate massime concedibili dai corsi d’acqua superficiali, si potrà prescindere da tali fonti.

L’estrazione d’acqua dalla falda infatti, salvo casi particolari, è attivata in funzione di soccorso e comporta per il gestore un elevato onere economico connesso principalmente con il costo dell’energia impiegata per il sollevamento.

Nel caso di regolazione dei prelievi dai corsi d’acqua superficiali, in applicazione del principio d’uso solidale delle risorse, le acque prelevabili attraverso i pozzi consortili e quelli privati allacciabili alla rete consortile, previe opportune intese con i titolari, dovrebbero essere conteggiate tra le risorse disponibili e quindi valorizzate al momento dell’applicazione della riduzione dei prelievi medesimi dai corpi idrici superficiali in modo da ripartire con equità tutte le risorse disponibili.

A tale fine dovranno essere individuate opportune modalità per il riparto solidale dei costi di sollevamento dell’acqua tra tutti coloro che beneficiano, in modo diretto o indiretto, dell’attivazione delle risorse sotterranee, riparto cui potrebbero concorrere i Consorzi di secondo grado istituiti ai sensi della L. R. 21/1999.

Quantificazione della portata massima e media concedibile

Quantificati i fabbisogni irrigui nel modo innanzi illustrato, l’Autorità concedente ne verifica la congruenza con le risorse disponibili.

A tale fine i fabbisogni lordi, potenzialmente da soddisfare mediante prelievi da acque superficiali, vengono quantificati al netto dei volumi idrici apportati da fontanili e risorgive.

In assenza di significative capacità di regolazione la somma delle portate massime concedibili non potrà comunque superare la portata media mensile del corso d’acqua alimentatore, al netto del deflusso minimo vitale (DMV) di cui al regolamento 8/R del 17 luglio 2007 e degli eventuali prelievi potabili, calcolata con riferimento all’anno idrologico medio.

La differenza tra la somma dei fabbisogni lordi e la somma delle portate massime concedibili, espressi in volumi, è un indicatore del deficit idrico a carico dell’utenza irrigua fronteggiabile mediante un temporaneo e limitato impiego delle risorse sotterranee e, ove queste non siano sufficienti, mediante una rimodulazione stagionale dei deflussi.

Considerato che i deflussi naturali durante la stagione irrigua presentano spesso valori significativamente inferiori alla portata media mensile dell’anno idrologico medio, ne consegue che per una parte del periodo irriguo le portate effettivamente derivabili dai corpi idrici superficiali saranno comunque di norma inferiori alla portata massima concessa. Di tale circostanza si dovrà tener conto nel quantificare la portata media di concessione sulla base della quale è quantificato il canone demaniale di concessione.

In presenza di capacità di regolazione di adeguate dimensioni i volumi idrici assegnabili alle utenze agricole potranno essere ricalcolati, fermo restando in ogni caso la necessaria congruenza con il volume di deflusso naturale del corpo idrico superficiali nel semestre irriguo riferito all’anno idrologico medio, al netto del deflusso minimo vitale, e degli eventuali prelievi potabili in atto o programmati per il futuro.

Nelle more del completamento delle azioni finalizzate al riequilibrio del bilancio idrico, è auspicabile che i riparti colturali vengano rapportati alle risorse idriche effettivamente disponibili, al fine di evitare ricorrenti perdite di raccolti.

Modulazione della portata derivabile durante l’anno

Finora i decreti di concessione e i disciplinari che regolano le modalità d’esercizio delle concessioni di derivazione irrigue specificavano:

* la portata massima di prelievo e la portata media, quest’ultima con un valore prettamente “fiscale” trattandosi del dato in base al quale viene determinato il canone demaniale. In taluni casi oltre al prelievo nel periodo estivo si specificava anche il prelievo nel periodo “jemale” (corrispondente ai mesi invernali nei quali un tempo si praticava la “marcita”). Il prelievo invernale in taluni casi è funzionale alla presenza di scarichi regolarmente autorizzati ovvero ad utilizzazioni a scopo produttivo, civile e domestico;

* la durata dell’esercizio della derivazione irrigua, generalmente corrispondente al periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 settembre, ancorché sussistano periodi diversi.

D’ora innanzi, in occasione del rinnovo, regolarizzazione o revisione dei titoli, dovranno essere specificate le portate massime derivabili per ciascun periodo dell’anno.

Si osserva infatti che nella stagione irrigua il fabbisogno delle colture non è costante, ma varia sensibilmente nel tempo in relazione all’andamento climatico ed allo stadio vegetativo delle colture medesime, con particolare riferimento agli stadi fenologici critici nei quali il mancato soddisfacimento dei fabbisogni irrigui può causare il “fallimento economico” della coltivazione (ad esempio le fasi critiche della fioritura nel mais, fioritura e allegagione nelle colture arboree da frutto).

Il fabbisogno d’acqua irrigua più elevato delle colture maggiormente idroesigenti, ad eccezione del riso in sommersione permanente, è di norma massimo nel periodo 15 giugno - 15 agosto, mentre risulta ridotto, anche di molto, nei restanti mesi.

Rapportare i prelievi alla variazione dei fabbisogni durante la stagione irrigua consente pertanto di mantenere migliori condizioni di deflusso nei corpi idrici superficiali nelle prime fasi dell’irrigazione e nella parte terminale della stessa e, nel caso di bacini regolati, di conservare risorsa preziosa da utilizzare per fronteggiare le prevedibili carenze idriche nei mesi di massima idroesigenza.

Fatte salve le riduzioni da applicarsi ai valori di calcolo del fabbisogno lordo in relazione alla verifica di compatibilità con il bilancio idrico, per i mesi iniziali e finali della stagione irrigua sono comunque accettabili aumenti delle portate prelevabili rispetto a quelle derivanti dal calcolo dei fabbisogni. Questo per esigenze legate al tipo di rete e/o alle modalità di consegna dell’acqua irrigua alle utenze.

Tali maggiorazioni, salvo casi particolari, non devono però, di norma, innalzare le portate prelevabili a valori superiori alla metà del massimo tra i valori mensili dei fabbisogni lordi comprensoriali calcolati con riferimento alla frequenza di superamento del 20%.

Il disciplinare di concessione indicherà pertanto:

* il valore massimo assoluto della portata derivabile, rapportata al massimo valore mensile del fabbisogno lordo alla fonte con frequenza di superamento del 20% ed alle risorse disponibili;

* il periodo durante il quale tale portata massima può essere derivata (di norma entro il trimestre giugno-agosto oppure nell’intervallo 15 giugno-15 agosto);

* il valore massimo della portata derivabile nei restanti periodi della stagione irrigua nel rispetto dei criteri di seguito riportati.

Le portate di concessione così determinate non possono essere superate, anche in presenza d’utilizzazioni idroelettriche.

Durante il periodo in cui, a causa di crisi idrica, si procede alla regolazione delle portate derivate, la portata massima di prelievo dei canali irrigui destinati anche alla produzione d’energia sarà quella stabilita in relazione alle esigenze della sola pratica irrigua.

Nel caso in cui i canali o gli altri tipi di condotti irrigui svolgano particolari funzioni anche al di fuori della stagione irrigua, dovrà essere valutata la portata concedibile per tali usi considerando la più razionale utilizzazione delle risorse idriche contemperandola con le caratteristiche qualitative e quantitative del corpo idrico naturale alimentatore e con la garanzia del mantenimento o del raggiungimento degli obbiettivi di qualità e di deflusso minimo vitale.

Eventuali futuri progetti che comportino l’estensione del prelievo al periodo invernale o un incremento dello stesso in detto periodo dovranno essere valutati applicando i criteri previsti per il rilascio delle nuove concessioni. In tali casi la portata massima concedibile al di fuori del periodo irriguo dovrà comunque, di norma, risultare significativamente inferiore alla portata massima derivabile nel periodo estivo.

Ricalcolo annuale del fabbisogno irriguo lordo

In relazione alla necessità di ripartire le risorse disponibili nel modo più razionale ed efficace possibile, la regolazione estiva dei prelievi dovrà essere effettuata sulla base delle idroesigenze rapportate alle aree effettivamente irrigate ed ai riparti colturali in atto nell’annata agraria, e non già di un potenziale diritto.

A tale fine, con cadenza annuale, l’Amministrazione concedente, sulla base delle informazioni contenute nella “Anagrafe agricola del Piemonte”, aggiorna la “superficie irrigata consortile” e ricalcola la portata massima derivabile da assumere come riferimento per i riparti nel caso in cui le risorse disponibili non siano più in grado di soddisfare i diritti di prelievo degli utenti nei confronti dei quali è applicabile la regolazione. In ogni caso non potrà assumersi come portata di riparto un valore superiore alla portata massima concessa.

Tali informazioni, aggregate per azienda e per Consorzio, sono trasmesse per conoscenza agli utenti interessati.

Dal momento in cui saranno disponibili gli applicativi, predisposti dalla Regione, che consentiranno di utilizzare le predette informazioni, ogni anno, alla vigilia della stagione irrigua, sarà quindi possibile conoscere l’effettiva consistenza delle superfici irrigate di ogni utente (Consorzio o singola azienda) e le colture praticate.

A partire da tali informazioni ed applicando l’allegato metodo di calcolo dei fabbisogni irrigui sarà pertanto annualmente determinato il fabbisogno irriguo lordo avente frequenza di superamento del 20%, salvo diversa documentazione prodotta dall’utente e approvata dall’Autorità concedente.

Ampliamento dell’irrigazione

L’eventuale estensione dell’irrigazione, fatta salva la preliminare verifica della compatibilità dell’ulteriore derivazione richiesta con le condizioni del bilancio idrico di sottobacino idrografico o d’asta fluviale, in coerenza con i disposti del regolamento regionale 10/R del 2003 sarà subordinata alla stima dei fabbisogni per la porzione aggiunta della superficie irrigata con riferimento all’impiego di sistemi d’irrigazione ad alta efficienza che comportino il minimo impegno d’acqua.

In altri termini, con riferimento alle aree su cui si progetta di estendere la pratica dell’irrigazione o sulle quali l’estensione è avvenuta dopo il 30 giugno 2006 (in seguito indicate nuove derivazioni), nel quantificare il fabbisogno irriguo lordo si farà riferimento ai metodi irrigui che permettono un più efficiente impiego dell’acqua, quali l’irrigazione a pioggia e la microirrigazione superficiale o sotterranea.

Si ipotizzerà, quindi, che le colture erbacee a ciclo primaverile-estivo (mais, ortive coltivate a pieno campo, soia etc.) siano irrigate con il metodo irriguo dell’aspersione e che per colture arboree, sia da frutta che da legno, si ricorra alla microirrigazione (in areali in cui tradizionalmente per motivi climatici si ricorre all’irrigazione, oltre che per la funzione umettante, anche per la difesa attiva contro le gelate si ipotizzerà il metodo irriguo dell’aspersione sopra chioma).

Nuovi ampliamenti dell’irrigazione che prevedano l’utilizzo delle acque di aste sovrasfruttate e caratterizzate da criticità idriche ricorrenti saranno negati se incompatibili con l’equilibrio del bilancio idrico.

Non vengono equiparate a nuove derivazioni le sanatorie richieste entro il 30 giugno 2006 che vengono considerate a tutti gli effetti alla stregua di utenze in atto.

B) REVISIONE DELLE CONCESSIONI

Attivazione della procedura di revisione delle concessioni per asta fluviale

Il ricalcolo dei fabbisogni irrigui lordi in occasione dei rinnovi delle grandi derivazioni, condotto in maniera contestuale per asta fluviale (o sottobacino idrografico), permette di determinare le dotazioni idriche da assegnare, in modo equo e solidale, a tutti gli utenti dell’asta all’atto del rilascio della concessione.

Oltre alle grandi derivazioni irrigue, praticamente tutte scadute e in corso di rinnovo, sui corpi idrici superficiali grava una miriade di cosiddette “piccole derivazioni”, spesso piccole solo sotto il profilo amministrativo, con titolo valido.

Pertanto, in presenza di aste fluviali caratterizzate da rilevanti squilibri quantitativi dovuti ad un eccesso di prelievo, si procede alla revisione dei diritti d’acqua ai sensi dell’art. 40 delle Norme di Piano di tutela.

La revisione dei titoli di concessione dei prelievi a scopo irriguo è effettuata secondo le priorità dettate dal comma 3 del suddetto articolo, limitatamente ai corpi idrici che presentano gravi squilibri quantitativi individuati dal PTA sulla base degli esiti del bilancio idrico condotto nel corso degli studi propedeutici.

Per un’azione generalizzata di revisione sui restanti sottobacini piemontesi occorrerà, invece, identificare gli ambiti nei quali la sola applicazione del DMV di base non consente di raggiungere gli obiettivi qualitativi previsti dal PTA.

Per le piccole derivazioni irrigue, la verifica della dotazione è effettuata d’Ufficio, sulla base della superficie irrigabile attuale formalmente certificata dal gestore della derivazione ed utilizzando le dotazioni unitarie (l s-1ha-1) assegnate alle limitrofe grandi derivazioni in rinnovo che abbiano terreni simili sotto il profilo pedo-geologico nonché riparti colturali verosimilmente analoghi.

Ai fini dell’attivazione della procedura di revisione del titolo si considera “significativo” uno scostamento per eccesso del diritto di prelievo rispetto al fabbisogno lordo attualizzato, calcolato d’ufficio, superiore al 10%.

Nel caso delle superfici irrigue medio piccole, laddove i valori della portata di concessione risultino inferiori a quelli idonei per il trasporto e la distribuzione dell’acqua tramite la rete irrigua esistente, l’Autorità concedente potrà assegnare valori della portata di concessione più elevati rispetto a quelli ottenuti dal calcolo, funzionali all’esercizio dell’irrigazione, limitando opportunamente la durata del prelievo, che risulterà turnato, mantenendo però invariati i volumi mensilmente prelevabili.

Allo stesso modo si procederà nel caso in cui il fabbisogno lordo attualizzato sia significativamente inferiore alla portata stabilita dal titolo di concessione.

Nei bacini caratterizzati da squilibri di bilancio idrico ed in cui sono presenti rilevanti capacità d’accumulo di risorsa idrica destinata alla produzione elettrica, le azioni di rinnovo e revisione dei titoli di prelievo saranno accompagnate da una contestuale azione negoziale, coinvolgente la Regione, la Provincia, i Consorzi di II grado e i Gestori degli impianti idroelettrici, finalizzata a coordinare, per quanto possibile, la produzione dell’energia con le esigenze dell’agricoltura attraverso un aggiornamento delle regole operative degli invasi tale da rendere disponibile per l’agricoltura, durante le magre estive, una quota parte dei volumi regolati.

Dopo un congruo numero d’anni, di norma non inferiore a cinque, potrà eseguirsi il ricalcolo delle portate di concessione, allorquando l’Autorità concedente disponga d’informazioni di maggiore dettaglio in merito alle caratteristiche dei terreni ed al livello di efficienza delle infrastrutture a servizio dell’irrigazione e dei relativi sistemi gestionali.

Modificabilità della portata di concessione durante il periodo di validità della stessa

Nel rilasciare i provvedimenti di concessione o rinnovo è opportuno che l’Autorità concedente si riservi la facoltà di modificare il diritto di prelievo nei casi in cui:

* importanti interventi infrastrutturali consentano di migliorare l’efficienza di trasporto e/o di distribuzione dell’acqua derivata riducendo il fabbisogno lordo all’opera di presa;

* interventi sui corsi d’acqua modifichino il regime delle portate rendendo disponibili volumi supplementari di risorsa;

* intervengano sostanziose modifiche dell’ordinamento colturale per effetto, ad esempio, del cambiamento del quadro economico di sostegno dell’Unione Europea e/o dei prezzi e costi.

In presenza di particolari criticità che conducano alla dichiarazione dello stato di crisi idrica potranno essere imposti vincoli ai prelievi irrigui per la tutela di preminenti interessi strategici nazionali.

C) RIPARTI DELL’ACQUA IN CONDIZIONI DI MAGRA ORDINARIA

Criteri e modalità di riparto dell’acqua

Fatti salvi i provvedimenti eccezionali di riduzione temporanea dei prelievi da adottarsi sulla base di ordinanze della Protezione Civile ed in attuazione dell’art. 40 commi 9, 10 e 11 delle norme del PTA, il riparto dell’acqua disponibile tra gli utenti legittimi di una medesima asta fluviale, in condizioni di magra ordinaria, deve essere previsto dai provvedimenti di concessione ed attuato secondo le modalità da essi stabilite.

La revisione delle concessioni è dunque il primo indispensabile passo da compiere per rendere concretamente possibile, sotto il profilo del diritto, l’utilizzo di questo fondamentale strumento in presenza di criticità idriche ricorrenti, ovvero nei casi in cui pur scarseggiando l’acqua non ricorrono le condizioni per la dichiarazione dello stato di emergenza idrica.

La gestione della regolazione dei prelievi irrigui per asta fluviale in presenza di condizioni di magra ordinaria presuppone:

a) la valutazione della portata necessaria per soddisfare i fabbisogni consortili e aziendali a partire dagli ordinamenti colturali in atto nell’annata agraria d’interesse (utilizzando le informazioni ricavate dall’ “Anagrafe agricola del Piemonte” e la metodologia di calcolo descritta in precedenza);

b) il potenziamento della rete idrometrica mediante attivazione di stazioni per la misura delle portate in arrivo dalla porzione montana del bacino, di norma collocate a monte del primo rilevante prelievo irriguo a servizio dei comprensori della pianura, al fine di monitorare in continuo le portate disponibili durante il periodo irriguo ed in particolare durante le fasi in cui si procede alla regolazione;

c) l’installazione sulle prese irrigue di strumentazione idonea alla regolazione e misura delle portate derivate;

d) l’identificazione e caratterizzazione delle eventuali fonti integrative consortili e aziendali (colature, risorgive, trincee drenanti e pozzi) ed il loro monitoraggio;

e) la fissazione delle portate minime che consentono sia la funzionalità della presa sia il trasporto e la distribuzione dell’acqua agli utilizzatori finali attraverso la rete irrigua di ciascuno degli organismi elementari;

f) la verifica, utilizzando gli strumenti di simulazione modellistica del bilancio idrico, delle possibili conseguenze delle misure di regolazione e il monitoraggio degli effetti delle medesime al fine di una migliore calibrazione del software e dell’eventuale rimodulazione dei riparti stessi;

g) l’individuazione della soglia di portata minima, misurata all’idrometro di riferimento, al di sotto della quale vengono intraprese le azioni di regolazione dei prelievi; raggiunta tale soglia gli utenti non potranno più derivare la portata massima prevista dal titolo di concessione (determinata a partire dalla massima “superficie irrigata consortile”) e le riduzioni dovranno essere rapportate alla portata stimata necessaria in base all’ordinamento colturale in atto (informazione dedotta dall’"Anagrafe agricola del Piemonte");

g) la preventiva definizione di opportune modalità di uso delle acque accumulate in invasi di capacità significativa presenti nel medesimo bacino ;

h) la preventiva definizione di opportune modalità di riparto delle acque in condizioni di magra ordinaria;

i) la fissazione di criteri generali per l’applicazione della deroga estiva al DMV irriguo.

Con il termine di “magra ordinaria” ci si intende riferire a disponibilità idriche inferiori ai valori medi, comunque non minori di quelle quantificabili con riferimento all’anno idrologico scarso, come definito dal Piano di Tutela delle acque.

La Regione e le Province operano per creare le condizioni necessarie per un’efficace regolazione dei prelievi e, in funzione delle competenze e conoscenze disponibili, identificano le portate soglia in opportune sezioni d’alveo al raggiungimento delle quali scatta la procedura di riduzione programmata dei prelievi idrici.

Ai fini del riparto delle acque superficiali, le derivazioni discontinue, ove per numero e densità possano determinare importanti impatti sul regime delle portate dell’asta sulla quale si procede alla regolazione, potranno essere suddivise in raggruppamenti omogenei per territorio e volume complessivamente prelevato cui assegnare un turno di prelievo di opportune frequenza e durata, evitando così i problemi derivanti dall’eccesso di pressione sul corpo idrico naturale prodotto dalla loro contestuale attivazione.

Nei bacini in cui sono presenti significative capacità d’invaso, di norma destinate alla produzione d’energia elettrica, devono essere preliminarmente acquisite le regole operative degli stessi nonché gli accordi già definiti e finalizzati ad assicurare il coordinamento tra la produzione elettrica e la pratica irrigua o di quelli eventualmente rinegoziati a tale scopo.

In presenza d’invasi per i quali non è stato ancora definito il titolo di concessione, il provvedimento relativo dovrà contenere prescrizioni in materia di coordinamento tra la produzione idroelettrica e le esigenze dell’agricoltura di valle, contemperando entrambi gli interessi, ferma restando la priorità dell’uso irriguo.

Il riparto delle risorse disponibili non tiene conto dei diritti anteriormente acquisiti dagli utenti legittimi dell’acqua lungo l’asta fluviale, ma si rapporta unicamente al fabbisogno idrico dell’annata agraria in corso. Le idroesigenze degli utenti irrigui da considerare ai fini dei riparti delle acque superficiali s’intendono al netto degli apporti d’acqua al servizio dell’irrigazione collettiva originati dall’utilizzo di fontanili e trincee drenanti le cui dotazioni devono essere adeguatamente monitorate.

La regolazione e il riparto delle portate disponibili lungo un’asta fluviale ha inizio quando anche uno solo degli utenti potenzialmente in grado di beneficiarne è impossibilitato a prelevare l’intera quantità di sua competenza.

Per ciascun’asta fluviale in cui si verificano criticità idrologiche ricorrenti devono essere identificate le derivazioni che per la loro peculiare localizzazione a valle di tratti d’alveo particolarmente drenanti non traggono beneficio dalle riduzioni dei prelievi a monte; l’eventuale scarsità d’acqua derivabile in tali sezioni non potrà dunque di norma essere considerata come “indicatore” del verificarsi di una criticità fronteggiabile con l’avvio della regolazione.

Nel disciplinare di concessione dei titoli in rinnovo o da regolarizzare, così come in sede di revisione delle concessioni, si darà atto delle modalità di riparto concordate tra gli utenti o stabilite d’ufficio.

Gli effetti dei riparti saranno attentamente monitorati tramite le stazioni di misura idrometriche regionali e provinciali, mediante le informazioni ricavate dalle misure delle portate prelevate, nonché attraverso eventuali campagne di misura attivate ad hoc per meglio quantificare i fenomeni di scambio idrico con la falda.

Le modalità di riparto delle risorse scarse sono definite tramite un accordo tra gli utenti dell’asta, del quale l’Amministrazione prende atto.

Tale accordo deve rispondere a principi d’uso solidale e proporzionale ai fabbisogni effettivi delle utenze idriche, ferma restando la priorità della fornitura d’acqua alle colture arboree da frutto.

Il protocollo di riparto diventa definitivo dopo un congruo numero d’anni d’applicazione (orientativamente non inferiori a cinque), durante i quali potrà essere modificato in relazione ai riscontri sperimentali al fine di assicurare che le riduzioni imposte agli utenti di monte comportino un reale beneficio per quelli di valle.

A ciascun Consorzio compete gestire i volumi di riparto assegnati, concordando, ove possibile, l’interruzione di erogazione dell’acqua agli utenti che possono usufruire di fonti d’approvvigionamento autonomo legittimamente autorizzate. Condizione necessaria per attuare detta misura è la definizione di modalità di compensazione economica, in modo tale da ripartire equamente i maggiori oneri derivanti dal sollevamento dell’acqua tra tutti colori che direttamente o indirettamente beneficiano di tale risorsa.

L’Autorità concedente vigila sul rispetto delle condizioni di riparto e sull’attivazione dei rilasci dalle dighe in conformità agli obblighi imposti dai disciplinari di concessione, nonché sulle modalità di deroga al DMV.

Disposizioni transitorie

Nelle more dell’accordo tra gli utenti, le modalità di riparto sono stabilite d’ufficio dall’Autorità concedente, sentiti i Consorzi di secondo grado e gli altri utenti irrigui, attraverso uno specifico protocollo operativo contenente criteri generali di gestione dei riparti per asta fluviale da attuare al verificarsi di criticità di magra ordinaria, nonché criteri e modalità di aggiornamento del medesimo protocollo.

Fino a quando non saranno completate le revisioni dei titoli di concessione per asta fluviale e non saranno disponibili gli strumenti di misura descritti in precedenza, l’Autorità concedente potrà fare riferimento a valutazioni in ordine ai fabbisogni irrigui lordi aggiornate d’ufficio e potrà avvalersi di misure ad hoc.

Salvo diverse e più puntuali modalità di riparto delle acque, concordate tra gli utenti, la regolazione dei prelievi, operata d’ufficio dall’Autorità concedente, potrà essere impostata per gradini decrescenti a partire dalla constatazione che le portate disponibili sono prossime o inferiori alla soglia stabilita.

I gradini progressivi di riduzione interessano quegli utenti dell’asta per i quali la regolazione può risultare efficace e vengono attuati applicando riduzioni percentuali progressive sulle portate derivabili rapportate all’idroesigenza dell’anno in corso, ferme restando le dotazioni minime da garantire alle colture frutticole. Sono comunque possibili modalità alternative di regolazione, quali ad esempio la turnazione.

Nella valutazione delle modalità e dei limiti della regolazione si terrà conto delle specifiche caratteristiche della rete consortile quantificando la massima riduzione sostenibile, vale a dire la portata minima al disotto della quale il sistema dei canali non è più in grado di trasportare l’acqua alle particelle irrigue.

Salvo diversa evidenza, le colature di cui alcuni Consorzi ordinariamente dispongono possono essere considerate nulle al verificarsi delle condizioni che impongono di ripartire le disponibilità idriche tra i diversi utenti della medesima asta fluviale. Questo perché si presume una loro completa riutilizzazione all’interno dei Consorzi che le generano: si tratta comunque di una condizione che andrà accertata caso per caso, quantomeno in relazione alle entità più significative.

La deroga al rilascio del DMV ridotto, da attuare secondo le previsioni dell’articolo 9, comma 6 del Regolamento regionale del 17 luglio 2007, n. 8/R, è possibile dal momento in cui la percentuale di riduzione della portata massima relativa all’annata agraria in corso supera il 30%.

Prima di procedere all’applicazione della deroga temporanea al DMV ridotto dovranno essere attivati rilasci dagli invasi che, per capacità e localizzazione e sulla base delle specifiche condizioni di esercizio dei medesimi, risultano idonei a fornire acqua d’integrazione per l’agricoltura.

Fabbisogni irrigui da computare ai fini delle politiche di riequilibrio del bilancio idrico

Ai fini della valutazione dei deficit idrici irrigui non compensabili con le sole misure di razionalizzazione delle reti e delle gestioni elencate all’articolo 40 commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 11 delle norme del PTA, si farà riferimento al fabbisogno lordo comprensoriale di valore medio, rapportato ad un’estensione di aree irrigabili e ad un riparto colturale medi, anch’essi determinati con riferimento a dati oggettivi relativi ad un arco temporale sufficientemente ampio.

Al superamento di tale deficit residuo potrà concorrere la creazione di nuove capacità d’invaso previa verifica tecnica, ambientale, sociale ed economica, delle soluzioni progettuali praticabili con il coinvolgimento delle Comunità locali interessate.

La stima dei suddetti deficit dovrà fare riferimento al fabbisogno irriguo lordo calcolato nell’ipotesi che siano realizzati tutti gli interventi strutturali e gestionali, tecnicamente ed economicamente sostenibili, necessari per ottimizzare le efficienze d’adacquamento, di trasporto, distribuzione e consegna della risorsa idrica derivata.

In tale contesto si dovrà tenere anche conto delle previsioni di riduzione delle piogge in relazione ai cambiamenti climatici in atto.

Disposizione finale

La Direzione Ambiente della Regione fornisce, previa richiesta, supporto alla Provincia nell’attività di valutazione delle disponibilità naturali e di simulazione del bilancio idrico in presenza di scenari di prelievo diversificati.