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Bollettino Ufficiale n. 44 del 31 / 10 / 2007

Decreto della Presidente della Giunta Regionale 29 ottobre 2007, n. 10/R.

Regolamento regionale recante: “Disciplina generale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle acque reflue e programma di azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola (Legge regionale 29 dicembre 2000, n. 61)”.

LA PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

Visto l’articolo 121 della Costituzione (come modificato dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1);

Visti gli articoli 27 e 51 dello Statuto della Regione Piemonte;

Vista la legge regionale 29 dicembre 2000, n. 61;

Visto il regolamento regionale 18 ottobre 2002 n. 9/R;

Vista la deliberazione della Giunta regionale n. 33-7261 del 29 ottobre 2007

emana

il seguente regolamento

Regolamento regionale recante: “Disciplina generale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle acque reflue e programma di azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola (Legge regionale 29 dicembre 2000, n. 61)”.

SOMMARIO

TITOLO I.
Norme generali

Art. 1.

(Oggetto e ambito di applicazione)

Art. 2.

(Definizioni)

Art. 3.

(Comunicazione)

Art. 4.

(Piano di utilizzazione agronomica)

Art. 5.

(Registrazione delle fertilizzazioni e trasporto)

TITOLO II.
Zone non designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola

CAPO I.
Utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici

Sezione I.
Criteri generali e divieti

Art. 6.

(Criteri generali di utilizzazione agronomica)

Art. 7.

(Divieti di utilizzazione dei letami)

Art. 8.

(Divieti di utilizzazione dei liquami)

Sezione II.
Trattamento e contenitori di stoccaggio

Art. 9.

(Trattamenti)

Art. 10.

(Stoccaggio degli effluenti zootecnici palabili)

Art. 11.

(Accumulo dei letami)

Art. 12.

(Stoccaggio degli effluenti zootecnici non palabili)

Sezione III.
Modalità di utilizzazione agronomica

Art. 13.

(Tecniche di distribuzione)

Art. 14.

(Dosi di applicazione)

CAPO II.
Utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti da aziende agricole e da piccole aziende agroalimentari

Art. 15.

(Ambito di applicazione)

Art. 16.

(Criteri generali di utilizzazione)

Art. 17.

(Divieti di utilizzazione)

Art. 18.

(Stoccaggio e trattamento)

Art. 19.

(Tecniche di distribuzione)

Art. 20.

(Dosi di applicazione)

TITOLO III.
Programma di azione per le zone designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola

Art. 21.

(Disposizioni generali)

Art. 22.

(Divieti di utilizzazione dei letami, degli altri ammendanti organici e dei concimi azotati)

Art. 23.

(Divieti di utilizzazione dei liquami e dei fanghi)

Art. 24.

(Stoccaggio, accumulo e trattamenti)

Art. 25.

(Modalità di utilizzazione agronomica)

Art. 26.

(Dosi di applicazione dei fertilizzanti)

TITOLO IV.
Norme finali e transitorie

Art. 27.

(Controlli)

Art. 28.

(Ulteriori controlli in zone vulnerabili)

Art. 29.

(Strategie di gestione integrata di effluenti zootecnici)

Art. 30.

(Formazione e informazione degli agricoltori)

Art. 31.

(Gestione delle informazioni connesse all’utilizzazione agronomica)

Art. 32.

(Norme transitorie)

Art. 33.

(Abrogazioni e norme finali)

Art. 34.

(Entrata in vigore)

Allegato I - Caratterizzazione degli effluenti zootecnici e dimensionamento dei contenitori di stoccaggio e trattamento

Allegato II - Comunicazione e Piano di utilizzazione agronomica

Allegato III - Registrazione delle fertilizzazioni e documenti di trasporto

Allegato IV - Irrigazione

Allegato V - Utilizzazione agronomica dei fertilizzanti e ammendanti organici

Allegato VI - Strategie di gestione degli effluenti zootecnici

TITOLO I
Norme generali

Art. 1.

(Oggetto e ambito di applicazione)

1. Il presente regolamento, in attuazione della legge regionale 29 dicembre 2000, n. 61 (Disposizioni per la prima attuazione del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, in materia di tutela delle acque) e del Piano di tutela delle acque, disciplina:

a) le attività di utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle acque reflue provenienti dalle aziende agricole e da piccole aziende agroalimentari nelle zone non designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola;

b) il programma d’azione per le zone designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola.

2. Resta fermo quanto previsto dalla normativa igienico-sanitaria, dalle norme urbanistiche e dalle disposizioni concernenti le aree sensibili, le aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano nonché la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento.

3. Resta fermo quanto previsto in materia di stallatico dal regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 ottobre 2002 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano.

4. Fatta eccezione per i divieti di cui agli articoli 7, 8 e 14, nelle zone non vulnerabili da nitrati le disposizioni del presente regolamento concernenti l’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici non si applicano agli allevamenti che producono un quantitativo di azoto al campo per anno inferiore o uguale a 1.000 chilogrammi.

Art. 2.

(Definizioni)

1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

a) accumuli di letami: i depositi temporanei di letami idonei all’impiego, effettuati in prossimità o sui terreni destinati all’utilizzazione;

b) allevamenti e aziende esistenti: gli allevamenti e le aziende agricole, zootecniche o agroalimentari in esercizio alla data di entrata in vigore presente regolamento;

c) ampliamento di allevamento esistente: ampliamento della capacità zootecnica che comporti la necessità di adeguamenti strutturali;

d) allevamenti intensivi: quelli soggetti alla vigente normativa in materia di prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento;

e) applicazione al terreno: l’apporto di materiale al terreno mediante spandimento, mescolamento con gli strati superficiali, iniezione o interramento;

f) area aziendale omogenea: la porzione della superficie aziendale che presenta aspetti uniformi per, ad esempio, caratteristiche dei suoli, avvicendamenti colturali, tecniche colturali, rese colturali, dati meteorologici e livello di vulnerabilità individuato dalla cartografia regionale delle zone vulnerabili ai nitrati;

g) azienda ricadente in zona vulnerabile da nitrati: l’azienda con più del 25 per cento della superficie agricola utilizzata ricadente in zona designata come vulnerabile da nitrati di origine agricola;

h) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;

i) concime azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;

j) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;

k) consistenza dell’allevamento: il numero di capi mediamente presenti nell’allevamento;

l) destinatario: il soggetto che riceve gli effluenti zootecnici sui terreni che detiene a titolo d’uso per l’utilizzazione agronomica;

m) effluenti zootecnici: le miscele di stallatico e/o residui alimentari e/o perdite di abbeverata e/o acque di veicolazione delle deiezioni e/o materiali lignocellulosici utilizzati come lettiera;

n) effluenti zootecnici palabili o non palabili: gli effluenti zootecnici in grado o non in grado, se disposti in cumulo su platea, di mantenere la forma geometrica ad essi conferita;

o) fanghi: i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 99 (Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura);

p) fertilizzanti: le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti zootecnici, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 29 aprile 2006, n. 217 (Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti);

q) fertirrigazione: l’applicazione al terreno effettuata mediante l’abbinamento dell’adacquamento con la fertilizzazione, attraverso l’addizione controllata alle acque irrigue di quote di liquame;

r) letami: gli effluenti zootecnici palabili, provenienti da allevamenti che impiegano la lettiera; sono assimilati ai letami, se provenienti dall’attività di allevamento:

1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli;

2) le deiezioni di avicunicoli anche non mescolate a lettiera rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali che hanno luogo sia all’interno, sia all’esterno dei ricoveri;

3) le frazioni palabili, da destinare all’utilizzazione agronomica, risultanti dai trattamenti di effluenti zootecnici di cui all’Allegato I, tabella 3;

4) i letami, i liquami e i materiali ad essi assimilati, sottoposti a trattamento di disidratazione o compostaggio;

s) liquami: gli effluenti zootecnici non palabili. Sono assimilati ai liquami, se provenienti dall’attività di allevamento:

1) i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio;

2) i liquidi di sgrondo di accumuli di letame;

3) le deiezioni di avicoli e cunicoli non mescolate a lettiera;

4) le frazioni non palabili, da destinare all’utilizzazione agronomica, derivanti da trattamenti di effluenti zootecnici di cui all’Allegato I, tabella 3;

5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati. Le acque di lavaggio di strutture, attrezzature ed impianti zootecnici, se mescolate ai liquami definiti alla presente lettera e qualora destinate ad utilizzo agronomico, sono assimilate ai liquami; qualora non siano mescolate ai liquami, tali acque sono assoggettate alle disposizioni di cui al Capo II;

t) stallatico: gli escrementi, l’urina di animali di allevamento, con o senza lettiera, o il guano, non trattati o trattati, ai sensi del regolamento CE 1774/2002 e sue modificazioni;

u) stoccaggio: il deposito temporaneo degli effluenti zootecnici e delle acque reflue di cui al presente regolamento;

v) trattamento: qualsiasi operazione, compreso lo stoccaggio, atta a modificare le caratteristiche degli effluenti zootecnici o delle acque reflue di cui al presente regolamento, al fine di migliorare la loro utilizzazione agronomica e contribuire a ridurre i rischi igienico-sanitari;

w) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti zootecnici, nonché delle acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari individuate dal presente regolamento, dalla loro produzione fino all’applicazione al terreno, finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti nei medesimi contenute, ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo;

x) titoli d’uso: i titoli di disponibilità dei terreni destinati all’utilizzazione agronomica, ivi compresi quelli destinati esclusivamente all’applicazione al terreno degli effluenti zootecnici e delle acque reflue disciplinati dal presente regolamento (c.d. asservimenti).

Art. 3.

(Comunicazione)

1. L’utilizzazione agronomica è soggetta a comunicazione, redatta in conformità all’Allegato II, Parte A e presentata dal legale rappresentante dell’azienda che produce ed intende utilizzare gli effluenti zootecnici o le acque reflue di cui al presente regolamento tramite procedure collegate all’Anagrafe agricola unica del Piemonte, di seguito denominata Anagrafe unica.

2. La comunicazione di cui al comma 1, è parte integrante del fascicolo aziendale. Per le nuove aziende la comunicazione è effettuata almeno sessanta giorni prima dell’inizio dell’attività di utilizzazione agronomica.

3. Qualora le fasi di produzione, trattamento, stoccaggio e applicazione al terreno siano suddivise fra più soggetti, questi sono singolarmente tenuti alla presentazione di una comunicazione relativa alle specifiche attività svolte.

4. Il soggetto tenuto alla comunicazione aggiorna, tramite le procedure di cui al comma 1, le informazioni relative all’utilizzazione agronomica almeno una volta nell’ambito di ogni anno solare, fermo restando l’obbligo di effettuare variazioni riguardanti i terreni destinati all’utilizzo agronomico almeno 20 giorni prima dell’applicazione al terreno degli effluenti zootecnici o delle acque reflue. L’autorità competente effettua le verifiche sul regolare svolgimento delle operazioni di utilizzazione agronomica sulla base dei dati e delle informazioni disponibili nell’Anagrafe unica al momento del controllo.

5. Le province, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione integrata ambientale per gli impianti di allevamento intensivo, tengono conto degli obblighi derivanti dall’applicazione del presente regolamento.

Art. 4.

(Piano di utilizzazione agronomica)

1. Le aziende, che producono in un anno un quantitativo superiore a 6.000 chilogrammi di azoto al campo da effluenti zootecnici e gli allevamenti intensivi sono tenuti alla presentazione, unitamente alla comunicazione di cui all’articolo 3 e con le modalità previste per la stessa, di un Piano di utilizzazione agronomica completo redatto in conformità all’Allegato II, Parte B.

2. Nelle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, sono tenute alla presentazione del Piano di utilizzazione, almeno nella forma semplificata, anche le aziende che producono un quantitativo di azoto al campo da effluenti zootecnici superiore a 3.000 chilogrammi e inferiore o uguale a 6.000 chilogrammi.

3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 si applicano con riferimento alla quantità di effluente, anche alle aziende che svolgono singole fasi di utilizzazione agronomica.

4. Ai fini di una corretta utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e di un accurato bilanciamento degli elementi fertilizzanti, in funzione soprattutto delle caratteristiche del suolo e delle asportazioni prevedibili, il Piano di utilizzazione agronomica è di raccomandata applicazione per tutte le aziende zootecniche.

Art. 5.

(Registrazione delle fertilizzazioni e trasporto)

1. Al fine di garantire un adeguato controllo sulla movimentazione del materiale destinato all’utilizzazione agronomica, le aziende sono tenute agli obblighi di registrazione delle fertilizzazioni e di documentazione del trasporto di cui all’Allegato III.

2. Le registrazioni e la documentazione di trasporto di cui al comma 1 sono conservate per un minimo di tre anni e rese disponibili alle autorità preposte al controllo della stessa.

TITOLO II
Zone non designate come vulnerabili
da nitrati di origine agricola

CAPO I
Utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici

Sezione I
Criteri generali e divieti

Art. 6.

(Criteri generali di utilizzazione agronomica)

1. L’utilizzazione agronomica è consentita purché siano garantiti:

a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità individuati dal Piano di tutela delle acque;

b) l’adeguatezza della quantità di azoto efficiente applicata e dei tempi di distribuzione ai fabbisogni delle colture.

Art. 7.

(Divieti di utilizzazione dei letami)

1. L’utilizzo dei letami è vietato:

a) sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento;

b) nei boschi;

c) entro 5 metri di distanza dalle sponde dei corpi idrici naturali superficiali e da quelli artificiali non arginati del reticolo principale di drenaggio; sono comunque esclusi i canali artificiali ad esclusivo uso aziendale;

d) entro 10 metri di distanza dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali;

e) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d’acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione;

f) in tutte le situazioni in cui l’autorità competente provvede ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l’uomo e per la difesa dei corpi idrici;

g) sui terreni di cui non si ha titolo d’uso.

Art. 8

(Divieti di utilizzazione dei liquami)

1. L’utilizzo dei liquami è vietato:

a) sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato nella fase di impianto della coltura e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento;

b) nei boschi;

c) entro 10 metri dalle sponde dei corpi idrici superficiali naturali e da quelli artificiali non arginati del reticolo principale di drenaggio; sono comunque esclusi i canali artificiali ad esclusivo uso aziendale;

d) entro 10 metri di distanza dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali;

e) in prossimità di strade, fatta eccezione per quelle interpoderali e le piste agrosilvopastorali, sulla base dei seguenti limiti misurati dal ciglio della strada:

1) 50 metri, nel caso di distribuzione con sistemi a dispersione aerea in pressione;

2) 1 metro, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati.

f) in prossimità di abitazioni, sulla base dei seguenti limiti misurati dal confine dell’insediamento abitativo:

1) 50 metri, nel caso di utilizzo di sistemi a dispersione aerea in pressione;

2) 10 metri, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati e, fatta eccezione per i prati, il tempestivo o immediato interramento;

g) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d’acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione;

h) su terreni con pendenza media superiore al 10 per cento; tale limite è elevato al 25 per cento in presenza di suoli inerbiti o di sistemazioni idraulico-agrarie;

i) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano;

j) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante;

k) dopo l’impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in genere ad uso pubblico;

l) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento;

m) nel periodo compreso tra il 1 dicembre ed il 31 gennaio di ogni anno;

n) in tutte le situazioni in cui l’autorità competente provvede ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l’uomo e per la difesa dei corpi idrici;

o) sui terreni di cui non si ha titolo d’uso.

Sezione II
Trattamento e contenitori di stoccaggio

Art. 9.

(Trattamenti)

1. I trattamenti degli effluenti zootecnici e le modalità di stoccaggio sono finalizzati, oltre che a contribuire alla messa in sicurezza igienico-sanitaria, a garantire la protezione dell’ambiente e la corretta gestione agronomica degli effluenti zootecnici stessi, rendendoli disponibili all’utilizzo nei periodi più idonei sotto il profilo agronomico e nelle condizioni adatte per l’utilizzazione.

2. I rendimenti dei trattamenti utilizzati, qualora diversi da quelli riportati a titolo indicativo alla tabella 3 dell’Allegato I, devono essere giustificati nell’ambito della comunicazione di cui all’articolo 3, secondo le modalità indicate all’Allegato II.

3. I trattamenti non devono comportare l’addizione agli effluenti zootecnici di sostanze potenzialmente dannose per il suolo, le colture, gli animali e l’uomo per la loro natura o concentrazione.

Art. 10.

(Stoccaggio degli effluenti zootecnici palabili)

1. Gli effluenti zootecnici palabili destinati all’utilizzazione agronomica sono raccolti in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo le esigenze colturali e di capacità sufficiente a contenere i medesimi nei periodi in cui l’impiego agricolo è limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative.

2. Fermo restando quanto disposto al comma 7, lo stoccaggio dei materiali palabili deve avvenire su platea impermeabilizzata, avente una portanza sufficiente a reggere, senza cedimenti o lesioni, il peso del materiale accumulato e dei mezzi utilizzati per la movimentazione.

3. In considerazione della consistenza palabile dei materiali, la platea di stoccaggio deve essere munita di idoneo cordolo o di muro perimetrale, con almeno un’apertura per l’accesso dei mezzi meccanici per la completa asportazione del materiale e deve essere dotata di adeguata pendenza per il convogliamento verso appositi sistemi di raccolta e stoccaggio dei liquidi di sgrondo e delle eventuali acque di lavaggio della platea.

4. Fatti salvi specifici provvedimenti in materia igienico-sanitaria, la capacità di stoccaggio, calcolata in rapporto alla quantità di effluenti prodotti durante la stabulazione del bestiame, al netto del vuoto sanitario, non deve essere inferiore al volume di materiale palabile prodotto in 90 giorni.

5. Il dimensionamento della platea di stoccaggio, qualora non sussistano esigenze particolari di una più analitica determinazione dei volumi stoccati, è calcolato sulla base dei coefficienti di cui alla tabella 1 dell’Allegato I.

6. Nel caso di allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni le lettiere possono essere stoccate al termine del ciclo produttivo sotto forma di cumuli in campo, fatte salve diverse disposizioni delle autorità sanitarie.

7. Sono considerate utili, ai fini del calcolo della capacità di stoccaggio:

a) le superfici della lettiera permanente, purché alla base siano impermeabilizzate;

b) le fosse profonde dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati nell’allevamento a terra nel caso delle galline ovaiole e dei riproduttori, fatte salve diverse disposizioni delle autorità sanitarie.

8. I liquidi di sgrondo dei materiali palabili sono assimilati, per quanto riguarda il periodo di stoccaggio, ai materiali non palabili, fatti salvi i casi in cui i medesimi vengano accumulati in pozzetti annessi alle platee o le modalità di gestione ne consentano la significativa riduzione dei volumi.

9. Fatta eccezione per gli adeguamenti imposti dal presente regolamento, è vietata la nuova localizzazione dei contenitori di stoccaggio degli effluenti zootecnici palabili nelle zone ad alto rischio di esondazione individuate dal Piano di Assetto Idrogeologico del Bacino del fiume Po.

10. Le aree non impermeabilizzate funzionalmente connesse alle strutture di allevamento ed interessate dalla presenza di animali sono soggette a periodica asportazione degli effluenti al fine di evitare accumuli di deiezioni. Sono inoltre adottati accorgimenti volti a contenere i fenomeni di ruscellamento superficiale delle acque meteoriche e di sgrondo.

Art. 11.

(Accumulo dei letami)

1. L’accumulo temporaneo su suolo agricolo di letami maturi, a valle dello stoccaggio effettuato ai sensi dell’articolo 10, esclusi gli altri materiali assimilati, è ammesso per un periodo non superiore a tre mesi.

2. L’accumulo può essere praticato ai soli fini della utilizzazione agronomica sui terreni circostanti non ancora lavorati ed in quantitativi non superiori al fabbisogno di letame dei medesimi.

3. L’accumulo non può essere ripetuto nello stesso punto per più di una stagione agraria e ed è effettuato nel rispetto delle seguenti distanze:

a) 5 metri dalle scoline o dal reticolo minore di drenaggio;

b) 30 metri dalle sponde dei corsi d’acqua naturali e artificiali;

c) 40 metri dall’inizio dell’arenile per le acque lacuali, nonché dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971;

d) 50 metri da abitazioni e 20 metri da strade, fatta eccezione per quelle interpoderali e per le piste agrosilvopastorali;

4. La conduzione dell’accumulo deve essere tale da:

a) limitare lo scorrimento superficiale dei liquidi di sgrondo e il contatto con acque di ristagno; a tale scopo, in assenza di copertura superiore, fatte salve le modifiche conseguenti alla permanenza in campo, l’accumulo deve svilupparsi in altezza favorendo il deflusso superficiale delle acque piovane;

b) garantire il drenaggio del percolato prima del trasferimento in campo durante le fasi di stoccaggio;

c) favorire l’aerazione della massa.

5. L’accumulo è vietato ai sensi del Piano di Assetto Idrogeologico del Bacino del fiume Po nei territori ricadenti in Fascia A e nei terreni sistemati a campoletto.

6. Con deliberazione della Giunta regionale sono definite, nel rispetto delle finalità del presente regolamento, specifiche norme per la realizzazione di cumuli eseguiti nell’ambito dell’agricoltura biologica o di forme tradizionali di valorizzazione della sostanza organica.

Art. 12.

(Stoccaggio degli effluenti zootecnici non palabili)

1. Gli effluenti zootecnici non palabili destinati all’utilizzazione agronomica sono raccolti in contenitori per lo stoccaggio dimensionati secondo le esigenze colturali e di capacità sufficiente a contenere i medesimi nei periodi in cui l’impiego agricolo è limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative.

2. Gli stoccaggi degli effluenti zootecnici non palabili sono realizzati in modo da poter accogliere anche le acque di lavaggio delle strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche, fatta eccezione per le trattrici agricole, quando tali acque vengano destinate all’utilizzazione agronomica.

3. Alla produzione complessiva di liquami da stoccare, tenuto conto dei valori medi di evaporazione, deve essere sommato il volume delle acque meteoriche convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici scoperte impermeabilizzate interessate dalla presenza di effluenti zootecnici. Deve essere in ogni caso prevista l’esclusione, attraverso opportune deviazioni, delle acque bianche provenienti da tetti e tettoie nonché delle acque di prima pioggia provenienti da aree non connesse all’allevamento. Le dimensioni dei contenitori non dotati di copertura atta ad allontanare l’acqua piovana devono tenere conto delle precipitazioni medie, dei valori medi di evaporazione e di un franco minimo di sicurezza di 10 centimetri.

4. Il fondo e le pareti dei contenitori sono adeguatamente impermeabilizzati mediante materiale naturale o artificiale al fine di evitare percolazioni o dispersioni degli effluenti zootecnici stessi all’esterno.

5. Nel caso dei contenitori in terra, qualora i terreni su cui sono costruiti abbiano un coefficiente di permeabilità K10-7 cm/s, il fondo e le pareti dei contenitori sono impermeabilizzati con manto artificiale o naturale posto su un adeguato strato di argilla di riporto, nonché dotati, attorno al piede esterno dell’argine, di un fosso di guardia perimetrale adeguatamente dimensionato e isolato idraulicamente dalla normale rete scolante.

6. Nel caso di costruzione di nuovi contenitori di stoccaggio, al fine di indurre un più alto livello di stabilizzazione dei liquami, deve essere previsto, per le aziende in cui venga prodotto un quantitativo di oltre 6.000 chilogrammi di azoto all’anno, il frazionamento del loro volume di stoccaggio in almeno due contenitori. Il prelievo a fini agronomici deve avvenire dal bacino contenente liquame stoccato da più tempo.

7. Il dimensionamento dei contenitori di stoccaggio è calcolato in modo tale da evitare rischi di cedimenti strutturali e garantire la possibilità di omogeneizzazione del liquame.

8. Fatti salvi specifici provvedimenti in materia igienico-sanitaria, la capacità di stoccaggio, calcolata in rapporto alla quantità di effluenti prodotti durante la stabulazione del bestiame, al netto del vuoto sanitario, non deve essere inferiore al volume di materiale non palabile prodotto in:

a) 90 giorni per:

1) gli allevamenti nuovi ed esistenti con produzione inferiore o uguale a 3.000 chili per anno di azoto zootecnico prodotto;

2) gli allevamenti esistenti di bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini, in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali che prevedono la presenza di prati di media o lunga durata e cereali autunno-vernini;

b) 120 giorni per:

1) i nuovi allevamenti o l’ampliamento di quelli esistenti relativamente a bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini di cui al punto a);

2) gli allevamenti esistenti, i loro ampliamenti ed i nuovi allevamenti di bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini, in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali senza la presenza di prati di media o lunga durata e cereali autunno-vernini;

3) gli allevamenti di suini e avicunicoli esistenti;

4) gli allevamenti di bovini da carne nuovi, esistenti e loro ampliamenti;

c) 180 giorni per i nuovi allevamenti o l’ampliamento di quelli esistenti di suini e avicunicoli.

9. A far data dal 31 dicembre 2013 la capacità di stoccaggio di tutti gli allevamenti suini e avicunicoli non dovrà essere inferiore al volume di materiale non palabile prodotto in 180 giorni.

10. Il dimensionamento dei contenitori di stoccaggio, qualora non sussistano esigenze particolari di una più analitica determinazione dei volumi stoccati, è calcolato sulla base dei coefficienti di cui alla tabella 1 dell’Allegato I.

11. Nel caso di allevamenti esistenti ricadenti in zone classificate come montane dalla vigente normativa regionale è comunque ammessa una capacità di stoccaggio pari a 90 giorni.

12. Fatto salvo quanto previsto ai commi 8, 9 e 10, è raccomandata una capacità di stoccaggio degli effluenti zootecnici non palabili pari ad almeno 180 giorni.

13. Per i nuovi allevamenti e per gli ampliamenti di quelli esistenti non sono considerate utili al calcolo dei volumi di stoccaggio le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati.

14. Fatta eccezione per gli adeguamenti imposti dal presente regolamento, è vietata la nuova localizzazione dei contenitori di stoccaggio degli effluenti zootecnici non palabili nelle zone ad alto rischio di esondazione individuate dal Piano di Assetto Idrogeologico del Bacino del fiume Po.

15. Le aree non impermeabilizzate funzionalmente connesse alle strutture di allevamento ed interessate dalla presenza di animali sono soggette a periodiche asportazione degli effluenti al fine di evitare accumuli di deiezioni. Sono inoltre adottati accorgimenti volti a contenere i fenomeni di ruscellamento superficiale delle acque meteoriche e di sgrondo.

Sezione III
Modalità di utilizzazione agronomica

Art. 13.

(Tecniche di distribuzione)

1. La scelta delle tecniche di distribuzione deve tenere conto:

a) delle caratteristiche idrogeologiche e geomorfologiche del sito;

b) delle caratteristiche pedologiche e condizioni del suolo;

c) del tipo di effluente zootecnico utilizzato;

d) delle colture praticate e della loro fase vegetativa.

2. Le tecniche di distribuzione devono assicurare:

a) il contenimento della formazione e diffusione, per deriva, di aerosol verso aree non interessate da attività agricola, comprese le abitazioni e le strade, fatta eccezione per quelle interpoderali e per le piste agrosilvopastorali;

b) l’incorporazione al terreno simultaneamente allo spandimento o entro il giorno successivo alla distribuzione in campo, al fine di ridurre le perdite di ammoniaca per volatilizzazione, il rischio di ruscellamento, la lisciviazione e la formazione di odori sgradevoli; sono fatti salvi i casi di distribuzione in copertura;

c) l’elevata utilizzazione degli elementi nutritivi;

d) l’uniformità di applicazione dell’effluente zootecnico;

e) la prevenzione della percolazione dei nutrienti nei corpi idrici sotterranei.

3. Ai fini del massimo contenimento della lisciviazione dei nitrati al di sotto dello strato di terreno interessato dall’apparato radicale e dei rischi di ruscellamento di composti azotati, la fertirrigazione è realizzata attraverso una valutazione della capacità del terreno a immagazzinare i quantitativi apportati e del volume d’acqua già presente nel suolo al momento dell’intervento, privilegiando i metodi a maggiore efficienza e che consentono la maggiore uniformità di distribuzione. A tale scopo è vietata la pratica fertirrigua per scorrimento nei suoli con pendenza superiore al 10 per cento, ovvero caratterizzati da ristagno idrico temporaneo.

4. In particolare, nei suoli soggetti a forte erosione, nel caso di utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici al di fuori del periodo di durata della coltura principale, deve essere garantita una copertura dei medesimi tramite vegetazione spontanea, colture intercalari, colture di copertura o altre pratiche agronomiche atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati.

Art. 14.

(Dosi di applicazione)

1. L’applicazione al terreno degli effluenti zootecnici deve essere effettuata in quantità di azoto efficiente commisurata ai fabbisogni delle colture e nei periodi compatibili con le esigenze delle stesse.

2. Al fine di contenere i fenomeni di lisciviazione e perdita dell’azoto, la quantità di effluente zootecnico destinata all’applicazione al terreno è valutata in relazione al contenuto di azoto degli effluenti stessi.

3. La quantità di azoto al campo apportato da effluenti zootecnici non deve comunque superare il valore di 340 chilogrammi per ettaro e per anno, fatta eccezione per i casi di cui al comma 4.

4. La quantità di azoto al campo apportato da effluenti zootecnici su terreni caratterizzati, sulla base delle informazioni e dei criteri resi disponibili dal sistema informativo collegato all’Anagrafe unica, da capacità protettiva bassa o moderatamente bassa non deve comunque superare il valore di 250 chilogrammi per ettaro e per anno, nel caso di nuovi allevamenti o di aumenti della capacità zootecnica degli allevamenti esistenti che comportino un incremento nella quantità di azoto al campo uguale o superiore al 30 per cento.

5. La quantità di azoto di cui ai commi 3 e 4 è intesa come quantitativo medio aziendale riferito ai terreni utilizzati per l’applicazione degli effluenti zootecnici ed è calcolata:

a) sulla base dei coefficienti della tabella 2 dell’Allegato I o, in alternativa, di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citate nell’allegato stesso;

b) comprendendo il quantitativo di azoto degli effluenti zootecnici depositati dagli animali quando sono tenuti al pascolo.

6. La quantità di azoto destinata all’applicazione al terreno deve essere distribuita e frazionata in base:

a) ai fabbisogni delle colture;

b) al loro ritmo di assorbimento;

c) ai precedenti colturali.

CAPO II
Utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti da aziende agricole e da piccole aziende agroalimentari

Art. 15.

(Ambito di applicazione)

1. Possono essere destinate all’utilizzazione agronomica le acque reflue provenienti dai cicli produttivi:

a) di imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;

b) di imprese dedite ad allevamento di bestiame che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo funzionalmente connesso con le attività di allevamento e di coltivazione del fondo, per ogni 340 chilogrammi di azoto presente negli effluenti zootecnici prodotti in un anno da computare secondo le modalità di calcolo stabilite alla Tabella 2 dell’Allegato I;

c) di imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di allevamento o di coltivazione dei fondi di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

d) di aziende agroalimentari appartenenti ai settori lattiero-caseario, vitivinicolo e ortofrutticolo che producono quantitativi di acque reflue contenenti sostanze naturali non pericolose non superiori a 4.000 metri cubi all’anno e comunque contenenti, a monte della fase di stoccaggio, quantitativi di azoto non superiori a 1.000 chilogrammi all’anno.

Art. 16.

(Criteri generali di utilizzazione)

1. L’utilizzazione agronomica delle acque reflue è consentita purché siano garantiti:

a) la tutela dei corpi idrici e, per gli stessi, il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti dal Piano regionale di tutela delle acque;

b) l’effetto concimante, ammendante, irriguo o fertirriguo sul suolo e la commisurazione della quantità di azoto efficiente e di acqua applicata ai fabbisogni quantitativi e temporali delle colture;

c) l’esclusione delle acque reflue che possano generare rischi di tipo igienico-sanitario, nonché delle acque derivanti dal lavaggio degli spazi esterni non connessi al ciclo produttivo;

d) l’esclusione delle acque di prima pioggia provenienti da aree a rischio di dilavamento di sostanze che creano pregiudizio per il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici;

e) l’esclusione, per il settore vitivinicolo, delle acque derivanti da processi enologici speciali come ferrocianurazione e desolforazione dei mosti muti, produzione di mosti concentrati e mosti concentrati rettificati;

f) l’esclusione, per il settore lattiero-caseario, delle aziende che trasformano un quantitativo di latte superiore a 100.000 litri all’anno del siero di latte, del latticello, della scotta e delle acque di processo delle paste filate.

2. E’ ammesso l’utilizzo agronomico delle acque reflue finalizzato a veicolare prodotti fitosanitari o fertilizzanti, da effettuarsi sulla base delle norme tecniche dettate con apposito provvedimento della Giunta regionale.

Art. 17.

(Divieti di utilizzazione)

1. Per l’utilizzazione agronomica delle acque reflue si applicano i divieti di cui all’articolo 8.

Art. 18.

(Stoccaggio e trattamento)

1. Fermo restando quanto previsto dalle norme del Piano di Assetto Idrogeologico del Bacino del fiume Po, l’ubicazione dei contenitori di stoccaggio e di trattamento delle acque reflue è valutata tenendo conto delle condizioni locali di accettabilità in relazione ai seguenti parametri:

a) distanza dalle abitazioni;

b) fascia di rispetto da strade, autostrade, ferrovie e confini di proprietà.

2. I contenitori ove avvengono lo stoccaggio ed il trattamento delle acque reflue sono realizzati a tenuta idraulica, al fine di evitare la percolazione o la dispersione delle stesse all’esterno.

3. I contenitori di stoccaggio delle acque reflue possono essere ubicati anche al di fuori della azienda che le utilizza ai fini agronomici, purché sia garantita la non miscelazione con tipologie di acque reflue diverse da quelle di cui al presente regolamento o con rifiuti. La miscelazione con effluenti zootecnici è consentita solo nel caso in cui sia adeguatamente motivata nel Piano di utilizzazione agronomica.

4. I contenitori per lo stoccaggio sono dimensionati secondo le esigenze colturali e realizzati di capacità sufficiente in relazione ai periodi in cui l’impiego agricolo è limitato o impedito da motivazioni agronomiche, climatiche o normative, nonché in modo tale da garantire una capacità minima di stoccaggio pari a 90 giorni.

5. Per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12, per quanto compatibili.

Art. 19.

(Tecniche di distribuzione)

1. Per le tecniche di distribuzione delle acque reflue si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13.

Art. 20.

(Dosi di applicazione)

1. Le dosi di applicazione delle acque reflue, comunque non superiori ad un terzo del fabbisogno irriguo delle colture, e le epoche di distribuzione delle medesime sono finalizzate a massimizzare l’efficienza dell’acqua e dell’azoto in funzione del fabbisogno delle colture, secondo quanto disposto dall’articolo 14 e dall’articolo 16, comma 1, lettera b).

TITOLO III
Programma di azione per le zone designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola

Art. 21.

(Disposizioni generali)

1. Nelle zone designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola, l’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, delle acque reflue di cui al presente regolamento e degli altri fertilizzanti è soggetta alle disposizioni di cui al presente Titolo, che costituiscono il relativo Programma d’azione.

2. Fermo restando quanto previsto al presente Titolo, per l’utilizzazione agronomica delle acque reflue nelle zone designate come vulnerabili da nitrati di origine agricola si applicano le disposizioni di cui al Titolo II, Capo II.

Art. 22.

(Divieti di utilizzazione dei letami, degli altri ammendanti organici e dei concimi azotati)

1. L’utilizzazione agronomica del letame, dei materiali ad esso assimilati e degli altri ammendanti organici, nonché dei concimi azotati è vietata:

a) sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento;

b) nei boschi;

c) entro 5 metri di distanza dalle sponde dei corsi d’acqua naturali e artificiali non arginati, fatta eccezione per i canali artificiali ad esclusivo uso aziendale;

d) entro 10 metri di distanza dalle sponde dei corsi d’acqua classificati ai sensi del Piano Assetto Idrogeologico del Bacino del fiume Po e di quelli soggetti agli obiettivi di qualità individuati dal Piano di tutela delle acque;

e) entro 25 metri di distanza dall’inizio dell’arenile delle acque lacuali e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971;

f) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d’acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione;

g) nelle ventiquattro ore precedenti l’intervento irriguo, nel caso di irrigazione a scorrimento per i concimi non interrati;

h) in tutte le situazioni in cui l’autorità competente provvede ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l’uomo e per la difesa dei corpi idrici;

i) sui terreni di cui non si ha titolo d’uso.

2. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, lettere c), d) ed e), ove tecnicamente possibile, è obbligatoria una copertura vegetale permanente anche spontanea ed è raccomandata la costituzione di siepi o di altre superfici boscate.

Art. 23.

(Divieti di utilizzazione dei liquami e dei fanghi)

1. L’utilizzazione agronomica dei liquami e dei materiali ad essi assimilati, nonché dei fanghi è vietata:

a) sulle superfici non interessate dall’attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato nella fase di impianto della coltura e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento;

b) nei boschi;

c) entro 10 metri di distanza dalle sponde dei corsi d’acqua naturali e artificiali non arginati, fatta eccezione per i canali artificiali ad esclusivo uso aziendale;

d) entro 30 metri di distanza dall’inizio dell’arenile delle acque lacuali e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971;

e) in prossimità di strade, fatta eccezione per quelle interpoderali e le piste agrosilvopastorali, sulla base dei seguenti limiti misurati dal ciglio della strada:

1) 50 metri, nel caso di distribuzione con sistemi a dispersione aerea in pressione;

2) 1 metro, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati.

f) in prossimità di abitazioni, sulla base dei seguenti limiti misurati dal confine dell’insediamento abitativo:

1) 50 metri, nel caso di utilizzo di sistemi a dispersione aerea in pressione;

2) 10 metri, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati e, fatta eccezione per i prati, il tempestivo o immediato interramento;

g) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d’acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione;

h) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano;

i) in orticoltura, a coltura presente, nonché su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante;

j) dopo l’impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in genere ad uso pubblico;

k) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento;

l) in tutte le situazioni in cui l’autorità competente provvede ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l’uomo e per la difesa dei corpi idrici;

m) sui terreni di cui non si ha titolo d’uso.

2. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, lettere c) e d), ove tecnicamente possibile, è obbligatoria una copertura vegetale permanente, anche spontanea, di larghezza corrispondente a quelle indicate all’articolo 22, comma 1, lettere c), d) ed e); è altresì raccomandata la costituzione di siepi o di altre superfici boscate.

3. L’utilizzo dei liquami e dei fanghi è vietato su terreni con pendenza media, riferita ad un’area aziendale omogenea, superiore al 10 per cento; tale limite può essere incrementato, comunque non oltre il 20 per cento, in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di spandimento e almeno nel rispetto delle seguenti prescrizioni volte ad evitare il ruscellamento e l’erosione:

a) dosi di liquami e di fanghi frazionate in più applicazioni;

b) iniezione diretta nel suolo o spandimento superficiale a bassa pressione con interramento entro le dodici ore sui seminativi in prearatura;

c) iniezione diretta, ove tecnicamente possibile, o spandimento a raso sulle colture prative;

d) spandimento a raso in bande o superficiale a bassa pressione in copertura su colture cerealicole o di secondo raccolto.

4. Nel caso di aree caratterizzate da condizioni geomorfologiche e pedologiche sfavorevoli, le province possono individuare i territori per i quali i limiti di pendenza stabiliti al comma 3 possono essere superati, fino ad un massimo del 25 per cento; tale possibilità è ammessa solo in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di spandimento e purché siano garantiti:

a) il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3;

b) il non superamento di un apporto complessivo di azoto di 210 chilogrammi per ettaro per anno, inteso come quantitativo medio aziendale ed ottenuto sommando i contributi da effluenti zootecnici, comunque non superiori a 170 di azoto, ed i contributi da concimi azotati e ammendanti organici.

Art. 24.

(Stoccaggio, accumulo e trattamenti)

1. Fatto salvo quanto previsto ai successivi commi del presente articolo, per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per lo stoccaggio degli effluenti zootecnici e per l’accumulo dei letami si applicano le disposizioni di cui agli articoli 9, 10, 11 e 12.

2. La capacità di stoccaggio per i materiali palabili non può essere inferiore al volume di materiale prodotto in 90 giorni, fatta eccezione per le deiezioni degli avicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65 per cento, per le quali non può essere inferiore al volume di materiale prodotto in 120 giorni.

3. La capacità di stoccaggio per i materiali non palabili, calcolata in rapporto alla quantità di effluenti prodotti durante la stabulazione del bestiame, al netto del vuoto sanitario, non può essere inferiore al volume di materiale prodotto in:

a) 120 giorni per gli allevamenti di bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini, in aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali che prevedono la presenza di prati di media o lunga durata e cereali autunno-vernini;

b) 180 giorni per:

1) gli allevamenti di bovini da carne, suini e avicoli;

2) gli allevamenti di bovini da latte o di linea vacca-vitello, bufalini, equini e ovicaprini, in aziende diverse da quelli di cui alla lettera a).

4. Alla produzione complessiva di liquami da stoccare deve essere sommato il volume delle acque meteoriche, convogliate nei contenitori dello stoccaggio da superfici scoperte interessate dalla presenza di effluenti zootecnici.

5. Per le caratteristiche e il dimensionamento dei contenitori per lo stoccaggio delle acque reflue di cui al presente regolamento si applicano le disposizioni di cui all’articolo 18.

Art. 25.

(Modalità di utilizzazione agronomica)

1. L’applicazione al terreno degli effluenti zootecnici e delle acque reflue di cui al presente regolamento, nonché dei concimi azotati e degli ammendanti organici è vietata nella stagione autunno-invernale, ed in particolare nei seguenti periodi minimi:

a) dal 15 novembre al 15 febbraio per i concimi azotati e gli ammendanti organici, per i letami e i materiali ad essi assimilati, ad eccezione delle deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al sessantacinque per cento per le quali vale il periodo di divieto dal 1° novembre al 28 febbraio;

b) per i liquami, i materiali ad essi assimilati e per le acque reflue:

1) dal 15 novembre al 15 febbraio, nel caso di terreni con prati avvicendati cereali autunno-vernini, colture ortive, arboree con inerbimento permanente o con colture di copertura;

2) dal 15 ottobre al 15 febbraio, nel caso di terreni destinati a colture diverse da quelle di cui al numero 1);

2. Fermo restando il divieto nel periodo compreso tra il 1° dicembre e il 31 gennaio, le province possono disporre la temporanea sospensione dei periodi di divieto di cui al comma 1 in caso di particolari situazioni climatiche e sulla base delle caratteristiche pedologiche dei suoli e delle fasi fenologiche delle colture, opportunamente giustificate tramite specifiche relazioni tecnico-scientifiche.

3. Fermo restando il divieto nel periodo compreso tra il 1° dicembre e il 31 gennaio, la Regione, sulla base delle proposte formulate dalle province, può disporre una diversa decorrenza dei periodi di cui al comma 1 con riferimento all’ordinamento colturale o alle caratteristiche climatiche e pedologiche.

Art. 26.

(Dosi di applicazione dei fertilizzanti)

1. Al fine di garantire il riequilibrio territoriale dell’utilizzo dei fertilizzanti, attraverso l’incremento dell’efficienza azotata degli effluenti zootecnici in sostituzione di concimi azotati, sono prioritariamente impiegati come fertilizzanti, ove disponibili, gli effluenti zootecnici, la cui quantità di applicazione al terreno è calcolata tenendo conto, ai fini del rispetto del bilancio dell’azoto, del reale fabbisogno delle colture, della mineralizzazione netta dei suoli e degli apporti degli organismi azoto-fissatori.

2. La quantità di effluente zootecnico di cui al comma 1 non deve in ogni caso determinare in ogni singola azienda o allevamento un apporto di azoto superiore a 170 chilogrammi per ettaro e per anno, inteso come quantitativo medio aziendale riferito ai terreni utilizzati per l’applicazione degli effluenti zootecnici e calcolato sulla base dei valori della tabella 2 dell’Allegato I o, in alternativa, di altri valori determinati secondo le procedure di calcolo o di misura citati nell’allegato stesso.

3. I limiti di cui al comma 2 sono comprensivi delle deiezioni depositate dagli animali quando sono tenuti al pascolo e degli eventuali fertilizzanti organici di origine animale e dalle acque reflue di cui al presente regolamento.

4. Le dosi di effluente zootecnico, applicate nel rispetto del bilancio dell’azoto, e l’eventuale integrazione di concimi azotati e di ammendanti organici sono giustificate nel Piano di utilizzazione agronomica. Per le aziende ricadenti in parte anche in zone non vulnerabili, il quantitativo medio aziendale sopraindicato deve intendersi riferito esclusivamente alla superficie aziendale ricadente in zona vulnerabile.

5. Al fine di contenere le dispersioni di nutrienti nelle acque superficiali e sotterranee, le tecniche di distribuzione e le altre misure adottate devono assicurare:

a) l’uniformità di applicazione del fertilizzante;

b) l’elevata utilizzazione degli elementi nutritivi ottenibile con un insieme di buone pratiche, comprendenti la somministrazione dei fertilizzanti azotati il più vicino possibile al momento della loro utilizzazione, il frazionamento della dose con il ricorso a più applicazioni ripetute nell’anno ed il ricorso a mezzi di spandimento atti a minimizzare le emissioni di azoto in atmosfera;

c) la corretta applicazione al terreno di tutti i fertilizzanti utilizzati;

d) lo spandimento del liquame con sistemi di erogazione a pressione tali da non determinare la polverizzazione del getto;

e) la conformità delle pratiche irrigue alle disposizioni di cui all’Allegato IV al presente regolamento.

6. Ai fini dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, al di fuori del periodo di durata del ciclo della coltura principale, devono essere garantite o una copertura dei suoli tramite colture intercalari o colture di copertura o altre pratiche colturali atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati, quali l’interramento di paglie e stocchi.

7. L’utilizzazione agronomica dei fertilizzanti e degli ammendanti organici deve avvenire nel rispetto dei criteri generali stabiliti nell’Allegato V.

TITOLO IV
Norme finali e transitorie

Art. 27.

(Controlli)

1. Sulla base delle comunicazioni ricevute e delle altre conoscenze a loro disposizione riguardo allo stato delle acque, agli allevamenti, alle coltivazioni, nonché alle condizioni pedoclimatiche e idrologiche del territorio, le province organizzano ed effettuano sia controlli cartolari con incrocio di dati, sia controlli nelle aziende agrozootecniche ed agroalimentari per verificare la conformità delle modalità di utilizzazione agronomica agli obblighi di cui al presente regolamento.

2. I controlli di cui al comma 1 sono effettuati sulla base delle indicazioni formulate dalla Giunta regionale in ragione di criteri di rischio ambientale ed igienico-sanitario e finalizzate al coordinamento sul territorio regionale delle attività di controllo e alla loro integrazione con l’applicazione del regime di condizionalità previsto dalla normativa dell’Unione europea.

3. I controlli cartolari sono raccomandati per almeno il 10 per cento delle comunicazioni o degli aggiornamenti effettuati nell’anno solare e quelli aziendali per almeno il 4 per cento. I controlli aziendali comprendono anche le analisi dei suoli dei comprensori più intensamente coltivati al fine di valutare la presenza di eccessi di azoto e fosforo applicati al terreno.

4. In particolari situazioni di rischio, le province possono dettare ulteriori specifiche prescrizioni volte a garantire che l’utilizzazione agronomica avvenga senza pregiudizio per l’ambiente, assegnando a tal fine termini di adeguamento congrui rispetto agli adempimenti prescritti.

5. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente e la segnalazione alle autorità di controllo competenti in materia di applicazione del regime di condizionalità, in caso di inosservanza alle norme di cui al presente regolamento o delle prescrizioni impartite ai sensi del comma 4 le province procedono, secondo la gravità dell’infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale ordine di sospensione dell’utilizzazione agronomica per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente;

c) al divieto di esercizio dell’utilizzazione agronomica nel caso di mancata comunicazione o in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente.

Art. 28.

(Ulteriori controlli in zone vulnerabili)

1. Ai fini della verifica della concentrazione di nitrati nelle acque superficiali e sotterranee e della valutazione dello stato trofico delle acque lacustri, la Regione Piemonte effettua nelle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola uno specifico programma di monitoraggio in stazioni di campionamento rappresentative della qualità delle predette acque.

2. La frequenza dei controlli di cui al comma 1 è progettata e realizzata in modo da garantire l’acquisizione di dati sufficienti ad evidenziare la tendenza della concentrazione dei nitrati, al fine della revisione della designazione delle zone vulnerabili e della valutazione dell’efficacia del Programma di azione di cui al Titolo III.

3. Fermo restando quanto disposto ai commi 1 e 2, le province provvedono periodicamente all’analisi dei suoli interessati dall’utilizzazione agronomica di cui al Titolo III per la comparazione delle concentrazioni di rame e zinco, in forma totale, di fosforo in forma assimilabile riscontrate con i rispettivi limiti di accettabilità individuati con deliberazione della Giunta regionale entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

4. Le analisi di cui al comma 3 sono effettuate secondo i metodi ufficiali di analisi chimica del suolo di cui al decreto ministeriale 13 settembre 1999 del Ministero per le politiche agricole e forestali, pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 248 del 21 ottobre 1999.

5. I sopralluoghi effettuati nelle aziende agrozootecniche ed agroalimentari che effettuano l’utilizzazione agronomica disciplinata al Titolo III sono, tra l’altro, finalizzati alla verifica:

a) della effettiva utilizzazione di tutta la superficie a disposizione;

b) della presenza delle colture indicate nella comunicazione e relativo Piano di utilizzazione agronomica;

c) della rispondenza dei mezzi e delle modalità di applicazione al terreno dichiarate nei predetti documenti.

Art. 29.

(Strategie di gestione integrata di effluenti zootecnici)

1. Al fine di ripristinare un corretto equilibrio agricoltura-ambiente, la Regione Piemonte promuove la realizzazione delle modalità di gestione integrata degli effluenti zootecnici di cui all’Allegato VI, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili al fine di evitare il trasferimento dell’inquinamento tra i diversi comparti ambientali, anche attraverso la stipulazione di accordi e contratti di programma con i soggetti interessati finalizzati alla costituzione di consorzi ovvero di altre forme di cooperazione interaziendale.

2. In particolari contesti territoriali caratterizzati da elevata vulnerabilità da nitrati o a rischio di eutrofizzazione delle acque, le province, sulla base del Piano di tutela delle acque e degli studi ad esso collegati, possono rendere obbligatorie, ove tecnicamente possibile, le modalità di gestione di cui all’Allegato VI, Parte B nei casi in cui la produzione di azoto risulti eccedente rispetto ai fabbisogni dei terreni utilizzati e qualora si rendano necessarie azioni rafforzative del Programma d’azione di cui al Titolo III.

Art. 30.

(Formazione e informazione degli agricoltori)

1. Con deliberazione della Giunta regionale, da adottarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono individuati gli interventi di formazione e informazione degli operatori delle aziende ricadenti in zone vulnerabili da nitrati.

2. Gli interventi formativi e informativi di cui al comma 1 hanno per oggetto le disposizioni del presente regolamento ed in particolare il Programma d’azione di cui al Titolo III, nonché il Codice di buona pratica agricola. Tali interventi si prefiggono l’obiettivo di:

a) diffondere la conoscenza delle norme in materia di utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici, delle acque reflue e degli altri fertilizzanti di cui al presente regolamento;

b) formare il personale aziendale sulle tecniche di autocontrollo al fine di mantenere aggiornato il livello di conformità aziendale alle normative ambientali cogenti;

c) mettere a punto un sistema permanente di consulenza ambientale rivolto alle aziende;

d) promuovere la graduale penetrazione nelle aziende dei sistemi di gestione ambientale.

3. Gli interventi formativi devono essere integrati nell’ambito delle attività previste dal vigente Programma di sviluppo rurale.

Art. 31.

(Gestione delle informazioni connesse all’utilizzazione agronomica)

1. Al fine di semplificare gli adempimenti amministrativi connessi alla predisposizione della comunicazione di cui all’articolo 3 i contenuti della stessa sono armonizzati nella procedura di gestione dell’Anagrafe unica.

2. Allo scopo di favorire il riequilibrio territoriale nell’utilizzazione agronomica delle sostanze fertilizzanti, con particolare riguardo a quelle di origine zootecnica, le informazioni sui terreni oggetto della citata utilizzazione sono rese pubbliche nell’ambito delle procedure allo scopo dedicate.

Art. 32.

(Norme transitorie)

1. Per le aziende esistenti la comunicazione e il relativo Piano di utilizzazione agronomica sono presentati entro il 30 giugno 2008, tramite il servizio on-line messo a disposizione dalla Regione Piemonte nell’ambito dell’Anagrafe unica, inserendo o aggiornando i dati relativi alla propria situazione aziendale rispetto agli obblighi previsti dal presente regolamento.

2. Le aziende che, alla luce della comunicazione e del Piano di cui al comma 1, debbano effettuare investimenti finalizzati al rispetto delle norme stabilite dal presente regolamento, entro il 31 dicembre 2008 presentano alle province competenti per territorio, per la relativa approvazione, un programma di adeguamento redatto secondo lo schema stabilito dalla Giunta regionale entro il 31 marzo 2008; lo stesso schema stabilisce, inoltre, le tolleranze massime ammissibili per l’adeguamento strutturale delle aziende.

3. Ferme restando le scadenze definite dalle deliberazioni della Giunta regionale attuative del regolamento regionale 18 ottobre 2002 n. 9/R (Designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e relativo programma d’azione), le previsioni del programma di adeguamento di cui al comma 2 e le eventuali prescrizioni dettate in merito dalla provincia competente sono realizzate entro due anni dall’intervenuta approvazione del predetto programma.

4. Per le aziende esistenti che procedono all’utilizzazione agronomica delle deiezioni degli avicunicoli essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65 per cento il divieto di cui all’articolo 25 si applica entro 36 mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento.

5. Fatta eccezione per i casi di ampliamento di allevamenti zootecnici esistenti, le aziende zootecniche che, in applicazione delle disposizioni regionali vigenti in materia, abbiano provveduto all’adeguamento delle proprie strutture di stoccaggio degli effluenti zootecnici, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2003 e l’entrata in vigore del presente regolamento, sono esonerate dall’eventuale obbligo di ulteriore adeguamento delle strutture stesse in applicazione di diversi limiti imposti dal presente regolamento, fino al 31 dicembre 2013.

Art. 33.

(Abrogazioni)

1. A far data dall’entrata in vigore del presente regolamento, gli articoli 3 e 4 e l’Allegato B del regolamento regionale 18 ottobre 2002 n. 9/R (Designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e relativo programma d’azione) sono abrogati.

2. A far data dall’entrata in vigore del presente regolamento non trovano più applicazione le disposizioni di cui alla deliberazione della Giunta regionale 30 dicembre 1991 n. 46-12028 e successive modifiche e integrazioni, recante: “Prime disposizioni tecniche e procedurali per l’autorizzazione allo smaltimento in agricoltura dei liquami provenienti da allevamenti animali.”.

Art. 34.

(Entrata in vigore)

1. Il presente regolamento entra in vigore il 1° gennaio 2008.

Il presente regolamento sarà pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.

Torino, addì 29 ottobre 2007.

Mercedes Bresso

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