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Bollettino Ufficiale n. 32 del 09 / 08 / 2007

Legge regionale 6 agosto 2007, n. 18.

Norme per la programmazione socio-sanitaria e il riassetto del servizio sanitario regionale.

Il Consiglio regionale ha approvato.

LA PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

TITOLO I.
DISPOSIZIONI GENERALI

CAPO I.
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Finalità e principi)

1. La presente legge definisce gli strumenti della programmazione socio-sanitaria regionale, nel contesto del piano regionale di sviluppo e individua i soggetti coinvolti nella pianificazione, programmazione e gestione delle funzioni socio-sanitarie.

2. La Regione Piemonte persegue gli obiettivi di salute tramite il metodo della valutazione dell’impatto sulla salute stessa di tutte le decisioni e scelte strategiche.

3. La programmazione socio-sanitaria regionale è basata sui seguenti principi:

a) tutela e promozione della salute come bene comune, diritto inalienabile di tutti i cittadini, a prescindere dalle condizioni sociali individuali e interesse della collettività, ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione;

b) primato della prevenzione e ruolo strategico delle attività di promozione della salute;

c) ruolo primario dei soggetti individuali e collettivi del territorio nell’identificazione dei bisogni di salute e delle azioni finalizzate al raggiungimento e mantenimento del benessere sociale;

d) orientamento alla solidarietà, alla sobrietà, alla dignità, alla umanizzazione e alla sussidiarietà nella organizzazione e nel funzionamento dei servizi socio-sanitari;

e) partecipazione degli enti locali, dei cittadini e degli operatori pubblici e privati del servizio socio-sanitario regionale, attraverso le loro rappresentanze, alla definizione delle linee programmatiche;

f) omogeneità e uniformità delle prestazioni da assicurare ai cittadini, attraverso livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio regionale che siano garanzia di giustizia ed equità;

g) appropriatezza delle prestazioni, qualità e continuità delle stesse, attraverso l’integrazione degli interventi sociali e socio-sanitari;

h) valorizzazione del sistema sanitario quale strumento di sviluppo sociale ed economico della Regione.

4. La legge stabilisce, altresì, i criteri per il riassetto del servizio sanitario regionale.

TITOLO II.
PROGRAMMAZIONE SOCIO-SANITARIA

CAPO I.
STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE

Art. 2.

(I livelli e gli strumenti di programmazione)

1. La programmazione socio-sanitaria della Regione assicura, in coerenza con i principi di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992 n. 421) ed alla legge 8 novembre 2000 n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), lo sviluppo dei servizi di prevenzione, dei servizi ospedalieri in rete, dei servizi sanitari territoriali e la loro integrazione con i servizi di assistenza sociale.

2. Sono strumenti della programmazione socio-sanitaria a livello regionale il piano socio-sanitario regionale ed i relativi strumenti di attuazione.

3. Sono strumenti della programmazione socio-sanitaria a livello locale:

a) i profili e piani di salute di cui all’articolo 14;

b) i piani attuativi delle aziende sanitarie locali (ASL) di cui all’articolo 15;

c) i piani attuativi delle aziende ospedaliere di cui all’articolo 16;

d) i piani di zona di cui all’articolo 17 della legge regionale 8 gennaio 2004 n. 1 (Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento).

4. Sono strumenti triennali di valutazione e di monitoraggio della programmazione socio-sanitaria regionale:

a) la relazione socio-sanitaria regionale di cui all’articolo 13;

b) la relazione socio-sanitaria aziendale di cui all’articolo 17.

CAPO II.
IL CONCORSO DEI SOGGETTI ISTITUZIONALI, DEI SOGGETTI PARTECIPATIVI
E DELLE AUTONOMIE LOCALI
ALLA PROGRAMMAZIONE SOCIO-SANITARIA

Art. 3.

(Competenze della Regione)

1. Il Consiglio regionale approva con deliberazione il piano socio-sanitario regionale, di cui definisce la durata e gli aggiornamenti.

2. La Giunta regionale esercita le funzioni di indirizzo tecnico-amministrativo e di coordinamento delle attività delle aziende sanitarie, in conformità alle disposizioni del piano socio-sanitario regionale.

3. La Giunta regionale esercita attività di controllo, vigilanza, promozione e supporto nei confronti delle aziende sanitarie.

4. La Giunta regionale, per svolgere le proprie funzioni di programmazione, si avvale del Consiglio regionale di sanità e assistenza (CORESA) di cui alla legge regionale 4 luglio 1984 n. 30 (Istituzione del Consiglio regionale di sanità ed assistenza) e dell’Agenzia regionale per i servizi sanitari (ARESS).

Art. 4.

(Attribuzioni e funzionamento del CORESA)

1. Il CORESA partecipa al processo di programmazione socio-sanitaria con funzioni di parere e consulenza nei confronti della Giunta regionale e della Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria di cui all’articolo 108 della legge regionale 26 aprile 2000, n. 44 (di attuazione del d. lgs. 112/1998) così come sostituito dall’articolo 6 della presente legge.

2. Il CORESA, ai sensi di quanto previsto dal comma 1, è sentito obbligatoriamente in ordine:

a) alla formazione del piano socio-sanitario regionale e relativi aggiornamenti;

b) alla stesura del testo finale della relazione socio-sanitaria di cui all’articolo 13, commi 1 e 2;

c) all’attivazione di progetti riguardanti aree prioritarie di intervento socio-sanitario;

d) all’attivazione di progetti di sperimentazione gestionale in ambito socio-sanitario;

e) ai criteri di indirizzo tematico della ricerca sanitaria finalizzata regionale;

f) ad iniziative di promozione della integrazione socio-sanitaria e di interazione fra salute ed ambiente.

3. Il CORESA esprime, inoltre, pareri in merito a specifiche richieste formulate dagli assessorati dell’amministrazione regionale competenti in materia socio-sanitaria.

4. Le modalità di funzionamento del CORESA sono disciplinate con apposito regolamento, assunto a maggioranza dei componenti. Il regolamento, da adottarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, può prevedere che il CORESA articoli le proprie attività per strutture competenti in materia e disciplinare i casi in cui è richiesta la convocazione dell’assemblea plenaria.

5. Il CORESA esprime i pareri entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta; trascorso tale termine il parere si intende favorevole.

Art. 5.

(Presidente del CORESA)

1. Il Presidente del CORESA è eletto dal Consiglio stesso fra i suoi membri, a scrutinio segreto, a maggioranza assoluta dei componenti o, in secondo scrutinio, a maggioranza semplice.

2. In caso di assenza, impedimento, morte o dimissioni del Presidente, le relative funzioni sono svolte da un vice Presidente, nominato dal Presidente con le modalità previste nel regolamento di cui all’articolo 4, comma 4.

3. Il Presidente provvede a:

a) convocare l’assemblea plenaria;

b) predisporre l’ordine del giorno delle sedute;

c) designare uno o più relatori degli argomenti da trattare;

d) invitare a partecipare alle sedute, per l’esame di specifici problemi, esperti nelle materie attinenti gli argomenti all’ordine del giorno;

e) eseguire ogni altro adempimento demandatogli dal regolamento di cui all’articolo 4, comma 4.

4. I dirigenti regionali delle strutture competenti per materia hanno diritto di partecipare alle sedute dell’assemblea plenaria e delle sue eventuali articolazioni.

Art. 6.

(Sostituzione dell’articolo 108 della l.r. 44/2000)

1. L’articolo 108 della l.r. 44/2000, come inserito dall’articolo 10 della legge regionale 15 marzo 2001, n. 5, è sostituito dal seguente:

“Art. 108. (La Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria)

1. La Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria, di cui all’articolo 2, comma 2-bis del d. lgs. 502/1992, è l’organo attraverso cui gli enti locali territoriali concorrono alla definizione e alla valutazione delle politiche regionali in materia sanitaria e socio-sanitaria.

2. La Conferenza esprime parere, entro sessanta giorni dalla richiesta:

a) sulla proposta di piano socio-sanitario regionale;

b) sulla proposta di piano regionale degli interventi e dei servizi sociali;

c) sulla relazione socio-sanitaria regionale.

3. La Conferenza può formulare proposte sui documenti di cui al comma 2, lettere a) e b).

4. La Conferenza valuta lo stato dell’organizzazione e l’efficacia dei servizi; a questo fine, la Giunta regionale trasmette alla Conferenza i documenti di verifica sullo stato di attuazione della programmazione regionale.

5. La Conferenza, istituita con decreto del Presidente della Giunta regionale, è presieduta dal medesimo o da suo delegato ed è così composta:

a) dal sindaco della città di Torino, o un suo delegato, nella sua qualità di Presidente delle conferenze dei presidenti di circoscrizione di cui all’articolo 15, comma 5, della legge regionale 24 gennaio 1995, n. 10 (Ordinamento, organizzazione e funzionamento delle Aziende sanitarie regionali);

b) dai presidenti delle conferenze dei sindaci delle ASL;

c) dai presidenti delle province piemontesi;

d) da tre rappresentanti dell’Associazione nazionale comuni italiani;

e) da due rappresentanti della Lega delle autonomie locali;

f) da un rappresentante della Associazione nazionale piccoli comuni d’Italia;

g) da un rappresentante dell’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani;

h) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali confederali maggiormente rappresentative a livello regionale;

i) da un rappresentante del terzo settore.

6. I componenti di cui al comma 5, lettere d), e), f), g), h) e i) sono designati dalle rispettive organizzazioni di appartenenza.

7. Le modalità di funzionamento della Conferenza e delle sue eventuali articolazioni sono disciplinate da apposito regolamento, approvato con deliberazione della Giunta regionale, informata la commissione consiliare competente. Il medesimo provvedimento definisce altresì le modalità di raccordo della stessa con la Conferenza permanente Regione-Autonomie locali di cui all’articolo 6 della legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli enti locali).".

Art. 7.

(Conferenza dei sindaci di ASL e Conferenze dei presidenti di circoscrizione per la Città di Torino)

1. La Conferenza dei sindaci di ASL di cui all’articolo 15 della l.r. 10/1995 e, per la Città di Torino, le Conferenze dei presidenti di circoscrizione, concorrono alla definizione degli indirizzi generali di programmazione socio-sanitaria nelle forme e nei termini previsti dall’articolo 3, comma 14, del d. lgs. 502/1992, nonché dalle linee approvate dal Consiglio regionale.

2. La Conferenza, in particolare:

a) definisce, nell’ambito della programmazione socio-sanitaria regionale, le linee di indirizzo per l’elaborazione del piano attuativo locale di cui all’articolo 15. Eventuali scostamenti da tali linee debbono essere adeguatamente motivati dal direttore generale. Le linee di indirizzo sono elaborate sulla base delle previsioni dei profili e piani di salute di cui all’articolo 14;

b) esamina ed esprime parere sul bilancio pluriennale di previsione e sul bilancio di esercizio della ASL di riferimento e rimette alla Giunta regionale le proprie osservazioni. In caso di parere negativo la Giunta regionale assume le proprie determinazioni con provvedimento motivato;

c) esprime i pareri previsti all’articolo 3 bis, commi 6 e 7, del d. lgs. 502/1992, sull’operato del direttore generale dell’ASL e del direttore generale dell’azienda ospedaliera eventualmente insistente sul territorio di competenza;

d) può richiedere alla Regione la revoca del direttore generale dell’ASL e del direttore generale dell’azienda ospedaliera eventualmente insistente sul territorio di competenza, nel caso previsto dall’articolo 3-bis, comma 7, del d. lgs. 502/1992;

e) designa un componente del collegio sindacale dell’ASL e dell’azienda ospedaliera eventualmente insistente sul territorio di competenza;

f) esercita ogni altra competenza ad essa riservata dalle norme nazionali e regionali.

3. Le modalità di funzionamento della Conferenza sono disciplinate dall’articolo 15 della l.r. 10/1995. Per le aziende sanitarie torinesi le competenze di cui al comma 2, lettere c), d) ed e) sono esercitate dalle Conferenze dei presidenti di circoscrizione di riferimento territoriale riunite in seduta congiunta sotto la presidenza del sindaco o suo delegato.

Art. 8.

(Comitato dei sindaci di distretto)

1. Il Comitato dei sindaci di distretto, di cui all’articolo 3-quater del d. lgs. 502/1992, è l’organo di partecipazione alla programmazione socio-sanitaria a livello distrettuale.

2. Il Comitato è composto dai sindaci dei comuni compresi nell’ambito territoriale del distretto di cui all’articolo 19. Per le aziende sanitarie torinesi i rinvii al Comitato dei sindaci di distretto devono intendersi riferiti al Comitato dei presidenti di circoscrizione di riferimento territoriale.

3. Al Comitato partecipano inoltre, con diritto di voto, il presidente della provincia ovvero, per le aziende sanitarie torinesi, il sindaco della città di Torino nella sua qualità di presidente delle Conferenze dei presidenti di circoscrizione ed il presidente dell’ente gestore dei servizi sociali.

4. Possono altresì partecipare, senza diritto di voto, il presidente della Conferenza dei sindaci dell’azienda territorialmente competente, il direttore del distretto ed il direttore dell’ente gestore dei servizi sociali.

5. Gli oneri per l’esercizio delle funzioni dei comitati sono a carico delle ASL interessate.

Art. 9.

(Atenei piemontesi)

1. Gli atenei piemontesi partecipano al processo di programmazione socio-sanitaria nel rispetto dei principi stabiliti dalla convenzione con la Regione.

2. La Regione elabora protocolli d’intesa con gli atenei, per la regolamentazione dell’apporto delle facoltà di medicina e chirurgia alle attività assistenziali del servizio sanitario regionale e, contestualmente, dell’apporto di quest’ultimo alle attività didattiche, nel rispetto delle specifiche finalità istituzionali.

3. Per la predisposizione dei protocolli di intesa è costituita un’apposita commissione paritetica con funzione di supporto tecnico, nominata dalla Giunta regionale su designazione degli enti interessati. Per i problemi specifici delle singole sedi universitarie la commissione è articolata territorialmente.

4. La Regione elabora protocolli con gli atenei per la formazione di figure professionali afferenti al comparto socio-sanitario.

Art. 10.

(Partecipazione alla programmazione)

1. La Regione prevede, nella fase di elaborazione degli atti di programmazione, la partecipazione degli utenti, delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni di volontariato, delle associazioni di tutela e di promozione sociale, della cooperazione sociale e degli altri soggetti del terzo settore al processo di programmazione socio-sanitaria in ambito regionale e locale, avvalendosi del contributo tecnico degli operatori, delle associazioni professionali e delle società scientifiche accreditate.

2. Ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del d. lgs. 502/1992, la Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare che si esprime nei trenta giorni successivi alla richiesta, istituisce e disciplina con proprio provvedimento un’apposita conferenza degli organismi di rappresentanza degli utenti, del terzo settore e dell’imprenditorialità sociale in ogni azienda sanitaria, quale strumento partecipativo.

3. Con deliberazione del Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, sentita la Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria, che si esprime entro trenta giorni dalla richiesta, sono definiti, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-quater, del d. lgs. n. 502/1992, i criteri e le modalità di coordinamento delle strutture operanti nell’area metropolitana.

CAPO III.
GLI STRUMENTI DELLA PROGRAMMAZIONE SOCIO-SANITARIA

Art. 11.

(Piano socio-sanitario regionale)

1. Il piano socio-sanitario regionale è lo strumento di programmazione con il quale la Regione, nell’ambito del piano regionale di sviluppo e delle relative politiche economico-finanziarie, definisce gli obiettivi di salute e di politica sanitaria regionale ed adegua l’organizzazione dei servizi socio-sanitari in relazione ai bisogni assistenziali della popolazione, rilevati attraverso gli strumenti di cui all’articolo 2 nonché attraverso idonei indicatori dello stato di salute della popolazione medesima.

2. Il piano socio-sanitario regionale è approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale e previo parere della Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria, nell’anno di inizio del periodo al quale si riferisce la programmazione.

Art. 12.

(Contenuti del piano socio-sanitario regionale)

1. Il piano socio-sanitario regionale individua gli obiettivi generali di salute e di benessere da assumere per la programmazione locale, le strategie di sviluppo e le linee di governo dei servizi socio-sanitari regionali, definendo in particolare:

a) lo stato di salute della popolazione piemontese e i principali problemi cui attribuire priorità nella programmazione;

b) le eventuali criticità presenti nel sistema;

c) i criteri per il dimensionamento ottimale, per la distribuzione territoriale e per l’articolazione in rete dei servizi, ivi compresi quelli sovrazonali;

d) i criteri generali per l’attivazione di forme innovative di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie;

e) i criteri generali per l’organizzazione dei servizi e delle aziende sanitarie regionali;

f) i metodi e gli strumenti da adottare per il governo delle aziende sanitarie regionali;

g) il quadro delle risorse umane e finanziarie finalizzate al raggiungimento degli obiettivi;

h) i principi ispiratori per la revisione del sistema di accreditamento dei servizi;

i) il ruolo dei soggetti erogatori privati all’interno del sistema, nell’ambito della competenza programmatoria pubblica;

l) i criteri e modalità di partecipazione dei cittadini alla spesa;

m) metodi e indicatori per la valutazione del sistema sanitario.

2. Il piano socio-sanitario regionale si attua attraverso gli strumenti di programmazione di cui all’articolo 2.

Art. 13.

(Relazione socio-sanitaria
e documenti informativi periodici)

1. La relazione socio-sanitaria regionale esprime, anche sulla base delle risultanze delle relazioni socio-sanitarie aziendali e di un apposito sistema di indicatori, le valutazioni sui risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti dal piano socio-sanitario regionale.

2. La Giunta regionale presenta ogni tre anni la relazione socio-sanitaria e la trasmette al Consiglio regionale e alla Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria.

3. La Giunta regionale presenta al Consiglio regionale ogni anno un documento di monitoraggio e valutazione relativo allo stato di attuazione della programmazione regionale ed ai risultati raggiunti in merito agli obiettivi di salute.

4. Il Consiglio regionale, in base ai risultati di salute della programmazione socio-sanitaria regionale emergenti dalla relazione socio-sanitaria regionale e dal documento di cui al comma 3, formula indirizzi alla Giunta regionale anche per adeguare gli strumenti di programmazione socio-sanitaria, da approvarsi da parte del Consiglio medesimo.

Art. 14.

(Profili e piani di salute)

1. Il profilo e piano di salute, di seguito denominato PEPS, è lo strumento con cui la comunità locale, a livello distrettuale, definisce il proprio profilo di salute, individua gli obiettivi di salute e produce linee di indirizzo volte ad orientare le politiche del territorio.

2. È compito del PEPS:

a) definire gli obiettivi prioritari di salute e benessere;

b) identificare tutti i soggetti coinvolti, i rispettivi ruoli e i contributi specifici;

c) attivare gli strumenti di valutazione del raggiungimento degli obiettivi.

3. I piani attuativi locali di cui all’articolo 15 recepiscono gli obiettivi di salute previsti dai PEPS relativi alla rete dei servizi socio-sanitari.

4. Il Comitato dei sindaci di cui all’articolo 8, sentiti i soggetti interessati e previa concertazione con i soggetti di cui all’ articolo 10, comma 1, predispone il PEPS e lo approva a maggioranza.

5. Le ASL e le aziende ospedaliere di riferimento forniscono l’assistenza necessaria, assicurano la partecipazione al processo di elaborazione e approvazione dei PEPS e garantiscono la disponibilità di tutte le informazioni epidemiologiche relative alla popolazione del distretto.

6. Ai fini di cui al comma 2, il PEPS orienta la programmazione e tiene conto degli atti fondamentali di indirizzo regionali, provinciali e comunali, compresi i piani di zona di cui all’articolo 2, e assicura il raccordo con altri enti pubblici interessati, con le strutture di assistenza, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, la cooperazione sociale e il terzo settore.

7. La Giunta regionale elabora apposite linee guida per la predisposizione dei PEPS, di concerto con le province.

8. Il PEPS ha la durata del piano socio-sanitario regionale e si attua attraverso programmi operativi annuali che ne possono anche costituire aggiornamento.

Art. 15.

(Piani attuativi locali)

1. Il piano attuativo locale è lo strumento di programmazione con il quale, nell’ambito delle disposizioni della programmazione socio-sanitaria regionale e degli indirizzi impartiti dalle Conferenze dei sindaci di cui all’articolo 7, le ASL programmano le attività da svolgere recependo, per le attività sanitarie e socio-sanitarie territoriali, quanto previsto dai PEPS di distretto e dai piani di zona di cui all’articolo 2; il piano attuativo locale ha la durata del piano socio-sanitario regionale e può prevedere aggiornamenti annuali.

2. La Conferenza dei sindaci di cui all’articolo 7, in base alle risultanze dei PEPS, determina gli indirizzi e definisce i criteri per la elaborazione del piano attuativo locale da parte delle ASL.

3. Il direttore generale dell’ASL, previo confronto con i soggetti di cui all’articolo 10, adotta il piano attuativo e lo trasmette alla Conferenza dei sindaci, per acquisirne il parere.

4. Il direttore generale trasmette il piano attuativo approvato, corredato del parere della Conferenza dei sindaci, alla Giunta regionale che, entro quaranta giorni, ne verifica la conformità alla programmazione socio-sanitaria regionale.

5. Il piano attuativo si realizza attraverso programmi annuali di attività articolati, per quanto riguarda le attività socio-sanitarie territoriali, per distretti.

6. Il direttore generale dell’ASL adotta il programma annuale di attività di cui al comma 5 entro l’anno precedente a quello di riferimento, previa intesa, per la parte relativa alle attività afferenti all’area dell’integrazione socio-sanitaria, con il Comitato dei sindaci di distretto di cui all’articolo 8, e lo trasmette alla Conferenza dei sindaci e alla Giunta regionale.

7. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare che si esprime nei trenta giorni successivi alla richiesta, delibera specifiche linee guida per la predisposizione dei programmi di cui al presente articolo.

Art. 16.

(Piani attuativi delle aziende ospedaliere)

1. Il piano attuativo ospedaliero è lo strumento di programmazione con il quale, nell’ambito delle disposizioni della programmazione socio-sanitaria regionale e degli indirizzi e valutazioni della Conferenza dei sindaci dell’ASL nel cui territorio è ubicata, l’azienda ospedaliera programma le attività di propria competenza, tenendo conto di quanto previsto dai PEPS di distretto e dai piani di zona di cui all’articolo 2;

2. Il piano attuativo ospedaliero ha la durata del piano socio-sanitario regionale e può prevedere aggiornamenti annuali.

3. Il direttore generale dell’azienda ospedaliera, previo confronto con i soggetti di cui all’articolo 10, adotta il piano attuativo ospedaliero e lo trasmette alla Conferenza dei sindaci di cui al comma 1 per l’acquisizione del parere di competenza. Il direttore generale trasmette il piano attuativo e le eventuali osservazioni alla Giunta regionale che, verificatane la conformità alla programmazione socio-sanitaria regionale, lo approva entro quaranta giorni dal ricevimento.

4. Il piano attuativo si realizza attraverso programmi annuali di attività.

5. Il direttore generale dell’azienda ospedaliera adotta il programma annuale di attività di cui al comma 4 entro l’anno precedente a quello di riferimento e lo trasmette alla Conferenza dei sindaci e alla Giunta regionale.

6. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare che si esprime nei trenta giorni successivi alla richiesta, delibera specifiche linee guida per la predisposizione dei programmi di cui al presente articolo.

Art. 17.

(Relazione socio-sanitaria aziendale)

1. La relazione socio-sanitaria aziendale è lo strumento di accertamento e documentazione dei risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti dalla programmazione socio-sanitaria regionale e aziendale, anche sulla base di un apposito insieme di indicatori di valutazione.

2. La relazione socio-sanitaria aziendale è predisposta dal direttore generale, previo parere del collegio di direzione e del consiglio dei sanitari, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.

3. La relazione socio-sanitaria aziendale è trasmessa:

a) dalle ASL alla Giunta regionale e alla Conferenza dei sindaci;

b) dalle aziende ospedaliere alla Giunta regionale e alla Conferenza dei sindaci dell’ASL nel cui territorio sono ubicate.

4. Le Conferenze dei sindaci esprimono le proprie valutazioni sulle relazioni socio-sanitarie e le trasmettono alla Giunta regionale, anche ai fini della valutazione sull’operato del direttore generale.

TITOLO III.
RIASSETTO DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

CAPO I.
RIASSETTO DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

Art. 18.

(Nuovi ambiti territoriali delle aziende sanitarie locali)

1. Con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, sono individuate le nuove ASL ed i relativi ambiti territoriali.

2. Gli ambiti territoriali delle nuove aziende corrispondono, di norma, ai territori delle province, ferma restando la facoltà di mantenere nelle aziende, in relazione ai bisogni dei cittadini, comuni di altra provincia.

3. Nel caso in cui la singola provincia abbia una popolazione superiore a 400.000 abitanti, è facoltà del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, di individuare un numero maggiore di aziende.

4. Al fine del miglioramento della funzionalità dei servizi, con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, anche su iniziativa degli enti locali, può essere disposto lo spostamento di singoli comuni o di circoscrizioni da uno ad altro ambito territoriale aziendale. A tal fine la Giunta regionale acquisisce il parere delle conferenze dei sindaci o dei presidenti di circoscrizione interessate.

5. Le nuove ASL sono costituite in azienda, con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale, con decreto del Presidente della Giunta regionale, con il quale è altresì dichiarata l’estinzione delle ASL preesistenti.

Art. 19.

(Articolazione distrettuale delle ASL
e delle attività socio-sanitarie)

1. I distretti, comprendenti ciascuno una popolazione non inferiore a 70.000 abitanti, costituiscono l’articolazione territoriale delle ASL e l’ambito ottimale per l’integrazione delle attività socio-sanitarie. Per le zone a scarsa densità abitativa o con particolari caratteristiche territoriali il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, individua criteri specifici per il dimensionamento ottimale dell’ambito distrettuale.

2. L’articolazione distrettuale viene realizzata al fine di:

a) governare la domanda di servizi attraverso la valutazione dei bisogni socio-sanitari della comunità per definire le caratteristiche qualitative e quantitative dei servizi necessari;

b) assicurare l’appropriato svolgimento dei percorsi assistenziali affidati ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, nonché ai servizi direttamente gestiti dall’azienda sanitaria;

c) promuovere iniziative di corretta comunicazione ed informazione ai cittadini;

d) garantire equità di accesso, tempestività, appropriatezza e continuità dell’assistenza e delle cure per la popolazione di riferimento;

e) assicurare il coordinamento fra le attività territoriali di prevenzione e quelle ospedaliere;

f) valutare l’efficacia degli interventi.

3. La definizione degli ambiti territoriali distrettuali spetta al direttore generale, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e delle finalità indicate al comma 2, d’intesa con la Conferenza dei sindaci di cui all’articolo 7. In caso di mancato accordo la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, assume le proprie determinazioni con provvedimento motivato.

Art. 20.

(Aziende ospedaliere)

1. Con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, sono individuate le aziende ospedaliere del sistema sanitario regionale contestualmente all’assegnazione alle stesse dei singoli presidi.

2. Le aziende ospedaliere, individuate con le modalità del comma 1, dotate di personalità giuridica pubblica, sono costituite con decreto del Presidente della Giunta regionale.

Art. 21.

(Aziende ospedaliero-universitarie)

1. Con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale formulata previa intesa con gli atenei piemontesi, sono individuate le aziende ospedaliero-universitarie contestualmente all’assegnazione alle stesse dei singoli presidi.

2. Le aziende di cui al comma 1, dotate di personalità giuridica pubblica, sono costituite con decreto del Presidente della Giunta regionale.

3. La Giunta regionale, previa intesa con gli atenei piemontesi, definisce il funzionamento delle aziende sulla base dei seguenti principi:

a) individuazione di un organismo paritetico di indirizzo strategico con compiti di definizione, nell’ambito dei contenuti della programmazione socio-sanitaria di cui all’articolo 9 e agli articoli del titolo II, capo III, degli obiettivi annuali e pluriennali di attività e di verifica della rispondenza fra questi e le risorse finanziarie assegnate;

b) articolazione dipartimentale integrata di tutte le strutture aziendali;

c) gestione unificata del patrimonio e delle risorse umane e strumentali.

Art. 22.

(Articolazione territoriale degli enti gestori
dei servizi socio-assistenziali)

1. La coincidenza fra gli ambiti territoriali dei distretti di cui all’articolo 19 e quelli degli enti gestori dei servizi socio-assistenziali costituisce la forma idonea per la gestione ottimale delle funzioni socio-sanitarie e rappresenta l’obiettivo di piano da raggiungere.

2. La Regione promuove ed incentiva, anche finanziariamente, il raggiungimento di tale coincidenza, a seguito di presentazione, da parte del Comitato dei sindaci di cui all’articolo 8, di apposita proposta, entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 23.

(Aree di coordinamento sovrazonale)

1. La Giunta regionale individua i servizi amministrativi, logistici, tecnico-economali e di supporto le cui funzioni vengono espletate a livello di area di coordinamento sovrazonale, successivamente denominata area.

2. Le funzioni che possono essere oggetto dell’individuazione di cui al comma 1 sono quelle relative all’approvvigionamento di beni e servizi, alla gestione dei magazzini, alla logistica, alla gestione delle reti informative e all’organizzazione dei centri di prenotazione.

3. La Giunta regionale individua altresì, sulla base di analisi epidemiologiche che evidenzino situazioni a forte valenza territoriale, le funzioni sanitarie da espletarsi a livello di area.

4. I criteri per l’individuazione delle modalità gestionali di cui ai commi 1 e 3 sono improntati al conseguimento del miglior livello di efficacia ed efficienza.

5. La Giunta regionale individua le aziende sanitarie che vengono incaricate di svolgere specifiche funzioni che supportano, integrano e sostituiscono i relativi servizi di altre aziende sanitarie.

TITOLO IV.
DISPOSIZIONI TRANSITORIE ED ABROGATIVE

CAPO I.
DISPOSIZIONI TRANSITORIE ED ABROGATIVE

Art. 24.

(Disposizioni transitorie)

1. Le aziende sanitarie regionali di nuova costituzione succedono alle aziende estinte in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi di qualunque genere già di titolarità delle aziende preesistenti relativi alle funzioni ed attività ad esse conferite, assumendone i relativi diritti e obblighi.

2. I direttori generali, entro centottanta giorni dalla data della costituzione delle aziende sanitarie regionali, adottano l’atto aziendale di cui all’articolo 3 del d. lgs. 502/1992.

3. Nelle nuove ASL derivate dalla fusione di due o più aziende preesistenti, sino alla costituzione del nuovo collegio sindacale, le relative funzioni sono svolte dal Collegio sindacale dell’azienda che nell’anno precedente ha presentato la maggior entità di risorse gestite desumibili dalle assegnazioni regionali. Per le restanti ASL continua ad operare, sino alla sua naturale scadenza, il Collegio sindacale in carica. Con lo stesso criterio è individuata la sede legale provvisoria fino all’individuazione della sede definitiva da parte della Giunta regionale su proposta del direttore generale e previo parere della Conferenza dei sindaci di cui all’articolo 7.

4. Con decreto del Presidente della Giunta regionale, i beni patrimoniali mobili ed immobili, previa ricognizione dei medesimi, sono ricondotti al patrimonio dell’azienda di destinazione. Il provvedimento della Giunta regionale costituisce titolo per la trascrizione nei pubblici registri ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del d. lgs. 502/1992.

5. Con provvedimento della Giunta regionale sono definiti i criteri e le modalità di gestione della contabilità economico-finanziaria e patrimoniale relativa agli anni precedenti e le modalità di gestione delle attività e passività pregresse. Con il medesimo provvedimento sono altresì definite le modalità per la gestione transitoria dei servizi di tesoreria.

Art. 25.

(Abrogazione di norme)

1. Sono abrogati gli articoli 2, 5, 6 e 8 della l.r. 30/1984, come da ultimo modificati dalla legge regionale 25 ottobre 1996, n. 78.

2. A far data dall’entrata in vigore della deliberazione di cui all’articolo 3, comma 1, è abrogata la legge regionale 12 dicembre 1997 n. 61 (Norme per la programmazione sanitaria e per il Piano sanitario regionale per il triennio 1997/1999).

3. A far data dall’entrata in vigore delle deliberazioni di cui agli articoli 18, comma 1, 20 comma 1 e 21 comma 1, è abrogata la legge regionale 22 settembre 1994 n. 39 (Individuazione delle aziende sanitarie regionali).

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 6 agosto 2007

p. Mercedes Bresso
Il Vice Presidente
Paolo Peveraro

LAVORI PREPARATORI

Disegno di legge n. 267

- Presentato dalla Giunta regionale il 5 aprile 2006.

- Assegnato alla IV Commissione in sede referente il 6 aprile 2006.

- Sul testo sono state effettuate consultazioni.

- Testo licenziato dalla Commissione referente il 6 luglio 2007 con relazione di Antonino Boeti.

- Approvato in Aula il 1° agosto 2007, con emendamenti sul testo, con 31 voti favorevoli, 10 voti contrari, 2 astenuti e 2 non votanti.

NOTE

Il testo delle note qui pubblicato è redatto a cura della Direzione Processo Legislativo del Consiglio regionale al solo scopo di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti. I testi delle leggi regionali, nella versione storica e nella versione coordinata vigente, sono anche reperibili nella Banca Dati ARIANNA sul sito www.consiglioregionale.piemonte.it.


Note all’articolo 1

- Il testo vigente dell’articolo 32 della Costituzione è il seguente:

“Art. 32.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.


Note all’articolo 2

- Il testo vigente dell’articolo 17 della l.r. 1/2004 è il seguente:

“Art. 17 (Piano di Zona).

1. I comuni singoli od associati, a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le ASL nelle forme previste dall’articolo 3-quater, comma 3, lettera c), del D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni per quanto attiene alle attività di integrazione socio-sanitaria, provvedono a definire il piano di zona ai sensi dell’articolo 19 della L. n. 328/2000 che rappresenta lo strumento fondamentale e obbligatorio per la definizione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali del territorio di competenza.

2. Il piano di zona, definito secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’articolo 16 e con la partecipazione di tutti i soggetti attivi nella programmazione, è approvato tramite accordo di programma promosso e approvato dal legale rappresentante dell’ente gestore al quale il piano di zona afferisce.

3. La Giunta regionale individua le linee guida di carattere procedurale per la predisposizione del piano di zona.

4. Il piano di zona rappresenta lo strumento primario di attuazione della rete dei servizi sociali e, anche attraverso l’integrazione socio-sanitaria, persegue l’obiettivo del benessere della persona, del miglioramento continuo della qualità dei servizi nonché della promozione sociale, anche attraverso la messa in opera di strumenti per l’osservazione del disagio emergente dalle varie fasce della popolazione interessata.

5. Il piano di zona dei servizi sociali è integrato nel più generale quadro delle politiche della sanità, dell’ambiente, dell’istruzione, della formazione, del lavoro, della casa, dei servizi, del tempo libero, dei trasporti e delle comunicazioni.

6. La parte dei piani di zona relativa alle attività di integrazione socio-sanitaria trova obbligatoria corrispondenza nella parte dei programmi di attività distrettuale contenuta nei piani attuativi aziendali per garantire la preventiva convergenza di orientamenti dei due comparti interessati, l’omogeneità di contenuti, tempi e procedure.

7. Il piano di zona, predisposto previa concertazione con i soggetti del terzo settore e con quelli di cui all’articolo 1, comma 6, della L. n. 328/2000, comprende i seguenti contenuti:

a) la conoscenza e l’analisi dei bisogni della popolazione, nonché le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo;

b) l’individuazione, la qualificazione e la quantificazione delle risorse pubbliche del terzo settore e private, disponibili ed attivabili;

c) la definizione degli obiettivi strategici e delle priorità cui finalizzare le risorse disponibili;

d) la strutturazione dei servizi e la tipologia delle prestazioni;

e) le modalità di concertazione e di raccordo per la programmazione e l’erogazione dei servizi e delle prestazioni fra tutti i soggetti coinvolti;

f) i rapporti organizzativi ed economico-finanziari fra i diversi soggetti quali accordi, deleghe, convenzioni e protocolli d’intesa per i servizi;

g) l’attività di formazione di base, la riqualificazione e la formazione permanente per gli operatori dei servizi sociali;

h) la collocazione fisica dei servizi, la composizione e le funzioni delle equipes pluriprofessionali relative ai singoli progetti-obiettivo;

i) i criteri di qualità delle prestazioni, le modalità di approvazione congiunta dei progetti individualizzati, le facilitazioni all’accesso da parte dei cittadini e ogni altro elemento ritenuto necessario ad elevare la qualità dei servizi e delle prestazioni erogate;

j) la definizione del sistema di monitoraggio e verifica.

8. Gli enti gestori istituzionali si avvalgono di forme di consultazione con tutti gli enti erogatori delle prestazioni sociali, al fine di stabilire le modalità operative attraverso le quali realizzare il sistema e la rete dei servizi sociali.

9. All’accordo di programma stipulato per assicurare l’adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1, le aziende pubbliche di servizi alla persona, i soggetti del terzo settore che concorrono investendo direttamente proprie risorse umane, finanziarie o patrimoniali nella realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, nonché la provincia, per i servizi di supporto e di area vasta svolti dalla medesima.

10. Gli enti e le amministrazioni pubbliche che stipulano l’accordo di programma hanno l’obbligo di rispettarlo in ogni sua parte e non possono compiere validamente atti successivi che violino ed ostacolino l’accordo o che contrastino con esso; gli enti e le amministrazioni medesime sono tenuti a compiere gli atti applicativi ed attuativi dell’accordo stesso, stante l’efficacia contrattuale del medesimo.

11. Nella definizione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali a livello locale è favorita la partecipazione attiva dei cittadini tramite forme che garantiscano l’effettiva espressione dei bisogni”.


Note all’articolo 6

- Il testo vigente dell’articolo 2, comma 2 bis, del d.lgs 502/1992 è il seguente:

“Art. 2 (Competenze regionali)

2-bis. La legge regionale istituisce e disciplina la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, assicurandone il raccordo o l’inserimento nell’organismo rappresentativo delle autonomie locali, ove istituito. Fanno, comunque, parte della Conferenza: il sindaco del comune nel caso in cui l’ambito territoriale dell’Azienda unità sanitaria locale coincida con quella del comune; il presidente della Conferenza dei sindaci, ovvero il sindaco o i presidenti di circoscrizione nei casi in cui l’ambito territoriale dell’unità sanitaria locale sia rispettivamente superiore o inferiore al territorio del Comune; rappresentanti delle associazioni regionali delle autonomie locali”.

- Il testo vigente dell’articolo 15 della l.r. 10/1995 è il seguente:

“Art. 15. (Conferenza dei Sindaci e Conferenza dei Presidenti delle Circoscrizioni).

1. Le funzioni di indirizzo e controllo di cui all’articolo 3, comma 14, del decreto legislativo sono esercitate dalla Conferenza dei Sindaci tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque componenti, nominati dalla Conferenza medesima.

2. La Conferenza dei Sindaci provvede con proprio Regolamento a disciplinare:

a) le modalità di nomina ed i criteri di composizione della rappresentanza di cui al comma 1;

b) le modalità di funzionamento ed i criteri da seguire nell’esercizio delle funzioni cui dovrà attenersi la rappresentanza;

c) le modalità di esercizio dell’attività delegata di cui all’articolo 4, comma 7, della L. R. n. 39 del 1994.

3. La disciplina dei criteri di composizione della rappresentanza dovrà tener conto:

a) della rappresentatività dei Comuni in ragione della loro dimensione demografica;

b) della collocazione dei Comuni all’interno dei Distretti socio sanitari ai fini della massima articolazione possibile della loro rappresentatività territoriale.

4. Qualora l’ambito territoriale di riferimento comprenda un numero di Comuni pari o inferiore a cinque, la nomina della rappresentanza è facoltativa.

5. Per le U.S.L. torinesi volgono le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4, intendendosi sostituita alla Conferenza dei Sindaci, la Conferenza dei Presidenti delle Circoscrizioni di riferimento territoriale. In tal caso la Conferenza è presieduta dal Sindaco o suo delegato.

6. Gli oneri per l’esercizio delle funzioni delle Conferenze di cui al presente articolo sono a carico delle U.S.L. interessate”.

- Il testo vigente dell’articolo 6 della l.r. 34/1998 è il seguente:

“Art. 6. (Conferenza Permanente Regione-Autonomie locali.).

1. È istituita la Conferenza Permanente Regione-Autonomie Locali, quale organo di concertazione, cooperazione e coordinamento tra la Regione e le Associazioni rappresentative degli enti locali.

2. La Conferenza Permanente Regione-Autonomie Locali:

a) esprime pareri obbligatori e formula proposte, di norma in via preventiva, sugli atti amministrativi di competenza della Giunta regionale, a carattere generale che incidono in modo strutturale sul sistema regionale delle autonomie locali, nonché in merito a quelli che trasferiscono beni e risorse necessari per il relativo conferimento delle funzioni amministrative;

b) esprime pareri in merito alla semplificazione ed armonizzazione delle procedure amministrative.

3. La Conferenza Permanente Regione-Autonomie Locali ha sede presso la Presidenza della Giunta ed è assistita da una segreteria tecnica interistituzionale.

4. I pareri richiesti alla Conferenza sono espressi entro il termine di quindici giorni dalla richiesta, prorogabile una sola volta di ulteriori quindici giorni su richiesta della Conferenza stessa. Decorsi inutilmente i suddetti termini il parere si intende favorevole”.


Note all’articolo 7

- Il testo dell’articolo 15 della l.r. 10/1995 è riportato in nota all’articolo 6.

Il testo vigente dell’articolo 3, comma 14, del d.lgs 502/1992 è il seguente:

“Art. 3. ( Organizzazione delle unità sanitarie locali).

14. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con quello del comune, il sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della popolazione, provvede alla definizione, nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione programmatica dell’attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e rimette alla regione le relative osservazioni, verifica l’andamento generale dell’attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla regione. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide con il territorio del comune, le funzioni del sindaco sono svolte dalla conferenza dei sindaci o dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento territoriale tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque componenti nominati dalla stessa conferenza con modalità di esercizio delle funzioni dettate con normativa regionale”.

Il testo vigente dell’articolo 3 bis, commi 6 e 7, del d.lgs 502/1992 è il seguente:

“Art. 3 bis. ( Direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario).

6. Trascorsi diciotto mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la regione verifica i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 5 e, sentito il parere del sindaco o della conferenza dei sindaci di cui all’articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, della Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis, procede o meno alla conferma entro i tre mesi successivi alla scadenza del termine. La disposizione si applica in ogni altro procedimento di valutazione dell’operato del direttore generale, salvo quanto disposto dal comma 7.

7. Quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, la regione risolve il contratto dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla sua sostituzione; in tali casi la regione provvede previo parere della Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis, che si esprime nel termine di dieci giorni dalla richiesta, decorsi inutilmente i quali la risoluzione del contratto può avere comunque corso. Si prescinde dal parere nei casi di particolare gravità e urgenza. Il sindaco o la Conferenza dei sindaci di cui all’articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis, nel caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano attuativo locale, possono chiedere alla regione di revocare il direttore generale, o di non disporne la conferma, ove il contratto sia già scaduto. Quando i procedimenti di valutazione e di revoca di cui al comma 6 e al presente comma riguardano i direttori generali delle aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis è integrata con il Sindaco del comune capoluogo della provincia in cui è situata l’azienda”.


Note all’articolo 8

Il testo vigente dell’articolo 3 quater del d.lgs 502/1992 è il seguente:

“Art. 3 quater. (Il distretto).

1. La legge regionale disciplina l’articolazione in distretti dell’unità sanitaria locale. Il distretto è individuato, sulla base dei criteri di cui all’articolo 2, comma 2-sexies, lettera c), dall’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis, garantendo una popolazione minima di almeno sessantamila abitanti, salvo che la regione, in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della popolazione residente, disponga diversamente.

2. Il distretto assicura i servizi di assistenza primaria relativi alle attività sanitarie e sociosanitarie di cui all’articolo 3-quinquies, nonché il coordinamento delle proprie attività con quella dei dipartimenti e dei servizi aziendali, inclusi i presìdi ospedalieri, inserendole organicamente nel Programma delle attività territoriali. Al distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento. Nell’ambito delle risorse assegnate, il distretto è dotato di autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all’interno del bilancio della unità sanitaria locale.

3. Il Programma delle attività territoriali, basato sul principio della intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative:

a) prevede la localizzazione dei servizi di cui all’articolo 3-quinquies;

b) determina le risorse per l’integrazione socio-sanitaria di cui all’articolo 3-septies e le quote rispettivamente a carico dell’unità sanitaria locale e dei comuni, nonché la localizzazione dei presìdi per il territorio di competenza;

c) è proposto, sulla base delle risorse assegnate e previo parere del Comitato dei sindaci di distretto, dal direttore di distretto ed è approvato dal direttore generale, d’intesa, limitatamente alle attività sociosanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto conto delle priorità stabilite a livello regionale.

4. Il Comitato dei sindaci di distretto, la cui organizzazione e il cui funzionamento sono disciplinati dalla regione, concorre alla verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal Programma delle attività territoriali. Nei comuni la cui ampiezza territoriale coincide con quella dell’unità sanitaria locale o la supera il Comitato dei sindaci di distretto è sostituito dal Comitato dei presidenti di circoscrizione”.


Note all’articolo 10

- Il testo vigente dell’articolo 14, comma 2, del d. lgs. 502/1992 è il seguente:

“Art. 14. (Diritti dei cittadini)

2. Le regioni utilizzano il suddetto sistema di indicatori per la verifica, anche sotto il profilo sociologico, dello stato di attuazione dei diritti dei cittadini, per la programmazione regionale, per la definizione degli investimenti di risorse umane, tecniche e finanziarie. Le regioni promuovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in particolare con gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti al fine di fornire e raccogliere informazioni sull’organizzazione dei servizi. Tali soggetti dovranno comunque essere sentiti nelle fasi dell’impostazione della programmazione e verifica dei risultati conseguiti e ogniqualvolta siano in discussione provvedimenti su tali materie. Per le finalità del presente articolo, le regioni prevedono forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale. Le regioni determinano altresì le modalità della presenza nelle strutture degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti, anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli stessi presso le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere”.

- Il testo vigente dell’articolo 2, comma 2 quater, del d. lgs. 502/1992 è il seguente:

“Art. 2. (Competenze regionali).

2 quater. Le regioni, nell’ambito della loro autonomia, definiscono i criteri e le modalità anche operative per il coordinamento delle strutture sanitarie operanti nelle aree metropolitane di cui all’articolo17, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché l’eventuale costituzione di appositi organismi”.


Note all’articolo 24

- Il testo vigente dell’articolo 3 del d. lgs. 502/1992 è il seguente:

“Art. 3. (Organizzazione delle unità sanitarie locali)

1. Le regioni, attraverso le unità sanitarie locali, assicurano i livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, avvalendosi anche delle aziende di cui all’articolo 4.

1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei princìpi e criteri previsti da disposizioni regionali. L’atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica.

1-ter. (abrogato).

1-quater. Sono organi dell’azienda il direttore generale e il collegio sindacale. Il direttore generale adotta l’atto aziendale di cui al comma 1-bis; è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture operative dell’azienda. Il direttore generale è coadiuvato, nell’esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario. Le regioni disciplinano forme e modalità per la direzione e il coordinamento delle attività socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria. Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione di cui all’articolo 17 per le attività ivi indicate.

1-quinquies. Il direttore amministrativo e il direttore sanitario sono nominati dal direttore generale. Essi partecipano, unitamente al direttore generale, che ne ha la responsabilità, alla direzione dell’azienda, assumono diretta responsabilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni della direzione generale.

2. (abrogato).

3. L’unità sanitaria locale può assumere la gestione di attività o servizi socio-assistenziali su delega dei singoli enti locali con oneri a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale, e con specifica contabilizzazione. L’unità sanitaria locale procede alle erogazioni solo dopo l’effettiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie.

4. (abrogato).

5. Le regioni disciplinano, entro il 31 marzo 1994, nell’ambito della propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento delle unità sanitarie locali prevedendo tra l’altro:

a) (abrogata);

b) (abrogata);

c) (abrogata);

d) (abrogata);

e) (abrogata);

f) (abrogata);

g) i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli uffici dirigenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere nonché i criteri per l’attuazione della mobilità del personale risultato in esubero, ai sensi delle disposizioni di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.

6. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell’unità sanitaria locale, sono riservati al direttore generale. Al direttore generale compete in particolare, anche attraverso l’istituzione dell’apposito servizio di controllo interno di cui all’art. 20, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa. I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono adottati esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui all’articolo 1 del D.L. 27 agosto 1994, n. 512, convertito dalla legge 17 ottobre 1994, n. 590, senza necessità di valutazioni comparative. L’autonomia di cui al comma 1 diviene effettiva con la prima immissione nelle funzioni del direttore generale. I contenuti di tale contratto, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono fissati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della sanità, del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari regionali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal direttore sanitario, dal direttore amministrativo e dal consiglio dei sanitari. In caso di vacanza dell’ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anziano per età. Ove l’assenza o l’impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione.

7. Il direttore sanitario è un medico che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione. Il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione. Il direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi dell’unità sanitaria locale. Sono soppresse le figure del coordinatore amministrativo, del coordinatore sanitario e del sovrintendente sanitario, nonché l’ufficio di direzione.

8. (abrogato).

9. Il direttore generale non è eleggibile a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e assemblee delle regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi. In caso di scioglimento anticipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell’unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. Il direttore generale che sia stato candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque anni le sue funzioni in unità sanitarie locali comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni. La carica di direttore generale è incompatibile con quella di membro del consiglio e delle assemblee delle regioni e delle province autonome, di membro del Parlamento, nonché con l’esistenza di rapporti anche in regime convenzionale con la unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni o di rapporti economici o di consulenza con strutture che svolgono attività concorrenziali con la stessa. La predetta normativa si applica anche ai direttori amministrativi ed ai direttori sanitari. La carica di direttore generale è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con l’unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni.

10. (abrogato) .

11. Non possono essere nominati direttori generali, direttori amministrativi o direttori sanitari delle unità sanitarie locali:

a) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, a pena detentiva non inferiore ad un anno per delitto non colposo ovvero a pena detentiva non inferiore a sei mesi per delitto non colposo commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 166 del codice penale;

b) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza;

c) coloro che sono stati sottoposti, anche con provvedimento non definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della riabilitazione prevista dall’art. 15 della L. 3 agosto 1988, n. 327, e dall’art. 14, L. 19 marzo 1990, n. 55;

d) coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata.

12. Il consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell’unità sanitaria locale con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal direttore sanitario. Fanno parte del consiglio medici in maggioranza ed altri operatori sanitari laureati - con presenza maggioritaria della componente ospedaliera medica se nell’unità sanitaria locale è presente un presidio ospedaliero - nonché una rappresentanza del personale infermieristico e del personale tecnico sanitario. Nella componente medica è assicurata la presenza del medico veterinario. Il consiglio dei sanitari fornisce parere obbligatorio al direttore generale per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti. Il consiglio dei sanitari si esprime altresì sulle attività di assistenza sanitaria. Tale parere è da intendersi favorevole ove non formulato entro il termine fissato dalla legge regionale. La regione provvede a definire il numero dei componenti nonché a disciplinare le modalità di elezione e la composizione ed il funzionamento del consiglio.

13. Il direttore generale dell’unità sanitaria locale nomina i revisori con specifico provvedimento e li convoca per la prima seduta. Il presidente del collegio viene eletto dai revisori all’atto della prima seduta. Ove a seguito di decadenza, dimissioni o decessi il collegio risultasse mancante di uno o più componenti, il direttore generale provvede ad acquisire le nuove designazioni dalle amministrazioni competenti. In caso di mancanza di più di due componenti dovrà procedersi alla ricostituzione dell’intero collegio. Qualora il direttore generale non proceda alla ricostituzione del collegio entro trenta giorni, la regione provvede a costituirlo in via straordinaria con un funzionario della regione e due designati dal Ministro del tesoro. Il collegio straordinario cessa le proprie funzioni all’atto dell’insediamento del collegio ordinario. L’indennità annua lorda spettante ai componenti del collegio dei revisori è fissata in misura pari al 10 per cento degli emolumenti del direttore generale dell’unità sanitaria locale. Al presidente del collegio compete una maggiorazione pari al 20 per cento dell’indennità fissata per gli altri componenti.

14. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con quello del comune, il sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della popolazione, provvede alla definizione, nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione programmatica dell’attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e rimette alla regione le relative osservazioni, verifica l’andamento generale dell’attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla regione. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide con il territorio del comune, le funzioni del sindaco sono svolte dalla conferenza dei sindaci o dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento territoriale tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque componenti nominati dalla stessa conferenza con modalità di esercizio delle funzioni dettate con normativa regionale”.

Il testo vigente dell’articolo 5 del d.lgs. 502/1992 è il seguente:

“Art. 5. (Patrimonio e contabilità)

1. Nel rispetto della normativa regionale vigente, il patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere è costituito da tutti i beni mobili e immobili ad esse appartenenti, ivi compresi quelli da trasferire o trasferiti loro dallo Stato o da altri enti pubblici, in virtù di leggi o di provvedimenti amministrativi, nonché da tutti i beni comunque acquisiti nell’esercizio della propria attività o a seguito di atti di liberalità.

2. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere hanno disponibilità del patrimonio secondo il regime della proprietà privata, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 830, secondo comma, del codice civile. Gli atti di trasferimento a terzi di diritti reali su immobili sono assoggettati a previa autorizzazione della regione. I beni mobili e immobili che le unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico utilizzano per il perseguimento dei loro fini istituzionali costituiscono patrimonio indisponibile degli stessi, soggetti alla disciplina dell’articolo 828, secondo comma, del codice civile.

3. Le leggi e i provvedimenti di cui al comma 1 costituiscono titolo per la trascrizione, la quale è esente da ogni onere relativo a imposte e tasse.

4. Gli atti di donazione a favore delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere che abbiano a oggetto beni immobili con specifica destinazione a finalità rientranti nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, sono esenti dal pagamento delle imposte di donazione, ipotecarie e catastali.

5. Qualora non vi abbiano già provveduto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni emanano norme per la gestione economico finanziaria e patrimoniale delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, informate ai princìpi di cui al codice civile, così come integrato e modificato con D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127, e prevedendo:

a) la tenuta del libro delle deliberazioni del direttore generale;

b) l’adozione del bilancio economico pluriennale di previsione nonché del bilancio preventivo economico annuale relativo all’esercizio successivo;

c) la destinazione dell’eventuale avanzo e le modalità di copertura degli eventuali disavanzi di esercizio;

d) la tenuta di una contabilità analitica per centri di costo e responsabilità che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati;

e) l’obbligo delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di rendere pubblici, annualmente, i risultati delle proprie analisi dei costi, dei rendimenti e dei risultati per centri di costo e responsabilità;

f) il piano di valorizzazione del patrimonio immobiliare anche attraverso eventuali dismissioni e conferimenti.

6. Per conferire struttura uniforme alle voci dei bilanci pluriennali e annuali e dei conti consuntivi annuali, nonché omogeneità ai valori inseriti in tali voci e per consentire all’Agenzia per i servizi sanitari regionali rilevazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, è predisposto apposito schema, con decreto interministeriale emanato di concerto fra i Ministri del tesoro e della sanità, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

7. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere sono tenute agli adempimenti di cui all’articolo 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468 e all’articolo 64 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. La disciplina contabile di cui al presente articolo decorre dal 1° gennaio 1995 e la contabilità finanziaria è soppressa”.