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Bollettino Ufficiale n. 18 del 3 / 05 / 2007

Deliberazione del Consiglio Regionale 13 marzo 2007, n. 117 - 10731

Approvazione del Piano di tutela delle acque

(omissis)

Tale deliberazione, nel testo che segue, emendato, è posta in votazione: il Consiglio approva.

Il Consiglio regionale

Preso atto che:

* la Giunta regionale con deliberazione n. 21-12180 del 6 aprile 2004, in attuazione dell’articolo 44 del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, recante norme in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, e in linea con gli orientamenti espressi dall’Unione europea nella direttiva quadro 2000/60/CE, sulla base delle risultanze degli studi e delle indagini condotti, ha approvato il progetto di Piano di tutela delle acque, (di seguito denominato PTA), quale strumento finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e più in generale alla protezione dell’intero sistema idrico superficiale e sotterraneo piemontese;

* dell’approvazione del progetto di PTA è stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 20 aprile 2004, nel Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 14 dell’8 aprile 2004 e sul sito Internet della Regione, con la precisazione dei tempi, dei luoghi e delle modalità con cui chiunque interessato potesse prendere visione e consultare la documentazione;

* il progetto di PTA e la relativa documentazione sono stati integralmente pubblicati su apposita sezione del sito Internet della Regione all’interno della quale è stata attivata una procedura informatizzata per l’invio on line delle osservazioni, nonché depositati per la consultazione presso le sedi della Regione e delle province piemontesi con la predisposizione di un registro sul quale sono state annotate le osservazioni sul progetto di PTA;

* con specifici incontri, tenutisi per aree territoriali, le comunità locali sono state informate dell’incidenza del Piano sulle diversificate realtà del territorio e sollecitate a prendere visione non solo del progetto di PTA, ma anche di tutta la corposa documentazione tecnica acquisita;

* nei novanta giorni successivi alla pubblicazione dell’avvenuta adozione, sono pervenute alla Regione i pareri delle Province di Torino, Cuneo, Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Asti e Vercelli nonché, anche per posta elettronica, numerose osservazioni da parte di una molteplicità di soggetti istituzionali e di privati;

* alla luce dei contributi apportati nel corso delle consultazioni effettuate, con la deliberazione n. 23-13437 del 20 settembre 2004 la Giunta regionale ha adottato il PTA e disposto la sua trasmissione all’Autorità di bacino del fiume Po per l’espressione del relativo parere e al Consiglio Regionale per la definitiva approvazione;

* in data 16 dicembre 2004 il Comitato tecnico dell’Autorità di bacino ha espresso parere favorevole sul PTA, reputandolo conforme al documento “Criteri per la verifica di conformità dei Piani di Tutela con gli obiettivi a scala di bacino” adottato il 1° dicembre 2004; il predetto parere è stato ratificato negli stessi termini dal Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino del fiume Po in data 5 aprile 2006;

* la Giunta regionale con la deliberazione n. 30- 14577 del 17 gennaio 2005 ha modificato il PTA precedentemente adottato, in quanto nell’ambito delle consultazioni promosse dal Consiglio regionale nel novembre 2004 si sono registrate posizioni critiche sia delle Associazioni di categoria del comparto agricolo sia degli operatori del settore idroelettrico;

Considerato che, a seguito al rinnovo degli organi regionali conseguente alle ultime consultazioni elettorali, il PTA adottato è stato sottoposto ad ulteriori approfondimenti e verifiche al fine di conferire al medesimo maggior coerenza al programma di governo e alle osservazioni presentate sul progetto di piano ed in particolare per:

* garantire una più compiuta applicazione dei fondamenti della governance, sia nella fase di predisposizione degli atti attuativi del PTA sia nella fase applicativa dei medesimi e, prima ancora, assicurare che gli stessi siano principi informatori della filosofia stessa dello strumento di pianificazione;

* accentuare il ricorso ad un’intensa attività di concertazione, cooperazione e coordinamento tra le diverse istituzioni coinvolte, al fine di una maggiore democraticità ed efficienza all’intero sistema dei poteri locali accomunati dalle responsabilità di tutela e razionale utilizzazione del patrimonio idrico piemontese, e perseguire il coinvolgimento diretto e la condivisione delle comunità locali interessate dagli interventi sul territorio;

* assicurare gli approvvigionamenti e contestualmente difendere e recuperare la qualità della risorsa e degli ambienti idrici nel loro complesso, con una più rigorosa attenzione alle misure di contenimento degli sprechi e di uso razionale dell’acqua, rafforzando le misure di risparmio e riutilizzo e limitando il ricorso alla creazione di nuove capacità di invaso ai bacini nei quali persista un saldo negativo di bilancio dovuto a una domanda non ulteriormente riducibile o ad una naturale limitatezza della risorsa;

vista la deliberazione n. 28-2845 del 15 maggio 2006, con la quale la nuova Giunta regionale, acquisito il parere favorevole e recepite le proposte formulate dalla Conferenza regionale delle risorse idriche in data 28 aprile 2006, ha fatto propria la deliberazione della Giunta regionale n. 23-13437 del 20 settembre 2004, modificata e integrata dalla deliberazione n. 30-14577 del 17 gennaio 2005, con le ulteriori modifiche derivanti dalle sopra esposte considerazioni ed ha disposto la sua trasmissione al Consiglio regionale per la definitiva approvazione del PTA;

visti gli elaborati definitivi del PTA, costituiti:

* dalla relazione generale, composta da una relazione illustrativa, che fornisce il quadro de-scrittivo generale della struttura e dei caratteri del piano, ne espone in modo sintetico i contenuti descritti analiticamente nelle monografie di area, evidenzia le motivazioni delle scelte operate, indica gli strumenti e le modalità di attuazione, nonché da una sintesi non tecnica che ha lo scopo di informare il largo pubblico sui contenuti e gli effetti del piano;

* dalle monografie di area, contenenti in forma sintetica le conoscenze acquisite sui bacini idrografici presi a riferimento, le informazioni e i dati necessari per caratterizzare i corpi idrici superficiali e sotterranei del bacino, le criticità emerse e le misure adottate dal piano;

* dalle norme di piano, articolate in norme generali, che definiscono ruolo, compiti, efficacia e contenuti generali del piano, e norme di area, che assegnano valenza normativa al programma delle misure previste dal piano e descritte, nel loro dettaglio tecnico, nelle monografie di area;

* dalle tavole di piano, che sono parte integrante delle norme e si distinguono dalla cartografia tematica che accompagna la relazione generale poiché assumono carattere normativo;

considerato che:

* il PTA, valutate le determinanti socio-economiche, organizzative e fisiche e analizzato il quadro delle criticità riscontrate, adotta criteri di intervento e formula il quadro di misure da intraprendere al fine di rispondere alle finalità fissate dalla normativa nazionale e comunitaria ed in particolare conseguire gli obiettivi di qualità ambientale e funzionale dei corpi idrici superficiali e sotterranei;

* le misure proposte appartengono a categorie differenziate - regolamentazione e organizzazione, interventi strutturali e di vera e propria infrastrutturazione, miglioramento della conoscenza e supporto alle decisioni, comunicazione e promozione - e si rapportano alle classificazioni dei corpi idrici e alle designazioni delle aree sottoposte a specifica tutela, nonché all’analisi dell’impatto esercitato dall’attività antropica sullo stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei;

* tali misure definiscono quindi il quadro delle azioni, degli interventi, delle regole e dei comportamenti finalizzati alla tutela delle risorse idriche, anche sulla base dell’interazione tra aspetti specifici della gestione delle acque con altri e diversi aspetti delle politiche territoriali e di sviluppo socio-economico;

vista la legge regionale 5 dicembre 1977 n. 56 (Tutela ed uso del suolo) e successive modifiche e integrazioni;

visto il decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (Norme in materia ambientale) ed in particolare l’articolo 170, comma 11;

vista la deliberazione 15 maggio 2006 n. 28-2845 con la quale la Giunta regionale propone al Consiglio l’approvazione del PTA;

sentite le Commissioni consiliari competenti:

delibera

1) di approvare, ai sensi e per gli effetti del d.lgs. 152/2006 e della l.r. 56/1957, il Piano di tutela delle acque (PTA), costituito dai sotto elencati elaborati di cui all’Allegato A, costituente parte integrante della presente deliberazione:

- relazione generale e sintesi non tecnica;

- monografie di area;

- norme di piano, articolate in norme generali e norme di area;

- tavole di piano.

2) di riconoscere che, ai sensi dell’articolo 170, comma 11, del d.lgs. 152/2006 il PTA costituisce piano stralcio di settore del Piano di bacino del fiume Po;

3) di disporre conseguentemente che i piani e i programmi nazionali, regionali e degli enti locali di sviluppo economico, di uso del suolo e di tutela ambientale, generali e di settore, siano coordinati e redatti in conformità con il PTA e che le autorità competenti adeguino alle prescrizioni del piano gli atti di pianificazione e di programmazione già adottati o approvati;

4) di dichiarare che le norme generali e di area del PTA sono da ritenersi vincolanti secondo quanto disposto dall’articolo 5 delle norme di piano.

Allegato A

NORME DI PIANO

Titolo I
Finalità, contenuti ed effetti del piano di tutela delle acque

Art. 1.
(Finalità del Piano di tutela delle acque)

1. L’acqua è un diritto e un patrimonio comune appartenente all’umanità e a tutte le specie viventi, bene pubblico essenziale per l’ambiente e per il progresso economico e sociale, da proteggere, condividere e utilizzare in quanto tale.

2. A tal fine il Piano di tutela delle acque della Regione Piemonte persegue la protezione e la valorizzazione del sistema idrico piemontese nell’ambito del bacino di rilievo nazionale del fiume Po e nell’ottica dello sviluppo sostenibile della comunità.

3. Allo stesso fine tutte le istituzioni competenti in materia improntano il loro operato ai principi di reciproca leale collaborazione e di partecipazione effettiva dei cittadini sin dalla fase di elaborazione delle azioni attuative del Piano di tutela delle acque, in modo da garantire trasparenza al processo decisionale, rafforzando consapevolezza e sostegno dei cittadini sulle decisioni relative.

4. Il Piano di tutela delle acque, in coerenza alle politiche dell’Unione europea in materia di acque, opera in attuazione della normativa nazionale vigente e in conformità agli indirizzi formulati dal Piano direttore regionale per l’approvvigionamento idropotabile e l’uso integrato delle risorse idriche.

Art. 2.
(Contenuti del Piano di tutela delle acque)

1. Il Piano di tutela delle acque, sulla base dei risultati dell’attività conoscitiva svolta, individua:

a) i corpi idrici soggetti a obiettivi di qualità ambientale;

b) i corpi idrici a specifica destinazione ed i relativi obiettivi di qualità funzionale;

c) le aree sottoposte a specifica tutela.

2. Il Piano di tutela delle acque definisce:

a) le misure, tra loro integrate, di tutela qualitativa e quantitativa e di gestione ambientalmente sostenibile delle acque superficiali e sotterranee;

b) la cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;

c) il programma di verifica dell’efficacia degli interventi previsti e di costante aggiornamento delle misure di tutela.

3. Le misure per il raggiungimento delle finalità del Piano di tutela delle acque si rapportano alle classificazioni dei corpi idrici e alle designazioni delle aree sottoposte a specifica tutela, nonché all’analisi delle caratteristiche delle unità sistemiche di riferimento e dell’impatto esercitato dalla attività antropica sullo stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei.

4. Le misure di cui al comma 3 definiscono il quadro delle azioni, degli interventi, delle regole e dei comportamenti finalizzati alla tutela delle risorse idriche, sulla base dell’interazione tra aspetti specifici della gestione delle acque con altri e diversi aspetti delle politiche territoriali e dell’integrazione tra misure per la tutela qualitativa e misure per la tutela quantitativa sia delle acque superficiali che delle acque sotterranee.

5. Per il raggiungimento delle finalità del Piano di tutela delle acque le misure sono distinte in:

a) misure di carattere generale, definite ai titoli II e III;

b) specifiche misure di area, richiamate al titolo IV e individuate nelle monografie di area.

Art. 3.
(Elaborati del Piano di tutela delle acque)

1. Il Piano di tutela delle acque è costituito dai seguenti documenti:

a) la relazione generale, articolata in:

1) relazione illustrativa, che fornisce il quadro descrittivo generale della struttura e dei caratteri del piano, ne espone in modo sintetico i contenuti descritti analiticamente nelle monografie di area, evidenzia le motivazioni delle scelte operate, indica gli strumenti e le modalità di attuazione, tenuto conto di quanto previsto dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente e dalla legge regionale 14 dicembre 1998 n. 40 (Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione ), modificata dalla legge regionale 10 novembre 2000, n. 54, con riferimento alla valutazione ambientale strategica del piano;

2) relazione di sintesi, che ha lo scopo di informare il largo pubblico sui contenuti e sugli effetti del piano, avente le caratteristiche di sintesi non tecnica in linea con la dir. 2001/42/CE;

b) le monografie di area, contenenti la relativa caratterizzazione, le criticità riscontrate e le specifiche misure di tutela;

c) le presenti norme di piano e relativi allegati che ne costituiscono parte integrante;

d) le tavole di piano.

Art. 4.
(Obiettivi a scala di bacino)

1. Il Piano di tutela delle acque è redatto sulla base degli obiettivi e delle priorità d’intervento stabiliti dal Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino del fiume Po con deliberazione 3 marzo 2004, n. 7 e concernenti in particolare:

a) le concentrazioni massime ammissibili di fosforo totale nella sezione strategica di Isola Sant’Antonio e nel lago Maggiore, per il controllo della trofìa delle acque;

b) le concentrazioni massime ammissibili di BOD5, COD e azoto ammoniacale nella sezione strategica di Isola Sant’Antonio, per il mantenimento o il miglioramento delle condizioni quali-quantitative delle acque superficiali del bacino padano;

c) i criteri di regolazione delle portate in alveo, finalizzati alla quantificazione del deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua del bacino padano e alla regolamentazione graduale e progressiva dei rilasci delle derivazioni da acque correnti superficiali.

Art. 5.
(Efficacia delle norme del Piano di tutela delle acque)

1. Il Piano di tutela delle acque costituisce, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 170, comma 11 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), piano stralcio di settore del piano di bacino del fiume Po, nonché piano settoriale attuativo e variante del piano territoriale regionale ai sensi dell’articolo 8 bis della legge regionale 5 dicembre 1977 n. 56 (Tutela ed uso del suolo), modificato dall’articolo 9 della legge regionale 10 novembre 1994, n. 45.

2. I piani e i programmi nazionali, regionali e degli enti locali di sviluppo economico, di uso del suolo e di tutela ambientale, generali e di settore, sono coordinati e redatti in conformità con il presente piano. Le autorità competenti adeguano alle prescrizioni del presente piano gli atti di pianificazione e di programmazione già adottati o approvati.

3.Le norme del Piano di tutela delle acque dettano:

a) prescrizioni vincolanti, la cui operatività non esige l’adozione degli strumenti di attuazione di cui all’articolo 10; in tal caso, ai sensi dell’articolo 170, comma 5 del d.lgs. 152/2006, i tempi di adeguamento alle predette prescrizioni sono fissati in due anni dall’approvazione del presente piano, ove non diversamente disposto;

b) prescrizioni vincolanti la cui operatività esige l’adozione degli strumenti di attuazione di cui all’articolo 10, che definiscono in termini non inferiori a due anni i tempi di adeguamento alle stesse.

4. Nel rilascio dei provvedimenti di autorizzazione, concessione, nulla osta, permesso od altro atto di consenso comunque denominato, le autorità competenti dispongono affinché non siano realizzate opere, interventi o attività in contrasto con le finalità del presente piano o che possano compromettere il raggiungimento degli obiettivi dallo stesso fissati.

5. Se sussistono contrasti tra le indicazioni cartografiche e le descrizioni normative, sono prevalenti le descrizioni contenute nelle presenti norme e relativi allegati o negli atti specifici ai quali esse fanno esplicito riferimento.

Art. 6.
(Effetti del Piano di tutela delle acque nei rapporti della Regione con lo Stato e con altri soggetti)

1. Le norme del Piano di tutela delle acque e le relative disposizioni di attuazione costituiscono il quadro di riferimento necessario per gli organi della Regione ai fini dell’espressione di determinazioni, della definizione di intese, della formulazione di pareri, nonché del raggiungimento di accordi di programma che comportano la partecipazione della Regione a scelte aventi implicazioni in materia di risorse idriche.

Art. 7.
(Approvazione del Piano di tutela delle acque)

1. La Giunta regionale approva il progetto del Piano di tutela delle acque, di seguito denominato progetto di piano.

2. Dell’approvazione del progetto di piano è data notizia nella Gazzetta ufficiale, nel Bollettino ufficiale e sul sito internet della Regione, con la precisazione dei tempi, dei luoghi e delle modalità con cui chiunque sia interessato può prendere visione e consultare la documentazione.

3. Il progetto di piano e la relativa documentazione sono integralmente pubblicati su apposita sezione del sito internet della Regione, nonché depositati presso le sedi della Regione e delle province piemontesi ai fini della consultazione per quarantacinque giorni decorrenti dalla pubblicazione dell’avvenuta adozione nel Bollettino Ufficiale.

4. Presso ogni sede di consultazione è predisposto un registro sul quale sono annotate le richieste di visione e copia degli atti.

5. Istanze e osservazioni sul progetto di piano possono essere inoltrate, anche per posta elettronica, alla Regione entro i successivi quarantacinque giorni dalla scadenza del periodo di consultazione o essere direttamente annotate sul registro di cui al comma 4.

6. Sulla base delle istanze e delle osservazioni di cui al comma 5 nonché dei pareri delle province pervenuti, la Giunta regionale adotta il Piano di tutela delle acque e provvede alla sua trasmissione all’Autorità di bacino del fiume Po per l’espressione del relativo parere e al Consiglio regionale ai fini della sua approvazione.

7. Acquisito il parere dell’Autorità di bacino, il Piano di tutela delle acque è approvato dal Consiglio regionale ed è pubblicato per estratto sulla Gazzetta ufficiale e sul Bollettino ufficiale.

8. Dei contenuti del Piano di tutela delle acque è data ampia divulgazione, anche attraverso la sua pubblicazione integrale sul sito internet della Regione.

Art. 8.
(Dinamicità del Piano di tutela delle acque)

1. Il Piano di tutela delle acque è strumento dinamico che opera, sulla base delle risultanze del programma di verifica di cui all’articolo 44, attraverso una continua azione di monitoraggio, programmazione e realizzazione di interventi, individuazione e attuazione di misure e fissazione di vincoli finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di tutela delle risorse idriche superficiali e sotterranee.

2. Ai fini del comma 1, la Giunta regionale aggiorna ed implementa le norme di cui al titolo IV e le disposizioni di attuazione del presente piano, al variare delle condizioni di riferimento.

Art. 9.
(Clausola valutativa)

1. La Giunta regionale presenta ogni due anni al Consiglio regionale e al Forum per la tutela delle acque una relazione che illustra i provvedimenti adottati in attuazione del Piano di tutela delle acque, gli esiti della verifica di efficacia degli interventi e il programma di attività per le annualità successive.

2. Il Consiglio regionale, sulla base della relazione presentata, formula direttive e indirizzi per l’ulteriore attività di competenza della Giunta regionale finalizzata all’attuazione del presente piano.

Art. 10.
(Strumenti di attuazione del Piano di tutela delle acque)

1. Il Piano di tutela delle acque è attuato, attraverso l’azione coordinata di tutte le istituzioni competenti in materia secondo i principi di cui all’articolo 1, comma 3, mediante:

a) l’emanazione delle disposizioni di attuazione del piano stesso adottate dalla Giunta regionale;

b) l’adozione degli strumenti di pianificazione e degli atti di programmazione previsti dalla normativa statale e regionale ed in particolare del piano territoriale di coordinamento provinciale e dei piani d’ambito, quali specificazioni e articolazioni dei contenuti del presente piano a livello locale;

c) l’adeguamento dei piani regolatori generali, comunali e intercomunali;

d) l’emanazione da parte della Giunta regionale di specifiche direttive di indirizzo, settoriali o per ambiti territoriali, rivolte agli enti locali ai fini della redazione e della gestione dei piani e l’esercizio delle funzioni di loro competenza;

e) il ricorso agli strumenti delle procedure negoziate e agli accordi ambientali;

f) ogni altro strumento di programmazione e di attuazione, sia a livello regionale, sia a livello subregionale.

2. Ai fini del comma 1, sono promosse modalità di gestione integrata a livello di bacino e sottobacino idrografico, che perseguono la tutela e valorizzazione delle risorse idriche e degli ambienti connessi, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico. In tal caso gli strumenti di programmazione negoziata sono denominati contratto di fiume o contratto di lago.

3. Costituiscono disposizioni di prima attuazione del Piano di tutela delle acque i provvedimenti regionali normativi ed amministrativi vigenti alla data di approvazione del medesimo di cui all’allegato 1 che anticipano la disciplina del Piano di tutela delle acque.

Art. 11.
(Sistema informativo delle risorse idriche)

1. Per le finalità di cui all’articolo 1 la Regione Piemonte si avvale di uno strumento informatizzato, denominato Sistema informativo delle risorse idriche, per la raccolta delle informazioni relative alla caratterizzazione del sistema fisico e territoriale, degli elementi di impatto e dello stato quali-quantitativo delle acque, concernente in particolare:

a) le utilizzazioni di acqua pubblica;

b) le infrastrutture irrigue;

c) gli scarichi di acque reflue;

d) le infrastrutture di acquedotto, fognatura e impianti di depurazione;

e) il monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee.

2. Allo sviluppo del Sistema informativo delle risorse idriche provvedono, per le parti di rispettiva competenza, la Regione Piemonte, le province, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, nonché le autorità d’ambito, sulla base di accordi integrativi e attuativi del protocollo d’intesa stipulato in data 24 luglio 2001 tra la Regione Piemonte e le province per la realizzazione di un sistema informativo integrato concernente i dati e le informazioni di reciproco interesse relativi alle risorse idriche.

3. Il Sistema informativo delle risorse idriche costituisce Centro regionale di documentazione ai sensi dell’allegato 3 alla parte terza del d.lgs. 152/2006 e, in quanto tale, cura, in collaborazione con le strutture degli enti locali, l’accatastamento dei dati e la relativa elaborazione e gestione, garantendo un appropriato flusso e interscambio delle informazioni tra le istituzioni regionali, interregionali, statali e comunitarie.

4. Il Centro regionale di documentazione provvede alla messa a disposizione, anche su reti multimediali, di dati, informazioni, rapporti e carte di sintesi, nonché di elaborati grafici.

Art. 12.
(Divulgazione delle informazioni)

1. Al fine di creare una nuova cultura dell’uso e del risparmio della risorsa idrica, l’azione regionale e degli enti locali assicura la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato quali-quantitativo delle acque e garantisce nel tempo:

a) la piena accessibilità da parte di chiunque ai dati e alle informazioni detenute in modo sistematico;

b) la pubblicazione e diffusione degli esiti di ricerche, indagini e studi effettuati nell’ambito e a supporto dell’esercizio delle funzioni istituzionali;

c) la formazione mirata e qualificata degli operatori di settore;

d) la compilazione e diffusione di guide normative e tecniche di comparto;

e) la promozione di specifici processi educativi e formativi nell’ambito degli istituti scolastici di ogni grado, compreso quello universitario.

Art. 13.
(Forum per la tutela delle acque)

1. Al fine di coinvolgere i soggetti sociali, economici e culturali direttamente interessati alla protezione, alla gestione ed all’uso delle risorse idriche piemontesi ed acquisirne le relative osservazioni ed istanze, è istituito il Forum per la tutela delle acque.

2. Il Forum per la tutela delle acque è sede di concertazione permanente, attivata nell’ambito della Conferenza regionale delle risorse idriche di cui all’articolo 13 della legge regionale 20 gennaio 1997, n. 13 (in materia di delimitazione degli ambiti territoriali ottimali per l’organizzazione del servizio idrico integrato), che in tale occasione è aperta in particolare alla partecipazione degli altri enti locali, delle imprese ed enti operanti nel settore, delle associazioni di categoria del mondo produttivo, commerciale, artigianale ed agricolo, delle organizzazioni sindacali, ambientaliste, piscatorie e dei consumatori, dell’Università e del Politecnico, degli enti di ricerca, nonché delle agenzie nazionali e regionali per la protezione ambientale.

Art. 14.
(Effetti dell’adozione del Piano di tutela delle acque e misure di salvaguardia)

1. Dalla data di adozione del presente piano da parte della Giunta regionale le autorizzazioni, le concessioni, i nulla osta, i permessi e gli altri atti di consenso aventi a oggetto interventi, opere o attività incidenti sulle risorse idriche sono rilasciati in coerenza con le finalità del medesimo.

2. Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 44, comma 2 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (in materia di tutela delle acque dall’inquinamento), la misura di area di cui alla scheda 11.2 della monografia di area AI 16 Alto Sesia ha effetto dalla data di adozione del presente piano e resta in vigore fino alla data di approvazione del medesimo e comunque per un periodo non superiore a tre anni. Il pagamento di canoni e sovracanoni previsti per le concessioni già rilasciate, ma per le quali è temporaneamente inibita la realizzazione per effetto dell’adozione della presente misura di salvaguardia, è contestualmente sospeso.

Art. 15.
(Definizioni)

1. Ai fini del presente Piano di tutela delle acque valgono le definizioni di cui all’allegato 2.

Art. 16.
(Unità sistemiche di riferimento)

1. Costituiscono unità sistemiche di riferimento del Piano di tutela delle acque le aree di cui all’allegato 3 e alle tavole di piano n. 1 e n. 2 distinte in:

a) per quanto concerne le acque superficiali:

1) sottobacini e aree idrografiche;

2) laghi;

b) per quanto concerne le acque sotterranee:

1)aree idrogeologicamente separate dell’acquifero superficiale;

2) macroaree idrogeologiche di riferimento dell’acquifero superficiale;

3) macroaree idrogeologiche di riferimento dell’acquifero profondo.

Titolo II
Misure di tutela qualitativa

Capo I
Obiettivi di qualità

Art. 17.
(Monitoraggio e classificazione dei corpi idrici)

1. Le attività di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee, effettuate tramite le stazioni di monitoraggio di cui alla Relazione generale, garantiscono l’acquisizione dei dati necessari alla classificazione delle medesime secondo le classi di qualità previste dalla normativa vigente.

2. Le classificazioni dei corpi idrici che costituiscono la base di riferimento per l’individuazione delle misure del presente piano sono riportate nella Relazione generale. La Giunta regionale aggiorna periodicamente tali classificazioni in base alle risultanze delle attività di monitoraggio.

3. La competente direzione regionale, avvalendosi delle risorse finanziarie di cui all’articolo 46, provvede alle integrazioni del sistema di monitoraggio che si rendono necessarie anche in ragione delle attività di attuazione delle direttive comunitarie ed in particolare della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque.

Art. 18.
(Obiettivi di qualità ambientale)

1. Ai fini di cui al presente articolo, i corpi idrici del territorio regionale individuati all’allegato 4 e alle tavole di piano n. 1 e n. 2 sono distinti in:

a) corpi idrici significativi;

b) corpi idrici che, per le loro caratteristiche qualitative e quantitative, possono avere una influenza rilevante sui corpi idrici significativi;

c) corpi idrici che, per valori naturalistici o paesaggistici, hanno rilevante interesse ambientale.

2. In ragione delle nuove conoscenze acquisite, la Giunta regionale integra ed eventualmente rettifica l’elenco di cui all’allegato 4, con particolare riferimento ai corpi idrici artificiali ed a quelli originati da risorgive.

3. Ai sensi dell’articolo 170, comma 11 del d.lgs. 152/2006 il presente piano individua misure atte a conseguire per i corpi idrici significativi i seguenti obiettivi entro il 31 dicembre 2016:

a) sia mantenuto o raggiunto l’obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di “buono” come definito nell’allegato 1 del d.lgs. 152/1999;

b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale “elevato” come definito nell’allegato 1 del d.lgs. 152/1999;

c) sia mantenuto, ove già esistente, nei corsi d’acqua naturali un valore di indice biotico esteso (IBE) oppure di livello di inquinamento espresso dai macrodescrittori (LIM) corrispondente alla classe 1 come definita nell’allegato 1 del d.lgs. 152/1999.

4. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 3, entro il 31 dicembre 2008 per ogni corpo idrico superficiale significativo deve essere conseguito almeno lo stato di qualità ambientale “sufficiente” come definito nell’allegato 1 del d.lgs. 152/1999.

5. In deroga a quanto previsto dai commi 3 e 4, le norme di area definiscono:

a) obiettivi ambientali più elevati;

b) tempistiche diverse per il raggiungimento dell’obiettivo di qualità ambientale in caso di condizioni del corpo idrico o di pressioni agenti tali da non consentire il raggiungimento dello stato “buono” entro il 31 dicembre 2016;

c) obiettivi ambientali meno rigorosi se ricorrono le condizioni di cui all’articolo 5, comma 5 del d.lgs. 152/1999.

6. Per i corsi d’acqua potenzialmente influenti sui corsi d’acqua significativi e per i corpi idrici di rilevante interesse ambientale sono stabiliti obiettivi tali da garantire rispettivamente il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi previsti per i corpi idrici recettori o il mantenimento delle caratteristiche di pregio.

Art. 19.
(Obiettivi di qualità funzionale)

1. Ai fini del presente articolo, sono designate a specifica destinazione:

a) tutte le acque dolci superficiali utilizzate per la produzione di acqua potabile;

b) le acque utilizzate per la balneazione;

c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci di cui all’allegato 5, punto 1 e alla tavola n. 3;

d) le acque destinate agli sport di acqua viva di cui all’allegato 5, punto 2 e alla tavola n. 3.

2. Il presente piano individua misure atte a conseguire per le acque a specifica destinazione i seguenti obiettivi di qualità funzionale:

a) per le acque dolci superficiali utilizzate per la produzione di acqua potabile è mantenuta, ove esistente, la classificazione nelle categorie A1 e A2 di cui all’articolo 80 del d.lgs. 152/2006 ed è raggiunta negli altri casi la classificazione nella categorie A2 entro il 31 dicembre 2016; tali obiettivi sono mantenuti o raggiunti nei punti immediatamente a monte delle opere di captazione;

b) per le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci sono mantenuti gli obiettivi di cui all’allegato 2 alla parte terza del d.lgs. 152/2006;

c) per le acque destinate agli sport di acqua viva sono mantenuti gli obiettivi di cui alle specifiche norme di area.

3. Le acque destinate alla balneazione rispondono ai requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982 n. 470 (Attuazione della direttiva 76/160/CEE relativa alla qualità delle acque di balneazione) e successive modificazioni.

Capo II.
Aree a specifica tutela

Art. 20.
(Aree sensibili)

1. Per le finalità di controllo dello stato trofico delle acque superficiali mediante la riduzione del carico di sostanze nutrienti, sono designate aree sensibili i laghi e i relativi bacini drenanti riportati all’allegato 6 e alla tavola di piano n. 4.

2. Per il contenimento dell’apporto di nutrienti derivanti dagli scarichi delle acque reflue urbane nelle aree di cui al comma 1 si applicano, se ne ricorrono le condizioni, le disposizioni di cui all’articolo 106 del d.lgs. 152/2006.

3. Le norme di area individuano le misure per il conseguimento dell’obiettivo dell’abbattimento di almeno il 75 per cento di fosforo totale e di almeno il 75 per cento dell’azoto totale del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane del territorio regionale, bacino drenante delle aree sensibili “Delta del Po” e “Area costiera dell’Adriatico Nord Occidentale dalla foce dell’Adige al confine meridionale del comune di Pesaro”.

4. Per il contenimento dell’apporto di nutrienti di origine diffusa nelle aree di cui al comma 1, si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 35, comma 4.

5. La designazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti di cui al presente articolo è sottoposta a revisione almeno ogni quattro anni con apposita disposizione di attuazione del presente piano.

Art. 21.
(Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)

1. Ai fini della prevenzione e della riduzione dell’inquinamento da composti azotati, il presente piano recepisce la designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola individuate dall’allegato A del regolamento regionale 18 ottobre 2002, n. 9/R, modificato dal regolamento 15 marzo 2004, n. 2/R.

2. La designazione delle zone vulnerabili di cui al comma 1 è riportata nell’allegato 7 e nella tavola di piano n. 5.

3. Nelle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola sono di obbligatoria applicazione le disposizioni ed il programma d’azione di cui al r.r. 9/2002, ferme restando le decorrenze ivi previste.

4. In ragione delle risultanze della verifica di efficacia degli interventi e in attuazione del decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 7 aprile 2006 (Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all’articolo

38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152), le norme del programma d’azione sono aggiornate con specifiche disposizioni di attuazione del presente piano.

5. In applicazione delle norme di attuazione del piano stralcio per il controllo dell’eutrofizzazione adottato dall’Autorità di bacino del fiume Po, sono altresì designate come zone vulnerabili da nitrati di origine agricola i territori ricadenti nelle Fasce A e nelle Fasce B delimitate nelle tavole grafiche del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico adottato dall’Autorità di bacino del fiume Po.

6. La designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola di cui al presente articolo è sottoposta a revisione almeno ogni quattro anni con apposita disposizione di attuazione del presente piano, sentita l’Autorità di bacino del fiume Po.

7. Le disposizioni di attuazione del presente piano individuano ulteriori zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, con priorità per i territori che presentano caratteristiche intrinseche di vulnerabilità all’inquinamento ed un elevato carico azotato.

Art. 22.
(Aree vulnerabili da prodotti fitosanitari)

1. Allo scopo di proteggere le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti dal rischio di inquinamento provocato dall’utilizzo di taluni principi attivi, il presente piano recepisce la designazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari e conferma le proposte di intervento formulate al Ministero della salute di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 17 giugno 2003, n. 287-20269.

2. La designazione delle aree vulnerabili di cui al comma 1 è riportata nell’allegato 8 e nella tavola di piano n. 6.

3. Nelle aree designate vulnerabili da prodotti fitosanitari si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 35, comma 5.

4. La designazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari di cui al presente articolo è sottoposta a revisione almeno ogni quattro anni con apposita disposizione di attuazione del presente piano, sentita l’Autorità di bacino del fiume Po.

Art. 23.
(Aree a elevata protezione)

1. Al fine di tutelare gli ecosistemi acquatici di particolare pregio ambientale e naturalistico, si considerano a elevata protezione i corpi idrici superficiali e sorgentizi ricadenti nelle aree di cui alla tavola di piano n. 7 e concernenti:

a) le aree protette nazionali, regionali e provinciali;

b) i siti di interesse comunitario di cui alla direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;

c) le zone di protezione speciale di cui alla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici;

d) la porzione di area idrografica “Alto Sesia” a monte del Comune di Varallo Sesia e la porzione di area idrografica “Dora Baltea” - sottobacino idrografico minore “Chiusella”, dalla sorgente al Comune di Vidracco compreso.

2. Le disposizioni di attuazione del presente piano identificano ulteriori aree a elevata protezione che, per la scarsa antropizzazione e in particolare per l’assenza di prelievi e scarichi significativi, hanno conservato un elevato grado di naturalità, con particolare riferimento ai corsi d’acqua minori alpini.

3. Fermo restando il soddisfacimento del fabbisogno idropotabile, le norme di area e le disposizioni di attuazione del presente piano identificano le misure volte a mantenere le componenti naturali in funzione delle specifiche caratteristiche delle aree prese in considerazione.

4. L’autorità concedente può richiedere di integrare le domande di concessione di derivazione di acque ricadenti nelle aree a elevata protezione con la documentazione di compatibilità ambientale del prelievo.

Art. 24.
(Zone di protezione delle acque destinate al consumo umano)

1. Le zone di protezione delle acque destinate al consumo umano sono finalizzate alla tutela quantitativa e qualitativa del patrimonio idrico regionale e sono da assoggettare ai vincoli ed alle destinazioni d’uso specifiche connesse a tale funzione.

2. Sono considerate zone di protezione:

a) le aree di ricarica degli acquiferi utilizzati per il consumo umano;

b) le aree in cui sono localizzati campi pozzi di interesse regionale in quanto per la potenzialità e la qualità degli acquiferi captati costituiscono riserva idrica strategica;

c) le zone di riserva caratterizzate dalla presenza di risorse idriche superficiali e sotterranee non ancora destinate al consumo umano, ma potenzialmente destinabili a tale uso.

3. La prima individuazione a scala regionale delle zone di protezione di cui al comma 2 è riportata nell’allegato 9 e nella tavola di piano n. 8.

4. In attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, la Regione procede sulla base di specifici studi ad ulteriori delimitazioni a scala di maggior dettaglio:

a) delle zone di protezione di cui al comma 2, lettere a) e b) e al comma 3, sentite le province e le autorità d’ambito;

b) delle zone di protezione di cui al comma 2, lettera c) e al comma 3, su proposta delle autorità d’ambito e sentite le province.

5. L’individuazione delle zone di riserva di cui al comma 4, lettera b) costituisce vincolo di utilizzo sulle risorse idriche superficiali e sotterranee ricadenti in tali aree. Nei confronti delle domande di concessione delle acque vincolate non è ammessa la presentazione di domande concorrenti per destinazioni o usi diversi da quello per il consumo umano. Le acque vincolate possono essere concesse ad altri richiedenti, per usi diversi da quello per il consumo umano, con durata limitata fino alla attivazione, totale o parziale, della utilizzazione in vista della quale il vincolo è stato disposto e il rinnovo delle utenze può essere negato se risulta incompatibile con l’utilizzazione delle acque vincolate. Dalla data di individuazione delle zone di protezione, cessa di applicarsi nel territorio regionale il piano regolatore generale degli acquedotti di cui alla legge 4 febbraio 1963, n. 129 (Piano regolatore generale degli acquedotti e delega al governo ad emanare le relative norme di attuazione), e successive modificazioni ed integrazioni, e al decreto del Presidente della Repubblica 11 marzo 1968, n. 1090 (in materia di norme delegate dalla l. 129/1963).

6. Le disposizioni di attuazione del presente piano, procedono all’individuazione dei vincoli e delle misure relative alla destinazione del territorio delle zone di protezione di cui al comma 4, nonché delle limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

Art. 25.
(Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano)

1. Le aree di salvaguardia, distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, sono finalizzate a tutelare la qualità delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi mediante impianti di acquedotto che rivestono carattere di pubblico interesse.

2. Le aree di salvaguardia sono soggette alla disciplina delle disposizioni di attuazione del presente piano, concernenti i criteri per la loro delimitazione, l’imposizione di vincoli e limitazioni d’uso del suolo, nonché il controllo e la gestione del territorio interessato.

3. Il provvedimento di delimitazione delle aree di salvaguardia è inviato ai comuni interessati che, nell’ambito delle proprie competenze, provvedono a:

a) recepire nello strumento urbanistico generale, nonché nei conseguenti piani particolareggiati attuativi, i vincoli derivanti dalla definizione delle aree di salvaguardia;

b) emanare i provvedimenti necessari per il rispetto dei vincoli connessi con la definizione delle aree di salvaguardia;

c) notificare ai proprietari dei terreni interessati dalle aree di salvaguardia i provvedimenti di definizione con i relativi vincoli.

4. Entro due anni dall’approvazione delle disposizioni di attuazione di cui al comma 2, le autorità d’ambito adottano, su proposta del gestore, un programma di adeguamento delle aree di salvaguardia esistenti, nel quale sono indicate:

a) le aree già definite con apposito provvedimento dell’autorità competente e conformi alle disposizioni di attuazione del presente piano;

b) le opere di captazione in ordine alle quali proporre la definizione delle aree di salvaguardia in applicazione delle disposizioni di attuazione del presente piano;

c) le opere di captazione esistenti per le quali sia programmato l’abbandono nei cinque anni successivi all’adozione del programma stesso e relativo piano di dismissione.

Art. 26.
(Aree di salvaguardia delle acque minerali e termali)

1. Al fine di tutelare le acque minerali e termali captate conformemente ai principi della normativa nazionale e regionale di settore, la delimitazione dell’area di protezione assoluta e dell’area di salvaguardia di cui all’articolo 10 della legge regionale 12 luglio 1994, n. 25 (Ricerca e coltivazione di acque minerali e termali), modificata dalla legge regionale 3 gennaio 1997, n. 3, è effettuata sulla base dei criteri definiti ai sensi dell’articolo 25, comma 2 delle presenti norme rispettivamente per la zona di tutela assoluta e per la zona di rispetto.

Capo III.
Misure di tutela qualitativa

Art. 27.
(Valori limite di emissione degli scarichi)

1. Sino a diversa determinazione delle disposizioni di attuazione del presente piano, i limiti di accettabilità degli scarichi di cui al d.lgs. 152/2006 ed alla legge regionale 26 marzo 1990 n. 13 (in materia di scarichi delle pubbliche fognature e di scarichi civili), da ultimo modificata dalla legge regionale 7 aprile 2003, n. 6, costituiscono valori limite di emissione funzionali al rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

2. Nelle more delle determinazioni di cui al comma 1, le province, se è necessario conseguire o mantenere gli obiettivi di qualità dei corpi idrici o la protezione delle aree a specifica tutela, definiscono, in sede di rilascio o rinnovo delle singole autorizzazioni allo scarico, valori limite di emissione più restrittivi.

Art. 28.
(Caratterizzazione qualitativa e quantitativa degli scarichi)

1. I titolari degli scarichi di acque reflue industriali recapitanti in acque superficiali, con volume medio annuo superiore a centomila metri cubi, installano, con oneri a proprio carico, misuratori di portata a monte del punto di recapito nel corpo idrico e certificano periodicamente all’autorità competente al controllo la qualità dei reflui derivanti dal ciclo produttivo a valle dell’impianto di trattamento.

2. I gestori degli impianti di trattamento di acque reflue urbane con potenzialità superiore ai diecimila abitanti equivalenti installano misuratori di portata a monte del punto di recapito nel corpo idrico recettore, fermo restando quanto previsto dal punto 1.1 dell’allegato 5 alla parte terza del d.lgs. 152/2006 in materia di autocontrolli.

3. Le disposizioni di attuazione del presente piano:

a) definiscono le modalità di autocertificazione e di trasmissione all’autorità competente al controllo delle caratteristiche quali-quantitative dei reflui di cui ai commi 1 e 2;

b) individuano gli eventuali ulteriori scarichi soggetti alla misura dei volumi scaricati e all’autocertificazione della qualità dei reflui, con particolare riferimento agli scarichi contenenti sostanze pericolose.

4. L’insieme delle misure dei volumi scaricati e dei risultati degli autocontrolli disciplinati dal presente articolo concorre all’implementazione del Catasto degli scarichi e del Catasto delle infrastrutture di acquedotto, fognatura e impianti di depurazione.

Art. 29.
(Scarichi in acque sotterranee)

1. In deroga al divieto di scarico nelle acque sotterranee e nel sottosuolo di cui all’articolo 104 del d.lgs. 152/2006, l’autorità competente può autorizzare gli scarichi nella stessa falda:

a) delle acque utilizzate per scopi geotermici;

b) delle acque d’infiltrazione di miniere o cave;

c) delle acque pompate nel corso di lavori d’ingegneria civile;

d) delle acque provenienti da impianti di scambio termico per il condizionamento di fabbricati.

2. Le autorizzazioni di cui al comma 1 sono rilasciate solo in assenza di alternative di scarico o riutilizzo tecnicamente ed economicamente realizzabili, anche in rapporto ai benefici ambientali conseguibili, e previa effettuazione di un’indagine volta ad accertare:

a) la geometria e le caratteristiche idrochimiche del corpo idrico ricettore;

b) le modificazioni indotte sulla morfologia della superficie piezometrica;

c) le modificazioni indotte sul chimismo della falda interessata attraverso la valutazione degli effetti sullo stato termico e idrochimico;

d) l’effetto di sovrapposizione degli impatti di eventuali altre autorizzazioni della medesima tipologia insistenti sul corpo idrico sotterraneo ricettore nell’area indagata.

Art. 30.
(Interventi di infrastrutturazione)

1. Le autorità d’ambito aggiornano ed integrano i rispettivi piani d’ambito individuando le risorse e gli interventi necessari per adeguare le reti fognarie e gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane agli obiettivi e alle finalità del presente piano.

2. Nei provvedimenti di cui al comma 1 le autorità d’ambito tengono in debita considerazione anche gli aspetti connessi alla gestione ottimale del complesso delle infrastrutture e degli impianti gravitanti in ciascuna area.

Art. 31.
(Progettazione e gestione degli impianti di depurazione di acque reflue)

1. Al fine di garantire la corretta funzionalità degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane le disposizioni di attuazione del presente piano disciplinano le modalità:

a) di approvazione dei relativi progetti, in coerenza con i criteri della buona tecnica corrente e della miglior tecnologia disponibile e sulla base di procedure che garantiscano la partecipazione delle autorità competenti al controllo dello scarico;

b) di autorizzazione provvisoria allo scarico durante l’avviamento dei nuovi impianti ovvero in caso di realizzazione per lotti funzionali;

c) di esercizio provvisorio a seguito di intervento straordinario su impianti esistenti, di gestione straordinaria nelle fasi di manutenzione programmata e durante i periodi di interruzione del servizio di depurazione;

d) di scarico delle reti fognarie di agglomerati a forte fluttuazione stagionale.

2. Le disposizioni di attuazione di cui al comma 1 disciplinano altresì le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue diverse da quelle urbane, per il tempo necessario al loro avvio.

3. In sede di definizione degli strumenti urbanistici o in sede di rilascio del permesso di costruire è prescritta una fascia di rispetto assoluto con vincolo di inedificabilità circostante l’area destinata all’impianto di depurazione delle acque reflue urbane. Di regola la larghezza di tale fascia non è inferiore a cento metri, misurati in linea d’aria dalla recinzione dell’impianto.

4. In considerazione delle particolari condizioni morfologiche del territorio i comuni possono, all’interno dei propri strumenti urbanistici, prevedere deroghe alla larghezza minima di cui al comma 3; in tal caso il progetto dell’impianto è integrato da uno studio di dettaglio dei motivi, dei criteri e delle condizioni che ne hanno determinato l’ubicazione nonché delle eventuali mitigazioni o delle opere compensative previste.

5. Le autorità d’ambito, d’intesa con le province, individuano gli agglomerati serviti da impianti ubicati al di sopra dei mille metri sul livello del mare, con il relativo recapito finale, per i quali è possibile procedere ad un trattamento meno spinto di quello previsto all’articolo 105 del d.lgs. 152/2006 e adeguano di conseguenza i propri piani d’ambito con gli interventi necessari per assicurare un adeguato livello di trattamento a norma del comma 6 dello stesso articolo 105.

6. Con analoga procedura le autorità d’ambito individuano gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane caratterizzati da una forte fluttuazione stagionale del numero di abitanti equivalenti serviti, soggetti alle disposizioni di attuazione del presente piano.

Art. 32.
(Acque meteoriche di dilavamento e di lavaggio delle aree esterne)

1. Fermo restando il divieto di scarico di acque meteoriche nelle acque sotterranee, ai fini della prevenzione dei rischi ambientali, sono assoggettati a disciplina ai sensi dell’articolo 113 del d.lgs. 152/2006:

a) gli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da agglomerati urbani e collettate da reti fognarie separate;

b) le immissioni in acque superficiali e sul suolo delle acque meteoriche effettuate tramite condotte separate provenienti dalle superfici impermeabilizzate di insediamenti o comprensori industriali, artigianali, commerciali e di servizio non allacciate alle pubbliche reti fognarie;

c) le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento provenienti da opere e interventi soggetti alle procedure di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa nazionale e regionale;

d) le immissioni delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne di insediamenti ove, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento dalle superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

2. Con riferimento alle fattispecie di cui al comma 1, lettera a), costituenti parte integrante del servizio idrico integrato, le autorità d’ambito effettuano entro il 31 dicembre 2008 la caratterizzazione dei bacini scolanti degli agglomerati urbani ai fini della quantificazione delle acque di prima pioggia e del relativo carico inquinante, individuando gli interventi necessari al controllo e alla riduzione del carico complessivo. Tali interventi possono consistere nella realizzazione di vasche di prima pioggia, ovvero nell’adozione di appositi sistemi di trattamento o di accorgimenti finalizzati all’ottimizzazione della capacità di invaso del sistema fognario nel suo complesso, mediante sistemi di controllo a distanza, nonché mediante l’utilizzo di invasi aggiuntivi idonei allo scopo. Tali interventi sono affiancati da modalità gestionali del sistema viario e da interventi sul sistema edilizio ed urbano finalizzati a ridurre il carico inquinante connesso agli eventi piovosi, quali ad esempio la regolazione delle portate meteoriche drenate, la riduzione delle superfici urbane impermeabilizzate e la previsione di sistemi di ritenzione, rilascio ritardato e infiltrazione superficiale nel suolo delle acque meteoriche.

3. Sulla base delle risultanze degli studi di cui al comma 2, i piani d’ambito sono integrati dagli interventi necessari a garantire che il carico inquinante generato nei bacini scolanti degli agglomerati urbani sia ridotto di almeno il 50 per cento entro il 31 dicembre 2016, agendo prioritariamente sugli agglomerati il cui reticolo scolante recapita nei corpi idrici di cui all’articolo 18, comma 1 e ove lo richiedano gli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore.

4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 6 della l.r. 13/1990, per le reti fognarie unitarie sono realizzati o adeguati funzionalmente, se esistenti, gli scaricatori di piena delle acque miste. Gli scaricatori sono ubicati e proporzionati per conseguire una significativa riduzione del carico inquinante rispetto alle esigenze di protezione del corpo ricettore e sono dotati di dispositivi idonei a garantirne la funzionalità.

5. Sulla base di specifiche direttive della Giunta regionale, i regolamenti edilizi comunali sono integrati con:

a) le misure concernenti la riduzione delle portate meteoriche drenate e la riduzione delle superfici urbane impermeabilizzate di cui al comma 3;

b) l’imposizione dell’obbligo di un adeguato trattamento, prima del loro recapito nel corpo ricettore, delle immissioni delle acque meteoriche di cui al comma 1, lettera b).

6. Le immissioni di cui al comma 1, lettera c) sono soggette, ove necessario, alle prescrizioni dettate dal provvedimento con cui l’autorità competente rende il giudizio di compatibilità ambientale.

7. Le disposizioni di attuazione del presente piano disciplinano le fattispecie di cui al comma 1, lettera d) in funzione del mantenimento o raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e del contenimento della diffusione in ambiente idrico delle sostanze pericolose, prevedendo, se necessario, la sottoposizione delle relative immissioni ad autorizzazione preventiva ai sensi della normativa in materia di scarichi.

Art. 33.
(Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici)

1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente ai corpi idrici naturali e artificiali, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione e sviluppo della biodiversità, le disposizioni di attuazione del presente piano individuano i relativi divieti e disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti:

a) nella fascia di almeno dieci metri dal ciglio di sponda dei corsi d’acqua naturali di cui all’articolo 18, comma 1;

b) nella fascia individuata dalle stesse disposizioni di attuazione per i corsi d’acqua naturali diversi da quelli di cui alla lettera a);

c) nelle isole e nelle unioni di terra che si possono formare negli alvei;

d) nella fascia di almeno dieci metri dalle rive di laghi naturali;

e) nella fascia individuata dalle disposizioni di attuazione del presente piano per i canali di irrigazione, di irrigazione e bonifica e di bonifica identificati dalle stesse disposizioni, garantendo le operazioni di manutenzione e gestione degli stessi canali.

2. Ove, al momento dell’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione del presente piano, sia presente una fascia di vegetazione spontanea, lungo corsi d’acqua e laghi, di larghezza superiore al minimo di cui al comma 1, è mantenuta l’ampiezza della fascia di vegetazione spontanea esistente, passibile di riduzione fino a venti metri.

3. Resta fermo qualsiasi altro divieto o vincolo previsto da leggi o da atti di pianificazione territoriale.

Art. 34.
(Disciplina delle utilizzazioni agronomiche)

1. L’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari è finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ed ammendanti nei medesimi contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo.

2. Fermo restando quanto previsto all’articolo 21, le attività concernenti l’intero ciclo dell’utilizzazione agronomica, dalla produzione alla raccolta, allo stoccaggio, al trattamento, al trasporto, all’applicazione al terreno, sono disciplinate dalle disposizioni di attuazione del presente piano in funzione della tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare del raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale e funzionale.

3. Ai fini di una corretta utilizzazione agronomica degli effluenti e di un accurato bilanciamento degli elementi fertilizzanti, sulla base delle modalità e delle tempistiche definite dalle disposizioni di attuazione di cui al comma 2, le aziende individuate da tali disposizioni predispongono ed attuano un piano di utilizzazione agronomica.

4. Le disposizioni di attuazione di cui al comma 2 prevedono che la quantità massima di effluenti di allevamento applicabile alle aree adibite a uso agricolo, compresi quelli depositati dagli animali al pascolo, non superi un apporto al campo di trecentoquaranta chilogrammi di azoto totale per ettaro e per anno, inteso come quantitativo medio aziendale, da distribuire in base ai fabbisogni delle colture, al loro ritmo di assorbimento ed ai precedenti colturali.

5. Al fine di ottimizzare il rapporto tra elementi nutritivi prodotti dai capi allevati e superficie utilizzata per l’applicazione al terreno degli effluenti zootecnici, è incentivata l’adozione:

a) di sistemi di stabulazione e trattamento finalizzati a migliorare le caratteristiche quali-quantitative degli effluenti zootecnici;

b) di tecnologie finalizzate a ridurre la diluizione degli effluenti e realizzare la separazione tra solido e liquido;

c) di tecnologie e di iniziative che favoriscono l’uso degli effluenti di origine animale anche da parte di aziende non zootecniche, favorendo un minor ricorso ai concimi di sintesi;

d) di programmi di sperimentazione.

6. Al fine di ridurre le perdite di nutrienti è incentivata, anche attraverso programmi di assistenza tecnica, controllo e sperimentazione, l’applicazione diffusa del Codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole 19 aprile 1999, nonché l’adozione:

a) di un opportuno ordinamento colturale e di razionali tecniche per le lavorazioni del terreno;

b) di tecniche di fertilizzazione atte ad ottimizzarne l’efficienza e ad assicurare la distribuzione uniforme di dosi programmate di effluenti zootecnici e di concimi di sintesi contenendo le perdite di azoto in atmosfera per volatilizzazione e la veicolazione dei nutrienti verso i corpi idrici;

c) di programmi di assistenza tecnica e controllo per la corretta conduzione dei suoli e delle pratiche agronomiche;

d) di programmi di sperimentazione.

7. Al fine della corretta utilizzazione agronomica delle acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari sono promossi interventi finalizzati a:

a) ottimizzare i sistemi di stoccaggio, trattamento e distribuzione delle acque reflue;

b) favorire il risparmio idrico attraverso forme di riutilizzo delle acque già impiegate nel ciclo produttivo;

c) effettuare programmi di sperimentazione.

Art. 35.
(Codici di buona pratica agricola per l’uso di concimi contenenti fosforo, per l’utilizzo di fitofarmaci e per l’irrigazione)

1. Al fine di contribuire alla tutela qualitativa e quantitativa di tutte le acque attraverso una più attenta gestione delle pratiche agronomiche, i codici di buona pratica agricola per l’uso di concimi contenenti fosforo, per l’utilizzo di fitofarmaci e per l’irrigazione approvati con le disposizioni di attuazione del presente piano sono di raccomandata applicazione su tutto il territorio regionale.

2. I codici di cui al comma 1, adottando un approccio che considera il sistema colturale nel suo complesso e sostituendo le soluzioni di breve termine con strategie di lungo periodo, promuovono rispettivamente:

a) tecniche che permettono un minor ricorso ai concimi di sintesi, tramite la valorizzazione dei fertilizzanti organici, la razionalizzazione delle tecniche di fertilizzazione, l’apporto di fosforo commisurato ai reali fabbisogni delle colture e alle caratteristiche dei suoli, nonché l’adozione di tecniche di lavorazione dei terreni di tipo conservativo;

b) metodi di gestione basati sull’impiego integrato di pratiche colturali e di mezzi chimici che consentono la lotta sostenibile contro le avversità biotiche con azioni preventive e con interventi volti ad aumentare la resistenza delle colture attraverso un riequilibrio biologico;

c) pratiche irrigue volte ad una attenta utilizzazione della risorsa, ottimizzandone l’applicazione al fine di ottenere sia il risparmio della risorsa stessa, sia la limitazione degli effetti negativi in conseguenza del mancato rispetto di accortezza nella loro somministrazione al campo.

3. I codici di cui al comma 1 sono approvati contestualmente al fine di garantire la coerenza delle azioni previste e la loro armonizzazione con le disposizioni dettate in materia agroambientale dalla Politica agricola comunitaria e dal Piano di sviluppo rurale, nonché con le previsioni dei programmi d’azione applicati nelle zone vulnerabili e con le altre norme nazionali e regionali vigenti in materia.

4. Le disposizioni di attuazione del presente piano identificano le azioni da rendere gradualmente di obbligatoria applicazione:

a) nei bacini drenanti dei laghi di cui all’allegato 6 con riferimento al Codice di buona pratica agricola approvato con decreto del Ministro per le politiche agricole del 19 aprile 1999;

b) nei bacini drenanti dei laghi di cui all’allegato 6 identificati come eutrofici e mesotrofici con riferimento al codice di buona pratica agricola per l’uso di concimi contenenti fosforo.

5. Le disposizioni di attuazione del presente piano individuano le aree di intervento, ivi comprese le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari, e le azioni dei codici di buona pratica agricola per l’utilizzo di fitofarmaci e per l’irrigazione da rendere gradualmente di obbligatoria applicazione nelle medesime aree.

Art. 36.
(Impiego dei prodotti fitosanitari per scopi non agricoli)

1. In attuazione dell’articolo 5, comma 22 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194 (Attuazione della direttiva 91/414/CEE in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari), le disposizioni di attuazione del presente piano definiscono norme per il corretto impiego non agricolo dei prodotti fitosanitari diserbanti.

2. Sono fatti salvi gli impieghi per scopi non agricoli di prodotti fitosanitari diversi da quelli di cui al comma 1 previsti da specifici provvedimenti di settore.

Art. 37.
(Interventi di ricondizionamento delle opere di captazione delle acque sotterranee)

1. Allo scopo di tutelare gli acquiferi profondi, tutti i pozzi che consentono la comunicazione tra la falda freatica e le sottostanti falde profonde sono ricondizionati secondo le modalità stabilite dalla vigente disciplina regionale, tenendo conto dei criteri e delle priorità di cui al presente articolo.

2. La carta di identificazione della base dell’acquifero superficiale di cui all’articolo 2, comma 7 della legge regionale 30 aprile 1996, n. 22 (Ricerca, uso e tutela delle acque sotterranee), sostituito dall’articolo 5 della legge regionale 7 aprile 2003, n. 6, individua i limiti che separano la falda freatica dalle falde profonde, salvo documentata diversa configurazione locale fatta propria dall’autorità concedente.

3. Salve ulteriori determinazioni delle disposizioni di attuazione del presente piano, ai fini del ricondizionamento dei pozzi di cui al comma 1 sono considerate ad elevata priorità di intervento:

a) le aree idrogeologicamente separate di cui all’allegato 3 all’interno delle quali sono presenti zone vulnerabili da nitrati di origine agricola;

b) le aree idrogeologicamente separate di cui all’allegato 3 all’interno delle quali sono presenti aree vulnerabili da prodotti fitosanitari e classificate con indice di vulnerazione areale LV1 e LV2;

c) le aree in cui sono localizzati campi pozzi di cui all’articolo 24, comma 2, lettera b).

4. Le province, sulla base delle informazioni territoriali disponibili:

a) individuano all’interno delle aree ad elevata priorità di intervento porzioni di territorio nelle quali, anche in ragione della presenza di altri centri di pericolo, le azioni di ricondizionamento o chiusura dei pozzi potranno essere completate in un momento successivo e comunque entro il 31 dicembre 2016;

b) identificano porzioni di territorio all’interno delle quali sono presenti acquiferi che, seppur diversi da quelli indicati al comma 3, sono comunque di rilevo a livello locale e definiscono per tali aree ulteriori priorità di intervento.

5. Le attività di ricondizionamento o chiusura dei pozzi che consentono la comunicazione tra la falda freatica e le sottostanti falde profonde sono completate entro il 31 dicembre 2016, con riferimento all’intero territorio regionale.

Art. 38.
(Restituzioni e manutenzione delle opere di prelievo)

1. Le autorità competenti prescrivono che le restituzioni delle acque utilizzate per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca e alla estrazione di idrocarburi, hanno caratteristiche tali da non indurre modificazioni sulle caratteristiche idrochimiche e sullo stato termico del corpo idrico naturale ricettore che possono compromettere il rispetto degli obiettivi previsti dal presente piano.

2. Per le restituzioni di acqua provenienti da impianti ad acqua fluente destinati alla produzione di energia idroelettrica l’autorità concedente prescrive che le stesse sono realizzate e gestite in modo tale da:

a) evitare che le repentine variazioni della portata nel corpo idrico recettore a valle della sezione di immissione, nel caso di impianti dotati di dispositivi che consentono una regolazione giornaliera delle portate, determinino rilevanti impatti sull’ambiente idrico;

b) non produrre fenomeni localizzati di erosione del fondo e delle sponde del corso d’acqua interessato.

3. Le restituzioni di acqua provenienti da impianti destinati alla produzione di energia idroelettrica dotati di bacino di accumulo sono dotate, ove tecnicamente possibile, di dispositivi di demodulazione delle portate restituite e comunque rispettano le condizioni di cui al comma 2. Se le variazioni di portata non sono dannose per l’ambiente idrico e risultano compatibili con le legittime utilizzazioni di valle, sono ammesse deroghe all’obbligo di realizzare la demodulazione; in tali casi è imposto uno specifico protocollo di gestione dei rilasci.

4. Il materiale depositato nei dissabbiatori e sedimentatori connessi con le opere di presa da corsi d’acqua naturali realizzate mediante traverse può essere reimmesso nel corso d’acqua alimentatore se ciò avviene in modo tale da non arrecare alterazioni significative all’ecosistema del corpo idrico.

5. Al fine di mitigare l’incidenza sugli ambienti idrici di valle delle operazioni di svaso e spurgo degli invasi, le disposizioni di attuazione del presente piano definiscono:

a) gli sbarramenti da assoggettare all’obbligo di redazione dei progetti di gestione con i relativi requisiti minimi;

b) le modalità di identificazione dei corpi idrici o tratti di essi sui quali le operazioni di svaso e spurgo possono avere un’incidenza significativa;

c) in relazione alle tipologia di intervento, ai risultati dell’analisi dei sedimenti presenti nell’invaso ed alle caratteristiche dei corpi idrici interessati:

1) le misure di mitigazione da porre in essere per limitare le incidenze negative sul comparto idrico;

2) i criteri e i parametri chimico-fisici e biologici da considerare nell’attività di monitoraggio degli impatti;

3) la persistenza e le concentrazioni massime ammissibili di parametri fisico-chimici nel corpo idrico a valle dello sbarramento;

4) le modalità e i tempi di trasmissione delle informazioni raccolte;

5) i casi in cui, in considerazione delle caratteristiche dei sedimenti, non è consentita l’operazione di spurgo.

6. Le operazioni previste ai commi 4 e 5 sono eseguite in periodo idrologico diverso da quello di magra e tengono conto dei cicli biologici delle popolazioni ittiche presenti nei corpi idrici, con particolare riferimento al periodo riproduttivo e delle prime fasi di sviluppo.

Titolo III
Misure di tutela quantitativa

Art. 39.
(Deflusso minimo vitale)

1. Il deflusso minimo vitale è la portata istantanea che è rilasciata a valle delle captazioni da corsi d’acqua al fine di garantire la tutela delle biocenosi acquatiche compatibilmente con un equilibrato utilizzo della risorsa idrica e, in generale, per concorrere al raggiungimento degli obiettivi di qualità.

2. Il deflusso minimo vitale è costituito da:

a) una componente idrologica calcolata sulla base della portata media annua naturale del corso d’acqua, quantificata in coerenza con i criteri di regolazione delle portate approvati dall’Autorità di bacino del fiume Po;

b) fattori correttivi relativi a morfologia e scambio idrico con la falda che, applicati al valore idrologico, definiscono il deflusso minimo vitale di base;

c) ulteriori fattori correttivi riguardanti la naturalità, la qualità dell’acqua, la fruizione e le esigenze di modulazione della portata residua a valle dei prelievi.

3. L’applicazione del deflusso minimo vitale di base e degli ulteriori fattori correttivi di cui al comma 2, lettera c), è condizione necessaria per il rilascio:

a) delle nuove concessioni di derivazione di acqua pubblica e per quelle in ordine alle quali, alla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione di cui al comma 6, non sia ancora concluso il relativo procedimento amministrativo;

b) dei provvedimenti di rinnovo delle concessioni, tenuto conto della gradualità prevista per le derivazioni in atto.

4. Entro il 31 dicembre 2008 tutte le derivazioni d’acqua in atto da corpi idrici naturali rilasciano il deflusso minimo vitale di base, fermi restando eventuali obblighi di maggior rilascio già previsti nei disciplinari di concessione.

5. Le norme di area definiscono i fattori correttivi da applicarsi, secondo la gradualità definita ai sensi del comma 6, ai corsi d’acqua significativi, a quelli potenzialmente influenti sugli stessi o di rilevante interesse ambientale, a quelli ricadenti nelle aree ad elevata protezione nonché ai corsi d’acqua che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci.

6. Le disposizioni di attuazione del presente piano identificano:

a) le modalità di calcolo della componente idrologica;

b) le modalità di calcolo dei rilasci nei bacini di estensione inferiore a cinquanta chilometri quadrati, compresi i rilasci da sorgenti;

c) le modalità di applicazione graduale alle derivazioni in atto degli ulteriori fattori correttivi di cui al comma 2, lettera c), anche sulla base della verifica degli effetti prodotti dall’applicazione del deflusso minimo vitale di base, ferma restando l’applicazione di tutti i fattori correttivi entro il 31 dicembre 2016;

d) criteri e condizioni di deroga;

e) le modalità di controllo dei rilasci;

f) le modalità di concertazione con le altre Regioni in relazione ai corpi idrici interregionali.

7. Dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione di cui al comma 6 sono automaticamente sostituite le disposizioni dei disciplinari di concessione incompatibili con le previsioni e le tempistiche di cui al presente articolo.

8. La Regione e le province incentivano l’approccio sperimentale volontario all’applicazione del deflusso minimo vitale sulla base di accordi con utenti che si impegnano a gestire un programma di rilasci concordato con l’autorità concedente e le comunità locali. Il deflusso minimo vitale risultante dalla sperimentazione sostituisce quello conseguente alla disciplina di cui al presente articolo, è reso pubblico ed è applicato, secondo le modalità stabilite dalla Regione, anche alle ulteriori derivazioni collocate sul medesimo corso d’acqua in un tratto riconosciuto omogeneo con quello oggetto della sperimentazione.

Art. 40.
(Riequilibrio del bilancio idrico)

1. Il riequilibrio del bilancio idrico concorre alla tutela quali-quantitativa delle acque ed è perseguito attraverso una serie coordinata di azioni volte a consentire un consumo idrico sostenibile, riguardanti in via prioritaria:

a) il riordino irriguo;

b) la revisione dei titoli di concessione;

c) l’uso, temporaneo e compatibile, delle acque sotterranee di falda freatica in funzione di soccorso dell’irrigazione;

d) la revisione delle regole operative degli invasi esistenti;

e) il ricorso ai trasferimenti di acqua in rapporto agli usi strategici della risorsa;

f) la realizzazione di nuove capacità di invaso;

g) i protocolli di gestione dinamica delle criticità quantitative stagionali.

2. Il riordino irriguo è perseguito attraverso l’aggregazione dei consorzi di bonifica, dei consorzi d’irrigazione e dei consorzi d’irrigazione e bonifica ai sensi della legge regionale 9 agosto 1999, n. 21 (Norme in materia di bonifica e d’irrigazione) e la progressiva integrazione delle reti e delle gestioni, nonché attraverso il sostegno alle azioni finalizzate alla ricomposizione fondiaria.

3. Le autorità concedenti provvedono entro il 31 dicembre 2008 alla revisione delle utilizzazioni in atto ai sensi dell’articolo 95, comma 5 del d.lgs. 152/2006, sulla base delle disposizioni di attuazione del presente piano con le quali sono definiti le metodologie di quantificazione del fabbisogno e i tempi di adeguamento per ciascuna area idrografica. La revisione è effettuata sulla base dei seguenti criteri di priorità:

a) corpi idrici che presentano esigenze di riequilibrio del bilancio idrico;

b) corpi idrici per i quali sono stati identificati obiettivi di qualità ambientale elevati o particolari obiettivi funzionali.

4. La revisione dei titoli di concessione dei prelievi a scopo irriguo è effettuata, contestualmente nell’ambito di ciascuna area idrografica, sulla base della verifica degli effettivi fabbisogni netti irrigui dei comprensori agrari, in considerazione delle colture praticate e delle condizioni pedo-climatiche, nonché dell’efficienza dei metodi di trasporto dell’acqua dal punto di captazione alle parcelle irrigue e dei metodi d’irrigazione.

5. Nelle aree idrografiche caratterizzate da squilibri del bilancio idrico, la Regione e le province, d’intesa con i consorzi irrigui di secondo grado, incentivano l’adozione di misure per l’utilizzazione delle acque captate dalla falda freatica in funzione di irrigazione di soccorso e il loro trasferimento verso gli areali del comprensorio d’irrigazione maggiormente idroesigenti, utilizzando le infrastrutture consortili per il trasporto dell’acqua.

6. Le disposizioni di attuazione del presente piano definiscono procedure, anche negoziate, di revisione delle regole operative degli invasi esistenti in funzione dell’uso plurimo e in particolare del coordinamento della produzione di energia elettrica con le esigenze dell’agricoltura di valle e della laminazione delle piene, ove tecnicamente utile.

7. Fatte salve le utilizzazioni esistenti, è vietato trasferire acqua al di fuori del bacino idrografico del fiume Po per usi diversi da quello potabile per il quale si applicano le procedure previste dall’articolo 158 del d.lgs. 152/2006. Il trasferimento di acqua per usi diversi da quello potabile all’esterno dei sottobacini idrografici sottesi dai corpi idrici soggetti a obiettivi di qualità ambientale è consentito solo per realizzare progetti di valenza strategica riconosciuta dalla pianificazione regionale o provinciale di settore e solo se il trasferimento di acqua non compromette il mantenimento o il raggiungimento dei predetti obiettivi di qualità.

8. Nei bacini caratterizzati da un saldo negativo di bilancio, dovuto ad un fabbisogno non ulteriormente riducibile con politiche di risparmio idrico e di razionalizzazione dei prelievi o a una naturale limitatezza della risorsa, la Regione promuove la creazione delle capacità di invaso previste dalle norme di area, previa verifica di fattibilità tecnica, ambientale, sociale ed economica delle soluzioni praticabili, perseguendo il coinvolgimento e la condivisione delle comunità locali interessate dagli interventi. Le predette norme di area sono aggiornate, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, sentita la Conferenza regionale delle risorse idriche, che ne definisce altresì le priorità di intervento, con cadenza annuale.

9. Al fine di fronteggiare situazioni di emergenza idrica anche derivante da prolungata assenza di precipitazioni meteoriche, le disposizioni di attuazione del presente piano definiscono un programma di azione contenente:

a) gli indirizzi e gli interventi finalizzati ad un’equa ripartizione delle risorse idriche disponibili tra i diversi utilizzi, con priorità per l’uso potabile ed in subordine per l’irrigazione;

b) le misure finalizzate al contenimento dei consumi anche attraverso specifiche limitazioni d’uso e divieti;

c) misure straordinarie per la gestione delle acque disponibili negli invasi localizzati sul territorio regionale.

10. Il programma di azione, predisposto con il concorso delle province, delle autorità d’ambito, dei gestori dei servizi idrici, dei consorzi irrigui e di bonifica e dei gestori degli invasi regionali, è coordinato con analoghi programmi previsti a scala di bacino del fiume Po e con i piani di emergenza della protezione civile.

11. La gestione operativa del programma di azione è demandata al Comitato tecnico della Conferenza regionale delle risorse idriche di cui alla l.r. 13/1997, integrato dai rappresentanti dei gestori dei servizi idrici, dei consorzi irrigui e di bonifica e dai gestori degli invasi.

12. Nell’area idrografica “Toce” e nelle altre aree interessate da un intenso sfruttamento della risorsa idrica per la produzione di energia idroelettrica individuate dalle disposizioni di attuazione del presente piano, sono applicate le misure volte alla mitigazione dei relativi effetti previste dalle norme di area o dalle stesse disposizioni di attuazione.

Art. 41.
(Obblighi di installazione dei misuratori di portata e volumetrici )

1. La misura delle portate e dei volumi derivati e restituiti o scaricati ai sensi del presente articolo è finalizzata:

a) alla valutazione dell’effettiva incidenza dei prelievi sulla disponibilità delle risorse idriche naturali;

b) alla valutazione delle perdite nelle reti acquedottistiche e nelle reti irrigue consortili;

c) alla verifica del rispetto delle condizioni imposte nei disciplinari di concessione;

d) alla gestione dinamica dei prelievi in presenza di situazioni di crisi idrica.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 28, le disposizioni di attuazione del presente piano individuano i prelievi soggetti alla misura delle portate e dei volumi derivati e restituiti o scaricati e definiscono, con la gradualità necessaria, i relativi obblighi di installazione e manutenzione, nonché di trasmissione dei risultati delle misurazioni. Entro il 31 dicembre 2016 deve comunque essere raggiunto l’obiettivo di disporre dei dati misurati sufficienti ad effettuare una stima attendibile dell’incidenza dei prelievi e delle restituzioni sul bilancio idrico.

3. Per esigenze di verifica dell’efficienza dell’uso dell’acqua nelle reti consortili le disposizioni di attuazione del presente piano prevedono l’obbligo di installazione di misuratori di portata o volumetrici sul sistema dei canali, le relative modalità tecniche e le priorità di attuazione.

Art. 42.
(Misure per il risparmio idrico)

1. Al fine di ridurre i consumi di acqua e di migliorare le condizioni di sostenibilità ambientale dell’utilizzo delle risorse idriche a parità di servizio reso e di qualità della vita, le disposizioni di attuazione del presente piano promuovono e incentivano l’uso razionale dell’acqua, il contenimento dei consumi per uso civile, nei processi produttivi ed in agricoltura, nonché l’informazione e la sensibilizzazione al risparmio idrico delle diverse tipologie di utenza.

2. Le misure di cui al comma 1 incentivano tutti coloro che gestiscono o utilizzano risorse idriche ad eliminare gli sprechi, ridurre i consumi, incrementare il riciclo e il riutilizzo con applicazione delle migliori tecnologie disponibili.

3. Per le finalità di cui al comma 1 la Regione può stipulare con gli enti locali, con le autorità d’ambito, con i gestori del servizio idrico integrato, con i consorzi irrigui, nonché con altri grandi utilizzatori dell’acqua accordi di programma nei quali sono stabiliti gli obiettivi, i tempi di attuazione e le previsioni di spesa dei progetti relativi al programma medesimo, nonché avviare con gli atenei e gli istituti scientifici programmi di ricerca e sperimentazione.

4. Le autorità d’ambito individuano i bacini di utenza che, in relazione alle caratteristiche socio-economiche, alle dimensioni, all’idroesigenza e alla disponibilità di risorsa idrica, costituiscono le aree obiettivo per la realizzazione di interventi finalizzati all’uso razionale della risorsa idrica, con particolare riguardo a:

a) l’approvvigionamento e la distribuzione, mediante reti duali, di risorse idriche di minor pregio per gli usi compatibili;

b) la raccolta e l’utilizzo di acque meteoriche;

c) il riuso delle acque reflue depurate;

d) l’adozione di dispositivi tecnologici di risparmio idrico in ambito civile;

e) l’installazione di contatori per ogni singola utenza o divisionali;

f) le campagne di misura e gli interventi per il contenimento delle perdite delle reti idriche;

g) le campagne di informazione e sensibilizzazione degli utenti.

5. Il complesso degli interventi di cui al comma 4 costituisce parte integrante dei piani d’ambito. Il relativo sistema tariffario può prevedere politiche premianti il risparmio idrico.

6. I comuni, compatibilmente con l’assetto urbanistico e territoriale, adeguano gli strumenti urbanistici locali mediante specifiche disposizioni finalizzate all’uso razionale delle risorse idriche, alla protezione delle acque destinate al consumo potabile localizzate nel proprio territorio, nonché per l’attuazione delle misure connesse previste nei piani d’ambito. In particolare, per quanto riguarda i nuovi insediamenti, i comuni:

a) rilasciano il titolo ad edificare se il progetto edilizio prevede l’installazione di contatori singoli per ogni unità immobiliare o per ogni singola utenza indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile;

b) prevedono nei propri atti normativi generali che le nuove costruzioni siano dotate di sistemi di separazione e coinvogliamento in apposite cisterne delle acque meteoriche affinché le stesse siano destinate al riutilizzo nelle aree verdi di pertinenza dell’immobile.

7. Il risparmio idrico in agricoltura è conseguito mediante la promozione della diffusione di tecniche di uso dell’acqua a basso impatto sulla risorsa idrica, il miglioramento dell’efficienza delle reti di trasporto dell’acqua nonché il divieto di realizzare nuovi pozzi per l’irrigazione a scorrimento, ad eccezione di quelli da utilizzare per l’irrigazione di soccorso di cui all’articolo 40, comma 5, nonché di quelli realizzati in carenza di acque superficiali e di idonee strutture consortili per sostituire pozzi interrati o comunque da dismettere.

Titolo IV.
Norme di area

Art. 43.
(Programma di misure per area)

1. Al fine di superare le criticità locali, per ciascuna delle aree idrografiche e per i laghi di cui all’articolo 16, le monografie di area individuano il programma delle misure, delle azioni e degli interventi da realizzarsi, secondo le priorità ivi indicate, attraverso gli strumenti di attuazione previsti dall’articolo 10.

Titolo V.
Norme finali

Art. 44.
(Verifica dell’efficacia degli interventi)

1. La verifica dell’efficacia e dell’efficienza degli interventi previsti dal Piano di tutela delle acque è effettuata tramite un sistema di indicatori individuati tenendo conto delle indicazioni dell’Unione europea e concernenti:

a) indicatori di realizzazione, che misurano i progressi fatti nell’attuazione di tutte le misure previste dal piano;

b) indicatori di efficacia e di efficienza, che valutano gli effetti delle misure sul raggiungimento degli obiettivi di piano in funzione della tipologia di misure adottate;

c) indicatori di impatto, che registrano gli effetti che le misure e le azioni hanno sul contesto socio-economico in funzione della tipologia di misure adottate.

Art. 45.
(Disposizione finanziaria)

1. Una quota non inferiore al 5 per cento dell’introito dei proventi relativi all’uso dell’acqua pubblica è destinata al finanziamento delle attività regionali di attuazione del presente piano.

(omissis)

Il Piano di tutela delle acque, comprensivo di Relazione di sintesi, Norme di piano, Tavole di piano e Programma di misure individuate nelle monografie d’area è pubblicato sul Supplemento Straordinario al Bollettino Ufficiale n. 18 del 3 maggio 2007 (Ndr)



La legenda esplicativa relativa ai codici delle Direzioni e dei Settori è pubblicata a pagina del presente Bollettino (Ndr)