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Bollettino Ufficiale n. 15 del 12 / 04 / 2007

Deliberazione del Consiglio Regionale 27 marzo 2007, n. 120 - 12662

Istituzione di Ecomusei. Legge regionale 14 marzo 1995, n. 31. Articolo 2, comma 2

(omissis)

IL CONSIGLIO REGIONALE

(omissis)

delibera

premesso che la legge regionale 14 marzo 1995, n. 31 (Istituzione di Ecomusei del Piemonte), modificata con legge regionale 17 agosto 1998, n. 23, all’articolo 1, comma 1, prevede che la Regione promuova l’istituzione di Ecomusei sul proprio territorio allo scopo di ricostruire, testimoniare e valorizzare la memoria storica, la vita e la cultura materiale, le relazioni fra ambiente naturale e antropizzato, le tradizioni, le attività ed il modo in cui l’insediamento tradizionale ha caratterizzato la formazione e l’evoluzione del paesaggio;

preso atto che l’articolo 2, comma 1, della l.r. 31/1995, stabilisce che la Giunta regionale proponga annualmente al Consiglio regionale il programma di istituzione degli Ecomusei, predisposto sulla base di indicazioni provenienti da enti locali, associazioni culturali e ambientaliste, istituzioni universitarie ed istituti specializzati;

preso atto delle proposte pervenute alla Giunta regionale e del parere favorevole espresso dal Comitato scientifico, di cui all’articolo 3 della succitata legge regionale, relativamente alle seguenti iniziative:

Ecomuseo del Granito di Montorfano

Soggetti proponenti:

Comune di Mergozzo, Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve del lago Maggiore

Comuni interessati:

Mergozzo, Verbania (VB)

Ecomuseo della Terra del Castelmagno

Soggetto proponente:

Associazione culturale “La Cevitou”

Comuni interessati:

Castelmagno, Pradleves, Monterosso Grana (CN)

Ecomuseo dei Certosini nella Valle Pesio

Soggetti proponenti:

Comune di Chiusa Pesio, Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali Cuneesi

Comune interessato:

Chiusa Pesio (CN)

Ecomuseo dei Feudi Imperiali

Soggetti proponenti:

Comunità Montana Val Curone, Comunità Montana Val Borbera

Comuni interessati:

Brignano Frascata, Grondona, Rocchetta Ligure, San Sebastiano, Fabbrica Curone, Albera Ligure, Borghetto Borbera, Cabella Ligure, Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Mongiardino Ligure, Roccaforte Ligure, Stazzano, Vignole Borbera, Avolasca, Casasco, Castellania, Costa Vescovato, Dernice, Gremiasco, Momperone, Monleale, Montacuto, Montegioco, Montemarzino, Pozzol Groppo (AL)

Ecomuseo del Marmo di Frabosa

Soggetto proponente:

Comune di Frabosa Soprana (CN)

Comune interessato:

Frabosa Soprana (CN)

Ecomuseo dell’Argilla (MUNLAB)

Soggetto proponente:

Associazione La Fornace Spazio Permanente

Comuni interessati:

Cambiano, Poirino (TO)

Ecomuseo della Pietra e della Calce di Visone

Soggetti proponenti:

Associazione Vallate Visone e Caramagna e Comune di Visone

Comune interessato:

Visone (AL)

Ecomuseo “Ed Leuzerie e di Scherpelit”

(Ecomuseo della Pietra Ollare e degli Scalpellini)

Soggetti proponenti:

Comune di Malesco - Parco Nazionale della Val Grande

Comune interessato:

Malesco (VB);

vista la deliberazione della Giunta regionale n. 53-917 del 26 settembre 2005, (Legge regionale 14 marzo 1995, n. 31 modificata con legge regionale 17 agosto 1998, n. 23. Programma di istituzione degli ecomusei. Proposta al Consiglio regionale) e, in particolare, le schede identificative delle iniziative ecomuseali, parti integranti della deliberazione, nonché la relazione illustrativa sullo stato di avanzamento del programma ecomuseale regionale;

considerato che il soggetto gestore delle singole iniziative ecomuseali, è individuato, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della l.r. 31/1995, a seguito della presentazione di un adeguato piano di gestione, con atto deliberativo della Giunta regionale entro sessanta giorni dall’avvenuta istituzione;

considerato che i rapporti tra la Regione Piemonte ed i soggetti gestori sono regolati con specifiche convenzioni, i cui schemi sono approvati con le deliberazioni della Giunta regionale con cui sono individuati i soggetti gestori, sulla base dei criteri e delle linee guida stabiliti con DGR n. 63-22978 del 3 novembre 1997;

sentita la Commissione consiliare competente

delibera

di istituire i seguenti Ecomusei, le cui schede identificative sono allegate alla presente deliberazione per farne parte integrante:

Ecomuseo del Granito di Montorfano

Soggetti proponenti:

Comune di Mergozzo, Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve del lago Maggiore

Comuni interessati:

Mergozzo, Verbania (VB)

Ecomuseo della Terra del Castelmagno

Soggetto proponente:

Associazione culturale “La Cevitou”

Comuni interessati:

Castelmagno, Pradleves, Monterosso Grana (CN)

Ecomuseo dei Certosini nella Valle Pesio

Soggetti proponenti:

Comune di Chiusa Pesio, Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali Cuneesi

Comune interessato:

Chiusa Pesio (CN)

Ecomuseo dei Feudi Imperiali

Soggetti proponenti:

Comunità Montana Val Curone, Comunità Montana Val Borbera

Comuni interessati:

Brignano Frascata, Grondona, Rocchetta Ligure, San Sebastiano, Fabbrica Curone, Albera Ligure, Borghetto Borbera, Cabella Ligure, Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Mongiardino Ligure, Roccaforte Ligure, Stazzano, Vignole Borbera, Avolasca, Casasco, Castellania, Costa Vescovato, Dernice, Gremiasco, Momperone, Monleale, Montacuto, Montegioco, Montemarzino, Pozzol Groppo (AL)

Ecomuseo del Marmo di Frabosa

Soggetto proponente:

Comune di Frabosa Soprana (CN)

Comune interessato:

Frabosa Soprana (CN)

Ecomuseo dell’Argilla (MUNLAB)

Soggetto proponente:

Associazione La Fornace Spazio Permanente

Comuni interessati:

Cambiano, Poirino (TO)

Ecomuseo della Pietra e della Calce di Visone

Soggetti proponenti:

Associazione Vallate Visone e Caramagna, Comune di Visone

Comune interessato:

Visone (AL)

Ecomuseo “Ed Leuzerie e di Scherpelit”

(Ecomuseo della Pietra Ollare e degli Scalpellini)

Soggetti proponenti

Comune di Malesco - Parco Nazionale della Val Grande

Comune interessato:

Malesco (VB);

- di prendere atto che il soggetto gestore delle singole iniziative ecomuseali, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della l.r. 31/1995, è individuato, a seguito della presentazione di un adeguato piano di gestione, con atto deliberativo della Giunta regionale entro sessanta giorni dall’avvenuta istituzione dell’iniziativa ecomuseale;

- di prendere atto altresì che i rapporti tra la Regione Piemonte ed i soggetti gestori sono regolati con specifiche convenzioni, i cui schemi sono approvati con le deliberazioni della Giunta regionale con cui sono individuati i soggetti gestori, sulla base dei criteri e delle linee guida stabiliti con DGR n. 63-22978 del 3 novembre 1997.

ECOMUSEO DEL GRANITO DI MONTORFANO

SCHEDA IDENTIFICATIVA

Soggetti Proponenti:

Comune di Mergozzo, Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve del Lago Maggiore

Comuni interessati:

Mergozzo (VB), Verbania (VB)

Contenuti.

Il toponimo della località - Montorfano - e la natura litologica delle rocce che lo compongono - graniti bianchi e verdi - sono di per sé esplicativi dei caratteri e delle peculiarità di questo monte che da tempi lontani è sede di insediamenti e attività umane che hanno impresso, accanto alla singolarità geomorfologica, anche i tratti del paesaggio antropico.

Orograficamente isolato tra l’imbocco delle valle Ossola ed il golfo Borromeo del lago Maggiore, e al tempo stesso unito alla piana alluvionale del fiume Toce e al piccolo lago di Mergozzo, l’emergenza del Montorfano (794 metri) costituisce un microcosmo che per caratteri geo-ambientali e declinazioni storiche può essere assunto come modello di sintesi del più esteso ambiente montano alpino e prealpino che lo circonda.

Il grande corpo granitico, parte integrante dei cosiddetti Graniti dei Laghi, è espressione dell’esteso ciclo magmatico permiano (275-283 milioni di anni) che ha segnato, dal Biellese alla Val d’Ossola, la morfogenesi delle Alpi meridionali Occidentali; allo stesso modo l’azione del grande apparato glaciale che scendeva il solco vallivo del Toce, coprendo abbondantemente la sommità del Montorfano, è leggibile come ultimo segno dell’evoluzione quaternaria nei depositi morenici alle varie quote di versante, nella conca di sovraescavazione dove sorge l’abitato di Montorfano, negli arrotondamenti, nelle levigature e nei segni delle esarazioni delle placche più esposte della cima.

Alla configurazione dei tempi geologici, si sovrappone quindi quella più recente dei tempi biologici: la natura e l’uomo con le sue attività di trasformazione.

Antropizzato fin da tempi remoti (il Battistero della chiesa romanica dell’abitato risale al V-VI secolo), il Montorfano presenta l’impronta della plurisecolare attività di cava, accanto un paesaggio della pietra che si declina nelle diverse tipologie edilizie, nei terrazzamenti a coltivi, nella rete delle fortificazioni militari realizzate a partire dal 1912 in funzione difensiva dal generale Cadorna, nella viabilità minore di collegamento, nelle emergenze orografiche frequentate come palestra di roccia.

Le attività di cava hanno una storia plurisecolare: già dalla realizzazione della chiesa di San Giovanni di Montorfano (XII sec.), si può datare l’inizio di una coltivazione regolare di questo granito, mentre la sua diffusione fuori dal territorio è più tarda e risale all’inizio del XVI secolo con la collocazione, intorno al 1506, di 12 colonne di granito bianco per il porticato del Lazzaretto di Milano. Nel 1830 (anno in cui si estrassero le 82 colonne per San Paolo Fuori le Mura a Roma), si contavano aperte sulle sue pendici ben 39 cave; oggi nel Documento di Programmazione delle Attività Estrattive della Regione Piemonte l’area del Montorfano è individuato quale “Polo estrattivo” di interesse per la pianificazione regionale delle attività estrattive, e conta tre cave attive di granito bianco sul versante sud orientale.

Ai caratteri peculiari e baricentrici dell’area vanno inoltre ascritte le diverse relazioni che i centri limitrofi hanno instaurato nel corso dei tempi con il Montorfano e le sue cave, determinando un legame effettivo non solo tra la comunità di Mergozzo, entro il cui territorio comunale ricade l’intero ambito della montagna, ma anche con le comunità di Fondotoce, Feriolo, Baveno e Gravellona dalle quali proveniva, e proviene, la maggior parte della manodopera (“scalpellini”, cavatori, ecc.) ivi impiegata, e delle attività di trasformazione in laboratori specializzati.

Ciascuno di questi aspetti è in misura diversa direttamente interessato dalle azioni di progetto ecomuseale: tempo e spazio, ambiente e natura, l’uomo e le sue attività sono diventate oggetto dell’Ecomuseo del granito con al centro l’attività di cava e, da questa, la scoperta del suo territorio e delle sue ripercussioni sul sistema di attività della collettività locale.

L’Ecomuseo del granito si configura come modulo espositivo-museale volto alla rappresentazione della relazione esistente tra caratteri geologici dell’area, modello di sfruttamento della risorsa granito, esiti spaziali e di organizzazione del territorio legati allo sviluppo di tale attività sul Montorfano. Il percorso nello spazio diventa un percorso nel tempo: dalle cave di ieri alle cave di oggi, attraversando luoghi, percorrendo sentieri e “vie di lizza”, tracce e frammenti di una cultura, quella della pietra, che ha permeato tutto il contesto alpino e di cui Montorfano costituisce un prezioso tassello.

Inoltre l’Ecomuseo vuole essere una istituzione con la finalità di studiare, preservare e presentare la memoria storica delle collettività che hanno operato e operano in tale entità geografica in una prospettiva di salvaguardia ambientale e valorizzazione turistica: nel tempo passato si leggono le spiegazioni del territorio, e nell’orizzonte prossimo si delineano le forme della conservazione e trasformazione.

L’ecomuseo si propone come un museo strutturalmente “aperto” poiché comprende, oltre alla recuperata cava comunale “Cuzzi Peretti sotto la palude”, punti e reti dell’antico sfruttamento della risorsa granito distribuiti sul territorio (altre cave, sentieri, manufatti, architetture, ecc.), ed è allo stesso tempo una struttura espositiva - il cosiddetto “piccolo museo” sui resti di una vecchia officina - che dovrebbe privilegiare un modello organizzativo di interazione attiva fra visitatore e contenuti espositivi.

ECOMUSEO TERRA DEL CASTELMAGNO

SCHEDA IDENTIFICATIVA

Soggetto proponente:

Associazione Culturale “La Cevitou”

Comuni interessati:

Castelmagno, Pradleves, Monterosso Grana

Contenuti.

“... un ecomuseo è qualche cosa che rappresenta ciò che un territorio è, e ciò che sono i suoi abitanti, a partire dalla cultura viva delle persone, dal loro ambiente, da ciò che hanno ereditato dal passato, da quello che amano e che desiderano mostrare ai loro ospiti e trasmettere ai loro figli. Un tal processo si costruisce gradatamente, con alti e bassi. L’’ecomuseo non è un museo, è ”ovunque" e può morire se la gente non ne ha più bisogno’. (George Henry Riviere)

Questa è l’idea trascinante che ha fatto nascere il bisogno di organizzare l’ecomuseo denominato “Terra del Castelmagno”. “Terra” come particolare zona in cui le caratteristiche ambientali (altitudine, vegetazione, acqua) creano le condizioni necessarie per rendere unico il Castelmagno, formaggio di antichissima origine (risultava già prodotto nel 1277) scelto come simbolo di un’economia montana di sussistenza in grado di sfruttare al meglio le particolarità del luogo a fronte anche di indicibili sforzi umani. “Terra” come luogo caratterizzato dalla cultura Occitana, in cui la stretta relazione con le manifestazioni e il ritmo della montagna sono in grado di plasmare gli stili e le abitudini di vita, generando nel corso del tempo società capaci di “insegnarci a vivere” nel rispetto delle particolarità dell’ambiente e di farci riscoprire l’inaspettata bellezza dei rapporti umani costruiti all’insegna di semplicità e solidarietà.

Il progetto ecomuseale prevede da quattro ambiti distinti ma da sempre interagenti: il formaggio Castelmagno, l’architettura alpina, il lavoro in montagna e il paesaggio in montagna. Questi ambiti culturali distribuiti sul territorio sono presentati, organizzati e valorizzati dalla sede dell’ecomuseo a Monterosso Grana (porta naturale dell’Alta Valle Grana).

Il formaggio Castelmagno

Per consentire una conoscenza il più possibile esaustiva, sono stati individuati tre percorsi diversi:

- la produzione del Castelmagno nel passato attraverso la ricostruzione ambientale a Campomolino, sede del Comune di Castelmagno, il recupero architettonico-strutturale di un edificio con stalla, locale stagionatura, laboratorio di produzione del formaggio e abitazione soprastante. Da qui parte il percorso verso Narbona la borgata fantasma. Un percorso che rivaluta le frazioni più isolate della valle, disabitate da una quarantina di anni, ma famose un tempo perché originali produttrici del formaggio. Il percorso fa ritorno al Colletto (1272 metri), al “Pichot muzeou d’la vita d’isi” (Piccolo museo della vita di quassù).

- la produzione tradizionale del Castelmagno, effettuata ancora oggi da buona parte delle famiglie residenti nel Comune di Castelmagno. Il secondo itinerario propone da vicino la realtà e la vita di chi continua ad allevare il bestiame nelle zone più alte della valle per produrre il Castelmagno.

- la produzione semi-industriale nella media valle. Il percorso propone la visita del Caseificio Cooperativo e dei più recenti insediamenti di stalle, agriturismi e locande occitane del Castelmagno.

L’architettura alpina

Le borgate, sono le sedi naturali delle testimonianze lasciate dalle società occitane, nelle quali é possibile scoprire l’antica economia di sussistenza che le caratterizzava, la particolare tecnica costruttiva degli edifici (pietra e legno), il panorama, l’esposizione, la distribuzione territoriale e la separazione funzionale tra pubblico e privato degli edifici che le compongono.

Costruire in montagna era un fatto che coinvolgeva tutta la collettività. Questo fenomeno culturale, legato alla lotta per la sopravvivenza, fece sì che l’architettura fosse una delle forme principali dell’espressione della cultura alpina e ancora oggi determina il forte legame che esiste tra uomo e ambiente.

Il lavoro in montagna

L’economia tradizionale di sussistenza che caratterizzava l’alta valle Grana e il nostro intento di compiere un progetto integrato, portano a parlare non solo di Castelmagno ma anche di tutte quelle attività che determinano questa economia: la lavorazione del legno, l’estrazione delle ardesie, le miniere d’oro, la coltivazione, la macinazione di grano, segale, mais e castagne, le fucine e le centrali idroelettriche. Oltre ai vari siti, è allestito il museo all’aperto dei “Babaciù”, personaggi in paglia che fanno rivivere l’antico borgo di S. Pietro come muti testimoni di una lingua antica e di lavori arcaici.

Il paesaggio naturale

Sono stati organizzati dei percorsi che non rappresentano solo un itinerario escursionistico e panoramico, ma sono i collegamenti tra focolare e luogo di lavoro, via di scambio economico e sociale con le frazioni e con il paese, punto di riferimento e confronto con la pianura sottostante.

Il progetto ecomuseale è la riscoperta non solo dei luoghi, ma anche di queste preziose tracce che ci sono state lasciate in eredità. “Eredità” preziosa organizzata in un percorso di base denominato “La Curnis” (la cornice) che collega i principali centri di lavoro e di vita .

Alcuni dei percorsi naturalistici proposti sono: la grotta, come rifugio e punto d’incontro, la miniera della speranza, il vallone segreto, il ghiaccio perenne, l’acqua protagonista.

ECOMUSEO DEI CERTOSINI
NELLA VALLE PESIO

SCHEDA IDENTIFICATIVA

Soggetti proponenti:

Comune di Chiusa Pesio e Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve naturali Cuneesi

Comune interessato:

Comune di Chiusa Pesio

Contenuti.

L’area oggetto dell’intervento riguarda il tratto della Valle Pesio dalla Cappella di Santa Maria Rocca fino al confine con la Francia, coincidendo con il territorio comunale di Chiusa Pesio.

Il Monastero della Certosa di Pesio è punto di riferimento tradizionale della Valle Pesio che caratterizza l’intero territorio, è il punto centrale della Valle che ha una morfologia molto varia, interessando una zona pianeggiante verso Cuneo (560 metri), una zona collinare ove è situata la Certosa (850 metri), sino ad arrivare all’"anfiteatro montano" (2.500 metri) interessato dal Parco naturale al confine con la Francia.

La Valle Pesio venne donata (da chi e quando?) ai monaci che se ne presero cura con straordinaria competenza per molti secoli: questo rapporto armonioso con la natura, le foreste e gli alpeggi ci permette ancor oggi di ammirare un paesaggio incontaminato, il cui valore è stato riconosciuto anche grazie alla creazione del Parco naturale.

Il territorio ha ricevuto, a partire dal Medioevo, con il consistente impulso dei certosini, uno sviluppo rurale che segna ancora oggi in misura predominante il paesaggio. Le certose erano centri produttivi di grande rilevanza e i certosini adottavano un’organizzazione agricola del territorio attraverso le “grange”, aziende agrarie isolate nella campagna, di notevoli dimensioni, da cui dipendeva un blocco compatto di terre. La Certosa offriva inoltre ospitalità al viandante e cure al malato con i prodotti della farmacia.

Il sistema ecomuseale con la sua rete di cellule e di itinerari tematici intende ricostruire le tappe e il percorso che la presenza certosina ha segnato nel suo processo di trasformazione e tutela della Valle.

Il Parco e il Comune contribuiscono alla salvaguardia del territorio, ma le specificità che si vogliono preservare e riproporre rischiano di essere perdute. L’istituzione di un soggetto apposito, cioè di un ecomuseo, potrebbe sostenere in modo appropriato un’azione di recupero, creando una valida occasione di sviluppo e riqualificazione del territorio.

L’Ecomuseo intende documentare e riattivare lo stretto rapporto, incentrato sul fiume e la valle, che lega il territorio alla sua comunità. Con riferimento a queste due risorse naturali, si sono radicate in questo territorio particolari forme culturali e di vita sociale che possono essere viste come segni del rapporto uomo-ambiente-religione: dalla testimonianza della vita religiosa-contadina (certosina), all’utilizzo dei boschi (produzione di legnami), alla creazione di percorsi votivi religiosi (cappelle e piloni votivi).

Grazie al fiume che attraversa l’intera valle, si sono sviluppate attività produttive connesse ai lavori agricoli e alla valorizzazione delle consistenti risorse forestali: segherie, officine, mulini, fornaci da calce che determinarono un notevole incremento di popolazione stabile, attratta dalle molteplici attività gravitanti intorno al Monastero certosino.

Nei diversi contesti, la rete di cellule ecomuseali svolge attività integrata di conservazione ed esposizione, di documentazione e di aiuto nella ricerca di strategie sostenibili per una comunità locale e un parco che vogliano tutelare e valorizzare il proprio patrimonio culturale.

L’attività ecomuseale di ciascuna cellula è imperniata su strutture certosine abitative-religiose-produttive, attrezzature e pratiche tecniche peculiari dell’area che hanno comportato lo sviluppo della valle, valorizzando un circuito di arte e di devozione.

L’Ecomuseo “I Certosini nella Valle Pesio”, intende raccontare la storia e la stratificazione degli insediamenti in questa zona, attraverso una rilettura sul territorio di alcune date di fondamentale importanza. Vuole, inoltre, essere un centro di attività specifiche, legate all’ambito spirituale (partendo dalla religiosità certosina), all’ambito dei prodotti tipici (erbe officinali, formaggi, artigianato del legno, ecc.), a quello naturalistico (flora e fauna locali) e antropologico (dialetto locale, emigrazione, sistemi costruttivi, ecc.).

Il progetto ecomuseale intende sensibilizzare e coinvolgere la comunità locale, rendendola più consapevole delle proprie origini e peculiarità, sollecitando l’attenzione per i luoghi in cui vive, valorizzando il territorio e approntando iniziative che incidano in modo positivo sull’ambiente della valle.

ECOMUSEO DEI FEUDI IMPERIALI

SCHEDA IDENTIFICATIVA

Soggetti proponenti:

Comunità Montana Val Curone, Comunità Montana Val Borbera

Comuni interessati:

Brignano Frascata, Grondona, Rocchetta Ligure, San Sebastiano, Fabbrica Curone, Albera Ligure, Borghetto Borbera, Cabella Ligura, Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Mongiardino Ligure, Roccaforte Ligure, Stazzano, Vignole Borbera, Avolasca, Casasco, Castellania, Costa Vescovato, Dernice, Gremiasco, Momperone, Monleale, Montacuto, Montegioco, Montemarzino, Pozzol Groppo.

Contenuti.

La proposta ecomuseale interessa il territorio della Comunità Montana Val Curone, Grue, Ossona e quello della Comunità Montana Val Borbera e Spinti, entrambe comprese nella Provincia di Alessandria. Il progetto ecomuseale si rivolge in particolare ai Comuni di Brignano Frascata, Grondona, Rocchetta Ligure, San Sebastiano e Fabbrica Curone; in essi si concentrano, infatti, importanti vestigia e testimonianze storiche del passato, che rendono unici e particolari questi luoghi. Dal 1313 al 1797 questo territorio fu denominato “Feudi Imperiali” per la forma di governo secolare di tipo feudale che durò oltre cinque secoli.

Le caratteristiche del territorio riguardano:

- la presenza di un patrimonio storico architettonico e culturale di notevole interesse, tra cui castelli (Grondona, Fabbrica Curone, Cantalupo Ligure, Montacuto, Carrega), pievi (S.ta Maria Assunta a Grondona, S. Antonio a Rocchetta, pieve romanica a Fabbrica Curone) e fortificazioni (Rocchetta Ligure, Roccaforte Ligure, Stazzano);

- gli usi e costumi degli abitanti;

- la posizione geografica, caratterizzata dal fatto di essere un luogo strategico di transito tra Liguria, Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, che ha influenzato notevolmente la storia e la cultura di queste valli che furono già in epoca romana e medievale importanti vie di comunicazione: la Val Curone fu la più antica valle di transito tra il mare e l’entroterra padano.

La volontà di “non dimenticare” è evidente nella vivacità delle associazioni locali e delle amministrazioni comunali che si sono fatte carico di valorizzare le ricchezze territoriali e culturali con manifestazioni e feste. Ricordiamo, inoltre, il Museo d’Arte Sacra, il Living Theatre, i numerosi musei etnografici di vita contadina e di tradizioni locali, i gruppi dialettali e i gruppi storici di rievocazioni liturgiche.

L’obiettivo del progetto ecomuseale dei “Feudi Imperiali” è la ricostruzione di un sistema di relazioni tra il territorio e la sua comunità, al fine di rendere ancora percepibile oggi la storia di queste valli. Il progetto intende rivolgersi al territorio, tutelandolo e valorizzandolo, al suo patrimonio locale, costituito da beni sia materiali (pievi, castelli, torri) che immateriali (feste liturgiche o laiche, processioni religiose, confraternite) e alla comunità che vi abita con lo scopo di accompagnarla in un processo di maturazione e di presa di coscienza, in vista anche di un futuro sviluppo locale.

In questo contesto l’Ecomuseo si assume il compito di valorizzare una storia secolare prima che si perdano le sue radici, ridando nuova vita e nuove energie al territorio e alla comunità nella loro interezza. In tal senso, il patrimonio locale da tutelare e valorizzare è costituito dal territorio dai connotati ancora integri, dagli elementi di pregio convenzionali e non, dalla storia e dagli usi, dalle risorse umane e dalla memoria, proiettata però verso il futuro: tale patrimonio deve essere l’elemento di partenza per lo sviluppo locale. Le azioni proposte, che sviluppano il tema della storia come chiave di lettura del presente, prevedono la costruzione di un percorso conoscitivo e formativo sia all’interno di strutture museali, con l’utilizzo di supporti multimediali per compiere un vero e proprio viaggio virtuale nella storia, sia sul territorio, valorizzando il patrimonio di tracce e vestigia, espressione del potere temporale e della devozione dei pellegrini, attraverso le tante testimonianze del passato. Occorre quindi far emergere le specificità del luogo, nel tentativo di riappropriarsi del territorio, recuperando il passato attraverso la comunicazione, gli scambi, la cooperazione tra la collettività residente e i visitatori.

ECOMUSEO DEL MARMO DI FRABOSA

(I MARMI DEL MONREGALESE PER I CANTIERI DEL PIEMONTE BAROCCO)

SCHEDA IDENTIFICATIVA

Soggetto proponente:

Comune di Frabosa Soprana (CN)

Comuni interessati:

Frabosa Soprana

Contenuti.

Il sottotitolo i marmi del Monregalese per i cantieri del Piemonte Barocco individua la peculiarità di questo Ecomuseo: l’aver rilevato la singolarità storica del rapporto tra centro e periferia, la presenza cioè di tecnici e progettisti in situ per la scelta dei marmi frabosani destinati alle costruzioni barocche (e non solo) del Piemonte, avendo le cave mantenuto carattere di indipendenza e non essendo mai divenute Cave Regie (come invece altre nel Cuneese). Lo studio e la documentazione dell’impiego di questi materiali riconoscibili, ad esempio, nel Santuario di Vicoforte, nella Cappella della Sindone, a Superga, alla Gran Madre e a San Carlo, costituiscono una delle finalità specifiche dell’iniziativa.

L’idea nasce dalla presenza di due visibili manufatti: la cava del Serro, suggestivo anfiteatro calcareo scavato a unghia nel bosco di castagni - e la Filanda Odetti, legata alla famiglia che volle, con Giovanni Garelli, la Società di Bossea, prima prestigiosa iniziativa per il turismo nelle valli frabosane alla fine dell’Ottocento.

Fondamentali tra gli obiettivi dell’ecomuseo il riconoscimento e la riapertura (come solo percorso di visita) degli antichi luoghi di cava, con la messa in sicurezza dei sentieri per l’accesso e con pannelli esplicativi e di segnalazione. Potranno essere promosse e realizzate a cura degli enti interessati (Soprintendenze), eventuali piccole attività di estrazione di materiale, se valutate compatibili come impatto ambientale e solo se destinate a specifici interventi di restauro.

L’accessibilità del sito, la vicinanza allo svincolo autostradale e quindi la facile prossimità a Torino e alla Francia ha suggerito di proporre l’iniziativa ecomuseale anche quale sede di stages specialistici di formazione sulla riconoscibilità e il restauro dei marmi antichi, in collegamento con il Centro di Restauro della Venaria Reale.

L’iniziativa prevede la realizzazione di una sede di riferimento destinata a dare riconoscibilità all’iniziativa, ad essere la sede fisica dell’Ente gestore e a ospitare le prime raccolte dati; la messa in sicurezza e l’apertura alle visite della cava del Serro, paesaggisticamente assai significativa e prossima alla sede ecomuseale, anche come sede di eventuali mostre ed eventi; il riconoscimento, la riapertura e la messa in sicurezza dei sentieri di accesso delle antiche cave dislocate sul territorio; il riconoscimento e la segnalazione, sul territorio, di manufatti anche di uso quotidiano realizzati in marmo frabosano; la valorizzazione di altre specificità del territorio quali la memoria di antichi mestieri (arrotino e carbonaio); la diffusione della conoscenza del patrimonio geonaturalistico; la tutela e la promozione di prodotti agricoli e di nicchia (raschera, blin e castagne).

Fondamentale la presenza di un Comitato promotore dell’Ecomuseo, cui sono stati sottoposti i vari obiettivi sopraelencati: ne fanno tra gli altri parte esponenti del Comune di Frabosa, della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici, della Fondazione per l’Arte dell’Istituto bancario San Paolo per l’Arte, del Politecnico di Torino.

La presenza dell’Ecomuseo e di queste iniziative ad esso funzionali è utile per innescare fenomeni di riqualificazione di zone di percorso e di visita nel centro storico o nelle adiacenze, con la riqualificazione di edifici esistenti (la chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, opera poco nota ma assai interessante di Crescentino Caselli, decorata da Cavalleri, Gachet e Cremona; la Chiesa della Confraternita, attribuibile al Nicolis di Robilant; la parrocchiale, tra le prime opere del Gallo): interventi da realizzare con contributi specifici non legati ai finanziamenti ecomuseali ma il cui senso potrebbe trovarsi nell’esigenza di una rinnovata qualità del percorso ecomuseale. Si ritiene in sostanza che l’iniziativa possa, ravvivando l’interesse verso le testimonianze di cultura materiale del lavoro di cava, arricchire e trasformare nel tempo la coscienza delle proprie origini culturali, invogliando l’approfondimento di ricerche e testimonianze e incidendo nel tempo in maniera positiva anche sul territorio e sul paesaggio.

La presenza dell’ecomuseo potrebbe avere ricadute sui territori immediatamente limitrofi, interessati dall’attività di cava (Valli Ellero, Maudagna, Corsaglia, Casotto e Tanaro).

ECOMUSEO DELL’ARGILLA (MUNLAB)

SCHEDA IDENTIFICATIVA

Soggetto proponente:

Associazione La Fornace Spazio Permanente

Soggetto Gestore:

Associazione da istituire appositamente

Comuni interessati:

Cambiano, Poirino

Contenuti.

L’Ecomuseo dell’Argilla (Munlab) nasce per studiare, preservare e presentare il proprio territorio e per trasmettere la conoscenza della lavorazione della materia argilla.

Il territorio tra Cambiano e Poirino è situato su un pianalto di 400 Kmq di terre argillose di rilevanza regionale su cui si è concentrato l’interesse di numerosi ricercatori in geologia.

L’ecomuseo si occupa di mettere in luce il rapporto tra l’uomo e questa risorsa sia sul suolo sia nel sottosuolo. In particolare evidenzia l’intensa attività di produzione di mattoni nell’area, testimoniata dalla presenza diffusa di cave e fornaci, che fin dall’antichità hanno prodotto laterizi per la costruzione di architetture quali ricetti, canali, ponti, imponenti chiese e palazzi finemente decorati.

Poco sotto la superficie l’attività di cava ha contribuito ad aumentare le già numerose peschiere del pianalto famose per le tinche. L’argilla, infatti, quando si satura di acqua, diventa impermeabile e, dunque, uno scavo superficiale può facilmente trasformarsi in un invaso stabile.

La lavorazione artigianale dell’argilla, antica di ottomila anni, rischia oggi di scomparire. L’ecomuseo, pertanto, si propone di dare il suo contributo alla salvaguardia di questa conoscenza, in sinergia con le altre azioni messe in campo dalla Regione (es. Eccellenza Artigiana).

Il progetto ecomuseale intende coordinare, integrare e dare continuità alle iniziative orientate alla lettura di questo particolare paesaggio e attivare progetti che incentivino il riutilizzo della risorsa argilla nelle sue diverse potenzialità. È obiettivo dell’ecomuseo, infatti, andare oltre il luogo della memoria per diventare:

- un centro sperimentale per progetti di valorizzazione territoriale con la comunità locale (nuove associazioni, proloco, scuole e cittadini);

- un punto di incontro tra artigiani e designer;

- un nodo didattico multidisciplinare;

- un laboratorio aperto in cui praticare le tecniche di lavorazione utilizzate per la costruzione di oggetti in terracotta di importanti collezioni museali o degli edifici in cotto più preziosi della regione.

L’ecomuseo è strutturato in una serie di itinerari sul territorio e un sito centrale di interpretazione costituito da una vecchia fornace, un interessante esempio di archeologia industriale di inizio secolo, una cava esaurita, oggi già splendidamente ripristinata, e da una cava con la fabbrica ancora in attività.

ECOMUSEO DELLA PIETRA E DELLA CALCE DI VISONE

SCHEDA IDENTIFICATIVA

Soggetti proponenti:

Associazione Vallate Visone e Caramagna e Comune di Visone

Comune interessato:

Visone (AL)

Contenuti.

L’Ecomuseo della Pietra e della Calce di Visone nasce con l’obbiettivo di valorizzare l’area industriale dismessa delle cave di pietra calcarea situate a Sud-Ovest del paese e con l’intento di mettere in luce la lunga tradizione legata alla lavorazione della pietra.

Il progetto propone non solo la riqualificazione ambientale delle cave, ma intende anche essere motivo e occasione di sviluppo economico, sociale e culturale delle vallate Visone e Caramagna e delle aree limitrofe, così da inserirle attivamente nel circuito economico dell’Acquese e del Monferrato.

L’idea di una sistemazione dell’area è fortemente sentita tra gli abitanti, che identificano le cave come loro “luogo della memoria”: una memoria di fatti recenti, relativi all’attività di produzione di calce a livello industriale, ma anche di eventi molto lontani nel tempo, che portano all’utilizzo della pietra documentabile già dall’età romana e che hanno fortemente caratterizzato e orientato per secoli l’economia di queste zone. Oltre a questi fattori Visone offre alcune specificità, sia a livello naturalistico, vista l’unicità della sua formazione geologica, sia a livello etnografico e di cultura materiale attraverso la storia del lungo e in parte misterioso soggiorno di una comunità di scalpellini toscani e la particolare situazione creata dalle ditte Canepa e Zanoletti nel ventennio 1950-1970.

Le linee guida del progetto puntano soprattutto su ciò che oggi effettivamente è il territorio, considerandolo un’importante stratificazione del passato da non cancellare.

L’obbiettivo principale è la rivalutazione di un territorio che dovrebbe essere soprattutto conosciuto: infatti, nonostante la sua unicità geologico-ambientale, la sua esistenza è nota solo ai pochi studiosi del settore. Si vuole attivare un generale “risveglio” della zona che ha molte potenzialità: creare un ecomuseo a Visone significa, oltre alla tutela e alla valorizzazione di un territorio sottovalutato e abbandonato, dar vita a un “laboratorio” di servizi e opportunità, che sia aperto ad attività e idee, che si sforzi di cogliere i cambiamenti delle condizioni di partenza e le novità.

Il progetto si fonda su quattro capisaldi:

- il Museo Aperto, luogo didattico espositivo che lega le diverse realtà territoriali, inserite lungo un percorso didattico allestito nell’area di cava;

- il Museo della Cultura Materiale, che prevede il restauro conservativo della Fornace Canepa, con un intervento sull’elemento architettonico che lo renda museo di se stesso, e con spazi allestiti per rendere chiaro e visibile il lavoro umano, attraverso piccole sale espositive, spazi per mostre temporanee e biblioteca multimediale a carattere scientifico sul tema principe dell’Ecomuseo;

- spazi didattici en plein air per cantieri scuola o per stage formativi dell’Accademia di Brera per l’uso artistico della pietra di Visone, per il restauro della stessa, per studi scientifici paleontologici e altro ancora;

- punto informativo sul territorio e rimandi finalizzati alla conoscenza peculiare delle realtà locali, legate dal filo forte della pietra e del lavoro umano legato a questa importante risorsa naturale, compreso il filone mineralogico e paleontologico esistente che necessita di una “Porta” per la divulgazione e lo sviluppo anche socio-economico del territorio.

Il territorio a cui riferire il progetto ecomuseale è limitato solo al Comune di Visone, dove sono situati i principali siti estrattivi e l’ex-area industriale, ma si estende, a livello di “rete museale” o di percorso culturale e potenzialmente turistico, ad altre emergenze e territori collegati in modo più o meno diretto alla pietra di Visone e all’archeologia industriale: allestendo un percorso museografico nell’area di estrazione della pietra e ripercorrendo i tragitti degli scalpellini e dei minatori e le fasi della produzione della calce, si rimanda ai monumenti e ai manufatti in pietra di Visone presenti sul territorio, tra i quali occupano un posto di rilievo la chiesa monumentale di S. Croce di Bosco Marengo, il chiostro di S. Maria di Castello ad Alessandria, il centro storico e il Museo Archeologico di Acqui Terme.

L’ecomuseo vuole essere inteso principalmente come uno strumento un sistema dinamico finalizzato a stimolare il pubblico organizzando avvenimenti culturali di ogni tipo, soprattutto considerando le iniziative promosse dalla comunità locale: intento possibile attraverso l’attività delle associazion che aderiscono al progetto (Associazione Vallate Visone e Caramagna, Fespem - Fedération Europeénne des Sociétes Paléontologiques et Minéralogiques di Ponzone, ‘Amici di S. Croce’ di Bosco Marengo, Gipsoteca di Bistagno, ‘Alasia’-servizi per il turismo di Acqui Terme,’Torre di Cavau’ di Cavatore, ecc.).

ECOMUSEO “ED LEUZERIE E DI SCHERPELIT”
(ECOMUSEO DELLA PIETRA OLLARE E DEGLI SCALPELLINI)

SCHEDA IDENTIFICATIVA

Soggetti proponenti:

Comune di Malesco - Parco Nazionale della Val Grande

Comune interessato:

Comune di Malesco

Contenuti.

La Valle Vigezzo, inserita nell’arco delle Alpi Lepontine, rappresenta un corridoio naturale tra l’Alto Piemonte e la Confederazione Elvetica ed è da sempre crocevia di popoli e culture.

La specializzazione nella creazione di manufatti in pietra ollare (pentole, stufe, camini) diede luogo ad una grande tradizione di scalpellini che operarono anche con la beola per la produzione delle piode dei tetti e con il marmo per prodotti di elevato valore artigianale soprattutto nell’architettura sacra dell’intero alto novarese. Non vi è edificio storico in Valle Vigezzo che non possieda particolari edilizi e architettonici in pietra ollare anche di elevato valore artistico.

Il mestiere dello scalpellino ha in effetti trovato in Valle Vigezzo, e in modo particolare a Malesco, valenti rappresentanti; la fantasia degli abitanti di questa valle montana, unitamente alla possibilità di disporre di una notevole varietà di pietre e soprattutto della pietra ollare, ha permesso nei secoli lo sviluppo di una attività artigianale specializzata.

Purtroppo nell’immediato dopoguerra, la notevole offerta di lavoro ben retribuito nella vicina Svizzera ha notevolmente ridimensionato tale attività, rimasta comunque patrimonio di poche famiglie che ne hanno tramandato sino a oggi i segreti.

Obiettivo dell’Ecomuseo è la rinascita dell’attività legata alla lavorazione della pietra ollare, in particolar modo del settore della produzione artigianale artistica con l’intento di promuoverne e rilanciarne lo sviluppo; ciò avverrà attraverso la documentazione e il racconto del lavoro degli scalpellini e della loro vita, la conservazione delle testimonianze della loro attività, il sostegno alla costituzione di botteghe artigiane come peraltro già previsto nel Piano Architettonico del Centro Storico di Malesco.

L’Ecomuseo della pietra ollare e degli scalpellini prevede un’importante serie di attività di interazione con il fruitore allo scopo di rendere vivi i processi di produzione della pietra ollare e creare un coinvolgimento attivo del visitatore.

Le attività possono essere così sintetizzate: produzione della pietra ollare e stage di apprendimento della tecnica di estrazione e lavorazione; produzione artistica tradizionale dei manufatti in pietra ollare; attività legate all’industria molitoria; produzione della calce attraverso la riattivazione delle fornaci medioevali; educazione alla cultura materiale da proporre alle scuole e al limitrofo C.E.A. (Centro di Educazione Ambientale) di Druogno; creazione e condivisione di progetti ecomuseali che partano dalla popolazione locale, la quale viene attivamente coinvolta; supporto alla ricerca attraverso il coinvolgimento e l’interazione degli istituti di ricerca e delle realtà locali; formazione di operatori locali per la gestione delle risorse ecomuseali del territorio.

L’Ecomuseo ha sede presso un immobile storico cinquecentesco (l’ex ospedale Trabucchi) e si articola in una rete di cellule e di itinerari tematici che ricostruiscono e documentano le tappe di un processo che ha profondamente caratterizzato la società e l’economia della comunità di Malesco.

La cellula ecomuseale principale è individuata nel Museo del Parco Nazionale della Val Grande che contiene un’importante collezione archeologica di epoca protostorica e romana con molti reperti in pietra ollare. Altri punti della rete ecomuseale sono l’antico mulino seicentesco detto “Mulin dul Tacc”, il percorso architettonico nel centro storico (l’architettura vigezzina è essenzialmente e solo pietra), la “Linea Cadorna”, le antichissime fornaci per l’estrazione della calce, i massi di estrazione della pietra ollare, il percorso archeologico di incisioni e coppelle su pietra ollare di origine preistorica, le cave di estrazione del marmo e il percorso architettonico relativo alle tipologie costruttive in pietra legate all’alta montagna.

(omissis)