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Supplemento Ordinario n. 2 al B.U. n. 05

Legge regionale 26 gennaio 2007, n. 1.

Sperimentazione di nuove procedure per la formazione e l’approvazione delle varianti strutturali ai piani regolatori generali. Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo).

Il Consiglio regionale ha approvato.

LA PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

promulga

la seguente legge:

Art. 1.

(Oggetto ed ambito di applicazione)

1. La presente legge, in attuazione dei principi di sussidiarietà, concertazione e copianificazione, disciplina le procedure di formazione ed approvazione delle varianti strutturali ai piani regolatori generali di cui al comma 2.

2. La presente legge si applica alle varianti strutturali ai piani regolatori generali di cui all’articolo 17, comma 4, della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) adottate dopo l’entrata in vigore della presente legge e che non hanno caratteristiche di nuovi piani o di varianti generali.

3. Le varianti strutturali di cui al comma 2 sono quelle che non riguardano l’intero territorio comunale o che non modificano l’intero impianto strutturale del piano regolatore, urbanistico o normativo, o quelle di esclusivo adeguamento al Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino idrografico del fiume Po, di seguito denominato PAI, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 maggio 2001 o quelle direttamente conseguenti all’attuazione del PAI.

4. Alle varianti strutturali di cui al comma 2 non si applicano l’articolo 85, quinto comma e l’articolo 40, sesto e settimo commi, della l.r. 56/1977.

5. Le varianti strutturali ai piani regolatori generali adottate prima dell’entrata in vigore della presente legge e che non hanno caratteristiche di nuovi piani o di varianti generali sono approvate con le procedure e le modalità previste dal titolo III della l.r. 56/1977.

Art. 2.

(Inserimento del titolo IV bis nella l.r. 56/1977)

1. Dopo l’articolo 31 della l.r. 56/1977, è inserito il seguente titolo:

“Titolo IV bis.

Nuove procedure per la pianificazione comunale

Art. 31 bis. (Conferenza di pianificazione)

1. Il sindaco convoca una conferenza di pianificazione per la formazione della variante strutturale al piano regolatore generale.

2. La conferenza di pianificazione è composta dal comune, dalla provincia competente per territorio e dalla Regione, che si esprimono, con diritto di voto, per le proprie competenze. La comunità montana, ove presente, è invitata, senza diritto di voto, alla conferenza di pianificazione. La comunità montana partecipa, con diritto di voto, alla conferenza di pianificazione nel solo caso in cui la variante strutturale riguardi un piano regolatore intercomunale di comunità montana approvato ai sensi dell’articolo 16.

3. Il sindaco o suo delegato presiede la conferenza di pianificazione e, ai fini dell’articolo 31 ter, comma 6, può invitare, senza diritto di voto, amministrazioni o enti pubblici o erogatori di servizi pubblici competenti, a qualunque titolo, ad intervenire sul territorio per realizzare infrastrutture o tutelare vincoli.

4. Responsabile della conferenza di pianificazione è il legale rappresentante del comune o suo delegato.

5. Ferma restando la competenza dei rispettivi organi collegiali ad esprimere il parere richiesto, ogni ente è rappresentato in conferenza di pianificazione da un solo partecipante.

6. Qualora il parere di un ente comprenda più discipline o competenze, è onere del suo rappresentante raccogliere all’interno del proprio ente, anche con conferenze di servizio, i pareri necessari e ricondurli ad unitarietà nell’ambito della conferenza di pianificazione.

7. Il parere espresso dalla conferenza di pianificazione è positivo se condiviso dalla maggioranza dei partecipanti aventi diritto di voto.

8. Sono vincolanti, ancorché minoritari all’interno della conferenza di pianificazione, i pareri espressi dalla Regione, con deliberazione della Giunta regionale e riferiti ad atti formalizzati, a tutela di rilevanti interessi pubblici in materia di paesaggio, ambiente, beni culturali, pericolosità e rischio geologico, aree di elevata fertilità, infrastrutture o, comunque, per assicurare il coordinamento di politiche territoriali o garantire la fattibilità di politiche comunitarie, nazionali e regionali, nonché per violazione della presente legge.

9. Il funzionamento della conferenza di pianificazione è disciplinato da apposito regolamento approvato dalla Giunta regionale sentita la competente Commissione consiliare.

10. Il comune può richiedere, alla comunità montana o alla provincia competenti o alla Regione, l’assistenza tecnica all’organizzazione ed allo svolgimento della conferenza di pianificazione.

11. Per quanto non disposto dalla presente legge o dal regolamento di cui al comma 9, valgono le disposizioni di cui agli articoli 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

Art. 31 ter. (Procedure di formazione ed approvazione delle varianti strutturali al piano regolatore generale)

1. La disposizione si applica alle varianti strutturali ai piani regolatori generali di cui all’articolo 17, comma 4, che non hanno caratteristiche di nuovi piani o di varianti generali. Sono tali le varianti strutturali che non riguardano l’intero territorio comunale o che non modificano l’intero impianto strutturale del piano, urbanistico o normativo, o di esclusivo adeguamento al piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino idrografico del fiume Po, di seguito denominato PAI, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 maggio 2001 o quelle direttamente conseguenti all’attuazione del PAI.

2. Il consiglio comunale approva un documento programmatico che esplicita le finalità e gli oggetti generali della variante strutturale.

3. Il documento programmatico indica se il comune intende aggiornare e modificare il quadro dei dissesti contenuto nel PAI.

4. Il documento programmatico è reso pubblico dal comune nei modi che ritiene più efficaci per assicurare l’attuazione dell’articolo 1, primo comma, numero 8). Chiunque può presentare osservazioni e proposte con le modalità e i tempi, che non possono essere inferiori a quindici giorni, indicati nel documento programmatico.

5. Il sindaco o suo delegato, contestualmente alla pubblicazione del documento programmatico, convoca la conferenza di pianificazione, nella quale la Regione, la provincia e la comunità montana, nel caso in cui la variante strutturale riguardi un piano regolatore intercomunale di comunità montana approvato ai sensi dell’articolo 16, visto il documento programmatico, entro trenta giorni dalla prima riunione della conferenza, possono formulare rilievi e proposte. Decorso inutilmente il termine, salvo che sia prorogato con decisione unanime dei partecipanti aventi diritto di voto, la procedura di formazione ed approvazione della variante strutturale prosegue.

6. Il sindaco o suo delegato può invitare alla conferenza di pianificazione di cui al comma 5 la comunità collinare, i comuni confinanti, l’ente gestore di eventuali aree protette, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA), le amministrazioni statali preposte alla tutela di vincoli presenti nel territorio comunale e qualunque altro soggetto ritenga necessario al fine di verificare la compatibilità della variante con il complesso degli interessi pubblici e dei progetti di cui tali amministrazioni sono portatrici.

7. Sulla base degli elementi acquisiti, il comune elabora il progetto preliminare della variante strutturale al piano regolatore generale e lo adotta.

8. Il progetto preliminare comprende lo schema della relazione illustrativa, gli allegati tecnici, le tavole di piano e le norme di attuazione di cui all’articolo 14, primo comma, numeri 1), 2), 3) lettere a) e b), e 4), la relazione di compatibilità delle aree oggetto di nuova previsione o di trasformazione con la classificazione acustica predisposta ai sensi dell’articolo 7 della legge regionale 20 ottobre 2000, n. 52 (Disposizioni per la tutela dell’ambiente in materia di inquinamento acustico), nonché la rappresentazione su scala 1:2.000 delle parti interessate dalla variante. Nella relazione che accompagna il progetto preliminare sono rappresentate in sintesi le osservazioni presentate sul documento programmatico e le conseguenti determinazioni del comune.

9. Le analisi e gli elaborati di carattere geologico a corredo del piano regolatore generale, richiesti al punto 4 della circolare del Presidente della Giunta regionale n. 7/LAP dell’8 maggio 1996, inclusa la carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica, devono essere favorevolmente valutate in linea tecnica dall’ARPA prima dell’adozione del progetto preliminare. A tal fine il comune invia i documenti richiesti dalla circolare n. 7/LAP del 1996 all’ARPA, che si esprime sugli stessi entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla richiesta. Decorso il termine senza che l’ARPA si sia espressa, il comune procede all’adozione del progetto preliminare sulla base delle analisi e degli elaborati predisposti e sottoscritti dal geologo incaricato.

10. Il progetto preliminare è depositato presso la segreteria del comune; è pubblicato per estratto all’albo pretorio per trenta giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione. Nei successivi trenta giorni chiunque può presentare osservazioni e proposte nel pubblico interesse.

11. Il sindaco, dopo che il consiglio comunale ha controdedotto alle osservazioni presentate, motivandone l’accoglimento o il rigetto, riconvoca la conferenza di pianificazione con la Regione, la provincia e la comunità montana, nel caso in cui la variante strutturale riguardi un piano regolatore intercomunale di comunità montana approvato ai sensi dell’articolo 16. La conferenza di pianificazione, entro novanta giorni dalla prima riunione della nuova convocazione, esprime parere e formula eventuali osservazioni. Decorso inutilmente il termine, salvo che sia prorogato con decisione unanime dei partecipanti aventi diritto di voto, la procedura di approvazione della variante strutturale prosegue.

12. Il consiglio comunale approva la variante strutturale al piano regolatore generale tenendo conto delle osservazioni accolte in seguito alla pubblicazione e dando atto di aver accettato integralmente parere e osservazioni formulate dalla conferenza di pianificazione.

13. Il consiglio comunale, se non intende accettare integralmente il parere della conferenza di pianificazione, può, dandone adeguata motivazione, riproporre le parti da cui intende discostarsi alla conferenza di pianificazione che, riconvocata dal sindaco, entro trenta giorni dalla prima riunione, esprime un definitivo parere di compatibilità con la pianificazione e programmazione sovralocale.

14. Il consiglio comunale approva la variante strutturale al piano regolatore generale adeguandosi al parere di compatibilità di cui al comma 13.

15. La variante strutturale entra in vigore con la pubblicazione, a cura del comune, della deliberazione di approvazione, per estratto, sul Bollettino ufficiale della Regione Piemonte ed è esposta in pubblica e continua visione nella sede del comune interessato.".

Art. 3.

(Modifica all’articolo 8 della l.r. 56/1977)

1. Il comma 2 dell’articolo 8 della l.r. 56/1977, è sostituito dal seguente:

“2. Dalla data di adozione dei piani territoriali si applicano le misure di salvaguardia di cui all’articolo 58 esclusivamente alle norme specificatamente individuate, a pena di inefficacia delle stesse, dalla Giunta regionale, dal consiglio provinciale o dal consiglio metropolitano nell’atto di adozione.”.

Art. 4.

(Modifica all’articolo 17 della l.r. 56/1977)

1. All’ultimo periodo del comma 7 dell’articolo 17 della l.r. 56/1977, dopo le parole: “è trasmessa alla provincia e alla Regione,” sono inserite le seguenti: “entro dieci giorni dalla sua adozione,”.

2. Dopo il comma 10 dell’articolo 17 della l.r. 56/1977, è aggiunto il seguente:

“10 bis. Qualora la variante parziale sia stata approvata con procedura non coerente con i suoi contenuti, chiunque vi abbia interesse può presentare, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di pubblicazione, motivato ricorso al Presidente della Giunta regionale, agli effetti del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi).”.

Art. 5.

(Clausola valutativa)

1. La Giunta regionale rende conto al Consiglio regionale dell’attuazione della legge e dei risultati ottenuti in termini di funzionalità della copianificazione. A tal fine la Giunta regionale presenta annualmente alla Commissione consiliare competente una relazione che contenga risposte documentate ai seguenti quesiti:

a) in che misura la conferenza di pianificazione ha inciso sui termini di formazione ed approvazione delle varianti strutturali ai piani regolatori generali;

b) quali pareri vincolanti sono stati espressi dalla Regione ai sensi dell’articolo 31 bis, comma 8, della l.r. 56/1977, inserito dall’articolo 2 della presente legge;

c) quali eventuali criticità sono state riscontrate nello svolgimento della conferenza di pianificazione.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.

E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.

Data a Torino, addì 26 gennaio 2007

Mercedes Bresso

LAVORI PREPARATORI

Disegno di legge n. 277

- Presentato dalla Giunta regionale il 2 maggio 2006.

- Assegnato alla II Commissione in sede referente il 5 maggio 2006.

- Sul testo sono state effettuate consultazioni.

- Testo licenziato dalla Commissione referente il 18 ottobre 2006 con relazione di Aldo Reschigna.

- Rinviato in Commissione ex articolo 81 del Regolamento consiliare.

- Testo licenziato dalla Commissione referente il 15 novembre 2006 con relazione di Aldo Reschigna.

- Approvato in Aula l’11 gennaio 2007, con emendamenti sul testo, con 40 voti favorevoli e 1 non votante.

NOTE

Il testo delle note qui pubblicato è redatto a cura della Direzione Processo Legislativo del Consiglio regionale al solo scopo di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti. I testi delle leggi regionali nella versione storica e nella versione coordinata vigente sono anche reperibili nella Banca Dati ARIANNA sul sito www.consiglioregionale.piemonte.it.


Note all’articolo 1

- Il testo dell’articolo 17 della l.r. 56/1977 è riportato in nota all’articolo 4.

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 85 della l.r. 56/1977 è il seguente:

“Art. 85. (Disciplina transitoria dell’attività costruttiva)

[1] Nei Comuni che all’entrata in vigore della presente legge siano sprovvisti di strumenti urbanistici generali vigenti o dotati di strumenti urbanistici generali approvati anteriormente all’entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, sono consentiti:

a) nell’ambito dei perimetri dei centri storici, gli interventi di cui alle lett. a), b), c) dell’art. 13 e quelli di consolidamento statico; non sono comunque consentite maggiorazioni delle volumetrie preesistenti ed alterazioni degli orizzontamenti; è fatto divieto di apportare modifiche allo stato di luoghi;

b) nell’ambito del perimetro degli abitati, gli interventi di cui alle lett. a), b), c) dell’art. 13 e quelli di consolidamento statico, oltreché le opere di risanamento igienico anche se queste comportano modifiche alle destinazioni d’uso;

c) fuori dal perimetro degli abitati:

c1) l’edificazione a scopo abitativo entro un limite massimo pari a 0,03 mc su metro quadrato dell’area interessata; le relative concessioni possono essere rilasciate solo ai soggetti di cui agli artt 12 e 13 della legge 9 maggio 1975, n. 153, ed all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 352;

c2) modesti ampliamenti delle abitazioni necessari al miglioramento funzionale delle stesse non eccedenti il 20% della superficie utile esistente; 25 mq sono consentiti anche se eccedono tale percentuale;

c3) l’ampliamento di impianti industriali ed artigianali esistenti, non superiore a 2.000 metri quadrati di solaio utile lordo; la concessione non può essere concessa più di una volta per lo stesso impianto;

c4) la costruzione di attrezzature strettamente necessarie all’attività di aziende agricole come: stalle, silos, serre, magazzini, complessivamente non superiore a 1/3 dell’area ad esse strettamente asservita;

c5) gli interventi di cui alle lett. a), b), c), del 3° comma dell’art. 13 nonché le modifiche interne necessarie per l’efficienza degli impianti produttivi, industriali, artigianali ed agricoli;

c6) le opere da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità.

[2] Nei Comuni dotati di strumenti urbanistici generali approvati anteriormente alla data di entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, gli interventi di cui al 1° comma possono essere concessi purché non siano in contrasto con prescrizioni più restrittive degli strumenti urbanistici vigenti.

[3] Nelle zone classificate sismiche in caso di ristrutturazione sono consentiti gli interventi volti ad adeguare gli edifici esistenti alle disposizioni della legge 2 febbraio 1974, n. 64, nel rispetto dell’art. 16 della legge suddetta.

[4] Le limitazioni di cui al 1° comma non si applicano:

a) per gli impianti tecnici di interesse generale per la erogazione di pubblici servizi e di servizi di interesse pubblico e per gli interventi relativi alle opere pubbliche realizzate dai Comuni e dagli Enti istituzionalmente competenti, quando esse siano conseguenti a pubbliche calamità o servano a soddisfare i fabbisogni pregressi degli abitanti esistenti e siano finanziati con mezzi propri dagli Enti suddetti;

b) all’interno dei piani dell’edilizia economica e popolare, formati ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni e integrazioni, o nelle aree predisposte ai sensi dell’art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni e integrazioni.

[5] Decorsi 120 giorni dalla data di trasmissione alla Regione dei Piani Regolatori Generali e delle loro revisioni e varianti, adottati ai sensi del Titolo III della presente legge, senza che sia intervenuta l’approvazione o la restituzione per rielaborazione totale o parziale, sono consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell’art. 13, nonché alla lettera f) dello stesso articolo in aree dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali, come definite dall’art. 91-quinquies, primo comma, lettera b), per destinazioni anche non residenziali, nel rispetto delle previsioni dello strumento urbanistico generale adottato, ancorché in contrasto con quelle dello strumento urbanistico approvato.

[6] In ogni caso, i Comuni obbligati alla formazione del programma di attuazione, non possono approvare piani esecutivi convenzionati, formati ai sensi del precedente art. 43, fino all’approvazione del primo programma di attuazione.".

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 40 della l.r. 56/1977 è il seguente:

“Art. 40. (Formazione, approvazione ed efficacia del piano particolareggiato)

[1] Il piano particolareggiato, adottato con deliberazione del Consiglio Comunale, è depositato presso la segreteria e pubblicato per estratto all’albo pretorio del Comune per 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione e presentare, entro i successivi 30 giorni, osservazioni nel pubblico interesse.

[2] Il Consiglio Comunale, decorsi i termini di cui al comma precedente, controdeduce alle osservazioni con la deliberazione di approvazione del piano, apportando eventuali modifiche. Qualora non vengano presentate osservazioni la deliberazione di approvazione del piano dovrà farne espressa menzione.

[3] Il piano particolareggiato assume efficacia con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione della deliberazione di approvazione divenuta esecutiva ai sensi di legge. Il piano è depositato presso la segreteria del Comune e una copia della deliberazione del Consiglio Comunale, completa degli elaborati costituenti il piano particolareggiato, è trasmessa per conoscenza alla Regione.

[4] La deliberazione di approvazione conferisce carattere di pubblica utilità alle opere previste nel piano particolareggiato.

[5] Le varianti al piano particolareggiato sono approvate con il procedimento previsto per i1 piano particolareggiato.

[6] Il piano particolareggiato, che richieda per la formazione una variante al Piano Regolatore, è adottato dal Consiglio comunale contestualmente alla variante del Piano Regolatore, con la procedura del primo comma. Qualora la variante contestuale sia strutturale ai sensi del comma 4 dell’articolo 17, il piano, eventualmente modificato dalla deliberazione con la quale si controdeduce alle osservazioni, viene inviato dal Comune alla Regione unitamente alla deliberazione di variante al Piano Regolatore.

[7] Il piano particolareggiato è approvato contestualmente alla variante con deliberazione della Giunta regionale entro 120 giorni dalla data di ricevimento. Con la deliberazione di approvazione possono essere apportate modifiche d’ufficio con la stessa procedura prevista per il Piano Regolatore Generale all’art. 15, anche in relazione alle osservazioni presentate. Qualora la Giunta regionale non esprima provvedimenti nel termine perentorio indicato nel presente comma, il Piano particolareggiato e la relativa variante contestuale si intendono approvati.

[8] Il piano particolareggiato che comprenda immobili inclusi in insediamenti urbani e nuclei minori individuati dal Piano Regolatore Generale a norma dei punti 1) e 2) del primo comma dell’art. 24 della presente legge, è trasmesso subito dopo l’adozione alla Commissione Regionale per la Tutela dei Beni Culturali e Ambientali la quale, entro 60 giorni dal ricevimento, esprime il proprio parere vincolante ai fini della tutela dei beni culturali e ambientali. Il Consiglio Comunale con la deliberazione di approvazione adegua il piano particolareggiato al parere della Commissione regionale. Avverso tale parere, il Comune può ricorrere alla Giunta regionale che si deve esprimere nel termine di 60 giorni dal ricevimento del ricorso.".

- Il titolo III della l.r. 56/1977, recante Pianificazione a livello comunale, comprende gli articoli da 11 a 19.


Note all’articolo 2

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 16 della l.r. 56/1977 è il seguente:

“Art. 16. (Piani Regolatori Intercomunali di Comuni consorziati e di Comunità Montane)

[1] Due o più Comuni contermini, costituiti in Consorzio volontario per la formazione congiunta del Piano Regolatore, possono adottare un Piano Regolatore Intercomunale sostitutivo, a tutti gli effetti, dei Piani Regolatori Comunali, con gli stessi contenuti di cui all’art. 12.

[2] Ai fini della formazione, adozione e pubblicazione dei Piani Regolatori Intercomunali si applicano le norme relative ai Piani Regolatori Generali, intendendosi sostituito il Consorzio ai singoli Comuni.

[3] Lo statuto del Consorzio stabilisce le modalità di partecipazione dei Comuni alla formazione del P.R.G.I.

[4] La Comunità Montana, se delegata espressamente dai Comuni appartenenti ad essa o costituenti aree sub-comunitarie, procede alla formazione, adozione e pubblicazione del piano Regolatore Intercomunale, sostituendosi ai singoli Comuni per tutti gli adempimenti relativi. I Comuni possono altresì delegare alla Comunità Montana l’attuazione del Piano Regolatore.

[5] In mancanza di delega, la deliberazione programmatica, il progetto preliminare, il Piano Regolatore Intercomunale e le controdeduzioni di cui all’art. 15 sono adottati dalla Comunità Montana e dai singoli Comuni per il territorio di propria competenza. Le osservazioni e le proposte previste dal 6° comma dell’art. 15 possono essere presentate al singolo Comune o alla Comunità Montana che provvede a trasmetterle ai Comuni.

[6] I Consorzi di Comuni e le Comunità Montane che hanno popolazione non superiore a 5.000 abitanti residenti possono adottare la deliberazione programmatica contemporaneamente all’adozione del progetto preliminare di Piano.

[7] I Piani Intercomunali o di Comunità Montana sono trasmessi dal Consorzio o dalla Comunità Montana, anche se sprovvista di delega, alla Regione.

[8] La Regione, in caso di particolari esigenze o su motivata richiesta di uno o più Comuni, stabilisce con deliberazione della Giunta regionale, l’obbligo della redazione del Piano Regolatore Intercomunale, ne delimita il perimetro e fissa i termini per la sua adozione.

[9] In caso di mancata adozione nei termini stabiliti dal precedente comma, la Giunta regionale forma e adotta il progetto preliminare di Piano Regolatore Intercomunale, lo deposita presso la segreteria dei Comuni interessati e lo fa pubblicare per estratto nei rispettivi albi pretori per 90 giorni consecutivi. Nei successivi 30 giorni chiunque può presentare osservazioni e proposte nel pubblico interesse.

[10] La Giunta regionale, esaminate le osservazioni, provvede alla predisposizione del Piano Regolatore Intercomunale e, sentito il Comitato Urbanistico Regionale, lo approva con propria deliberazione.

[11] La Regione promuove l’associazione dei Comuni non compresi nelle Comunità Montane per la formazione consortile dei relativi Piani Regolatori Generali Intercomunali.".

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 14 della l. 241/1990 è il seguente:

“Art. 14. (Conferenza di servizi)

1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi.

2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell’amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate.

3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l’esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall’amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l’interesse pubblico prevalente. L’indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

4. Quando l’attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell’interessato, dall’amministrazione competente per l’adozione del provvedimento finale.

5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest’ultimo, dal concessionario entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA). Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto.

5-bis. Previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni.".

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 14 bis della l. 241/1990 è il seguente:

“Art. 14 bis. (Conferenza di servizi preliminare)

1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell’interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente.

2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, si pronunciano, per quanto riguarda l’interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso.

3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d’impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell’àmbito di tale conferenza, l’autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l’alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l’esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell’àmbito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso.

3-bis. Il dissenso espresso in sede di conferenza preliminare da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, con riferimento alle opere interregionali, è sottoposto alla disciplina di cui all’articolo 14-quater, comma 3.

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo.

5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l’amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni.".

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 14 ter della l. 241/1990 è il seguente:

“Art. 14 ter. (Lavori della conferenza di servizi)

01. La prima riunione della conferenza di servizi è convocata entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell’istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione.

1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all’organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti.

2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno cinque giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l’effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l’amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima.

3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell’istanza o del progetto definitivo ai sensi dell’articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l’adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l’amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 6-bis e 9 del presente articolo.

4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso, per un massimo di novanta giorni, fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l’adozione del relativo provvedimento, l’amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori.

5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute , del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità.

6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall’organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell’amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.

6-bis. All’esito dei lavori della conferenza, e in ogni caso scaduto il termine di cui al comma 3, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede.

7. Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell’amministrazione rappresentata.

8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell’istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento.

9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza.

10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all’estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati.".

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 14 quater della l. 241/1990 è il seguente:

“Art. 14 quater. (Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi)

1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso.

2. (abrogato)

3. Se il motivato dissenso è espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione è rimessa dall’amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; b) alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata “Conferenza Stato-regioni”, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; c) alla Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell’istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.

3-bis. Se il motivato dissenso è espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, la determinazione sostitutiva è rimessa dall’amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) alla Conferenza Stato-regioni, se il dissenso verte tra un’amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali; b) alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale. Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell’istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.

3-ter. Se entro i termini di cui ai commi 3 e 3-bis la Conferenza Stato-regioni o la Conferenza unificata non provvede, la decisione, su iniziativa del Ministro per gli affari regionali, è rimessa al Consiglio dei Ministri, che assume la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni, ovvero, quando verta in materia non attribuita alla competenza statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, e dell’articolo 118 della Costituzione, alla competente Giunta regionale ovvero alle competenti Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano, che assumono la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; qualora la Giunta regionale non provveda entro il termine predetto, la decisione è rimessa al Consiglio dei Ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate.

3-quater. In caso di dissenso tra amministrazioni regionali, i commi 3 e 3-bis non si applicano nelle ipotesi in cui le regioni interessate abbiano ratificato, con propria legge, intese per la composizione del dissenso ai sensi dell’articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, anche attraverso l’individuazione di organi comuni competenti in via generale ad assumere la determinazione sostitutiva in caso di dissenso.

3-quinquies. Restano ferme le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative norme di attuazione.

4. (abrogato)

5. Nell’ipotesi in cui l’opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.".

- Il testo dell’articolo 17 della l.r. 56/1977, come modificato dalla legge qui pubblicata, è riportato in nota all’articolo 4.

- Il testo dell’articolo 1 della l.r. 56/1977 è il seguente:

“Art. 1. (Finalità della legge)

[1] La Regione esercita le proprie funzioni in materia di pianificazione del territorio disciplinando, con la presente legge, la tutela e il controllo dell’uso del suolo e gli interventi di conservazione e di trasformazione del territorio a scopi insediativi, residenziali e produttivi, con le seguenti finalità:

1) la crescita della sensibilità e della cultura urbanistica delle comunità locali;

2) la conoscenza del territorio e degli insediamenti in tutti gli aspetti, fisici, storici, sociali ed economici;

3) la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale in genere e, in particolare modo, dei beni ambientali e culturali;

4) la piena e razionale utilizzazione delle risorse, con particolare riferimento alle aree agricole ed al patrimonio insediativo ed infrastrutturale esistente, evitando ogni immotivato consumo del suolo;

5) il superamento degli squilibri territoriali attraverso il controllo quantitativo e qualitativo degli insediamenti abitativi e produttivi, della rete infrastrutturale e dei trasporti, degli impianti e delle attrezzature e dei trasporti, degli impianti e delle attrezzature di interesse pubblico;

6) una diffusa ed equilibrata dotazione e distribuzione dei servizi sociali pubblici sul territorio e negli insediamenti, anche per una efficace ed unitaria organizzazione e gestione;

7) il conseguimento dell’interesse pubblico generale, con la subordinazione ad esso di ogni interesse particolare e settoriale;

8) la partecipazione democratica al processo decisionale e gestionale dell’uso del suolo urbano ed extraurbano;

9) l’attuazione di una responsabile gestione dei processi di trasformazione del territorio ai vari livelli del governo locale, nel quadro dei principi di autonomia che li reggono;

10) la programmazione degli interventi e della spesa pubblica sul territorio, a livello locale e regionale;

11) la periodica verifica e l’assestamento continuo dei piani e programmi pubblici ai vari livelli, per una efficace e coerente integrazione tra iniziative e decisioni locali specifiche ed indirizzi generali regionali.".

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 14 della l.r. 56/1977 è il seguente:

“Art. 14. (Elaborati del Piano Regolatore Generale)

[1] Il Piano Regolatore Generale è costituito dai seguenti elaborati:

1) la Relazione illustrativa, nella quale sono contenuti:

a) gli obiettivi e i criteri adottati dal Consiglio Comunale nella deliberazione programmatica di cui al successivo art. 15, e posti a base della elaborazione del piano, con la precisazione dei relativo arco temporale di riferimento;

b) le analisi demografiche e socio-economiche retrospettive, riferite ad un periodo di almeno 20 anni, con indicazione delle ipotesi di sviluppo assunte nell’arco temporale di riferimento adottato;

c) i dati quantitativi, relativi alle previsioni di recupero del patrimonio edilizio esistente di nuovi insediamenti ed al reperimento delle aree, per i servizi e le attrezzature, necessarie per soddisfare i fabbisogni pregressi e previsti in relazione agli standard fissati dalla presente legge;

d) i criteri per la strutturazione generale degli insediamenti esistenti e previsti;

d-bis) i criteri per l’applicazione degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998, ove sono contenute le motivazioni delle scelte operate nella definizione delle, zone di insediamento commerciale;

2) gli Allegati tecnici comprendenti:

a) le indagini e le rappresentazioni cartografiche riguardanti le caratteristiche geomorfologiche ed idrologiche del territorio; l’uso del suolo in atto a fini agricoli forestali ed estrattivi; lo stato di fatto degli insediamenti esistenti e dei relativi vincoli, con particolare riferimento ai complessi ed agli immobili di valore storico-artistico ed ambientale; le condizioni abitative; le dotazioni di attrezzature e di servizi pubblici; la struttura insediativa degli impianti industriali, artigianali e commerciali e delle relative necessità di intervento;

b) la relazione geologico-tecnica relativa alle aree interessate da nuovi insediamenti o da opere pubbliche di particolare importanza;

c) la scheda quantitativa dei dati urbani secondo il modello fornito dalla Regione;

3) le Tavole di piano, comprendenti:

a) una planimetria sintetica del piano alla scala 1:25.000 rappresentativa anche delle fasce marginali dei Comuni contermini, per le quali devono essere illustrate schematicamente le situazioni di fatto e le esistenti previsioni dei relativi Piani Regolatori Generali;

b) il Piano Regolatore Generale, in scala non inferiore a 1:10.000 comprendente l’intero territorio interessato dal piano;

c) gli sviluppi del Piano Regionale Generale, in scala non inferiore a 1:2.000, relativi ai territori urbanizzati ed urbanizzandi ed ai dintorni di pertinenza ambientale; per i territori urbanizzati dei Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti residenti gli sviluppi del P.R.G. in scala 1:2.000 possono limitarsi alle parti modificate o sottoposte a particolare disciplina dal piano medesimo;

d) gli sviluppi del Piano Regolatore Generale, alla scala 1:1.000 o catastale, relativi ai centri storici;

4) le Norme di Attuazione, contenenti le definizioni e le prescrizioni generali e particolari relative alle classi di destinazione d’uso, ai tipi di intervento, ai modi di attuazione ed alla gestione del piano, ivi comprese quelle relative agli insediamenti commerciali al dettaglio.

[2] I Comuni, utilizzando le tavole di cui al primo comma, numero 3) ed avvalendosi di quelle in scala idonea, rappresentano altresì le perimetrazioni con riferimento alle caratteristiche delle zone di insediamento commerciale ai sensi dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 114/1998 e degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del decreto legislativo stesso.

[3] Per i Comuni con più di 10.000 abitanti, negli allegati tecnici, di cui al precedente punto 2) è altresì compresa la individuazione delle linee di soglia dei costi differenziati per l’urbanizzazione delle aree di espansione, ricavati in riferimento al sistema infrastrutturale esistente e previsto ed alle caratteristiche del sito.".

- Il testo dell’articolo 7 della l.r. 52/2000 è il seguente:

“Art. 7. (Procedura di approvazione della classificazione acustica)

1. Il Comune avvia la procedura di approvazione della classificazione acustica trasmettendo alla Provincia e ai comuni limitrofi l’elaborato contenente la proposta di zonizzazione acustica e, contestualmente, ne dà avviso tramite affissione all’albo pretorio per almeno trenta giorni, con l’indicazione dell’ufficio comunale in cui la proposta è disponibile all’esame da parte del pubblico. L’avvio di procedura viene reso noto anche tramite pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione. Entro i successivi sessanta giorni ogni soggetto interessato presenta al Comune e alla Provincia proposte e osservazioni.

2. Entro centoventi giorni dall’avvio della procedura, la Provincia e i comuni limitrofi possono avanzare rilievi e proposte.

3. Decorso il termine di cui al comma 2, il comune adotta la classificazione acustica, tenendo conto delle osservazioni avanzate dal pubblico e recependo gli eventuali rilievi della provincia e dei comuni limitrofi, oppure motivando puntualmente il mancato recepimento.

4. Qualora insorga conflitto tra comuni limitrofi in merito alla zonizzazione di aree confinanti, la provincia, esperito un tentativo di conciliazione e convocata, eventualmente, la conferenza dei servizi delle amministrazioni interessate ai sensi dell’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), da ultimo modificato dall’articolo 2 della legge 16 giugno 1998, n. 191, in caso di mancato accordo, adotta le opportune determinazioni, vincolanti per i comuni.

5. Il Comune invia alla Regione, alla Provincia e all’ARPA, copia del provvedimento definitivo di classificazione, completo di tutti gli elaborati, e provvede a dare notizia dell’avvenuta approvazione mediante avviso da pubblicarsi sul Bollettino Ufficiale della Regione e con ogni altro mezzo ritenuto idoneo.

6. Modifiche o revisioni della classificazione acustica sono adottate con la procedura di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5.".

- La circolare del Presidente della Giunta regionale n. 7/LAP dell’8 maggio 1996, recante L.R. 5 dicembre 1977, n. 56, e successive modifiche ed integrazioni - Specifiche tecniche per l’elaborazione degli studi geologici a supporto degli strumenti urbanistici, è pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione Piemonte del 15 maggio 1996, n. 20.

Note all’articolo 3

- Il testo dell’articolo 8 della l.r. 56/1977, come modificato dalla legge qui pubblicata, è il seguente:

“Art. 8. (Efficacia dei Piani Territoriali)

1. I Piani Territoriali sono pubblicati, a seguito della loro approvazione, per estratto sul Bollettino Ufficiale della Regione e da tale data entrano in vigore ed hanno efficacia a tempo indeterminato nei confronti di tutti i soggetti pubblici e privati, nei limiti previsti dalla legislazione.

2. Dalla data di adozione dei Piani Territoriali si applicano le misure di salvaguardia di cui all’articolo 58 esclusivamente alle norme specificatamente individuate, a pena di inefficacia delle stesse, dalla Giunta Regionale, dal consiglio provinciale o dal consiglio metropolitano nell’atto di adozione.

3. Ove i Piani di cui al comma 1 comportino la revisione degli strumenti urbanistici generali di livello comunale, o l’introduzione di varianti agli stessi, si applicano le disposizioni del titolo III.

4. I Piani Territoriali possono contenere disposizioni cogenti per i Piani Regolatori Generali, nonché disposizioni immediatamente prevalenti sulla disciplina di livello comunale vigente, e vincolanti anche nei confronti degli interventi settoriali e dei privati; l’esistenza delle prescrizioni e disposizioni predette deve essere espressamente evidenziata, a pena di inefficacia delle stesse, nell’atto di approvazione del Piano.

5. Nelle aree normate dai Piani Paesistici, redatti ai sensi della legge regionale 3 aprile 1989 n. 20 e nelle aree protette normate dai Piani di area di cui all’articolo 23 della legge regionale 22 marzo 1990, n. 12, così come modificato dall’articolo 7 della legge regionale 21 luglio 1992, n. 36, a partire dalla data della loro adozione, è fatto divieto di rilasciare ogni concessione od autorizzazione concernente interventi in contrasto con le prescrizioni individuate dai Piani stessi come immediatamente prevalenti.

6. I Progetti Territoriali Operativi ed i Piani Paesistici approvati costituiscono, a tutti gli effetti, variante al Piano Territoriale e ai relativi Piani Territoriali Provinciali o Piano Territoriale Metropolitano.".

- Il testo coordinato vigente dell’articolo 58 della l.r. 56/1977 è il seguente:

“Art. 58. (Misure di salvaguardia)

[1] Dalla data di adozione dei Piani Territoriali e dei Progetti Territoriali Operativi, e fino alla loro approvazione, i Sindaci dei Comuni interessati sospendono ogni determinazione sulle istanze di concessione e di autorizzazione che siano in contrasto con le norme specificatamente contenute negli stessi, ai sensi del comma 2 dell’articolo 8.

[2] A decorrere dalla data della deliberazione di adozione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi per la pianificazione comunale previsti dalla legge, compresi i progetti preliminari, fino alla emanazione del relativo atto di approvazione e comunque non oltre i termini previsti dall’ultimo comma, il sindaco, con motivata ordinanza notificata agli interessati, sospende ogni determinazione sulle istanze di concessione e di autorizzazione nei confronti di qualsiasi intervento di trasformazione del territorio che sia in contrasto con detti progetti e piani. Parimenti il Sindaco sospende ogni determinazione sulle istanze in contrasto con gli strumenti urbanistici intercomunali adottati dal Consorzio o dalla Comunità Montana ai sensi del 2° e 5° comma dell’articolo 16.

[3] Entro i dieci giorni successivi alla deliberazione di adozione di cui al 2° comma del presente articolo, il Sindaco notifica agli aventi titolo la sospensione delle concessioni e autorizzazioni in contrasto, salvo che gli sia stato comunicato nei modi e forme di legge, l’inizio dei lavori come definito all’11° comma del precedente art. 49.

[4] Ove il Comune non provveda all’adozione del Piano Regolatore Generale nei tempi previsti dal 7° comma dell’articolo 15, la Giunta regionale applica i poteri sostitutivi di cui all’ultimo comma dello stesso articolo. In tal caso la salvaguardia sul progetto preliminare si intende vigente fino alla emanazione del relativo atto di approvazione e comunque non oltre i termini previsti dall’ultimo comma.

[5] La Giunta regionale, su richiesta del Comune o per iniziativa diretta, può, con provvedimento motivato da notificare all’interessato a norma del Codice di Procedura Civile, ordinare la sospensione dei lavori di trasformazione di proprietà private, autorizzati prima dell’adozione degli strumenti urbanistici, che siano in contrasto con le destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici adottati, ove ravvisi gravi impedimenti all’attuazione delle previsioni degli strumenti stessi.

[6] I provvedimenti cautelari, di inibizione e di sospensione, di cui agli artt. 9, 9-bis, e 25, 6° comma della presente legge, e le sospensioni di cui al comma precedente non possono dispiegare la loro efficacia oltre i 36 mesi.

[7] I provvedimenti sospensivi del primo, secondo, e quinto comma si applicano fino alla data di approvazione degli strumenti urbanistici. Le sospensioni non potranno comunque essere protratte oltre i tre anni dalla data di adozione dei Piani Territoriali o del Progetto Territoriale Operativo, nonché degli strumenti urbanistici, generali ed esecutivi, e dei progetti preliminari.".


Nota all’articolo 4

- Il testo dell’articolo 17 della l.r. 56/1977, come modificato dalla legge qui pubblicata, è il seguente:

“Art. 17. (Varianti e revisioni del Piano Regolatore Generale comunale e intercomunale)

1. Il Piano Regolatore Generale è sottoposto a revisione periodica ogni dieci anni e comunque in occasione della revisione del Piano Territoriale. Esso mantiene la sua efficacia fino all’approvazione delle successive revisioni e varianti.

2. Le revisioni e le varianti del Piano Regolatore Generale non sono soggette ad autorizzazione preventiva e non richiedono la preliminare adozione della deliberazione programmatica.

3. Costituiscono varianti al Piano Regolatore Generale le modifiche degli elaborati, delle norme di attuazione, o di entrambi, quali definite ai commi 4, 6 e 7.

4. Sono varianti strutturali al Piano Regolatore Generale, da formare e approvare con le procedure di cui all’articolo 15, quelle che producono uno o più tra i seguenti effetti:

a) modifiche all’impianto strutturale del Piano Regolatore Generale vigente ed alla funzionalità delle infrastrutture urbane di rilevanza sovracomunale;

b) riducono la quantità globale delle aree a servizi per più di 0,5 metri quadrati per abitante, nel rispetto, comunque, dei valori minimi, di cui alla presente legge;

c) aumentano, per più di 0,5 metri quadrati per abitante, la quantità globale delle aree a servizi, oltre i minimi previsti dalla presente legge;

d) incidono sulla struttura generale dei vincoli nazionali e regionali indicati dal Piano Regolatore Generale vigente a tutela di emergenze storiche, artistiche, paesaggistiche, ambientali e idrogeologiche, fatte salve le correzioni di errori materiali di cui al comma 8, lettera a);

e) incrementano la capacità insediativa residenziale del Piano Regolatore Generale vigente, fatta eccezione per i Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti con capacità residenziale esaurita, per i quali valgono le norme di cui al comma 7;

f) incrementano le superfici territoriali o gli indici di edificabilità del Piano Regolatore Generale vigente, relativi alle attività economiche produttive, direzionali, turistico - ricettive, commerciali, anche di adeguamento della disciplina della rete distributiva agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998, risultanti dagli atti del piano medesimo, in misura superiore al 6 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i diecimila abitanti, al 3 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i ventimila abitanti, al 2 per cento nei restanti Comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti. Tali incrementi devono essere realizzati su aree contigue a quelle urbanizzate o a quelle di nuovo impianto previste dal Piano Regolatore Generale vigente.

5. I limiti dimensionali di cui al comma 4 sono inderogabili e si intendono riferiti all’intero arco di validità temporale del Piano Regolatore Generale.

5-bis. La variante di adeguamento al Piano Regolatore Generale ai sensi del D.Lgs. n. 114/1998 è approvata dalla Giunta regionale entro centoventi giorni dalla data del suo ricevimento esclusivamente nel caso in cui contenga degli interventi attuabili a seguito di avvio delle procedure previste dagli articoli 8 e 9 del decreto medesimo.

6. Costituiscono varianti obbligatorie gli interventi necessari ad adeguare il Piano Regolatore Generale ad atti e strumenti di pianificazione statale, regionale, provinciale o comunque sovraordinata a quella comunale in forza di leggi statali e regionali o di atti amministrativi statali e regionali adottati in applicazione di dette leggi. Il procedimento di formazione di tali varianti si attua attraverso apposite conferenze dei servizi, ai sensi dell’articolo 18 della L.R. 25 luglio 1994, n. 27 (Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), alla cui indizione provvede la Giunta regionale, entro quarantacinque giorni dall’assunzione di efficacia dell’atto sovraordinato da cui derivi la necessità di adeguamento del Piano Regolatore Generale. All’atto dell’indizione della conferenza la Giunta regionale ne disciplina lo svolgimento ed il termine di completamento.

7. Sono varianti parziali al Piano Regolatore Generale, la cui adozione spetta al Consiglio comunale, quelle che non presentano i caratteri indicati nei commi 4 e 6, che individuano previsioni tecniche e normative con rilevanza esclusivamente limitata al territorio comunale con indicazione nella deliberazione da parte dei Comuni interessati della compatibilità con i piani sovracomunali, quelle che ammettono nuove destinazioni d’uso delle unità immobiliari di superficie pari o inferiore a duecento metri quadrati, site in fabbricati esistenti dotati di opere di urbanizzazione primaria, e quelle che consentono ai Comuni con popolazione inferiore a diecimila abitanti che hanno Piani Regolatori Generali vigenti con capacità insediativa residenziale esaurita, di incrementare la capacità insediativa residenziale stessa non oltre il 4 per cento. Tali incrementi devono essere realizzati su aree contigue a quelle residenziali già esistenti o a quelle residenziali di nuovo impianto previste dal Piano Regolatore Generale vigente, comunque dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali. La delibera di adozione è depositata in visione presso la Segreteria comunale ed è pubblicata presso l’Albo Pretorio del Comune. Dal quindicesimo al trentesimo giorno di pubblicazione, chiunque ne abbia interesse, ivi compresi i soggetti portatori di interessi diffusi, può presentare osservazioni e proposte anche munite di supporti esplicativi. La delibera di adozione deve essere inviata alla Provincia che, entro quarantacinque giorni dalla ricezione, si pronuncia con delibera di Giunta sulla compatibilità della variante con il Piano territoriale provinciale e i progetti sovracomunali approvati. Il pronunciamento si intende espresso in modo positivo se la Provincia non delibera entro il termine sopra indicato. Entro trenta giorni dallo scadere del termine di pubblicazione il Consiglio comunale delibera sulle eventuali osservazioni e proposte ed approva definitivamente la variante. Qualora la Provincia abbia espresso parere di non compatibilità con il Piano territoriale provinciale e i progetti sovracomunali approvati, la delibera di approvazione deve dare atto del recepimento delle indicazioni espresse dalla Provincia oppure essere corredata di definitivo parere favorevole della Giunta provinciale. Nel caso in cui tramite più varianti parziali, vengano superati i limiti di cui al comma 4, la procedura di cui al presente comma non può più trovare applicazione. La deliberazione di approvazione è trasmessa alla Provincia e alla Regione, entro dieci giorni dalla sua adozione, unitamente all’aggiornamento degli elaborati del Piano Regolatore Generale.

8. Non costituiscono varianti del Piano Regolatore Generale:

a) le correzioni di errori materiali, nonché gli atti che eliminano contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento e per i quali sia evidente ed univoco il rimedio;

b) gli adeguamenti di limitata entità della localizzazione delle aree destinate alle infrastrutture, agli spazi ed alle opere destinate a servizi sociali e ad attrezzature di interesse generale;

c) gli adeguamenti di limitata entità dei perimetri delle aree sottoposte a strumento urbanistico esecutivo;

d) le modificazioni del tipo di strumento urbanistico esecutivo specificatamente imposto dal Piano Regolatore Generale, ove consentito dalla legge;

e) le determinazioni volte ad assoggettare porzioni del territorio alla formazione di strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa pubblica o privata e le delimitazioni delle stesse;

f) le modificazioni parziali o totali ai singoli tipi di intervento sul patrimonio edilizio esistente, sempre che esse non conducano all’intervento di ristrutturazione urbanistica, non riguardino edifici o aree per le quali il Piano Regolatore Generale abbia espressamente escluso tale possibilità o siano individuati dal Piano Regolatore Generale fra i beni culturali ambientali di cui all’articolo 24, non comportino variazioni, se non limitate, nel rapporto tra capacità insediativa ed aree destinate ai pubblici servizi;

g) la destinazione ad opere pubbliche, alle quali non sia applicabile il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, di aree che lo strumento urbanistico generale vigente destina ad altra categoria di servizi pubblici. Ai fini della presente disposizione, sono opere pubbliche quelle realizzate o aggiudicate dai Comuni, dalle Province e dalla Regione, dagli altri Enti pubblici anche economici e dagli organismi di diritto pubblico qualificati come tali dalla legislazione sui lavori pubblici, dalle loro associazione e consorzi. Sono altresì opere pubbliche quelle realizzate o aggiudicate dai concessionari e dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettere b) e c), della legge 11 febbraio 1994, n. 109, modificata dal D.L. 3 aprile 1995, n. 101 convertito dalla legge 2 giugno 1995, n. 216.

9. Le modificazioni del Piano Regolatore Generale di cui al comma 8 sono assunte dal Comune con deliberazione consiliare; la deliberazione medesima è trasmessa alla Regione, unitamente all’aggiornamento delle cartografie del Piano Regolatore Generale comunale. La deliberazione, nel caso di cui al comma 8 lettera g), è assunta sulla base di atti progettuali, ancorché non approvati ai sensi della legislazione sui lavori pubblici, idonei ad evidenziare univocamente i caratteri dell’opera pubblica in termini corrispondenti almeno al progetto preliminare, nonché il contenuto della modifica allo strumento urbanistico.

10. Le varianti ai Piani Regolatori Generali Intercomunali, ove riguardino il territorio di un solo Comune, sono formate, adottate e pubblicate dal Comune interessato previa informazione al consorzio o alla Comunità montana e per l’approvazione seguono le procedure del presente articolo. Qualora le varianti siano strutturali, ai sensi del comma 4, dopo l’adozione, il Comune trasmette la variante al consorzio o alla Comunità montana che esprime il proprio parere con deliberazione nel termine di sessanta giorni; il parere è trasmesso dal Comune interessato alla Regione unitamente alla variante adottata, per gli adempimenti successivi così come stabiliti dall’articolo 15; allo scadere del termine di sessanta giorni la variante è comunque trasmessa dal Comune alla Regione che assume le proprie determinazioni.

10-bis. Qualora la variante parziale sia stata approvata con procedura non coerente con i suoi contenuti, chiunque vi abbia interesse può presentare, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di pubblicazione, motivato ricorso al Presidente della Giunta regionale, agli effetti del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi).".