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Bollettino Ufficiale n. 37 del 14 / 09 / 2006

Deliberazione della Giunta Regionale 11 settembre 2006, n. 30-3773

L.R. 08/01/2004, n. 1 - Indicazioni in merito al personale operante nei servizi sociali della Regione Piemonte

A relazione dell’Assessore Migliasso:

Premesso che:

La L.R. 8 gennaio 2004, n. 1 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento” dà attuazione a livello regionale alla L. 8 novembre 2000 n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.

Nel quadro generale di riordino dei servizi sociali la questione del personale operante nei servizi stessi è di primaria importanza: la legge regionale, pertanto, in carenza di una normativa statale di riferimento ha inteso, con l’art. 32 “Personale dei servizi sociali”, dare alcuni elementi di certezza al sistema dei servizi sociali regionali, tenendo conto che tale settore fa i conti, a livello generale, con un sistema professionale assai fragile e un mercato del lavoro frantumato.

Ai sensi del citato art. 32, comma 1, pertanto, la Regione individuava le seguenti figure professionali dei servizi sociali:

a) gli assistenti sociali;

b) gli educatori professionali;

c) gli operatori socio-sanitari e gli assistenti domiciliari e dei servizi tutelari;

d) gli animatori professionali socio-educativi.

Nel quadro generale di estrema complessità e incertezza, l’uso del termine “individua” nel 1° comma dell’art. 32 intendeva avere il significato di chiarire al sistema dei servizi regionali, di fronte alla sovrabbondanza e varietà dell’offerta formativa disponibile a livello nazionale, quali erano considerate le figure “cardine” del sistema regionale. Il criterio, come si vede dallo scarso numero di figure elencate, è stato quello di individuare solo le figure per le quali c’era una sufficiente codificazione e condivisione normativa, soprattutto a livello statale.

Nei commi successivi dell’art. 32 vengono precisati quali titoli di studio vengono richiesti per l’esercizio delle funzioni rispettivamente di educatore professionale, di assistente domiciliare e dei servizi tutelari, di animatore professionale socio educativo. Tale elencazione, meramente ricognitiva rispetto al quadro normativo esistente, era particolarmente opportuna per la figura dell’educatore professionale (E.P.), che doveva fare i conti con una situazione assai complessa:

-. da un lato i vincoli posti dalla normativa statale, in particolare con riferimento al comparto sanitario:

con decreto del Ministero della Sanità 8 ottobre 1998, n. 520, infatti, è stata istituita la figura e il relativo profilo professionale dell’Educatore Professionale; con riferimento a tale profilo, pertanto, il D.M. 2 aprile 2001 “Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie” inserisce l’educatore professionale all’interno della classe 2 “classe delle lauree nelle professioni sanitarie della riabilitazione;

-     dall’altro la tutela degli operatori già inseriti nel mondo dei servizi con titoli deboli o che hanno legittimamente conseguito titoli validi ai sensi della normativa precedente;

-     dall’altro ancora la presenza nel mercato del lavoro dei laureati della Facoltà di Scienze della Formazione con indirizzo educatore professionale:

già a partire dall’anno accademico 1992/93, infatti, è stato attivato dalla Facoltà di Scienze della Formazione un corso di laurea in Scienze dell’Educazione - indirizzo “Educatore professionale scolastico”, inizialmente di durata quadriennale e poi, dall’anno accademico 2000/2001, triennale; tali corsi di laurea sono attualmente attivati con riferimento al D.M. 4 agosto 2000 “Determinazione delle classi delle lauree universitarie” che definisce la classe di laurea 18 “classe delle lauree in scienze dell’educazione e della formazione”, precisando che “i laureati della classe svolgeranno attività di educatore professionale, educatore di comunità e nei servizi sociali”.

Il comma 2 dell’art. 32 della citata L.R., pertanto, lungi dal voler disciplinare ex novo figure già esistenti, intendeva “fotografare” con chiarezza e realismo l’attuale situazione, con l’intento di fornire ai servizi territoriali e agli stessi operatori un quadro di riferimento il più esaustivo possibile, precisando che i titoli utili per l’esercizio della professione di educatore professionale erano i seguenti:

a) diploma o attestato di qualifica di educatore professionale o di educatore specializzato o altro titolo equipollente conseguito in esito a corsi biennali o triennali post-secondari, riconosciuti dalla Regione o rilasciati dall’università;

b) laurea in scienze dell’educazione-indirizzo educatore professionale extrascolastico, indirizzo e curriculum educatore professionale;

c) laurea di educatore professionale conseguita ai sensi del D.M. 8 ottobre 1998, n. 520.

Quest’ultimo titolo viene conseguito in Regione Piemonte, a partire dall’anno accademico 2002/2003, in esito alla frequenza del corso di laurea triennale, attivato come interfacoltà fra medicina, scienze della formazione e psicologia, sulla base di uno specifico protocollo d’intesa fra Regione e Università e risponde pienamente ai vincoli posti dalla normativa statale sulle professioni sanitarie.

Con ricorso notificato il 15 marzo 2004 e depositato in cancelleria il 24 marzo 2004, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in riferimento agli artt. 33 e 117, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, commi 1 e 2, della citata legge della Regione Piemonte 8 gennaio 2004, n. 1.

Il ricorrente osserva che il nuovo testo dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione colloca le “professioni” tra le materie oggetto di potestà legislativa concorrente. In questa materia, pertanto, spetta allo Stato la determinazione, per via legislativa, dei principi fondamentali, mentre alle Regioni compete la determinazione della disciplina di dettaglio.

-     Pertanto, con riferimento al comma 1, ad avviso del ricorrente, l’espressione “individua” risulterebbe ambigua in quanto sembrerebbe riservare alla Regione la determinazione dei titoli professionali e dei correlativi contenuti della professione, in contrasto con il riparto di competenze previsto dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione in materia di professioni.

-     Parimenti l’art. 32, comma 2, della legge regionale, disciplinando i titoli di studio necessari per l’esercizio della professione di educatore professionale, si porrebbe in contrasto con la legislazione statale vigente in materia. Infatti l’art. 5 della legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica) prevede una specifica formazione universitaria ed un esame conclusivo abilitante per le professioni sanitarie ivi previste; tra tali professioni rientra anche l’educatore professionale, ai sensi dell’art. 3, lettera h), del decreto ministeriale 29 marzo 2001. La norma regionale, nel prevedere quali titoli idonei per l’accesso alla professione titoli diversi da quelli già disciplinati nei decreti ministeriali 2 aprile 2001 – titoli di formazione regionale e titoli universitari senza alcun esame finale abilitante – si porrebbe in contrasto con l’art. 33 della Costituzione.

La Regione Piemonte si è costituita nel giudizio dinanzi alla Corte, sostenendo le seguenti motivazioni:

-     Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, il comma 1 di tale disposizione si limita ad indicare le categorie professionali operanti nel sistema piemontese dei servizi sociali, senza alcun intento creativo di nuove figure professionali, ma semplicemente allo scopo di identificare in modo chiaro quelle legittimamente operanti in base alla legislazione vigente, in un settore nel quale carenze di regolamentazione e sovrapposizioni di normative diverse non sempre adeguatamente coordinate possono determinare incertezze applicative.

-     Infondata si riteneva del pari la questione relativa al comma 2 dell’art. 32: con esso la Regione non intendeva disciplinare i titoli di studio necessari per esercitare l’attività di educatore professionale, ma esclusivamente indicare i titoli che, in base alla disciplina legislativa vigente, occorre possedere per svolgere il compito di educatore professionale nei servizi sociali. Ciò in particolare con riferimento alla situazione confusiva venutasi a creare a causa del doppio canale di formazione a livello universitario.

Il ricorso del Presidente del Consiglio, infatti, fa esclusivo riferimento alla legge n. 251 del 2000 ed al decreto ministeriale 29 marzo 2001, con richiamo all’art. 6 del decreto legislativo n. 502 del 1992 ed al decreto ministeriale n. 520 del 1998, che disciplinano la figura dell’educatore professionale prevista nell’ambito dei servizi sanitari. Mentre non viene preso in considerazione l’ambito dei servizi sociali, per il quale, in carenza della normativa statale sulle figure professionali sociali, prevista dall’art. 12 della L. 8 novembre 2000 n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, mai emanata, si deve fare i conti con un’offerta di diversi canali formativi, a livello universitario e di formazione professionale.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 153/2006 del 14/04/06, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte 8 gennaio 2004, n. 1, ritenendo che l’art. 32 della legge della Regione Piemonte n. 1 del 2004, dedicato alle figure professionali che operano nei servizi sociali, vada ricondotto alla materia delle “professioni”, appartenente alla competenza legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Secondo la Corte, pertanto, la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e i titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.

- A parere della Consulta, quindi, l’art. 32, comma 1, della legge della Regione Piemonte n. 1 del 2004, provvedendo ad individuare direttamente le figure professionali, alle quali la Regione fa ricorso per il funzionamento del sistema integrato di interventi e servizi sociali, viola il principio fondamentale che assegna allo Stato l’individuazione delle figure professionali.

-     Parimenti lesiva delle competenze statali è stata ritenuta la disposizione di cui al comma 2 del medesimo art. 32: l’indicazione, da parte della legge regionale, di specifici requisiti per l’esercizio della professione di educatore professionale, anche se in parte coincidenti con quelli già stabiliti dalla normativa statale, violerebbe la competenza dello Stato, risolvendosi in un’indebita ingerenza in un settore, quello della disciplina dei titoli necessari per l’esercizio della professione, costituente principio fondamentale della materia.

Considerato che la sentenza della Consulta, dichiarando l’illegittimità costituzionale di parte dell’art. 32 della legge regionale citata, ha ribadito che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e i titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato.

Considerato peraltro che la normativa statale sulle professioni sta attualmente attraversando una fase di profonda revisione e incertezze, come dimostra il recente ritiro dei decreti ministeriali che riformano gli ordinamenti universitari, gli accesi dibattiti sugli esami di stato, la mancata attuazione dell’art. 12 della L. 8 novembre 2000 n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” sulle figure professionali sociali.

Preso atto che la situazione problematica che si è venuta a creare rischia di generare una profonda incertezza nel sistema dei servizi sociali regionali.

Ritenuto pertanto opportuno, in via transitoria, in attesa che si chiarisca il quadro a livello nazionale, effettuare una mera ricognizione degli operatori presenti nel sistema dei servizi sociali regionali ai sensi della normativa esistente, fatte salve le competenze statali relative alla definizione delle relative professioni.

Ritenuto opportuno, in particolare, precisare, a titolo meramente ricognitivo, quali sono i titoli di studio attualmente rilasciati dai canali di formazione universitario e della formazione professionale utili per lo svolgimento delle funzioni riconducibili alla figura dell’educatore professionale nel settore dei servizi sociali.

Preso atto che non è stata sollevata questione di legittimità costituzionale riguardo al comma 7 dell’art. 32 della L.R. 8/01/2004, n. 1 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”, laddove prevede l’istituzione dei corsi di riqualificazione per educatori professionali, destinati agli operatori in servizio da almeno due anni alla data del 30/01/04, privi dei requisiti professionali previsti e che, pertanto, tali corsi potranno essere attivati, secondo le modalità definite dalle linee guida regionali.

Tutto ciò premesso,

vista la L.R. n. 51/97;

vista la L.R. n. 1/2004;

la Giunta Regionale, con voto unanime, espresso nei modi di legge;

delibera

1.     di prendere atto per le motivazioni in premessa illustrate, in via transitoria e a fini meramente ricognitivi, con riferimento al quadro normativo esistente, che le principali figure di operatori del settore dei servizi sociali sono le seguenti:

a) assistenti sociali;

b) educatori professionali;

c) operatori socio-sanitari e gli assistenti domiciliari e dei servizi tutelari;

d) animatori professionali socio-educativi;

2.     di precisare, a titolo meramente ricognitivo, quali sono, ai sensi della normativa vigente, i titoli di studio attualmente rilasciati dai canali di formazione universitario e della formazione professionale utili per lo svolgimento delle funzioni riconducibili alla figura dell’educatore professionale nel settore dei servizi sociali:

a) diploma o attestato di qualifica di educatore professionale o di educatore specializzato o altro titolo equipollente conseguito in esito a corsi biennali o triennali post-secondari, riconosciuti dalla Regione o rilasciati dall’università (L. 845/78; D.M. 27 luglio 2000);

b) laurea in scienze dell’educazione-indirizzo educatore professionale extrascolastico, indirizzo e curriculum educatore professionale (D.M. 11 febbraio 1991, D.M. 17 maggio 1996, D.M. 3 novembre 1999, n. 509);

c) laurea di educatore professionale conseguita ai sensi del D.M. 8 ottobre 1998, n. 520 (Regolamento recante norme per l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’educatore professionale);

3.    di prendere atto che non è stata sollevata questione di legittimità costituzionale riguardo al comma 7 dell’art. 32 della L.R. 8/01/2004, n. 1 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”, laddove prevede l’istituzione dei corsi di riqualificazione per educatori professionali, destinati agli operatori in servizio da almeno due anni alla data del 30/01/04, privi dei requisiti professionali di cui al punto precedente e che, pertanto, tali corsi potranno essere attivati, secondo le modalità definite dalle linee guida regionali.

La presente deliberazione sarà pubblicata sul B.U. della Regione Piemonte ai sensi dell’art. 61 dello Statuto e dell’art. 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.

(omissis)