Torna al Sommario del Supplemento ordinario n. 1

Supplemento Ordinario n. 1 al B.U. n. 43

Deliberazione del Consiglio regionale 11 ottobre 2005, n. 26 - 31183

Programmazione fondi strutturali 2007/2013: Approvazione del documento strategico preliminare regionale - DSR

(omissis)

Tale deliberazione, nel testo che segue, è posta in votazione: il Consiglio approva.

IL CONSIGLIO REGIONALE

Vista la comunicazione adottata dalla Commissione Europea, in data 10 febbraio 2004, COM (2004) 101 def, contenente la proposta sulle prospettive finanziarie dell’Unione allargata per il periodo 2007/20013 “Costruire il nostro avvenire comune. Sfide e mezzi finanziari dell’Unione allargata 2007-2013";

vista la comunicazione adottata dalla Commissione europea il 14 luglio 2004, COM (2004) 492 def, contenente il progetto di regolamento generale sulla riforma delle politiche delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale per il periodo 2007-2013, che introduce per l’utilizzo dei nuovi fondi strutturali un accordo più organico e strutturato con le strategie nazionali degli stati membri con la previsione:

- che ogni stato predisponga un Quadro Strategico Nazionale (QSN) dedicato alla propria strategia di sviluppo;

- di far assumere all’azione dei fondi la forma di Programmi operativi regionali (POR) coerenti con il Quadro Strategico Nazionale (QSN) di riferimento;

- che ciascun programma operativo persegua uno dei seguenti obiettivi: convergenza, competività regionale e occupazione, cooperazione territoriale;

rilevato altresì, che in sede di Conferenza Unificata, in data 3 febbraio 2005, è stato raggiunto un accordo, “Linee guida per l’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale per la politica di coesione 2007-2013", che prevede la predisposizione entro settembre 2005 da parte di ogni singola regione di un proprio ”Documento Strategico Preliminare Regionale (DSR)", quale precondizione per pervenire alla adozione di un Quadro Strategico Nazionale (QSN), che definisca la strategia, che con la politica di coesione si intende perseguire;

vista la deliberazione della Giunta regionale del 7 giugno 2005, n. 35-214, al cui interno sono state individuate le modalità organizzative e procedurali attraverso cui pervenire alla predisposizione del Documento Strategico Preliminare Regionale (DSR) nel rispetto dei principi comunitari del partenariato istituzionale ed economico sociale;

vista la deliberazione della Giunta regionale del 1 agosto 2005, n. 63-655 con cui l’esecutivo regionale, nel provvedere all’adozione del Documento Strategico Preliminare Regionale (DSR), provvede contestualmente alla sua trasmissione per l’approvazione da parte del Consiglio Regionale e richiamate le argomentazioni e le motivazioni ivi addotte;

visto il parere espresso dalla I^ Commissione in data 30 settembre 2005

delibera

di approvare il Documento Strategico Preliminare Regionale (DSR) (allegato A), che costituisce parte integrale e sostanziale della presente deliberazione.

Allegato A

Documento Strategico Preliminare Regionale
2007-2013

(Accordo Conferenza Unificata 3 febbraio 2005 - Fase 1 Linee guida per l’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale per la politica di coesione 2007 - 2013)

Indice:

1. ANALISI DI CONTESTO

1.1 L’orizzonte di riferimento

1.2 Una doppia vulnerabilità

1.3 La situazione piemontese

1.4 Gli elementi di criticità: i settori automobilistico e tessile abbigliamento

1.5 Un’economia in regressione

1.6 Metamorfosi e potenzialità

1.7 Popolazione e forza lavoro

1.8 Territorio e sviluppo

1.9 La questione sostenibilità

1.10 L’evoluzione dei processi di governance

1.11 La Cooperazione Territoriale Europea

1.12 Le quattro sfide

1.13 I punti di forza e di debolezza (Swot)

1.14 Tre scenari possibili

1.15 Verso un nuovo modello di sviluppo

1.16 Il sistema produttivo: i percorsi della produttività


2. GLI ASSI STRATEGICI DELLO SVILUPPO REGIONALE

2.1 L’innovazione

2.2 L’ internazionalizzazione

2.3 La crescita dimensionale delle imprese

2.4 La qualificazione della popolazione e del lavoro

2.5 Risorse territoriali e urbane

2.6 Le politiche per la sostenibilità

2.7 Le pari opportunità: priorità e trasversalità

2.8 I processi di governance

2.9 La Cooperazione Territoriale Europea


3. GLI ESITI DELLA VALUTAZIONE INTERMEDIA

DEGLI INTERVENTI DEI FONDI STRUTTURALI 2000 - 2006

3.1 Il DOCUP FESR Ob. 2 : 2000-2006

3.2 Il POR FSE Ob. 3 . 2000-2006

3.3 INTERREG


4. INDIRIZZI PROGRAMMATICI REGIONALI, OBIETTIVI DI SVILUPPO E PRIORITA’ DI INTERVENTO : ECONOMIA DELLA CONOSCIENZA, SVILUPPO SOSTENIBILE, COMPETITIVITA’


5. IL PROCESSO: GOVERNANCE, PARTENARIATO E COERENZA FRA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA E FORME DI GOVERNO


6. COERENZA DEGLI INTERVENTI DEI FONDI STRUTTURALI CON LE POLITICHE E GLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE REGIONALE, NAZIONALE E COMUNITARIA

6.1 Le scelte programmatiche per la nuova legislatura regionale

6.2 L’intesa istituzionale e gli Accordi di Programma Quadro (APQ)

6.3 Il D.P.E.F.R. 2006 - 2008


1. ANALISI DI CONTESTO

1.1 L’orizzonte di riferimento

Nella divisione internazionale del lavoro è in corso una trasformazione di portata epocale, data dalla progressiva apertura e integrazione dei mercati mondiali, fondata a sua volta sulla liberalizzazione dello scambio di beni e servizi e della circolazione di capitali e persone. Essa rappresenterà l’orizzonte sul quale dovranno misurarsi i percorsi di sviluppo del sistema produttivo nazionale e regionale e le conseguenti azioni politiche.

Mutano la geografia e la composizione dei flussi commerciali, si profilano nuovi agguerriti concorrenti la cui crescita determina peraltro una consistente domanda di beni di investimento e intermedi. Nei paesi ad alto reddito (oltre che in alcuni paesi in via di sviluppo) si assiste, in particolare, a un radicale mutamento della struttura dei consumi, con un incremento di quello dei servizi e dei prodotti di qualità, cui corrisponde la diffusione di nuovi modelli di consumo.

Si ridefinisce conseguentemente la dinamica e la distribuzione internazionale del vantaggio competitivo, sulla spinta dei crescenti flussi di investimenti internazionali diretti, dei processi di outsourcing e della riconfigurazione delle catene di fornitura.

Si registra, infine, un costante incremento dei prezzi dei combustibili fossili, cui gli analisti attribuiscono carattere strutturale e di cui le politiche di sviluppo e di sostenibilità dovranno necessariamente tener conto.

1.2 Una doppia vulnerabilità

Se questo è l’orizzonte, la vulnerabilità dell’economia italiana è duplice: essa è esposta, da un lato, alla concorrenza dei paesi che meglio hanno saputo sfruttare le spinte dell’innovazione tecnologica, dall’altro lato a quella dei paesi a basso costo del lavoro e con minori vincoli istituzionali, tutto ciò in assenza del ricorso alla tradizionale manovra di politica economica, ossia la svalutazione della lira.

L’Italia si misura dunque con una prospettiva strategica di rilevanza senza precedenti, confrontabile solo con quella degli anni tra fine Ottocento e inizio Novecento, quando riuscì a realizzare la propria rivoluzione industriale, o con quella del secondo dopoguerra, allorché si portò a compimento la ricostruzione e si posero le basi del miracolo economico.

Le dinamiche assai poco soddisfacenti degli ultimi anni non possono quindi essere ricondotte unicamente all’evoluzione negativa del ciclo economico, a una ripresa che tarda ad arrivare, o ancora alla debolezza della domanda interna: ancorché di fenomeni congiunturali si è in presenza di effettivi problemi strutturali coinvolgenti il sistema nazionale nel suo complesso.

1.3 La situazione piemontese

L’economia dell’Italia nord-occidentale ha espresso, nell’ultimo decennio (dal 1995 a oggi), una crescita decisamente inferiore rispetto a quella registrata dall’economia italiana nel suo complesso, che, nei tre ultimi anni, si è poi tradotta in una sostanziale stagnazione: si tratta di un fenomeno dipeso sostanzialmente dall’andamento particolarmente negativo registrato dal settore manifatturiero.

La performance del Piemonte risulta ancor più negativa: la dinamica della sua economia, in termini di produzione di ricchezza e di crescita della produttività, nel periodo considerato è stata la peggiore tra le regioni italiane. Ciò è imputabile prevalentemente alla diminuzione del valore aggiunto manifatturiero, connessa in particolare alla crisi dei settori automobilistico e tessile, le cui esportazioni hanno registrato la maggior perdita di quote di mercato tra le regioni del Paese.

Anche sul piano dell’occupazione le difficoltà del settore manifatturiero hanno avuto riflessi evidenti, con un considerevole calo dell’occupazione, sia maschile, sia femminile. E’ comunque da rilevare come queste perdite siano state compensate dalla crescita degli occupati nei servizi, con una netta prevalenza dei servizi alle imprese rispetto a quelli alla persona, anch’essi cresciuti negli anni più recenti anche se con un significativo ricorso a rapporti di lavoro precario e/o a tempo determinato. Nel complesso, il tasso di disoccupazione, maschile e femminile, è diminuito, come in tutta Italia, pur assestandosi su livelli ancora superiori rispetto a quelli medi registrati dalle altre regioni centro-settentrionali.

1.4 Gli elementi di criticità: i settori automobilistico e tessile-abbigliamento

Il Piemonte condivide con il sistema economico nazionale le difficoltà e le sfide derivanti da una configurazione produttiva particolarmente esposta alla concorrenza internazionale, da una struttura operativa eccessivamente frammentata e da una capacità innovativa ancora inferiore a quella dei paesi maggiormente avanzati: ne rappresenta un concreto esempio, nell’ambito delle attività tradizionali, il settore tessile-abbigliamento, dove le imprese piemontesi sono scese, dal 2000 a oggi, da oltre 5.000 a poco più di 4.000.

A queste criticità si sommano quelle derivanti dalla crisi di Fiat Auto, la cui produzione negli stabilimenti localizzati in Piemonte è scesa in quattro anni da 450 mila a meno di 200 mila autovetture, con un corrispondente calo occupazionale da 28.700 a circa 12.000 addetti.

1.5 Un’economia in regressione

Questi dati appaiono in qualche misura sorprendenti se si considera che il Piemonte e la Lombardia sono, tra le regioni italiane, quelle maggiormente dotate di taluni fattori positivamente correlati con la capacità competitiva di un’area: la presenza di alcune imprese di grande dimensione, l’elevata internazionalizzazione, la specializzazione in settori a medio-alta tecnologia, la propensione alla ricerca e sviluppo.

Una possibile linea di interpretazione può fondarsi sulla tesi secondo cui l’elevato grado di apertura internazionale e la relativa abbondanza, a scala nazionale, di fattori favorevoli alla competizione internazionale, abbia esposto il Nord-ovest - e il Piemonte in misura più intensa, e forse in anticipo rispetto ad altre realtà italiane - all’intensificarsi della concorrenza internazionale.

A differenza di altre regioni del paese che, specializzate maggiormente nelle produzioni tradizionali del made in Italy, hanno iniziato a risentire solo in tempi recenti della concorrenza dei paesi emergenti, il Piemonte e più in generale il Nord-ovest, avrebbe sofferto in misura rilevante il confronto con le regioni economicamente più avanzate nei settori a medio-alta tecnologia.

Nei confronti di queste ultime si sarebbero evidenziati segni di debolezza relativa rispetto alla dotazione di alcuni tra i fondamentali fattori competitivi, come la specializzazione nei settori a elevata tecnologia, la qualità del capitale umano e la propensione all’innovazione. Sotto questa luce, la regione, anziché andare nella direzione di un rafforzamento del proprio vantaggio competitivo, avrebbe invece seguito un percorso inverso, di “regressione verso la media” del Paese in taluni dei suoi principali tratti strutturali.

Nel corso degli anni novanta questa evoluzione avrebbe trovato conferma nell’andamento della specializzazione internazionale: nel confronto con la media nazionale, alla perdita di competitività avrebbe contribuito l’evoluzione del modello di specializzazione settoriale, segnato dalla riduzione dei vantaggi comparati nei tradizionali comparti a tecnologia medio-alta, a favore dei settori a più bassa tecnologia, nei quali altre aree del Paese hanno mantenuto, e in alcuni casi accresciuto, la propria elevata specializzazione.

Nello stesso periodo la struttura delle esportazioni è inoltre risultata poco adeguata rispetto alla dinamica del commercio mondiale di manufatti. La regione è andata relativamente despecializzandosi in quei settori che nel decennio precedente avevano fatto registrare i tassi di crescita più elevati, conservando nel contempo un vantaggio comparato in alcuni settori meno decisivi rispetto alla dinamica della domanda mondiale: la struttura delle esportazioni si è rivelata, in sostanza, inadeguata dal punto di vista del contenuto tecnologico dei prodotti offerti sul mercato mondiale. Sarebbe dunque andato delineandosi un circolo “vizioso” struttura-performance (negativa)-struttura che potrebbe spiegare i risultati economici negativi e/o peggiori rispetto ad aree del paese apparentemente meno dotate di fattori favorevoli allo sviluppo e alla competizione internazionale.

1.6 Metamorfosi e potenzialità

Sono seguiti tre anni di sostanziale stagnazione, nel corso dei quali l’economia piemontese ha fatto registrare tassi di crescita del PIL sistematicamente inferiori rispetto alla media nazionale, con difficoltà particolarmente accentuate per il settore manifatturiero, i cui livelli produttivi, dopo un periodo segnato da un rallentamento del tasso di crescita, hanno registrato un decremento a partire dal secondo trimestre del 2001: ciò che può giustificare le preoccupazioni inerenti al rischio di un declino strutturale.

Nonostante questi segnali, esistono fondati motivi per ritenere che la Regione possieda solide basi per affrontare la ripresa: se assumiamo il PIL per abitante - indicatore di prosperità di una regione - il Piemonte si colloca nel gruppo di testa fra le 182 regioni che compongono l’Europa dei Quindici, è all’undicesimo posto in quanto a incidenza dell’industria manifatturiera a tecnologia medio-alta ed è la sola Regione che esprima un potenziale di ricerca tecnologica paragonabile a quello delle altre regioni forti d’Europa.

In Piemonte è peraltro in atto un processo di riequilibrio tra il settore della trasformazione industriale e il terziario. Sotto questa luce, è possibile sostenere come sia andato affermandosi in Piemonte un terziario assai qualificato - i servizi alle imprese pesano più che la media nazionale e sfiorano il 30% dell’intero terziario piemontese - disegnando non già l’immagine della deindustrializzazione, ma di una organizzazione diversa, maggiormente esternalizzata del sistema produttivo. Si evince, nel contempo, l’iperpolarizzazione del terziario per l’impresa in corrispondenza della provincia di Torino e soprattutto della sua area metropolitana - dove si concentra il 65% circa delle imprese e una quota ancora superiore di occupazione - pur caratterizzato da una accentuata natimortalità e da una elevata polverizzazione - il 90% circa delle imprese è al di sotto dei 10 addetti - .

E’ inoltre da rilevare la straordinaria crescita, negli ultimi anni, registrata dall’aggregato servizi alla produzione, la quale sembra esprimere un processo strutturale di adeguamento del sistema, per lo meno di quello metropolitano, alle trasformazioni globali del capitalismo: nel periodo 1991-2001 il tasso di crescita è risultato doppio rispetto al ventennio 1981-2001. Si tratta di fenomeni spesso legati alla esternalizzazione di funzioni precedentemente svolte all’interno dell’impresa, volta all’adeguamento della catena del valore in modo più flessibile ed efficiente. Si registrano infine delle dinamiche particolari: quella sostenuta dei servizi gestionali, e subito dopo la ricerca e lo sviluppo nel campo dell’ingegneria e le attività ausiliarie dei trasporti, comparti strettamente legati alla base manifatturiera.

Negli anni più recenti, all’apporto del terziario si è sommato il favorevole contributo anticiclico delle costruzioni, nell’assicurare un’apprezzabile tenuta occupazionale, anche in una congiuntura non positiva.

Sotto il profilo occupazionale sono da evidenziare la progressiva crescita del livello di istruzione e del tasso di femminilizzazione della forza lavoro, nell’ambito di un aumento dei livelli di partecipazione, particolarmente elevati proprio fra le donne in età centrali.

Il processo di internazionalizzazione, inteso non solo come proiezione commerciale, ma sempre più come estensione globale delle catene produttive, con l’intensificazione degli investimenti all’estero, che aveva interessato in modo prevalente le grandi imprese, è risultato in misura crescente come una opportunità di sviluppo anche per le imprese minori, evincendo una considerevole pervasività nel tessuto economico regionale, e facendo emergere la rilevanza del consolidamento della collocazione del sistema economico regionale nelle reti di integrazione mondiale, con la partecipazione a questo processo di una più ampia base d’imprese.

Fattori positivi, in questa prospettiva, sono l’orientamento del sistema imprenditoriale verso soluzioni organizzative e societarie più sofisticate e il consolidamento della presenza, ormai non più secondaria, di un ampio ventaglio di imprese media e medio-grande dimensione.

Sono inoltre da evidenziare le iniziative di riorientamento strategico del sistema delle imprese piemontesi verso attività, funzioni e profili operativi a superiore produttività, segnati da processi di razionalizzazione dei settori tradizionali, dal riposizionamento su prodotti e servizi di qualità e sulle funzioni superiori di impresa, dalla sperimentazione di strategie di innovazione sul piano organizzativo, finanziario, logistico, del marketing e della sostenibilità ambientale, oltre che dallo sviluppo di nuove attività a maggior contenuto di conoscenza.

Se nei comparti “tradizionali” si rafforzano gli investimenti nelle fasce di prodotto e servizio di qualità superiore, si consolida nel contempo il contributo positivo all’espansione sui mercati internazionali da parte del settore dei sistemi per produrre, dell’alimentare e della chimica.

La filiera autoveicolistica, più direttamente coinvolta dalla crisi di Fiat Auto, sta conseguendo positivi risultati in termini di diversificazione internazionale dei suoi sbocchi commerciali, mentre il potenziale di ricerca e di competenze tecnologiche sedimentato in regione da una secolare storia imprenditoriale e sociale può costituire la base per un rilancio e un nuovo ruolo del comparto, fondato sulla mobilità sostenibile e sull’innovazione.

Si rafforzano la dotazione regionale di infrastrutture informatiche e di telecomunicazione e l’adozione dei servizi di information technology da parte delle aziende, a fronte di un corrispondente sistema di offerta in positiva razionalizzazione.

Si stanno progressivamente radicando alcuni progetti in settori a elevata intensità innovativa, quali l’aeronautica e l’avionica, le biotecnologie, le tecnologie energetiche e ambientali, i sistemi e le tecnologie di trasporto, i servizi multimediali e di informazione. Il settore dei servizi finanziari ha proseguito il processo di riorganizzazione produttiva e distributiva finalizzato ad ampliare la gamma dei servizi offerti a imprese e famiglie, sia all’interno dei grandi gruppi, sia nelle banche a dimensione locale. Nei servizi alla persona si sviluppano le filiere relative alla sanità, ai servizi socio assistenziali, all’istruzione e cultura, che rispondono a una domanda interna sempre più consistente e sofisticata.

La regolazione dei servizi pubblici locali (acqua, energia, ambiente, trasporti), definita non solo con l’obiettivo della accessibilità territoriale, ma anche come strumento di politica industriale, può condizionare la crescita delle società di servizio presenti sul territorio nonché, più in generale, l’intera offerta del settore, nella prospettiva di valorizzare la capacità di rispondere in modo efficiente e competitivo a una domanda potenzialmente estesa oltre i confini regionali.

Il settore agricolo, infine, pur legato ancora alle produzioni di tipo commodity, mostra interessanti fenomeni di valorizzazione dei prodotti tipici e di evoluzione nella sfera terziaria (economia del gusto, turismo, attività didattiche) soprattutto nei contesti territoriali più ricchi di risorse culturali e ambientali o in prossimità dell’area metropolitana. In prospettiva, anche grazie alla recente riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC), sembra possibile avviare un processo di parziale diversificazione produttiva e di valorizzazione della multifunzionalità.

1.7 Popolazione e forza lavoro

Le analisi demografiche e gli studi sull’occupazione segnalano per il Piemonte, come per altre regioni dei paesi occidentali, l’affermarsi di una modificazione strutturale nella composizione della popolazione, segnatamente una riduzione del peso relativo dei giovani e da un aumento del peso degli adulti d’età centrale e matura (dai 40 ai 60 anni).

E’ questo un fenomeno diverso, più rilevante in termini quantitativi, e forse più problematico in termini qualitativi, rispetto al contemporaneo aumento degli anziani. Si tratta infatti di un cambiamento nella composizione per età (e sesso) della popolazione in età attiva, da cui ci si attende un contributo crescente al sostegno dell’attività economica e al funzionamento della organizzazione sociale. Ne consegue che, riducendosi il numero dei giovani, sulle persone in età matura grava sempre più l’onere non solo di mantenersi attive più a lungo di prima, ma anche di promuovere i processi di cambiamento e di innovazione, compito tradizionalmente affidato al ricambio generazionale.

Sulla stessa popolazione adulta - sempre più spesso occupata in entrambi i generi - pesa anche l’onere di “prendersi cura” di un crescente numero di anziani, una parte dei quali sarà costituita da persone “molto” anziane. Il rischio di sovraccarico e di rottura, così come la necessità di innovazione nelle sfere organizzativa e sociale che rendono possibile valorizzare e cogliere le opportunità di miglioramento, si profilano dunque quali come componenti rilevanti dello scenario attuale e di prospettiva.

A questo riguardo, le simulazioni realizzate dall’Ires-Piemonte hanno posto in evidenza le seguenti questioni di fondo:

* un calo della popolazione in età lavorativa è inevitabile con qualunque dei livelli di immigrazione e fecondità ipotizzati;

* tale calo è dovuto a una ulteriore drastica diminuzione della componente più giovane (15-39 anni), non compensata dal pur consistente incremento di quella più matura (40-64 anni);

* la popolazione di origine straniera continuerà a crescere. In ragione tuttavia della sua modesta ampiezza, anche ritmi di crescita consistenti non potranno produrre un’entità adeguata a bilanciare la diminuzione della ben più numerosa popolazione autoctona in età di lavoro;

* nel lungo periodo è possibile prevedere un contenimento del calo e persino una ripresa della popolazione giovanile e di quella lavorativa, anche attraverso la modificazione dei comportamenti riproduttivi della popolazione di origine italiana, che opportuni adattamenti del sistema economico potrebbero favorire. Particolare rilevanza assumono in questo contesto i servizi a favore della conciliazione fra responsabilità familiari e responsabilità del lavoro e una politica volta a favorire la condivisione fra uomini e donne;

* anche nel breve periodo, però, le forze di lavoro piemontesi possono evitare una riduzione, se si attivano prontamente strumenti e condizioni affinché alcune importanti fasce della popolazione possano aumentare i loro tassi d’attività.

Nel prossimo decennio il contributo della popolazione di origine straniera alla popolazione in età lavorativa sarà comunque elevato. Tuttavia, per compensare la riduzione della popolazione in età lavorativa di origine italiana, sarebbe necessario un flusso migratorio medio annuo ben più intenso di quello registrato negli anni precedenti.

Ciò che emerge con chiarezza dalle simulazioni sulla popolazione in età di lavoro è che la classe di età 40-64 anni (gli ‘adulti’) viene a rappresentare fin da subito, e in tutti gli scenari, una componente strategica della popolazione, sia come risorsa per lo sviluppo economico, sia come risorsa per la cura e l’assistenza degli anziani.

La previsione di tempi lunghi affinché le azioni possibili in questi campi producano effetti visibili - oltre a non poter essere un freno a un’azione immediata - è peraltro incerta. Sull’entità delle forze di lavoro disponibili al sistema piemontese possono generarsi forti differenze già nei prossimi anni, proprio in funzione dei diversi comportamenti e azioni che gli attori rilevanti (individui, organizzazioni, istituzioni) sceglieranno di adottare.

Tutti gli scenari prevedono una notevole ridefinizione dei pesi fra le diverse componenti della popolazione attiva: anche nell’ipotesi per molti versi più “conservativa”, si avrà un netto contrasto fra persone con meno di 40 anni in drastico calo (una riduzione di quasi 150.000 individui) e soggetti d’età superiore ai 39 anni, che aumenteranno di 66.000. I più consistenti processi di sostituzione si verificheranno fra le classi dei 25-35enni, che registreranno da sole un calo di 116.000 unità, e le classi dei 40-49enni, che aumenteranno di 71.000.

In conclusione, un rilevante cambiamento nella composizione per età delle forze di lavoro sarà comunque inevitabile, e ad esso si dovrà far fronte in ogni scenario. Con variazioni dei tassi d’attività che si avvicinino alle medie europee, però, si possono aprire alla disponibilità del sistema economico piemontese riserve elevate di offerta di lavoro, collocate soprattutto fra i quarantenni (donne) e i cinquantenni (uomini e donne in parti molto simili).

1.8 Territorio e sviluppo

Anche in Piemonte, in forme specifiche e diverse dal passato, il territorio si configura oggi come una componente essenziale dell’organizzazione dell’economia, dalla quale non è possibile prescindere per avviare una strategia di riposizionamento competitivo e di rafforzamento dei processi di coesione.

Il problema va considerato alle diverse scale:

* collocazione della regione nello spazio economico europeo: da questo punto di vista il Piemonte è posizionato all’incrocio tra i due grandi assi dello sviluppo del continente, l’asse Rotterdam-Genova (aperto alle potenzialità dei nuovi mercati emergenti dell’Est asiatico) e l’asse trasversale Lisbona-Kiev, con il suo tratto centrale transpadano;

* organizzazione sistemica del territorio regionale e delle sue relazioni di prossimità nell’ambito della macroregione alpina. Dallo schema spaziale centro-periferia che caratterizzava il Piemonte fino a due decenni fa, il territorio regionale è evoluto verso una geografia spiccatamente policentrica, al punto che tra i suoi diversi sistemi locali quello torinese occupa solo il terzo posto per prodotto lordo pro-capite, dopo quelli di Alba e Alessandria, mentre altre funzioni-chiave, come l’esportazione e l’internazionalizzazione produttiva, si sono ampiamente “ridistribuite” verso le province non metropolitane.

L’analisi sulle interazioni casa-lavoro e casa-servizi mostra che molte aree di confine - specie nel Piemonte orientale - gravitano sul polo milanese o su altri centri urbani di regioni contigue, con una oggettiva tendenza (che in quanto basata su interessi reali non va contrastata, ma governata) a realizzare reti interregionali di alleanza e a perseguire specifici progetti infrastrutturali non sempre coincidenti con l’ottica prevalente nella parte centrale del Piemonte;

* nuove dimensioni dello sviluppo locale, tra dinamismo endogeno e nuove forme di progettualità condivisa. Dopo il “compimento” di una struttura produttiva tradizionalmente distrettuale (data dalla condivisione naturale di generiche risorse d’area, unitamente all’accumulo per sedimentazione di caratteri identitari entro sistemi territoriali protetti da un relativo isolamento), nuove e più promettenti potenzialità vengono generate dalle moderne economie di rete.

Si affermano sistemi specializzati, cioè catene di produzione del valore attivamente organizzate da precisi raggruppamenti di imprese su base non solamente locale, eppure spesso innervate in sistemi territoriali ben riconoscibili e spesso derivanti dalla stessa storia distrettuale.

Vengono inoltre riscoperti - dopo decenni di trascuratezza - la qualità estetica, lo spessore storico-culturale e il patrimonio ambientale dei luoghi, e insieme la possibilità di utilizzare questi caratteri ambientali e territoriali quali fattori dello sviluppo economico. A ciò si aggiunge l’opportunità di stimolare forme di valorizzazione economica come strumento per una politica di mantenimento e rivitalizzazione dei valori territoriali. Sotto questo profilo, la conservazione di un sistema agro-silvo-pastorale vitale può essere significativa anche per garantire la qualità estetico-paesaggistica .

* Tra i diversi aggregati territoriali destinati ad aprirsi con maggiore incisività al nuovo scenario competitivo, acquistano un ruolo di rilievo le città, anzi i sistemi di città - da quello metropolitano al reticolo dei centri urbani di media dimensione. Il loro apporto determinante si lega, da un lato, alla presenza di “porte” infrastrutturali per l’interscambio internazionale, dall’altro lato alle loro potenzialità in direzione di un accesso rapido ai nuovi sentieri dell’economia della conoscenza: in questo orizzonte, anche il ruolo di Torino come capitale regionale potrebbe venire rinnovato, se lo si sa configurare come servizio per la promozione e il coordinamento dell’intero territorio.

Lo schema relazionale non può più essere, tuttavia, quello della concentrazione esclusiva delle eccellenze funzionali o di quelle immateriali (cultura, ricerca, formazione superiore), ma occorre generare un sistema complesso di interazioni e di coordinamento. La stessa area metropolitana - pur conservando un addensamento forse eccessivo delle funzioni chiave in alcuni punti del capoluogo - vede ormai una pluralità di fuochi dislocati su vari segmenti della corona, e l’insieme di interventi prodotti dall’attuazione del Piano Regolatore Comunale (PRG), intervenendo prevalentemente sui vuoti urbani ereditati dalle crisi industriali, potrebbero ridisegnare in senso post-manifatturiero proprio quell’asse Nord-Sud che collegava le antiche barriere operaie, e che ancor oggi segnala i problemi sociali ed economici più inquietanti. Questo ridisegno dovrà peraltro risultare compatibile con la “qualità della città”, senza gravare sulle aree esterne, oggi agricole, con un indebito trasferimento delle attività meno remunerative in termini immobiliari.

Il policentrismo è una tendenza oggettiva, complessivamente di segno positivo, che ha però bisogno di essere sostenuta attraverso pratiche cooperative sociali e istituzionali. Le condizioni per una evoluzione favorevole non mancano, neanche nell’armatura urbana del Piemonte, dove molte città hanno riacquistato spazi di iniziativa, elaborato piani strategici urbani o guidato patti d’area, misurandosi con le pratiche di marketing territoriale, tentando di dialogare con il proprio hinterland al di là di qualsivoglia logica “municipalistica”. Non si tratta di pensare a una politica di sviluppo ritagliata all’interno dei confini comunali (talvolta una tentazione di questo tipo continua ad affacciarsi); occorre invece riconoscere che in un disegno territoriale policentrico le polarità urbane hanno crescenti responsabilità progettuali, non riducibili al consueto profilo amministrativo proprio del tradizionale ente locale, e per questo richiedono un coordinamento dinamico da parte dei diversi livelli istituzionali.

1.9 La questione sostenibilità

Negli anni recenti l’Unione europea ha assunto la problematica ambientale come obiettivo prioritario delle sue politiche e dei suoi interventi. Il trattato di Amsterdam del 1997 pone ormai il principio dello sviluppo sostenibile fra gli obiettivi maggiormente importanti dell’Unione, elevando l’ambiente a rango delle politiche comuni.

L’impegno per la rete Natura 2000 è stato un primo intervento concreto di salvaguardia e conservazione ambientale alla scala transnazionale, ma altri impegni sono stati presi relativamente alla mobilità locale e ai trasporti sostenibili, alla gestione efficiente, al risparmio di energia e all’incremento delle fonti rinnovabili, all’ottimizzazione del consumo delle risorse idriche e all’agricoltura sostenibile.

Molto è stato fatto anche a livello regionale e locale ed esistono le premesse per politiche convergenti tra i diversi livelli di governo: l’adesione ad Agenda 21, i piani di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (RSU), i piani di riqualificazione e risanamento di aree industriali, la costruzione di una rete vasta di aree protette, la riduzione degli inquinanti industriali, l’OGM free, la sostenibilità dell’agricoltura ecc.

Le analisi più recenti evidenziano come la regione Piemonte presenti buone performance ambientali rispetto alle altre regioni dello Spazio alpino ed esprima rilevanti fenomeni di “territorialità attiva” - che ne fanno per questo una delle regioni del nord con maggiori risorse naturalistiche. Essa risulta nel contempo alquanto deficitaria sul fronte dei trasporti sostenibili.

Nondimeno si richiedono interventi profondi e diversi. Occorre, in particolare:

* favorire la ricerca di beni e tecnologie durevoli e riciclabili, oltre che l’ecoefficienza dei processi di produzione, distribuzione e smaltimento;

* sviluppare la ricerca di tecnologie a basso consumo energetico e ridotto impatto ambientale;

* incrementare il risparmio energetico e l’uso di energie da fonti rinnovabili;

* estendere i processi di rinaturalizzazione e conservazione attiva dell’ambiente;

* promuovere la biodiversità,

* estendere gli interventi di prevenzione dei rischi ambientali e idrogeologici;

* favorire ed estendere le procedure di controllo e di valutazione ambientale;

* adottare, a tutti i livelli istituzionali, adeguati sistemi di contabilità ambientale,

* sviluppare pratiche di partnership e individuare le fondamentali reti ecologiche locali e internazionali.

La sostenibilità tuttavia non può essere intesa come esclusivamente legata a un contesto ambientale. L’aspetto culturale (o, se si vuole, sociale) della sostenibilità emerge sotto almeno due profili:

a) quello delle regole di cittadinanza necessarie per mettere in pratica modelli sostenibili di uso del territorio e delle risorse naturali;

b) quello della sostenibilità nel tempo del valore culturale e ambientale dei territori stessi.

Sotto il primo profilo, deve essere considerata la rivitalizzazione delle aree rurali, rappresentate in Piemonte soprattutto dai territori montani e di collina, definiti come terre alte. A questa si aggiunge l’esigenza di un’organizzazione più sostenibile dello sviluppo delle aree periurbane, accompagnata a un utilizzo delle risorse naturali che non ne pregiudichi le capacità di rigenerazione e ripristino.

Sotto il secondo aspetto, quello della conservazione dei valori culturali dei territori, occorre evitare il rischio che l’attrattiva esercitata dal mercato turistico, ancorché modesta nella sua dimensione quantitativa, spinga alla banalizzazione delle specificità locali e alla promozione dei luoghi secondo la logica standardizzata delle pratiche di marketing territoriale, “clonando” modelli risultati vincenti altrove e trasformando in cliché gli elementi di carattere.

L’impatto dei trasporti e della mobilità appare comunque come uno dei nodi più significativi, sia in termini di consumi energetici e di relative emissioni inquinanti, sia sotto il profilo del consumo di spazio, in particolare nelle aree urbane.

1.10. L’evoluzione dei processi di governance

Uno dei principali obiettivi della politica regionale comunitaria e nazionale è costituito dal rafforzamento delle capacità amministrative dei diversi livelli di governo, attraverso adeguate innovazioni di tipo organizzativo e procedurale. Si tratta di un obiettivo finalizzato a rendere sempre più efficaci e sostenibili nel tempo le politiche pubbliche orientate allo sviluppo regionale. Vanno in questa direzione le azioni di sistema e gli interventi di assistenza tecnica avviati con i Programmi Comunitari 2000-2006 e il Fondo per le Aree Sottoutilizzate (FAS), attraverso il Programma di diffusione delle conoscenze del Dipartimento delle politiche di Sviluppo e Coesione (DPS) del Ministero dell’Economia e Finanze.

Tutte queste misure, in realtà, sono una risposta alle sfide poste dall’evoluzione del sistema di relazioni intergovernative e dalla profonda trasformazione qualitativa delle funzioni amministrative svolte dai diversi soggetti pubblici. In particolare, si è assistito a una crescente “autonomizzazione” delle varie componenti del settore pubblico avvenuta a seguito del processo di decentralizzazione che ha coinvolto soprattutto i livelli intermedi di governo.

Tutte le politiche di sviluppo coinvolgono in misura minore o maggiore quattro livelli di governo (per non parlare dell’ampio ventaglio di soggetti esterni e a questi collegati):

- il livello europeo, che stabilisce gli obiettivi generali delle politiche e le regole sulle quali questi si devono basare;

- il governo centrale, che adatta gli obiettivi al contesto nazionale;

- le Regioni con un ruolo crescente, anche se variabile a seconda dei settori, per la specificazione territoriale degli obiettivi;

- gli enti locali, che svolgono ruoli a volte cruciali, a volte meno rilevanti.

L’interdipendenza delle scelte politiche perseguite dai diversi soggetti ha così reso necessarie nuove forme di “governance multilivello” che scontano però i ritardi e le incertezze nell’applicazione della riforma del titolo V della Costituzione.

Conseguentemente, l’evoluzione delle politiche strutturali dell’Unione europea in Piemonte si è accompagnata a una graduale trasformazione del tradizionale sistema amministrativo - basato in prevalenza sulla gerarchia e il controllo - in un nuovo sistema fondato su accordi e azioni di promozione e di stimolo, ovvero su relazioni di tipo contrattuale fra le amministrazioni pubbliche e fra queste e il settore privato di mercato e non profit.

Anche le politiche di programmazione negoziata, sostenute dal governo centrale a partire dal 1996, sono state ispirate ai principi della cooperazione interistituzionale (tra soggetti pubblici) e a quelli della negoziazione/concertazione fra istituzioni pubbliche e soggetti privati.

In Piemonte, l’Intesa istituzionale di programma siglata nel Marzo del 2000 aveva dato origine, alla fine del 2004, a ben dodici Accordi di Programma Quadro (APQ), mentre alla stessa data erano entrati in vigore ben 17 patti territoriali (il numero più elevato tra le regioni italiane). La politica regionale nei confronti degli enti locali ha risposto agli stessi principi, rafforzati dal nuovo Statuto regionale con la istituzione del Consiglio delle autonomie locali e di quella del Consiglio regionale dell’economia e del lavoro, che potranno costituire in futuro le sedi istituzionali di implementazione del sistema di partenariato tra enti pubblici e soggetti privati.

La pratica della “governance multilivello” ha poi reso necessaria la messa in opera di meccanismi di monitoraggio e di valutazione delle varie politiche - a partire da quelli previsti per i fondi strutturali (rapporti intermedi) - che hanno svolto un rilevante ruolo di responsabilizzazione delle amministrazioni pubbliche interessate. La strumentazione messa in opera, peraltro in continua evoluzione e perfezionamento, ha iniziato a essere “interiorizzata”, anche in termini culturali, da parte della struttura amministrativa regionale attraverso l’azione di stimolo del Nucleo regionale di valutazione e verifica degli investimenti pubblici.

1.11 La Cooperazione Territoriale Europea

La Cooperazione fra gli Stati che costituiscono l’Unione europea è un fondamento del Trattato di Roma che nel tempo si è articolato in obiettivi e strumenti d’iniziativa concreti. Tra questi l’iniziativa comunitaria Interreg, lanciata nel 1989 e giunta, nel periodo di programmazione 2000-2006, alla terza edizione, riveste un ruolo d’importanza centrale, in quanto mira a ridurre l’effetto confine tra i paesi dell’Unione, rafforzando la coesione economica e sociale e promuovendo lo sviluppo equilibrato e armonioso dei territori attraverso il dialogo e la cooperazione tra le diverse istituzioni e realtà territoriali, culturali e socio-economiche che la compongono.

Il Programma di iniziativa comunitaria Interreg si articola, com’è noto, in tre tipologie. La prima è dedicata alla cooperazione transfrontaliera (Interreg III A) e vuole stimolare lo sviluppo di poli economici e sociali nelle aree di frontiera.

Il Piemonte rientra in questo tipo di cooperazione sia con la Francia sia con la Svizzera. Gli assi prioritari di intervento sono finalizzati a:

- promuovere lo sviluppo economico e la competitività delle aree di frontiera;

- rafforzare l’identità transfrontaliera con azioni di cooperazione per la gestione del territorio e la salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale;

- sviluppare un’autentica cooperazione sociale e istituzionale.

Per il Programma Italia-Francia (Alcotra), l’Autorità unica di gestione e finanziamento è stata attribuita alla Regione Piemonte, mentre per il Programma Italia-Svizzera questo ruolo è svolto dalla Lombardia.

La seconda tipologia è dedicata alla cooperazione transnazionale (Interreg III B) su macro raggruppamenti di regioni appartenenti a più paesi membri, predefiniti dalla Commissione europea.

Il Piemonte è coinvolto nei Programmi Spazio Alpino (Italia, Francia, Austria, Germania, Slovenia e Svizzera) e Medocc (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Malta e Paesi del Maghreb). Gli assi prioritari d’intervento di questi programmi sono i seguenti:

- elaborazione di strategie di sviluppo territoriale e socio-economico, al fine di promuovere uno sviluppo policentrico sostenibile;

- promozione di sistemi di trasporto efficienti e sostenibili e miglioramento dell’accesso alla società dell’informazione;

- tutela e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale;

- gestione delle risorse idriche e prevenzione dei rischi naturali.

Nel caso del Programma Spazio Alpino, la responsabilità della gestione è affidata all’Austria (Land Salzburg), mentre il Programma Medocc è gestito dall’Italia (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).

La terza tipologia (Interreg III C) supera il concetto di cooperazione all’interno di aree predefinite e consente di cooperare con istituzioni di tutto il territorio europeo che, a fini puramente amministrativi, è stato suddiviso in quattro aree, ognuna con una propria Autorità di Gestione. Il Piemonte è inserito nell’ambito convenzionale Interreg III C Sud, che raggruppa le Regioni dell’Europa sud-occidentale. L’obiettivo è migliorare l’efficacia delle politiche e degli strumenti di sviluppo regionale, diffondendo e condividendo pratiche ed esperienze maturate nell’ambito di altri programmi comunitari. Oltre a finanziare la costituzione di reti tematiche, Interreg III C ha introdotto una modalità innovativa di cooperazione: si tratta dell’Operazione Quadro Regionale, che consente a Regioni di diversi Paesi di sperimentare una programmazione congiunta e condivisa, finanziando azioni di cooperazione dei propri soggetti locali.

Sul piano finanziario, la cooperazione transfrontaliera ha beneficiato del 67% delle risorse comunitarie stanziate per l’iniziativa Interreg, alla cooperazione transnazionale è stato assegnato il 27%, mentre quella interregionale ha ricevuto soltanto il 6% dello stanziamento complessivo.

1.12 Le quattro sfide

Nei prossimi anni il Piemonte dovrà affrontare un processo di transizione in cui verificare la sua capacita di risposta innovativa a quattro" macro-sfide" che interessano l’intero Paese:

* la crescente pressione competitiva internazionale e lo squilibrio tra domanda e offerta di materie prime e risorse energetiche. Ciò impone la definizione di un nuovo modello di specializzazione centrato sulla “conoscenza”, sulla qualità e sulla sostenibilità;

* la transizione demografica, con la gestione in positivo del calo demografico e dei processi di ageing e di invecchiamento della popolazione, prefigurando un nuovo equilibrio economico e sociale coerente con la nuova struttura demografica;

* la ridefinizione della posizione geografica del Piemonte, valorizzando i collegamenti con i grandi assi di comunicazione, con l’obiettivo di definire uno sviluppo policentrico e coeso del territorio padano, una delle nuove aree di integrazione mondiale capace di competere a livello globale;

* il decentramento politico e istituzionale, unendo un decentramento istituzionale ordinato alla crescita di professionalità nella programmazione snella dei servizi e nella progettualità spontanea dei territori.

1.13 Punti di forza e di debolezza (SWOT)

La verifica delle capacità del Piemonte di misurarsi con le quattro macro-sfide deve partire da una analisi dei punti di forza e di debolezza propri della Regione, da confrontare con le minacce e le opportunità provenienti dallo scenario globale.

PUNTI DI FORZA

PUNTI DI DEBOLEZZA

Livello del reddito per abitante

Propensione ai consumi culturali e di servizi alla persona

Crescita degli occupati, uomini e donne

Prospettive di qualificazione delle risorse umane

Potenziale di ricerca, innovazione e servizi alle imprese

Buon livello di apertura internazionale dell’economia

Attivazione di processi di sviluppo locale

Patrimonio locale ricco e diversificato

Buona dotazione di risorse naturali

Riavvio dei processi di infrastrutturazione

Nuove esperienze di governance partecipata

Consolidati rapporti di cooperazione nelle zone transfrontaliere

Dinamica recente del reddito per abitante

Debole dinamica della produttività

Risorse umane endogene in progressiva contrazione

Inadeguati livelli di scolarizzazione e di apprendimento scolastico

Crisi di alcuni pilastri del sistema produttiva regionale

Carenza di presenza antropica a presidio di vaste aree del territorio

Lentezza nella realizzazione delle infrastrutture strategiche

Frammentazione amministrativa

LE OPPORTUNITA’

LE MINACCE

Collocazione territoriale in area ad elevato reddito

Integrazione in reti europee

Potenzialità dei mercati di prodotti di elevata qualità e contenuto di conoscenza

Potenzialità dei mercati emergenti per beni di investimento

Valorizzazione come piattaforma logistica per gli scambi con le economie in rapido sviluppo

Prospettive di investimenti esteri per presidiare nuovi mercati e per produrre a costi inferiori

Marginalizzazione rispetto alle economie più avanzate

Rischio di colonizzazione

Concorrenza dei paesi emergenti dai prodotti ad elevata intensità di lavoro a quelli a maggior contenuto tecnologico

Tensioni inflazionistiche sulle risorse energetiche

Marginalizzazione rispetto all’asse Est-Ovest dello sviluppo europeo

Ritardi nella realizzazione delle grandi infrastrutture strategiche

Scarsa efficienza della nuova architettura dei poteri territoriali


1.14 Tre scenari possibili

Un modo efficace per riflettere sulle sfide che si profilano all’orizzonte è quello di costruire scenari: ciò consente di prendere in considerazione i nodi strategici e le loro implicazioni, per confrontarli con gli attori reali del contesto regionale e con le risposte che essi già stanno esprimendo, o potrebbero esprimere, in una prospettiva auspicabile.

In base a questo approccio si possono delineare tre scenari di medio-lungo termine:

* la deriva inerziale, nel caso in cui prevalesse un orientamento di pura e semplice difesa degli equilibri del passato, basata sul mantenimento delle specializzazioni tradizionali e su strategie difensive fondate su innovazioni cost-saving. Il rischio è quello di rendere il sistema produttivo regionale maggiormente vulnerabile di fronte all’upgrading dell’offerta dei Paesi in via di Sviluppo (Pvs). In questo contesto, anche il settore dei servizi manterrebbe una tendenza espansiva debole e con scarse iniezioni di qualità, come riflesso delle crisi manifatturiere e dei conseguenti effetti negativi sul reddito delle famiglie e sul clima socioculturale;

* il riposizionamento internazionale delle competenze, fondato sulla proiezione e sul rafforzamento delle dinamiche maggiormente virtuose: l’innovazione, la diversificazione produttiva, la fertilizzazione incrociata fra industria e servizi, la quale porta ad arricchire di valore aggiunto immateriale i beni prodotti. Esso è inoltre incentrato su imprese di dimensione tale da poter gestire processi innovativi complessi e multidimensionali, nonché di coordinare i cicli produttivi piuttosto che puntare sulla sola produzione manifatturiera;

* le maturità creative. Considerate le sfide poste dall’invecchiamento demografico alla società piemontese, per promuovere la valorizzazione piena delle risorse umane e un modello sociale attento alle esigenze vitali di uomini e donne e delle famiglie, si accelera la transizione verso un’economia basata sui servizi alla persona, sulla cultura, sul turismo e il tempo libero. Il baricentro dello sviluppo si sposta conseguentemente dai mercati internazionali alla domanda interna, rivolta altresì verso beni materiali che incorporano in misura elevata valori immateriali come gusto, esperienze, personalizzazione, assistenza post-vendita, mentre le società locali si indirizzano verso forme organizzative più integrate e coese.

Tutti e tre gli scenari rientrano, anche se con probabilità diverse, nei “futuri possibili” per la nostra Regione. Determinante sarà il funzionamento di quelli che possono essere indicati come i due “motori” dello sviluppo:

* il sistema delle imprese e le filiere della conoscenza;

* una società matura, creativa e sostenibile.

Non si tratta di due forze vicendevolmente esclusive. Al contrario, solo l’operare congiunto e sinergico dei due propulsori potrà generare uno sviluppo “equilibrato e sostenibile” dal punto di vista socio-demografico, economico e ambientale, orientato lungo gli assi della innovazione, della creatività e della sostenibilità.

1.15 Verso un nuovo modello di sviluppo

Gli scenari illustrati operano nel contempo all’interno di alcuni vincoli cui si troverebbe di fronte il modello di crescita tradizionale, e fondamentalmente “estensivo”, che ha segnato le regioni del Nord-ovest per gran parte del Novecento:

* in primo luogo si tratta di un territorio che nel suo complesso condivide e accentua la tendenza europea alla debole crescita demografica, con la conseguente limitazione dell’offerta di lavoro, che risulterebbe insufficiente ad alimentare la domanda di un’economia in forte espansione quantitativa;

* è inoltre un’area che presenta evidenti limiti infrastrutturali, sebbene nel medio periodo questi saranno verosimilmente colmati con gli investimenti programmati o in via di realizzazione, ciò che consentirà un miglior inserimento nelle reti di scambi a livello europeo e internazionale;

* si tratta infine di una regione caratterizzata dalla progressiva saturazione degli spazi fisici disponibili, in una fase storica in cui la nuova frontiera delle produzioni materiali si sposta progressivamente verso i paesi emergenti.

In questa prospettiva, è dunque auspicabile il perseguimento di un modello di sviluppo qualitativo basato su incrementi di produttività, piuttosto che una crescita quantitativa fondata sulla semplice “estensione” della base produttiva materiale: accanto alla creazione di migliori condizioni di efficienza statica, ovvero di valorizzazione con recuperi di produttività delle risorse date, è auspicabile il parallelo conseguimento di superiori livelli di efficienza dinamica, ovvero la capacità di riconfigurare le dotazioni fattoriali del sistema economico, onde accrescerne la competitività e il potenziale di sviluppo.

1.16 Il sistema produttivo: i percorsi della produttività

Di fronte a un quadro così articolato si possono prospettare, per il futuro, almeno tre possibili processi evolutivi:

* la tradizione industriale, ovvero la “conferma” dei settori che hanno rappresentato storicamente gli assi portanti dello sviluppo economico del Piemonte, ciò che prevede il mantenimento di una solida base manifatturiera fondata sulla razionalizzazione dei processi produttivi e sulla flessibilità nell’uso dei fattori. Si tratta di un’ipotesi più realisticamente declinabile in termini di rafforzamento regionale delle relative funzioni terziarie e di elevato livello tecnologico. Il fatto che attualmente alcuni segnali positivi provengano dall’andamento dei servizi e da quello della bilancia tecnologica dei pagamenti, suggerirebbe la validità di questa ipotesi.

* La transizione neo-industriale prevede invece l’affermazione di attività finalizzate a produzioni di qualità (come nell’agro-alimentare), di specializzazione tecnologica (come la meccanica strumentale, che già oggi costituisce la voce più importante delle esportazioni regionali) e ad alto contenuto di conoscenza, come le tecnologie informatiche e di comunicazione (ICT), le biotecnologie, i materiali avanzati, le tecnologie energetiche e ambientali, l’avionica e l’aerospaziale. Si tratta, nel complesso, di settori capaci di inserirsi in modo sempre più strutturato nei mercati mondiali, grazie a più incisive politiche di internazionalizzazione commerciale e produttiva, a strategie di qualificazione e innovazione tecnologica e allo sviluppo di attività di servizio a queste funzionali.

* Infine, l’orizzonte post-industriale fondato sulla capacità di un ampio ventaglio di attività terziarie finora complementari alla produzione industriale o alle esigenze delle famiglie, di diventare meno dipendenti dal mercato locale e di intercettare un bacino di domanda interregionale e/o nazionale.

In questo quadro merita particolare attenzione lo sviluppo dei servizi innovativi per le imprese, i cui legami sempre più stretti con le attività manifatturiere - dalle quali ha peraltro origine una parte importante, tramite gemmazioni maturate da spin-off e da politiche di outsourcing -, stanno dando vita a un nuovo aggregato, un macrosettore ancora in fase embrionale, ma destinato a rivoluzionare i tradizionali schemi di analisi e i connessi modelli di specializzazione. Come si è visto, esso esprime la trasformazione più importante che il sistema economico regionale ha vissuto negli ultimi anni.

Una significativa attenzione va inoltre dedicata allo sviluppo delle filiere della sanità, dei servizi socio assistenziali, dell’istruzione, dei servizi culturali, dell’informazione e della multimedialità, oltre che dei servizi pubblici locali, che esprimono segni di vitalità e sottendono future favorevoli prospettive, anche sulla base delle esperienze di aree ad analogo livello di sviluppo.

E’ ragionevole prevedere che nei fatti nessuna delle ipotesi prospettate potrà realizzarsi in forma “pura”, mentre appare maggiormente realistico prefigurare un processo evolutivo non più trainato da pochi settori dominanti, ma caratterizzato al contrario da una articolazione di attività, territorialmente radicate.

Assumendo il progressivo spostamento del baricentro della struttura economica verso il terziario, e della conseguente transizione da un’economia industriale aperta a un’economia cognitiva internazionalmente integrata, la terziarizzazione non rappresenterà, di per sé, un modello di sviluppo alternativo rispetto alla tradizione manifatturiera, ma piuttosto una sua evoluzione e qualificazione.

Un modello di terziarizzazione basato su una domanda di servizi alla persona non soltanto locale, potrà essere a pieno titolo “uno” dei cardini dello sviluppo della regione. Nel contempo, il sistema dei servizi per le imprese - di cui è peraltro necessario sviluppare i punti di forza anche per costituire una nuova base di esportazione del sistema economico regionale - rimarrà legato alla domanda del sistema produttivo locale, per accompagnare la metamorfosi delle tradizionali specializzazioni. Non si tratta dunque di contrapporre industria e terziario, ma individuare quali attività industriali e quali attività terziarie disporranno del vantaggio competitivo capace di assicurarne il successo di mercato.

2. GLI ASSI STRATEGICI DELLO SVILUPPO REGIONALE

C’è ormai diffuso consenso nei confronti degli assi strategici di intervento, fra loro strettamente connessi.

2.1 L’innovazione

E’ importante sottolineare come questa non possa essere circoscritta a nuovi prodotti e a nuove tecnologie produttive, ma debba essere assunta e gestita come un processo multidimensionale (comprendente, per esempio, l’organizzazione del lavoro, i modelli di marketing, distributivi e commerciali, la ricerca di nuovi mercati, le soluzioni logistiche, la gestione finanziaria, l’adozione di nuove tecniche manageriali): non solo dunque il risultato della ricerca scientifica e tecnologica, ma la sintesi di un ampio ventaglio di conoscenze organizzative, sociali ed economiche. In particolare, le tecnologie finalizzate alla tutela ambientale possono costituire un elemento caratterizzante l’intero processo e contribuire in misura significativa all’incremento di competitività. A loro volta, i sistemi e i modelli gestionali, distributivi e commerciali sostenibili sono parte integrante del processo innovativo. Accanto alla valorizzazione delle eccellenze, si dovrà contribuire ad accrescere il livello tecnologico di tutto il sistema produttivo, sviluppando e intensificando la collaborazione fra imprese e fra queste e il sistema della ricerca, sia pubblica, sia privata.

2.2 L’internazionalizzazione

In seguito alle recenti innovazioni, soprattutto nel campo delle tecnologie della comunicazione, l’internazionalizzazione di mercato è diventata sempre più un fenomeno “pervasivo”, che al tradizionale scambio fisico di merci vede affiancarsi un crescente interscambio di servizi. In realtà il processo di internazionalizzazione possiede altre componenti, date dagli investimenti diretti esteri sia in entrata che in uscita, ovvero una componente che integra necessariamente lo scenario di riferimento, basti pensare al legame che può esistere tra l’apertura di uno stabilimento all’estero e la conseguente diminuzione o aumento delle esportazioni.

La capacità di internazionalizzazione diretta da parte delle imprese include due dimensioni, entrambe ugualmente importanti: da un lato, gli investimenti diretti verso i paesi sviluppati, dove sono qualificanti le produzioni a tecnologia medio-alta e il contenuto di servizi; dall’altro lato, i processi di delocalizzazione di parte delle attività della filiera verso i paesi a più basso costo del lavoro - che può rappresentare una condizione per conservare in patria adeguati livelli di competitività - che si esprime nel riposizionamento dei sistemi produttivi territoriali verso le funzioni di servizio (indagini di mercato, marketing, promozione, gestione delle reti produttive internazionali, organizzazione aziendale e finanziaria, ricerca e innovazione, design, formazione). Soltanto nella prospettiva della internazionalizzazione diretta si potranno infatti consolidare strutture imprenditoriali capaci di sostenere attività terziarie di servizio alle imprese dotate di sufficiente massa critica.

Un profilo particolare, ma non secondario, dell’internazionalizzazione è dato inoltre dalle politiche di cooperazione internazionale allo sviluppo e dal rafforzamento delle relazioni istituzionali, scientifiche e culturali.

2.3 La crescita dimensionale delle imprese

Nel nuovo scenario competitivo le imprese rischiano di perdere il passo se non raggiungono dimensioni tali da consentire economie di scala adeguate, quale condizione per realizzare investimenti non alla portata di singole piccole imprese. Si tratta di una condizione decisiva per il futuro dei sistemi produttivi regionali, cui deve necessariamente aggiungersi:

- la nascita di nuovi attori, allo scopo di creare la necessaria massa critica nella ricerca e nell’innovazione;

- il potenziamento della “diplomazia” commerciale dell’impresa. Le logiche di coalizione sono infatti sempre più decisive per offrire sui mercati esteri gamme complete e complementari di prodotti;

- l’acquisizione di capacità finanziarie e organizzative per operare con continuità sui mercati mondiali;

- l’attivazione di interventi di sostegno alla capitalizzazione delle imprese, come i prestiti partecipativi legati a piani di incremento patrimoniale, o gli strumenti finanziari (come i fondi chiusi, per esempio), capaci di convogliare il risparmio verso imprese non quotate ad alto potenziale di sviluppo.

In questa prospettiva dovrà essere definito il riposizionamento strategico degli strumenti disponibili, definendo un’azione combinata e sinergica fra gli enti strumentali della Regione e la rete delle strutture associative.

Una strategia di crescita dimensionale deve tuttavia tenere conto, oltre che degli elementi tradizionali - come l’impianto produttivo, per il perseguimento delle economie di scala tecnologiche, e l’impresa, per i fattori visti sopra - anche di nuove configurazioni. Fra queste spiccano:

- il gruppo, ovvero una forma organizzativa che affronta il problema dimensionale in una logica di rete di imprese fra loro relazionate dal punto di vista finanziario;

- la filiera, quale espressione della capacità di crescita delle relazioni tecnologiche, economiche e sociali che intercorrono tra imprese appartenenti al medesimo sistema produttivo;

- il cluster, che interpreta l’evoluzione dei tradizionali sistemi industriali verso nuove relazioni caratterizzate da cooperazione e collaborazione tra i soggetti che lo compongono (fra cui gli enti locali, le autonomie funzionali, le rappresentanze imprenditoriali e sindacali).

Particolare attenzione dovrà comunque essere rivolta ai processi di qualificazione e di innovazione del tessuto delle imprese minori.

2.4 La qualificazione della popolazione e del lavoro

Per un’economia e una società basate sulla conoscenza, una condizioni decisiva è data dal fatto che la popolazione e la forza lavoro siano in grado di produrre e sostenere una qualificazione crescente delle occupazioni. Questo processo non può essere inteso unicamente nei termini di aumento della quota delle figure occupazionali maggiormente qualificate, ma implica mutamenti nella qualificazione richiesta per svolgere tutte le occupazioni un ventaglio assai ampio di mansioni. Studi ed esperienze internazionali indicano inequivocabilmente quali sono i livelli e le tipologie di abilità cognitive essenziali per tutti i cittadini, allo scopo di renderli partecipi del nuovo contesto sociale ed economico.

I dati disponibili sui livelli di scolarizzazione e di capabilities della popolazione e della forza lavoro piemontesi suggeriscono che:

a) i miglioramenti realizzati negli ultimi anni sono stati rilevanti, con l’effetto di modificare profondamente la composizione degli attivi rispetto agli anni dello sviluppo manifatturiero “estensivo”, mentre ancor superiore è stata la diffusione di propensioni e aspettative di cambiamento intergenerazionale;

b) i mutamenti realizzati non sono stati tuttavia sufficienti a colmare il divario rispetto ad altre regioni europee sviluppate, sia nei livelli di scolarizzazione formale, sia nelle capabilities rilevate alla fine dei percorsi di istruzione di base.

Se è indubbio che una crescente qualificazione del lavoro è decisiva per l’economia (oltre che desiderata dalla popolazione), è tuttavia ancora necessario, per rendere tali prospettive/aspirazioni un obiettivo realisticamente perseguibile a livello di massa, un forte impegno sia nella qualificazione della formazione iniziale, sia nella diffusione dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

Se uno scenario connotato dall’ageing (o invecchiamento relativo) della forza lavoro appare inevitabile per il Piemonte, questo fenomeno rischia peraltro di assumere caratteri passivi e inerziali, con l’esito di una riduzione dell’offerta di lavoro disponibile, oltre che un suo inevitabile “invecchiamento”. Nondimeno, l’ageing può essere accompagnato in maniera pro-attiva e con cambiamenti deliberati nella composizione delle attività lavorative e nelle condizioni d’impiego offerte a una popolazione in mutamento, con l’effetto di incentivare e valorizzare ogni disponibilità al lavoro, dilatando in misura rilevante l’ampiezza delle risorse attive.

Dalle riflessioni svolte è possibile ricavare alcune indicazioni politiche. Più in particolare, le “politiche” più adeguate in questo campo non dovrebbero consistere in provvedimenti prescrittivi nei confronti dei comportamenti delle persone, ma principalmente strumenti capaci di far emergere, liberare, rendere disponibili e valorizzare opportunità latenti o alternative, rispetto alle quali i soggetti potranno operare la propria scelta. Si tratta dunque di politiche non già volte alla imposizione di vincoli, ma quale offerta di maggiori possibilità di scelta e d’azione da parte degli individui, a partire da quelli che ne hanno meno, in un’ottica di pari opportunità.

Viste in questo modo, le politiche di cui vi è necessità dovrebbero mirare a creare le condizioni più favorevoli per:

* Accrescere l’utilizzo delle risorse umane disponibili

* Migliorarne la qualità

* Adottare misure di contrasto al decremento demografico

* Integrare le risorse umane disponibili con apporti dall’esterno

* Trattenere le risorse umane disponibili

* Favorire l’attrazione di risorse giovani, in particolare nelle fasce del lavoro di qualità e nel campo tecnico scientifico.

2.5 Risorse territoriali e urbane

Nella prospettiva strategica relativa alla collocazione del Piemonte nello spazio e nelle reti transeuropee, all’integrazione sistemica del territorio regionale e macroregionale, alle nuove opportunità per le politiche di sviluppo locale e all’organizzazione delle funzioni urbane, le politiche regionali dovranno considerare:

* la necessità di proseguire nella realizzazione delle grandi infrastrutture, indispensabili per evitare il rischio, già paventato, di un “aggiramento” del territorio nord-occidentale del paese a vantaggio di altre possibili linee di collegamento transeuropeo. Ciò rimanda alle esigenze di organizzazione interna delle funzioni di interscambio e alle opportunità di sviluppo industriale e terziario connesse alle nuove funzioni logistiche esercitate dalla regione. Più in generale, si pone il problema di garantire l’accessibilità del territorio regionale rispetto ai due grandi assi dello sviluppo europeo;

* il fatto che l’integrazione sistemica della macroregione alpina presenti due profili di applicazione: essa può riguardare lo spazio del consumo, mirando alla valorizzazione del ricchissimo bacino di popolazione a elevato reddito insediata sui due versanti della catena alpina - un potenziale di domanda che non ha eguali in Europa, sia per il livello di ricchezza disponibile che per estensione geografica - oppure fondarsi sulle specializzazioni tecnologiche e produttive localizzate (da vari anni la macroregione alpina è stata indicata dall’U.E. come la sola area di competizione globale che potrebbe realisticamente confrontarsi con il core europeo situato a nord del continente);

* l’integrazione dei localismi subregionali ha per oggetto la valorizzazione delle identità produttive, tecnologiche e culturali. Essa è volta a limitare duplicazioni sterili o confliggenti di progetti, a recepire idee progettuali innovative e garantirne l’avvio attraverso programmi concordati capaci di costruire sinergie in grado di ridurre il rischio di investimento, a confrontare e portare a congruenza progettualità spaziali parzialmente dissonanti attraverso la paziente costruzione di giochi cooperativi tra i diversi sistemi locali e tra regioni limitrofe. Quest’ultimo punto è di vitale importanza per l’elaborazione di politiche territoriali finalizzate alla gestione degli impatti - positivi e negativi - delle grandi reti infrastrutturali, la cui ricaduta travalica i confini di ciascuna regione, ma non viene governata dagli attori istituzionali di rango superiore: ciò che apre uno spazio di enorme interesse per una possibile governance interregionale (per esempio, transpadana).

* la valorizzazione delle nuove potenzialità locali, pur facendo tesoro dell’esperienza distrettuale e di quelle di programmazione negoziata poste in essere nello scorso decennio, dovrà porsi l’obiettivo della “focalizzazione” strategica di progetti e obiettivi, così come della individuazione degli attori locali disposti ad assumere i rischi e le opportunità dell’eventuale upgrading competitivo conseguito. Esaurita una fase di primo apprendimento cooperativo, che lascia in eredità una significativa capacità al confronto di interessi e programmi - ma che raramente ha prodotto cambiamenti di sistema nei territori di applicazione - le nuove politiche locali dovranno tendere in misura crescente alla costruzione e/o allo sviluppo di cluster competitivi, capaci di valorizzare una rete organizzata di attori imprenditoriali e istituzionali nello sfruttamento di un particolare vantaggio competitivo detenuto dall’area, arricchito naturalmente delle necessarie relazioni operative sovralocali, create attraverso un esercizio di sussidiarietà virtuosa. Campi di applicazione, già suggeriti nei ragionamenti di tendenza prima delineati, sono la produzione di beni competitivi di club, l’organizzazione della domanda nei confronti dei gestori privati nel campo delle utilities, la realizzazione di infrastrutture innovative anche immateriali (si pensi all’offerta di connettività in ambito telematico), la riscoperta e la valorizzazione del patrimonio ambientale e paesaggistico, le politiche promozionali e di immagine di area, la valorizzazione delle risorse umane attraverso politiche formative, di orientamento, mobilità, incentivazione all’imprenditorialità;

* le strategie urbane, accanto al pieno recepimento e allo sviluppo delle politiche di risanamento e recupero residenziale sperimentate con i programmi Urban, dovranno porsi l’obiettivo di costruire un sistema urbano regionale nel quale i fattori dell’innovazione siano pienamente accessibili, pur nel rispetto delle identità e delle specializzazioni funzionali dei singoli luoghi. Ciò significa, per un verso, decentrare le funzioni superiori (Università e ricerca, sanità, cultura, accessibilità) garantendone il livello qualitativo con logiche di rete; per altro verso favorire lo sviluppo autocentrato delle città attraverso specializzazioni complesse e internamente coerenti, secondo percorsi evolutivi costruiti autonomamente dalle città (piani strategici, patti territoriali) e opportunamente orientati da Province e Governo regionale.

2.6 Le politiche per la sostenibilità

Le analisi di sostenibilità effettuate sul Piemonte sottolineano un punto di debolezza principale in relazione ai trasporti e un punto di forza, in relazione alla relativa buona disponibilità di risorse naturali.

Relativamente al primo punto - nel quadro di politiche volte a favorire la ricerca di tecnologie durevoli, alla minimizzazione dei consumi energetici, alla promozione delle energie rinnovabili e ad assicurare insediamenti produttivi a contenuto impatto ambientale - in una prospettiva di mobilità sostenibile, i trasporti vanno considerati sia sotto il profilo dell’occupazione di spazio che del consumo di energia (con relative emissioni inquinanti) nella fase di utilizzo, considerando sia gli impatti diretti (infrastrutture viarie), sia quelli indiretti (strutture annesse come parcheggi o cantieri).

Relativamente al secondo punto, la buona dotazione di risorse naturali, legata altresì a una elevata disponibilità di territorio rurale, presenta a sua volta un elemento di debolezza legato all’abbandono dei territori socialmente ed economicamente marginali, con conseguente aumento del rischio di degrado e consumo del suolo, nonché al permanere di un’agricoltura non sostenibile dal punto di vista ambientale.

La riduzione di questo rischio può fondarsi sulla attivazione di un processo di rivitalizzazione dei territori rurali, che soprattutto in relazione all’obbiettivo del presidio dei territori (terre alte), va accompagnato, affinché possa avere successo, da politiche di diffusione e condivisione di nuove regole di cittadinanza e di partecipazione sociale ai progetti: non si può pensare che politiche di riduzione del degrado fisico del territorio (come frane e incendi, per esempio) possano prescindere da un presidio antropico del territorio (abitanti che se ne prendono cura). Ciò significa che sono necessarie regole collettive nuove, quali il riconoscimento da parte della società delle esternalità positive dell’agricoltura che il mercato non riconosce.

Una prospettiva in questa direzione può essere quella dei Progetti integrati territoriali, che includono e tendono ad armonizzare strategie e interventi riferiti al complesso delle attività locali (agricoltura ma anche artigianato, manutenzione del territorio, commercio, turismo, servizi alla popolazione locale, sanitari e sociali, ecc.).

2.7 Le pari opportunità: priorità e trasversalità

L’Unione europea si sta adoperando per promuovere i diritti fondamentali, la non discriminazione e le pari opportunità per tutti.

Da molti anni l’UE è impegnata in modo significativo contro la discriminazione basata sul sesso e promuove la parità tra donne e uomini. Più recentemente ha adottato misure volte a proteggere le persone contro le discriminazioni basate sulla razza o l’origine etnica, sulla religione o sulle convinzioni personali, sull’handicap, sull’età o sull’orientamento sessuale, a partire dalla convinzione che la discriminazione non solo è ingiusta ed immotivata ma “rovina la vita” alle persone che ne sono vittime e nuoce all’economia e alla società nel suo insieme, minando la fiducia verso i valori fondamentali di eguaglianza e di stato di diritto.

La Regione Piemonte ritiene prioritarie le politiche di pari opportunità, ha utilizzato ed intende dedicare i fondi strutturali al contrasto delle discriminazioni di genere ma non solo, al fine di perseguire l’obiettivo di una società fondata su valori di equità, non discriminazione e responsabilità sociale degli attori pubblici e privati.

Le politiche adottate nel periodo 2000-2006 hanno consentito di adottare un approccio duale, ovvero fondato su azioni dirette e indirette, a favore delle pari opportunità di genere e in particolare per conseguire gli obiettivi della strategia di Lisbona per quanto riguarda la partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Tuttavia gli obiettivi indicati dalla Strategia Europea per l’Occupazione (SEO) risultano essere ancora distanti dalla realtà piemontese e dunque occorrerà intensificare l’azione in tal senso, adottando un approccio coerente e sistematico di mainstreaming, ovvero “l’integrazione sistematica delle situazioni, delle priorità e dei bisogni rispettivi delle donne e degli uomini in tutte le politiche al fine di promuovere la parità tra le donne e gli uomini e mobilitare tutte le politiche e le misure d’ordine generale sensibilizzandole alla necessità di raggiungere la parità tenendo attivamente e apertamente conto, nella fase di pianificazione, dei loro effetti sulle rispettive situazioni delle donne e degli uomini all’atto della loro attuazione, del loro monitoraggio e della valutazione” (comunicazione della Commissione COM (96) 67 def. Del 21/02/96).

La Regione Piemonte intende misurare l’efficacia della propria spesa attraverso il Bilancio di genere. Una particolare attenzione dovrà essere dedicata a promuovere la presenza femminile nei luoghi di decisione pubblici e privati nonché a sostenere iniziative concrete a favore della conciliazione fra responsabilità di lavoro e responsabilità familiari favorendone anche la condivisione con gli uomini.

In questo quadro, la Regione Piemonte intende far propri gli obiettivi della “strategia quadro per la non discriminazione e le pari opportunità per tutti” adottata dalla Commissione Europea, consapevole del fatto che alla base della medesima vi è l’esperienza pluriennale a favore delle pari opportunità di genere che oggi si trova ad affrontare uno scenario più ampio, più complesso ma ricco di potenzialità positive per la società e per l’economia piemontesi.

Le pari opportunità di genere e le pari opportunità in senso ampio costituiscono dunque priorità e trasversalità fondamentale, che si intende declinare in ogni fase e in ogni aspetto della programmazione 2007-2013.

2.8 I processi di governance

Le esperienze maturate in Piemonte sulla programmazione integrata hanno messo in luce l’importanza delle varie forme di partenariato a livello locale (pubblico-pubblico e pubblico-privato) e tra i vari livelli di governo (Stato-Regione - Enti Locali) per la promozione di sistemi economici locali, che fondano la propria competitività sia sui saper fare radicati, sulla tecnologia, sui servizi alle imprese, sui vantaggi infrastrutturali e ambientali.

La “governance multilivello”, basata su un meccanismo di partnership può condurre a notevoli miglioramenti nella qualità della spesa, evitando l’inutile duplicazione di progetti, permettendo agli interventi di raggiungere la dimensione critica necessaria, migliorando infine la scansione temporale degli interventi e quindi la loro efficacia.

Affinché la partnership diventi efficace, l’esperienza piemontese di gestione dei fondi strutturali e del sistema dell’Intesa istituzionale di programma e relativi Accordi di Programma Quadro (APQ) ha mostrato che è necessario rispettare alcune condizioni essenziali. Una di queste si riferisce al fatto che i partner essenziali del coordinamento siano competenti, informati ed efficaci: fra questi rientrano la Commissione UE e il governo centrale, che provvedono entrambi a fornire parte dei fondi, da un lato, e quello regionale, dall’altro, il cui compito è l’armonizzazione degli interventi realizzati dei livelli di governo sub-regionale e del settore privato. In sostanza, affinché il governo centrale possa intervenire con profitto è necessaria una conoscenza dettagliata delle necessità e delle situazioni locali. Una condizione, quest’ultima, non sempre soddisfatta nel sistema italiano, dove il governo centrale dispone di scarse antenne locali con le quali dotarsi di una visione generale dei problemi dei diversi territori.

Solo il Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero dell’Economia ha svolto positivamente questo ruolo interagendo con le strutture regionali, sfruttando il fatto di non svolgere funzioni amministrative concorrenti con quelle delle Regioni, come si verifica spesso, invece, per i Ministeri settoriali, i quali spesso esprimono un approccio parziale alle politiche di sviluppo.

D’altra parte, le analisi svolte dal Nucleo regionale di valutazione e di verifica degli investimenti pubblici hanno evidenziato come anche a livello regionale sia necessaria un’altrettanto incisiva azione per ridurre la perdurante settorialità del sistema di governo, da attuarsi tramite il rafforzamento di organi con visione e capacità d’azione intersettoriale, oltre che con un migliore utilizzo del Documento di programmazione economico-finanziaria, ora previsto anche dallo Statuto regionale. Senza ciò vi è il rischio che il meccanismo di partenariato basato su intese e accordi possa condurre ad una sostituzione dell’azione regionale da parte del governo centrale.

A livello sub-regionale potranno poi essere incentivati i modelli di programmazione strategica che si sono già autonomamente sviluppati a livello urbano e nei differenti sistemi economici locali. Anche in questo caso occorrono adeguate politiche regionali intersettoriali e strumenti finanziari innovativi che riescano a integrare tra loro le misure rivolte alla competitività e quelle finalizzate alla coesione.

Infine, l’esperienza di questi ultimi anni relativa al sistema di programmazione negoziata, suggerisce il potenziamento di alcuni interventi correttivi, da attuarsi attraverso un sistema che preveda premi e sanzioni a livello regionale, allo scopo di evitare il rischio che i soggetti attuatori finali -specialmente gli enti locali - non dispongano di adeguati incentivi per accelerare i tempi di implementazione dei progetti.

2.9 La Cooperazione Territoriale Europea

Come l’esperienza di questi anni ha messo in evidenza, l’interazione regionale e dei sistemi locali a livello transfrontaliero o transnazionale appare decisiva per il perseguimento dei processi di coesione e per la concreta formazione dello spazio europeo.

In questo quadro gli ambiti di scala che interessano il Piemonte appaiono particolarmente validi.

Il primo è quello relativo alla macroregione delle Alpi occidentali (che dovrebbe comprendere sia la cooperazione Italia-Francia che quella Italia-Svizzera) entro uno schema aperto e di policentrismo integrato (Torino-Milano-Genova-Lione-Ginevra). Questo ambito territoriale costituisce il nuovo spazio di prossimità entro cui promuovere politiche di convergenza dei modelli di governance, di rottura delle barriere e incremento delle accessibilità, di protezione, gestione e programmazione territoriale comune, di cooperazione tecnica, amministrativa, formativa e del lavoro, oltre che di protezione ambientale.

Seguono le due macroregioni transnazionali, lo Spazio alpino e il Mediterraneo occidentale, rispetto alle quali riferire la pianificazione strategica regionale per quanto attiene lo sviluppo infrastrutturale e dei sistemi di trasporto, l’accessibilità e la connessione alle reti intercontinentali e ai corridoi di flusso continentali, lo sviluppo di nuove modalità di trasporto sostenibili (autostrade del mare, reti portuali, intermodalità ecc.), le politiche a sostegno dell’innovazione e della ricerca e per la protezione dell’ambiente (gestione delle risorse idriche, prevenzione del rischio ecc.).

Per il futuro le azioni di cooperazione territoriale europea andrebbero calibrate in base alle diverse esigenze territoriali. Anzitutto per i sistemi locali, a loro volta distinti in urbani - su cui imbastire politiche di recupero e ricomposizione-pianificazione-intervento - e rurali, sui quali articolare sistemi d’azione e di promozione locale.

Lo stesso va pensato per i sistemi regionali le cui azioni dovrebbero tendere a incrementare la cooperazione attraverso opportune azioni volte alla creazione di strutture stabili di monitoraggio, verifica e valutazione delle azioni e dei progetti orientati allo sviluppo e, soprattutto, al dispiegamento e alla generalizzazione delle best practices.

3. GLI ESITI DELLA VALUTAZIONE INTERMEDIA DEGLI INTERVENTI DEI FONDI STRUTTURALI 2000-2006

Il quadro delle problematiche e delle potenzialità del sistema economico piemontese e il corrispondente processo di individuazione delle scelte programmatiche per gli anno a venire possono essere completati con quanto appreso dalle strutture regionali nella realizzazione dei programmi attuati dalla Regione Piemonte con le risorse comunitarie (FESR, FSE, INTERREG e URBAN), con specifico riferimento alle esperienze dei rapporti di valutazioni intermedia al 31/12/2003 e alle prime risultanze del loro aggiornamento previsto per il 31/12/2005.

Le considerazioni riguardano nello specifico:

* la valutazione dell’efficacia conseguita nel processo attuativo nella realizzazione dei risultati programmati: le prime risultanze derivanti dai dati di realizzazione e dei risultati, anche se è ovviamente prematura una quantificare degli indicatori di impatto, potranno evidenziare se, a livello di misura programmata, gli obiettivi assunti e gli indicatori adottati siano stati conseguiti o siano in corso di conseguimento;

* l’efficienza della performance attuativa ed il grado di avanzamento del processo di implementazione, ovvero l’adeguatezza delle procedure adottate per realizzare nei modi e nei tempi programmati le iniziative selezionate nonché la tempestività dei processi di impegno e di erogazione della spesa, la validità dei sistemi di sorveglianza e monitoraggio adottati e la capacità delle strutture di gestire i programmi e le misure, la verifica del rispetto dei cronogrammi procedurali e di spesa programmati a livello di misura:

* la validità della strategia programmata, dalla fase di impostazione del programma alla situazione accertata a metà percorso, per comprendere se la strategia e gli obiettivi formulati mantengono inalterata la loro validità anche a seguito dell’evoluzione del contesto socio economico.

3.1 Il DOCUP FESR Ob. 2 : 2000-2006

Con riguardo al complesso processo d’implementazione, attualmente il programma ha evidenziato un adeguato e soddisfacente avanzamento delle misure/linee d’intervento.

Superata una prima fase di rallentamento, le operazioni programmate e poste in essere per ciascuna tipologia d’intervento (misure di aiuto, di infrastrutturazione e di servizi), sono risultate più fluide e hanno portato a registrare buoni esiti realizzativi in termini di efficienza nell’utilizzo delle risorse e di efficacia realizzativa (primi esiti). In generale lo stato di attuazione del Programma evidenzia (i) un avanzamento in termini finanziari soddisfacente: le risorse complessivamente disponibili sono state impegnate (al 31/03/05) per il 76,5 % e il livello delle erogazioni ha raggiunto il 40,6%;(ii) un avanzamento fisico (al 31/12/2004) abbastanza soddisfacente (almeno per alcune misure).

Va rilevato che il Programma offre uno scenario alquanto diversificato in termini sia di tipologie di intervento da attuare, sia di processi attuativi/gestionali previsti (le misure d’aiuto sono attuate a bando, quelle infrastrutturali -servizi a titolarità o regia regionale). In ragione di tale varietà, sono sintetizzati di seguito i casi che al momento più significativi.

L’Asse 1 dedicato alla “Internazionalizzazione delle imprese” registra un livello di impegni finanziari rispetto alle risorse a disposizione del 59,9% (poco più basso della media del programma) ed ha realizzato pagamenti per un 36,6% pressappoco in linea col programma. Si segnala, in particolare la buona performance della misura 1.2 “Supporto all’internazionalizzazione del sistema economico del Piemonte” che presenta un buon andamento sia in termini finanziari (la misura impegna il 66% delle risorse disponibili e ne spende il 44%) sia fisico-procedurali (in particolare per la linea 1.2a “Promozione internazionale delle imprese” che registra un indice di riuscita attuativa del 95%) e buoni risultati soprattutto per quanto riguarda la partecipazione a manifestazioni nazionali ed internazionali finalizzati alla promozione delle esportazioni e le iniziative per l’attrazione di investimenti esteri (44% e 55% rispettivamente per la misura 1.2a “ Promozione internazionale delle imprese” e 1.2b “Supporto agli investimenti esteri in Piemonte”). Ciò lascia presupporre un impatto specifico positivo in relazione all’obiettivo di internazionalizzazione del sistema economico regionale.

L’asse 2, “Qualificazione a sostegno del sistema” persegue l’obiettivo del rafforzamento della competitività del sistema produttivo sia attraverso i più tradizionali interventi di sostegno alle PMI regionali (regimi d’aiuto e servizi alle imprese) sia attraverso il miglioramento delle condizioni strutturali del territorio a favore dello sviluppo dell’impresa. Registra una efficienza attuativa complessiva positiva sia dal punto di vista dell’avanzamento finanziario (impegni al 78,1% e pagamenti al 41,1%), sia procedurale, tanto che le operazioni sono in fase di conclusione (nella maggior parte dei casi).

Quasi tutti i casi di misure di aiuto alle imprese relative all’asse (eccezion fatta per la 2.6 “Incentivi alle PMI per progetti di ricerca e per investimenti a finalità ambientale” che non registra esiti in termini di realizzazioni fisiche, e la linea 2.4c “Azioni a sostegno dell’e-procurement e dell’e-commerce e della diffusione presso le PMI dei servizi e delle tecnologie ICT” che raggiunge il 28%), presentano un conseguimento degli obiettivi previsto pari al 40% (livello medio). La misura 2.6 “Incentivi alle PMI per progetti di ricerca e per investimenti a finalità ambientale”, particolarmente rilevante dal punto di vista strategico per la sua attenzione all’ambiente, pur scontando un ritardo attuativo dovuto all’approvazione da parte della UE dei due regimi di aiuto (è stata avviata nel 2003), ha dimostrato di avere una buona capacità d’impegno (80%) a cui è seguito un adeguato avanzamento delle procedure di avvio della progettualità (100% della riuscita attuativa), ma dovrebbe accelerare sul conseguimento dei target (scarse le realizzazione fisica degli obiettivi al 31/12/04).

Tra le misure infrastrutturali dell’Asse 2 si evidenzia il caso della misura 2.3 “Completamento e sviluppo di strutture insediative per il sistema economico” che, in continuità con i due precedenti cicli di programmazione (94/96-97/99) finanzia interventi per il completamento e la realizzazione di nuove strutture insediative per il sistema economico. Per tale misura, alla buona capacità degli impegni (l’80%) si unisce una corrispondente efficienza attuativa. Si è tuttavia ancora lontani dal conseguire gli obiettivi stimati (le realizzazioni fisiche raggiungono solo l’1,9%). La notevole complessità degli interventi, nonché la rilevanza strategica fanno presumere un miglioramento dal punto di vista della conclusione delle procedure e della conclusione finanziaria degli interventi entro i termini previsti.

Molto significativo il caso della misura 2.4 “Valorizzazione della ricerca scientifica al fine di promuovere il trasferimento tecnologico e sviluppo della società dell’informazione” che incide sul rafforzamento del sistema innovativo regionale. Per le linee di intervento 2.4a “Ricerca applicata di sistema” e b “Azioni di sostegno alla realizzazione della società dell’informazione” risulta prematuro esprimere un giudizio relativo all’avanzamento, in quanto di recente avvio (solo durante l’arco del 2004).

L’Asse 3, “Sviluppo locale e valorizzazione delle Risorse del Territorio”a favore delle politiche di rafforzamento della competitività si dedica alla progettazione integrata d’area, che ha rappresentato uno strumento strategico per la Regione anche in passato e potrebbe continuare a farlo anche rispetto ai programmi di futura generazione. Nel complesso presenta una più che positiva performance a livello di asse con livelli di impegni e pagamenti rispettivamente del 80,1 e 41,9%.

Gli avanzamenti più consistenti sono imputabili alle misure 3.1 “Valorizzazione della programmazione integrata d’area” e 3.2 “Interventi di riqualificazione locale effettuati da soggetti pubblici”. Per la prima delle due misure si registra un avanzamento più che buono sia degli impegni (100%) e discreto anche nella capacità di spesa (58%). Trattandosi di progetti integrati di infrastrutturazione si riscontrano rallentamenti nella fase di conclusione dei progetti (ancora bassa la riuscita attuativa).

La misura 3.2 raggiunge dei buoni esiti relativamente agli indici procedurali e finanziari (anche in questo caso si riscontra una certa difficoltà solo nella fase di chiusura dei cantieri), ma ancora non registra avanzamenti fisici di rilievo. Ancora bassi gli indici per la misura 3.3 “Interventi di riqualificazione locale effettuati da soggetti privati” (regime d’aiuto avviato solo nel 2003) che non ha realizzato pagamenti.

Infine la misura 3.4 “Iniziative multiassiali di supporto all’attività economica”, di nuova programmazione (2004) - che prevede progetti strategici dotati di una natura trasversale/comune a più assi di intervento del DOCUP in grado di promuovere il tessuto economico produttivo di un’ampia area territoriale - non presenta né impegni né pagamenti.

L’asse 4, che persegue l’obiettivo di rafforzamento della “coesione sociale”, registra un avanzamento finanziario complessivo che si posiziona ad un livello di poco inferiore a quello medio del programma (impegni e pagamenti rispettivamente del 74,4% e 36,5%). Un caso molto rilevante è relativo alla linea d’intervento 4.2a “Strumenti finanziari per la creazione di impresa”. Quest’ultima, è una azione di sostegno alla creazione di nuova impresa, attuata in collegamento con la Misura D3 “Sviluppo e consolidamento dell’imprenditorialità con priorità ai nuovi bacini d’impiego” (cofinanziata dal Fondo Sociale Europeo) del POR ob.3. I progetti selezionati sulla misura del POR, sono automaticamente selezionati sulla linea DOCUP (FESR) per la fase di sostegno all’avvio delle attività. Tale linea, dopo una fase di avvio lento (scontava la lentezza derivante dalla gestione POR), ha raggiunto oggi un buon livello di attuazione finanziaria (75% degli impegni e 39% dei pagamenti). Al momento non sono rilevati esiti fisici effettivi.

L’adozione di processi di programmazione, implementazione, sorveglianza (monitoraggio e valutazione), controllo, ha fatto crescere in termini di qualificazione le strutture tecnico - amministrative coinvolte (processi di empowerment e capacity building).

In fase intermedia l’AdG ha (in risposta ai casi di ritardo o di inefficienze evidenziati nel corso della Valutazione Intermedia) ritenuto necessario realizzare un rafforzamento delle strutture tecnico amministrative (si è recepita l’indicazione del Valutatore). Ciò ha contribuito a migliorare ulteriormente- dal punto di vista della governance del programma- le relazioni di coordinamento e i raccordi operativi della stessa struttura con (i) le altre strutture responsabili della attuazione (Autorità di Pagamento, Ufficio di Controllo, RdM) (ii) con i soggetti “terzi” impegnati nella gestione di alcune Misure/azioni (FinPiemonte, ITP, etc) e in ultimo (iii) rispetto ai soggetti esterni (Beneficiari Finali e destinatari del programma).

I risultati raggiunti, in termini di funzionalità del sistema evidenziano che (i) tutte le operazioni relative al controllo (I e II) livello sono state effettuate nel rispetto delle disposizioni regolamentari. L’Autorità di Gestione (per il controllo di primo livello) è supportata dal 2005 (per alcune linee d’intervento) da una struttura tecnica esterna. Nessuna irregolarità è stata evidenziata per i Controlli di II^ livello affidati dalla Struttura Speciale di Controllo. Riguardo al controllo di primo livello, è auspicabile un futuro consolidamento dei processi qualitativi interni in relazione al futuro periodo (rafforzamento dell’ empowerement); (ii) dal punto di vista dei sistemi di sorveglianza, si evidenzia in particolare, una maggiore funzionalità a favore della fluidità dei flussi informativi e del miglioramento delle relazione con i vari soggetti “terzi” impegnati nella gestione di alcune Misure/azioni (FinPiemonte, ITP, etc).

Con riguardo ai meccanismi di partenariato implementati con i soggetti istituzionali e le parti sociali, l’AdG sicuramente sta facendo il possibile per ampliare il coinvolgimento nei processi decisionali/attuativi di un numero quanto più ampio possibile di stakeholders; (iii) con riguardo all’efficacia delle azioni poste in essere, si è verificata la capacità dell’AdG di applicare anche concretamente procedure gestionali orientate ai risultati (risultati percepiti dall’utenza chiamata a rispondere sulla “customer satisfaction” raggiunta sui finanziamenti ricevuti con il contributo del DOCUP), riuscendo a introiettare nelle pratiche amministrative sia le “lezioni dell’esperienza” maturate nella gestione dei Programmi complessi comunitari, sia i suggerimenti che provengono dalla attività di valutazione. Da tali valutazioni sintetiche, si evince già, che in termini di gestione l’attuale esperienza, frutto anche delle evidenze positive registrate in passato, è complessivamente positiva e si delineano già i primi risultati da replicare (potenzialmente) nel futuro programma.

Le verifiche relative all’assetto programmatico (effettuate già nel corso del 2003) in termini di validità della strategie del DOCUP, hanno evidenziato che la strategia individuata per l’attuale programma (tra il ‘99-2000) appare ancora rispondente e coerente agli obiettivi e orientamenti individuati a livello nazionale e comunitario.

L’evoluzione del contesto socio economico ha comportato degli aggiustamenti nella strategia (mid term review), lasciando tuttavia, inalterato il disegno strategico iniziale. Gli interventi di correzione della impostazione strategica del Programma sono stati operati rafforzando alcune misure/linee, finalizzando le risorse finanziarie su interventi di promozione delle “esternalità produttive” per potenziare le condizioni di base della competitività del sistema produttivo e non soltanto sugli aiuti alle imprese, assicurando una maggiore coerenza delle Azioni programmate con i mutamenti nel quadro di policy comunitario (agenda di Lisbona e Göteborg) ed in generale una maggiore coerenza delle Azioni con la programmazione regionale proiettandosi già alle strategicità del futuro periodo.

È emersa la necessità di continuare a privilegiare forme di specializzazione ad alto contenuto innovativo e di qualità, agevolando, attraverso la crescita dei servizi qualificati, la terziarizzazione del tessuto produttivo del Piemonte. In particolare si evidenzia che in sede di riprogrammazione è stata inserita ex novo una Misura specifica - Misura 3.4 Interventi multiassiali - proprio con la finalità precipua di tenere conto delle riflessioni maturate in sede comunitaria su: (i) la necessità di rafforzare il coordinamento tra azioni indirizzate alla riduzione degli squilibri territoriali e azioni di sostegno alla competitività; (ii) l’ulteriore impulso da conferire alle politiche per la R&ST e per la diffusione della SI.

Per quanto concerne più specificamente le linee di intervento volte a rafforzare il sistema dei “fattori chiave abilitanti” dei processi innovativi, si è sottolineata la necessità di continuare ovviamente a rafforzare la diffusione della SI e il sistema degli intermediari tecnologici, ma focalizzando maggiormente gli obiettivi intermedi.

In questo modo è stato possibile individuare gli elementi di continuità e correzione da sostenere nel processo di programmazione dei Fondi Strutturali 2007/2013 (Programma regionale FESR) e gli interventi specifici di sostegno alla scienza e alla tecnologia da sviluppare ulteriormente negli anni a venire (anche nell’ambito di Programmi pluriennali finanziati con risorse proprie della Regione), valorizzando le “lezioni dell’esperienza” degli stessi DOCUP 1997-99 e 2000-2006.

Alla luce dell’esperienza complessiva, al fine di individuare obiettivi adeguati alle risorse che saranno disponibili in futuro, si sente già l’esigenza per la prossima programmazione di suggerire il perseguimento di azioni volte (come già accaduto in qualche modo nell’attuale fase a (i) “specializzare” l’azione programmata orientandola verso settori o ambiti specifici; (ii) concentrare su possibili aree tematiche e territori specifici le più limitate risorse disponibili; (iii) continuare ad integrare (azioni di natura diversa ovvero strumenti di sviluppo diversi), per realizzare processi sinergici e risultati più efficienti.

3.2 IL POR FSE Ob. 3 2000-2006

Alla luce della valutazione intermedia in questi mesi sottoposta ad aggiornamento con l’obiettivo specifico di supportare la struttura regionale nella definizione delle priorità programmatiche per il periodo 2007-2013, si rileva che:

* le realizzazioni sono in linea con le tempistiche e previsioni iniziali; ciò sia per quanto concerne l’evoluzione dei profili finanziari (impegni al 76%, pagamenti al 50%) e procedurali (degli oltre 35.000 progetti finanziati, ne risultano avviati il 90% e conclusi circa il 47%), sia per quanto riguarda la capacità di “copertura” dei segmenti di popolazione che in maniera più specifica si intendeva raggiungere con il POR (470.000 destinatari raggiunti al 31/03/2005 a fronte di una previsione di circa 416.000 unità sull’intero settennio di programmazione);

* la programmazione ha costituito un’occasione di crescita significativa di capacità istituzionali e di sperimentazione, prima, nonché consolidamento, poi, di una serie di innovazioni (trasferimento di funzioni, sistemi di monitoraggio, comunicazione, accreditamento, rete dei Centri per l’Impiego, ..) che sono funzionali ad un miglioramento “strutturale” della qualità dell’azione amministrativa in tutte le aree di spesa/ investimento di risorse pubbliche, includendovi anche quelle non finanziate dall’Unione Europea;

* sussistono tuttavia margini di miglioramento con riferimento tanto alla focalizzazione delle politiche, quanto a taluni processi organizzativi trasversali (i sistemi informativi sono ancora, in parte, da sviluppare; la rete dei servizi per l’impiego rappresenta, chiaramente, un percorso di cambiamento organizzativo da completare, ecc.).

Relativamente alle diverse policy di intervento del FSE (gli Assi dell’attuale POR), l’analisi dei dati di monitoraggio e alcuni approfondimenti tematici realizzati sul campo hanno poi condotto il Valutatore Indipendente a fornire le seguenti indicazioni per il prossimo periodo di programmazione:

a. sostenere la valenza educativa della formazione iniziale (ivi compresa quella realizzata in alternanza) nell’ambito di una programmazione delle politiche del lavoro che sappia combinare opportunamente interventi preventivi e curativi della disoccupazione in relazione alle dinamiche osservabili sul mercato del lavoro regionale;

b. mettere a punto ipotesi di intervento innovative, eventualmente estendibili al resto della spesa regionale, nei confronti di categorie a rischio di marginalizzazione;

c. migliorare l’efficacia delle iniziative di contrasto alla dispersione e accentuare il carattere strategico della formazione superiore nel quadro di un ridisegno delle politiche formative imperniato sulla centralità della persona e sul paradigma del lifelong learning;

d. rafforzare la connotazione strategica della formazione continua degli occupati, rendendo maggiormente evidente la connessione tra piani formativi e programmi aziendali di investimento e favorendone l’accesso ai soggetti maggiormente esposti all’obsolescenza delle competenze professionali nell’ambito di politiche di gestione dell’età, sostenere lo spirito imprenditoriale e ampliare le occasioni di interscambio tra enti di ricerca e sistema economico-produttivo;

e. promuovere le pari opportunità di genere attraverso interventi che favoriscano, in un’ottica di conciliazione, una partecipazione di qualità al mercato del lavoro da parte delle donne;

f. valorizzare le attività complementari alla programmazione (monitoraggio, controllo, valutazione), nella prospettiva di innalzare il livello qualitativo di interventi e politiche formative e del lavoro.

Sulla base dell’insieme delle considerazioni prospettate, il Valutatore Indipendente suggerisce di :

1. sostenere gli interventi deputati a migliorare la qualità dei servizi di interesse generale la cui regolamentazione compete all’operatore pubblico, con particolare riferimento alle iniziative per il rafforzamento delle strutture (Centri per l’Impiego, Agenzie formative) e dei sistemi (accreditamento delle sedi formative e di orientamento, valutazione delle politiche, AT, ecc.) inerenti le politiche in favore delle risorse umane;

2. valorizzare i punti di forza e le eccellenze del sistema educativo piemontese, in particolare assicurando un’offerta di formazione commisurata al livello di domanda osservabile in relazione alle diverse categorie di destinatari (adolescenti, giovani, adulti, categorie svantaggiate) e promuovendone una migliore accessibilità ai soggetti che tendono a rimanerne esclusi (lavoratori anziani e meno qualificati, studenti a rischio di dispersione scolastica, donne).

Riconducendo ad unitarietà le considerazioni sopra esposte e tenuto conto dell’evoluzione dello scenario socioeconomico, con particolare riguardo alle tensioni che nel frattempo hanno cominciato a manifestarsi sul mercato del lavoro regionale relativamente agli esuberi del settore manifatturiero (automobile e tessile in primis) al momento fronteggiate per mezzo di un attento ricorso agli ammortizzatori sociali, le linee di sviluppo tracciate dal Valutatore Indipendente per la prossima programmazione del FSE possono essere esposte in forma schematica come indicato di seguito.

Ambiti

Priorità

Politiche formative

Ridisegnare la programmazione degli interventi formativi seconda una logica di lifelong learning che ponga la persona al centro delle politiche

Politiche del lavoro

Supportare l’attuale fase di transizione dell’economia piemontese, attraverso azioni di rafforzamento dell’occupabilità delle persone in cerca di primo o nuovo lavoro

Integrazione delle politiche

Potenziare le azioni di sistema in una logica di integrazione tra politiche socio-lavorative ed educative, con l’obiettivo primario di migliorarne l’efficacia in relazione alle mutevoli esigenze del mercato del lavoro

Raccordare maggiormente i sistemi di gestione dei due Fondi strutturali (FSE e FESR) all’interno del nuovo Obiettivo “Competitività regionale e occupazione”

Le raccomandazioni “settoriali” prospettate andrebbero recepite nell’ambito di una programmazione del FSE che sappia fare tesoro delle buone pratiche emerse nel corso del settennio 2000-2006 (il ruolo delle Province, la qualità del sistema educativo piemontese, le sperimentazioni di successo, la progressiva qualificazione dei servizi al lavoro regionali) e migliorare gli aspetti rispetto ai quali si rilevano ancora alcune criticità (il sistema di accreditamento delle sedi formative, il sistema informativo, i tempi di organizzazione e realizzazione delle azioni formative, il monitoraggio).

3.3 INTERREG

La cooperazione transeuropea è un approccio che stimola la competizione tra soggetti beneficiari e induce a sviluppare una progettualità molto qualificata fra le Regioni e fra gli altri attori locali.

È bene precisare che nei programmi Interreg le risorse non sono pre-assegnate sulla base di indicatori, ma attribuite su base concorrenziale a progetti che devono coinvolgere partner appartenenti a più Paesi membri, compresi i Paesi terzi limitrofi.

Alla sua terza edizione, Interreg ha registrato una maggiore e più qualificata partecipazione, grazie all’apertura ai soggetti locali, oltreché in Interreg III A, anche in Interreg III B e C, alle esperienze maturate nei periodi precedenti di programmazione e alle favorevoli condizioni di finanziamento.

INTERREG III A - ALCOTRA ALPI LATINE COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA ITALIA - FRANCIA

Coerenza della strategia del programma

La strategia del Programma Alcotra, secondo le indicazioni per il periodo di programmazione 2000-2006, persegue l’obiettivo generale di “far emergere, all’interno di una cittadinanza europea in via di costruzione e delle rispettive appartenenze nazionali, una specifica identità dei territori frontalieri, fondata non soltanto su ragioni geopolitiche e storico culturali, ma anche su condivise vocazioni di carattere economico e sociale”.

La logica strategica del Programma Alcotra appare coerente con le necessità del territorio, identificate da studi, indicazioni e priorità fornite dagli operatori di settore e dagli enti locali in fase di programmazione. La struttura del piano finanziario originario rispecchia le priorità rilevate.

La situazione socio-economica dell’area interessata non si è modificata nel periodo intercorso dalla redazione del Programma in modo tale da rendere inadeguata la strategia definita.

La strategia attuale del Programma Alcotra è coerente con i bisogni rilevati ed il perseguimento dell’obiettivo globale appare ormai raggiungibile.

Dall’esame dei progetti programmati si evidenzia un’adeguata corrispondenza con le ripartizioni delle risorse tra assi e misure definite originariamente nel Programma.

La ripartizione finanziaria delle risorse disponibili tra i due Paesi è anch’essa in linea con quanto previsto dal Complemento di programmazione e, anche a livello di singoli progetti, si registra complessivamente un’equilibrata ripartizione nell’utilizzo delle risorse tra i partner dei due paesi.

Efficienza, efficacia e impatti del Programma

Il Programma si trova alla conclusione del ciclo di programmazione, infatti le risorse programmate fino ad oggi inerenti la Regione Piemonte sono pari al 97% (Euro 52.217.000) della disponibilità complessiva (Euro 53.834.000).

Il raggiungimento dell’obiettivo generale del Programma è fortemente condizionato dal livello di cooperazione istituzionale tra le amministrazioni: esso è certamente più elevato rispetto alle precedenti edizioni del Programma, ma è percepito come un aspetto su cui è opportuno ancora lavorare, per migliorarne ulteriormente l’efficacia.

E’ emersa una buona disponibilità delle amministrazioni all’assistenza ed al supporto dei potenziali promotori di progetti e dei soggetti attuatori, per aiutarli ad orientare le proposte, anche sotto il profilo del dimensionamento finanziario; ciò costituisce un elemento favorevole alla realizzazione di progetti funzionali all’obiettivo globale del Programma. Il coinvolgimento a livello di animazione del territorio, che è stato attribuito alle Province italiane da parte dell’Autorità di Gestione, ha influito positivamente nella dinamica progettuale sopra evidenziata.

Considerazioni sull’apprendimento istituzionale

La partecipazione al Programma è per le amministrazioni, italiane e francesi, un’opportunità importante di apprendimento istituzionale: tanto la gestione congiunta del Programma, quanto le numerose e articolate occasioni di lavoro comune nell’ambito dei progetti, forniscono occasioni ed esperienze di grande valore, che tutte le amministrazioni hanno mostrato di apprezzare.

E’ interessante notare che per i funzionari italiani la consapevolezza delle differenze si esprime spesso in termini di ritardo, dall’una o dall’altra parte: secondo alcuni intervistati nelle amministrazioni italiane, le amministrazioni francesi sono “in ritardo” rispetto ad un processo di decentramento/decentralizzazione - che in Italia si è realizzato in questi anni. D’altra parte il “ritardo” delle amministrazioni italiane nel realizzare interventi di gestione del territorio, di promozione del turismo, di valorizzazione della cultura locale, rappresenta un ostacolo difficile da superare nella costruzione di progetti su questi temi: certi interventi non interessano più alle amministrazioni francesi che, avendoli già sperimentati, tendono ad una progettazione più evoluta.

L’elevata consapevolezza e la diffusa cultura della cooperazione e della concertazione tra le amministrazioni sui due versanti della frontiera, acquisita grazie agli interventi di Interreg, dovrebbe collegarsi con le diverse iniziative istituzionali di raccordo tra amministrazioni italiane e francesi, ai diversi livelli di governo, ma anche essere utilizzata a livello nazionale per dare contenuti ai rapporti ed alle collaborazioni bilaterali tra i due Paesi.

La qualità del sistema di gestione

Il sistema di gestione istituzionale, procedurale e finanziario attivato dal Programma Alcotra è efficace ed in grado di assicurare una efficiente realizzazione del Programma ed ha anticipato, anche se a livello non ancora formalizzato, le procedure di gestione che vengono richieste dalla C.E. per la futura programmazione.

INTERREG III A ITALIA-SVIZZERA

Coerenza della strategia del programma

La logica strategica del Programma, mirata a rafforzare la cooperazione tra istituzioni per migliorare l’economia e la gestione del territorio e del patrimonio naturale e culturale, appare coerente con le necessità identificate da studi, indicazioni e priorità fornite dagli operatori di settore e dagli enti locali in fase di programmazione. La struttura del piano finanziario originario rispecchia le priorità rilevate.

La strategia attuale del Programma è quindi tutt’ora coerente con i bisogni rilevati.

Efficienza, efficacia e impatti del Programma

Il Programma è ormai giunto alla sua conclusione, infatti le risorse programmate al 31.12.2004 (15.030.000 euro) sono pari al 94,7% della disponibilità complessiva (15.876.000 euro).

Il livello di spesa raggiunto è stato tale da evitare il disimpegno automatico dei fondi, con un conseguimento della soglia necessaria in misura superiore al 112%.

Lo stato di attuazione raggiunto dal Programma è complessivamente positivo, sia in termini di avanzamento che di obiettivi perseguiti; in particolare si possono sottolineare:

* gli sforzi delle amministrazioni interessate ai fini dell’implementazione del programma, in cui emerge il rispetto dei principi fondamentali di Interreg (cooperazione transfrontaliera, integrazione fra obiettivi perseguiti, sostenibilità ambientale, integrazione culturale, sviluppo locale);

* l’affinamento delle procedure di selezione dei progetti e lo sviluppo di un reale partenariato istituzionale;

* il buon andamento sotto il profilo degli stati di avanzamento finanziario e fisico;

* la sostanziale coerenza dei progetti finanziati sia con gli obiettivi del programma sia con i risultati e gli impatti auspicati;

* il ruolo del PIC Interreg quale collegamento di soggetti, tanto tra le aree di confine, che all’interno degli stessi territori nazionali, con in più l’introduzione di una variante territoriale all’interno dei vari progetti, che finisce per sviluppare effetti di integrazione e valorizzazione più ampi rispetto alle singole iniziative; in questa direzione, Interreg III A viene giudicato un passo significativo in avanti in termini di integrazione e capacità attuativa rispetto ai precedenti Interreg.

Considerazioni sull’apprendimento istituzionale

Sotto il profilo del ruolo degli attori coinvolti, si può sottolineare come sul versante italiano la regia complessiva sia stata svolta dall’Autorità di Gestione e dalle Amministrazioni regionali e provinciali coinvolte, mentre il ruolo delle Amministrazioni statali (Ministero dell’Economia e delle Finanze e Ministero dei Trasporti) è stato più di collaborazione, in armonia con l’orientamento federalista adottato dall’ordinamento italiano. Per quanto concerne il versante svizzero, la valutazione di parte sia svizzera che italiana ha evidenziato passi in avanti rispetto alle precedenti esperienze, grazie al decentramento effettuato dallo Stato federale verso i Cantoni.

La qualità del sistema di gestione

Per quanto concerne l’organizzazione delle attività di parte italiana, le Amministrazioni coinvolte hanno operato, sulla base di linee guida comuni, attraverso la suddivisione di una serie di compiti di natura gestionale (in particolare per la fase di animazione e per le procedure di individuazione dei progetti), sulla scorta di un budget di riferimento. Gli organismi di coordinamento hanno poi portato a coerenza complessiva queste attività, in cui emerge un meccanismo di selezione dei progetti gestito in modo integrato.

INTERREG III B - III C

L’obiettivo generale dei programmi Interreg III B è rafforzare la coesione economica e sociale nell’Unione Europea e contribuire a realizzare uno sviluppo equilibrato del territorio comunitario. Ciò si traduce in una strategia peculiare per l’area geografica cui si riferisce.

Nel caso del Programma Spazio Alpino, l’obiettivo è lo sviluppo dell’area alpina e il suo rafforzamento nel contesto europeo, mentre il Programma Medocc tende a contribuire allo sviluppo di una zona di integrazione economica e territoriale nel Mediterraneo.

Interreg III C, che consente la cooperazione senza limitazioni geografiche, non è caratterizzato da strategie d’area, bensì mira al miglioramento delle tecniche e delle politiche di coesione e di sviluppo regionale tramite lo scambio di informazioni e di esperienze.

L’attuazione dei programmi Interreg III B e III C è cominciata operativamente nel 2002, con i primi bandi. Il livello dell’impegno di spesa allo stato attuale è del 93% per Spazio Alpino, dell’85% per Medocc e del 100% per Interreg III C. Al contrario, la spesa effettiva non procede di pari passo, a causa sia delle complesse procedure di gestione amministrativa e finanziaria che della difficile armonizzazione delle normative statuali differenti.

I progetti che vedono la partecipazione piemontese, suddivisi nei tre programmi, sono 71, per un totale di risorse acquisite pari a 13,47 milioni di euro.

La performance regionale è complessivamente migliore in Spazio Alpino dove, a fronte di 53 progetti approvati, ben 26 vedono una partecipazione piemontese; in Medocc, dove i progetti finanziati sono nel complesso 103, quelli a partecipazione piemontese sono 26; a ciò si aggiunga il fatto che il Piemonte partecipa per la prima volta a Spazio Alpino, mentre Medocc coinvolgeva il Piemonte già nella passata programmazione.

I progetti hanno consentito di avviare o di consolidare rapporti con partner di diversi Paesi, in particolare con Francia, Austria e Spagna, in misura minore con Germania, Slovenia, Portogallo e Grecia.

Le tematiche affrontate sono relative a:

* sviluppo locale: turismo sostenibile, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, competitività, supporto alle aree più svantaggiate;

* strategie e strumenti di pianificazione;

* ambiente e prevenzione dei rischi naturali;

* trasporti e accessibilità: questo asse ha risentito della mancanza di un coordinamento dall’alto, che una tematica strategica quale questa richiede e che deve essere senz’altro potenziato nella prossima programmazione.

Per quanto riguarda Interreg III C, i progetti che coinvolgono soggetti piemontesi assommano a 19, con una forte presenza di soggetti locali. Le caratteristiche del Programma - maggiore ampiezza delle tematiche ammesse e assenza di vincoli geografici alla cooperazione - hanno consentito lo scambio di know-how ed esperienze con quasi tutti i Paesi europei.

Considerazioni sul sistema di gestione e sull’apprendimento istituzionale

Il sistema di controllo e certificazione della spesa messo in atto da ciascun Paese ha notevolmente appesantito e rallentato i flussi finanziari, risentendo di un’impostazione troppo centralizzata. Sarebbero auspicabili una semplificazione delle procedure e un maggiore coinvolgimento delle Regioni (come per altro avviene nell’Interreg III A) nella gestione finanziaria.

A fronte dell’orientamento della Commissione, di concentrazione delle risorse su tematiche prioritarie, sarà necessario potenziare il dialogo istituzionale tra i livelli regionale, nazionale e transnazionale, allo scopo di assicurare maggiore coerenza tra le azioni dei progetti e le strategie dei Programmi.

La partecipazione regionale si è andata qualificando, grazie all’azione di coordinamento, di animazione e di assistenza tecnica sul territorio organizzata dalla Regione, all’interesse dimostrato da Enti, istituzioni e soggetti locali ai progetti di cooperazione e all’accresciuta consapevolezza dell’importanza di mettersi in rete, per innovare prassi e strumenti, rafforzare la propria capacità di intervento e costruire alleanze.

Il ruolo assicurato dalla Regione Piemonte e la valorizzazione delle iniziative svolte dall’intero sistema piemontese attraverso gli enti locali e una molteplicità di attori pubblici e privati, dovranno essere tuttavia consolidato al fine di fare sistema fra i potenziali beneficiari, rafforzare le reti di parternariato esistenti e costruire alleanze strategiche con altre Regioni europee.

Rispetto ai futuri strumenti di cooperazione previsti dall’Unione Europea per il periodo 2007-2013, quali la nuova Politica di Prossimità, volti a migliorare i rapporti con i Paesi Terzi (sponda sud del Mediterraneo, Balcani ed Europa dell’Est), occorrerà individuare una strategia regionale per poter cogliere le opportunità offerte, ad integrazione delle azioni di cooperazione allo sviluppo già avviate dalla Regione Piemonte.

4. INDIRIZZI PROGRAMMATICI REGIONALI, OBIETTIVI DI SVILUPPO E PRIORITA’ DI INTERVENTO: ECONOMIA DELLA CONOSCENZA, SVILUPPO SOSTENIBILE, COMPETITIVITA’

Nell’ultimo quadriennio, l’attività politica e programmatica delle tre principali istituzioni comunitarie (Il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea) ha posto grande attenzione alla ridefinizione delle priorità di indirizzo ed intervento a favore della crescita e dell’occupazione nel quadro di un improrogabile riorientamento delle politiche di sviluppo, in seguito al delinearsi di un quadro socioeconomico mondiale in rapida trasformazione.

In relazione a questo quadro mondiale, l’Unione Europea ha sancito il rilancio della strategia concordata nel Consiglio Europeo di Lisbona nel Marzo 2000, che aveva definito un obiettivo strategico al 2010: “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.”

Al fine di raggiungere tali risultati si era definito di intervenire nel:

- predisporre il passaggio verso un’economia e una società basate sulla conoscenza migliorando le politiche in materia di società dell’informazione e di R&S, nonché accelerando il processo di riforma strutturale ai fini della competitività e dell’innovazione e completando il mercato interno;

- modernizzare il modello sociale europeo, investendo nelle persone e combattendo l’esclusione sociale;

- sostenere il contesto economico sano e le prospettive di crescita favorevoli applicando un’adeguata combinazione di politiche macroeconomiche.

Gli assi fondamentali del rilancio della strategia di Lisbona si configurano quali orientamenti strategici decisivi per le politiche di sviluppo e competitività del Piemonte. La programmazione regionale assume come riferimenti propri i principi generali indicati dall’Unione, sia per le analogie della situazione socioeconomica piemontese con quella europea e per la sostanziale corrispondenza e uniformità delle criticità in atto, sia per la volontà di essere in condizione di poter cogliere le opportunità derivanti dalla prossima programmazione dei Fondi Strutturali con un rapido e coerente aggiornamento delle politiche regionali di sviluppo.

Tale intervento di programmazione regionale si esplicita in questo momento tramite un approccio proattivo che, prima della definizione delle prospettive finanziarie per il prossimo periodo di programmazione - per la quale l’ultimo Consiglio Europeo non è pervenuto ad un accordo - e prima della conseguente messa a punto degli strumenti di intervento da parte dell’UE, intende fare proprie le priorità della strategia di Lisbona, reinterpretandole in un’ottica di attenta rispondenza e adeguamento alla realtà territoriale e socioeconomica piemontese, intervenendo secondo il criterio della trasformazione dei valori in risorse e della definizione di un processo virtuoso di sviluppo non dissipativo che autogeneri sempre i propri presupposti.

L’approccio regionale non può che essere integrato e conforme con il riorientamento della strategia di Lisbona, sia in termini di contestualizzazione degli assi del rilancio sia nella partecipazione attiva al miglioramento della governance secondo la metodologia di definizione di linee direttrici integrate, che dal livello regionale a quello nazionale andranno a comporre e completare il Programma comunitario di Lisbona che detterà indirizzi di massima per le politiche economiche e in materia di sostegno all’occupazione.

Gli assi fondamentali del rilancio, approvati nel Consiglio europeo del Marzo 2005, trovano grande rispondenza alla situazione socioeconomica piemontese e possono quindi essere tradotti negli obiettivi strategici fondamentali verso i quali sviluppare la programmazione regionale; questi si declinano essenzialmente in:

* mettere il Piemonte nelle condizioni di partecipare al processo europeo di costruzione della società e dell’economia della conoscenza e dell’innovazione,

* integrare il Piemonte nelle reti europee,

* affrontare la globalizzazione e aumentare la competitività del sistema produttivo,

* qualificare la popolazione e il lavoro,

* valorizzare le risorse e le progettualità locali,

* garantire la sostenibilità dello sviluppo,

* costruire il Piemonte come spazio attraente per investire e lavorare,

* porre lo sviluppo e l’occupazione al servizio della coesione sociale.

Gli obiettivi della futura programmazione dei fondi che interessano la Regione Piemonte riguardano:

* competitività regionale e occupazione, che mira, fuori dalle regioni meno sviluppate, a rafforzare la competitività e l’attrattività dei territori regionali con una concentrazione sulle politiche per l’innovazione e l’economia della conoscenza, l’ambiente e la prevenzione dei rischi, l’accessibilità ai servizi di trasporto e telecomunicazione d’interesse economico generale nei territori diversi dai grandi centri urbani, mentre sul versante dell’occupazione si dovrà agire intervenendo sull’adattabilità dei lavoratori e delle imprese ai mutamenti economici e sociali, sull’accesso all’impiego, sull’inclusione sociale dei ceti più svantaggiati, sulla creazione di partenariati e reti per favorire occupazione e inclusione,

* cooperazione territoriale europea, che mira a rafforzare la cooperazione, sia a livello transfrontaliero, sia a livello transnazionale, mediante azioni congiunte di promozione dell’imprenditorialità, di gestione dell’ambiente e delle infrastrutture, di protezione e gestione delle risorse idriche, di accessibilità alle grandi reti, di prevenzione dei rischi, di sviluppo di attività congiunte di ricerca ed innovazione.

All’interno dell’ambito “competitività regionale e occupazione” si possono individuare come obiettivi specifici:

* per quanto riguarda la competitività:

- il rafforzamento e l’integrazione del sistema innovativo regionale

- la promozione dell’internazionalizzazione

- la crescita dimensionale delle imprese e delle reti di imprese

- la promozione dell’innovazione finanziaria

- il sostegno all’innovazione ecologica e alla diffusione di tecnologie sostenibili

- la promozione dello sviluppo territoriale e locale

* per quanto riguarda l’occupazione:

- la promozione di una maggior partecipazione al lavoro, in particolare per donne, giovani e persone mature,

- la qualificazione del sistema della formazione a tutti i livelli, in direzioni coerenti con il modello dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

- la valorizzazione della popolazione in età matura, perché si mantenga attiva e possa cogliere nuove opportunità,

- il sostegno alla mobilità del lavoro e delle carriere professionali per prevenire disoccupazione e precarietà.

All’interno dell’ambito “cooperazione” si possono individuare come obiettivi specifici:

- il superamento della condizioni di perifericità,

- la definizione di progetti comuni di gestione del territorio,

- il pooling delle conoscenze innovative,

- l’integrazione dei mercati del lavoro,

- lo scambio di esperienze e di competenze,

- la costruzione di reti di specializzazione economica,

- lo sviluppo di reti cooperative, produttive e culturali,

- creazione di un sistema integrato transfrontaliero.

Come priorità d’intervento, si possono identificare, in linea di massima:

* per l’obiettivo “competitività”:

- lo sviluppo dell’offerta, della domanda e delle infrastrutture di ICT,

- il rafforzamento delle capacità regionali di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico,

- la promozione dell’imprenditorialità nei settori innovativi e a elevato contenuto di conoscenza,

- il governo dell’internazionalizzazione attiva, l’attrazione di investimenti esteri e la promozione della cooperazione internazionale allo sviluppo,

- la promozione dell’efficacia energetica e lo sviluppo delle fonti alternative e rinnovabili,

- la valorizzazione dei distretti, dei cluster, dei poli di specializzazione e delle filiere produttive,

- la promozione dell’accessibilità al di fuori dei grandi centri urbani, ai servizi di trasporto e telecomunicazioni,

- la riabilitazione di spazi e terreni contaminati e la promozione dello sviluppo di infrastrutture connesse alla biodiversità,

- l’elaborazione di piani e misure volti a prevenire e gestire i rischi naturali e tecnologici,

- la promozione di trasporti pubblici urbani puliti,

- la realizzazione di infrastrutture di contesto per lo sviluppo territoriale (servizi ambientali, mobilità sostenibile, accessibilità alle reti, servizi energetici e idrici)

* per l’obiettivo “occupazione”:

- la promozione del sistema della formazione per gli adulti, allargando le opportunità per le iniziative individuali,

- il contenimento dell’abbandono scolastico dei giovani e l’offerta di opportunità diversificate di formazione - qualificazione,

- l’aumento dei livelli degli apprendimenti fondamentali in tutte le filiere formative,

- la promozione della formazione di eccellenza,

- l’accettazione delle diversità nei posti di lavoro e la lotta alla discriminazione nell’accesso all’occupazione,

- l’aumento della partecipazione e dell’occupazione delle donne,

- l’inserimento lavorativo degli immigrati,

- il rafforzamento delle capacità dei servizi per l’impiego di svolgere funzioni di attiva promozione e mediazione tra domanda e offerta di lavoro e di sviluppo e mantenimento dell’occupabilità.

- il raccordo fra istituzioni dell’istruzione, della ricerca e centri tecnologici e delle imprese.

* per l’obiettivo “cooperazione territoriale europea”:

- l’integrazione delle infrastrutture di trasporto e di comunicazione,

- la promozione dell’offerta turistica integrata,

- la valorizzazione delle risorse naturali e forestali,

- lo sviluppo di reti di piccola impresa e di artigianato,

- la creazione di reti scientifiche e tecnologiche,

- la prevenzione dei rischi.

5. IL PROCESSO: GOVERNANCE, PARTENARIATO E COERENZA FRA PROGRAMMAZIONE E CONOMICA E FORME DI GOVERNO.

Il processo di definizione del DSR e la successiva redazione dei Programmi operativi si baseranno sul rispetto:

i) del principio comunitario del partenariato istituzionale che deve essere presente sia nella fase di definizione dell’approccio strategico - attraverso il riconoscimento del ruolo propositivo del sistema delle autonomie e degli enti locali della regione da attuarsi mediante momenti concertativi, che garantisca fra l’altro l’integrazione tra le varie programmazioni locali e la programmazione regionale - che nelle fasi successive dell’ attuazione, della sorveglianza e della valutazione dei Programmi operativi;

ii) del principio comunitario del partenariato economico-sociale da attuarsi in modo non “formalistico” così che l’esperienza maturata da cittadini, lavoratori, studiosi, imprese e altri attori dello sviluppo economico sociale nell’ambito della politica regionale, sia sentita e valutata dalle amministrazioni e che tali parti siano poste nella condizione di formulare proposte in merito alle scelte strategiche dell’amministrazione; la diffusione di tale prassi creerà,fra l’altro, le condizioni più favorevoli e trasparenti per l’accesso alle opportunità concesse dai programmi aumentando, in tal modo, il numero di progetti presentati e migliorandone la qualità per effetto di una maggiore concorrenza;

iii) della necessità di disporre di una struttura snella che, in forza della esperienza maturata nella programmazione e gestione di precedenti Programmi comunitari, si occupi di tutte le attività preordinate e funzionali alla redazione del DSR e dei POR e che supporti - a livello tecnico - la Giunta regionale nelle varie sedi di confronto e negoziazione con le altre Regioni, con le Amministrazioni centrali e con le strutture della Commissione europea.

A tal fine, la Giunta regionale ha istituito i seguenti organismi di coordinamento e partenariato:

i) il “Comitato regionale per i fondi strutturali 2007/2013”, quale sede di partenariato istituzionale ed economico-sociale cui è assegnato il compito di elaborazione di un “rapporto preparatorio” del Documento strategico preliminare regionale, mediante l’attivazione di tavoli di concertazione e la promozione di iniziative di confronto programmatico.

Il “Comitato regionale per i fondi strutturali 2007/2013" è così composto:

- il Presidente della Giunta regionale o Assessore da lui delegato, che presiede

- il coordinatore della Conferenza delle Direzioni regionali

- un rappresentante della Provincia di Alessandria

- un rappresentante della Provincia di Asti

- un rappresentante della Provincia di Biella

- un rappresentante della Provincia di Cuneo

- un rappresentante della Provincia di Novara

- un rappresentante della Provincia di Torino

- un rappresentante della Provincia del Verbano Cusio Ossola

- un rappresentante della Provincia di Vercelli

- un rappresentante dei Comuni e delle comunità montane designato dall’UNCEM

- un rappresentante dei Comuni designato dall’ ANCI

- un rappresentante della Consulta unitaria dei piccoli Comuni del Piemonte

- un rappresentante della Lega delle autonomie locali

- un rappresentante di Unioncamere

- un rappresentante di Confindustria Piemonte

- un rappresentante di Federapi Piemonte

- un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole

- un rappresentante di Confesercenti e Confcommercio

- un rappresentante delle Confederazioni artigiane

- un rappresentante del Movimento Cooperativo

- un rappresentante per ciascuna delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative in Piemonte

- un rappresentante delle associazioni di tutela degli interessi diffusi (ambiente-consumatori)

- un rappresentante del Forum del Terzo settore

- un rappresentante della Commissione Pari Opportunità

- la Consigliera regionale delle Pari Opportunità

- un rappresentante della Direzione scolastica per il Piemonte

- un rappresentante per ciascuna Università

- un rappresentante del Politecnico

- un rappresentante delle agenzie formative piemontesi

- un rappresentante della Commissione regionale ABI Piemonte

- un rappresentante delle Fondazioni bancarie piemontesi

ii) la Conferenza delle Direzioni regionali, le cui aree di competenza possano significativamente contribuire a sviluppare le politiche settoriali che confluiranno negli assi prioritari di intervento dei diversi Programmi operativi. In particolare alla Conferenza competerà:

- la formulazione di proposte funzionali alla redazione del DSR e dei POR

- la verifica della fattibilità tecnica delle linee di intervento e della loro proponibilità nei Programmi operativi di riferimento;

- la verifica della fattibilità amministrativa delle linee d’intervento in riferimento al quadro delle discipline collegate alla materia trattata mediante elaborazione anche di proposte di semplificazione e di adeguamento più funzionali alle caratteristiche ed alle tempistiche dei Fondi comunitari;

- la promozione, per ciascuna area di competenza, di occasioni di confronto e di approfondimento con i soggetti che operano professionalmente od istituzionalmente nel settore;

- la diffusione di un’adeguata informazione all’interno delle strutture regionali al fine di favorire la crescita professionale delle persone che saranno chiamate ad operare nella fase di attuazione.

La Conferenza si avvale di una Cabina di regia composta dal coordinatore e dalle Direzioni regionali: Programmazione e statistica, Formazione Professionale - Lavoro, Industria, Pianificazione e gestione urbanistica (in rappresentanza del coordinamento delle Direzioni Programmazione e valorizzazione dell’Agricoltura, Sviluppo dell’Agricoltura, Territorio rurale, Economia montana e Foreste, Pianificazione e gestione urbanistica). La Cabina di regia dovrà essere integrata con le strutture regionali il cui apporto risulti necessario od opportuno in relazione ad esigenze di più completa ed organica funzionalità

Essa costituirà il necessario supporto tecnico alla Giunta regionale nelle varie sedi di confronto e negoziazione con le altre Regioni, l’Amministrazione statale e la Commissione europea e alla quale sono demandate tutte le attività propedeutiche e funzionali alla redazione del DSR e dei POR.

In particolare, alla Cabina di regia spetta:

- la partecipazione ai tavoli di coordinamento tecnico costituiti per la preparazione del nuovo periodo di programmazione comunitaria in tema di politiche di coesione;

- la partecipazione nelle sedi di confronto per la definizione dei documenti inerenti il Quadro strategico Nazionale nonché le verifiche di coerenza fra i POR e il QSN;

- il collegamento e trasferimento di informazioni nei confronti del “Comitato regionale per i Fondi strutturali 2007/2013" per un efficace partenariato;

- il raccordo con la Giunta regionale mediante costante attività di informazione sullo stato di avanzamento delle attività propedeutiche e funzionali al processo programmatorio;

- l’elaborazione dei documenti di lavoro che siano funzionali all’attività della Conferenza delle Direzioni, del Comitato regionale per i Fondi strutturali ed all’esercizio delle competenze della Giunta regionale nell’ambito del processo programmatorio ed attuativo delle politiche di coesione;

- l’elaborazione della proposta di Documento Strategico Regionale e le proposte dei Programmi Operativi, garantendo la necessaria integrazione tra la programmazione dei Fondi comunitari e la programmazione regionale generale e settoriale mediante il confronto con le altre strutture regionali;

- il rapporto con strutture tecniche specialistiche incaricate di supportare l’amministrazione regionale nella stesura del Documento Strategico Regionale e dei Programmi operativi;

- il costante coordinamento dell’attuazione dell’insieme dei programmi.

In prospettiva, l’istituzione del Consiglio delle autonomie locali e del Consiglio regionale dell’economia e del lavoro, previsti dal nuovo Statuto regionale, consentiranno di rendere ancora più funzionale il sistema di partenariato tra Regione, enti pubblici e soggetti privati.

Il DSR costituirà l’occasione per sviluppare forme di integrazione tra i diversi strumenti di programmazione regionale, tradizionalmente concepiti e attuati secondo logiche settoriali. In particolare, sarà garantita la massima coerenza con il DPEFR, il Documento programmatico per il nuovo Piano territoriale regionale, quello per le politiche di promozione delle attività produttive e con il Piano di sviluppo rurale.

Il DSR si baserà sui seguenti orientamenti generali:

i) il rispetto della sostenibilità ambientale;

ii) la promozione delle pari opportunità;

iii) la consultazione permanente con il sistema degli enti locali e delle rappresentanze socio-economiche e culturali.

In particolare, il DSR si integrerà nel sistema della programmazione regionale, creando le condizioni affinché gli enti locali possano concorrere in quadro unitario alla soluzione dei problemi che investono le comunità piemontesi a livello economico, produttivo, occupazionale e sociale. A tal fine, Province, Comunità Montane e Comuni saranno coinvolti nell’esercizio di funzioni di programmazione, coordinamento e gestione sulla base dei rispettivi ruoli istituzionali. Seguendo questi orientamenti, il DSR e i suoi programmi operativi saranno definiti in modo coordinato con le Relazioni previsionali e programmatiche e i Piani territoriali delle Province, i programmi settoriali di area vasta e i Piani strategici dei Comuni.

Il modello di governance si baserà sulla concertazione tra Regione, Province ed Enti locali, le autonomie funzionali e le categorie economiche e sociali operanti nei territori.

Le procedure di programmazione negoziata garantiranno il coinvolgimento degli attori privati nell’indirizzare le risorse su progetti strategici e nell’ottimizzare nei singoli territori l’impiego delle risorse disponibili.

Il monitoraggio e la valutazione dei programmi e degli interventi previsti costituiranno elementi fondamentali per il perseguimento degli obiettivi del DSR, in coerenza con le disposizioni dei regolamenti dei Fondi Strutturali. La definizione di metodologie appropriate per individuare le variabili critiche da sottoporre a monitoraggio e per valutare le ricadute economiche, occupazionali, ambientali e territoriali dei programmi sarà quindi essenziale al fine di disporre di strumenti adatti a garantirne l’efficacia, anche consentendo l’eventuale riorientamento delle risorse verso gli interventi meglio performanti. Il Nucleo regionale di valutazione e verifica degli investimenti pubblici garantirà la definizione, lo sviluppo e l’applicazione di adeguate metodologie valutative.

6. COERENZA DEGLI INTERVENTI DEI FONDI STRUTTURALI CON LE POLITICHE E GLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE REGIONALE, NAZIONALE E COMUNITARIA.

6.1 Le scelte programmatiche per la nuova legislatura regionale.

Il programma per la nuova legislatura regionale presentato dal Presidente il 16 maggio 2005 al Consiglio Regionale: (i) si basa sull’adozione dei principi di Lisbona e Goteborg; (ii) insiste sulla fisionomia policentrica del Piemonte e sulla conseguente necessità di valorizzare le differenti identità e vocazioni dei territori, anche con riferimento alle loro capacità di relazionarsi con le regioni limitrofe italiane e nel più vasto contesto europeo; e (iii) si propone di rafforzare la capacità istituzionale dell’ente in direzione di un sistema di governance regionale orientato alla soluzione dei problemi e all’ottenimento dei risultati.

Per il raggiungimento degli obiettivi sanciti nelle conferenze di Lisbona e di Goteborg si prevedono:

i) politiche integrate sulla ricerca e l’innnovazione: trasferimento di conoscenze da università a imprese e enti locali al fine di mettere a frutto le competenze del mondo scientifico e culturale per la valorizzazione dei territori;

ii) politiche di coesione sociale: integrazione tra i problemi della sicurezza, dell’accoglienza, della formazione, del lavoro e dell’occupazione, dell’assistenza, del benessere e della salute per combattere l’esclusione sociale;

iii) politiche di difesa dell’ambiente e del territorio: promozione delle identità storiche, del paesaggio, della cultura, dei servizi e dell’accessibilità, sviluppo organico delle aree naturali.

Il governo regionale intende poi integrare le differenti politiche in modo da coniugare competitività e coesione sociale, in funzione delle differenti vocazioni e dello specifico contesto socio-economico, ambientale e culturale dei sistemi territoriali sub-regionali.

La politica di governo del territorio sarà basata su un’impostazione sovra regionale (nei confronti di Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria) e sovra-nazionale (nei confronti d’altre regioni europee come la Catalogna, il Rhône Alpes e P.A.C.A.). Ciò contribuirà non solo a ridurre le caratteristiche di perifericità della regione inserendola maggiormente nello spazio europeo e sfruttando adeguatamente l’effetto “frontiera”, ma soprattutto a valorizzare la centralità del nostro territorio in Europa.

La politica d’innovazione istituzionale amministrativa è finalizzata ad un ulteriore sviluppo della capacità di cooperare a livello orizzontale e verticale tra le diverse amministrazioni, coniugata con una crescita della capacità di misurare valutare e apprendere i risultati delle azioni programmatiche.

A tal fine potranno essere utilizzati i metodi già sperimentati e promossi dai programmi comunitari (in particolare Urban e Leader), che prevedono un approccio integrato allo sviluppo delle aree urbane e rurali, basato sulla progettualità che scaturisce dagli attori locali, chiamati a partecipare alla formazione e all’attuazione dei programmi anche con propri investimenti (pubblici e privati). La prevista riforma urbanistica regionale si pone anche l’obiettivo di riconoscere una effettiva autonomia programmatica ed operativa ai sistemi locali.

6.2 L’Intesa Istituzionale e gli accordi di programma quadro (APQ).

L’Intesa sulla nota tecnica relativa alla definizione del Quadro strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013 approvata il 3 febbraio scorso dalla Conferenza unificata, stabilisce la necessità di garantire una convergenza programmatica tra politica comunitaria e politica regionale e nazionale.

Tale impostazione era già contenuta nell’Intesa Istituzionale di programma sottoscritta tra il Governo e la Regione nel 2000, con lo scopo principale di destinare risorse aggiuntive per opere pubbliche finalizzate a sostenere lo sviluppo socio-economico delle aree sottoutilizzate. Nel corso degli anni sono stati siglati numerosi accordi attuativi dell’Intesa (Accordi di Programma Quadro), che hanno interessato i beni culturali, la mobilità sostenibile (movicentri), la difesa del suolo, le risorse idriche, la bonifica delle aree contaminate, la ricerca, la società dell’informazione e un concorso d’idee per la formazione di programmi integrati di sviluppo locale.

Tra gli accordi più recenti riconducibili agli assi strategici dell’innovazione, della qualificazione della popolazione e della forza lavoro e dello sviluppo territoriale sostenibile vanno evidenziati:

i) L’accordo di programma quadro sulla ricerca scientifica applicata per il sostegno a progetti di ricerca pluriennali, presentati da enti pubblici di ricerca e aziende ospedaliere, nei settori del sesto programma quadro (1), che ha fatto emergere la qualità dei ricercatori, le reti internazionali esistenti e le grandi potenzialità della ricerca scientifica in Piemonte, soprattutto in campo sanitario e nella prevenzione della salute pubblica in senso lato.

ii) L’accordo di programma sulla società dell’informazione per sviluppare la rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPAR 2) anche nelle aree montane e collinari, tramite sistemi satellitari wireless, allo scopo d’infrastrutturare il territorio più marginale con la diffusione della banda larga e l’offerta alla pubblica amministrazione di servizi multimediali (e-learning, e-procurement, pubblicazione bandi, razionalizzazione carte servizi). Questo accordo è strettamente coordinato con l’Asse “Valorizzazione della ricerca scientifica, al fine di promuovere il trasferimento tecnologico e lo sviluppo della società dell’informazione” del Docup Piemonte 2000-2006, in attuazione del “Piano di sviluppo del sistema informativo regionale”, delle “linee guida del Piano di e-government del Piemonte del 2001.

iii) L’accordo di programma quadro sulla riqualificazione urbana e rurale, lo sviluppo locale e la rete natura. Con la regionalizzazione dei patti territoriali e alla luce dell’ esperienza maturata dal Piemonte nella programmazione integrata sia nelle aree urbane (programmi di recupero urbano, contratti di quartiere), sia in quelle rurali (programmi Leader) la Regione ha sottoscritto il 28 ottobre 2004 con il Ministero dell’Economia e il Ministero delle Infrastrutture, un accordo di programma quadro (APQ) dedicato alla riqualificazione urbana e rurale, alla rete natura e allo sviluppo locale. Tale accordo si è proposto di anticipare la programmazione dei futuri finanziamenti nazionali, europei, regionali e locali (pubblici e privati) promuovendo con un concorso d’idee la progettazione strategica di lungo periodo su tutto il territorio regionale. Gli enti locali (Comuni singoli o associati con più di 5.000 abitanti, Comunità Montane) e gli enti parco hanno proposto entro il 30 maggio scorso ipotesi di sviluppo strategico dei territori, sulla base d’analisi dei punti di forza e di debolezza e delle vocazioni territoriali. L’accordo promuove la formazione di programmi integrati (concepiti con l’approccio integrato contenuto nel metodo comunitario Urban e Leader), che prevedano l’integrazione delle politiche pubbliche ai differenti livelli di governo ed in particolare l’integrazione tra la programmazione negoziata nelle aree sotto-utilizzate e le altre politiche regionali, comprese quelle in attuazione dei programmi europei.

iv) L’accordo di programma quadro per la tutela delle acque e la gestione integrata delle risorse idriche che delinea la strategia di medio e lungo periodo per una più efficace azione di valorizzazione, tutela e uso razionale del patrimonio idrico al fine di ridurre e prevenire l’inquinamento, realizzare l’integrazione dei servizi d’acquedotto, fognature e depurazione, favorire il risparmio e il riuso delle acque depurate. Lo scenario delineato nell’accordo, nel medio e lungo periodo, prevede investimenti di oltre mille milioni d’euro, che potranno essere avviati subordinatamente alla piena attuazione della riforma dei servizi idrici che, in Piemonte, è in avanzata fase d’attuazione.

Il disegno e l’attuazione di tali accordi hanno dimostrato l’importanza sia di strategie di lungo periodo condivise tra lo Stato e la Regione sia dell’ approccio organico alla promozione del territorio e alla tutela dell’ambiente, con il coinvolgimento di tutti i soggetti locali interessati (enti locali, centri di ricerca pubblici e privati, fondazioni bancarie, società civile, ecc.), impegnati, anche finanziariamente, nella definizione e nella realizzazione dei programmi. Le verifiche svolte sull’attuazione hanno poi evidenziato la possibilità significativi margini d’affinamento dei sistemi di monitoraggio e di valutazione degli Accordi e di coordinamento delle politiche settoriali.

6.3 Il DPEFR 2006-2008

Il DPEFR è per sua natura, oltre che per norma di legge, ancorato agli strumenti di programmazione nazionale, DPEF nazionale in primis.

Sia per quanto riguarda l’analisi dello stato dell’economia - locale e nazionale - che per quanto attiene il quadro delle previsioni finanziarie regionali non è possibile, infatti, esulare da quanto programmato dal DPEF nazionale sia per le previsioni dell’andamento delle variabili macro e microeconomiche che per le decisioni governative in materia tributaria e fiscale.

Nello specifico, la coerenza tra le linee guida che indirizzano i fondi strutturali e gli obiettivi strategici contenuti nel DPEFR si esplicita nell’analisi dei seguenti assi d’intervento:

1. Innovazione/ Economia della conoscenza: la politica regionale per lo sviluppo del sistema produttivo individua l’innovazione come un fattore cruciale di competitività su cui concentrare risorse, umane e finanziarie. In quest’ottica è non solo strumentale ma improrogabile l’approvazione di una legge quadro sulla ricerca, coerente con l’applicazione dei criteri di sostenibilità e dei principi per la creazione di una società fondata sulla conoscenza sanciti dall’Agenda di Lisbona, che, concentrando gli investimenti nei settori strategici - sia quelli indicati dal VI Programma quadro che quelli “tradizionali” -, incentivando il trasferimento di conoscenze dagli atenei e dai centri di ricerca applicata ai sistemi produttivi locali e favorendo la cooperazione tra atenei piemontesi e altri atenei europei, garantisca al Piemonte le condizioni necessarie per riposizionarsi a livello internazionale e rilanciare l’economia.

È altresì necessario promuovere una politica industriale che, perseguendo gli orientamenti comunitari previsti dall’Agenda di Goteborg, premi le aziende che orientano la produzione verso soluzioni compatibili e sostenibili con l’ambiente.

2. Ambiente e Prevenzione dei rischi: i continui e frenetici cambiamenti nell’economia, nei sistemi produttivi e nei modelli sociali ha generato un mutamento profondo non solo negli stili di vita ma anche nella percezione dei bisogni, vecchi e nuovi, che questo vorticoso cambiamento ha generato. In questo panorama la prevenzione sanitaria - sia primaria sia secondaria -, come contemplato nel piano sanitario ha assunto un’importanza fondamentale sia in termini di risorse strumentali impiegate che di tecnologie utilizzate. Il sostegno e la promozione della prevenzione e di stili di vita più equilibrati e sostenibili devono, altresì, integrarsi con politiche intersettoriali che sappiano incidere sulla qualità della vita e sulla salute dei cittadini.

La prevenzione dei rischi riguarda una molteplicità di materie che hanno come più importante obiettivo la salute delle persone e delle comunità del territorio piemontese. La conservazione del territorio e dell’ambiente, l’uso più razionale di risorse considerate fino ad oggi inesauribili - come l’acqua - la difesa dell’aria e del suolo sono oggi priorità improrogabili. Il piano d’assetto idrogeologico così come le attività dell’autorità ambientale e il Piano di tutela delle Acque sono alcuni degli strumenti per realizzare non solo un’attenta prevenzione, ma per costruire una governance in cui il rispetto dell’ambiente e delle sue risorse sono i cardini più importanti. Un settore molto delicato è quello dei trasporti, che interessa numerose e diverse dimensioni: dall’assetto territoriale a quello dell’innovazione, da quello economico produttivo a quello ambientale. La capacità di promuovere e realizzare una mobilità economicamente, socialmente e ambientalmente sostenibile è uno dei cardini della politica regionale degli ultimi anni e una necessità ormai improrogabile visti i danni - all’ambiente e alla salute delle persone - che un sistema di trasporti disordinato, come quello attuale, sta producendo. In questo settore sono, quindi, necessari interventi per il riequilibrio tra le diverse modalità di trasporto, per l’innovazione ma anche per una nuova pianificazione della mobilità urbana i cui cardini, concertati con le comunità locali, devono essere la sicurezza dello spazio stradale, un’elevata qualità ambientale e un’accentuata multifunzionalità.

3. Reti e accessibilità: le infrastrutture materiali e immateriali sono di fondamentale importanza per lo scambio da un lato di merci e dall’altro di conoscenze, di best practice, d’idee ed esperienze, per garantire al Piemonte risorse per la sua crescita e il suo sviluppo. Per questo motivo è necessario da un lato il miglioramento e il potenziamento delle reti stradali e ferroviarie oltre che dei nodi d’interscambio modale e, dall’altro, la diffusione sempre più capillare dei servizi a larga banda sull’intera regione in modo da offrire alle Pubbliche Amministrazioni, alle imprese, al mondo della ricerca e ai privati le condizioni migliori per lavorare, formarsi e crescere. Il Programma RUPAR 2 è lo strumento operativo per il raggiungimento di questi obiettivi e per permettere alla Regione Piemonte di colmare quel gap tecnologico che ancora interessa alcune comunità.

(omissis)