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Bollettino Ufficiale n. 37 del 15 / 09 / 2005

Deliberazione della Giunta Regionale 12 settembre 2005, n. 8-791

L.R. n. 21/97 e s.m.i. - Capo VI - Artigianato Artistico e Tipico di Qualita’ - Art. 27 - Approvazione del Disciplinare per l’Eccellenza dell’Impresa Artigiana Alimentare - Settore Panificazione (farine, pane, grissini, focacce)

(omissis)

LA GIUNTA REGIONALE

a voti unanimi...

delibera

di approvare, per le considerazioni in premessa, il Disciplinare per l’Eccellenza dell’Impresa Artigiana Alimentare - Settore Panificazione (farine, pane, grissini, focacce) allegato alla presente deliberazione quale parte integrante, predisposto dalla apposita Commissione di Disciplinare di Produzione.

La presente deliberazione verrà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell’art. 61 dello Statuto e dell’art. 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.

(omissis)

Allegato

DISCIPLINARE PER L’ECCELLENZA DELL’IMPRESA ARTIGIANA ALIMENTARE DELLA PANIFICAZIONE (farine, pane e grissini, focacce)

ASPETTI STORICI

“Oggi si fa presto a dire pane, per parafrasare il celebre libro di Piero Califfi Si fa presto a dire fame. E’ così legato al quotidiano, così ovvia la sua presenza sulla nostra tavola che non ci badiamo quasi più, se non per osservare svagatamene, ogni tanto, che non è più quello di una volta, come le stagioni. Ne sappiamo poco quasi nulla. Eppure per noi italiani, è ancor l’alimento fondamentale.”

Così inizia la prefazione di Orlando Perera al testo “Pane Nostro”, una ricerca, dove lo stesso Perera mette a fuoco i diversi problemi, in tema di qualità e di difesa delle tradizionali produzioni della panificazione piemontese, definendo un complesso mondo produttivo in cui operano artigiani sorretti da competenza e passione.

Si possono scrivere, e si sono scritti, interi volumi sulla storia del pane, sui simbolismi che lo circondano e sulle infinite varietà esistenti. Dalle prime rudimentali focacce agli eleganti pani rinvenuti nelle tombe egizie, dalla lievitazione alla modellazione in forme fantasiose e all’aggiunta di condimenti e spezie, tutto testimonia la costante ricerca per selezionare il frumento e fare del pane non solo una fonte di nutrimento abbondante ed economica ma anche un piacere per il palato.

E poi c’è la magia di una gestualità millenaria, della pasta che prende forma e vita con la lievitazione, e di quella fragranza inconfondibile a qualsiasi latitudine in qualsiasi epoca.

Senza dimenticare il valore culturale del pane. Basta frugare per qualche istante fra i ricordi di scuola, ed ecco affiorare in ordine sparso una quantità di immagini. Mistico-religiose, come il pane azzimo consumato durante il Seder della Pasqua ebraica a ricordo dell’affrettata fuga dall’Egitto, oppure i simbolismi dei riti eucaristici, i racconti evangelici e così via; storiche e letterarie, come gli assalti ai forni di manzoniana memoria, o le brioches che tanto costarono a Maria Antonietta (almeno stando all’aneddotica spicciola); della fantasia e del folclore, come le briciole di pane disseminate dai soliti, vessatissimi bambini delle fiabe.

La panificazione è più o meno coeva all’inizio della coltivazione dei cereali, e risale all’incirca a diecimila anni fa, quindi al Neolitico, quando si iniziarono ad assemblare poltiglie con cereali (miglio e orzo i più antichi fra quelli conosciuti) che venivano schiacciati e impastati con acqua; forse qualcuno lasciò questo intruglio troppo vicino al fuoco, scoprendo che il calore lo faceva asciugare e ne migliorava il sapore.

Il pane, le cui origini vanno collocate in Mesopotamia, fra gli attuali Turchia, Iran e Iraq, ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’agricoltura, quindi nello sviluppo delle società stanziali e delle civiltà, costituendo per tutti il principale degli alimenti di base. È opinione comune che siano stati gli Egizi a scoprire la lievitazione, e probabilmente anche qui il caso ebbe un suo ruolo, nella forma di un pezzo di pasta dimenticato e poi fatto cuocere assieme ai pani del giorno successivo coi risultati che ben conosciamo: aumento di volume, profumo, sapore.

Greci e Romani perfezionarono la pratica, moltiplicando le varietà di pani: i Greci ne conoscevano settantadue tipi diversi, tutti in qualche modo collegati a questa o quella divinità, e presso i Romani la panificazione assunse anche aspetti rituali, tanto che dei forni furono costruiti anche nei templi e i pistores (mugnai, fornai) divennero una sorta di casta preposta alla panificazione in cui il mestiere e relativi segreti venivano trasmessi di padre in figlio. Inoltre, “Pistor” era anche uno degli appellativi del dio Giove.

Anche nell’antichità, dunque, la gamma, e il prezzo, dei pani erano vastissimi, a seconda del tipo e qualità della farina, della presenza di condimenti, del luogo di produzione. Ad esempio, il pane con il sale era piuttosto comune in città e villaggi marini, dove si panificava usando direttamente l’acqua del mare, ma altrove diventava un bene raro e pregiato.

E se i Romani, perfezionando i metodi di macinazione, furono i primi a realizzare una sorta di pane bianco, di fatto la panificazione non conobbe mutamenti radicali fino al XVII secolo, quando si isolò il lievito, che ridusse notevolmente il tempo di lievitazione. Fino ad allora, infatti, l’unica lievitazione conosciuta era quella naturale, che durava non meno di venti ore ed avveniva grazie all’aggiunta all’impasto di una parte di quello avanzato dalla panificazione precedente. Era il metodo della “pasta madre”, o pasta acida, o lievito madre, a sua volta ottenuto mescolando acqua e farina e stimolando la fermentazione con l’aggiunta di polpa di frutta matura (o anche, in passato, ingredienti assai meno nobili).

Con la rivoluzione industriale, anche la panificazione è toccata dai cambiamenti tecnologici generali. Si perfeziona l’arte molitoria: i cereali sono macinati dall’azione di rulli e non più soggetti ad un forte attrito, evitando così il surriscaldamento e migliorando la qualità; e l’eliminazione completa della crusca facilita la realizzazione del pane bianco, meno nutriente ma che diventa una sorta di status symbol, poiché da secoli questo tipo di pane bianco era considerato un prodotto di particolare pregio. Solo in tempi recenti si è avuta una generale “riabilitazione” dei pani integrali, tradizionalmente “pani da poveri”, e delle loro proprietà nutrizionali.

Sarebbe impossibile, in questa sede, dare conto di tutte le tradizioni panificatorie e delle preparazioni assimilabili al pane sviluppatesi nel corso dei secoli, ma potrà essere interessante vedere come, anche in Piemonte, le varietà di pane siano nate non solo e non tanto in risposta ai gusti, ma per l’esigenza di trarre pane dai materiali che il territorio era in grado di fornire. È infatti evidente che, soprattutto nelle località montane meno accessibili, uno dei problemi principali era legato all’approvvigionamento dei cereali, e questo portò a creare pani con più tipi di cereali variamente miscelati. Di conseguenza, si determinò una sorta di gerarchia dei pani, solitamente collegata alla percentuale di farina bianca di frumento contenuta. Tipico il caso dell’alta Valle di Susa, ma anche dell’alto Canavese o altri territori montani, dove il pane bianco era un lusso riservato alle feste, mentre all’estremo opposto si trovava il pane nero, di segale (oggi costosa specialità realizzata, in purezza o in variabile mistura con farina di grano tenero, da ben pochi fornai). Fra i due si trovava il “Pan Barbarià”, forse il più comune, fatto con una miscela di segale e frumento in proporzioni variabili. Con lo stesso principio, altrove si facevano il pane di castagne - alimento fondamentale, e in molti casi pressoché unico, di varie popolazioni delle zone prealpine e delle medie valli - il pane di meliga o il pane di riso.

Come in tutte le società rurali, in molti paesi e borghi del Piemonte era prassi comune la panificazione collettiva nel forno pubblico, che avveniva periodicamente e di cui con debito anticipo veniva dato annuncio. La panificazione era un’incombenza pesante e tipicamente femminile. Le donne preparavano in casa le pagnotte e poi le portavano a cuocere nel forno del paese, seguendo turni regolati da un pubblico funzionario incaricato del funzionamento e manutenzione del forno stesso e al quale spettava quale compenso una percentuale del pane misurata in base al numero di pagnotte cotte da ciascun utente. Oppure, in mancanza di questa figura, gli abitanti si occupavano direttamente dell’accensione del forno e della cottura del pane, e poiché il forno era grande e il suo riscaldamento richiedeva notevole dispendio di legna, un’attenta turnazione assicurava un’equa ripartizione dei costi di gestione. Per riconoscere i propri pani dopo la cottura, le famiglie lo contrassegnavano, da crudo, col coltello oppure col marca-pan, una sorta di timbro che veniva impresso sulla pasta lievitata ed era diverso per ogni famiglia.

Anche il lievito era collettivo. Era conservato a turno dalle famiglie, che provvedevano poi a suddividerlo e a farlo crescere fino a ottenere la quantità necessaria. Le modalità di mantenimento e impiego di questa pasta madre, in piemontese alvà, sono infatti particolari: innanzi tutto, la “madre” va mantenuta in vita con regolari rinfreschi, che consistono nel rimuovere la crosta che si forma all’esterno e nel reimpastare il tutto con aggiunta di acqua e farina, avvolgendola poi in un telo di cotone legato con uno spago fino al momento del nuovo utilizzo. Inoltre, di questo lievito madre si deve usare una quantità assai maggiore rispetto al lievito di birra - fino a un terzo dell’impasto totale - e i tempi di lievitazione sono decisamente più lunghi, in media una ventina di ore.

È evidente che le esigenze del mercato oggi hanno reso questa panificazione estremamente rara, e il lievito naturale è in genere sostituito dal lievito di birra, che riduce i tempi di lievitazione a poche ore.

Tuttavia, in anni recenti la panificazione tradizionale è stata al centro di un rinnovato ritorno di interesse, alimentato anche dalla rivalutazione nutrizionale delle farine integrali e di una vasta gamma di cereali. Questa tendenza ha coinvolto sia i processi di lavorazione sia le materie prime, ed il risultato più tangibile è stata la nascita di aziende la cui produzione è conseguenza diretta di un accurato lavoro di ricerca rispetto alle lavorazioni tradizionali, dall’impasto alla struttura del forno. Non solo, ma questa ricerca ha anche portato al recupero di antiche coltivazioni a rischio di estinzione.

Le varietà di pane in Piemonte sono moltissime, e alcune hanno nomi e origini curiosi: fra le più diffuse ricordiamo la classica Biova, ideale per la soma d’aj; o la Campagnola, tipica del Cuneese, che è un pagnottone fragrante, da affettare. I termini dialettali “Grissia” e “Mica” indicano genericamente una pagnotta, mentre altre denominazioni si riferiscono alla forma, dal Tursùn (“pane ritorto, attorcigliato”) alla Malfaita. Interessante poi il caso della Munizione, che deriva dal pane che veniva distribuito giornalmente ai soldati sabaudi, costituendone quindi la razione, o munizione appunto, quotidiana.

Infine, i pani speciali, come il Pan Robi o il pane nero di Coimo, o il famoso Pane di Carlo Alberto, specialità di Agliano, insaporito con acciughe e noci.

Non possiamo che concludere con i grissini, antica specialità piemontese. La loro origine è probabilmente anteriore, ma di sicuro si affermarono alla fine del XVII secolo, quando furono usati come farmaco per guarire il piccolo erede al trono. Il futuro Vittorio Amedeo II era infatti debole e malaticcio, perché affetto da un’infezione intestinale cronica aggravata dal pane dell’epoca, che pur essendo il pane “bianco” dei nobili, era cotto poco e male e soprattutto reso insalubre dagli inesistenti criteri igienico-sanitari dell’epoca. Pozioni e intrugli medicamentosi si rivelarono del tutto inefficaci, fino a quando il medico di corte, originario della Valle di Lanzo, osservò che egli stesso era guarito dal medesimo disturbo sostituendo alle pesanti pagnotte semicrude un “pan biscotto” sottile e croccante. Fu così che il fornaio Antonio Brunero realizzò il ghersino, “un pane sottile, lungo fino a un metro”. “Ghersino”, da cui “grissino”, in quanto versione ridotta della Ghersa, o Grissia, cioè della pagnotta classica.

Le varietà principali di grissini piemontesi sono i rubatà e gli stirati. Assistere alla loro realizzazione è davvero affascinante, perché i panettieri esperti compiono con estrema naturalezza e apparente facilità operazioni tutt’altro che semplici. I rubatà, il cui nome significa “rotolati” si fanno con pasta tagliata a striscioline che vengono fatte rotolare sulla spianatoia, sotto il palmo delle mani, ottenendone dei grissini di media lunghezza. I grissini stirati, sottili e friabilissimi, si ottengono tendendo la pasta con un unico gesto fino a raggiungere una lunghezza pari all’estensione delle braccia del fornaio.

Bibliografia

- Pane Nostro di Orlando Perera, Daniela Piazza Editore - Regione Piemonte 2003

- “Piemonte Eccellenza Artigiana - Quaderno sull’artigianato alimentare”, a cura di Lucilla Cremoni, Michelangelo Carta Editore - Regione Piemonte 2004

- Documentazione informativa realizzata dall’Associazione Artigiana Panificatori della Provincia di Torino

Collaborazioni

La stesura del presente disciplinare ha coinvolto in numerose riunioni i componenti della Commissione del Settore Panificazione e soggetti diversi che hanno fornito in più fasi dell’elaborazione indicazioni, suggerimenti e contributi tecnici:

Giuseppe Bracco - Presidente ASCOM di Torino e provincia

Marino Scarlino - Docente esperto in materie agro-alimentari (panificazione)

Piero Rigucci - Presidente Associazione Autonoma Panificatori di Cuneo e Presidente Unione Regionale Panificatori del Piemonte

Italo Rava - Presidente Associazione Artigiana Panificatori di Alessandria

Antonino Carlino - Presidente Gruppo Panificatori di Biella

Lorella Fogagnolo - Presidente Associazione Panificatori di Novara

Gianmauro Cristina - Presidente Associazione Panificatori di Vercelli

Attilio Bottani - Presidente Associazione Panificatori del VCO

Giovanni Gai - Presidente Associazione Panificatori della Provincia di Torino e vice-Presidente

Dell’Unione Regionale Panificatori del Piemonte

Giovanni Vernaglione - Segretario dell’Unione Regionale Panificatori

Giovanni Peira - Università di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Dipartimento di Scienze Merceologiche

Erica Varese - Università di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Dipartimento di Scienze Merceologiche

Alessandro Bonadonna - Università di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Dipartimento di Scienze Merceologiche

Luca Piantanida - Docente esperto in materie agro-alimentari (panificazione)

PREMESSA

La stesura del presente Disciplinare si inserisce nel quadro normativo - Titolo II Capo VI della L.R. 9 maggio 1997 n. 21 e s.m.i. L.R. 31 agosto 1999 n. 24 - predisposto dalla Regione Piemonte per la tutela e la valorizzazione delle lavorazioni artigiane che presentano elevati requisiti di carattere artistico o che estrinsecano valori economici collegati alla tradizione dei materiali impiegati, delle tecniche di lavorazione, dei luoghi di origine o alla cultura, anche di derivazione locale.

Secondo gli intendimenti della legge, la Regione Piemonte intende perseguire i seguenti obiettivi:

- quello della tutela e della salvaguardia di una tradizione artigiana con valenza culturale e storica accumulata nei secoli in Piemonte. Un patrimonio che, nonostante le difficoltà incontrate nel corso della sua evoluzione, è stato conservato, trasmesso e valorizzato con continuità, tenacia e valenza dagli operatori del settore di generazione in generazione fino ai giorni nostri;

- quello della promozione di un insieme di iniziative che riscoprano, consolidino e rinvigoriscano nei suoi diversi aspetti questo processo, adeguandolo alle esigenze di qualificazione e di innovazione che il contesto economico, sociale e tecnologico attuale pone.

Finalità

Per conseguire gli obiettivi previsti dalla L.R. 21/97 e s.m.i. - Capo VI, Artigianato Artistico, Tipico e di Qualità, art. 26 - è predisposto il presente Disciplinare per l’Eccellenza dell’ Impresa Artigiana Alimentare - Settore Panificazione (farine, pane e grissini, focacce)

Strumento

“Il Disciplinare per l’eccellenza dell’impresa artigiana alimentare” si propone di delineare delle regole, descrivere le caratteristiche e i requisiti, indicare le tecniche produttive adottate, sottolineare gli ingredienti utilizzati e quant’altro occorre ad individuare e specificare le lavorazioni in essere, secondo la legislazione vigente.

Riconoscimento

Potranno ottenere il riconoscimento di Impresa dell’ Eccellenza Artigiana e fregiarsi del marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” le imprese operanti nel Settore Panificazione (farine, pane e grissini, focacce - Legge 31 luglio 1956 n. 1002) ed i consorzi di impresa che, già iscritti all’Albo delle imprese, ai sensi della Legge 443/85, dimostrino di possedere i requisiti richiesti dal presente disciplinare.

Il riconoscimento è attuato mediante idonea annotazione nell’Albo provinciale delle imprese artigiane, riportando l’indicazione del settore specifico, la descrizione della tipologia produttiva, l’attribuzione della denominazione di Eccellenza Artigiana, il conferimento del marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana”.

Art.1
Percorsi culturali

L’impresa deve saper riconoscere e collocare criticamente la propria attività nel rispetto dei percorsi culturali che hanno prodotto le esperienze storiche dell’Artigianato Tradizionale e di Qualità.

Devono essere considerati quali caratteristiche peculiari dell’impresa che opera nel settore:

* Il richiamo alla tradizione, inteso come capacità acquisita di una cultura specifica, non solo materiale,appartenente ad un ambito operativo.

* L’innovazione, intesa come volontà a ricercare e sperimentare nuove tecniche all’interno di un territorio, senza stravolgere i legami con la tradizione.

* L’aggiornamento professionale, ovvero la disponibilità a recepire stimoli e sollecitazioni provenienti dalle Istituzioni preposte o che svolgono attività di tutela, ricerca e valorizzazione del patrimonio culturale e del gusto.

* Il legame con le nuove generazioni, vale a dire la disponibilità ad offrire reali opportunità di formazione ed apprendimento, investendo in risorse umane.

* Il legame con il territorio, attraverso la proposta di percorsi del gusto e l’attivazione di sinergie con realtà espressione di una cultura territoriale.

1.1 Elementi caratteristici dell’Impresa Artigiana

Il rapporto tra tradizione e innovazione è la sfida ancora aperta per il mondo dell’artigianato.

La difficile alchimia fra questi due concetti delinea anche la vitalità economica di molte imprese artigiane. La sintesi tra tipicità, legame con il territorio, tradizione e processi innovativi rappresenta il contesto produttivo e l’universo di riferimento del settore.

In questo ambito si possono individuare alcuni elementi che distinguono l’impresa alimentare dell’eccellenza artigiana del Settore da un tipo di produzione seriale e standardizzata.

STAGIONALITA’

La ciclicità delle stagioni accompagna le produzioni artigianali. Specialmente nel settore alimentare, la stagionalità delle materie prime ha dato origine, nel tempo, a prodotti che hanno segnato e arricchito la vita dell’uomo. Una ricchezza che ci giunge non solo dal patrimonio di conoscenze della tradizione laica e religiosa, ma anche dalla necessità di scegliere e utilizzare quegli ingredienti nel loro naturale ciclo stagionale.

Il gusto di aspettare un periodo dell’anno, per ritrovare un sapore o un profumo senza accontentarsi di bontà appiattite lungo una temporalità sempre identica vuol dire riscoprire la memoria, rinsaldare il legame con lo sviluppo che l’uomo e il suo territorio sono in grado di sostenere.

EQUILIBRIO

Raggiungere e mantenere l’equilibrio tra gli ingredienti a disposizione e la giusta manipolazione sono risultati che fanno parte delle sfide quotidiane dell’artigianato: le materie prime sono materiali vivi che mutano continuamente durante la trasformazione in forme e gusti segnati dal rapporto con la modernità. Qui si gioca con maestria il ruolo dell’artigiano, non solo legato alla tradizione, ma capace di trovare sempre nuovi stimoli, nuove proporzioni, nuovi suggerimenti, nuove presentazioni, innovando le ricette del territorio.

GUSTO

Senso che con l’olfatto è costituito dall’insieme delle percezioni che si registrano in bocca: i sapori, gli aromi, le fragranze. Le lavorazioni artigianali di qualità concorrono ad affinare l’educazione al gusto esaltandone la peculiarità degli ingredienti, coniugando creatività e richiamo alla tradizione.

RISPETTO DEL TEMPO

Il tempo scandisce i ritmi della produzione. Ci vuole tempo per acquisire le materie prime, ci vuole tempo per trasformarle in ingredienti, ci vuole tempo per seguire le lavorazioni, ci vuole tempo per la finizione e le decorazioni. Avere un rapporto sano con i tempi più rallentati del solito vuol dire avere garanzia che in questo caso il tempo gioca a nostro favore: in qualità e cultura del gusto.

QUANTITA’

Per ogni artigiano esiste un volume ottimale di produzione. Esistono realtà con potenzialità più o meno elevate, ma per tutte non può essere superato quel rapporto stretto tra quantità prodotte e cura richiesta che comprometterebbe il livello qualitativo delle lavorazioni.

Verrebbe meno anche quel filo diretto, quel legame “personale” che permette agli artigiani di far tesoro delle valutazioni espresse dai propri clienti, dalle quali possono scaturire nuove opportunità di miglioramento.

Produrre maggiori quantità vorrebbe dire in alcuni casi rinunciare all’eccellenza delle materie prime ed accontentarsi di surrogati di qualità meno sicura. Il “dover aspettare”, il non trovare subito il prodotto che cerchiamo spesso è garanzia della coerenza delle scelte operate che determinano il valore aggiunto delle produzioni artigianali.

SEGRETI

Ogni artigiano sa di essere portatore di un sapere antico, al quale apporta le sue innovazioni, le sue modernità. Vive anche la feconda contraddizione di volere svelare i propri segreti, tramandando a qualcun altro questo “saper fare”, con l’aspettativa che non siano stravolti e semplificati quei gesti che sembrano inutili ma che fanno la differenza.

PECULIARITA’

Ogni artigiano ha una sua peculiarità che lo rende unico. Pur con forti legami con il territorio e la tradizione, non ne esistono due uguali. E’ l’ elemento che definisce meglio la figura dell’artigiano, che lo contraddistingue nella diversità e nell’unicità e che spiega l’affezione della clientela.

Si tratta della difesa non solo di prodotti e di gusti, ma anche e soprattutto dell’identità delle persone, della loro abilità nel lavorare e trasformare, nell’infondere caratteristiche speciali di maestria o nell’imprimere i tratti del loro personale sentire.

RESPONSABILITA’

La scelta delle materie prime costituisce il supporto fondamentale su cui poggia la qualità. Un artigiano serio ed eticamente motivato ha una grande competenza e consapevolezza nell’uso delle materie prime che, trasformate con abilità, costituiscono il valore aggiunto della produzione artigiana.

La competenza non può essere improvvisata perché richiede professionalità specifica nel saper effettuare un controllo a monte, su produzioni che spesso precedono il suo lavoro, a garanzia delle fasi successive.

Attività che presuppone una riconosciuta esperienza tramandata, attraverso la conoscenza diretta delle fasi di filiera e dei diversi soggetti coinvolti.

SICUREZZA ALIMENTARE

La sicurezza alimentare è un elemento centrale e prioritario per il consumatore ed un pre-requisito essenziale per la qualificazione della produzione alimentare.

Richiede una responsabilizzazione dell’artigiano quale garante delle produzioni e insieme degli strumenti impiegati che si realizza anche attraverso il principio dell’autocontrollo ed è parte integrante della competenza artigiana.

Art. 2
Definizioni

Il Molino è la struttura che lavora e trasforma i cereali in farine con elevate caratteristiche organolettiche. Esse, successivamente, sono impiegate per la produzione di pane fresco, grissini ed altri prodotti della panificazione.

Il panificio è la struttura artigianale in grado di trasformare le farine e gli altri ingredienti in un impasto opportunamente lavorato e lievitato che, dopo la cottura, può essere definito come prodotto della panificazione.

Art. 3
Ingredienti

Di seguito, a titolo esemplificativo, si riporta un elenco degli ingredienti principali e più comunemente utilizzati per la preparazione di prodotti della panificazione previste da questo disciplinare:

* Farina 0/00 di media forza (sfarinato con un contenuto medio di glutine, basso contenuto di ceneri ed è usato per molte qualità di pane ottenute prevalentemente con il metodo diretto di panificazione).

* Farina 0 di forza (sfarinato con un contenuto alto di glutine, medio contenuto di ceneri ed è usato per le qualità di pane ottenute prevalentemente con il metodo indiretto di panificazione)

* Semola rimacinata (sfarinato con un contenuto medio/alto di glutine, medio contenuto di ceneri ed è usato per le qualità di pane ottenute prevalentemente con il metodo diretto ed indiretto di panificazione).

* Sfarinati di altri cereali (prevalentemente usati quelli di segale, mais, riso, farro, orzo, sia bianche che integrali)

* Acqua (deve essere potabile e di media durezza)

* Lievito (a seconda del processo di panificazione si utilizza il lievito di birra per preparare la “biga” oppure quello naturale o lievito di pasta acida).

* Sale (deve essere puro e privo di particelle di natura organica ed inorganica diversa).

* Sostanze grasse (si usano prevalentemente: olio d’oliva, strutto, burro).

Art. 4
Comparti e Tecniche di lavorazione

Dalla più ampia definizione di “Settore Panificazione” sono compresi le seguenti tipologie:

farine,

pane,

grissini,

altri prodotti della panificazione (come focacce, prodotti da forno, paste lievitate)

Per ogni comparto valgono le regole generali dettate dal presente Disciplinare, con l’adeguata interpretazione relativa alla produzione.

Le imprese potranno, qualora ne posseggano i requisiti, essere annotate contemporaneamente in più Settori o Comparti dell’ Artigianato di Qualità.

Le indicazioni di seguito descritte hanno lo scopo di far intendere che, per l’ottenimento della produzione artigiana non sono ammesse semplificazioni, come l’uso di ingredienti semilavorati o l’impiego di additivi chimici, di parti di prodotto acquistate già pronte, e che le lavorazioni dovranno essere eseguite nel rispetto dei criteri del presente Disciplinare

Farine

Nel percorso di filiera del pane, un ruolo fondamentale assumono le farine.

La corretta macinazione del grano e degli altri cereali impiegati in panificazione sta alla base di una corretta produzione panaria.

I cereali devono essere preventivamente puliti, preparati e successivamente macinati con i diversi tipi di molino.

L’equilibrio della macinazione comporta un recupero della produzione nostrana sia per quanto riguarda la materia prima (cereali) sia per quanto riguarda i diversi prodotti della panificazione.

Panificio

Si chiama panificio l’entità produttiva di dimensioni ridotte, che non necessita di conservazione del prodotto finito. Ovvero il pane deve essere prodotto e somministrato nella giornata.

La tradizione artigiana offre numerose varietà: dalle più semplici (con l’uso di pochi ingredienti del territorio) ad altri più complessi per la loro fattura che miscelano altri ingredienti senza limiti di fantasia e alla creatività dell’artigiano.

La denominazione dei principali tipi è la seguente:

Pane tipo “00"

Pane tipo “0"

Pane tipo “1"

Pane tipo “2"

Pane tipo “integrale”

Pane di segale

Pane di semola rimacinata

Pane di altri cereali (es.segale, orzo, riso, farro, mais)

Pane di altri sfarinati alimentari (es. soia).

I grissini sono pane a tutti gli effetti e di conseguenza dal punto di vista strettamente legale e quindi di denominazione seguono le norme della panificazione.

La categoria “altri prodotti della panificazione” si prefigge di considerare tutta la produzione del mastro artigiano che non può essere riconsiderata tra i pani ed i grissini ma che, comunque, presenta i requisiti necessari previsti da questo disciplinare.

Accanto alla soddisfazione legale del prodotto vi è quella ben più importante della qualità del pane.

Il principio di base per ottenere un prodotto di alta qualità è quello di utilizzare materie prime idonee e tempi di lavorazione adeguati.

I metodi di panificazione sono diversi, comunque si possono riassumere nei due fondamentali:

1. diretti,

2. indiretti.

Il metodo diretto di panificazione impiega il lievito di birra ed è detto tale in quanto impasta direttamente i diversi ingredienti e procede senza soluzione di continuità nelle successive fasi del diagramma di flusso.

Il metodo indiretto invece si basa sull’uso di lieviti ottenuti con lunghi riposi di fermentazione, prima del loro impiego nel ciclo produttivo del pane. La fermentazione complessiva (quella del lievito e del ciclo di lavorazione) essendo decisamente più lunga rispetto al pane ottenuto con i metodi diretti, permette aroma, gusto e conservazione superiori.

Art. 5
Ciclo produttivo

A) Attività svolte

La catena produttiva comprende tutte le fasi della produzione che vanno dal ricevimento delle materie prime fino all’immissione sul mercato del prodotto trasformato, utilizzando i procedimenti di:

* selezione e pesatura delle materie prime da utilizzare;

* miscelazione delle stesse e impasto

* eventuale raffreddamento o riposo o lievitazione dell’impasto ottenuto e successiva lavorazione;

* cottura dei prodotti ottenuti con l’impasto;

* finizione dei prodotti ottenuti mediante opportuno riposo (raffreddamento) prima di essere venduto al consumatore finale.

B) Prodotti interessati.

Le fasi produttive e la tecnica impiegata devono assicurare che il prodotto finito mantenga inalterate tutte le caratteristiche peculiari delle tipologie merceologiche.

Le lavorazioni devono essere eseguite all’interno dell’azienda.

La descrizione del ciclo produttivo e gli ingredienti non sono e non vogliono essere né un manuale né un ricettario. La fantasia, la manualità, l’esperienza e la professionalità degli artigiani non deve essere vincolata.

5.1 Utilizzo dei semilavorati

Non è assolutamente consentito rifinire, completare o utilizzare beni acquistati come semilavorati presso aziende che non possono fregiarsi dell’Eccellenza Artigiana.

Art. 6
Grissino artigianale

Il grissino artigianale si caratterizza per l’impiego di materie prime fresche (elemento caratterizzante) selezionate direttamente dal produttore che miscela in modo originale, secondo la propria creatività.

Il grissino artigianale è pane ottenuto impiegando tecniche particolari e che comunque variano

Tutte le fase del diagramma di flusso, dalla scelta delle materie prime (in particolare la qualità panificabile delle farine) all’impastamento, lievitazione, fino alla foggiatura e stiramento dell’impasto. L’operazione di allungamento è l’aspetto caratteristico che determina struttura, forme e dimensioni alla base della qualità complessiva grissino.

6.1 Ingredienti consentiti

Gli ingredienti base sono quelli del utilizzati per il pane.

6.2 Ingredienti diversi

Nella preparazione dei grissini è possibile l’impiego di ingredienti diversi da quelli che formano l’impasto base previsti dalle norme della panificazione (ad esempio: olive, noci, sesamo ecc)

6.3 Diagramma di flusso

Le fasi essenziali della preparazione del grissino artigianale possono essere sinteticamente rappresentate secondo il seguente diagramma:

1
Selezione e miscelazione ingredienti

2
Preparazione impasto base

3
Impastamento

4
Prima lievitazione

5
Foggiatura

6
Lievitazione

7
Taglio e stiratura

8
Riposo e cottura.

Art. 7
Caratteristiche del prodotto finito

Il pane ed i grissini e gli altri prodotti della panificazione devono presentare dei caratteri merceologici e sensoriali tali da valorizzare la professionalità e l’esperienza degli operatori.

Caratteri merceologici.

I prodotti finiti devono essere in linea con le norme vigenti in modo da soddisfare la composizione, l’etichettatura e le condizioni igienico-sanitarie.

Caratteri sensoriali.

Devono essere considerati e valutati tutta una serie di fattori a seconda della qualità del prodotto. In particolare dovranno essere presi in considerazione:

* struttura,

* colore della crosta e della mollica,

* alveolatura,

* sviluppo,

* odore, sapore,

* conservazione.

Art. 8
Produzione

La produzione artigianale di pane, grissini, ed altri prodotti da forno del panificio dovrà essere caratterizzata dalla qualità dell’esecuzione con una particolare attenzione alla valenza estetico-formale, agli ingredienti, alle tecniche di lavorazione, alle presentazioni, alle finiture ed alle decorazioni .

8.1 Produzione artistica e innovativa

E’ suggerito l’utilizzo di ogni tipo di ingrediente alimentare, purchè consentito, che assolva alle esigenze di creatività dell’artigiano panificatore per la realizzazione di nuovi prodotti o per la realizzazione di ricette in cui sia richiesta una particolare tecnica dettata da specifiche esperienze culturali, di tradizione e innovative insieme.

E’ preso in considerazione anche l’utilizzo di materiali e tecniche innovative, là dove esse siano funzionali al conferimento di precise valenze creative e di arricchimento qualitativo del prodotto finale.

In questa categoria rientrano le lavorazioni che l’artigiano panettiere mette in campo, attraverso l’uso di materie prime tradizionali, ampliando il suo orizzonte culturale e di conoscenze gastronomiche, dando origine a nuovi prodotti di alta professionalità e fantasia.

Sono consentite tecnologie che assolvano alle esigenze di lavorazione, a patto che il loro utilizzo non comprometta la richiesta di manualità che è prerogativa del prodotto artigianale.

Art. 9
Manualità e Tecnologia

L’utilizzo dei macchinari è consentito per velocizzare i tempi di lavorazione, senza peraltro stravolgere gli originari e tradizionali sistemi di produzione.

L’uso dei macchinari tradizionali (forno, impastatrici a braccia tuffanti e a spirale, foggiatrici, celle, forni, etc.) si può accompagnare a fermo-lievitazione per il controllo delle temperature, fatto salvo, la corretta applicazione delle norme sanitarie vigenti.

Le attrezzature non dovranno comunque essere del tutto meccanizzate ed automatizzate al fine di evitare una standardizzazione della produzione ottenuta.

La percentuale di manualità nel processo produttivo deve essere comunque significativa in tutti i prodotti e processi di lavorazione.

Il titolare dell’azienda od il socio titolare del riconoscimento devono saper dimostrare la loro completa competenza anche nelle lavorazioni di base della panificazione e/o della grissineria artigianale proprie e tipiche del settore di appartenenza.

La tecnologia deve essere di aiuto all’artigianato d’eccellenza non solo in quei frangenti in cui si richieda salvaguardia personale dei lavoratori, ma nei casi in cui il prodotto finale abbia fasi di lavorazioni iniziali o intermedie nelle quali l’utilizzo dei macchinari (anche ad alto contenuto tecnologico) porti ad una velocizzazione di certe procedure senza rendere seriale la produzione e per adeguarsi alle tecniche di conservazione a tutela del prodotto, senza nulla togliere alle peculiarità caratteristiche del prodotto finale.

Nei processi di produzione indicati si evidenzia che la manualità rappresenta l’elemento distintivo che consente di differenziare l’impresa artigiana dall’impresa industriale: durante le fasi di trasformazione è quindi indispensabile che la manualità sia non solo presente, ma determinante per la qualità finale del prodotto. La capacità e l’esperienza dell’artigiano panificatore sono infatti indispensabili per governare il processo produttivo al fine di ottenere un prodotto d’eccellenza.

La produzione artigiana non può essere caratterizzata dall’assoluta serialità del prodotto, tuttavia occorre che il prodotto stesso, compatibilmente con il rispetto delle esigenze di stagionalità e di mercato, non abbia caratteristiche morfologiche ed organolettiche eccessivamente discontinue.

Art. 10
Requisiti

Data la complessità del settore, l’imprenditore artigiano panificatore deve avere un’approfondita conoscenza delle tecniche di lavorazione tradizionali, dei processi produttivi, delle materie prime e degli ingredienti utilizzati e deve essere in grado di partecipare direttamente alle fasi produttive.

E’ richiesta un’ esperienza di almeno 5 anni nel settore.

Qualora il periodo sia inferiore a quello sopra indicato, possono concorrere al raggiungimento del tetto dei cinque anni i periodi di attività produttiva nel settore (da documentare), in qualità di dipendente o di coadiuvante con mansioni lavorative adeguate.

E’ sufficiente un periodo di lavoro nel settore di 4 anni per chi avesse effettuato un percorso di formazione specifica presso scuole di formazione accreditate (per un minimo di 1200 ore) oppure sia in possesso di una formazione professionale nel settore.

Nel caso di consorzi di imprese, sarà indispensabile che almeno i 4/5 delle imprese che ne fanno parte siano riconosciute imprese dell’Eccellenza Artigiana.

10.1 Norme di ammissione

Le imprese artigiane dovranno provare la propria capacità compilando la domanda- questionario predisposta, allegando:

* dichiarazione che almeno il 70% della propria produzione rispetta quanto previsto dal presente Disciplinare

* curriculum dettagliato in cui evidenziare

1. esperienze produttive

2. eventuale partecipazione ad Esposizioni, Mostre, Rassegne di settore

3. partecipazione attiva a percorsi formativi anche in collaborazione con associazioni di categoria e/o di settore

* documentazione fotografica del laboratorio artigiano

10.2 Accettazione delle domande

Il riconoscimento viene effettuato dalla Commissione Provinciale per l’Artigianato (C.P.A.) competente per territorio, supportata da un rappresentante della locale Associazione Panificatori aderente alla FIPPA e da esperti, ai sensi delle normative vigenti.

La Commissione, esaminate le domande e la documentazione prodotta, potrà, qualora ne ravveda la necessità, richiedere specificazioni attraverso:

* documentazioni aggiuntive

* colloqui diretti

* sopralluoghi presso le aziende dei richiedenti.

10.3 Attività di commercio

Potranno essere riconosciute le aziende artigiane che svolgono in forma secondaria, attività commerciale a condizione che non si generi confusione tra il prodotto regolarmente realizzato in azienda e quello unicamente commercializzato.

10.4 Titolarità del riconoscimento

Il riconoscimento è attribuito all’impresa ai sensi della L.R. 21/97 e s.m.i., art. 28.

I requisiti richiesti dal Disciplinare devono sussistere in capo al titolare o almeno ad uno dei soci dell’impresa.

Ogni modifica e variazione d’impresa deve essere comunicata alla competente Commissione Provinciale per l’Artigianato (C.P.A.) che valuta il permanere dei requisiti di eccellenza.

10.5 Denominazione

E’ stata individuata la denominazione “Eccellenza Artigiana” con D.G.R. n. 30 - 322 del 29/06/2000 da attribuire alle imprese che hanno ottenuto il riconoscimento dell’artigianato artistico, tipico, tradizionale di ogni settore e conseguente annotazione specifica all’Albo provinciale delle imprese artigiane.

A tali imprese viene attribuito il marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” approvato con D.G.R. n. 3 - 1713 del 14/12/2000.

L’uso, lo sviluppo e la diffusione di tale marchio è disciplinato da regolamento approvato con D.G.R. n. 4 -1714 del 14/12/2000.

Il richiamo all’ Eccellenza Artigiana in Mostre, Esposizioni, Manifestazioni, potrà essere utilizzato solo se il 90% delle imprese partecipanti risulteranno essere in possesso del marchio di eccellenza.

I concessionari utilizzatori della denominazione in oggetto e dei rispettivi elementi identificativi, si impegnano a proteggere il marchio e la sua immagine e a compiere ogni sforzo per propagandarlo.

In ogni caso, proprietario esclusivo del marchio è la Regione Piemonte.

10.6 Iter procedurale

Al fine di poter riassumere e di chiarire meglio quanto sopra espresso, evidenziamo le procedure di riconoscimento, che risultano pertanto:

* Compilazione della domanda-questionario

* Primo grado di valutazione delle imprese sulla base della domanda- questionario

* Acquisizione di ulteriore documentazione

* Approfondimento con eventuale richiesta di colloquio

* Predisposizione di controlli in azienda

* Previsione della possibilità di ricorso

10.7 Ricorsi

I ricorsi dovranno essere presentati seguendo le stesse modalità previste per i ricorsi su iscrizioni e cancellazioni dall’Albo delle imprese artigiane, alla Commissione Regionale per l’Artigianato (C.R.A.) che potrà avvalersi della consulenza della Commissione per il Disciplinare del settore.

10.8 Controlli

La Regione potrà, nell’ambito delle revisioni degli Albi provinciali delle imprese artigiane, attuare procedure al fine di verificare il persistere dei requisiti, come previsto dall’art. 44 della L.R. 21/97 e s.m.i.

L’impresa si impegna a dare alla Commissione Provinciale per l’Artigianato competente ogni facoltà per procedere di volta in volta a controlli di accertamento dei requisiti e l’impresa si impegna a dare spiegazioni rilasciando eventuale documentazione fiscale-contabile (fatture, registri, ecc). Le Commissioni Provinciali dell’Artigianato, competenti per territorio, in qualsiasi momento lo ritenessero opportuno, potranno svolgere indagini ed ispezioni per verificare il permanere, in capo all’impresa che abbia ottenuto il riconoscimento di “eccellenza artigiana”, dei requisiti richiesti dai rispettivi disciplinari di produzione.

10.9 Cancellazione del riconoscimento

Qualora si riscontri la non conformità dell’utilizzazione del marchio secondo quanto previsto nel Regolamento Regionale n. 1/R del 15 gennaio 2001 recante disposizioni sull’uso del Marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” e l’inosservanza delle prescrizioni previste dal presente disciplinare, la Commissione Provinciale per l’Artigianato, competente territorialmente, diffida l’impresa dall’utilizzo in maniera irregolare del marchio, invitandola ad adeguarsi a quanto previsto dal regolamento stesso.

In caso di reiterazione dell’inadempienza e/o perdita dei requisiti richiesti dai disciplinari, la C.P.A. competente territorialmente, provvede anche ai sensi dell’art. 45 della L.R. 21/97 alla cancellazione dell’annotazione di “Eccellenza Artigiana” dell’impresa dall’Albo, sentito in ogni caso l’interessato

Art. 11
Botteghe Scuola

Le imprese riconosciute sulla base dei criteri previsti nel presente Disciplinare e di quelli stabiliti dalla Regione Piemonte, sentito il parere della Commissione Regionale per l’Artigianato (C.R.A.), potranno accedere, ai sensi dell’art. 29 della L.R. 21/97 s.m.i., a tutti i vantaggi di cui usufruiscono le imprese “riconosciute”, tra cui la possibilità di partecipare al progetto formativo/lavorativo “bottega scuola”.

Quadro di riferimento normativo

Legge 31 luglio 1956 n. 1002

Legge 7 luglio 1967 n. 580

D.Lgs. 21 gennsaio 1992 n. 109

Decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998 n. 502

D.M. 6 aprile 1998 n. 172