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Bollettino Ufficiale n. 34 del 25 / 08 / 2005

Deliberazione della Giunta Regionale 1 agosto 2005, n. 12-605

L.R. n. 21/97 e s.m.i. - Capo VI - Artigianato Artistico e Tipico di Qualita’ - Art. 27 - approvazione del Disciplinare per l’Eccellenza dell’Impresa Artigiana Alimentare - Settore Gastronomia e Prodotti sottovetro

(omissis)

LA GIUNTA REGIONALE

a voti unanimi...

delibera

di approvare, per le considerazioni in premessa, il Disciplinare per l’Eccelenza dell’Impresa Artigiana Alimentare - Settore Gastronomia e Prodotti sotto vetro, allegato alla presente deliberazione quale parte integrante, predisposto dalla apposita Commissione di Disciplinare di Produzione.

La presente deliberazione verrà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell’art. 61 dello Statuto e dell’art. 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.

(omissis)

Allegato

DISCIPLINARE PER L’ECCELLENZA DELL’IMPRESA ARTIGIANA ALIMENTARE

GASTRONOMIA E PRODOTTI SOTTOVETRO

INTRODUZIONE

CENNI STORICI

L’importanza di conservare i cibi è stata compresa sin dalla più remota preistoria, cioè sin da quando ci si accorse che carne, pesce, verdure o frutti si deterioravano e diventavano inutilizzabili tanto più rapidamente quanto più alta era la temperatura circostante. La cottura, infatti, prolungava la durata dei prodotti, ma solo di un paio di giorni. Dunque, fin dall’antichità sono stati sviluppati sistemi atti a mantenere le vivande il più a lungo possibile, ed è evidente che le modalità di questo sviluppo sono dipese fortemente dalle condizioni geografiche e climatiche del territorio, e sono rimaste sostanzialmente invariate fino a quando la tecnologia ha sviluppato una serie di sistemi - dalla refrigerazione meccanizzata alla pastorizzazione, dalla liofilizzazione alla conservazione in ambiente protetto - che hanno reso il metodo di conservazione una scelta dettata dal gusto, più che una necessità.

I metodi più antichi, quelli che non necessitano di alcun apporto tecnologico, sono l’essiccazione, l’affumicatura, la salatura, anch’essi noti, pare, sin dal tardo Paleolitico assieme ad una rudimentale refrigerazione in buche o grotte. A questi si sono aggiunti, col tempo, la conservazione sotto il grasso e quella per azione dell’alcol, dell’aceto, del miele o dello zucchero, o di una combinazione di questi ingredienti: si pensi alle marmellate, alle mostarde, ai chutney, alle verdure sottaceto o in agrodolce, e così via.

Un approccio più “scientifico” fu introdotto nella seconda metà del Settecento, quando Nicolas Appert iniziò a sperimentare i procedimenti di sterilizzazione, facendo bollire i prodotti posti in contenitori inizialmente di vetro, poi di latta. Si scoprì in seguito che, oltre a mantenere i cibi più a lungo, questo processo elimina tossine pericolose come il botulino. Il suo effetto più immediato, tuttavia, fu quello di creare un nuovo, importante, settore produttivo, quello dei cibi in scatola. La prima industria di carne in scatola aprì a Chicago nel 1860, mentre in Italia fu il Piemonte ad aprire la strada: fu proprio a Torino, infatti, che nel 1875 Francesco Cirio iniziò la produzione di cibi in scatola.

Nel corso del XIX secolo furono anche inventati o perfezionati altri sistemi, a cominciare dalla refrigerazione meccanizzata che portò alla congelazione e alla surgelazione. Altrettanto importante fu la pastorizzazione, che si applica a derrate liquide come vino, latte o birra.

In seguito si misero a punto la liofilizzazione, la conservazione sottovuoto o con gas inerte, e così via, e si diffuse anche l’uso di conservanti chimici.

Fino all’era moderna, quindi, i sistemi di conservazione si sono basati sull’esposizione del prodotto a determinate condizioni, o al suo trattamento con altri prodotti naturali disponibili sul territorio. Uno dei sistemi più antichi è stato, come si è accennato, la refrigerazione, o addirittura la congelazione, dei cibi, che venivano immagazzinati in caverne orientate a nord. Ma si trattava di un sistema praticabile solo a certe latitudini, o in determinate stagioni.

Assai più diffusa era invece l’essiccazione, praticabile per azione del sole o del vento in condizioni di clima asciutto, dalle estreme propaggini settentrionali del continente europeo all’Africa subsahariana. Si pensi ai “festoni” di merluzzi o stoccafissi che campeggiano in tante immagini di paesaggi scandinavi, o anche alle distese di albicocche, fichi o pomodori messi a seccare sull’aia o sulla lobbia (il balcone) assolata delle cascine.

Il passaggio dell’aria o l’esposizione al sole, favoriti dall’appendimento dei cibi (ad esempio il pesce o la carne), o dal loro posizionamento su grate di vimini o reti, acceleravano l’evaporazione dei fluidi e quindi la disidratazione dei prodotti, bloccando l’azione degli enzimi e dei microrganismi che ne causano il deterioramento, ma possono sopravvivere e svilupparsi solo in presenza di acqua. Naturalmente, l’essiccazione deve avvenire in modo uniforme, dunque non deve essere troppo rapida, in quanto questo potrebbe determinare la disidratazione delle parti esterne, ma non di quelle interne; e non deve essere troppo lenta, perché altrimenti il deterioramento insorgerebbe prima del completamento dell’essiccazione. Il cibo, se correttamente essiccato, poteva mantenersi a lungo anche in condizioni climatiche sfavorevoli, e poiché l’essiccazione ne riduce drasticamente il peso e la massa, era facilmente trasportabile e costituiva una preziosa provvista. L’esempio più immediato è naturalmente il beef jerky, la carne secca dei pionieri americani, non troppo dissimile dal pemmican, la carne seccata, tritata e compressa degli Indiani d’America.

Pratica forse altrettanto antica è l’affumicatura, un procedimento in cui il prodotto - soprattutto carne, pesce, selvaggina, pollame - viene esposto al fumo ottenuto dalla combustione senza fiamma di questa o quella varietà di legno, ciascuna delle quali conferisce al prodotto una diversa sfumatura del caratteristico aroma. L’affumicatura può essere a freddo (avviene cioè a temperature che non superano i 40°C circa), e in questo caso è di fatto un’essiccazione e aromatizzazione del prodotto. Oppure, può essere a caldo: le temperature possono raggiungere i 90°C, e quindi il prodotto, oltre che aromatizzato, è sottoposto a un processo di cottura.

La salatura è invece un metodo in cui la disidratazione dell’alimento avviene per azione del sale, o di una salamoia, vale a dire una soluzione di acqua e sale, con l’eventuale aggiunta di aromi. La salatura non richiede particolari condizioni climatiche come abbondanza di sole o di vento, e può essere effettuata anche d’inverno, a patto naturalmente di poter disporre di abbondante materia prima, per l’appunto il sale. Era già ben nota ai Romani e ai “barbari”, le cui ricette per la conservazione delle cosce di suino si possono considerare precorritrici del prosciutto quale oggi lo conosciamo.

Ma questo metodo di conservazione, come è noto, ha avuto grande importanza nell’evoluzione della cultura alimentare piemontese, oltre che nell’economia e nella storia di intere comunità. Il discorso risulterà più chiaro se da un livello generale il discorso si orienta sul caso specifico: le acciughe. Che, come tutti sanno, sono co-protagoniste, assieme all’aglio, della Bagna Cauda, il piatto-simbolo del Piemonte.

Tutto nasce dal contrabbando del sale, per secoli un traffico tanto rischioso quanto redditizio per gli avventurosi passeurs che, stante il monopolio sul sale detenuto da Genova, eludevano dazi e gabellieri trasportandolo lungo le impervie “vie del sale” che solcavano le Alpi Marittime, in particolare le montagne del Cuneese. Valdieri, Vinadio, la Val Maira, Limone Piemonte, Dronero, sono solo alcune delle stazioni e destinazioni questo traffico. Uno degli stratagemmi più efficaci per nascondere il prezioso carico consisteva nel camuffarlo sotto le acciughe conservate, che a loro volta potevano essere vendute ai viandanti, ai pellegrini o a chiunque volesse procurarsi del cibo saporito, durevole ed economico. In epoca napoleonica, Genova perse il monopolio, ma le vie del sale non furono abbandonate, perché le acciughe salate erano ormai diventate protagoniste del non più illecito commercio. Molti contrabbandieri si trasformarono in acciugai, creando così non solo una tradizione, ma un’economia locale: con i loro carretti leggeri e robustissimi gli anciué furono per molto tempo figure tipiche nelle città e campagne piemontesi, spostandosi di cascina in cascina, di mercato in mercato. Era un mestiere stagionale, il loro: terminati i principali lavori agricoli, gli acciugai lasciavano i campi per andare ad approvvigionarsi, inizialmente direttamente dai pescatori e successivamente presso i grossisti. Raggiungevano la Liguria ma anche luoghi più lontani, come la Sicilia e persino il Portogallo o la Grecia. Talvolta acquistavano la merce già pronta, altre volte si fermavano in loco da un anno all’altro per controllare direttamente i processi di salatura; in genere viaggiavano soli, ma talvolta erano seguiti dai figli adolescenti che così imparavano il mestiere, o anche dalle mogli.

Di invenzione non molto posteriore rispetto alla salatura dovette essere la conservazione sotto grasso: dai rilievi e pitture di Pompei, ad esempio, si deduce che il grasso animale doveva essere impiegato nella conservazione di alimenti quali i formaggi. Successivamente, nel grasso sono stati conservati soprattutto carni e insaccati, come i salam ‘dla douja, o come i confit, che uniscono le tecniche della salatura e della copertura col grasso semisolido. Incidentalmente, dopo il consumo dell’alimento conservato anche il grasso era reimpiegato per le fritture o per altri usi domestici.

Anche la conservazione di prodotti di origine vegetale ha sempre avuto un ruolo decisamente importante nell’economia domestica di territori che, come il Piemonte, dovevano affrontare inverni rigidi e improduttivi, e in cui quindi in cui la disponibilità di cibo conservato poteva influire in modo determinante sulla qualità della vita. Non solo perché le burnie (barattoli) di frutta sciroppata, di verdure variamente trattate, di conserve e marmellate diventavano un complemento gustoso al pranzo di Natale o alle occasioni speciali. Ma perché in alcuni casi i prodotti conservati diventavano indispensabili alla sopravvivenza. È il caso delle castagne, che storicamente hanno avuto, per le popolazioni delle zone alpine e prealpine che praticavano un’agricoltura di sussistenza, la medesima importanza che il mais e la polenta hanno rivestito per gli abitanti della “bassa”. Al punto che in molte zone il castagno era anche soprannominato l’"albero del pane".

Il metodo più comune per conservare le castagne era l’essiccazione, e a tal fine le borgate montane disponevano di un essiccatoio comune, dove i frutti venivano lasciati per un paio di settimane su graticci e giornalmente rimosse, infilate in sacchi e battute per consentire l’asportazione delle bucce. Ricci, rami e foglie secche servivano da combustibile per il fuoco degli essiccatoi. Al termine di queste operazioni, si separavano le castagne rotte da quelle intere, parte delle quali era venduta. Le castagne essiccate - con questo, ma anche con altri metodi, a seconda delle zone e delle usanze locali - duravano a lungo, e si consumavano a poco a poco durante l’inverno. In genere venivano ammollate e poi lessate, e mangiate col latte, col burro, i salumi e il lardo, o erano l’ingrediente principale di zuppe e pietanze come la Vianda canavesana.

Dalle castagne si ottiene anche farina, tradizionalmente prodotta con la molitura dei frutti in macine da talco. Ne risulta una farina finissima, quasi impalpabile, con la quale si realizzano preparazioni dolci e salate.

Gastronomia

Il termine non rimanda solo all’insieme di tradizioni culinarie di un territorio o un’epoca, ma anche ad un preciso luogo fisico, vale a dire a quei negozi-laboratori, eredi delle antiche pizzicherie, in cui è possibile acquistare piatti pronti che tuttavia non sono articoli da fast food ma vere e proprie specialità alimentari realizzate in sede da un artigiano che è in genere uno chef abilissimo nel preparare e presentare i cibi.

E nonostante il cambiare dei gusti e delle mode alimentari, ancor oggi girando per il centro (ma non solo) delle nostre città non possiamo resistere alla tentazione di fermarci ad ammirare vetrine che sono autentici trionfi di preparazioni presentate in modo spettacolare, talvolta sormontate da decorazioni-sculture e composizioni ricavate da zucche, meloni, angurie.

Se non resistiamo al richiamo della vetrina, una volta entrati troviamo ghiottonerie, dolci e salate, di ogni tipo. Alcune sono specialità della casa, o elaborazioni del gastronomo. Altre, e sono la maggioranza, sono piatti della tradizione: antipasti, carpioni, verdure ripiene (zucchine, peperoni, cipolle, carciofi e così via), ma anche zuppe, arrosti, brasati, la finanziera o la Bagna Cauda, torte e dolci al cucchiaio. Pietanze, insomma, la cui realizzazione richiede tempo, impegno e un’abilità culinaria che non tutti posseggono

Bibliografia

* Giovanni Goria, La Bagna Caoda, Diffusione Immagine 1999

* Giovanni Goria, La cucina del Piemonte collinare e vignaiolo, Franco Muzzio Editore 2002

* Nico Orengo, Il salto dell’acciuga, Einaudi 1998

* Sandro Doglio, Dizionario di gastronomia del Piemonte, Daumerie Editrice 1995

* Bianca Rosa Gremmo Zumaglini, Bianca delle Conserve: marmellate, Leone e Griffa 2000

* Bianca Rosa Gremmo Zumaglini, Bianca delle Conserve: conserve, Leone e Griffa 2000

* Angela Valle, C’era una volta: memorie, gastronomia e medicina popolare nel Canavese passato prossimo, Priuli e Verlucca 1996

Collaborazioni

La stesura del presente disciplinare ha coinvolto in numerose riunioni soggetti diversi che hanno fornito in più fasi dell’elaborazione indicazioni, suggerimenti e contributi tecnici.

Erica Varese - Università di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Dipartimento di Scienze Merceologiche

Alessandro Bonadonna - Università di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Dipartimento di Scienze Merceologiche

PREMESSA

La stesura del presente Disciplinare si inserisce nel quadro normativo - Titolo II Capo VI della L.R. 9 maggio 1997 n. 21 e s.m.i. L.R. 31 agosto 1999 n. 24 - predisposto dalla Regione Piemonte per la tutela e la valorizzazione delle lavorazioni artigiane che presentano elevati requisiti di carattere artistico o che estrinsecano valori economici collegati alla tradizione dei materiali impiegati, delle tecniche di lavorazione, dei luoghi di origine o alla cultura, anche di derivazione locale.

Secondo gli intendimenti della legge, la Regione Piemonte intende perseguire i seguenti obiettivi:

- quello della tutela e della salvaguardia di una tradizione artigiana con valenza culturale e storica accumulata nei secoli in Piemonte. Un patrimonio che, nonostante le difficoltà incontrate nel corso della sua evoluzione, è stato conservato, trasmesso e valorizzato con continuità, tenacia e valenza dagli operatori del settore di generazione in generazione fino ai giorni nostri;

- quello della promozione di un insieme di iniziative che riscoprano, consolidino e rinvigoriscano nei suoi diversi aspetti questo processo, adeguandolo alle esigenze di qualificazione e di innovazione che il contesto economico, sociale e tecnologico attuale pone.

Finalità

Per conseguire gli obiettivi previsti dalla L.R. 21/97 e s.m.i. - Capo VI, Artigianato Artistico, Tipico e di Qualità, art. 26 - è predisposto il presente Disciplinare per l’Eccellenza dell’ Impresa Artigiana Alimentare - Settore Gastronomia e Prodotti Sottovetro.

Strumento

“Il Disciplinare per l’eccellenza dell’impresa artigiana alimentare” si propone di delineare delle regole, descrivere le caratteristiche e i requisiti, indicare le tecniche produttive adottate, sottolineare gli ingredienti utilizzati e quant’altro occorre ad individuare e specificare le lavorazioni in essere, secondo la legislazione vigente.

Riconoscimento

Potranno ottenere il riconoscimento di Impresa dell’ Eccellenza Artigiana e fregiarsi del marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” le imprese operanti nel Settore Gastronomia e Prodotti sottovetro e i consorzi di impresa che, già iscritti all’Albo delle imprese, ai sensi della Legge 443/85, dimostrino di possedere i requisiti richiesti dal presente disciplinare.

Il riconoscimento è attuato mediante idonea annotazione nell’Albo provinciale delle imprese artigiane, riportando l’indicazione del settore specifico, la descrizione della tipologia produttiva, l’attribuzione della denominazione di Eccellenza Artigiana, il conferimento del marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana”.

Art. 1
Percorsi culturali

L’impresa deve saper riconoscere e collocare criticamente la propria attività nel rispetto dei percorsi culturali che hanno prodotto le esperienze storiche dell’Artigianato Tradizionale e di Qualità.

Devono essere considerati quali caratteristiche peculiari dell’impresa che opera nel settore:

* Il richiamo alla tradizione, inteso come capacità acquisita di una cultura specifica, non solo materiale, appartenente ad un ambito operativo.

* L’innovazione, intesa come volontà a ricercare e sperimentare nuove tecniche, all’interno di un territorio, senza stravolgere i legami con la tradizione.

* L’aggiornamento professionale, ovvero la disponibilità a recepire stimoli e sollecitazioni provenienti dalle Istituzioni preposte o che svolgono attività di tutela, ricerca e valorizzazione del patrimonio culturale e del gusto.

* Il legame con le nuove generazioni, vale a dire la disponibilità ad offrire reali opportunità di formazione ed apprendimento, investendo in risorse umane.

* Il legame con il territorio, attraverso la proposta di percorsi del gusto e l’attivazione di sinergie con realtà espressione di una cultura territoriale.

1.1 Elementi caratteristici dell’Impresa Artigiana

Il rapporto tra tradizione e innovazione è la sfida ancora aperta per il mondo dell’artigianato.

La difficile alchimia fra questi due concetti delinea anche la vitalità economica di molte imprese artigiane. La sintesi tra tipicità, legame con il territorio, tradizione e processi innovativi rappresenta il contesto produttivo e l’universo di riferimento del settore.

In questo ambito si possono individuare alcuni elementi che distinguono l’impresa alimentare dell’eccellenza artigiana del Settore da un tipo di produzione seriale e standardizzata.

STAGIONALITA’

La ciclicità delle stagioni accompagna le produzioni artigianali. Specialmente nel settore alimentare, la stagionalità delle materie prime ha dato origine, nel tempo, a prodotti che hanno segnato e arricchito la vita dell’uomo. Una ricchezza che ci giunge non solo dal patrimonio di conoscenze della tradizione laica e religiosa, ma anche dalla necessità di scegliere e utilizzare quegli ingredienti nel loro naturale ciclo stagionale.

Il gusto di aspettare un periodo dell’anno, per ritrovare un sapore o un profumo senza accontentarsi di bontà appiattite lungo una temporalità sempre identica, vuol dire riscoprire la memoria, rinsaldare il legame con lo sviluppo che l’uomo e il suo territorio sono in grado di sostenere.

EQUILIBRIO

Raggiungere e mantenere l’equilibrio tra gli ingredienti a disposizione e la giusta manipolazione sono risultati che fanno parte delle sfide quotidiane dell’artigianato: le materie prime sono materiali vivi che mutano continuamente durante la trasformazione in forme e gusti segnati dal rapporto con la modernità. Qui si gioca con maestria il ruolo dell’artigiano, non solo legato alla tradizione, ma capace di trovare sempre nuovi stimoli, nuove proporzioni, nuovi suggerimenti, nuove presentazioni, innovando le ricette del territorio.

GUSTO

Senso che con l’olfatto è costituito dall’insieme delle percezioni che si registrano in bocca: i sapori, gli aromi, le fragranze. Le lavorazioni artigianali di qualità concorrono ad affinare l’educazione al gusto esaltandone la peculiarità degli ingredienti, coniugando creatività e richiamo alla tradizione.

RISPETTO DEL TEMPO

Il tempo scandisce i ritmi della produzione. Ci vuole tempo per acquisire le materie prime, ci vuole tempo per trasformarle in ingredienti, ci vuole tempo per seguire le lavorazioni, ci vuole tempo per la trasformazione. Avere un rapporto sano con i tempi più rallentati del solito vuol dire avere garanzia che in questo caso il tempo gioca a nostro favore: in qualità e cultura del gusto.

QUANTITA’

Per ogni artigiano esiste un volume ottimale di produzione. Esistono realtà con potenzialità più o meno elevate, ma per tutte non può essere superato quel rapporto stretto tra quantità prodotte e cura richiesta che comprometterebbe il livello qualitativo delle lavorazioni.

Verrebbe meno anche quel filo diretto, quel legame “personale” che permette agli artigiani di far tesoro delle valutazioni espresse dai propri clienti, dalle quali possono scaturire nuove opportunità di miglioramento.

Produrre maggiori quantità vorrebbe dire in alcuni casi rinunciare all’eccellenza delle materie prime ed accontentarsi di surrogati di qualità meno sicura. Il “dover aspettare”, il non trovare subito il prodotto che cerchiamo spesso è garanzia della coerenza delle scelte operate che determinano il valore aggiunto delle produzioni artigianali.

SEGRETI

Ogni artigiano sa di essere portatore di un sapere antico, al quale apporta le sue innovazioni, le sue modernità. Vive anche la feconda contraddizione di voler svelare i propri segreti, tramandando a qualcun altro questo “saper fare”, con l’aspettativa che non siano stravolti e semplificati quei gesti che sembrano inutili ma che fanno la differenza.

PECULIARITA’

Ogni artigiano ha una sua peculiarità che lo rende unico. Pur con forti legami con il territorio e la tradizione, non ne esistono due uguali. E’ l’elemento che definisce meglio la figura dell’artigiano, che lo contraddistingue nella diversità e nell’unicità e che spiega l’affezione della clientela.

Si tratta della difesa non solo di prodotti e di gusti, ma anche e soprattutto dell’identità delle persone, della loro abilità nel lavorare e trasformare, nell’infondere caratteristiche speciali di maestria o nell’imprimere i tratti del loro personale sentire.

RESPONSABILITA’

La scelta delle materie prime costituisce il supporto fondamentale su cui poggia la qualità. Un artigiano serio ed eticamente motivato ha una grande competenza e consapevolezza nell’uso delle materie prime che, trasformate con abilità, costituiscono il valore aggiunto della produzione artigiana.

La competenza non può essere improvvisata perché richiede professionalità specifica nel saper effettuare un controllo a monte, su produzioni che spesso precedono il suo lavoro, a garanzia delle fasi successive.

Attività che presuppone una riconosciuta esperienza tramandata, attraverso la conoscenza diretta delle fasi di filiera e dei diversi soggetti coinvolti.

SICUREZZA ALIMENTARE

La sicurezza alimentare è un elemento centrale e prioritario per il consumatore ed un pre-requisito essenziale per la qualificazione della produzione alimentare.

Richiede una responsabilizzazione dell’artigiano quale garante delle produzioni e insieme degli strumenti impiegati che si realizza anche attraverso il principio dell’autocontrollo ed è parte integrante della competenza artigiana.

Art. 2
Definizione

2.1 Gastronomia

Un negozio di gastronomia è essenzialmente costituito da un laboratorio, ove avviene la produzione, e da un punto vendita, annesso al laboratorio.

L’attività di gastronomia è legata alla produzione artigianale e alla vendita di prodotti alimentari di vario genere: dagli antipasti ai dolci, dalle paste fresche alle carni, dalle preparazioni a base di verdura agli affettati ai formaggi...

L’offerta è determinata dalle capacità personali, dai gusti di chi cucina e dallo spazio a disposizione e, può comprendere molte preparazioni o limitarsi a poche specialità.

La gastronomia artigianale è, comunque, caratterizzata dalla preparazione di quantitativi limitati di preparazioni gastronomiche e dalla loro realizzazione con tecniche artigianali che, oltre a seguire i dettami della cucina tradizionale piemontese, lasciano libertà alla sperimentazione ed alla creatività del mastro artigiano.

Vi sono inoltre servizi aggiuntivi che i negozi di gastronomia offrono alla loro clientela e che mirano ad aumentarne la soddisfazione e a fidelizzarla nel tempo come ad esempio, la consegna a domicilio dei piatti e la preparazione, su ordinazione, di alcune specialità.

La Rosticceria è un Comparto della Gastronomia, che si diversifica specializzandosi nella tecnica di cottura degli alimenti con l’utilizzo di girarrosto a vista nel locale e consiste nella preparazione e cottura di alimenti come carni (bovine,ovine, avicole,...) ma anche di verdure ed altri piatti venduti caldi.

2.2 Prodotti sottovetro

Per prodotto sottovetro si intende qualsiasi alimento posto in vendita in appositi recipienti di vetro al fine di prolungarne il periodo di conservazione. Il sottovetro si può classificare in due grandi gruppi, quello dei salati e quello dei dolci. Un altro criterio di classificazione dei prodotti sottovetro può riguardare le modalità di conservazione mediante sostanze naturali, come olio, alcool etilico o bevanda spiritosa, sale, zucchero o liquidi di governo (comma 7 dell’art. 9 del D.Lgs n. 109/92).

Art. 3
Processo di Trasformazione

3.1 il processo produttivo

L’eterogeneità dei prodotti preparati nelle categorie considerate non permette di ricondurre il processo produttivo a fasi ben definite. Le diverse lavorazioni, comunque, devono essere svolte a partire dalla selezione delle materie prime fino al completamento del prodotto finito evitando l’uso di semilavorati nel caso in cui riducano l’intera attività ad un semplice assemblaggio.

3.2 Ingredienti

Di seguito, a titolo esemplificativo, si riporta un elenco degli ingredienti principali e più comunemente utilizzati per le preparazioni di gastronomia - rosticceria e di prodotti sottovetro:

* Carni (bovine, suine, ovine, caprine, equine, animali da cortile, selvaggina)

* Ortaggi (asparagi, spinaci, radicchio, rucola, broccoli, zucche, ...)

* Legumi (fagioli, piselli, ceci, ...)

* Farine e semole di grano tenero, grano duro, di riso e di mais.

* Pesci e crostacei

* Insaccati

* Uova o ovoprodotti equivalenti

* Latte fresco e suoi derivati (burro, formaggio, ricotta,...)

* Frutta fresca e secca

* Funghi e tartufi

Il reperimento degli ingredienti da utilizzare deve essere effettuato prevalentemente su base locale, soprattutto per quelle materie prime, di cui il territorio piemontese è ricco, che si distinguono per le loro proprietà e per le loro caratteristiche organolettiche e sensoriali.

3.3 Attrezzature di lavorazione

I macchinari necessari, la dotazione base del laboratorio di produzione comprende le attrezzature per la preparazione dei cibi (impastatrice, robot da cucina professionale, bilancia per alimenti), quelle per la cottura (cappa fumaria, fornello, forno, spiedo e girarrosto oltre a griglie per la cottura e pentole specifiche, bagnomaria), quelle per la conservazione (celle frigorifero), nonché utensili vari (coltelleria e posate per cucinare, pentolame, piatti, vassoi) e elettrodomestici per la pulizia del locale (in particolare lavastoviglie). A questa dotazione minima va aggiunta la strumentazione specifica per la preparazione delle specialità della gastronomia, come ad esempio macchine per preparare la pasta fresca (ad esempio sfogliatrici e formatrici), oppure strumenti accessori come un’affettatrice qualora si vogliano vendere anche affettati.

Art. 4
Prevalenza produttiva e trasparenza informativa

Ai fini dell’ottenimento del marchio di Eccellenza Artigiana sono introdotti due concetti da considerare come condizioni necessarie:

1. l’attività di produzione dell’impresa artigiana deve essere svolta prevalentemente ai fini dell’ottenimento di prodotti di gastronomia e rosticceria fresca non a lunga conservazione, sono pertanto da escludere produzioni conservate con metodi di uperizzazione o conservazione in atmosfera modificata

2. Per i prodotti sottovetro, è vietato l’uso di addensanti (pectine, farina di guar, farina di carrube), conservanti, coloranti ed antiossidanti chimici, come acido acetilsalicilico, bisolfito di sodio, acido ascorbico, sorbato di potassio, sorbitolo etc. E’ consentita la conservazione con l’utilizzo di liquidi di governo (soluzioni acquose di sale, salamoia; soluzioni acquose di acidi alimentari, aceto; soluzioni acquose di zuccheri; succhi di frutta e di ortaggi nel caso delle conserve di frutta e di ortaggi) di olio (è consentito l’uso esclusivo di olio di oliva), di alcool etilico o altra bevanda spiritosa, di sale e di zucchero. Inoltre è consentito l’uso del bagnomaria per la pastorizzazione e non è consentito l’uso dell’autoclave per la sterilizzazione.

3. Le informazioni riguardanti la produzione di prodotti Gastronomici, sia quelle previste dalla normativa vigente (denominazione di vendita, elenco degli ingredienti, le modalità di conservazione per i prodotti alimentari molto deperibili, ove necessario, il titolo alcolometrico per le bevande con contenuto alcolico superiore a 1,2%vol) sia quelle aggiuntive/facoltative, devono essere riportate nell’apposito cartello, devono essere esposte e facilmente consultabili nel locale di vendita e devono essere proposte in modo chiaro ed esaustivo ai fini di garantire la tutela del cliente/consumatore (trasparenza informativa).

Art. 5
Manualità

Nei processi di produzione indicati all’articolo 3 si evidenzia che la manualità rappresenta l’elemento distintivo che consente di differenziare l’impresa artigiana dall’impresa industriale: durante le fasi di trasformazione e/o stagionatura è quindi indispensabile che la manualità sia non solo presente, ma determinante per la qualità finale del prodotto. La capacità e l’esperienza dell’artigiano sono infatti indispensabili per governare il processo produttivo al fine di ottenere un prodotto d’eccellenza.

La produzione artigiana non può essere caratterizzata dall’assoluta serialità del prodotto, tuttavia occorre che il prodotto stesso, compatibilmente con il rispetto delle esigenze di stagionalità, non abbia caratteristiche morfologiche ed organolettiche eccessivamente discontinue.

Art.6
Requisiti

Data la complessità del settore, l’imprenditore artigiano deve avere un’approfondita conoscenza delle tecniche di lavorazione tradizionali, dei processi produttivi, delle materie prime e degli ingredienti utilizzati e deve essere in grado di partecipare direttamente alle fasi produttive.

E’ richiesta un’ esperienza di almeno 5 anni nel settore.

Qualora il periodo sia inferiore a quello sopra indicato, possono concorrere al raggiungimento del tetto dei 5 anni i periodi di attività produttiva nel settore (da documentare), in qualità di dipendente o di coadiuvante con mansioni lavorative adeguate.

E’ sufficiente un periodo di lavoro nel settore di 4 anni per chi avesse effettuato un percorso di formazione specifica presso scuole di formazione accreditate (per un minimo di 1200 ore) oppure sia in possesso di una formazione professionale nel settore.

Nel caso di consorzi di imprese, sarà indispensabile che almeno i 4/5 delle imprese che ne fanno parte siano riconosciute imprese dell’Eccellenza Artigiana.

6.1 Norme di ammissione

Le imprese artigiane dovranno provare la propria capacità compilando la domanda- questionario predisposta, allegando:

* curriculum dettagliato in cui evidenziare

1. esperienze produttive

2. eventuale partecipazione ad Esposizioni, Mostre, Rassegne di settore

3. partecipazione attiva a percorsi formativi anche in collaborazione con associazioni di categoria e/o di settore

* documentazione fotografica del laboratorio artigiano

6.2 Accettazione delle domande

Il riconoscimento viene effettuato dalla Commissione Provinciale per l’Artigianato (C.P.A.) competente per territorio, supportata da esperti, ai sensi delle normative vigenti.

La C.P.A., esaminate le domande e la documentazione prodotta, potrà, qualora ne ravvisi la necessità, richiedere specificazioni attraverso:

* documentazioni aggiuntive

* colloqui diretti

* sopralluoghi presso le aziende dei richiedenti.

6.3 Attività di commercio

Potranno essere riconosciute le aziende artigiane che svolgono, in forma secondaria, attività commerciale a condizione che non si generi confusione tra il prodotto regolarmente realizzato in azienda e quello unicamente commercializzato.

6.4 Titolarità del riconoscimento

Il riconoscimento è attribuito all’impresa ai sensi della L.R. 21/97 e s.m.i., art. 28.

I requisiti richiesti dal Disciplinare devono sussistere in capo al titolare o almeno ad uno dei soci dell’impresa.

Ogni modifica e variazione d’impresa devono essere comunicate alla competente Commissione Provinciale per l’Artigianato che valuta il permanere dei requisiti di eccellenza.

6.5 Denominazione

E’ stata individuata la denominazione “Eccellenza Artigiana” con D.G.R. n. 30 - 322 del 29/06/2000 da attribuire alle imprese che hanno ottenuto il riconoscimento dell’artigianato artistico, tipico, tradizionale di ogni settore e conseguente annotazione specifica all’Albo provinciale delle imprese artigiane.

A tali imprese viene attribuito il marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” approvato con D.G.R. n. 3 - 1713 del 14/12/2000.

L’uso, lo sviluppo e la diffusione di tale marchio è disciplinato da regolamento approvato con D.G.R. n. 4 -1714 del 14/12/2000.

Il richiamo all’ Eccellenza Artigiana in Mostre, Esposizioni, Manifestazioni, potrà essere utilizzato solo se il 90% delle imprese partecipanti risulteranno essere in possesso del marchio di eccellenza.

I concessionari utilizzatori della denominazione in oggetto e dei rispettivi elementi identificativi, si impegnano a proteggere il marchio e la sua immagine e a compiere ogni sforzo per propagandarlo.

In ogni caso, proprietario esclusivo del marchio è la Regione Piemonte.

6.6 Iter procedurale

Al fine di poter riassumere e di chiarire meglio quanto sopra espresso, evidenziamo le procedure di riconoscimento, che risultano pertanto:

* Compilazione della domanda-questionario

* Primo grado di valutazione delle imprese sulla base della domanda- questionario

* Acquisizione di ulteriore documentazione

* Approfondimento con eventuale richiesta di colloquio

* Predisposizione di controlli in azienda

* Previsione della possibilità di ricorso

6.7 Ricorsi

I ricorsi dovranno essere presentati seguendo le stesse modalità previste per i ricorsi su iscrizioni e cancellazioni dall’Albo delle imprese artigiane, alla Commissione Regionale per l’Artigianato (C.R.A.) che potrà avvalersi della consulenza della Commissione per il Disciplinare del settore.

6.8 Controlli

La Regione potrà, nell’ambito delle revisioni degli Albi provinciali delle imprese artigiane, attuare procedure al fine di verificare il persistere dei requisiti, come previsto dall’art. 44 della L.R. 21/97 e s.m.i.

L’impresa si impegna a dare alla Commissione Provinciale per l’Artigianato competente ogni facoltà per procedere di volta in volta a controlli di accertamento dei requisiti e l’impresa si impegna a dare spiegazioni rilasciando eventuale documentazione fiscale-contabile (fatture, registri, ecc). Le Commissioni Provinciali dell’Artigianato, competenti per territorio, in qualsiasi momento lo ritenessero opportuno, potranno svolgere indagini ed ispezioni per verificare il permanere, in capo all’impresa che abbia ottenuto il riconoscimento di “eccellenza artigiana”, dei requisiti richiesti dai rispettivi disciplinari di produzione.

6.9 Cancellazione del riconoscimento

Qualora si riscontri la non conformità dell’utilizzazione del marchio secondo quanto previsto nel Regolamento Regionale n. 1/R del 15 gennaio 2001 recante disposizioni sull’uso del Marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” e l’inosservanza delle prescrizioni previste dal presente disciplinare, la Commissione Provinciale per l’Artigianato, competente territorialmente, diffida l’impresa dall’utilizzo in maniera irregolare del marchio, invitandola ad adeguarsi a quanto previsto dal regolamento stesso.

In caso di reiterazione dell’inadempienza e/o di perdita dei requisiti richiesti dai disciplinari, la C.P.A. competente territorialmente, provvede anche ai sensi dell’art. 45 della L.R. 21/97, alla cancellazione dell’annotazione di “Eccellenza Artigiana” dell’impresa dall’Albo, sentito in ogni caso l’interessato.

Art. 7
Botteghe Scuola

Le imprese riconosciute sulla base dei criteri previsti nel presente Disciplinare e di quelli stabiliti dalla Regione Piemonte, sentito il parere della Commissione Regionale per l’Artigianato (C.R.A.), potranno accedere, ai sensi dell’art. 29 della L.R. 21/97 s.m.i., a tutti i vantaggi di cui usufruiscono le imprese “riconosciute”, tra cui la possibilità di partecipare al progetto formativo/lavorativo “bottega scuola”.

LEGISLAZIONE

SETTORE GASTRONOMIA E PRODOTTI SOTTOVETRO

D.P.R. 24/05/88 n. 224 attuazione della Direttiva 85/374/CEE sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi.

Decreto Legislativo 27.1.92 n. 109 - Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari (come modificato con i decreti legislativi n.68 del 25 febbraio 200° e n.259 del 10 agosto 2000 e dal decreto legislativo n.181 del 23 giugno 2003).

Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n.115 - Attuazione direttiva 92/59/CEE relativa alla sicurezza generale dei prodotti

Decreto_Legislativo 26 maggio 1997, n. 155: Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari.

Circolare Ministero della Sanità 26 gennaio 1998, n. 1: Aggiornamento e modifica della circolare n. 21 del 28 luglio 1995 recante: “Disposizioni riguardanti l’elaborazione dei manuali di corretta prassi igienica in applicazione D. Legislativo 26 maggio 1997, n. 155".

Circolare Ministeriale 7 agosto 1998, n. 11: Applicazione del D. Legislativo 26 maggio 1997, n. 155, riguardante l’igiene dei prodotti alimentari.

Decreto del ministero della Sanità n. 183/2000 concernente la disciplina degli additivi alimentari consentiti nella preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari. Recepimento della direttiva 98/72/CE

DPR 9 febbraio 2001, n.187: Regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari, a norma dell’articolo 50 della legge 22 febbraio 1994, n. 146

Circolare 168 del 10 gennaio ‘03 Ministero delle Attività Produttive Etichettatura dei prodotti alimentari

Legge 3 febbraio 2003 n. 14 art 12: Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2002.

Direttiva 2003/89/CE: indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari (allergeni)



















La legenda esplicativa relativa ai codici delle Direzioni e dei Settori è pubblicata a pagina del presente Bollettino (Ndr)