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Bollettino Ufficiale n. 34 del 25 / 08 / 2005

Deliberazione della Giunta Regionale 1 agosto 2005, n. 11-604

L.R. n. 21/97 e s.m.i. - Capo VI - Artigianato Artistico e Tipico di Qualita’ - Art. 27 - approvazione del Disciplinare per l’Eccellenza dell’Impresa Artigiana Alimentare - Settore Pasta Fresca

(omissis)

LA GIUNTA REGIONALE

a voti unanimi...

delibera

di approvare, per le considerazioni in premessa, il Disciplinare per l’Eccellenza dell’Impresa Artigiana Alimentare - Settore Pasta fresca, allegato alla presente deliberazione quale parte integrante, predisposto dalla apposita Commissione di Disciplinare di Produzione.

La presente deliberazione verrà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell’art. 61 dello Statuto e dell’art. 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.

(omissis)

Allegato

DISCIPLINARE PER L’ECCELLENZA
DELL’IMPRESA ARTIGIANA ALIMENTARE

PASTA FRESCA

INTRODUZIONE

CENNI STORICI

Pare che l’affascinante storia che attribuisce a Marco Polo il merito di aver introdotto la pasta in Europa, e in Italia, non abbia alcun fondamento. Vari documenti - atti notarili, ricette mediche, e simili - provano infatti che il prodotto era ben conosciuto assai prima del fatidico 1292, anno in cui Marco Polo tornò a Venezia.

In realtà è tanto inutile, e probabilmente impossibile, cercare di identificare un inventore della pasta, quanto lo sarebbe per il pane. Di fatto, gli ingredienti di base della pasta sono gli stessi delle prime focacce: acqua e farina. Quello che cambia è il metodo di cottura: contatto diretto con superfici o pietre roventi per gli antenati del pane, bollitura per la pasta - e ricordiamo che anche la bollitura è uno dei sistemi di cottura più antichi.

Nell’antica Grecia si consumava un cibo noto come làganon, termine che designava delle striscie di una sfoglia ottenuta impastando acqua e farina, e presso gli Etruschi il prodotto (probabilmente fatto col farro anziché col frumento) doveva essere ben conosciuto, visto che una celebre decorazione tombale del IV secolo a.C. mostra attrezzi ancor oggi in uso: il matterello, la spianatoia, la rotellina dentata.

“Una scodella di porri, ceci e lagane” era un piatto semplice, molto amato da Orazio, forse non troppo dissimile dalla nostra pasta e ceci. Di questa preparazione, “povera” ma gustosa e nutriente, parla anche Apicio, autore dell’unico testo di cucina di epoca romana giunto integro fino ai giorni nostri. Vi è descritta, ad esempio, una preparazione per certi versi somigliante alle nostre lasagne e fatta alternando strati di laganum e di un intingolo con avanzi di carne o pesce (De re coquinaria IV, II, 15).

In epoca successiva, le testimonianze si moltiplicano. Un geografo arabo del XII secolo parla di una località della Sicilia, da lui chiamata Tria, la cui economia si basava su un fiorente commercio di pasta modellata “in forma di fili” - praticamente, gli spaghetti. Ma anche i grandi letterati italiani di quei secoli ne parlano in vario tono - entusiasta e gaudente il Boccaccio, polemico nelle sue invettive (non contro la pasta, ma contro il Papa) Jacopone da Todi.

Quella pasta era solitamente cotta nel brodo, e condita con una spolverata di formaggio, pepe e poco altro. Ma come per molti generi e lavorazioni alimentari, anche per la pasta, nel frattempo universalmente diventata “i maccheroni”, la rivoluzione avvenne in seguito alla scoperta dell’America, quando la diffusione del pomodoro portò ad una unione di sapori ormai proverbiale e indissolubile.

La pasta diventa, in breve tempo, un alimento popolare, economico, venduto dagli ambulanti agli angoli delle strade e consumato seduta stante. Tanto popolare che “maccheroni” diventa anche l’appellativo, non proprio lusinghiero, affibbiato agli italiani identificati come rozzi e ignoranti divoratori di pasta - mangiata con le mani, come mostrano varie incisioni e dipinti d’epoca. Proprio per questo motivo i maccheroni non entrano nelle mense dei nobili se non dopo l’invenzione, all’inizio del XIX secolo, della forchetta a quattro rebbi.

Va comunque ricordato che fino al Settecento la pasta non ebbe una collocazione ben precisa nel menù; non era ben chiaro, cioè, se la si dovesse classificare come pietanza dolce o salata, tanto che era prassi normale cuocerla nel latte e dolcificarla con miele, cannella e spezie varie. Solo nel XVIII secolo la pasta divenne definitivamente un “primo” abbinato a sughi di vario genere.

La pasta di cui si è parlato finora è la pasta secca, fatta in genere con farina di grano duro e acqua.

Accanto a questa, si è sviluppata anche una tradizione di pasta fresca che, soprattutto nell’Italia settentrionale, è fatta in genere con farina di grano tenero e può contenere uova, la cui presenza era tradizionalmente un lusso da riservare alle occasioni speciali.

Con la pasta fresca all’uovo si fanno tagliatelle e maltagliati, e soprattutto si fa la sfoglia che viene variamente farcita per realizzare la pasta ripiena.

In Italia, il connubio fra sfoglia e ripieno ha dato risultati diversi, ma tutti decisamente di gran pregio: dai generici “ravioli” e “tortelli” alle varie specialità locali, nel tempo sono state create infinite specialità diverse per forma e sapore. In Piemonte, la pasta fresca si è trasformata in tajarìn, cioè tagliolini (delle tagliatelle particolarmente sottili); quella ripiena in agnolotti e raviole del plìn.

Va tuttavia precisato che, se la produzione di pasta secca è ormai da molto tempo prerogativa di aziende specializzate grandi e piccole, quella di pasta fresca e ripiena solo in anni relativamente recenti (e soprattutto a partire dal secondo dopoguerra) si è sviluppata come attività professionale legata a pastifici, o a piccoli laboratori che producono e commercializzano direttamente le varie specialità.

Tradizionalmente, infatti, la pasta fresca era la più tipica delle produzioni casalinghe, e anche i tajarin, gli gnocchi o gli agnolotti gustati al ristorante o in trattoria erano generalmente fatti a mano. Ed è questo il genere di sapori che il pastaio cerca di riprodurre, anche se si serve di attrezzature che gli consentono una produzione più rapida e quantitativamente significativa, e l’invenzione di nuovi formati.

Di questa produzione familiare riteniamo interessante dare una breve panoramica: non solo perché, come si è detto, essa rimane il riferimento qualitativo e il richiamo commerciale principale di quelle professionali, ma perché è portatrice di valori culturali il cui significato non è secondario rispetto a quello gastronomico.

Tempo fa, un cuoco alla moda ha scritto che gli agnolotti erano il tipico piatto del lunedì, quello che si preparava per riciclare gli avanzi di carni e verdure del giorno festivo. Un’affermazione, a nostro avviso, per lo meno superficiale. Con gli avanzi, è vero, si faceva - si fa - un po’ di tutto. Ma ridurre gli agnolotti a una dimensione di puro riciclo non è possibile. Perché da sempre in Piemonte l’agnolotto è protagonista delle grandi occasioni, ed evoca non già la necessità di rendere appetibili e bastevoli gli avanzi, ma l’opulenza degli arrosti, delle spezie, della pasta fresca e dei condimenti, un mondo di profumi e di sapori, immagini di festa e convivialità. Non a caso, infatti, gli agnolotti sono il piatto natalizio per antonomasia, quello da portare trionfalmente in tavola dopo che gli antipasti hanno doverosamente solleticato le papille e creato la giusta atmosfera di attesa e anticipazione.

Anche se le famiglie sono meno numerose di un tempo, e sono ormai scomparse le grandi cucine di campagna affollate da nonne e zie che ai fornelli parevano aver votato la loro esistenza, gli agnolotti conservano, più di altri piatti, un fascino che ha molto a che fare con la loro articolata preparazione. Per una bambina, essere ammessa a partecipare a qualche fase era un po’ come essere iniziata ai sacri misteri della cucina, significava cominciare un lungo addestramento il cui risultato finale non sarebbe stato solo la capacità di assemblare degli ingredienti, ma l’assimilazione di una cultura culinaria.

È evidente che dire “agnolotti” vuol dire parlare di forme, sapori, ripieni e persino nomi diversi. Già il termine (“agnolotti”, ma anche “agnellotti/anellotti” e quindi agnoli, anolini e derivati) sembrerebbe indicare una forma originaria non quadrata ma rotonda, in quanto la pasta anticamente era ritagliata usando un anello metallico. Fra gli agnolotti, in Piemonte regnano sovrani i “gobbi”, così chiamati per via di quella montagnola di ripieno che, avvolta nella sfoglia, produce il caratteristico ingobbimento della forma.

E poi ci sono le raviole del plìn, che non sono “ravioli” perché, come dice Giovanni Goria, “L’agnolotto è femmina... è bello, terso, tenero come una ragazza piemontese di 23 anni, dai capelli castano miele... una pulita promessa di dolcezza e di pace ...è la cosa più buona che ci sia”.

Etimologicamente, per “raviola” si è ipotizzata la derivazione da un antico graviola, cioè “gravida”, ma non è del tutto da escludersi un più prosaico raviolà, che dà l’idea del ripieno sensualmente e giocosamente arrotolato, avvoltolato nella sfoglia. Le raviole, che, sempre secondo Goria, sono un’invenzione più recente e “ristorantiera”, sono più piccole, e si caratterizzano appunto per il plìn, quel pizzicotto che le chiude a caramella ed è poi sigillato dal passaggio della rotella tagliapasta.

Quanto ai sapori, una volta accettata la distinzione canonica fra gli agnolotti “di grasso”, cioè quelli il cui ripieno contiene carne, e agnolotti “di magro”, che di carne non ne hanno ed erano anticamente riservati ai periodi di quaresima o di convalescenza, le possibilità sono quasi infinite. Questo si applica ovviamente anche ai condimenti, pur se filologicamente le raviole si consumano in una scodella, nel vino rosso, oppure scondite, adagiate semplicemente su un tovagliolo di lino.

Testo di Lucilla Cremoni tratto da “ Artigianato Alimentare” - Regione Piemonte - Michelangelo Carta Editore 2004

Bibliografia

* Sandro Doglio, Dizionario di gastronomia del Piemonte, Daumerie Editrice 1995

* Bianca Rosa Gremmo Zumaglini, Dalla madia al fuoco del camino, Leone e Griffa 1998

* Elenco aggiornato dei Prodotti agroalimentari tradizionali del Piemonte, Bollettino Ufficiale Regione Piemonte, giugno 2002

* Luciano Gibelli, Dnans ch’a fassa neuit - Oggetti e cose del passato, Priuli e Verlucca 1999

* Giovanni Goria, La saga dell’agnolotto, “Il Giornale del Piemonte”, 31/12/2000

* Giovanni Goria, L’agnolotto è re, manoscritto, 2002

* Giovanni Goria, La cucina del Piemonte collinare e vignaiolo, Franco Muzzio Editore 2002

* AA.VV, Pasta, supplemento a “La Cucina Italiana” n. 10, 1999

www.piemonte-magazine.it

Collaborazioni

La stesura del presente disciplinare ha coinvolto in numerose riunioni soggetti diversi che hanno fornito in più fasi dell’elaborazione indicazioni, suggerimenti e contributi tecnici.

Erica Varese - Università di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Dipartimento di Scienze Merceologiche

Alessandro Bonadonna - Università di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Dipartimento di Scienze Merceologiche

Silvio Bessone - Presidente Confartigianato Piemonte Alimentazione

PREMESSA

La stesura del presente Disciplinare si inserisce nel quadro normativo - Titolo II Capo VI della L.R. 9 maggio 1997 n. 21 e s.m.i. L.R. 31 agosto 1999 n. 24 - predisposto dalla Regione Piemonte per la tutela e la valorizzazione delle lavorazioni artigiane che presentano elevati requisiti di carattere artistico o che estrinsecano valori economici collegati alla tradizione dei materiali impiegati, delle tecniche di lavorazione, dei luoghi di origine o alla cultura, anche di derivazione locale.

Secondo gli intendimenti della legge, la Regione Piemonte intende perseguire i seguenti obiettivi:

- quello della tutela e della salvaguardia di una tradizione artigiana con valenza culturale e storica accumulata nei secoli in Piemonte. Un patrimonio che, nonostante le difficoltà incontrate nel corso della sua evoluzione, è stato conservato, trasmesso e valorizzato con continuità, tenacia e valenza dagli operatori del settore di generazione in generazione fino ai giorni nostri;

- quello della promozione di un insieme di iniziative che riscoprano, consolidino e rinvigoriscano nei suoi diversi aspetti questo processo, adeguandolo alle esigenze di qualificazione e di innovazione che il contesto economico, sociale e tecnologico attuale pone.

Finalità

Per conseguire gli obiettivi previsti dalla L.R. 21/97 e s.m.i. - Capo VI, Artigianato Artistico, Tipico e di Qualità, art. 26 - è predisposto il presente Disciplinare per l’Eccellenza dell’ Impresa Artigiana Alimentare - Settore Pasta fresca.

Strumento

“Il Disciplinare per l’eccellenza dell’impresa artigiana alimentare” si propone di delineare delle regole, descrivere le caratteristiche e i requisiti, indicare le tecniche produttive adottate, sottolineare gli ingredienti utilizzati e quant’altro occorre ad individuare e specificare le lavorazioni in essere, secondo la legislazione vigente.

Riconoscimento

Potranno ottenere il riconoscimento di Impresa dell’ Eccellenza Artigiana e fregiarsi del marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” le imprese operanti nel Settore Pasta fresca e i consorzi di impresa che, già iscritti all’Albo delle imprese, ai sensi della Legge 443/85, dimostrino di possedere i requisiti richiesti dal presente disciplinare.

Il riconoscimento è attuato mediante idonea annotazione nell’Albo provinciale delle imprese artigiane, riportando l’indicazione del settore specifico, la descrizione della tipologia produttiva, l’attribuzione della denominazione di Eccellenza Artigiana, il conferimento del marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana”.

Art.1
Percorsi culturali

L’impresa deve saper riconoscere e collocare criticamente la propria attività nel rispetto dei percorsi culturali che hanno prodotto le esperienze storiche dell’Artigianato Tradizionale e di Qualità.

Devono essere considerati quali caratteristiche peculiari dell’impresa che opera nel settore:

* Il richiamo alla tradizione, inteso come capacità acquisita di una cultura specifica, non solo materiale, appartenente ad un ambito operativo.

* L’innovazione, intesa come volontà a ricercare e sperimentare nuove tecniche, all’interno di un territorio, senza stravolgere i legami con la tradizione.

* L’aggiornamento professionale, ovvero la disponibilità a recepire stimoli e sollecitazioni provenienti dalle Istituzioni preposte o che svolgono attività di tutela, ricerca e valorizzazione del patrimonio culturale e del gusto.

* Il legame con le nuove generazioni, vale a dire la disponibilità ad offrire reali opportunità di formazione ed apprendimento, investendo in risorse umane.

* Il legame con il territorio, attraverso la proposta di percorsi del gusto e l’attivazione di sinergie con realtà espressione di una cultura territoriale.

1.1 Elementi caratteristici dell’Impresa Artigiana

Il rapporto tra tradizione e innovazione è la sfida ancora aperta per il mondo dell’artigianato.

La difficile alchimia fra questi due concetti delinea anche la vitalità economica di molte imprese artigiane. La sintesi tra tipicità, legame con il territorio, tradizione e processi innovativi rappresenta il contesto produttivo e l’universo di riferimento del settore.

In questo ambito si possono individuare alcuni elementi che distinguono l’impresa alimentare dell’eccellenza artigiana del Settore da un tipo di produzione seriale e standardizzata.

STAGIONALITA’

La ciclicità delle stagioni accompagna le produzioni artigianali. Specialmente nel settore alimentare, la stagionalità delle materie prime ha dato origine, nel tempo, a prodotti che hanno segnato e arricchito la vita dell’uomo. Una ricchezza che ci giunge non solo dal patrimonio di conoscenze della tradizione laica e religiosa, ma anche dalla necessità di scegliere e utilizzare quegli ingredienti nel loro naturale ciclo stagionale.

Il gusto di aspettare un periodo dell’anno, per ritrovare un sapore o un profumo senza accontentarsi di bontà appiattite lungo una temporalità sempre identica, vuol dire riscoprire la memoria, rinsaldare il legame con lo sviluppo che l’uomo e il suo territorio sono in grado di sostenere.

EQUILIBRIO

Raggiungere e mantenere l’equilibrio tra gli ingredienti a disposizione e la giusta manipolazione sono risultati che fanno parte delle sfide quotidiane dell’artigianato: le materie prime sono materiali vivi che mutano continuamente durante la trasformazione in forme e gusti segnati dal rapporto con la modernità. Qui si gioca con maestria il ruolo dell’artigiano, non solo legato alla tradizione, ma capace di trovare sempre nuovi stimoli, nuove proporzioni, nuovi suggerimenti, nuove presentazioni, innovando le ricette del territorio.

GUSTO

Senso che con l’olfatto è costituito dall’insieme delle percezioni che si registrano in bocca: i sapori, gli aromi, le fragranze. Le lavorazioni artigianali di qualità concorrono ad affinare l’educazione al gusto esaltandone la peculiarità degli ingredienti, coniugando creatività e richiamo alla tradizione.

RISPETTO DEL TEMPO

Il tempo scandisce i ritmi della produzione. Ci vuole tempo per acquisire le materie prime, ci vuole tempo per trasformarle in ingredienti, ci vuole tempo per seguire le lavorazioni, ci vuole tempo per la trasformazione. Avere un rapporto sano con i tempi più rallentati del solito vuol dire avere garanzia che in questo caso il tempo gioca a nostro favore: in qualità e cultura del gusto.

QUANTITA’

Per ogni artigiano esiste un volume ottimale di produzione. Esistono realtà con potenzialità più o meno elevate, ma per tutte non può essere superato quel rapporto stretto tra quantità prodotte e cura richiesta che comprometterebbe il livello qualitativo delle lavorazioni.

Verrebbe meno anche quel filo diretto, quel legame “personale” che permette agli artigiani di far tesoro delle valutazioni espresse dai propri clienti, dalle quali possono scaturire nuove opportunità di miglioramento.

Produrre maggiori quantità vorrebbe dire in alcuni casi rinunciare all’eccellenza delle materie prime ed accontentarsi di surrogati di qualità meno sicura. Il “dover aspettare”, il non trovare subito il prodotto che cerchiamo spesso è garanzia della coerenza delle scelte operate che determinano il valore aggiunto delle produzioni artigianali.

SEGRETI

Ogni artigiano sa di essere portatore di un sapere antico, al quale apporta le sue innovazioni, le sue modernità. Vive anche la feconda contraddizione di voler svelare i propri segreti, tramandando a qualcun altro questo “saper fare”, con l’aspettativa che non siano stravolti e semplificati quei gesti che sembrano inutili ma che fanno la differenza.

PECULIARITA’

Ogni artigiano ha una sua peculiarità che lo rende unico. Pur con forti legami con il territorio e la tradizione, non ne esistono due uguali. E’ l’elemento che definisce meglio la figura dell’artigiano, che lo contraddistingue nella diversità e nell’unicità e che spiega l’affezione della clientela.

Si tratta della difesa non solo di prodotti e di gusti, ma anche e soprattutto dell’identità delle persone, della loro abilità nel lavorare e trasformare, nell’infondere caratteristiche speciali di maestria o nell’imprimere i tratti del loro personale sentire.

RESPONSABILITA’

La scelta delle materie prime costituisce il supporto fondamentale su cui poggia la qualità. Un artigiano serio ed eticamente motivato ha una grande competenza e consapevolezza nell’uso delle materie prime che, trasformate con abilità, costituiscono il valore aggiunto della produzione artigiana.

La competenza non può essere improvvisata perché richiede professionalità specifica nel saper effettuare un controllo a monte, su produzioni che spesso precedono il suo lavoro, a garanzia delle fasi successive.

Attività che presuppone una riconosciuta esperienza tramandata, attraverso la conoscenza diretta delle fasi di filiera e dei diversi soggetti coinvolti.

SICUREZZA ALIMENTARE

La sicurezza alimentare è un elemento centrale e prioritario per il consumatore ed un pre-requisito essenziale per la qualificazione della produzione alimentare.

Richiede una responsabilizzazione dell’artigiano quale garante delle produzioni e insieme degli strumenti impiegati che si realizza anche attraverso il principio dell’autocontrollo ed è parte integrante della competenza artigiana.

Art. 2
Definizione

Ai fini dell’ottenimento del Marchio di Eccellenza Artigiana sono quelle paste alimentari fresche da vendersi sfuse aventi una umidità non inferiore al 24% ed una durabilità non superiore a cinque giorni dalla data di produzione. E’ consentito l’uso di tipi di farina diversa da quella di grano tenero e di altri ingredienti (verdure e ripieni vari) e, nel caso di produzione di pasta fresca all’uovo, è consigliato l’uso di uova fresche non pastorizzate.

Sono, invece, escluse le paste alimentari fresche sottoposte a trattamenti termici ai fini di aumentarne la conservabilità.

Art. 3
Processo di Trasformazione

3.1 il processo produttivo

Le principali fasi del processo di produzione della pasta fresca sono le seguenti:

preparazione del ripieno (solo nel caso di paste ripiene) e assemblaggio con la pasta. Il ripieno richiede una preventiva preparazione degli ingredienti ed una loro successiva miscelazione in base alle conoscenze, alla sapienza ed alla creatività del mastro artigiano purché vengano rispettati i vincoli derivanti dalle normative vigenti. Dalla sua preparazione alla sua effettiva utilizzazione non deve, comunque, intercorrere un periodo di tempo superiore alle 24 ore. Il ripieno ottenuto è inserito nella sfoglia che viene, quindi, modellata e preparata alla separazione in singole unità.

preparazione della pasta. Questa fase prevede la miscelazione degli ingredienti, diversi secondo il tipo di ricetta prescelta, tramite l’utilizzo di un’impastatrice ed il successivo modellamento, indipendentemente dagli strumenti utilizzati e/o dalla manualità richiesta, per raggiungere l’aspetto desiderato. Nel caso della preparazione della pasta sfoglia, si possono utilizzare un cilindro manuale oppure un mattarello per raggiungere lo spessore desiderato.

spolvero con farina di riso. Questa fase consiste nello spolverare la pasta preferibilmente con farina di riso in modo da migliorarne la rugosità ed evitare eventuali deformazioni e/o sovrapposizioni tra i singoli elementi che ne precluderebbero l’integrità, il corretto trasporto ed il regolare utilizzo.

conservazione e commercializzazione. Il prodotto finito può essere commercializzato direttamente e comunque è conservato ad una temperatura di circa 4°C in vetrine, in celle e in banchi di vendita refrigerati, per un massimo di 5 giorni dalla data di produzione.

Non è permesso, in alcun caso, utilizzare pasta e ripieni preventivamente prodotti da terzi riducendo così l’attività dell’impresa artigiana ad un semplice assemblaggio di semilavorati o, addirittura, a mera attività di intermediazione commerciale.

La qualità dell’esecuzione del processo produttivo deve comunque derivare dall’attenzione posta dall’impresa artigiana agli elementi caratterizzanti il processo stesso: gli ingredienti, le attrezzature, le tecniche di lavorazione adottate, i controlli posti in essere durante il processo.

3.2 Ingredienti

Di seguito, a titolo esemplificativo, si riporta un elenco degli ingredienti principali e più comunemente utilizzati per la preparazione di paste alimentari fresche con o senza ripieno previste da questo disciplinare:

* Farina e granito di grano tenero 00

* Semola di grano duro

* Farina di mais

* Farina di grano saraceno

* Carni ( bovine, suine, ovine, caprine, equine, animali da cortile, selvaggina)

* Pesci

* Insaccati

* Ortaggi (asparagi, spinaci, radicchio, rucola, broccoli, zucche, ...)

* Formaggi ( grana padano, bra, castelmagno, gorgonzola, toma, ...)

* Ricotta

* Uova

* Patate fresche

* Funghi e tartufi

Il reperimento degli ingredienti, in special modo di quelli freschi da utilizzare per i ripieni, deve essere effettuato prevalentemente su base locale, soprattutto per quelle materie prime, di cui il territorio piemontese è ricco, che si distinguono per le loro proprietà e per le loro caratteristiche organolettico-sensoriali come carni, formaggi e ortaggi. L’approvvigionamento di questi ultimi è, inoltre, vincolato al rispetto del principio della stagionalità.

Il ripieno delle paste fresche deve essere interamente preparato in azienda, compresa la cottura dei singoli ingredienti.

Le date di produzione e di scadenza devono essere chiaramente esposte.

E’ possibile utilizzare, in deroga alle uova fresche e alla ricotta fresca, rispettivamente ovoprodotti pastorizzati e ricotta pastorizzata.

È vietato, invece, l’uso di additivi chimici come esaltatori di sapidità, aromi, conservanti e di frattaglie.

3.3 Attrezzature di lavorazione

L’elenco che segue è meramente esemplificativo non potendo riportare la totalità delle attrezzature utilizzate nel pastificio artigiano. In ogni caso, esse non dovranno essere del tutto meccanizzate ed automatizzate, al fine di evitare una standardizzazione della produzione ottenuta come peraltro previsto all’art. 5 del presente disciplinare.

* Abbattitore di temperatura

* Attrezzature manuali (spatole, coltelli, mattarello, ...)

* Banchi acciaio inox

* Banchi vendita

* Celle refrigeranti

* Cilindro a rulli manuale

* Cucina

* Cutter-Tritacarne

* Formatrice

* Impastatrice

* Taglierine

* Vetrine refrigeranti

Per la preparazione della pasta sfoglia è vietato l’uso del cilindro automatico.

Art. 4
Prevalenza produttiva e trasparenza informativa

Ai fini dell’ottenimento del marchio di Eccellenza Artigiana sono introdotti due concetti da considerare come condizioni necessarie.

1. L’attività di produzione dell’impresa artigiana deve essere svolta prevalentemente ai fini dell’ottenimento di pasta alimentare fresca “non pastorizzata” (prevalenza produttiva); tale vincolo non preclude la possibilità di produrre, anche se in modo non prevalente, pasta alimentare fresca pastorizzata.

2. Le informazioni riguardanti la produzione di pasta alimentare fresca, sia quelle previste dalla normativa vigente (denominazione di vendita, elenco degli ingredienti, data di scadenza) sia quelle aggiuntive/facoltative, devono essere riportate nell’apposito cartello, devono essere esposte e facilmente consultabili nel locale di vendita e devono essere proposte in modo chiaro ed esaustivo ai fini di garantire la tutela del cliente/consumatore (trasparenza informativa).

Art. 5
Manualità

Nei processi di produzione indicati all’articolo 3 si evidenzia che la manualità rappresenta l’elemento distintivo che consente di differenziare l’impresa artigiana dall’impresa industriale: durante le fasi di trasformazione e/o stagionatura è quindi indispensabile che la manualità sia non solo presente, ma determinante per la qualità finale del prodotto. La capacità e l’esperienza dell’artigiano sono infatti indispensabili per governare il processo produttivo al fine di ottenere un prodotto d’eccellenza.

La produzione artigiana non può essere caratterizzata dall’assoluta serialità del prodotto, tuttavia occorre che il prodotto stesso, compatibilmente con il rispetto delle esigenze di stagionalità, non abbia caratteristiche morfologiche ed organolettiche eccessivamente discontinue.

Art. 6
Requisiti

Data la complessità del settore, l’imprenditore artigiano deve avere un’approfondita conoscenza delle tecniche di lavorazione tradizionali, dei processi produttivi, delle materie prime e degli ingredienti utilizzati e deve essere in grado di partecipare direttamente alle fasi produttive.

E’ richiesta un’ esperienza di almeno 5 anni nel settore.

Qualora il periodo sia inferiore a quello sopra indicato, possono concorrere al raggiungimento del tetto dei 5 anni i periodi di attività produttiva nel settore (da documentare), in qualità di dipendente o di coadiuvante con mansioni lavorative adeguate.

E’ sufficiente un periodo di lavoro nel settore di 4 anni per chi avesse effettuato un percorso di formazione specifica presso scuole di formazione accreditate (per un minimo di 1200 ore) oppure sia in possesso di una formazione professionale nel settore.

Nel caso di consorzi di imprese, sarà indispensabile che almeno i 4/5 delle imprese che ne fanno parte siano riconosciute imprese dell’Eccellenza Artigiana.

6.1 Norme di ammissione

Le imprese artigiane dovranno provare la propria capacità compilando la domanda- questionario predisposta, allegando:

* curriculum dettagliato in cui evidenziare

1. esperienze produttive

2. eventuale partecipazione ad Esposizioni, Mostre, Rassegne di settore

3. partecipazione attiva a percorsi formativi anche in collaborazione con associazioni di categoria e/o di settore

* documentazione fotografica del laboratorio artigiano

6.2 Accettazione delle domande

Il riconoscimento viene effettuato dalla Commissione Provinciale per l’Artigianato (C.P.A.) competente per territorio, supportata da esperti, ai sensi delle normative vigenti.

La C.P.A., esaminate le domande e la documentazione prodotta, potrà, qualora ne ravvisi la necessità, richiedere specificazioni attraverso:

* documentazioni aggiuntive

* colloqui diretti

* sopralluoghi presso le aziende dei richiedenti.

6.3 Attività di commercio

Potranno essere riconosciute le aziende artigiane che svolgono, in forma secondaria, attività commerciale a condizione che non si generi confusione tra il prodotto regolarmente realizzato in azienda e quello unicamente commercializzato.

6.4 Titolarità del riconoscimento

Il riconoscimento è attribuito all’impresa ai sensi della L.R. 21/97 e s.m.i., art. 28.

I requisiti richiesti dal Disciplinare devono sussistere in capo al titolare o almeno ad uno dei soci dell’impresa.

Ogni modifica e variazione d’impresa devono essere comunicate alla competente Commissione Provinciale per l’Artigianato che valuta il permanere dei requisiti di eccellenza.

6.5 Denominazione

E’ stata individuata la denominazione “eccellenza Artigiana” con D.G.R. n. 30 - 322 del 29/06/2000 da attribuire alle imprese che hanno ottenuto il riconoscimento dell’artigianato artistico, tipico, tradizionale di ogni settore e conseguente annotazione specifica all’Albo provinciale delle imprese artigiane.

A tali imprese viene attribuito il marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” approvato con D.G.R. n. 3 - 1713 del 14/12/2000.

L’uso, lo sviluppo e la diffusione di tale marchio è disciplinato da regolamento approvato con D.G.R. n. 4 -1714 del 14/12/2000.

Il richiamo all’ Eccellenza Artigiana in Mostre, Esposizioni, Manifestazioni, potrà essere utilizzato solo se il 90% delle imprese partecipanti risulteranno essere in possesso del marchio di eccellenza.

I concessionari utilizzatori della denominazione in oggetto e dei rispettivi elementi identificativi, si impegnano a proteggere il marchio e la sua immagine e a compiere ogni sforzo per propagandarlo.

In ogni caso, proprietario esclusivo del marchio è la Regione Piemonte.

6.6 Iter procedurale

Al fine di poter riassumere e di chiarire meglio quanto sopra espresso, evidenziamo le procedure di riconoscimento, che risultano pertanto:

* Compilazione della domanda-questionario

* Primo grado di valutazione delle imprese sulla base della domanda- questionario

* Acquisizione di ulteriore documentazione

* Approfondimento con eventuale richiesta di colloquio

* Predisposizione di controlli in azienda

* Previsione della possibilità di ricorso

6.7 Ricorsi

I ricorsi dovranno essere presentati seguendo le stesse modalità previste per i ricorsi su iscrizioni e cancellazioni dall’Albo delle imprese artigiane, alla Commissione Regionale per l’Artigianato (C.R.A.) che potrà avvalersi della consulenza della Commissione per il Disciplinare del settore.

6.8 Controlli

La Regione potrà, nell’ambito delle revisioni degli Albi provinciali delle imprese artigiane, attuare procedure al fine di verificare il persistere dei requisiti, come previsto dall’art. 44 della L.R. 21/97 e s.m.i.

L’impresa si impegna a dare alla Commissione Provinciale per l’Artigianato competente ogni facoltà per procedere di volta in volta a controlli di accertamento dei requisiti e l’impresa si impegna a dare spiegazioni rilasciando eventuale documentazione fiscale-contabile (fatture, registri, ecc). Le Commissioni Provinciali dell’Artigianato, competenti per territorio, in qualsiasi momento lo ritenessero opportuno, potranno svolgere indagini ed ispezioni per verificare il permanere, in capo all’impresa che abbia ottenuto il riconoscimento di “eccellenza artigiana”, dei requisiti richiesti dai rispettivi disciplinari di produzione.

6.9 Cancellazione del riconoscimento

Qualora si riscontri la non conformità dell’utilizzazione del marchio secondo quanto previsto nel Regolamento Regionale n. 1/R del 15 gennaio 2001 recante disposizioni sull’uso del Marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” e l’inosservanza delle prescrizioni previste dal presente disciplinare, la Commissione Provinciale per l’Artigianato, competente territorialmente, diffida l’impresa dall’utilizzo in maniera irregolare del marchio, invitandola ad adeguarsi a quanto previsto dal regolamento stesso.

In caso di reiterazione dell’inadempienza e/o di perdita dei requisiti richiesti dai disciplinari, la C.P.A. competente territorialmente, provvede anche ai sensi dell’art. 45 della L.R. 21/97, alla cancellazione dell’annotazione di “Eccellenza Artigiana” dell’impresa dall’Albo, sentito in ogni caso l’interessato.

Art. 7
Botteghe Scuola

Le imprese riconosciute sulla base dei criteri previsti nel presente Disciplinare e di quelli stabiliti dalla Regione Piemonte, sentito il parere della Commissione Regionale per l’Artigianato (C.R.A.), potranno accedere, ai sensi dell’art. 29 della L.R. 21/97 s.m.i., a tutti i vantaggi di cui usufruiscono le imprese “riconosciute”, tra cui la possibilità di partecipare al progetto formativo/lavorativo “bottega scuola”.

LEGISLAZIONE

SETTORE PASTE FRESCHE

D.P.R. 24/05/88 n. 224 attuazione della Direttiva 85/374/CEE sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi.

Decreto Legislativo 27.1.92 n. 109 - Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari (come modificato con i decreti legislativi n.68 del 25 febbraio 200° e n.259 del 10 agosto 2000 e dal decreto legislativo n.181 del 23 giugno 2003).

Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n.115 - Attuazione direttiva 92/59/CEE relativa alla sicurezza generale dei prodotti

Decreto_Legislativo 26 maggio 1997, n. 155: Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari.

Circolare Ministero della Sanità 26 gennaio 1998, n. 1: Aggiornamento e modifica della circolare n. 21 del 28 luglio 1995 recante: “Disposizioni riguardanti l’elaborazione dei manuali di corretta prassi igienica in applicazione D. Legislativo 26 maggio 1997, n. 155".

Circolare Ministeriale 7 agosto 1998, n. 11: Applicazione del D. Legislativo 26 maggio 1997, n. 155, riguardante l’igiene dei prodotti alimentari.

Decreto del ministero della Sanità n. 183/2000 concernente la disciplina degli additivi alimentari consentiti nella preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari. Recepimento della direttiva 98/72/CE

DPR 9 febbraio 2001, n.187: Regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari, a norma dell’articolo 50 della legge 22 febbraio 1994, n. 146

Circolare 168 del 10 gennaio ‘03 Ministero delle Attività Produttive Etichettatura dei prodotti alimentari

Legge 3 febbraio 2003 n. 14 art 12: Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2002.

Direttiva 2003/89/CE: indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari (allergeni)