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Bollettino Ufficiale n. 14 del 7 / 04 / 2005

Deliberazione della Giunta Regionale 30 marzo 2005, n.17-15226

Il nuovo modello integrato di assistenza residenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane non autosufficienti. Modifiche e integrazioni alla D.G.R. n. 51-11389 del 23.12.2003 “D.P.C.M. 29.11.2001, Allegato 1, Punto 1.C. Applicazione Livelli Essenziali di Assistenza all’area dell’integrazione socio-sanitaria”

A relazione degli Assessori Cotto, Galante:

La D.G.R. n. 51-11389 del 23.12.2003, recependo l’Accordo Regione-Territorio per l’applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza sull’area socio-sanitaria, ha definito gli indirizzi e le linee guida per la realizzazione di un modello integrato fra area sanitaria ed area socio-assistenziale per la gestione ed erogazione delle attività socio-sanitarie di cui al D.P.C.M. 29.11.2001, Allegato 1, punto 1.C.

La medesima deliberazione, all’Allegato 1, punto B, ha individuato, per quanto attiene all’assistenza residenziale a favore di anziani non autosufficienti, i criteri di ripartizione della relativa tariffa fra quota a carico del F.S.R. e quota a carico dell’Utente/Comune, come disposto dal suddetto D.P.C.M. 29.11.2001, modificando in tal senso la D.G.R. n. 41-42433 del 9.1.1995.

La citata D.G.R. n. 51-11389/2003 ha incontrato notevoli difficoltà applicative afferenti al settore della residenzialità socio-sanitaria per anziani non autosufficienti, considerata la disomogenea attuazione sul territorio regionale del modello assistenziale di cui alla suddetta D.G.R. n. 41-42433/1995.

Da tali difficoltà applicative è scaturita l’esigenza di pervenire ad una revisione organizzativa del modello di assistenza residenziale per anziani non autosufficienti delineato nel 1995 con la citata deliberazione, individuando altresì criteri omogenei per una corretta e trasparente definizione dei fattori di riferimento per la valorizzazione tariffaria complessiva e per la determinazione della retta a carico dell’Utente/Comune.

Al riguardo, occorre evidenziare che l’evoluzione della normativa regionale di riferimento per l’assistenza residenziale ad anziani non autosufficienti successiva al 1995, da un lato ha tenuto fermi i requisiti strutturali, organizzativi e gestionali di cui alla D.G.R. n.41-42433/1995 ma dall’altro ha introdotto, con la D.G.R. n. 29-29519 dell’1.3.2000, un principio di flessibilità dell’intervento erogato in relazione al bisogno della persona assistita.

Inoltre la successiva D.G.R. n. 46-9275 del 5.5.2003 ha integrato la citata D.G.R. 41-42433/1995, introducendo la disciplina gestionale dei nuclei R.A.F. a bassa intensità assistenziale finalizzati all’erogazione di interventi residenziali per situazioni che necessitano di un livello minimo di assistenza sanitaria a fronte di un maggiore livello di assistenza alla persona.

Alla luce di tale quadro normativo e di alcune importanti innovazioni riguardanti il percorso dell’anziano non autosufficiente in ambito sanitario e socio-sanitario, quali lo sviluppo della domiciliarità dalla fase post-acuta alla fase di lungoassistenza, nonché la realizzazione di percorsi integrati fra ospedale e territorio a garanzia della continuità assistenziale, si è proceduto con il presente provvedimento ad una revisione organizzativa dell’assistenza residenziale oggi erogata a favore delle persone anziane non autosufficienti.

Il percorso seguito per la definizione del nuovo modello assistenziale, nell’ambito del Tavolo congiunto Regione-Territorio per l’applicazione dei L.E.A. sull’area socio-sanitaria di cui alla citata D.G.R. n. 51-11389/2003, passa attraverso l’individuazione dei criteri e delle modalità per:

* garantire, anche sull’area della residenzialità socio-sanitaria per anziani, la flessibilità e l’adattabilità della risposta erogata a fronte della specificità del bisogno a cui far fronte;

* elaborare e gestire la progettualità individuale ai fini della personalizzazione della risposta residenziale, con monitoraggio sistematico e adeguamento dell’intervento in relazione all’evolversi della situazione trattata;

* comporre in forma omogenea i fattori di costo relativi a ciascun intervento, in relazione ai livelli assistenziali garantiti dalle strutture residenziali socio-sanitarie.

Il modello assistenziale delineato nell’Allegato 1 al presente provvedimento è pertanto finalizzato a riportare la persona e i suoi bisogni al centro del sistema e della rete dei servizi, partendo dal presupposto che la risposta residenziale costituisce una delle risorse di cui il sistema sanitario e socio-sanitario dispone per far fronte al percorso di salute e di assistenza dell’anziano.

Il modello è impostato verso l’obiettivo di integrare le strutture residenziali a gestione diretta o accreditate (oggi in via provvisoria) con il S.S.R., nell’ambito della rete complessiva dei servizi socio-sanitari per gli anziani, governati e programmati unitariamente dall’A.S.L. tramite i propri livelli organizzativi territoriali (i distretti), a loro volta coordinati con il sistema dei servizi socio-assistenziali gestiti dai Comuni singoli o associati.

Gli Allegati 1.A, 1.B e 1.C al nuovo modello assistenziale, facenti parte integrante del presente provvedimento, contengono disposizioni finalizzate a predisporre le basi e gli strumenti per il corretto funzionamento dell’impianto organizzativo di cui all’Allegato 1, con particolare riferimento alla razionalizzazione ed al potenziamento del ruolo dell’U.V.G., al ruolo della rete sociale, della famiglia, del volontariato; alla centralità della funzione formativa e della vigilanza sulle strutture.

L’avvio e la realizzazione, sull’intero territorio regionale, del nuovo modello assistenziale di cui all’Allegato 1 e della connessa valorizzazione tariffaria di cui all’Allegato 2, facenti parte integrante del presente provvedimento, necessita di una fase si transizione che tenga conto della diversificata situazione oggi esistente nei vari ambiti territoriali, sia per quanto attiene alle modalità gestionali sia per quanto attiene alla relativa valorizzazione economica.

La fase di transizione prevista nell’Allegato 2 è destinata a garantire il passaggio dalla tipologia organizzativa di cui alla D.G.R. n. 41- 42433/1995 alla tipologia organizzativa di cui al presente provvedimento, con la gradualità e progressione territoriale necessarie per realizzare un ottimale impatto del modello d’integrazione sugli Utenti, sulle famiglie e sugli Enti coinvolti nell’erogazione degli interventi.

Nella fase transitoria, la tariffa complessiva in essere in ciascun ambito territoriale alla data del 31.12.2003 è provvisoriamente rideterminata secondo quanto stabilito nell’Allegato 2, punto 4. facente parte integrante del presente provvedimento.

Il modello organizzativo di cui al presente provvedimento sostituisce, a regime, le disposizioni sui requisiti gestionali delle RSA, RAF e nuclei a bassa intensità contenute nella D.G.R. n. 41-42433 del 9.1.1995 e s.m.i. e nella D.G.R. n. 46-9275 del 5.5.2003, Allegato B, le quali rimangono in vigore per la fase transitoria relativa all’anno 2005, di cui all’Allegato 2, punto 4.

La D.G.R. n. 41-42433 del 9.1.1995 e s.m.i. rimane altresì in vigore per quanto attiene agli aspetti strutturali, ad integrazione di quanto già definito dalla precedente D.G.R. n. 38-16335 del 29.6.1992, fino all’emanazione del regolamento nazionale previsto dall’art.1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

Tutto ciò premesso e considerato, nelle more della definizione delle procedure del processo di accreditamento dei servizi e delle strutture previsto dall’art. 29 della L.R. 8/01-2004, n. 1 si ritiene necessario approvare gli indirizzi e le linee guida per il nuovo modello integrato di assistenza residenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane definiti nell’ambito del Tavolo congiunto Regione-Territorio di cui alla D.G.R. n. 51-11389/2003, integrato con il coinvolgimento degli organismi rappresentativi delle strutture residenziali per anziani, come riportato negli Allegati 1, 2 e 3, unitamente ai documenti di cui agli Allegati 1.A, 1.B e 1.C, tutti facenti parte integrante e sostanziale del presente provvedimento.

La progressione attuativa annuale del modello organizzativo di cui al presente provvedimento, è monitorata nell’ambito del Tavolo congiunto Regione-Territorio per l’applicazione dei L.E.A. sull’area socio-sanitaria, nella composizione risultante dall’Allegato 3 al presente provvedimento, il quale prosegue la propria attività di confronto e concertazione nel triennio 2005-2007.

Gli oneri di competenza sanitaria connessi all’attuazione del presente accordo trovano copertura finanziaria, nei termini previsti dal DPCM 29.11.2001, nelle quote attribuite annualmente alle AASSLL nell’ambito del riparto del Fondo Sanitario Regionale e per la parte eccedente quanto previsto dal DPCM 29.11.2001 mediante fondi propri della Regione, ai sensi dell’art. 1 comma 173 legge 311/2004 e sua attuazione ai sensi dell’art. 4 dell’intesa Stato-Regione concordata nella relativa Conferenza in data 23.3.2005.

Sentito il Consiglio Regionale di Sanità e Assistenza nella seduta del 23.3.2005, con esito favorevole;

data comunicazione alla IV Commissione consiliare, ai sensi dell’art.8 della legge regionale 12 dicembre 1997, n.61;

preso atto delle osservazioni delle OO.SS. espresse nella seduta del Tavolo congiunto Regione-Territorio per l’applicazione dei L.E.A. sull’area socio-sanitaria in data 16.3.2005;

visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502 e s.m.i.;

vista la legge 8 novembre 2000, n.328;

vista la legge 27 dicembre 2002, n. 289, art.54;

vista la legge 30 dicembre 2004, n.311;

visto il D.P.R. 23 maggio 2003 “Approvazione del Piano sanitario nazionale 2003-2005";

visto il D.P.C.M. 14 febbraio 2001;

visto il D.P.C.M. 29 novembre 2001, Allegato 1, Punto 1.C;

vista la legge regionale 8 gennaio 2004, n.1,

viste le leggi regionali nn. 2 e 3 del 17.2.2005;

vista la D.G.R. n. 51-11389 del 23 dicembre 2003,

viste le DD.GG.RR. n.41-42433 del 9 gennaio 1995 e s.m.i., n. 29-29519 dell’1 marzo 2000 e n.46-9275 del 5 maggio 2003,

la Giunta Regionale, a voti unanimi,

delibera

* di approvare, per le motivazioni in premessa indicate, gli indirizzi e le linee guida per il nuovo modello integrato di assistenza residenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane, definiti nell’ambito del Tavolo congiunto Regione-Territorio di cui alla D.G.R. n. 51-11389/2003, integrato con il coinvolgimento degli organismi rappresentativi delle strutture residenziali per anziani, come riportato negli Allegati 1, 1.A, 1.B, 1.C, 2 e 3, facenti parte integrante e sostanziali della presente deliberazione;

* di disporre che le Aziende Sanitarie Locali, i soggetti gestori delle funzioni socio-assistenziali ed i gestori delle strutture residenziali diano applicazione al presente provvedimento, in fase transitoria, a decorrerre dall’1.5.2005 secondo i criteri e gli indirizzi economici di cui all’Allegato 2 punto 4, facente parte integrante della presente deliberazione;

* di demandare a successivo provvedimento della Giunta Regionale, da adottare entro il 30.4.2006, la definizione del piano di intervento per gli anni successivi, preso atto dei risultati della fase transitoria, onde condurre alla realizzazione a regime del modello assistenziale integrato previsto negli Allegati alla presente deliberazione;

* di disporre che il Tavolo congiunto Regione-Territorio per l’applicazione dei L.E.A. sull’area socio-sanitaria, nella composizione risultante dall’Allegato 3 alla presente deliberazione, prosegua la propria attività di confronto, concertazione e monitoraggio nel corso del triennio 2005-2007 per la realizzazione del modello organizzativo dell’integrazione socio-sanitaria su tutte le aree di cui al D.P.C.M. 29/11/2001, Allegato 1, Punto 1.C;

* di dare atto che gli oneri di competenza sanitaria connessi all’attuazione del presente accordo trovano copertura finanziaria nei termini previsti dal DPCM 29.11.2001, nelle quote attribuite annualmente alle AA.SS.LL. nell’ambito del riparto del Fondo Sanitario Regionale e per la parte eccedente quanto previsto dal DPCM 29.11.2001 mediante fondi propri della Regione, ai sensi dell’art. 1, comma 173, Legge 311/2004 e sua attuazione ai sensi dell’art. 4 dell’intesa Stato-Regione;

* di dare atto che gli oneri di competenza socio-assistenziale connessi all’attuazione del presente accordo trovano copertura finanziaria attraverso il concorso delle risorse attribuite agli Enti gestori delle attività socio-assistenziali, secondo i criteri di cui all’Allegato 2, nel riparto annuale del Fondo regionale per la gestione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali (UPB 30021 Stanziamento per l’anno 2005 L.R.2/2005).

La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell’art. 61 dello Statuto e dell’art. 14 del D.P.G.R. n.8/R/2002.

(omissis)

Allegato 1

TAVOLO CONGIUNTO REGIONE-TERRITORIO
PER L’APPLICAZIONE DEI L.E.A.
SULL’AREA SOCIO-SANITARIA.

Indirizzi e linee guida per il nuovo modello integrato di assistenza residenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane

Documenti allegati

Allegato 1

Allegato 1.A

Allegato 1.B

Allegato 1.C

Allegato 2

L’ASSISTENZA RESIDENZIALE SOCIO-SANITARIA PER ANZIANI IL MODELLO ASSISTENZIALE INTEGRATO

Principi generali.

Il presente modello è formulato sulla base del principio generale, contenuto nel D.Lgs.502/1992 modificato ed integrato e nel D.P.C.M. 29/11/2001 (a cui l’art. 54 della L.289/2002 ha dato forza di legge), che è compito del Servizio Sanitario nazionale garantire le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, attraverso gli interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione previsti dalla normativa vigente e riconducibili ai Livelli Essenziali di Assistenza.

Inoltre la L. 328/2000, in coerenza con gli artt.2,3 e 38, della Costituzione, attribuisce al sistema integrato di interventi e servizi sociali, la cui gestione nella regione Piemonte fa capo ai Comuni ed agli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, il compito di garantire a tutti i cittadini la prevenzione, l’eliminazione o la riduzione delle condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia.

L’area dell’integrazione socio-sanitaria è normata dall’art.3 septies del D.Lgs.502/1992 e, in attuazione, dal D.P.C.M. 14/2/2001 “Atto d’indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”. Tale normativa individua e definisce, nell’area dell’integrazione socio-sanitaria, le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, quelle sanitarie a rilievo sociale e quelle sociali a rilievo sanitario.

Il D.P.C.M. 29/11/2001, Allegato 1, punto 1.C, come recepito dalla D.G.R. n.51-11389 del 23.12.2003, “Accordo Regione-territorio per l’applicazione dei L.E.A. sull’area socio-sanitaria”, nell’ambito della titolarità sanitaria delle prestazioni comprese nei Livelli Essenziali, individua per ciascuna tipologia erogativa di carattere socio-sanitario, quelle che sono le prestazioni sanitarie e quelle sanitarie di rilevanza sociale nelle quali la componente sanitaria e quella sociale non risultano operativamente distinguibili e per le quali è stata prevista una percentuale di costo non attribuibile alle risorse finanziare destinate al S.S.N.

L’area di prestazioni interessata dal presente modello afferisce a quest’ultima tipologia e riguarda le “prestazioni terapeutiche, di recupero e mantenimento funzionale delle abilità per non autosufficienti in regime residenziale, compresi gli interventi di sollievo” erogate nel Livello di Assistenza “attività sanitaria e socio-sanitaria nell’ambito di programmi riabilitativi a favore di anziani” (rif. DPCM 20.11.2001, punto 1.C).

Premessa

L’esperienza maturata nel corso del decennio nell’assistenza residenziale per anziani, a seguito dell’approvazione della D.G.R. n. 41-42433 del 9.1.1995, introduttiva di specifici indirizzi e parametri gestionali per le RAF e le RSA, ha evidenziato alcuni elementi di criticità, così riassumibili:

* standardizzazione delle prestazioni assicurate, indipendentemente dalla valutazione dei bisogni effettivi degli ospiti;

* crescita dei bisogni sanitari ed assistenziali non solo degli anziani ricoverati, ma soprattutto di quelli che presentano richiesta alle U.V.G. delle ASL territoriali;

* crescita delle richieste di ricovero di anziani gravemente non autosufficienti, a causa di gravi patologie ad andamento cronico-degenerativo, quali sono le demenze;

* crescita dei livelli di insoddisfazione (qualità percepita) degli utenti (famiglie degli ospiti);

* assenza di strumenti di valutazione della qualità delle prestazioni erogate all’ospite.

Alla luce delle esperienze in atto e delle richieste di adeguamento della normativa esistente si è reso, pertanto, necessario cominciare ad introdurre in questo sistema assistenziale elementi di flessibilità organizzativa, che consentano di assicurare agli anziani che vengono ricoverati prestazioni personalizzate e calibrate sugli effettivi bisogni sanitari ed assistenziali.

La Giunta regionale ha già tenuto conto di queste esigenze e con D.G.R. n. 29-29519 del 1 marzo 2000 si è provveduto a introdurre il concetto di piano individualizzato di assistenza e a introdurre il principio della flessibilità dei modelli organizzativi delle R.S.A. e delle R.A.F.

Tuttavia la necessità di qualificare l’assistenza nelle strutture socio-sanitarie per anziani non autosufficienti e di incrementare la risposta disponibile sul piano quantitativo per sostenere famiglie alle prese con cicli di assistenza troppo onerosi sul piano delle risorse umane messe in campo, richiede la revisione complessiva del modello assistenziale oggi adottato dalle strutture residenziali.

Obiettivo della revisione organizzativa.

Obiettivo centrale è la realizzazione di un sistema integrato di risposte sanitarie ed assistenziali, che metta al centro la persona ed i suoi bisogni sanitari, sociali e relazionali.

In altre parole, si tratta di modulare l’erogazione delle prestazioni di assistenza residenziale sulla base delle specifiche esigenze delle persone assistite, attraverso un modello di risposta fondato sulla flessibilità quali-quantitativa degli interventi, che trova nel piano individualizzato di assistenza la sua espressione operativa.

L’assistenza agli anziani non autosufficienti, come dimostra l’esperienza di molte strutture, è un’azione globale-estensiva, che richiede alle strutture dinamicità e flessibilità, per poter seguire l’anziano nella sua “instabilità” e variabilità.

Inoltre, l’organizzazione e le prestazioni dei servizi residenziali per anziani devono essere parte del contesto organizzativo delle altre attività socio-sanitarie, giungendo a costituire una rete di servizi integrati che vanno dalle cure domiciliari, all’assistenza residenziale e all’assistenza ospedaliera.

Tale obiettivo presuppone pertanto la ridefinizione del modello assistenziale sul versante della risposta residenziale per anziani non autosufficienti, sulle orme del sistema d’integrazione delineato con la D.G.R. 51-11389 del 23.12.2003 per le cure domiciliari, in modo tale da riportare la persona e i suoi bisogni al centro del sistema e della rete dei servizi, integrati in funzione della continuità assistenziale dal livello ospedaliero e da quello territoriale socio-sanitario.

Percorso.

L’attuale risposta residenziale per persone non autosufficienti deve essere progressivamente riarticolata e connotata attraverso livelli d’intensità e di complessità più o meno elevati a seconda delle esigenze di salute e dei bisogni assistenziali dell’utente.

Il percorso presuppone l’adeguamento e la ridefinizione degli standard prestazionali esistenti ai sensi della D.G.R. 41-42433 del 9.1.1995 e s.m.i., incentrati su un modello di risposta rigidamente ancorato a tipologie organizzativo-gestionali di strutture (RSA e RAF), ormai obsoleto rispetto alle variegate esigenze connesse con le diverse fasi del percorso di salute e assistenziale dell’anziano.

La riorganizzazione della risposta residenziale in funzione del percorso assistenziale della persona, comporta l’individuazione di livelli d’intervento relativi a ciascuna macro-tipologia di bisogno assistenziale, ai quali le commissioni valutative ed i competenti servizi socio-sanitari dovranno riferirsi per l’individuazione della risposta più appropriata agli specifici bisogni cui far fronte.

Il principio guida del modello è, analogamente a quanto definito dalla DGR 51-11389 del 23.12.2003 sulle aree della disabilità e delle cure domiciliari, l’adeguamento della rete dei servizi ai bisogni delle persone assistite e non viceversa, evitando il più possibile che le medesime, nelle diverse fasi del loro percorso assistenziale, debbano necessariamente subire inutili spostamenti di struttura.

Di conseguenza, tale percorso è teso a modulare il complesso delle attività residenziali per anziani non autosufficienti, erogate dalle strutture pubbliche o private accreditate, in fasce assistenziali ed in livelli che connotano l’intensità e la complessità delle prestazioni erogate, prevedendo una rete di possibilità di intervento il più ampia ed articolata possibile in relazione alle diverse tipologie di bisogno connesse alle situazioni di non autosufficienza e/o di tipo cronico-degenerativo.

Modello integrato socio-sanitario.

Le strutture residenziali socio-sanitarie costituiscono una forma di risposta territoriale a situazioni di bisogno sanitario e assistenziale di anziani non autosufficienti che, per diverse ragioni, non possono essere assistiti a domicilio.

Il modello integrato, partendo dalle tipologie di situazioni riferite a persone anziane che necessitano di interventi socio-sanitari integrati, è fondato sull’individuazione di tre fasce d’intensità assistenziale (bassa, media, alta) degli interventi da erogarsi nell’ambito delle strutture socio-sanitarie per anziani non autosufficienti.

La fascia d’intensità assistenziale è individuata nell’ambito del progetto personalizzato, in base alla tipologia del bisogno, considerando il rapporto fra:

* l’intensità terapeutica e/o riabilitativa dell’intervento, finalizzato a mantenere l’autonomia funzionale residua della persona e/o a rallentare il suo deterioramento;

* l’intensità socio-assistenziale dell’intervento finalizzato a supportare, a mantenere e a migliorare la vita socio-relazionale delle persone anziane, non assistibili a domicilio.

Per le fasce assistenziali media e alta l’intervento erogato può articolarsi in due livelli di complessità delle prestazioni - un livello base ed un livello più elevato- da individuare nel progetto assistenziale in relazione alla tipologia specifica di bisogno della persona inserita.

Il livello di complessità della prestazione è determinato con riferimento alla composizione delle risorse professionali impiegate ed alla loro articolazione nel progetto personalizzato.

Gli standard prestazionali socio-sanitari individuati per il livello base rappresentano indici minimi di riferimento i quali, in base al principio dell’appropriatezza della risposta posto a fondamento del modello assistenziale, vengono assegnati ad ogni progetto individuale in relazione al bisogno assistenziale della persona.

Gli standard prestazionali socio-sanitari individuati per il livello d’incremento rappresentano invece indici, che vanno da un minimo a un massimo, da considerare complessivamente e che, in base al suddetto principio coniugato con quello della flessibilità della risposta, vengono articolati nell’ambito di ogni progetto individuale in relazione allo specifico bisogno della persona.

Sono stati indicati, nella colonna “tipologia di bisogno”, alcuni criteri di massima attraverso cui le U.V.G. procedono ad individuare la fascia d’intensità ed il livello di complessità da attribuire ad un intervento.

Lo strumento alla base del modello assistenziale è il progetto individualizzato, integrato fra area sanitaria e area socio-assistenziale ai seguenti livelli:

* programmazione integrata fra ASL ed Enti gestori socio-assistenziali, sulla base del fabbisogno individuato in sede di programmazione regionale e di quadrante;

* attuazione coordinata dei programmi governata a livello di distretto;

* valutazione dei bisogni e progettazione integrata nell’ambito delle unità valutative aziendali (U.V.G).

* monitoraggio dell’andamento dei progetti governato dall’U.V.G. ed attuato dagli enti erogatori delle prestazioni residenziali.

I progetti relativi agli interventi che afferiscono al livello base sono, in linea generale, progetti di lungoassistenza, che si sviluppano nell’arco di un periodo di tempo medio-lungo e soggetti a monitoraggio e revisione/adeguamento periodico secondo le modalità di seguito descritte.

I progetti che prevedono un incremento prestazionale rispetto al livello base, sono invece progetti di medio o prolungato periodo predefinito, rinnovabile ma sistematicamente monitorati e rivalutati in base all’evolvere dei bisogni sanitari e sociali dell’utente.

Queste tipologie di progetti sono in linea generale riferiti alla fase estensiva del percorso clinico-assistenziale, ovverosia ad una fase temporale caratterizzata da un maggiore impegno terapeutico e riabilitativo, di durata definita anche se rivedibile e prorogabile in relazione all’evolvere degli specifici bisogni.

Il modello tracciato ha la finalità di consentire all’anziano assistito in una struttura e/o in un nucleo residenziale con un progetto di lungoassistenza a bassa intensità assistenziale ed esigenze correlate ad una situazione di moderata non autonomia nell’espletamento delle funzioni quotidiane, di poter ottenere nella medesima struttura, in caso di deterioramento del quadro di inabilità non tale di richiedere un intervento riabilitativo specifico, una prestazione assistenziale adeguata all’evoluzione del suo bisogno, attraverso un progetto a media intensità di livello base, senza necessariamente essere spostato altrove.

Le tipologie strutturali ed organizzative a bassa intensità (RAF a bassa intensità), possono erogare interventi residenziali per progetti a bassa e a media intensità, di livello base.

Al contrario, l’utente inserito in una struttura residenziale con un progetto ad alta intensità, qualora la sua situazione si stabilizzi, dopo un certo periodo di tempo, su livelli che richiedono un’intensità terapeutica e/o assistenziale minore, potrà ottenere l’intervento appropriato nell’ambito della stessa struttura, con un progetto a minore intensità e/o complessità, definito secondo le sue specifiche necessità.

Assetto organizzativo-gestionale.

Il modello assistenziale proposto richiede una revisione del modello organizzativo-gestionale previsto dalla citata DGR 41-42433/1995 e s.m.i., mediante il superamento dell’attuale articolazione degli interventi nelle tipologie RSA e RAF in funzione di una maggiore flessibilità del servizio, fermi restando i requisiti strutturali oggi definiti per ciascuna di tali strutture.

Nel nuovo modello tracciato, la risposta residenziale viene personalizzata e calibrata su un livello più adeguato al complesso dei bisogni di salute e di assistenza dell’anziano. Pertanto l’organizzazione delle strutture erogatrici dell’assistenza residenziale deve essere orientata a garantire l’adattabilità della risposta in relazione alla specificità delle situazioni da trattare.

Il modello è pertanto fondato sul riconoscimento di un congruo livello di autonomia organizzativo-gestionale agli enti erogatori degli interventi residenziali, introducendo elementi di flessibilità funzionali al miglioramento qualitativo dell’assistenza erogata, al razionale utilizzo delle risorse e, in linea generale, ad una più completa espressione dell’efficienza gestionale degli enti.

Pertanto, ciascuna struttura erogatrice provvede ad articolare il proprio assetto gestionale, modulandolo per patologie omogenee o situazioni coesistenti e compatibili, in relazione alla fascia/fasce di intensità e livelli di complessità prestazionale complessivamente erogati, coerentemente con i principi e gli indirizzi stabiliti nel presente atto, fatto salvo quanto previsto dalla D.G.R. n. 29-29519 dell’1.3.2000, Allegato A, per quanto attiene ai nuclei speciali per l’assistenza a soggetti affetti da demenza di Alzheimer o da patologie correlate.

La disciplina specifica relativa al percorso assistenziale riguardante le persone affette da disturbi cognitivi (quali Alzheimer e altre demenze) è demandata ad apposito provvedimento della Giunta Regionale.

Nelle strutture con capienza inferiore ai 60 p.l., il modello organizzativo fondato sulla flessibilità degli interventi in relazione ai bisogni dei pazienti può essere attuato con opportuna gradualità, procedendo anche in via sperimentale, attraverso forme di collaborazione che possono generare un’esercizio coordinato delle funzioni, perseguendo livelli ottimali di efficacia, efficienza ed economicità nella gestione, nonché ottimizzando l’erogazione di prestazioni e di servizi di interesse comune.

Il presente assetto organizzativo-gestionale risponde all’obiettivo di condurre, a regime, le strutture residenziali socio-sanitarie per anziani verso un’articolazione degli interventi erogati, in forma singola o coordinata fra più presidi dello stesso territorio, su tutte le fasce d’intensità assistenziale e livelli di complessità prestazionale individuati nell’allegata Tabella A.

In ambito territoriale, le strutture residenziali socio-sanitarie e le AA.SS.LL. di riferimento definiscono uno specifico accordo sull’articolazione dell’assetto gestionale per l’erogazione dell’assistenza residenziale agli anziani non autosufficienti. Tali accordi vengono trasmessi alla Regione per il monitoraggio nell’ambito del Tavolo congiunto Regione-Territorio

La configurazione organizzativa della struttura e dei nuclei viene esplicitata e costantemente aggiornata in un apposito atto dell’organo di rappresentanza dell’Ente.

Modello gestionale.

Le strutture socio-sanitarie per anziani non autosufficienti che erogano interventi residenziali afferenti a più fasce d’intensità assistenziale realizzano un assetto organizzativo funzionale alla razionalizzazione dei processi clinici, terapeutico-riabilitativi, assistenziali e gestionali.

L’organizzazione del percorso residenziale socio-sanitario, in base al progetto assistenziale, nonché il relativo monitoraggio, viene coordinato dalla struttura erogatrice su indirizzo degli Enti invianti, garantendo la coerenza fra i bisogni rilevati ed espressi nei progetti assistenziali e la globalità delle risposte disponibili da parte della struttura.

Pertanto, sulla base dell’articolazione organizzativa adottata per l’erogazione degli interventi relativi a ciascuna fascia/livello (organizzazione a presidi o a nuclei), la struttura garantisce la copertura del fabbisogno complessivo di risorse tecnico-professionali, con riferimento agli standard prestazionali medi individuati nel presente modello - Tabella A, come definiti nei progetti assistenziali relativi a ciascun ospite.

La funzionalità del modello organizzativo-gestionale fondato sul principio della flessibilità degli interventi in relazione alla centralità dei bisogni dell’utente presuppone, in particolare, l’utilizzo coordinato del personale, da realizzarsi attraverso la costituzione di nuclei di figure professionali sanitarie e socio-assistenziali, coordinati centralmente ed operanti, in maniera integrata.

Tale flessibilità organizzativa risponde all’esigenza di realizzare una razionale ed unitaria gestione delle risorse a disposizione, ottimizzando l’impiego del personale, delle attrezzature, degli spazi assistenziali e dei posti letto in modo funzionale alle esigenze degli ospiti.

A) Centri di responsabilità

Responsabile di Struttura

La struttura deve garantire un centro di responsabilità del coordinamento gestionale ed organizzativo complessivo.

In ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 6, comma 1, lett. b), del Decreto Ministeriale 21 maggio 2001, n. 308, in base al quale i soggetti gestori di servizi alla persona devono garantire, fra le condizioni minime organizzative, la presenza di un coordinatore responsabile dei servizi, è prevista la figura del Responsabile dei servizi erogati dal presidio.

Il Responsabile viene nominato dal Consiglio di Amministrazione ed opera in base agli obiettivi ed agli indirizzi gestionali definiti dal Consiglio medesimo e dallo Statuto.

Al Responsabile, in possesso di comprovati requisiti di professionalità, sono affidati i compiti di organizzazione generale delle attività, nonché la verifica del raggiungimento degli obiettivi e la vigilanza sugli aspetti qualitativi dei servizi forniti agli ospiti.

Compete altresì al Responsabile di struttura il coordinamento dell’attività di elaborazione, gestione e di monitoraggio dei Piani assistenziali (P.A.I.) di cui al successivo punto 3), nonché il collegamento con l’U.V.G. per garantire la costante coerenza fra il progetto individuale ed il relativo P.A.I. esecutivo.

In particolare il Responsabile di struttura:

- è responsabile della gestione del personale in ordine all’applicazione dei contratti di lavoro ed alla copertura dei posti necessari in base agli standards assistenziali previsti;

- è responsabile dell’equipe multidisciplinare interna alla struttura;

- nomina i coordinatori di nucleo o di settore;

- è responsabile della gestione del budget di gestione , nel rispetto delle spese autorizzate.

Le strutture residenziali con meno di 60 p.l. possono individuare forme associative fra di loro per garantire la funzione del Responsabile di struttura.

Il Responsabile di struttura deve aver maturato una congrua esperienza nel coordinamento organizzativo e gestionale di servizi, strutture o nuclei residenziali o semiresidenziali e deve essere in possesso di titolo di studio di scuola media superiore, con almeno tre anni di esperienza nell’esercizio di funzioni direttive in strutture pubbliche o private, oppure diploma di laurea.

In ogni caso il Responsabile di Struttura dovrà frequentare un apposito corso di formazione o di aggiornamento sulla base di uno standard formativo definito dalla Regione Piemonte.

Direzione attività sanitarie

Nelle strutture che erogano anche prestazioni ad alta intensità assistenziale deve essere previsto, data la complessità della casistica e vista la necessità di assicurare un coordinamento delle attività sanitarie, un centro di responsabilità affidato ad un medico preferibilmente specialista in geriatria e/o medicina interna e/o in organizzazione e igiene dei servizi sanitari.

Il Direttore Sanitario è responsabile degli aspetti igienico sanitari della struttura residenziale e assicura il raccordo e l’armonizzazione degli interventi erogati dalle diverse componenti sanitarie, agevolandone funzioni ed integrazione. Vigila sulla salute psico-fisica degli ospiti e sulla qualità delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie erogate.

Inoltre al Direttore Sanitario competono:

- accoglienza dell’ospite con valutazione delle condizioni psico-fisiche all’ingresso nella Struttura;

- verifica dell’espletamento dei compiti di rilevanza assistenziale e sanitaria da parte dei vari addetti. In caso di appalto, provvede a segnalare al Responsabile dell’Azienda eventuali disfunzioni.;

- verifica le modalità e la qualità delle prestazioni rese, ai sensi delle vigenti normative e degli accordi sindacali, da parte dei medici di medicina generale informando, se del caso, direttamente l’ASL e il distretto sanitario con cui i medici intrattengono il rapporto convenzionale;

- verifica il regolare approvvigionamento di farmaci, presidi, protesi ed ausili per gli ospiti, nonché la regolare tenuta delle relative registrazioni;

- verifica il regolare funzionamento delle apparecchiature ed attrezzature di ambito sanitario;

- garantisce che agli ospiti siano rilasciate le certificazioni necessarie;

- garantisce l’erogazione degli interventi ritenuti inderogabili per l’interesse del paziente.

Per i presidi con numero pari o superiore a 80 posti letto, il Direttore Sanitario deve garantire la propria presenza nella Struttura a tempo pieno; per i presidi con numero di posti letto inferiore a 80 è consentita la presenza a tempo parziale, in relazione al carico di lavoro rilevato in base al numero di posti letto e fermo restando l’assolvimento dei compiti sopra indicati.

Le strutture residenziali possono individuare forme associative fra di loro per garantire la funzione di direzione sanitaria.

Nelle strutture che erogano prestazioni limitatamente alle fasce assistenziali bassa e media l’A.S.L. garantisce, attraverso un apposito centro di responsabilità facente capo al direttore del Distretto e/o del Dipartimento territoriale e/o di altra struttura territoriale comunque denominata, la funzione di tutela sanitaria degli ospiti e rappresenta il livello territoriale di riferimento per il coordinamento delle attività sanitarie svolte in ambito residenziale.

B) Prestazioni.

Le prestazioni di seguito elencate sono erogate mediante personale dipendente e/o posto a disposizione dall’A.S.L. e/o dagli Enti gestori socio-assistenziali e/o mediante rapporti contrattuali con soggetti terzi, secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia.

Assistenza medica.

Viene garantita attraverso i medici di medicina generale sulla base delle disposizioni previste dal vigente accordo regionale (D.G.R. n. 50-8410 del 10.2.2003, con richiamo alle DD.GG.RR. n.47-26252 del 9.12.1998 e n. 46-27840 del 19.7.1999) e dal vigente Accordo collettivo nazionale.

Deve essere stabilito ed opportunamente pubblicizzato l’orario settimanale di effettiva presenza medica all’interno della struttura, concordato con la Direzione sanitaria della struttura o con il distretto.

L’assistenza erogata dai medici di medicina generale si raccorda con le altre attività sanitarie erogate nell’ambito della struttura, secondo le modalità descritte a punto precedente.

La struttura predispone un registro per i medici di medicina generale su cui viene annotato, a cura degli interessati, il giorno, l’ora di ingresso e di uscita.

I costi per la medicina generale non concorrono alla determinazione della tariffa residenziale.

Assistenza infermieristica

Viene garantita attraverso le figure professionali infermieristiche per i tempi medi giornalieri indicati nella Tabella A con riferimento a ciascuna fascia d’intensità e livello di complessità. L’assistenza notturna è garantita attraverso la reperibilità, con passaggio delle consegne alla guardia medica per eventuali soggetti a rischio.

Occorre prevedere, nell’ambito della dotazione infermieristica, l’esercizio di una funzione di coordinamento.

L’assistenza infermieristica può essere erogata dalle strutture ospitanti, in via diretta o indiretta, o posta a disposizione da parte dell’A.S.L., sulla base del fabbisogno individuato nel progetto individuale e nel piano di assistenza (P.A.I.), secondo quanto specificato al successivo punto 3.

Assistenza tutelare alla persona

Concorrono alla copertura dei fabbisogni individuali di tipo assistenziale e tutelare le seguenti figure professionali: ADEST, OTA, OSS, OSS con formazione complementare, con le funzioni loro assegnate dalla vigente normativa, unitamente ai soggetti in possesso di titolo riconosciuto equivalente dalla Regione a quelli sopra citati ma con diversa nomenclatura (es. ASA della Regione Lombardia).

È inoltre possibile utilizzare soggetti non ancora in possesso dei titoli sopra indicati purchè iscritti ad un corso di qualificazione o riqualificazione professionale ovvero in possesso dei requisiti per accedere ai corsi di riqualificazione ai sensi della D.G.R. n.26-5882 del 22.4.2002 “Approvazione di moduli integrativi per il conseguimento della qualifica OSS per operatori in possesso dei titoli e servizi pregressi”.

Tali requisiti devono essere maturati alla data di entrata in vigore della legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”, così come previsto dall’art.31, comma 7.

L’erogazione delle prestazioni di assistenza tutelare, da garantirsi nell’arco delle 24 ore per i tempi medi indicati nella Tabella A con riferimento a ciascuna fascia d’intensità e livello di complessità, è rivolto a soddisfare i fabbisogni individuali degli ospiti, come definiti nei rispettivi progetti individuali.

Il numero degli operatori deve essere tale da garantire i turni notturni e festivi.

Attività di animazione

Viene garantita in base alle necessità individuate nel progetto individuale, con riferimento al tempo medio indicato nella Tabella A, attraverso le figure professionali dell’animatore professionale, del terapista occupazionale, dell’educatore professionale o altre figure professionali come indicato nella Tabella A.

Attività di riabilitazione, mantenimento psico-fisico, supporto psicologico professionale.

Viene garantita da figure dell’area delle professioni non mediche, con riferimento ai tempi medi indicati nella Tabella A per ciascuna fascia d’intensità e livello di complessità. Gli interventi riabilitativi possono essere di tipo estensivo e/o di mantenimento e sono svolti da operatori dell’area delle professioni della riabilitazione psico-fisica e/o motoria e supporto psicologico professionale, in relazione alle necessità degli ospiti definite e quantificate nell’ambito del progetto individuale e/o del relativo piano di assistenza.

Tale attività può essere erogata dalle strutture ospitanti, in via diretta o indiretta, o posta a disposizione da parte dell’A.S.L., sulla base del fabbisogno individuato nel progetto individuale e nel piano di assistenza (P.A.I.), secondo quanto specificato al successivo punto 3.

Per le attività di sostegno psicologico previste all’interno del progetto individualizzato, le A.S.L. concorrono a mettere a disposizione le risorse professionali necessarie, utilizzando personale già presente nei propri servizi di psicologia.

Altre attività sanitarie

L’assistenza specialistica, farmaceutica e protesica, nonché ogni altra prestazione diagnostico-terapeutica, sono garantite dall’A.S.L. secondo le necessità degli ospiti definite nel progetto individuale (V. Tabella A).

La fornitura di protesi, presidi tecnici e ausili non riguarda attrezzature quali alzapersone, letti ortopedici, ecc., delle quali la struttura deve essere dotata autonomamente.

Le suddette prestazioni sono garantite direttamente dalle ASL sulla base delle vigenti normative ed in base al Nomenclatore Tariffario in vigore.

L’A.S.L. garantisce altresì direttamente:

1. le prestazioni relative ai trasferimenti in ambulanza per l’effettuazione di prestazioni diagnostiche e specialistiche, qualora non erogabili direttamente nell’ambito della struttura residenziale;

2. la fornitura diretta dei farmaci per gli ospiti inseriti nelle strutture socio-sanitarie a gestione diretta o accreditate, sulla base di quanto previsto nel rispettivo Prontuario Terapeutico Aziendale (PTA), il quale deve essere adeguato alle necessità e bisogni specifici dell’assistenza farmaceutica nelle strutture residenziali. L’erogazione di farmaci non presenti in PTA (farmaci ad personam o farmaci in fascia C) agli ospiti delle strutture socio-sanitarie è valutata dalla Commissione Terapeutica Aziendale, sentito il parere dell’U.V.G. aziendale.

Gli indirizzi gestionali relativi ai suddetti punti 1 e 2 sono demandati ad apposito provvedimento della Giunta Regionale, da emanarsi entro 60 gg. dall’entrata in vigore del presente provvedimento.

C) Altri aspetti gestionali:

Ai fini della valorizzazione tariffaria si individuano gli indici per le seguenti attività/voci di costo gestionali, con riferimento a strutture/nuclei di 60 p.l. in regime definitivo, articolate per l’erogazione dei livelli assistenziali di cui alla Tabella A, con tasso di occupazione al 95%.

Attività alberghiere (vitto, lavanderia, pulizia).

Le attività alberghiere incluse nella tariffa residenziale sono le seguenti:

* Vitto: il riferimento per la quantificazione del costo è la giornata alimentare, stimata mediamente in € 9,00 ut/g.

* Lavanderia: include la gestione della biancheria piana, il cui costo è stimato in € 2,60 ut./g. e della biancheria personale, il cui costo è stimato in € 2,00 ut./g. Per la gestione del servizio di guardaroba viene confermato, in media, il servizio reso da un operatore a tempo pieno, come già previsto dalla D.G.R. n.41-42433/1995.

* Parrucchiere: include le attività connesse con l’igiene personale (lavaggio e asciugatura, taglio), quantificate indicativamente in 8 ore settimanali.

* Pulizia: il riferimento per la quantificazione del costo del servizio, a gestione diretta o in appalto e dei relativi materiali di consumo è la dimensione della struttura.

Il valore tariffario è pertanto variabile e la sua quantificazione è stimata indicativamente in € 5,00 ut./g.

TIPOLOGIA E QUALITA’ DEL SERVIZIO DI RISTORAZIONE

Garantire all’interno delle strutture socio sanitarie un servizio mensa adeguato sotto il profilo dietetico-nutrizionale e della sicurezza alimentare, rappresenta un presupposto di basilare importanza sia per il mantenimento ed il recupero delle condizioni di salute degli ospiti sia per favorire, nella fase di distribuzione e somministrazione degli alimenti, lo sviluppo di momenti di socializzazione ed integrazione ambientale.

Occorre pertanto dedicare particolare impegno e le necessarie risorse affinché il servizio mensa risponda ai seguenti requisiti:

* ambiente gradevole, confortevole e caratterizzato da uno scrupoloso rispetto delle condizioni igieniche delle strutture;

* assistenza al pasto connotata da pazienza, gentilezza, disponibilità e comprensione nei confronti delle esigenze degli assistiti, con particolare riguardo alle condizioni di non autosufficienza; in particolare, deve essere garantito l’imboccamento alle persone che non sono in grado di provvedere autonomamente;

* rispetto dei tempi stabiliti per i pasti;

* qualità e varietà dei cibi che si concreta anche con la possibilità di scelta e l’adozione di menù personalizzati. In ogni caso la scelta alimentare va prevalentemente orientata su cibi freschi (preferibilmente cucinati in loco), di stagione, provenienti dal territorio in modo da poter consentire, attraverso il recupero del vissuto dell’anziano, la rievocazione di sensazioni e ricordi, importante contributo al mantenimento dell’equilibrio psico-fisico dell’ospite e di freno ai processi di invecchiamento e di decadimento delle funzioni cognitive;

* sicurezza sanitaria che deve essere garantita mediante efficace controllo sanitario (documentale ed ispettivo) della qualità delle materie prime; controlli sulle modalità di preparazione, confezionamento e conservazione dei cibi, igiene del personale, dei locali e delle attrezzature.

Particolare attenzione va infine posta, da parte del personale ausiliario, al monitoraggio ed alla sistematica valutazione dello stato di nutrizione, anche attraverso il regolare controllo ponderale.

Va inoltre ribadita la necessità, che riveste un significato clinico importante per gli anziani, di tenere sotto controllo lo stato di idratazione dell’ospite, garantendo, con protocolli codificati, che lo stesso assuma il prescritto fabbisogno di liquidi.

Altre attività alberghiere e/o di servizio alla persona.

Le attività erogabili dalle strutture socio-sanitarie, non incluse nella tariffa residenziale e pertanto a totale carico dell’utente, sono le seguenti:

* Parrucchiere: include tutte le attività ulteriori rispetto a quelle di cui al punto precedente.

* Lavanderia: include la gestione dell’abbigliamento personale, eccedente il valore indicato al punto precedente.

* Cure estetiche, escluse quelle prescritte nel progetto individuale e nel P.A.I., nonché quelle prescritte dal medico per esigenze sanitarie (es.pedicure).

* Trasporti e servizi di accompagnamento per esigenze personali, diverse da quelle di ordine sanitario o socio-assistenziale.

* Supplementi per camera singola o per camere con accessori ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa regionale per le strutture socio-sanitarie per anziani.

Attività amministrative.

Includono le attività amministrative, di segreteria e di portineria svolte mediamente da n. 3 unità di personale per le strutture in esame, il cui costo è quantificato in base ai rispettivi valori contrattuali.

Altri oneri (spese generali, assicurazioni, manutenzioni, ammortamenti).

Assicurazioni: il costo medio è pari a 2,5 per mille del valore complessivo della struttura.

Spese generali e materiale di consumo: comprendono le spese relative al riscaldamento e combustibili, acqua, energia elettrica, gas, spese postali e telefoniche, formazione e aggiornamento professionale, stampati, cancelleria e giornali, tesoreria, spese tecniche e legali, imposte, tasse e licenze, materiale per animazione e tempo libero, attrezzature per il personale, spese per i trasporti da e per l’ospedale e/o presso strutture sanitarie o socio-sanitarie (esclusi quelli garantiti dall’A.S.L. e dall’emergenza 118), spese per i rifiuti solidi urbani, adempimenti relativi alla sicurezza sul lavoro, materiale e attrezzature varie.

D) I costi di tipo strutturale sono rappresentati dai costi per la manutenzione ordinaria e straordinaria (incluso l’ammortamento dell’immobile), dai costi per gli ammortamenti di arredi ed attrezzature, dagli oneri finanziari e dal fondo di riserva.

Rappresentano costi misti e concorrono alla determinazione della tariffa complessiva.

Nelle strutture rientranti nel regime transitorio di cui alla D.G.R. 41-42433/1995 e s.m.i., tali valori si riducono in base alle condizioni generali di tali strutture, che presentano requisiti strutturali e patrimoniali inferiori alle tipologie RSA e RAF.

Per il regime transitorio delle R.S.A. tale riduzione viene mediamente quantificata nel 20% dei costi di tipo strutturale stimati per regime definitivo (equivalente al 2,8% del complesso dei valori tariffari di cui all’Allegato 2).

Per il regime transitorio delle R.A.F .la riduzione è invece quantificata mediamente nel 10% dei costi di tipo strutturale stimati per il regime definitivo (equivalente all’1,4% del complesso dei valori tariffari di cui all’Allegato 2).

Lo sviluppo del percorso assistenziale

Il modello prevede uno specifico percorso riferito a ciascuno dei seguenti aspetti:

* la valutazione dei bisogni individuali e l’individuazione del percorso assistenziale, dal livello domiciliare a quello residenziale;

* l’organizzazione di tale percorso assistenziale;

* il monitoraggio del percorso assistenziale, da espletarsi attraverso il raccordo fra i servizi pubblici socio-sanitari e le strutture residenziali.

1) La valutazione dei bisogni individuali e l’individuazione del percorso assistenziale: il ruolo dell’U.V.G.

Per quanto attiene alla configurazione, alle funzioni e al ruolo dell’U.V.G., si rinvia all’Allegato 1.A.

L’ASL garantisce, attraverso il proprio atto aziendale, il collegamento funzionale dell’U.V.G. con tutte le strutture/servizi aziendali, territoriali e/o ospedalieri, che svolgono funzioni ed erogano prestazioni destinate agli anziani non autosufficienti.

Tale collegamento, finalizzato ad una programmazione e ad una gestione coordinata e razionale dei servizi e delle prestazioni territoriali ed ospedaliere destinate alla popolazione anziana, costituisce presupposto indispensabile per garantire la maggior appropriatezza delle risposte sanitarie e socio-sanitarie erogate, con un ottimale impiego delle risorse professionali e specialistiche disponibili in raccordo fra tutti i livelli coinvolti nel percorso di salute, dall’ospedale al territorio.

L’organizzazione aziendale deve altresì perseguire l’uniformità dei meccanismi di valutazione dei bisogni dell’anziano e di individuazione delle risposte più idonee, da quelle domiciliari agli inserimenti residenziali e/o in strutture di riabilitazione di tipo ospedaliero.

E’ pertanto necessario che i livelli di valutazione esistenti in ambito territoriale ed ospedaliero per l’erogazione del complesso degli interventi destinati alla non autosufficienza, si raccordino sulla base di criteri omogenei di identificazione della risposta appropriata a ciascuna fase del percorso di salute e assistenziale dell’anziano, ferma restando la libera scelta dell’utente in relazione al luogo e ai servizi in cui essere assistito.

In particolare, nel caso di dimissioni protette, devono essere esplicitati nel progetto individuale emesso dall’U.V.G. dell’A.S.L. di residenza dell’utente, i percorsi e le modalità attuative, in forma concordata fra ospedale e territorio di dimissione.

Al fine di garantire il diritto di libera scelta dell’utente e nel rispetto dei principi di trasparenza ed imparzialità della P.A., al momento dell’attivazione del progetto individuale di assistenza residenziale, l’utente viene informato in merito alla rete delle strutture e/o servizi esistenti, a gestione diretta o accreditati con il S.S.R., adeguati alle sue specifiche esigenze.

In via transitoria, nelle more della definizione delle procedure di accreditamento delle strutture socio-sanitarie, gli utenti vengono informati con le modalità esistenti presso ciascuna A.S.L., quali Albo fornitori, elenco rapporti contrattuali o convenzionali.

2) L’organizzazione del percorso assistenziale: la funzione distrettuale di tutela dell’utente.

Alla fase valutativa e progettuale iniziale, di competenza dell’UVG, segue la fase di organizzazione del servizio, in risposta alle effettive necessità rilevate ed in attuazione del progetto individuale.

Tale fase consiste nella presa in carico della persona anziana, nella globalità dei suoi bisogni di salute ed assistenziali, indirizzandola e “accompagnandola” nel percorso progettato in sede di U.V.G. e costantemente adeguato all’evolvere delle esigenze assistenziali, attraverso l’attività operativa e di monitoraggio svolta direttamente dalle strutture residenziali.

In attuazione della vigente normativa regionale (DGR 80-1700 del 21.12.2000), negli atti aziendali delle ASL il distretto rappresenta il centro di riferimento territoriale per lo svolgimento della funzione di tutela, intesa come governo della domanda di accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari e come garanzia del percorso di salute del cittadino nelle varie fasi che lo connotano.

Il distretto è l’ambito organizzativo aziendale più vicino al cittadino e alla realtà locale per mettere in rapporto la domanda espressa con le risorse disponibili sul territorio, onde garantire l’erogazione della risposta più appropriata in ciascuna fase del percorso assistenziale del paziente-utente.

Quale livello aziendale di coordinamento, il distretto rappresenta l’ambito territoriale in cui avviene l’interrelazione con l’attività di assistenza primaria (MMG, PDLS, Continuità assistenziale) ed il raccordo con le attività socio-assistenziali gestite dai Comuni singoli o associati.

Compete altresì al distretto organizzare, nel proprio ambito territoriale, il collegamento fra le attività produttive di servizi e prestazioni facenti capo a più dipartimenti aziendali, territoriali e/o ospedalieri, a garanzia del percorso di salute complessivo dell’utente.

Un aspetto essenziale della revisione organizzativa dell’assistenza residenziale è rappresentato dall’inserimento delle strutture socio-sanitarie nella rete distrettuale dei servizi domiciliari, residenziali e di lungoassistenza ospedaliera, individuando pertanto nel distretto il livello aziendale garante del raccordo operativo fra i servizi territoriali ed i servizi ospedalieri, anche ai fini del coordinato utilizzo delle risorse professionali disponibili.

Pertanto, nella fattispecie in questione, l’ASL, nell’ambito del proprio atto aziendale, definisce l’organizzazione dei servizi per la non autosufficienza in modo tale da consentire l’interrelazione funzionale, a livello di programmazione e di gestione, fra:

* i servizi competenti allo svolgimento della funzione di tutela (distretti)

e

* i servizi competenti allo svolgimento delle funzioni valutative ed erogative di prestazioni domiciliari, semiresidenziali, residenziali ed ospedaliere (dipartimenti).

3) Il monitoraggio del percorso assistenziale: il raccordo fra i servizi socio-sanitari e le strutture residenziali.

L’andamento del progetto individuale è soggetto a monitoraggio nei tempi nello stesso stabiliti, in modo tale che la risposta erogata sia sempre adeguata alle esigenze assistenziali dell’ospite, con l’obiettivo di garantire alle persone assistite sia la continuità che l’appropriatezza delle cure.

Il coordinamento della funzione di monitoraggio fa capo all’U.V.G., a cui compete garantire l’effettiva attuazione del progetto individuale da parte della struttura residenziale.

L’attività di monitoraggio dell’andamento del progetto compete:

- all’A.S.L., tramite l’U.V.G., responsabile di garantire la coerenza delle prestazioni erogate nell’ambito delle diverse fasce/livelli con l’evoluzione delle situazioni trattate;

- agli enti gestori delle prestazioni residenziali, tramite le rispettive equipes multidisciplinari interne.

In tale contesto organizzativo, gli enti erogatori vengono direttamente coinvolti sia nella gestione degli interventi, sia nel monitoraggio dell’andamento del progetto assistenziale, da espletarsi mediante verifica, entro i tempi nel medesimo prestabiliti, della coerenza della fascia d’intensità e del livello prestazionale erogato con le esigenze clinico-assistenziali dell’ospite.

Nell’esercizio della funzione di tutela dell’utente, nell’ambito del proprio percorso assistenziale, il distretto rappresenta il livello aziendale competente a garantire il percorso complessivo (dal domicilio all’ospedale e viceversa), mentre le strutture residenziali rappresentano il livello operativo competente a garantire il percorso interno dell’ospite, nell’ambito di ciascun progetto assegnato, secondo l’indirizzo ed il coordinamento valutativo dell’U.V.G.

Al momento dell’accoglienza dell’ospite, la struttura residenziale recepisce e traduce operativamente, verificandone l’attualità, il progetto definito dall’U.V.G., provvedendo all’elaborazione del Piano di Assistenza Individualizzato (P.A.I.).

Il P.A.I. si configura come un fondamentale strumento finalizzato a garantire, nel breve-medio periodo, il completo soddisfacimento dei bisogni dell’ospite individuando e definendo gli interventi, i tempi, le modalità nonché la valutazione dei risultati.

Le linee guida per la redazione del P.A.I. sono definite a livello regionale, unitamente agli indirizzi per la valutazione della qualità dei servizi resi in modo da garantire, con modalità omogenee su tutto il territorio, il perseguimento della miglior qualità assistenziale e sanitaria nella pianificazione operativa e nella gestione del percorso residenziale dell’anziano. Sono altresì definite a livello regionale le linee guida per la valutazione della qualità dei servizi.

Tale obiettivo comporta il coinvolgimento nella pianificazione di tutti i soggetti competenti a garantire lo stato di salute dell’ospite nel suo percorso residenziale: la struttura in cui l’utente viene inserito ed il medico di medicina generale che lo ha in cura, sia al momento dell’ingresso sia durante la permanenza (si richiama al riguardo l’art.11 della D.G.R. 50-8410 del 10.2.2003, nonché le DD.GG.RR. n. 47-26252 del 9.12.1998 e n. 46-27840 del 19.7.1999, relative all’assistenza medica nelle RSA e RAF).

Pertanto, il P.A.I. è redatto, in attuazione del progetto individuale definito dall’U.V.G. e sulla base del quadro informativo sullo stato di salute attuale dell’ospite fornito dal medico di medicina generale.

La predisposizione, la verifica e l’aggiornamento del P.A.I. avviene nell’ambito di un’equipe multidisciplinare, composta dal medico di medicina generale, dal coordinatore dell’assistenza infermieristica e/o tutelare, in stretta collaborazione con le altre professionalità operanti nella struttura (direttore sanitario, responsabili dei vari settori/reparti, fisioterapista, assistente sociale, educatore o animatore professionale).

All’equipe possono partecipare le assistenti sociali che hanno seguito l’ingresso dell’ospite in struttura.

L’equipe si riunisce periodicamente e predispone collegialmente i singoli piani, sulla base dei relativi progetti individuali e con riferimento ai problemi ed ai bisogni attuali e/o emergenti, programmando di conseguenza gli interventi specifici degli operatori.

I tempi dedicati alla definizione ed aggiornamento dei P.A.I. sono ulteriori rispetto ai parametri assistenziali previsti nella Tabella A.

Il P.A.I. viene trasmesso entro cinque giorni all’U.V.G. ed in copia all’interessato o al familiare o al tutore; viene altresì portato a conoscenza dei parenti e dei volontari operanti nella struttura, i quali possono essere coinvolti nella sua attuazione.

L’U.V.G. è tenuta ad esprimere eventuali determinazioni entro i successivi dieci giorni .

La responsabilità dell’esecuzione operativa del P.A.I. è in capo al direttore sanitario, nelle strutture che erogano interventi nella fascia ad alta intensità; nelle altre strutture socio-sanitarie tale responsabilità operativa è in capo al coordinatore delle attività infermieristiche, o laddove non sia presente la figura di coordinamento infermieristico, al coordinatore delle attività di assistenza tutelare alla persona.

Qualora all’atto dell’ingresso in struttura l’evoluzione del bisogno dell’utente sia tale da richiedere un’adeguamento del progetto individuale definito dall’U.V.G., l’equipe multidisciplinare lo propone nell’ambito del P.A.I., con riferimento alla valutazione sullo stato di salute dell’ospite effettuata dal medico di medicina generale che ha in cura il paziente, dandone immediata comunicazione all’U.V.G., la quale è tenuta ad esprimere eventuali diverse determinazioni entro i successivi trenta giorni.

L’andamento del P.A.I. è soggetto a periodiche verifiche da parte dell’équipe della struttura, entro i termini previsti nel progetto individuale o, comunque, a fronte dell’insorgere di variazioni delle condizioni psico-fisiche dell’ospite.

La struttura residenziale comunica all’UVG eventuali variazioni dei bisogni, unitamente alla valutazione sullo stato di salute dell’ospite effettuata dal medico di medicina generale, proponendo la relativa fascia/livello prestazionale adeguati all’evolvere della situazione monitorata.

La rivalutazione del progetto individuale può essere richiesta anche dall’utente stesso o dal tutore, con richiesta diretta all’U.V.G. dell’A.S.L. di residenza e con facoltà di farsi assistere da un medico di sua fiducia e/o da un’associazione di tutela.

Le proposte di adeguamento e/o di rivalutazione dei progetti si intendono accolte, a decorrere dalla data di formale presentazione (protocollo di ricevimento), qualora non intervenga diversa determinazione dell’U.V.G. entro i termini stabiliti nei singoli progetti individuali (silenzio-assenso).

Per le rivalutazioni progettuali che prevedono l’attribuzione della fascia d’intensità alta, sia nel livello base che in quello incrementato, la proposta di rivalutazione deve essere necessariamente validata dall’U.V.G. nei tempi stabiliti nel progetto individuale. Limitatamente ai casi di urgenza, certificati da specifica documentazione clinica, la rivalutazione ha effetto dalla data di formale trasmissione della proposta all’U.V.G. (protocollo di ricevimento), salvo diversa determinazione dell’U.V.G. medesima entro i successivi dieci giorni (silenzio-assenso).

Decorsi i termini per il silenzio-assenso, l’U.V.G. effettuate le opportune verifiche rispetto all’appropriatezza della rivalutazione e dell’intervento erogato dalla struttura, può disporre, se necessario, l’attribuzione di una fascia d’intensità e/o di un livello prestazionale diverso, con decorrenza immediata o successiva (non retroattiva).

Il distretto è il livello di riferimento aziendale per il raccordo fra l’U.V.G. e le strutture che gestiscono le prestazioni residenziali, al fine di garantire l’omogeneo svolgimento dell’attività di monitoraggio e di rivalutazione progettuale, nonchè la stretta sintonia fra le varie tipologie di intervento residenziale e l’attività della medicina generale, a garanzia della tutela sanitaria degli ospiti.

I quadranti e l’Organismo di coordinamento delle attività sanitarie e socio-sanitarie nell’ambito della Città di Torino, rappresentano il livello di riferimento programmatico per il rapporti fra le AA.SS.LL e gli Enti gestori delle strutture residenziali: a tale livello le AA.SS.LL., di concerto con i soggetti gestori delle attività socio-assistenziali e con le associazioni rappresentative degli enti gestori, definiscono annualmente indirizzi e criteri generali a cui le strutture residenziali devono attenersi nello svolgimento dell’attività operativa di gestione, monitoraggio e di revisione dei progetti individuali.

Rispetto alla valutazione effettuata a livello locale (U.V.G dell’A.S.L. di residenza o struttura ospitante), l’interessato, se ne ha la capacità, o il famigliare o il tutore o l’amministratore di sostegno, può avvalersi, in sede valutativa o comunque prima che le commissioni si siano formalmente espresse, della perizia di propri esperti e/o farsi rappresentare da un’associazione di categoria e/o di volontariato che opera a difesa dei diritti delle persone anziane.

La Commissione centrale per le rivalutazioni cliniche di cui alla D.G.R. n.74-28035 del 2/8.1999, integrata con le figure professionali in possesso di specifica competenza sull’area degli anziani, da individuarsi con apposito provvedimento regionale, costituisce il livello di riferimento e di garanzia in ordine alle eventuali controversie che dovessero insorgere fra i diversi soggetti (A.S.L., Soggetti gestori socio-assistenziali, Gestori dei presidi residenziali o relativi organismi rappresentativi, utenti/famigliari/tutori/associazioni rappresentative) in merito alle valutazioni e rivalutazioni espresse a livello locale.

Allegato 1.A

UNITA’ DI VALUTAZIONE GERIATRICA (UVG)

DEFINIZIONE

Il Progetto Obiettivo Anziani individua nella Unità Valutativa Geriatrica (U.V.G.) il nucleo centrale del coordinamento per accedere ai diversi servizi rivolti agli anziani.

Da varie esperienze risulta l’efficacia di un sistema strutturato di valutazione multidimensionale e multidisciplinare dei bisogni dell’anziano per un miglioramento della qualità della persona, per una riduzione della mortalità, della disabilità, del numero e della durata dei ricoveri ospedalieri e residenziali e per la razionalizzazione dei consumi dei farmaci e della spesa sanitaria nel suo complesso.

L’UVG è un’equipe multidisciplinare, strumento per la valutazione globale e la definizione del relativo programma preventivo, curativo e riabilitativo diretto a garantire la continuità clinico-assistenziale; deve quindi inserirsi precocemente nel percorso degli anziani all’interno dei Servizi al fine di raggiungere coloro che hanno un bisogno sanitario e sociale ancora relativamente basso.

Gli anziani che traggono maggiore beneficio dagli interventi condotti dall’UVG sono quelli a rischio di istituzionalizzazione, con condizioni socio-economiche sfavorevoli e con problematiche sanitarie più o meno complesse. La valutazione deve essere seguita dalla predisposizione del progetto d’intervento e dal suo monitoraggio e successiva verifica.

L’UVG è altresì uno degli strumenti finalizzati a realizzare l’integrazione tra i servizi Sociali e Sanitari.

Il suo ambito di intervento coincide con l’ASL e la sua operatività è organizzata con riferimento agli ambiti distrettuali: i suoi componenti variano in relazione all’organizzazione territoriale dei servizi sanitari e sociali.

L’UVG costituisce un’articolazione della macrostruttura territoriale che l’Azienda Sanitaria ha individuato per aggregare tutte le strutture aziendali competenti all’erogazione, in via diretta o attraverso soggetti della rete pubblica o privata accreditata, delle attività socio-sanitarie rivolte agli anziani non autosufficienti.

FUNZIONI dell’U.V.G.

Le funzioni dell’UVG sono le seguenti:

* individuare, attraverso la valutazione multidimensionale e con assunzione della relativa responsabilità dal punto di vista clinico e socio-sanitario, i bisogni sanitari e assistenziali delle persone anziane, identificando le risposte più idonee al loro soddisfacimento e privilegiando, ove possibile, il loro mantenimento a domicilio;

* predisporre il progetto di intervento individualizzato e, qualora sia previsto l’inserimento in una struttura residenziale, identificare la fascia d’intensità assistenziale ed il livello prestazionale adeguato;

* predisporre la documentazione necessaria per l’eventuale integrazione della retta da parte del Comune o Ente gestore socio-assistenziale competente;

* monitorare la realizzazione e l’andamento dei progetti individualizzati, attraverso la validazione del P.A.I. predisposto e costantemente aggiornato dalle strutture erogatrici;

* fornire consulenza tecnico-scientifica per la programmazione dei servizi a favore degli anziani;

* collaborare con le Unità di Valutazione delle altre A.S.L.;

* su richiesta della Commissione di Vigilanza e/o dei NAS, effettuare valutazioni volte a definire l’eventuale non autosufficienza degli anziani ospiti di strutture

L’UVG può intervenire anche per pazienti di età inferiore ai 65 anni, in presenza di patologie invalidanti, tali da far ravvisare nel caso in oggetto caratteristiche di norma proprie dell’anziano, avvalendosi della consulenza delle figure professionali confacenti alla patologia individuata e raccordandosi con le altre Unità Valutative operanti nel territorio, con cui definisce allo scopo protocolli di collaborazione.

COMPOSIZIONE

Per quanto riguarda la composizione dell’equipe devono essere previste le seguenti figure professionali:

* un medico geriatra o con comprovata esperienza geriatrica, con funzione di presidenza;

* un medico dell’assistenza sanitaria territoriale con comprovata esperienza dell’organizzazione dei servizi territoriali;

* un medico fisiatra;

* un assistente sociale, rappresentante dell’Ente gestore dei Servizi Sociali;

* un assistente sociale dell’Azienda Sanitaria ove sia presente e già operante;

* un infermiere professionale, preferibilmente rappresentante del Servizio Cure Domiciliari;

* un segretario (ruolo amministrativo).

Il Medico di Medicina Generale che ha in carico l’assistito da valutare, su richiesta di quest’ultimo, può partecipare ai lavori; nel caso in cui sia presente in commissione, ne diventa membro effettivo per l’esame di quel singolo caso.

Il Segretario partecipa alle riunioni della Commissione, cura la tenuta della documentazione relativa alle pratiche discusse nelle riunioni della Commissione e provvede a stilare una graduatoria in base al punteggio assegnato dall’UVG, aggiornandola di volta in volta.

L’UVG può avvalersi inoltre della consulenza di medici specialisti dell’Azienda Sanitaria Locale (compresi i medici della Medicina Legale secondo quanto previsto dalla D.G.R. 30-11748 del 16 febbraio 2004) dell’Azienda Sanitaria Ospedaliera. Si avvale altresì della consulenza degli psicologi dell’A.S.L. o dell’A.S.O., nel caso in cui l’attività riabilitativa prevista nel progetto individuale richieda specificamente un supporto psicologico.

In sede di valutazione U.V.G. l’utente o chi ne fa le veci può richiedere la presenza di un medico di propria fiducia.

MODALITA’ DI SVOLGIMENTO:

Il processo di valutazione si sviluppa attraverso:

1. l’indagine sociale e sanitaria finalizzata all’acquisizione di elementi relativi alle condizioni sanitarie e sociali dell’anziano, con particolare attenzione all’individuazione dei requisiti per la realizzazione di un progetto;

2. la valutazione complessiva e la definizione del percorso assistenziale concordato con il beneficiario e/o con la sua famiglia.

L’UVG, prima di procedere alla valutazione complessiva, convoca l’interessato nella sede deputata o si reca al domicilio.

La data e la sede della convocazione vengono comunicate almeno 10 gg. prima, salvo differente accordo con il richiedente.

Lo strumento adottato per la valutazione è la Cartella Geriatrica, il cui contenuto verrà definito con apposito provvedimento regionale in attuazione del presente atto.

La Cartella Geriatrica contiene:

- le Scale di VMD sanitarie (ADL, IADL, DISCO, DMI, SPMSQ) attraverso le quali si quantifica il grado di salute ed autosufficienza del soggetto, fino ad un punteggio massimo pari a 14;

- la Scheda di Valutazione Sociale attraverso la quale si analizza la situazione di bisogno connessa alla condizione socio-economica, ambientale e assistenziale dell’anziano anche in relazione alla sua famiglia, fino ad un punteggio massimo pari a 14.

E’ opportuno che l’indagine sociale e sanitaria venga svolta in modo congiunto. Qualora per motivi di ordine pratico ciò non fosse possibile gli operatori sociali e sanitari possono effettuarla separatamente, ciascuno per quanto di competenza, ma le risultanze debbono essere oggetto di confronto prima della seduta dell’UVG.

Visti i bisogni e gli obiettivi definiti, ciascun progetto individuale, qualora predisposto per un inserimento residenziale, deve afferire ad una delle fasce assistenziali e relativi livelli d’intensità prestazionali di cui alla Tabella A dell’Allegato 1, con indicazione della relativa tariffa e deve contenere:

* l’indicazione dei tempi per la verifica e/o la rivalutazione del medesimo, da effettuarsi in via diretta attraverso i competenti servizi sociali e sanitari in caso di intervento domiciliare o attraverso gli enti gestori delle prestazioni in caso di intervento residenziale;

* l’indicazione dei termini entro i quali l’U.V.G. è tenuta a valutare le proposte di rivalutazione progettuale, formulate dai competenti servizi e/o enti erogatori, che comportano un mutamento di fascia assistenziale e/o livello d’intensità delle prestazioni .

Per il raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’UVG è indispensabile l’attuazione di quanto previsto dal progetto obiettivo “Tutela della salute degli anziani” che stabilisce quanto segue: “Il livello qualitativo e quantitativo del soddisfacimento delle domande in rapporto al fabbisogno deve avvenire mediante l’informatizzazione di tutte le attività socio-sanitarie espletate nella rete integrata dei servizi aziendali”.

MODALITA’ DI RICHIESTA

La richiesta di valutazione deve essere inoltrata su apposito modulo (allegato alla Cartella Geriatrica), dall’interessato o chi per esso direttamente alla Segreteria dell’UVG dell’ASL di residenza, che provvederà a protocollare la domanda in arrivo (data di arrivo ufficiale della domanda) e, su indicazione del Presidente, ad attivare le procedure per l’ indagine socio-sanitaria da parte dei servizi e/o le figure professionali da coinvolgere, considerando il precedente percorso della persona.

Il medico curante, gli operatori del servizio di cure domiciliari o dei servizi sociali potranno fornire le indicazioni necessarie all’inoltro della domanda, la quale si intende completa solo se corredata dalla documentazione richiesta.

Qualora la persona sia domiciliata o temporaneamente ricoverata fuori dal territorio dell’ASL nella quale ha la residenza, l’UVG competente può richiedere per iscritto l’effettuazione della valutazione per rogatoria da parte dell’UVG dell’ASL nel cui territorio il paziente è domiciliato.

SELEZIONE E ATTIVAZIONE

Qualora le risorse previste dal progetto individualizzato non siano immediatamente disponibili, la continuità assistenziale è messa in atto mediante la programmazione di interventi alternativi appropriati alla situazione da trattare, impiegando le risorse disponibili nell’ambito della rete complessiva dei servizi per anziani esistenti nell’A.S.L., a livello territoriale e/o ospedaliero e/o nell’Ente gestore socio-assistenziale.

Contemporaneamente la segreteria dell’UVG provvede alla compilazione di graduatorie, distinte per tipologie di interventi, mediante l’attribuzione ad ogni richiedente di un punteggio derivante dalla valutazione:

* sanitaria (fino ad un massimo di 14 punti)

* sociale (fino ad un massimo di 14 punti)

In caso di pari punteggio si terrà conto dell’ordine cronologico della richiesta di valutazione.

Le graduatorie devono essere aggiornate sulla base dell’inserimento nelle liste d’attesa dei nuovi valutati, sulla base degli avvenuti inserimenti, dei decessi, delle dimissioni/trasferimenti e delle rivalutazioni effettuate in seguito alle variazioni delle condizioni sanitarie e/o sociali. Tali rivalutazioni possono essere richieste previa presentazione di certificazione medica o relazione sociale alla segreteria dell’UVG.

Al momento dell’attivazione del progetto, l’UVG dovrà individuare il/i servizio/i referenti del caso (servizi sanitari e/ o socio-assistenziale del territorio in caso di intervento domiciliare o la struttura presso la quale interviene il ricovero), i quali attraverso un loro referente procedono alla stesura del piano assistenziale, lo trasmettono all’UVG, a cui riferiscono circa la necessità di una eventuale revisione della valutazione.

Il sistema di cui sopra, valido per la quasi totalità dei casi, non può tenere conto di situazioni in cui si ravvisino caratteri di urgenza per aspetti sanitari e/o sociali, che andranno definiti nell’ambito dei lavori della Commissione, dal momento che possono variare a seconda delle problematiche di ciascun territorio. In queste situazioni il Presidente può assumere un provvedimento, dandone comunicazione nella prima seduta della Commissione.

REGOLAMENTO

1. Le decisioni sono assunte in sede di Commissione: la seduta della Commissione è valida quando sono presenti almeno 3 componenti, tra cui l’assistente sociale dell’Ente Gestore, escluso il segretario .

2. I componenti della Commissione possono essere sostituiti da persone da loro indicate, con competenze analoghe. I nominativi vengono segnalati per iscritto e solo con essi per effetto di delega avviene la rappresentanza. L’eventuale delegato del Presidente ne assume le funzioni. La delega non si intende permanente, ma si esercita per impedimento o assenza del titolare.

3. L’esito della valutazione viene comunicato al richiedente per iscritto, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, entro 60 giorni dalla data di protocollo della domanda completa.

4. Per particolari situazioni necessitanti di ulteriori approfondimenti si sospende temporaneamente la decisione, dandone comunicazione per iscritto al richiedente. Dalla data di tale comunicazione decorrono nuovamente i suddetti termini.

Allegato 1.B

SISTEMA INFORMATIVO, FORMAZIONE E VIGILANZA

1) IL SISTEMA INFORMATIVO SULL’ASSISTENZA RESIDENZIALE.

Il sistema informativo, di competenza regionale ed operante in stretto raccordo con gli altri livelli istituzionali (nazionale, provinciale, comunale), rappresenta un indispensabile strumento per:

* documentare l’attività svolta, le risorse erogate, l’analisi dei bisogni;

* programmazione generale e finalizzata;

* esecuzione di controlli e verifiche sull’erogazione dei servizi.

Pertanto, per realizzare il “Sistema informativo regionale dei servizi sociali”, il criterio ottimale è costituito dal raccordo e dall’integrazione delle informazioni relative ai servizi sociali con i dati raccolti dagli altri settori regionali e dagli Enti locali, con adeguamento per l’eventuale definizione di protocolli per il raccordo e lo scambio di dati e la compatibilità dei sistemi adottati dai diversi soggetti.

Nelle more degli adempimenti necessari, i presidi socio assistenziali dovranno includere, nel proprio sistema informativo, tutti i dati utili come da indicazione regionale.

Per la raccolta delle informazioni riveste particolare importanza la “cartella socio-sanitaria dell’anziano” all’interno della quale potranno essere memorizzati gli interventi eseguiti dal personale sanitario e sociale, con l’indicazione della frequenza e tipologia, i farmaci somministrati, presenze ed assenze dalla struttura, le diagnosi mediche, le relazioni sociali ed ogni dato rilevante sulla “storia” dell’assistito.

Le informazioni della cartella socio-sanitaria, unite a quelle acquisite all’atto dell’ingresso, costituiranno la base per la verifica della condizione dell’anziano e delle cure erogate. La cartella seguirà l’assistito anche nei passaggi da una struttura all’altra.

E’ in ogni caso confermata la compilazione da parte dei presidi della scheda “Rilevazione statistica sui presidi residenziali socio-assistenziali Regione/Istat” inviata annualmente dalla Regione.

2) FORMAZIONE DI BASE E PERMANENTE DEGLI OPERATORI

I percorsi formativi, che coinvolgono tutti gli operatori delle strutture socio-sanitarie, sono finalizzati all’incremento dell’efficacia delle azioni ed al miglioramento dei livelli di erogazione del servizio. Le attività di formazione e di aggiornamento fanno riferimento alla programmazione regionale e provinciale, sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi effettuata dall’ente gestore dei servizi sociali competente per territorio.

Le iniziative vertono essenzialmente su tre direttici:

1. formazione di base e corsi di riqualificazione miranti al conseguimento delle qualifiche previste dalla normativa regionale. Le autorizzazioni dei suddetti corsi sono di competenza delle Province. Compete agli enti gestori istituzionali dei servizi sociali l’organizzazione e la gestione di tali attività, anche attraverso affidamento ad agenzie formative o altri soggetti del sistema dei servizi sociali.

2. Formazione indirizzata ai responsabili delle strutture, a supporto dell’impostazione organizzativa e rivolta ad orientare le risorse verso gli obiettivi, generali e specifici, individuati come prioritari dalla Regione, dalle Amministrazioni locali e dai Soggetti gestori delle strutture. La frequenza a tale attività formativa, sulla base di uno standard formativo definito dalla Regione, rappresenta il requisito indispensabile per svolgere queste funzioni;

3. Formazione permanente, tecnica e specialistica, finalizzata, per ciascun segmento delle strutture, personale amministrativo incluso, all’acquisizione di maggiori competenze professionali in relazione alle mansioni svolte ed a sviluppare nei destinatari motivazione, impegno e collaborazione.

Per ogni evento formativo sono individuati, in coerenza con l’obiettivo generale del processo, rivolto a “imparare a fare”, indicatori di verifica sulla qualità e sull’efficacia degli interventi didattici effettuati, sull’apprendimento e sulle ricadute pratiche, incluse le modifiche positive sulla tipologia delle prestazioni rese all’ospite.

3) LA VIGILANZA SULLE STRUTTURE SOCIO-SANITARIE

La vigilanza sulle strutture socio sanitarie è attualmente regolamentata dalla L.R. 1/2004 che, tra le norme transitorie, attribuisce alle Commissioni di vigilanza un complesso di funzioni amministrative, tra cui rilascio, modifica, sospensione e revoca delle autorizzazioni al funzionamento, e di controllo-verifica sul mantenimento dei requisiti strutturali e funzionali.

Nei provvedimenti citati gli obiettivi della vigilanza sono chiaramente individuati in termini di verifica sulla qualità dell’assistenza nei presidi e di stimolo per il conseguimento di standard ottimali nell’erogazione di servizi.

Ferma restando l’impostazione organizzativa definita nel presente modello, con successivo provvedimento regionale, saranno definiti, sia per migliorare la qualità delle prestazioni socio-sanitarie sia per rendere omogenei gli interventi su tutto il territorio regionale, i seguenti strumenti operativi:

* schede di rilevamento dei principali parametri strutturali, organizzativi e gestionali;

* indicatori di attività e di risultato;

* schema per una relazione tipo annuale che includa un breve giudizio su ogni struttura.

Le Commissioni organizzano la loro attività sulla base di una programmazione annuale che preveda almeno un sopralluogo completo in ogni struttura, integrato da eventuali interventi su ambiti specifici, con una frequenza da determinare secondo l’entità dei problemi rilevati.

A complemento dell’attività ordinaria di vigilanza la Regione costituirà un Nucleo centrale per la valutazione dell’efficacia degli interventi di controllo.

Allegato 1.C

LA FAMIGLIA, IL VOLONTARIATO, LA TUTELA DEI DIRITTI DEGLI UTENTI

1) IL RUOLO DELLA FAMIGLIA

Numerose ricerche hanno evidenziato l’importanza di mantenere un forte rapporto di relazione tra gli ospiti delle strutture socio-assistenziali ed i famigliari.

Non si tratta tuttavia di attribuire ai famigliari una mera funzione di sostegno affettivo né di considerarli unicamente come risorse assistenziali aggiuntive, che possono anche fornire al personale di assistenza stimoli a lavorare in modo più efficace e personalizzato .

E’ stato infatti dimostrato che il modello di assistenza adottato nelle residenze per anziani è molto più valido ed efficace se si riesce ad evitare la separazione dal circuito di relazioni famigliari, all’interno del quale l’ospite può soddisfare fondamentali bisogni di attenzione, protezione, sicurezza ed appartenenza.

Ad esempio la semplice presenza dei figli a fianco del genitore ricoverato assume una forte valenza terapeutica, in quanto rafforza il sentimento di continuare ad essere radicati in un contesto sociale che mantiene in vita la dimensione dello scambio con gli altri.

E’ quindi fondamentale che il personale di assistenza sia sensibilizzato sul valore terapeutico della presenza dei famigliari nel contesto istituzionale, evitando di considerarlo come una sorta di negativa interferenza e di confusione organizzativa.

In questo senso va ricordato che, per poter intervenire e collegarsi in modo produttivo con la famiglia, l’operatore deve considerarsi non solo come erogatore di prestazioni tecnicamente qualificate, ma soprattutto come un integratore e condizionatore di risorse.

Deve pertanto possedere, acquisendole anche attraverso la formazione, le competenze relazionali indispensabili per fornire rapporti e collegamenti tra l’anziano, la sua famiglia e tutte le figure professionali che operano nel contesto istituzionale.

A livello di concrete indicazioni operative, si riassumono alcuni obiettivi portanti di un programma rivolto a rafforzare l’integrazione delle famiglie con le strutture e, in particolare, con il personale di assistenza. E’ quindi importante che le famiglie sappiano esattamente a chi rivolgersi per ciascun aspetto assistenziale (ad es., al medico per gli aspetti sanitari; ad una figura identificata per gli aspetti gestionali, vitto alimentazione, ecc.).

E’ altresì importante evitare l’isolamento tra l’anziano ed il mondo che lo circonda, sviluppando un’attività interdisciplinare che coinvolga diverse figure professionali: medico di base, psicologo, assistente sociale, educatore professionale, infermiere professionale, ADEST/OSS.

L’impegno deve essere sostanzialmente rivolto a:

* facilitare la collaborazione tra famiglia e personale di assistenza;

* fornire un supporto alla famiglia durante la prima fase del ricovero;

* sviluppare le capacità delle famiglie a gestire le relazioni con i propri parenti anziani;

* migliorare la comunicazione, anche attraverso nuovi canali, tra personale e famigliari.

L’obiettivo è quello di creare un approccio integrato in cui, accanto alle prestazioni assistenziali dispensate dalla struttura, si affianca, in modo complementare, la partecipazione attiva ed affettiva dei famigliari con notevoli benefici non solo sull’equilibrio psico-affettivo degli ospiti, ma anche su quello fisico, con specifico riferimento al sistema immunitario.

2) IL RUOLO DEL VOLONTARIATO

Supportano la realizzazione dei progetti assistenziali e/o l’attività generale della struttura anche i volontari in possesso dei requisiti professionali richiesti per ciascuna area di attività, appartenenti ad associazioni di volontariato iscritte all’apposito registro regionale.

Le organizzazioni di volontariato sono caratterizzate nel loro agire dalla logica della gratuità e della solidarietà nei confronti dei soggetti esterni all’organizzazione.

Operano prevalentemente con i propri soci, che non possono essere retribuiti, ma semplicemente rimborsati secondo spese documentate.

Il loro coinvolgimento nella struttura riguarda esclusivamente attività relazionali, di sostegno, promozione e supporto all’autonomia degli ospiti.

Pertanto, la presenza del volontariato in una struttura si caratterizza principalmente nei seguenti interventi:

1. Tutela e promozione dei diritti

2. Intrattenimento e supporto all’attività animatoria

3. Ascolto e conforto (servizi relazionali)

Il volontariato inoltre, quale presenza esterna/interna può svolgere un ruolo di cerniera e contatto col mondo esterno, contribuendo a far sentire gli ospiti ancora partecipi della realtà che li circonda.

La presenza stabile e continua di un’organizzazione di volontariato in una struttura pubblica è regolata da una convenzione. In ogni caso il rapporto va definito mediante la sottoscrizione di un accordo sia in caso di struttura pubblica sia privata.

Può essere riconosciuto e incentivato anche il volontariato singolo, con gli stessi requisiti di gratuità previsti per quello organizzato. Anche in questo caso è opportuno regolare l’accesso del volontario nella struttura definendo un’apposita convenzione.

3) I RAPPORTI FRA L’OSPITE E LA STRUTTURA.

3.1) IL REGOLAMENTO DELLA STRUTTURA

Il regolamento definisce i rapporti tra l’ospite e la struttura con l’obiettivo di garantire le migliori condizioni di permanenza.

Il Regolamento specifica:

- Tipologia e finalità della struttura;

- Diritti degli ospiti;

- Organigramma del personale;

- Modalità di ammissione in struttura e relativa documentazione;

- Procedure e tempi di preavviso e di disdetta reciproca;

- Modalità di dimissione degli ospiti;

- Regole da osservare all’interno della struttura;

- Descrizione dei servizi resi (compresi nella retta);

- Indicazione dei servizi integrativi non compresi nella retta;

- Indicazione degli uffici interni alla struttura cui l’ospite può rivolgersi per eventuali problemi;

- Orario di apertura al pubblico;

- Norme e procedure per uscita e rientro in struttura,

- Tutela della privacy dell’ospite.

- Informazioni su collegamenti, convenzioni o altra forma di collaborazione con altri Enti (Ospedali, centri di diagnosi e cura, associazioni di tutela o difesa dell’anziano, associazioni di volontariato, ecc.).

L’orario di servizio degli operatori deve essere portato a conoscenza degli utenti e famigliari, attraverso l’esposizione di una schema di presenza di ciascuna professionalità impegnata nella struttura.

Ogni struttura garantisce ai visitatori l’accesso con fasce orarie ampie tali da assicurare un orario di apertura giornaliero non inferiore a 8 ore.

Presso il punto di accoglienza è custodita e smistata la posta degli ospiti.

3.2) LA CARTA DEI SERVIZI

La carta dei servizi rappresenta uno strumento rilevante per la tutela dei diritti degli utenti, a garanzia di una corretta informazione sulle prestazioni erogate e sulle possibilità di accesso alle stesse.

Attraverso la carta vengono indicate le modalità attraverso le quali si persegue l’obiettivo del costante e progressivo miglioramento della qualità dei servizi.

La carta dei servizi è condizione essenziale per l’accreditamento delle strutture, come previsto dalla vigente normativa nazionale e regionale.

4) DECALOGO DEI DIRITTI DEGLI OSPITI

- Diritto alla vita - ogni persona deve ricevere la tempestiva, necessaria e appropriata assistenza per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali per la vita;

- Diritto di cura ed assistenza - ogni persona deve essere curata in scienza e coscienza e nel rispetto delle sue volontà;

- Diritto di prevenzione - ad ogni persona deve essere assicurato ogni strumento atto a prevenire rischi e/o danni alla salute e/o alla sua autonomia;

- Diritto di protezione - ogni persona in condizioni di bisogno deve essere difesa da speculazioni e raggiri;

- Diritto di parola e di ascolto - ogni persona deve essere ascoltata e le sue richieste soddisfatte nel limite del possibile;

- Diritto di informazione - ogni persona deve essere informata sulle procedure e le motivazioni che sostengono gli interventi a cui viene sottoposta;

- Diritto di partecipazione - ogni persona deve essere coinvolta sulle decisioni che la riguardano;

- Diritto di espressione - ogni persona deve essere considerata come individuo portatore di idee e valori ed ha il diritto di esprimere le proprie opinioni;

- Diritto di critica - ogni persona può dichiarare liberamente il suo pensiero e le sue valutazioni sulle attività e disposizioni che la riguardano;

- Diritto al rispetto ed al pudore - ogni persona deve essere chiamata con il proprio nome e cognome e deve essere rispettata la sua riservatezza ed il suo senso del pudore;

- Diritto di riservatezza - ogni persona ha diritto al rispetto del segreto su notizie personali da parte di chi eroga direttamente o indirettamente l’assistenza;

- Diritto di pensiero e di religione - ogni persona deve poter esplicitare le sue convinzioni filosofiche, sociali e politiche nonché praticare la propria confessione religiosa.

Allegato 2

L’ASSISTENZA RESIDENZIALE SOCIO-SANITARIA PER ANZIANI
VALORIZZAZIONE DEL MODELLO ASSISTENZIALE INTEGRATO PROGRESSIONE ATTUATIVA E FASE TRANSITORIA

1) PRINCIPI GENERALI

Il modello delineato nell’Allegato 1 individua i principi generali ed i livelli essenziali di assistenza residenziale che il sistema socio-sanitario integrato garantisce a favore delle persone anziane non autosufficienti non assistibili a domicilio, attraverso le strutture facenti parte della rete pubblica e accreditata (allo stato attuale, in via provvisoria o convenzionata).

Tale modello è parte sostanziale di un percorso globale delineato dalla programmazione regionale per garantire risposte ottimali ed appropriate ai diversificati bisogni di salute ed assistenziali delle persone anziane non autosufficienti.

Detto percorso comprende, oltre ai servizi di cui al presente modello, la rete delle risposte erogate a livello domiciliare, anche tramite interventi in fase di lungoassistenza di cui alla D.G.R. n.51-11389 del 23.12.2003, Allegato A, nonché la rete delle risposte erogate a livello ospedaliero (post acuzie e lungodegenza) ed attraverso il coordinamento fra livello ospedaliero e livello territoriale (percorso di continuità assistenziale di cui alla D.G.R. n.72-14420 del 20.12.2004).

Il presente modello assistenziale è articolato per fasce d’intensità e relativi livelli di complessità degli interventi erogati, a ciascuno dei quali corrispondono determinati parametri prestazionali sanitari e socio-sanitari tali da garantire risposte flessibili, calibrate sui diversificati bisogni della non autosufficienza e delle cronicità.

In particolare, il livello base rappresenta una soglia “d’ingresso” nel percorso residenziale, con parametri prestazionali minimi ed essenziali tali da garantire risposte articolate per fasce d’intensità, comuni alla generalità dei bisogni socio-sanitari caratterizzanti la fase di lungoassistenza dell’anziano.

Il livello incrementato rappresenta invece una risposta flessibile riferita ad una determinata fase del percorso di lungoassistenza: ha pertanto carattere temporale e viene specificamente calibrato in relazione all’evolvere del bisogno dell’anziano.

Tale livello è caratterizzato da parametri prestazionali variabili, con tempi di assistenza socio-sanitaria che vanno da un minimo ad un massimo, da calibrare complessivamente in relazione al bisogno della persona nell’ambito del progetto individuale.

In base a tali principi, la valorizzazione economica complessiva del modello assistenziale è così articolata (Tabella B):

1. tre valori tariffari connessi al livello base, riferiti rispettivamente alle fasce bassa, media e alta;

2. due valori tariffari connessi al livello incrementato, riferiti rispettivamente alla fasce media e alta.

Tali valori rappresentano tariffe giornaliere complessive, nelle quali sono ricomprese tutte le prestazioni indicate nell’Allegato 1 e Tabella A, inclusa la relativa organizzazione gestionale e gli eventuali oneri fiscali.

La tariffe di cui al suddetto punto 1) rappresentano la quantificazione economica del modello finalizzato a garantire il livello essenziale di assistenza residenziale per tutti i cittadini assistiti dal servizio pubblico o in regime di accreditamento con il servizio pubblico (allo stato attuale, provvisorio accreditamento o convenzione).

Come tali rappresentano valori di riferimento per l’ingresso, a regime, attraverso le tre fasce, nel sistema residenziale nell’ambito del livello base.

Le tariffe di cui al punto 2) rappresentano invece la quantificazione economica di interventi calibrati sui parametri prestazionali massimi di cui alla Tabella A e, come tali, costituiscono valori di riferimento per la remunerazione giornaliera degli interventi residenziali erogati a favore di tutti i i cittadini assistiti dal servizio pubblico o in regime di accreditamento.

Le A.S.L. non possono accreditare (o convenzionarsi), a regime, con tariffe inferiori a quelle definite nella Tabella C per il livello base.

2) FATTORI DI COSTO COMPONENTI LA TARIFFA RESIDENZIALE in regime definitivo.

I fattori di costo che concorrono a comporre la tariffa giornaliera residenziale sono correlati alle prestazioni e attività descritte nel modello gestionale di cui all’Allegato 1 e sono elencati nella Tabella D.

Il costo del personale è valorizzato sulla base di una media fra i minimi contrattuali giornalieri previsti dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro applicati nelle strutture residenziali piemontesi (Uneba, Anaste, Cooperative Sociali, Enti Locali), siglati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e relativi accordi integrativi nazionali, regionali e territoriali.

I costi di tipo alberghiero sono quantificati nella tariffa secondo i valori indicativi evidenziati nell’Allegato 1.

I costi di tipo gestionale, organizzativo e strutturale sono quantificati attraverso un rapporto fra i valori indicati dalla D.G.R. n. 41-42433/1995 e la media dei costi effettivi sostenuti dalle diverse tipologie di strutture residenziali.

I valori tariffari indicati nelle Tabelle B e C sono soggetti a rivalutazione in base agli incrementi contrattuali e/o aggiornamenti annuali ISTAT e saranno rideterminati dal Tavolo congiunto Regione-Territorio, previo confronto con le OO.SS.di categoria per gli aspetti contrattuali. Tali valori costituiscono il riferimento anche per le esternalizzazione totale o parziale di servizi.

La Tabella D evidenzia l’incidenza della compartecipazione del S.S.R. sulla tariffa complessiva e sui singoli fattori di costo afferenti a ciascuna fascia/livello prestazionale.

La quota a carico del S.S.R. comprende:

* la totalità dei costi sanitari;

* il 50% dei costi socio-sanitari;

* il 50% dei costi organizzativo gestionali;

* una quota di compartecipazione sui costi alberghieri, graduata in relazione all’intensità assistenziale ed al rilievo sanitario connesso a ciascuna fascia/livello.

Limitatamente alla fascia ad alta intensità assistenziale, considerato il maggior rilievo sanitario caratterizzante la generalità degli interventi residenziali, l’incidenza della quota a carico del S.S.R. sul costo delle attività di assistenza tutelare socio-sanitaria è così articolata:

* 57% per la fascia ad alta intensità - livello base;

* 63% per la fascia ad alta intensità - livello incrementato.

L’incidenza della quota a carico del S.S.R. sulla tariffa complessiva è pertanto, a regime, quantificata come segue:

* 50% della tariffa sulle fasce media e bassa;

* 54% della tariffa sulla fascia alta - livello base;

* 57,7% della tariffa sulla fascia alta- livello incrementato.

3) CRITERI DI COMPARTECIPAZIONE SULLA RETTA RESIDENZIALE.

La Tabella C evidenzia, per ciascuna fascia tariffaria, la quota a carico del S.S.R. e la corrispondente retta giornaliera socio-assistenziale, sulla base dei criteri di ripartizione degli oneri di cui alla sopra citata Tabella D.

La retta giornaliera di tipo socio-assistenziale è pari al 50% della tariffa complessiva per le fasce d’intensità bassa e media (livello base e incremento); per far fronte alle maggiori esigenze assistenziali connesse con il deterioramento dello stato di salute, l’incremento prestazionale nella fascia alta determina una maggior incidenza della quota a carico del S.S.R., secondo i criteri di cui alla Tabella D.

In caso di insufficienza del reddito e/o del patrimonio (secondo i criteri approvati da ciascun Comune o Ente gestore socio-assistenziale nel rispetto della normativa nazionale), l’integrazione della retta giornaliera a carico dell’Utente, compete all’Ente gestore delle attività socio-assistenziali di residenza dell’Utente.

Dalla somma di tali fattori reddituali viene detratta la somma mensile non inferiore ad euro 100 (euro cento), che deve essere lasciata a disposizione dell’Utente per spese personali. Tale cifra è rivalutabile dalla Regione, previa concertazione nell’ambito del Tavolo congiunto Regione-Territorio in sede di monitoraggio annuale.

Deve essere altresì garantito il sostegno alle famiglie monoreddito qualora, a seguito dell’ingresso di uno dei componenti in struttura residenziale, insorgano difficoltà economiche tali da non consentire al coniuge o al familiare convivente privo di redditi di vivere autonomamente. Tale sostegno, tenendo conto delle disposizioni di cui agli artt.143,147,433 del codice civile, viene garantito dagli Enti gestori delle attività socio-assistenziali, con il concorso delle risorse regionali di cui al Fondo regionale per le politiche sociali.

La Regione concorre a supportare il processo di realizzazione del nuovo modello assistenziale per la residenzialità socio-sanitaria destinata alle persone anziane, in applicazione dei L.E.A., integrando le risorse destinate agli Enti gestori delle attività socio-assistenziali attraverso il “Fondo regionale per la gestione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali”.

Tale Fondo è finalizzato esclusivamente a concorrere alla copertura della tariffa giornaliera a carico di cittadini la cui situazione reddituale sia tale da non potervi totalmente far fronte.

La ripartizione delle risorse del Fondo regionale avviene, a consuntivo, sulla base degli utenti per i quali l’Ente gestore delle funzioni socio-assistenziali interviene integrando la retta residenziale, con riferimento al costo sostenuto ed all’incremento di spesa rispetto alle tariffe in essere al 31.12.2003, dovuto all’ entrata in vigore di nuove disposizioni normative nazionali e/o regionali.

La Regione provvede ad erogare un anticipo, entro il trimestre successivo all’entrata in vigore del presente atto, pari al 50% della previsione d’incremento di spesa relativa ai casi in carico, sulla base di autocertificazione prodotta da ciascun Ente gestore socio-assistenziale. Gli Enti medesimi provvederanno a rendicontare la spesa effettivamente sostenuta.

Sarà oggetto di concertazione nell’ambito del Tavolo congiunto Regione-Territorio, la rilevazione del fabbisogno di risorse relative all’applicazione del modello assistenziale terminata la fase transitoria di cui al successivo punto 4.

4) GRADUALITA’ ATTUATIVA DEL MODELLO ORGANIZZATIVO.

La realizzazione in forma omogenea del modello organizzativo delineato nell’Allegato 1 su tutto il territorio regionale rappresenta l’obiettivo verso cui deve tendere la programmazione delle attività residenziali socio-sanitarie destinate alle persone anziane, garantendo la coerenza fra la programmazione definita nei Piani di Zona con la programmazione sanitaria territoriale- distrettuale.

La ridefinizione della risposta residenziale in funzione del progetto individuale correlato ai bisogni generali e specifici delle persone anziane, richiede un’evoluzione culturale oltre che organizzativa e gestionale in tale direzione che indubbiamente deve essere “accompagnata” e monitorata sia localmente, a livello territoriale, che centralmente, a livello regionale.

Pertanto, la progressione attuativa nel nuovo modello assistenziale integrato sull’intero territorio regionale procede collateralmente al processo di definizione, da parte della Regione:

* dei criteri di accreditamento delle strutture residenziali socio-sanitarie, che devono essere coerenti con il modello di cui all’Allegato 1;

* dei criteri di compartecipazione dei cittadini alla spesa per i servizi e per le prestazioni non sanitarie, secondo quanto previsto dalla L.R. 1/2004 e dalla normativa nazionale vigente. Tale definizione deve essere prevista tramite apposito provvedimento regionale da adottarsi entro il 30.9.2005.

In via transitoria si procede con riferimento:

* alle modalità di convenzionamento esistenti nel territorio di ciascuna A.S.L., rese coerenti rispetto alla vigente normativa regionale;

* a quanto definito dai provvedimenti comunali e/o consortili in merito alla compartecipazione dei cittadini al costo dei servizi sociali ed all’integrazione delle rette residenziali per gli anziani.

Nel periodo transitorio, l’articolazione organizzativa dei presidi residenziali socio-sanitari per l’erogazione d’interventi afferenti a più fasce/livelli d’intensità/complessità deve, in ogni caso, garantire all’utenza la continuità assistenziale.

Il periodo transitorio prevede una fase sperimentale, necessaria a ciascuna struttura per programmare la propria attività ed impostare le basi del modello assistenziale.

Pertanto l’anno di transizione (1.5.2005 - 1.5.2006) verso l’applicazione del nuovo modello di residenzialità socio-sanitaria per anziani, è finalizzato prioritariamente:

* all’adozione, da parte delle U.V.G., del progetto individuale quale strumento per il governo del percorso dell’utente in residenzialità;

* all’avvio, da parte delle strutture residenziali, della pianificazione attuativa del progetto individuale (P.A.I.) ed all’impostazione degli strumenti per la valutazione interna e per il monitoraggio;

* all’articolazione dell’attuale risposta residenziale socio-sanitaria a gestione pubblica e privata provvisoriamente accreditata fino alle tre fasce d’intensità assistenziale (livello base) di cui all’Allegato 1, tenuto conto delle specificità strutturali ed organizzative di ciascun presidio;

* al monitoraggio locale e regionale della progettazione individuale e dell’articolazione degli interventi nelle tre fasce d’intensità assistenziale;

* all’individuazione dell’effettivo fabbisogno regionale di interventi residenziali in ciascuna fascia/livello prestazionale, con riferimento alle persone valutate dall’U.V.G.

Le attività sanitarie previste nell’Allegato 1 del presente provvedimento sono garantite anche nella fase transitoria.

Nella fase transitoria la tariffa complessiva in essere in ciascun ambito territoriale alla data del 31.12.2003, compresi gli oneri fiscali, è provvisoriamente rideterminata, sulla base dei criteri di ripartizione degli oneri di cui alla Tabella D del presente documento, come segue:

1. Incremento pari ad euro 7,00 (euro sette) della tariffa giornaliera complessiva in essere al 31.12.2003:

a) per le tipologie di intervento corrispondenti alla RSA di cui alla D.G.R. n.41-42433/1995.

La tariffa omnicomprensiva risultante da tale incremento non potrà in ogni caso essere superiore ad euro 86,00 così ripartita: 54%a carico del S.S.R. e 46% a carico dell’Utente/Comune-Regione;

b) per le tipologie di intervento corrispondenti alla RAF di cui alla D.G.R. n.41-42433/1995.

La tariffa omnicomprensiva risultante da tale incremento non potrà in ogni caso essere superiore ad euro 70,00, così ripartita: 50% a carico del S.S.R. e 50% a carico dell’Utente/Comune-Regione.

Tale valore d’incremento è omnicomprensivo, ivi compreso il tasso d’inflazione programmata e gli oneri fiscali.

2. La ripartizione della tariffa complessiva, compresa quella riferita ai livelli assistenziali incrementati, fra quota a carico del S.S.R. e quota a carico dell’Utente/Comune avviene sulla base dei criteri di compartecipazione definiti nella Tabella D allegata al presente atto.

3. Nel caso di tariffe giornaliere in essere al 31.12.2003 superiori ai valori tariffari individuati al punto 1. come soglia massima per ciascuna fascia d’intensità assistenziale/tipologia strutturale, la quota a carico dell’Utente/Comune non può in ogni caso superare le percentuali di compartecipazione previste nel precedente cap. 2 e nell’allegata Tabella D.

4. Nei casi di cui al punto 3, viene adottato uno specifico provvedimento regionale per indirizzare in forma equilibrata l’andamento tariffario verso gli standards del presente modello, sia in relazione ai livelli assistenziali effettivamente erogati da parte delle strutture in questione, sia in relazione alla sussistenza del processo organizzativo previsto dall’Allegato 1 per il modello a regime.

5. Nel caso di nuovi rapporti convenzionali, da definirsi tra ASL, Ente gestore delle funzioni socio-assistenziali e struttura socio-sanitaria interessata, i valori tariffari delle varie tipologie d’intervento sono stabiliti in base ai livelli assistenziali erogati, con riferimento ai tetti tariffari di cui al punto 1.

Norma di salvaguardia.

Nella fase transitoria per il passaggio al nuovo modello di assistenza residenziale, devono essere in ogni caso salvaguardati i livelli assistenziali attualmente in essere ai sensi della vigente normativa regionale, nonché i corrispondenti livelli occupazionali realizzati.

Entro il 30.4.2006, con apposito provvedimento regionale, preso atto dei risultati della fase di transizione, viene definito il piano di intervento per gli anni successivi onde condurre all’attuazione, a regime, del modello assistenziale integrato di cui al presente atto, tenendo conto dei principi e criteri di seguito elencati.

1. Nei presidi in cui il contratto di lavoro prevalente applicato al personale operante, sia dipendente che convenzionato, fa riferimento al salario medio convenzionale, la tariffa giornaliera viene determinata in relazione ai costi del lavoro realmente sostenuti e adeguati rispetto ai valori contrattuali. In questo caso la progressione applicativa del modello assistenziale e della relativa valorizzazione economica è coniugabile, come tempistica, con il percorso di gradualità previsto per il definitivo superamento dei salari medi convenzionali.

2. La progressione del nuovo modello assistenziale verso gli indirizzi ed i valori di cui alle Tabelle B e C, deve essere finalizzata all’obiettivo di perseguire l’omogeneità tariffaria sul territorio regionale, a parità di interventi socio-sanitari erogati.

3. Le prestazioni incrementate, previste nelle fasce assistenziali di alta e media intensità, sono progressivamente valorizzate in relazione ai parametri assistenziali previsti in ciascun progetto individuale e con riferimento al costo del lavoro definito dal contratto applicato alla prevalenza del personale operante, nei limite massimo dei valori di cui alla Tabella B.

La determinazione della tariffa giornaliera provvisoria, nel periodo di transizione, avviene attraverso un accordo, di durata annuale, fra l’A.S.L., il legale rappresentante delle singole strutture residenziali convenzionate/accreditate ed il soggetto gestore delle funzioni socio-assistenziali di riferimento, secondo i criteri di ripartizione di cui alla Tabella D, fermi restando gli eventuali provvedimenti regionali di cui al precedente punto 4.

Monitoraggio e verifica

Compete alla Regione il monitoraggio e la verifica della progressione del modello organizzativo, in relazione al profilo dei livelli assistenziali garantiti e dei relativi costi sostenuti dalla Regione medesima, dagli Utenti e dai Comuni.

Il monitoraggio regionale è rivolto anche verso l’obiettivo di individuare eventuali correttivi da apportare al presente modello assistenziale, qualora gli stessi si rendessero necessari sulla base delle criticità rilevate.

Nella fase di transizione tale funzione viene svolta mediante l’analisi degli accordi e degli atti di convenzionamento/provvisorio accreditamento definiti sul territorio regionale, nell’ambito dell’apposito Tavolo tecnico designato dalle diverse componenti e parti coinvolte nel Tavolo congiunto Regione-Territorio per l’applicazione dei L.E.A. sull’area socio-sanitaria.

Qualora a livello territoriale l’applicazione dell’accordo venga disattesa, le parti sottoscriventi si riservano la facoltà di revocarlo.

Allegato