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Bollettino Ufficiale n. 46 del 18 / 11 / 2004

Avvocatura Generale dello Stato

Ricorso n. 98/2004. (Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell’art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956)

Ricorso n. 95 depositato il 12 ottobre 2004, del Presidente del Consiglio dei Ministri, difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi 12

nei confronti

della Regione Piemonte, in persona del suo Presidente

per la dichiarazione della illegittimità costituzionale della legge regionale 3 agosto 2004, n,20, Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 marzo 1992 n. 16 (Diritto allo studio universitario) modificata dalla legge regionale 7 dicembre 2000 n. 58 (BUR n. 31 del 5 agosto 2004), negli articoli 3, commi 2 e 3 e nell’art.5, comma 2.

L’art. 3 della legge impugnata ha modificato l’art.6 della legge regionale n. 16 del 1992 secondo il quale “le borse di studio sono attribuite per concorso secondo le modalità di cui all’art.8 della legge 2 dicembre 1991, n. 390".

La norma statale richiamata dispone che “le Regioni determinano la quota dei fondi destinati a interventi per il diritto agli studi universitari, da devolvere annualmente all’erogazione dalle borse di studio per gli studenti iscritti ai corsi di diploma e di laurea nel rispetto dei requisiti minimi stabiliti ai sensi dell’art. 4 e secondo le procedure selettive di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c).

Le Regioni possono anche trasferire i predetti fondi alle università, affinché queste provvedano ad erogare le borse di studio".

Secondo l’art. 7, comma 1, lettera c) richiamato “l’accesso ai servizi e alle provvidenza, che non siano fruibili dalla generalità degli studenti, è regolato con procedure selettive in applicazione dei criteri di cui all’articolo 4 e tenuto conto della specificità degli interventi”.

L’art. 4, sotto la rubrica Uniformità di trattamento, dispone che con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previsto nel comma 1, sono stabiliti ogni tre anni “i criteri per la definizione delle merito e delle condizioni economiche degli studenti, nonché per la definizione delle relative procedure di selezione, ai fini dell’accesso ai servizi e del godimento degli interventi di cui alla presente legge non destinati alla generalità degli studenti. Le condizioni economiche vanno individuate sulla base della natura e dell’ammontare del reddito imponibile e dell’ampiezza del nucleo familiare” (lettera a).

L’attribuzione della competenza a provvedere al Presidente del Consiglio dei Ministri mira, come è evidente, ad assicurare quella uniformità di trattamento alla cui realizzazione è rivolto l’intero art. 4, in modo che in tutte le sedi universitarie l’erogazione delle borse di studio intervenga secondo criteri omogenei cosicché gli studenti bisognosi non siano penalizzati dal luogo di loro residenza.

L’art.6 della l.r. 16 del 1992 nel nuovo testo introdotto dall’art. 3 della legge impugnata, dopo aver richiesto al primo comma il possesso dei requisiti economici previsti dalla normativa nazionale, nei due commi successivi ha disposto che le borse di studio saranno assegnate secondo i requisiti di merito fissati dalla Giunta regionale.

E sempre, secondo i criteri fissati dalla Giunta regionale, è previsto che siano assegnate le borse di studio per gli studi all’estero nell’art. 5, secondo comma, che ha introdotto nella legge regionale l’art.6-ter.

In Piemonte, pertanto, le borse di studio potranno essere assegnate a studenti con requisiti di merito inferiori a quelli fissati dalla normativa nazionale e viceversa.

Si potrà verificare, pertanto, che chi frequenta le università piemontesi ricevano la borse di studio pur avendo requisiti di merito inferiori di quelli che frequentano le altre università o che alcuni studenti che frequentano le università piemontesi non avranno la borsa di studio pur essendo più meritevole di studenti che frequentano università diverse.

La uniformità di trattamento, perseguita dalla legislazione nazionale, in questo modo viene meno.

La nuova normativa risulta costituzionalmente illegittima sotto diversi profili. In primo luogo per violazione dell’art 117, secondo comma, lett. n).

Le norme generali sull’istruzione non sono definibili in astratto, ma richiedono una verifica caso per caso.

La loro generalità richiede che debbono trovare applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale poiché le eventuali varianti regionali potrebbero pregiudicare gli interessi perseguiti.

Questo carattere non può essere sicuramente negato ad una norma, come l’art.4 della legge n. 390 del 1991, che mira ad attuare uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale.

Se si ritesse che questo obiettivo, perseguito dal legislatore, non sia sufficiente a determinare la generalità delle norme, si rientrerebbe in ogni caso nel terzo comma dell’art. 117, precisamente nella materia della istruzione.

In questo caso non dovrebbe essere messo in contestazione che negli artt. 4 e 7 della legge n. 390 del 1991 si trovi fissato uno dei principi fondamentali della materia, la cui violazione rende la norma impugnata ugualmente illegittima.

E questo senza tenere conto che il sostegno finanziario agli studenti meritevoli e bisognosi rientrerebbe in ogni caso nella lett. m) del secondo comma dell’art. l17, poiché è sicuramente essenziale la prestazione senza la quale gli studenti interessati non potrebbero accedere alla istruzione superiore.

Per queste ragioni si conclude

perché sia dichiarata la illegittimità costituzionale degli articoli 3, commi 2 e 3, e 5 comma, della legge regionale del Piemonte n.20 del 2004.

Roma 30 settembre 2004.

Il Vice Avvocato Generale dello Stato
Glauco Nori