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Bollettino Ufficiale n. 24 del 17 / 06 / 2004

Corte Costituzionale

Ordinanza n. 164 /2004

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Gustavo Zagrebelsky     Presidente
Valerio Onida     Giudice
Carlo Mezzanotte     Giudice
Fernanda Contri     Giudice
Guido Neppi Modona     Giudice
Piero Alberto Capotosti     Giudice
Annibale Marini     Giudice
Franco Bile     Giudice
Giovanni Maria Flick     Giudice
Francesco Amirante     Giudice
Ugo De Siervo     Giudice
Romano Vaccarella     Giudice
Paolo Maddalena     Giudice
Alfio Finocchiaro     Giudice
Alfonso Quaranta     Giudice

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera b), 15, comma 1, e 32, comma 1, lettera b), e commi 6 e 7, della legge della Regione Piemonte 28 marzo 1995, n. 46 (Nuove norme per le assegnazioni e per la determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), promosso con ordinanza del 25 giugno 2003 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra F. O. e l’Agenzia territoriale per la casa della Provincia di Torino, iscritta al n. 756 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2003.

visto l’atto di intervento della Regione Piemonte;

udito nella camera di consiglio del 28 aprile 2004 il Giudice relatore Francesco Amirante;

ritenuto che nel corso di un giudizio promosso da un privato nei confronti dell’Agenzia per la casa della Provincia di Torino in opposizione alla diffida con la quale gli era stato ingiunto il rilascio immediato di un immobile, il Tribunale di Torino

ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 97, 111 e 117 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera b), 15, comma 1, e 32, comma 1, lettera b), e commi 6 e 7, della legge della Regione Piemonte 28 marzo 1995, n. 46 (Nuove norme per le assegnazioni e per la determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), nella parte in cui tali norme prevedono che, ai fini del subentro nella posizione del defunto assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, il convivente more uxorio debba dimostrare la convivenza nelle forme di legge di cui all’impugnato art. 32;

che nel giudizio a quo la diffida per il rilascio immediato dell’immobile era stata inoltrata contro il ricorrente in quanto occupante senza titolo; il medesimo, tuttavia, assumendo di essere convivente della defunta assegnataria dell’alloggio, aveva proposto opposizione sostenendo di avere diritto alla successione nel contratto secondo il disposto dell’art. 15 della legge regionale impugnata;

che, instauratosi il contraddittorio, l’Agenzia per la casa aveva contestato le ragioni del ricorrente, affermando che la defunta aveva sempre dichiarato, nei censimenti ufficiali, di vivere da sola, che non risultava che la stessa avesse presentato alcuna richiesta di ospitalità temporanea e che il ricorrente aveva trasferito la propria residenza nell’alloggio soltanto dopo la morte dell’assegnataria;

che, fatte queste premesse e dopo aver affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario nella controversia in corso, il giudice a quo osserva che le disposizioni della cui legittimità costituzionale egli dubita sono sicuramente applicabili al rapporto in oggetto, in quanto l’Agenzia convenuta ha ritenuto che il ricorrente non avesse titolo alla successione nel contratto di assegnazione proprio sulla base di tali norme, il che prova la rilevanza della presente questione;

che, in ordine alla valutazione sulla non manifesta infondatezza, il Tribunale di Torino, dopo aver richiamato il testo degli artt. 3, 15 e 32 della legge della Regione Piemonte n. 46 del 1995, osserva che dette norme si occupano di identificare le condizioni alle quali è possibile, per le persone appartenenti al nucleo familiare, subentrare nella posizione del defunto assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica;

che a tale proposito il remittente rileva come l’art. 3 individui tre diversi ambiti familiari: 1) la famiglia nucleare in senso stretto (coniugi e figli legittimi, naturali, riconosciuti, adottivi, affiliati), per i cui componenti non si richiede che il requisito della convivenza con l’assegnatario abbia una particolare durata; 2) la famiglia estesa (convivente more uxorio, ascendenti, discendenti, collaterali fino al terzo grado, affini entro il secondo grado), i cui componenti sono tenuti a dimostrare “nelle forme di legge” di aver convissuto con l’assegnatario da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso; 3) persone non legate da vincoli di parentela o di affinità le quali, a determinate condizioni, possono considerarsi rientranti nel nucleo familiare, sempreché la convivenza duri da almeno due anni alla data di pubblicazione del bando di concorso;

che ad avviso del giudice a quo, tuttavia, la posizione del convivente more uxorio è solo in apparenza equiparata a quella degli altri soggetti componenti della c.d. famiglia estesa, in quanto dalla lettura congiunta delle norme impugnate emergerebbe che soltanto costui, per avere diritto al subentro, deve necessariamente ottenere dall’ente gestore la concessione della c.d. “ospitalità temporanea” di cui all’art. 32, ospitalità che dopo un biennio dà diritto all’ampliamento del nucleo familiare e, di conseguenza, alla successione nella posizione dell’assegnatario;

che il Tribunale di Torino riferisce che nella giurisprudenza costituzionale la diversità di trattamento tra convivente more uxorio e coniuge è giustificata dalla diversità esistente tra la famiglia legittima e la c.d. famiglia di fatto, ma chiarisce che in questo caso il confronto deve essere instaurato tra il convivente more uxorio e gli altri componenti della c.d. famiglia estesa ai sensi dell’art. 3 della legge in questione, per i quali, ai fini del diritto al subentro, la prova della stabile convivenza è libera, cioè non subordinata allo svolgimento della procedura di cui all’art. 32 della legge medesima;

che le norme impugnate, quindi, appaiono al giudice a quo in contrasto con:

a) l’art. 2 Cost., perché la disciplina impugnata violerebbe il principio di tutela delle formazioni sociali nelle quali si esplica la persona umana, fra le quali rientra senza dubbio la convivenza di fatto, tanto più in considerazione del carattere fondamentale del diritto all’abitazione (sentenza n. 404 del 1988 di questa Corte);

b) l’art. 3 Cost., in quanto ne risulterebbe un trattamento diverso di situazioni tra loro omogenee, quali sono quelle del convivente more uxorio e degli altri componenti della c.d. famiglia estesa;

c) gli artt. 24, 111, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché la necessità di provare la convivenza nelle forme stabilite dalla legge si tradurrebbe nell’onere di acquisire provvedimenti autorizzatori discrezionalmente concessi dall’amministrazione, con evidente discriminazione in ordine alla formazione della prova;

d) l’art. 97 Cost., perché l’adozione di provvedimenti in attuazione dei citati criteri verrebbe a porsi in contrasto con i principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione;

che è intervenuta in giudizio la Regione Piemonte, chiedendo, anche in una memoria depositata in prossimità della camera di consiglio, che la questione venga dichiarata inammissibile oppure infondata, sul rilievo che la motivazione della rilevanza della questione è insufficiente e che, comunque, l’ipotizzata disparità di trattamento è del tutto inesistente in quanto le norme impugnate - le quali regolano, peraltro, fattispecie differenti - non regolano in maniera diversa la situazione del convivente more uxorio e quella degli altri soggetti con lui posti a confronto dal remittente in riferimento alle modalità di dimostrazione della convivenza con l’assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica;

che infatti, in base alla normativa di cui si tratta, tutti i suddetti soggetti possono fornire la prova della convivenza anche con semplici atti di notorietà.

Considerato che il Tribunale di Torino, nel sollevare la questione in esame, si è limitato a specificare che la diffida per il rilascio immediato dell’immobile era stata inoltrata nei confronti del ricorrente in quanto ritenuto occupante senza titolo;

che l’ordinanza di rimessione ha riportato le argomentazioni difensive dell’Agenzia per la casa della Provincia di Torino - secondo cui la defunta assegnataria dell’alloggio in questione aveva sempre dichiarato, nei censimenti ufficiali, di vivere da sola, mentre l’odierno ricorrente avrebbe trasferito la propria residenza nell’alloggio soltanto dopo la morte della convivente assegnataria - senza in alcun modo prendere posizione in ordine alla fondatezza ditali rilievi preliminari;

che il giudice a quo, pertanto, non ha specificato le circostanze di fatto necessarie al corretto inquadramento della fattispecie, in particolare omettendo di chiarire se il ricorrente convivesse more uxorio con la defunta già da due anni prima della pubblicazione del bando di concorso per l’assegnazione dell’alloggio di edilizia sovvenzionata - requisito da ritenersi indispensabile per avere titolo alla successione di cui all’art. 15, comma 1, della legge della Regione Piemonte n. 46 del 1995 - ovvero se il medesimo avesse goduto dell’ospitalità temporanea prevista dall’art. 32 della legge impugnata ed aspirasse ad essere incluso nel nucleo familiare dell’assegnataria, onde avere diritto al subentro, secondo quanto previsto da tale ultima disposizione;

che tali carenze nella descrizione della fattispecie sub iudice si traducono in una non sufficiente motivazione sulla rilevanza della questione;

che, peraltro, neppure la non manifesta infondatezza della questione risulta chiaramente motivata, in quanto non sono esplicitate le ragioni che inducono il remittente a sostenere la necessità di una lettura combinata delle tre disposizioni in oggetto, tale per cui i requisiti indicati dall’impugnato art. 32, per consentire la successione nell’assegnazione dell’alloggio in questione, dovrebbero considerarsi applicabili anche alla diversa ipotesi successoria di cui agli artt. 3, comma 1, lettera b), e 15, comma 1, della legge della Regione Piemonte n. 46 del 1995;

che la questione va, pertanto, dichiarata manifestamente inammissibile (v., da ultimo, ordinanze n. 122 del 2004, n. 373 e n. 320 del 2003).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera b), 15, comma 1, e 32, comma 1, lettera b), e commi 6 e 7, della legge della Regione Piemonte 28 marzo 1995, n. 46 (Nuove norme per le assegnazioni e per la determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 97, 111 e 117 della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2004.

(omissis)