Torna al Sommario del Supplemento ordinario n. 1

Supplemento Ordinario n. 1 al B.U. n. 03

Testo coordinato della legge regionale 12 novembre 1999 n. 28 (Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114), come modificata dalla legge regionale 30 dicembre 2003, n. 37 (Modifiche ed integrazioni della legge regionale 12 novembre 1999, n. 28).



Si pubblica il testo coordinato della legge regionale 12 novembre 1998, n. 28 (Bollettino Ufficiale 3° suppl. al n. 46 del 18 novembre 1999) così come modificata dalla legge regionale 30 dicembre 2003, n. 37 (Bollettino Ufficiale n. 1 dell’8 gennaio 2004).

Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti qui riportati.

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Finalità)

1. La Regione Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), con la presente legge definisce le norme di indirizzo generale per l’insediamento delle attività commerciali e i criteri di programmazione urbanistica, al fine della promozione della competitività del sistema commerciale piemontese e della razionalizzazione della rete commerciale, anche in relazione all’obiettivo della tutela dei consumatori, del contenimento dei prezzi e dell’efficienza della distribuzione, nel rispetto dell’articolo 41 della Costituzione e dei principi di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).

2. La Regione assicura l’adozione delle misure più idonee al fine della trasparenza, snellimento e semplificazione delle procedure amministrative. La Regione, nell’esercizio delle funzioni ad essa spettanti, persegue i seguenti obiettivi:

a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci;

b) la tutela del consumatore, con particolare riguardo all’informazione, alla possibilità di approvvigionamento, al servizio di prossimità, all’assortimento, alla sicurezza e alla qualità dei prodotti;

c) l’efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonché l’evoluzione tecnologica dell’offerta, anche al fine del contenimento dei prezzi;

d) il pluralismo e l’equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita;

e) la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, collinari e montane;

f) il recupero e la valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese con la previsione di forme di incentivazione, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.

3. La Regione, nel rispetto della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali) e successive modifiche, garantisce altresì la partecipazione degli enti locali ai processi decisionali, attraverso la Conferenza permanente Regione-Autonomie locali istituita ai sensi della legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali).

Art. 2.

(Funzioni della Regione)

1. In particolare, nell’ambito delle funzioni conferite alla Regione, il Consiglio regionale definisce:

a) gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali e i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, in attuazione dell’articolo 6, commi 1 e 2 del d.lgs. 114/1998;

b) i criteri in base ai quali i Comuni, per un periodo non superiore a due anni, possono sospendere o inibire gli effetti della comunicazione all’apertura degli esercizi di vicinato per le aree di cui all’articolo 6, comma 3, lettere a), b) e c) del d.lgs. 114/1998;

c) i criteri in base ai quali applicare i limiti massimi di superficie di vendita di cui all’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e) della presente legge, in base alle caratteristiche socio-economiche, anche in deroga al criterio della consistenza demografica;

d) la disciplina delle vendite di liquidazione e di fine stagione, in attuazione dell’articolo 15, comma 6 del d.lgs. 114/1998;

e) i criteri relativi alle aree da destinare a commercio su area pubblica, in attuazione dell’articolo 28, comma 13 del d.lgs. 114/1998;

f) i criteri per l’individuazione dei Comuni a prevalente economia turistica, le città d’arte o le zone del territorio dei medesimi, ai fini dell’applicazione delle deroghe agli orari degli esercizi commerciali, ai sensi dell’articolo 12, comma 3 del d.lgs. 114/1998.

2. La Giunta regionale, per l’attuazione delle funzioni di competenza regionale, adotta:

a) le norme sul procedimento amministrativo concernente le domande relative alle grandi strutture di vendita, in attuazione dell’articolo 9, comma 5 del d.lgs. 114/98;

b) le disposizioni relative alla formazione e alla qualificazione professionale, ai sensi dell’articolo 5, comma 7 del d.lgs. 114/1998, nonché alle forme di agevolazione per gli operatori del settore, avuto riguardo anche all’ubicazione degli insediamenti;

c) i criteri e le norme procedimentali relativi alle autorizzazioni e gli indirizzi in materia di orari del commercio su area pubblica, ai sensi dell’articolo 28, comma 12 del d.lgs. 114/1998.

CAPO II.

INDIRIZZI GENERALI PER L’INSEDIAMENTO
COMMERCIALE E CRITERI URBANISTICI

Art. 3.

(Indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali e criteri di programmazione urbanistica)

1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, con atto deliberativo approva gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali ed i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore del commercio, sulla base delle finalità e degli obiettivi di cui all’articolo 1. La proposta è deliberata dalla Giunta previa acquisizione del parere obbligatorio delle rappresentanze degli enti locali e sentite le organizzazioni regionali più rappresentative dei consumatori e delle imprese del commercio.

2. Gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali contengono:

a) i riferimenti e le articolazioni degli obiettivi;

b) la classificazione degli esercizi commerciali in funzione della loro dimensione, delle diverse caratteristiche di composizione dell’offerta (merceologica e di servizio), del livello dei prezzi praticabili, delle differenti preferenze di localizzazione che concorre alla definizione delle tipologie di strutture distributive;

c) l’assetto territoriale della rete distributiva che, in funzione delle caratteristiche della struttura del commercio in sede fissa e su area pubblica, delle caratteristiche morfologiche e socio-economiche e della densità abitativa, individua i sottosistemi riferiti al settore distributivo quali: le aree di programmazione commerciale configurabili come unico bacino di utenza, formate da un comune attrattore, che ne determina l’importanza, e dai Comuni che ad esso fanno riferimento (Allegato A); i Comuni classificati secondo l’importanza commerciale e socio-economica (Allegato B); le zone di insediamento commerciale, addensamenti e localizzazioni commerciali, ovvero gli ambiti territoriali, riconoscibili in ciascun Comune attraverso i quali si sviluppa la dinamica concorrenziale, lo sviluppo e la trasformazione del sistema al fine di favorire una organizzazione territoriale della rete distributiva idonea a garantire un adeguato servizio al consumatore e l’equilibrato sviluppo tra le diverse tipologie distributive (Allegato C);

d) la regolamentazione dello sviluppo della rete distributiva, attraverso le diverse combinazioni dell’offerta compatibile con ciascuno dei sottosistemi, tenuto anche conto della vocazione territoriale e commerciale dei luoghi, della loro fruizione da parte dei consumatori e della obbligatorietà della tutela storico-ambientale; a tal fine il rilascio dell’autorizzazione per medie e grandi strutture di vendita è subordinato alla corresponsione di un onere aggiuntivo specificamente destinato a contribuire alla rivitalizzazione e riqualificazione delle zone di insediamento commerciale dei Comuni interessati da ciascun intervento;

e) i principi, i criteri e le modalità in base ai quali i Comuni, per preservare, sviluppare e potenziare la funzione del sistema distributivo commerciale locale, in relazione al contributo che esso fornisce alle varie forme di aggregazione sociale, per la valorizzazione delle zone di insediamento commerciale o altri aggregati di offerta consolidata e per il recupero delle piccole e medie imprese, adottano, anche attraverso la concertazione con soggetti privati, specifici Progetti denominati di Qualificazione Urbana;

f) i principi, i criteri e le modalità in base ai quali i Comuni per preservare, mantenere, ricostituire e rivitalizzare il tessuto commerciale locale, con particolare riguardo alle zone collinari, montane, rurali e marginali, adottano, anche attraverso la concertazione con soggetti privati, specifici Progetti Integrati di Rivitalizzazione delle realtà minori.

3. I criteri di programmazione urbanistica, riferiti al settore commerciale, necessari anche per gli adeguamenti urbanistici comunali, tengono conto ed identificano:

a) le modalità, i criteri ed i parametri per il riconoscimento degli addensamenti commerciali, quali porzioni del territorio urbano o extraurbano, percepite come omogenee e unitarie, che raggruppano un insieme di attività commerciali, paracommerciali ed assimilabili, ubicate l’una in prossimità dell’altra in un ambito a scala pedonale, nelle quali il consumatore trova un insieme organizzato ed integrato di offerta commerciale e di servizi;

b) le modalità, i criteri ed i parametri per il riconoscimento delle localizzazioni commerciali, quali porzioni del territorio, esistenti e potenziali di insediamento commerciale non addensato;

c) i criteri e le modalità utili a definire la vocazione commerciale del territorio comunale, il dimensionamento delle aree a destinazione d’uso al fine di garantire lo sviluppo e la trasformazione del settore commerciale nel rispetto della concorrenza estesa alle forme distributive, alle zone di insediamento commerciale ed al settore immobiliare;

d) i vincoli di natura urbanistica al fine della tutela dei centri storici e dei beni culturali ed ambientali nel rispetto delle normative nazionali e regionali in vigore, comprendendo anche, fra tali beni, parti del tessuto commerciale o esercizi singoli, pubblici esercizi e attività artigianali aventi valore storico ed artistico;

e) i vincoli di natura urbanistica relativi alla quantificazione del fabbisogno di parcheggi e di altre aree di sosta degli insediamenti commerciali nel rispetto della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo), come da ultimo modificata dalla presente legge;

f) le modalità ed i criteri per la corretta regolamentazione delle aree di sosta relative agli insediamenti commerciali;

g) il necessario regolamento tra l’autorizzazione commerciale e la concessione o autorizzazione edilizia;

h) le disposizioni sostitutive in caso di inerzia da parte dei Comuni.

4. Il Consiglio regionale, secondo le procedure stabilite al comma 1, può modificare il programma sulla base delle successive esperienze applicative, delle modificazioni del contesto economico del mercato ed in relazione ai mutamenti delle caratteristiche degli ambiti territoriali della Regione.

5. La conferenza dei servizi di cui all’articolo 9, comma 3 del d.lgs. 114/1998, è indetta dalla direzione regionale competente. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale determina le disposizioni inerenti le procedure per il rilascio delle autorizzazioni previste dal medesimo articolo. Le decisioni della conferenza dei servizi hanno natura vincolante per il rilascio delle relative autorizzazioni. Con le stesse modalità ed entro lo stesso termine, la Giunta regionale fornisce le indicazioni ai Comuni sui procedimenti relativi alle comunicazioni ed autorizzazioni disciplinate rispettivamente dagli articoli 7 e 8, commi 3 e 4 del d.lgs. 114/1998.

6. La Regione promuove attività di assistenza, di informazione e formazione a favore degli enti locali dirette all’applicazione degli indirizzi e dei criteri urbanistici di cui ai commi 2 e 3.

Art. 4.

(Strumenti comunali)

1. I Comuni sono tenuti ad adeguare gli strumenti urbanistici generali ed attuativi ed i regolamenti di polizia locale, nonché ad adottare i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 8, comma 3 del d.lgs. n. 114/1998, entro centottanta giorni dalla pubblicazione, sul Bollettino Ufficiale della Regione, degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3 e nel rispetto dei principi e delle norme contenute nei suddetti indirizzi e criteri.

2. L’adeguamento degli strumenti urbanistici generali ed attuativi individua:

a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali con particolare riguardo agli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio;

b) i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali al fine della tutela dell’arredo urbano e dei beni artistici, culturali ed ambientali;

c) i limiti ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;

d) i vincoli di natura urbanistica con particolare riguardo alla disponibilità di spazi pubblici ed alle quantità minime di spazi per parcheggi;

e) la correlazione tra gli atti autorizzatori commerciali e la concessione o autorizzazione edilizia.

3. Gli indirizzi ed i criteri di cui all’articolo 3 definiscono, altresì, le necessarie norme sostitutive che si applicano in caso di inerzia o di adeguamenti difformi dai criteri regionali da parte dei Comuni e restano in vigore fino all’emanazione delle norme comunali.

Art. 5.

(Efficacia e validità delle autorizzazioni)

1. L’apertura al pubblico conseguente al rilascio dell’autorizzazione per attivazione, ampliamento, variazione o aggiunta di settore merceologico, o comunque per altra fattispecie prevista dagli indirizzi e dai criteri di cui all’articolo 3 delle medie e grandi strutture di vendita, deve avvenire, pena la revoca del titolo, entro i termini previsti dall’articolo 22, comma 4 del d.lgs. 114/1998, salvo proroga fino ad un massimo di ulteriori anni tre per le grandi strutture di vendita ed anni due per le medie strutture di vendita, per ritardi non imputabili al soggetto autorizzato.

2. I termini di cui al comma 1 sono sospesi in pendenza di procedimento giudiziario fino alla notifica alle parti della relativa sentenza passata in giudicato.

3. Qualora nei tempi stabiliti dai commi 1 e 2 la superficie di vendita sia realizzata in misura inferiore ai due terzi di quella autorizzata, il Comune revoca l’autorizzazione per la parte non realizzata, a condizione che siano comunque rispettate le norme della presente legge.

4. La revoca dell’autorizzazione per la parte non realizzata determina l’annullamento o la modifica dell’autorizzazione regionale prevista dall’articolo 26 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dalla presente legge.

5. Il titolare di un’autorizzazione commerciale il cui esercizio sia organizzato in più reparti, in relazione alla gamma dei prodotti trattati o alle tecniche di servizio impiegate, può affidare tali reparti a terzi, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5 del d.lgs. 114/1998, perché li gestiscano in proprio, previa comunicazione al Comune competente per territorio, per la durata contrattualmente convenuta.

6. Il divieto di esercitare, congiuntamente nello stesso locale, l’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio previsto dall’articolo 26, comma 2 del d.lgs. 114/1998, non opera per la vendita di:

a) macchine, attrezzature e articoli tecnici per l’agricoltura, l’industria, il commercio e l’artigianato;

b) materiale elettrico;

c) colori e vernici, carte da parati;

d) ferramenta ed utensileria;

e) articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici;

f) articoli da riscaldamento;

g) strumenti scientifici e di misura;

h) macchine per ufficio e relativi accessori;

i) auto-moto-cicli e relativi accessori e parti di ricambio;

l) combustibili;

m) materiale per edilizia;

n) legnami.

Art. 6.

(Revoca delle autorizzazioni)

1. Le autorizzazioni per l’esercizio delle attività commerciali sono revocate qualora non siano rispettati:

a) gli indirizzi ed i criteri di cui all’articolo 3;

b) le norme della l.r. 56/1977, come da ultimo modificata dalla presente legge e degli strumenti urbanistici generali ed attuativi comunali adeguati ai sensi dell’articolo 4;

c) le procedure relative alle autorizzazioni di cui all’articolo 3, comma 5.

2. L’autorizzazione commerciale per l’esercizio dell’attività è altresì revocata in pendenza dell’autorizzazione preventiva regionale prevista ai commi sesto, settimo, ottavo, nono, decimo e undicesimo dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dalla presente legge.

3. La revoca dell’autorizzazione commerciale comporta la chiusura dell’esercizio.

4. Il sindaco ordina la chiusura degli esercizi di vicinato nel caso in cui non siano rispettate eventuali disposizioni particolari assunte dai Comuni in applicazione degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3.

CAPO III.

DISPOSIZIONI URBANISTICHE REGIONALI

Art. 7.

(Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56)

1. Per l’attuazione delle disposizioni contenute negli articoli 3 e 4 e, in particolare, per consentire ai Comuni l’adeguamento degli strumenti urbanistici nei termini previsti, si provvede al riordino della l.r. 56/1977, secondo le modifiche di cui ai commi seguenti.

2. Dopo il comma 6 dell’articolo 4 della l.r. 56/1977, come da ultimo sostituito dall’articolo 4 della legge regionale 10 novembre 1994, n. 45 (Norme in materia di pianificazione del territorio: modifiche alla l.r. 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modifiche ed integrazioni e alle ll.rr. 16 marzo 1989, n. 16 e 3 aprile 1989, n. 20), è inserito il seguente:

“6 bis. Per quanto attiene il settore della distribuzione commerciale al dettaglio si applicano le norme previste dagli indirizzi e criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).”.

3. Il numero 1) del secondo comma dell’articolo 12 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 15 della legge regionale 6 dicembre 1984, n. 61, è sostituito dal seguente:

“1) valuta le esigenze di sviluppo delle attività produttive, degli insediamenti residenziali dei servizi e delle attrezzature, indicando la quota che può essere soddisfatta con il recupero del patrimonio insediativo esistente ed individuando la quantità di aree necessarie per la realizzazione dei nuovi insediamenti; valuta altresì le esigenze relative agli insediamenti del settore commerciale applicando gli indirizzi ed i criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998;”.

4. Dopo la lettera d) del numero 1) del primo comma dell’articolo 14 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 17 della l.r. 61/1984, è inserita la seguente:

“d bis) i criteri per l’applicazione degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, ove sono contenute le motivazioni delle scelte operate nella definizione delle zone di insediamento commerciale;”.

5. Il numero 4 del primo comma dell’articolo 14 della l.r. 56/1977, è sostituito dal seguente:

“4) le Norme di Attuazione, contenenti le definizioni e le prescrizioni generali e particolari relative alle classi di destinazione d’uso, ai tipi di intervento, ai modi di attuazione ed alla gestione del piano, ivi comprese quelle relative agli insediamenti commerciali al dettaglio.”.

6. Dopo il primo comma dell’articolo 14 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 17 della l.r. 61/1984, è inserito il seguente:

“I Comuni, utilizzando le tavole di cui al primo comma, numero 3) ed avvalendosi di quelle in scala idonea, rappresentano altresì le perimetrazioni con riferimento alle caratteristiche delle zone di insediamento commerciale ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. 114/1998 e degli indirizzi e dei criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del decreto legislativo stesso.”.

7. Al ventesimo comma dell’articolo 15 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 18 della l.r. 61/1984, è aggiunto il seguente periodo:

“In caso di mancato adeguamento entro il termine di centottanta giorni, del Piano Regolatore Generale agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, entrano in vigore, fino all’emanazione delle norme comunali, le norme sostitutive stabilite ai sensi dell’articolo 6, comma 6 del decreto legislativo stesso.”.

8. La lettera f) del comma 4 dell’articolo 17 della l.r. 56/1977, come sostituito dall’articolo 1 della legge regionale 29 luglio 1997, n. 41, è sostituita dalla seguente:

“f) incrementano le superfici territoriali o gli indici di edificabilità del Piano Regolatore Generale vigente, relativi alle attività economiche produttive, direzionali, turistico-ricettive, commerciali, anche di adeguamento della disciplina della rete distributiva agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, risultanti dagli atti del piano medesimo, in misura superiore al 6 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i diecimila abitanti, al 3 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i ventimila abitanti, al 2 per cento nei restanti Comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti. Tali incrementi devono essere realizzati su aree contigue a quelle urbanizzate o a quelle di nuovo impianto previste dal Piano Regolatore Generale vigente.”.

9. Dopo il comma 5 dell’articolo 17 della l.r. 56/1977, come sostituito dall’articolo 1 della l.r. 41/1997, è aggiunto il seguente:

“5 bis. La variante di adeguamento al Piano Regolatore Generale ai sensi del d.lgs. 114/1998 è approvata dalla Giunta regionale entro centoventi giorni dalla data del suo ricevimento esclusivamente nel caso in cui contenga degli interventi attuabili a seguito di avvio delle procedure previste dagli articoli 8 e 9 del decreto medesimo.”.

10. La lettera b) del numero 1) del primo comma dell’articolo 21 della l.r. 56/1977, come modificata dall’articolo 24 della l.r. 61/1984, è sostituita dalla seguente:

“b) 5 mq per abitante di aree per attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per mercati su aree pubbliche e centri commerciali pubblici);”.

11. Il numero 3) del primo comma dell’articolo 21 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 24 della l.r. 61/1984, è sostituito dal seguente:

“3) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti direzionali e commerciali al dettaglio non soggetti alle prescrizioni di cui al secondo comma: nei casi di intervento all’interno dei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall’articolo 24, primo comma, numero 1) e di ristrutturazione urbanistica e di completamento di cui all’articolo 13, terzo comma, lettere e) ed f), la dotazione minima è stabilita nella misura dell’80 per cento della superficie lorda di pavimento. Nei casi di intervento di nuovo impianto, di cui all’articolo 13, terzo comma, lettera g), la dotazione minima è stabilita nella misura del 100 per cento della superficie lorda di pavimento. La dotazione minima di aree destinate a parcheggio pubblico è stabilita in misura non inferiore al 50 per cento delle menzionate dotazioni.”.

12. Il secondo comma dell’articolo 21 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 4 della legge regionale 27 dicembre 1991, n. 70, è sostituito dal seguente:

“Per le attività commerciali al dettaglio di cui all’articolo 4 del d.lgs. 114/1998, con superficie di vendita superiore a mq 400 devono anche essere osservati gli standard relativi al fabbisogno di parcheggi pubblici stabiliti dagli indirizzi e dai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, applicando il maggiore tra quelli previsti al numero 3) del primo comma e quelli previsti nel presente comma; nel caso di interventi nei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall’articolo 24, primo comma, numero 1), la dotazione di parcheggi pubblici è stabilita nella misura dell’80 per cento degli standard previsti dai citati indirizzi e criteri, fatte salve ulteriori prescrizioni aggiuntive stabilite dai criteri stessi. I Comuni possono richiedere altre dotazioni di standard o di altre aree per attrezzature al servizio degli insediamenti non disciplinate dal presente comma e che sono da intendersi aggiuntive a quelle previste dallo stesso.”.

13. La lettera f) del primo comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, è sostituita dalla seguente:

“f) le aree e gli edifici da riservare alle attività commerciali al dettaglio, con riferimento a quanto previsto dal d.lgs. 114/1998 e nel rispetto delle norme previste dagli indirizzi e dai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998, nonché gli impianti di commercializzazione all’ingrosso.”.

14. Il sesto comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“Il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie relative all’insediamento delle attività commerciali al dettaglio con superficie di vendita fino a mq 1.500 nei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti e a mq 2.500 negli altri Comuni è contestuale al rilascio dell’autorizzazione commerciale ai sensi del d.lgs. 114/1998, purché la superficie lorda di pavimento non sia superiore a mq 4.000. Negli altri casi il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie è subordinato alle norme e prescrizioni di cui ai commi seguenti.”.

15. Il settimo comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“Nel caso di insediamenti di attività commerciali al dettaglio con superficie lorda di pavimento compresa tra mq 4.000 e mq 8.000, il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia è subordinato alla stipula di una convenzione o atto di impegno unilaterale, ai sensi dell’articolo 49, quinto comma, ed a preventiva autorizzazione regionale. Tale autorizzazione è rilasciata in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998.”.

16. L’ottavo comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“Nel caso di insediamenti di attività commerciali al dettaglio con superficie lorda di pavimento superiore a mq 8.000, il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia è subordinato a preventiva approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo ed a preventiva autorizzazione regionale. Tale autorizzazione è rilasciata in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all’articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del d.lgs. 114/1998.”.
17. Il nono comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“Nei casi previsti dai commi sesto, settimo e ottavo, nella concessione o autorizzazione edilizia, nella convenzione o atto di impegno unilaterale che disciplinano l’intervento, sono precisate:

a) la superficie utile lorda e la superficie lorda di pavimento dell’insediamento commerciale;

b) la superficie di vendita ripartita per tipologia di strutture distributive limitatamente alle medie e grandi strutture di vendita;

c) le superfici a magazzino e deposito;

d) le superfici destinate alle attività accessorie;

e) le superfici destinate ad altre attività, ad esempio artigianali, di servizio;

f) le superfici destinate ai servizi pubblici (parcheggi e verde pubblici) a norma dell’articolo 21;

g) le superfici destinate a soddisfare il fabbisogno di parcheggi previsti dai citati indirizzi e criteri;

h) i parcheggi privati ai sensi della legge 24 marzo 1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale), le superfici destinate a carico e scarico merci, nonché ogni altro ulteriore elemento previsto dai citati indirizzi e criteri.".

18. Dopo il nono comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come da ultimo modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è inserito il seguente:

“Nei casi di superficie lorda di pavimento superiore a mq. 4.000, nella convenzione devono essere adeguatamente dettagliate le soluzioni che risolvono i problemi di impatto con la viabilità e deve essere definita l’attribuzione dei relativi costi di realizzazione.”

19. Il decimo comma dell’articolo 26 della l.r. 56/1977, come modificato dall’articolo 5 della l.r. 70/1991, è sostituito dal seguente:

“L’ampliamento della superficie lorda di pavimento originaria o la modifica delle destinazioni d’uso, tipizzate al nono comma, comporta l’acquisizione dell’autorizzazione regionale, la revisione della convenzione o dell’atto di impegno unilaterale e dello strumento urbanistico esecutivo solo quando le variazioni superino il 10 per cento della superficie utile lorda di pavimento originaria, salvo che, per via di successivi ampliamenti, si superino i limiti di cui ai commi settimo e ottavo”.

CAPO IV.

ORARI DI VENDITA

Art. 8.

(Principi in tema di orari di vendita)

1. In applicazione del disposto dell’articolo 11 del d.lgs. 114/98 gli orari di apertura e chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al suindicato articolo e dei criteri emanati dai Comuni in applicazione dell’articolo 36 della legge n. 142/1990.

2. I Comuni conformano la predisposizione dei criteri in materia di orari di apertura e di chiusura degli esercizi di vendita ai seguenti principi:

a) armonizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali agli orari dei servizi pubblici e degli uffici locali, in relazione alle esigenze complessive degli utenti, in attuazione della legge regionale 6 aprile 1995, n. 52 (Norme per la formulazione e l’adozione dei piani comunali di coordinamento degli orari PCO ai sensi dell’articolo 36, comma 3, della legge n. 142/90) e dell’articolo 36, comma 3, della l. 142/90;

b) promozione di un costante processo di confronto fra le parti sociali interessate ed i soggetti pubblici per avviare sperimentazioni di nuove soluzioni di servizio alla collettività;

c) coordinamento degli orari degli esercizi di vendita, con particolare riguardo alle caratteristiche delle zone, così come individuate dagli indirizzi e dai criteri di cui all’articolo 3, attraverso l’articolazione della mezza giornata di chiusura infrasettimanale, qualora prevista, e delle deroghe all’obbligo della chiusura festiva e domenicale secondo aree omogenee dello stesso Comune, e, qualora necessario, anche a livello sovracomunale, previa intesa con i Comuni interessati;

d) ottimizzazione del servizio al consumatore attraverso:

1) l’individuazione dei giorni domenicali e festivi nei quali consentire la deroga di cui alla lettera c) in modo tale da garantire per ogni area omogenea l’apertura degli esercizi per ulteriori otto domeniche o festività oltre a quelle comunque previste per il mese di dicembre;

2) la definizione degli ambiti territoriali entro i quali è consentito l’esercizio dell’attività di vendita ad un limitato numero di esercizi di vicinato in orario notturno;

3) la definizione del regime di orari da applicarsi alle attività miste di uno stesso esercizio commerciale, con particolare riguardo ai centri polifunzionali e ai centri commerciali, secondo criteri che, oltre al settore merceologico o all’attività prevalente, tengano conto delle esigenze complessive dell’utenza;

4) l’uniformità del regime degli orari delle attività artigiane, agricole ed industriali esercenti la vendita al dettaglio a quello dei negozi;

5) la definizione delle modalità in base alle quali gli esercizi del settore alimentare devono garantire l’apertura al pubblico in caso di più di due festività consecutive.

Art. 9.

(Località ad economia turistica)

1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, sentite le rappresentanze degli enti locali, attraverso la Conferenza permanente Regione-Autonomie Locali istituita ai sensi della l.r. 34/1998, e le rappresentanze delle organizzazioni regionali più rappresentative dei consumatori, delle imprese del commercio e turismo e dei lavoratori dipendenti, approva i criteri per l’individuazione delle località ad economia turistica, al fine particolare delle deroghe di cui all’articolo 12, comma 1, del d.lgs. 114/1998, con riferimento alle seguenti tipologie di Comuni:

a) Comuni o parti di Comuni a prevalente economia turistica o, comunque, ad elevato indice di specializzazione turistica;

b) città d’arte o parti di Comuni aventi tale connotazione;

c) Comuni montani o zone montane di Comuni;

d) altri Comuni o singole zone di Comuni caratterizzati dalla presenza di attrattive termali, naturalistico-ambientali, storico-culturali, sportive, artigianali, enogastronomiche, religiose, in cui il movimento turistico, anche solo giornaliero, costituisce un elemento di significativo apporto all’animazione o all’economia della località;

e) Comuni, o parti di essi, interessati da un rilevante afflusso di turisti in occasione di manifestazioni permanenti o episodiche, connotate da capacità di attrazione extracomunale.

2. Ciascuna provincia sulla base delle istanze presentate dai Comuni del proprio territorio interessati, provvede, in applicazione dei criteri regionali di cui al comma 1 e sentite le Organizzazioni provinciali più rappresentative dei consumatori, delle imprese del commercio e del turismo, nonché dei lavoratori dipendenti, all’individuazione della connotazione permanente o periodica o episodica, di località turistica dell’intero territorio comunale o di parti specifiche dello stesso, sulla base delle esigenze e delle peculiari caratteristiche territoriali ed economiche locali.

3. Ciascuna provincia provvede altresì, sentite le Organizzazioni provinciali maggiormente rappresentative di cui al comma 2, all’individuazione, per ciascun comune interessato, dei periodi in cui é riconosciuta la presenza rilevante di popolazione turistica, anche giornaliera, ai fini delle deroghe previste dall’articolo 12, comma 1, del d. lgs. 114/1998.

4. Le deliberazioni relative alle deroghe previste dal presente articolo devono essere inviate entro 15 giorni dalla loro adozione all’osservatorio regionale di cui al capo IX.

5. I criteri di cui al presente articolo possono essere sottoposti ad aggiornamento sulla base di mutamenti del contesto economico del mercato, in relazione alle caratteristiche degli ambiti territoriali della Regione.

CAPO V.

COMMERCIO SU AREA PUBBLICA

Art. 10.

(Commercio su area pubblica)

1. Il Consiglio regionale, con le procedure di cui all’articolo 3, comma 1, definisce i criteri generali per l’individuazione delle aree da destinare all’esercizio del commercio su aree pubbliche, con riferimento alle tipologie di manifestazioni e forme ed in relazione alla localizzazione, dimensionamento e composizione merceologica.

2. I criteri perseguono i seguenti obiettivi:

a) ottimizzare il servizio, con particolare riguardo all’ubicazione ed alla tipologia dell’offerta;

b) realizzare un adeguato equilibrio con le altre forme di distribuzione, tenuto conto delle presenze dei consumatori e attraverso la valorizzazione del ruolo di completamento e di alternativa rispetto al commercio fisso;

c) definire un disegno territoriale del commercio su area pubblica in correlazione con le peculiarità territoriali, secondo le tipologie individuate dall’articolo 6, comma 3 del d.lgs. 114/1998;

d) incentivare il commercio su area pubblica nelle sue varie forme, anche itineranti, per potenziare l’offerta commerciale in ambito urbano e per valorizzare il suo ruolo dal punto di vista della concorrenza anche nei confronti delle forme di commercio fisso a localizzazione extraurbana;

e) sostenere l’adeguamento delle aree alle norme di igiene, sanità e sicurezza;

f) valorizzare il ruolo della produzione agricola locale e regionale.

3. Il Consiglio regionale, secondo le procedure stabilite al comma 1, può modificare i criteri sulla base delle successive esperienze applicative, delle modificazioni del contesto economico del mercato ed in relazione ai mutamenti delle caratteristiche degli ambiti territoriali della Regione.

Art. 11.

(Ulteriori disposizioni sul commercio su area pubblica)

1. La Giunta regionale, sentite le rappresentanze degli enti locali, le organizzazioni regionali più rappresentative dei consumatori e delle imprese del commercio e dei produttori agricoli, adotta i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per il commercio su area pubblica, nonché per l’istituzione, soppressione, spostamento, funzionamento dei mercati e delle varie forme di commercio su area pubblica, ai sensi dell’articolo 28, commi 12 e 13 del d.lgs. 114/1998.

2. Allo stesso modo la Giunta regionale determina:

a) le indicazioni relative alle modalità di esercizio del commercio su area pubblica, alle procedure per il rilascio e alle altre vicende giuridico-amministrative delle autorizzazioni ed i criteri per l’assegnazione dei posteggi;

b) le modalità di partecipazione dei produttori agricoli al commercio su area pubblica;

c) le disposizioni relative alla valenza delle autorizzazioni già rilasciate ai sensi della legge 28 marzo 1991, n. 112 (Commercio su aree pubbliche), sia ex novo che per effetto di conversione;

d) gli indirizzi in materia di orari delle attività di commercio su area pubblica con particolare riguardo:

1) al rispetto dei principi dell’articolo 8 della presente legge;

2) alle diverse modalità di esercizio dell’attività;

3) all’assetto della rete distributiva locale in sede fissa;

4) alla possibilità di stabilire fasce diversificate di orari fra commercio su area pubblica e commercio in sede fissa in relazione alle esigenze dei consumatori;

5) alle limitazioni per motivi di interesse e di sicurezza pubblica.

3. Gli indirizzi possono essere sottoposti ad aggiornamento per ragioni di ottimizzazione del funzionamento del commercio su area pubblica.

4. I Comuni possono rilasciare autorizzazioni stagionali per il commercio su area pubblica con le stesse modalità previste per le autorizzazioni non stagionali, nonché concedere autorizzazioni temporanee alla vendita su area pubblica in occasione di fiere, feste, mercati o altre riunioni straordinarie di persone. Le autorizzazioni sono valide soltanto per i giorni delle predette riunioni e sono rilasciate esclusivamente a chi è in possesso dei requisiti professionali e soggettivi previsti dalla legge.

CAPO VI.

VENDITE STRAORDINARIE

Art. 12.

(Esercizio delle funzioni amministrative)

1. La Regione trasferisce ai Comuni le funzioni amministrative previste dall’articolo 15 del d.lgs. 114/1998, relative alla fissazione delle modalità di svolgimento, della pubblicità, dei periodi e della durata delle vendite di liquidazione e di fine stagione, secondo i principi e le disposizioni degli articoli 13, 14 e 15.

Art. 13.

(Vendite di liquidazione)

1. La vendita di liquidazione è soggetta a previa comunicazione al Comune ove ha sede il punto di vendita e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della stessa.

2. Nella comunicazione il soggetto interessato dichiara:

a) l’ubicazione dell’esercizio nel quale viene effettuata la vendita;

b) le date di inizio e quella di cessazione della vendita;

c) le motivazioni della liquidazione;

d) le merci poste in vendita, distinte per voci merceologiche, con indicazione della qualità e quantità, dei prezzi praticati prima della vendita straordinaria e dei prezzi che saranno praticati nella stessa;

e) i testi delle asserzioni pubblicitarie ai fini della corretta informazione al consumatore.

3. Le comunicazioni relative alle liquidazioni per cessazione di attività, cessione di azienda, trasferimento di sede dell’esercizio e trasformazione dei locali devono altresì contenere l’indicazione degli estremi delle comunicazioni o autorizzazioni, concessioni o licenze, di presupposto o, nel caso di cessione, dell’atto di cessione.

4. Le operazioni di rinnovo di minore entità, non supportate da atti amministrativi di presupposto, necessitano dei preventivi di spesa allegati alla comunicazione. Il Comune valuta l’opportunità di consentire la liquidazione.

5. I Comuni stabiliscono la durata della vendita di liquidazione, comunque per un periodo massimo di tre mesi, sulla base delle motivazioni contenute nella comunicazione.

6. A decorrere dall’inizio delle vendite di cui al presente articolo, è vietato introdurre, nei locali e pertinenze del punto vendita interessato, ulteriori merci del genere di quelle per le quali viene effettuata la vendita di liquidazione. Il divieto di rifornimento riguarda sia le merci acquistate sia quelle concesse in conto deposito.

7. Durante le vendite di liquidazione rimangono validi gli atti di presupposto all’esercizio dell’attività di vendita. E’ vietata l’effettuazione di vendita di liquidazione con il sistema del pubblico incanto.

Art. 14.

(Vendite di fine stagione)

1. La vendita di fine stagione deve essere preceduta da comunicazione al Comune, ove ha sede il punto di vendita, contenente:

a) l’ubicazione dell’esercizio nel quale viene effettuata la vendita;

b) la data di inizio e quella di cessazione della vendita;

c) le percentuali degli sconti o ribassi praticati sui prezzi normali di vendita;

d) i testi delle asserzioni pubblicitarie, ai fini della corretta informazione al consumatore.

2. Le vendite di fine stagione possono essere effettuate soltanto in due periodi dell’anno, precisamente dal 10 gennaio al 31 marzo e dal 10 luglio al 30 settembre. Nell’ambito di tali periodi i Comuni fissano annualmente la durata delle vendite di fine stagione fino ad un massimo di quattro settimane, anche non continuative, per ciascun periodo. Per la definizione del calendario annuale delle vendite di fine stagione, i Comuni si raccordano con gli altri Comuni confinanti anche con riferimento alle aree di programmazione commerciale previste dagli indirizzi e criteri di cui all’articolo 3.

Art. 15.

(Disposizioni comuni)

1. I Comuni stabiliscono le modalità relative alle indicazioni dei prezzi e alle asserzioni pubblicitarie e le procedure più idonee di controllo, al fine di garantire la veridicità e la correttezza dell’effettuazione delle vendite di liquidazione e di fine stagione in relazione alla tutela del consumatore.

2. Le violazioni alle disposizioni in materia di vendita di liquidazione e di fine stagione sono punite ai sensi dell’articolo 22, commi 3, 6 e 7 del d.lgs. 114/1998. In caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può disporre la sospensione dell’attività di vendita per un periodo non superiore a 30 giorni. Tali disposizioni non si applicano alle vendite disposte dall’autorità giudiziaria a seguito di esecuzione forzata.

3. Nelle vendite di liquidazione e di fine stagione o nella relativa pubblicità è vietato l’uso della dizione “vendite fallimentari” come pure ogni riferimento a fallimento, procedure fallimentari, esecutive, individuali o concorsuali e simili, anche come termine di paragone.

CAPO VII.

CENTRI DI ASSISTENZA TECNICA, FORMAZIONE
PROFESSIONALE E CREDITO AL COMMERCIO

Art. 16.

(Centri di assistenza tecnica)

1. La Regione, in attuazione dell’articolo 23 del d.lgs. 114/1998, promuove la costituzione di appositi centri di assistenza tecnica, di seguito denominati centri al fine di sviluppare i processi di ammodernamento della rete distributiva. I centri, istituiti dalle associazioni di categoria e da altri soggetti interessati, svolgono a favore delle imprese commerciali attività di assistenza tecnica in materia di innovazione tecnologica e organizzativa, di gestione economica e finanziaria di impresa, di accesso ai finanziamenti anche comunitari, di sicurezza e tutela dei consumatori, di tutela dell’ambiente, di igiene e sicurezza sul lavoro, di interventi finalizzati alla introduzione di sistemi di qualità ed alla loro certificazione.

2. I centri sono autorizzati dalla Regione, in misura massima di uno per soggetto costituente, esclusivamente in presenza di uno statuto che preveda lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 a favore di tutte le imprese richiedenti le prestazioni, a prescindere dall’appartenenza o meno delle stesse ai soggetti istitutivi del centro, e della disponibilità di una struttura articolata e funzionante sul territorio regionale.

3. I soggetti costituenti i centri possono essere le associazioni di categoria del settore rappresentative di almeno il 5 per cento delle aziende commerciali operanti sul territorio regionale secondo i dati rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente la costituzione del centro, anche congiuntamente ad altri soggetti interessati. Le associazioni e gli altri soggetti devono avere svolto attività di assistenza tecnica alle imprese commerciali nei tre anni precedenti la costituzione del centro.

4. La Regione, al fine di assicurare un adeguato supporto al raggiungimento degli obiettivi della programmazione regionale di settore, in particolare la sensibilizzazione alla cultura dell’innovazione, l’individuazione ed il coordinamento delle linee di formazione e aggiornamento, la finalizzazione degli incentivi allo sviluppo del commercio, ed a garantire il sostegno progettuale agli enti locali per la riqualificazione del territorio, può partecipare alla formazione di centri di assistenza tecnica.

5. La Giunta regionale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, stabilisce le modalità ed i termini di presentazione delle richieste di autorizzazione e la relativa documentazione. Stabilisce altresì l’autorità competente, i criteri e i termini per il rilascio dell’autorizzazione, i controlli sulla documentazione prodotta e sulle attività esercitate, nonché le sanzioni applicabili.

6. La Giunta regionale stabilisce altresì criteri e modalità di incentivazione dei centri.

Art. 17.

(Formazione professionale)

1. La Giunta regionale individua i percorsi formativi per l’accesso all’imprenditorialità, per l’aggiornamento degli operatori in attività, per l’innalzamento o la riqualificazione del livello professionale, con particolare riferimento alle nozioni in materia di organizzazione e qualità della gestione, marketing, normativa ambientale, sicurezza, tutela e informazione ai consumatori, introduzione dei sistemi di qualità e loro certificazione, al fine di favorire la formazione degli esercenti e degli addetti al settore commerciale e di sostenere e qualificare l’occupazione nel settore distributivo.

2. Le modalità organizzative, la durata, le materie ed i finanziamenti dei corsi di formazione professionale sono stabilite dalla Giunta regionale in conformità alle disposizioni delle leggi regionali, statali e comunitarie in materia di politiche attive del lavoro, formazione e servizi all’impiego.

3. La partecipazione ai corsi di formazione professionale, conclusasi con esito positivo, costituisce condizione indispensabile per l’accesso all’esercizio del commercio relativamente al settore merceologico alimentare; le modalità di partecipazione e di ammissione alle prove finali per l’accertamento dell’idoneità sono stabilite dalla Giunta regionale.

4. I corsi, secondo i percorsi formativi di cui al comma 1, possono essere istituiti, mediante convenzione con la Regione Piemonte, dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) e dalle loro aziende speciali, dalle associazioni di categoria più rappresentative del settore a livello regionale e dagli enti costituiti con il loro concorso, dai centri di assistenza tecnica, da altri soggetti già operanti nel settore della formazione professionale.

5. La Giunta autorizza altresì i piani di formazione e verifica la rispondenza agli obiettivi dei programmi di formazione portati a conoscenza prima dell’inizio dei corsi.

6. Sono ritenuti validi, agli effetti del possesso del requisito professionale di cui all’articolo 5, comma 5, lettera a) del d.lgs. 114/1998, i corsi effettuati presso enti riconosciuti da altre Regioni nonché l’avvenuto superamento, con esito favorevole, delle prove di idoneità già previste per l’iscrizione al registro degli esercenti il commercio dalla legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio).

7. In fase di prima applicazione, e comunque non oltre un anno dall’entrata in vigore della presente legge, i corsi professionali di cui al comma 3 sono svolti prioritariamente dalle CCIAA e dalle associazioni di categoria più rappresentative del settore commerciale secondo i programmi della previgente normativa in materia di commercio. A tale scopo, presso ciascuna CCIAA è costituita e nominata un’apposita commissione d’esame, composta da:

a) un esperto designato dalla competente CCIAA, in qualità di presidente;

b) un esperto in materia di norme igienico-sanitarie, designato dalla competente direzione regionale alla sanità;

c) un esperto di tecnica commerciale designato dalla CCIAA;

d) un esperto di merceologia designato dalla CCIAA;

e) un rappresentante della struttura formativa che ha gestito il corso.

8. La commissione è integrata per ogni sessione d’esame da un componente del collegio docenti che, nominato dal responsabile della struttura formativa, svolge le funzioni di segretario durante lo svolgimento dello scrutinio.

9. I corsi di formazione professionale per l’accesso all’esercizio del commercio, relativamente al settore merceologico alimentare e limitatamente alla fase di prima applicazione di cui al comma 7, non comportano oneri a carico della Regione; gli stessi sono posti a carico dei soggetti organizzatori dei corsi e ricompresi nella quota d’iscrizione posta a carico degli allievi, secondo le modalità stabilite in apposita convenzione.

Art. 18.

(Credito al commercio)

1. La Regione agevola l’accesso al credito delle imprese operanti nel settore del commercio attraverso interventi diretti:

a) alla realizzazione di progetti integrati con il concorso degli enti locali per la valorizzazione del tessuto commerciale urbano, la rivitalizzazione delle realtà minori, la qualificazione del territorio e la creazione di centri commerciali naturali;

b) ai programmi di sviluppo delle imprese inerenti l’innovazione gestionale e tecnologica, il ricorso alla certificazione di qualità, la formazione e l’aggiornamento professionale. Gli interventi per il finanziamento dei programmi sono attuati anche mediante l’utilizzo del fondo di cui all’articolo 4 della legge regionale 9 maggio 1997, n. 21 (Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato), e successive modificazioni ed integrazioni, tramite istituzione di apposite sezioni di detto fondo, sul quale possono confluire le risorse stanziate all’articolo 24, comma 2, lettera c);

c) al concorso al fondo rischi dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi;

d) al sostegno della costituzione dei centri di assistenza tecnica e del loro finanziamento per l’attuazione di specifici progetti;

d bis) al sostegno delle imprese del commercio e delle loro forme associative, in seguito ad emergenze economiche, strutturali, ambientali che determinino situazioni di crisi delle imprese stesse, tramite le seguenti misure:

1) costituzione di un fondo speciale finalizzato a fornire garanzie bancarie per consentire l’accesso ai finanziamenti necessari all’operatività delle imprese ed al contenimento dei relativi tassi di interesse;

2) sostegno di azioni promozionali e di fidelizzazione della clientela.

2. La Regione interviene a favore degli enti locali, delle imprese commerciali e loro forme associative per il finanziamento dei progetti integrati di cui al comma 1, lettera a) per la realizzazione dei fini ivi indicati.

3. I benefici determinati dagli interventi di cui al comma 1 sono attribuiti in una delle seguenti forme: concessione di garanzie sui prestiti; bonus fiscale; contributi in conto capitale e in conto interessi; finanziamenti agevolati; finanziamenti su operazioni di leasing e di ingegnerizzazione finanziaria. Gli interventi sono attuati con procedimento automatico, valutativo e negoziale.

4. In fase di prima applicazione, nelle more dell’emanazione del provvedimento regionale attuativo del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c) della legge 15 marzo 1997, n. 59), la Giunta regionale determina i criteri e le modalità degli interventi a favore dei soggetti di cui al comma 1, concessi mediante risorse proprie, statali o comunitarie.

5. In particolare la Giunta, sulla base degli obiettivi della programmazione regionale di settore ed in conformità dei limiti imposti dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti alle piccole e medie imprese, per ciascun intervento individua:

a) la tipologia del procedimento con riferimento alle caratteristiche ed alle finalità dell’aiuto;

b) i requisiti dei soggetti beneficiari e l’ambito territoriale di applicazione;

c) la tipologia e il periodo di ammissibilità delle spese nonché la relativa documentazione;

d) la forma dell’aiuto concedibile scegliendolo tra quelli indicati al comma 3;

e) le intensità dell’aiuto e le modalità di calcolo in equivalente sovvenzione lorda o netta;

f) i termini per la realizzazione dell’iniziativa, i tempi di concessione ed erogazione dell’intervento;

g) le modalità e i termini di effettuazione dei controlli, i motivi di revoca dei benefici erogati e l’eventuale ricorso al regime di convenzione con soggetti terzi per lo svolgimento di alcune fasi del procedimento.

6. La Giunta regionale predispone annualmente il monitoraggio degli interventi di sostegno pubblico concessi nell’anno precedente, al fine di verificare lo stato di attuazione, anche finanziario, di ciascun regime d’aiuto e la capacità di perseguire i relativi obiettivi. Sulla scorta dei dati rilevati, la Giunta regionale entro il mese di giugno di ciascun anno predispone e trasmette al Consiglio regionale una relazione contenente per ogni tipologia di intervento:

a) lo stato di attuazione finanziario;

b) l’efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi perseguiti;

c) l’eventuale fabbisogno finanziario per gli interventi in vigore;

d) l’eventuale esigenza di nuovi interventi.

CAPO VIII.

VERIFICA E CONTROLLO

Art. 19.

(Competenze regionali)

1. Fatta salva la competenza comunale all’irrogazione delle sanzioni amministrative di cui all’articolo 22 del d.lgs. 114/1998, la Regione verifica la corretta applicazione delle disposizioni statali e regionali nelle materie del commercio.

2. In particolare, compete alla Regione la verifica della conformità dell’azione amministrativa e programmatoria comunale all’attuazione degli strumenti regionali emanati sulla base delle disposizioni del d.lgs. 114/1998, nonché la verifica della rispondenza delle attività realizzate ai relativi atti autorizzatori.

3. La Regione, anche avvalendosi di altri organismi competenti, esercita l’intervento sostitutivo previsto dagli articoli 6 e 28 del d.lgs. 114/1998 in caso di inerzia da parte dei Comuni.

CAPO IX.

OSSERVATORIO REGIONALE DEL COMMERCIO

Art. 20.

(Istituzione dell’osservatorio regionale del commercio)

1. La Regione Piemonte, in attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera g), del d.lgs. 114/1998 istituisce l’Osservatorio regionale del commercio, di seguito denominato Osservatorio regionale, con sede presso la Direzione regionale competente in materia di commercio e artigianato, per assicurare un sistema coordinato di monitoraggio sull’entità ed efficienza della rete distributiva commerciale, al fine delle valutazioni sull’efficacia degli interventi regionali, nazionali e comunitari in materia.

2. L’attività dell’Osservatorio regionale si raccorda con le finalità dell’Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato.

Art. 21.

(Obiettivi dell’osservatorio regionale)

1. L’attività dell’Osservatorio regionale concorre:

a) alla programmazione regionale nel settore del commercio;

b) al monitoraggio dell’entità ed efficienza della rete distributiva commerciale;

c) alla valutazione dell’efficacia degli interventi regionali in materia;

d) a fornire a tutti i soggetti interessati i dati e le elaborazioni per una migliore conoscenza del settore della distribuzione commerciale piemontese;

e) alla realizzazione del sistema informativo regionale del settore della distribuzione commerciale, in raccordo con l’Osservatorio nazionale del commercio e con gli osservatori regionali economici e settoriali.

2. Per i fini di cui al comma 1, l’Osservatorio regionale predispone annualmente, entro il mese di ottobre, un programma di attività da svolgersi nell’anno successivo, sentita l’apposita Commissione da istituirsi con deliberazione della Giunta regionale, composta dai rappresentanti delle imprese del commercio, degli enti locali, delle organizzazioni dei consumatori e dei lavoratori dipendenti. Il programma annuale di attività è approvato dalla Giunta regionale e comunicato alla competente commissione del Consiglio regionale.

Art. 22.

(Attività dell’Osservatorio)

1. L’Osservatorio regionale, per il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 21:

a) cura la raccolta e l’aggiornamento delle principali informazioni sul settore, anche avvalendosi degli enti locali, delle CCIAA, delle organizzazioni del settore commerciale ed attivando, quando occorre, specifiche collaborazioni con soggetti pubblici e privati;

b) promuove il coordinamento con i sistemi informativi della Regione Piemonte e dell’Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato secondo il disposto dell’articolo 6, comma 1, lettera g) del d.lgs. 114/1998;

c) promuove indagini e ricerche e attiva collaborazioni per lo studio delle problematiche strutturali ed economiche relative al settore del commercio regionale, nazionale e comunitario;

d) realizza strumenti di informazione periodica destinati alle imprese del settore operanti nella Regione Piemonte, alle organizzazioni professionali, agli istituti di ricerca e alle istituzioni pubbliche;

e) svolge attività di informazione socio-economica, anche attraverso l’organizzazione di seminari e convegni di studio con le categorie interessate.

2. Per la realizzazione delle attività dell’Osservatorio regionale, possono essere stipulate convenzioni con enti, istituzioni, società, istituti di ricerca, organizzazioni professionali e sindacali, nonché esperti che abbiano specifica competenza nel settore della distribuzione commerciale.

Art. 23.

(Sistema informativo regionale del commercio)

1. Il Sistema informativo regionale del commercio del Piemonte (SIRC), assicura la gestione delle basi dati e le elaborazioni necessarie all’attività dell’Osservatorio regionale e garantisce le funzioni di collegamento con l’Osservatorio nazionale.

2. Il SIRC persegue i seguenti obiettivi:

a) acquisire sistematicamente i dati raccolti dai sistemi informativi di cui all’articolo 22, comma 1, lettere a) e b) e dalle altre strutture regionali, nazionali, comunitarie ed extracomunitarie attraverso la creazione e la gestione di un apposito centro di documentazione;

b) aggiornare ed elaborare i dati disponibili per la realizzazione degli strumenti di informazione periodica di cui all’articolo 22.

CAPO. X.

NORME FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI

Art. 24.

(Disposizioni finanziarie)

1. Per l’attuazione della presente legge è autorizzata per l’anno 2004 la spesa di euro 29.733.543,00.

2. Nello stato di previsione della spesa, nell’unità previsionale di base (UPB) 17011 (Commercio e artigianato. Programmazione interventi settori commerciali. - Titolo I. Spese correnti) viene finanziata la spesa: “Spese per il funzionamento dell’Osservatorio regionale del commercio (capo IX della l.r. 28/1999)”, pari ad euro 460.000,00; nella UPB 17021 (Commercio e artigianato, tutela del consumatore, mercati. - Titolo I. Spese correnti) viene finanziata la spesa: “Interventi per la formazione e la qualificazione degli operatori commerciali (articolo 17 della l.r. 28/1999)”, “per memoria”; nell’UPB 17022 (Commercio e artigianato, tutela del consumatore, mercati. - Titolo II. Spese di investimento) vengono finanziate le seguenti spese:

a) interventi per la valorizzazione del tessuto commerciale del Piemonte a favore degli enti locali (articolo 18, comma 1, lettera a), pari ad euro 4.500.000,00;

b) interventi per la valorizzazione del tessuto commerciale del Piemonte a favore delle imprese e loro forme associative (articolo 18, comma 1, lettera a), pari ad euro 700.000,00;

c) interventi per l’accesso al credito delle imprese commerciali (articolo 18, comma 1, lettere b) e c), pari ad euro 23.573.543,00;

d) interventi a favore dei centri di assistenza tecnica (articolo 16), pari ad euro 200.000,00;

e) interventi per le emergenze economiche, strutturali, ambientali delle imprese del commercio e delle loro forme associative”(articolo 18, comma 1, lettera d bis), pari ad euro 300.000,00.

3. Agli oneri derivanti dall’applicazione della presente legge si provvede con le dotazioni finanziarie delle UPB 17011, 17021 e 17022.

Art. 25.

(Norme transitorie)

1. Le domande di autorizzazione all’apertura, ampliamento e trasferimento di una media e grande struttura di vendita, presentate alla Giunta regionale ed alle quali non è stato dato seguito ai sensi dell’articolo 25, comma 6 del d.lgs. 114/98, vengono valutate in base alle norme degli indirizzi e criteri di cui all’articolo 3 della presente legge, e secondo le competenze di cui agli articoli 8 e 9 del d.lgs. 114/98.

2. I Comuni, qualora non abbiano ancora provveduto, sono tenuti a rilasciare le autorizzazioni a seguito dei nullaosta di cui alla l. 426/1971, nel termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge. In particolare alle suddette autorizzazioni si applicano le disposizioni previste dall’articolo 5 della presente legge. Si applica l’articolo 5 anche alle autorizzazioni già rilasciate a seguito di nullaosta di cui alla l. 426/1971, qualora la struttura non sia ancora stata realizzata, indipendentemente dalla data di rilascio della stessa.

3. Fino all’emanazione degli atti previsti dall’articolo 11 rimangono in vigore i criteri relativi al commercio su area pubblica di cui alla deliberazione di Consiglio regionale 1° dicembre 1998, n. 508-14689 (Indirizzi provvisori ai Comuni in materia di commercio su aree pubbliche in attuazione della legge n. 112/1991 e della legge regionale n. 17/1995) e, per quanto ivi non previsto, alle disposizioni della legge regionale 13 febbraio 1995, n. 17 (Disciplina delle funzioni attribuite alle Regioni dalla legge 28 marzo 1991, n. 112 in materia di commercio su aree pubbliche. Modifica della legge regionale 7 settembre 1987, n. 47).

4. E’ sospesa la presentazione delle domande di nuova autorizzazione per l’esercizio del commercio su area pubblica dalla data di pubblicazione della deliberazione del Consiglio regionale n. 508-14689 del 1998 fino a 180 giorni dopo l’entrata in vigore della presente legge.

5. Nell’individuazione delle aree da destinare all’esercizio del commercio su area pubblica i Comuni si attengono ai criteri generali di cui all’articolo 10.

6. Fino all’adozione dei criteri di cui all’articolo 11, i Comuni si attengono, nella regolamentazione degli orari del commercio su area pubblica, alle disposizioni vigenti in sede locale adottate ai sensi della l. 112/1991 e successivi regolamenti attuativi.

7. Fino all’adozione dei criteri di cui all’articolo 9 restano in vigore le disposizioni in materia di orari nelle località ad economia turistica di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 16 giugno 1999 n. 544 - 7802 (Ratifica ai sensi dell’articolo 40 dello Statuto della deliberazione della Giunta regionale del 23 aprile 1999 n. 2 - 27125 - Orari dei negozi - Individuazione di località ad economia turistica nella fase di prima applicazione del d.lgs. 114/1998).

8. In fase di prima applicazione, il termine di cui all’articolo 21, comma 2 è stabilito in 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 26.

(Disposizioni finali)

1. Per tutto quanto non espressamente previsto nella presente legge, si fa riferimento al d.lgs. 114/1998.

2. Gli indirizzi ed i criteri di cui agli articoli 3 e 10 sono approvati dal Consiglio regionale entro trenta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge.

3. La Giunta regionale e il Consiglio regionale devono sottostare alle norme previste dall’articolo 87 del Trattato nell’individuazione dei criteri e delle risorse finanziarie necessarie all’erogazione di aiuti alle imprese commerciali, qualora questi dovessero superare i limiti imposti dalle linee direttrici in materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese.

Art. 27.

(Clausola d’urgenza)

1. La presente legge regionale è dichiarata urgente ai sensi dell’articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.