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Bollettino Ufficiale n. 50 del 11 / 12 / 2003

Deliberazione della Giunta Regionale 17 novembre 2003, n. 79-11035

Approvazione linee d’indirizzo per lo sviluppo di una rete di servizi che garantisca livelli adeguati di intervento in materia di affidamenti familiari e di adozioni difficili di minori, in attuazione della L.149/2001 “Diritto del minore ad una famiglia” (modifica L.184/83)

A relazione dell’Assessore Cotto:

La Legge 28 marzo 2001 n. 149 “Diritto del minore ad una famiglia” di modifica della Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori ” rafforza sia il diritto del minore a crescere e ad essere educato nell’ambito della propria famiglia, sia il diritto del minore a crescere e ad essere educato nell’ambito di una famiglia.

A garanzia di tale diritto, l’art. 1, comma 3 della legge n. 149/2001, prevede che lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengano, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia.

La Legge 4 Maggio 1983, n. 184, all’art. 80, comma 4, prevede che le Regioni determinino le condizioni e le modalità di sostegno economico alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinché esso possa fondarsi “sulla disponibilità e l’idoneità all’accoglienza, indipendentemente dalle condizioni economiche”.

La Regione Piemonte, con la circolare 6/ASA, fin dal 1985 aveva definito alcune modalità di attuazione dell’affidamento familiare, tenendo conto degli oneri che la famiglia affidataria sostiene per assicurare il mantenimento, l’educazione e l’istruzione del minore affidato.

Attualmente però i criteri adottati per determinare la misura del sostegno economico alle famiglie e alle persone che hanno minori in affidamento nelle diverse realtà locali, in alcuni casi, risultano disomogenei.

Pertanto, al fine di favorire ulteriormente sul territorio regionale l’istituto dell’affidamento familiare di minori, si rende necessario:

- rafforzare ed estendere l’affidamento familiare come modalità di risposta al disagio familiare, in alternativa al ricovero in presidi socioassistenziali per minori;

- dare un esplicito riconoscimento della natura di servizio all’opera svolta dagli affidatari;

- stabilire una linea di condotta omogenea dei servizi socio assistenziali degli enti locali singoli e associati e dei servizi sanitari, che preveda una regolamentazione chiara ed uniforme dei rimborsi spesa per il servizio reso da famiglie e persone che, ritenute idonee, accolgono minori allontanati dalla propria famiglia, secondo la legge n. 184/83, modificata ed integrata.

L’amministrazione regionale, nell’ambito dei principi della legge n. 184/1983 così come modificata dalla legge n. 149/2001, intende intervenire per sostenere la famiglia d’origine, al fine di rendere effettivo il diritto del minore a crescere e ad essere educato nella propria famiglia, anche attraverso la regolamentazione e la promozione dell’affidamento familiare.

I servizi socio-assistenziali devono quindi, prioritariamente, porre in essere tutti quegli interventi di sostegno alla famiglia, affinché questa riesca ad esprimere appieno le proprie risorse potenziali assicurando un ambiente idoneo alla crescita del minore. Qualora siano stati esperiti inutilmente tutti i possibili tentativi per realizzare tale condizione, occorre promuovere e favorire il ricorso all’affidamento familiare dei minori, al fine di evitare, per quanto possibile, la loro collocazione in un presidio residenziale.

Nell’ambito dei lavori della “Consulta regionale per le adozioni e per gli affidamenti familiari” istituita con l’art. 3 della Legge regionale 16 novembre 2001, n. 30 è stato costituito un apposito gruppo di lavoro, i cui componenti hanno fattivamente collaborato per la predisposizione delle linee di indirizzo.

Si segnala che ogni indicazione dell’atto di indirizzo allegato relativa a provvedimenti giudiziari è stata verificata con le autorità giudiziarie minorili competenti.

All’interno del gruppo sono stati raccolti i pareri e i suggerimenti dell’autorità giudiziaria minorile, degli operatori dei servizi socio assistenziali dipendenti degli enti gestori delle funzioni, dei servizi sanitari, dei rappresentanti delle organizzazioni di volontariato più rappresentative del settore e che operano sul territorio piemontese.

Tali attività hanno consentito la predisposizione di un documento di linee d’indirizzo per la regolamentazione degli affidamenti familiari di minori, che riprende i punti più qualificanti e attuali della regolamentazione assunta precedentemente dall’amministrazione regionale, con l’intento di mettere a disposizione degli amministratori e degli operatori del settore un quadro completo di riferimento per tutto quello che riguarda la materia degli affidamenti familiari.

Il documento, disposto con la collaborazione del Direttore dell’Agenzia regionale per le adozioni internazionali, componente della Consulta regionale per le adozioni e gli affidamenti familiari, incaricato di coordinare i lavori del gruppo di lavoro sopraccitato, viene ora proposto alla Giunta regionale perché venga assunto come regolamentazione degli affidamenti familiari di minori sul territorio regionale, quale parte integrante della presente Deliberazione (Allegato 1), secondo i punti salienti che vengono di seguito richiamati.

Con tale proposta, in attuazione dell’art. 5, comma 4, della legge n. 184/83, e dell’art. 80, comma 4, che stabilisce che “Le regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinché tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l’idoneità all’accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche”, si definisce che la famiglia affidataria ha diritto a un contributo spese fisso mensile, indipendentemente dal reddito, al fine di riconoscere la natura di servizio dell’opera svolta dagli affidatari e di concorrere a rimuovere eventuali impedimenti economici che dovessero ostacolare famiglie e persone disponibili ed idonee ad impegnarsi nell’affidamento.

La spesa per l’intervento è a carico dell’amministrazione competente ai sensi della normativa sulle prestazioni assistenziali.

Per il calcolo del contributo minimo a carico degli enti locali singoli o associati gestori delle funzioni socio assistenziali si assume come riferimento l’importo mensile della pensione minima dei lavoratori dipendenti e autonomi (INPS).

Nel caso di affidamento diurno tale contributo è corrisposto in misura ridotta.

Per i minori non deambulanti e/o non autosufficienti a causa di handicap fisici o psichici, riconosciuti invalidi al 100% dalle apposite commissioni sanitarie provinciali previste dalla Legge 30 marzo 1971 n.118 ed aventi quindi diritto all’indennità o all’assegno di accompagnamento, il sussidio mensile erogato dagli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali deve essere maggiorato del 100% e l’indennità o l’assegno di accompagnamento, previsti dalla Legge 11 febbraio 1980 n. 18 art. n. 1, vengono attribuiti integralmente agli affidatari.

In ogni caso, il contributo base deve essere aumentato almeno del 30% quando ricorrano situazioni complesse, per problematiche di natura fisica, psichica e sensoriale che comportino spese rilevanti per la famiglia o la persona affidataria.

La quota di contributo viene erogata complessivamente dall’Ente Gestore delle funzioni socio assistenziali, salvo diverso accordo e convenzione con l’ASL di competenza, nelle more di un provvedimento regionale sulla materia nell’ambito del Tavolo istituito per la definizione dei L.E.A. presso l’Assessorato alla Sanità regionale.

L’attribuzione dell’aumento del contributo avverrà in sede di formulazione del progetto educativo individuale, soggetto a verifiche e revisioni periodiche da parte dei servizi di riferimento del caso, e sarà suscettibile di tutte le variazioni che si riterranno necessarie in relazione all’evoluzione della situazione e della patologia. Tale integrazione dovrà essere concordata dal servizio sociale con l’ASL di residenza della famiglia di origine del minore nel caso di attribuzione della quota di competenza sanitaria.

Si stabilisce inoltre, che, nel caso di minori in affidamento familiare a rischio giuridico e/o con handicap accertato dalla competente commissione medica dell’ASL, ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 104/1992, agli affidatari venga erogato dagli Enti gestori dei servizi socio assistenziali (e dall’ASL di riferimento quando interverrà l’accordo precedentemente citato), indipendentemente dal reddito, un contributo economico pari al rimborso spese corrisposto alla famiglia per i casi di affidamento ordinario, così come sopra definito (il contributo minimo deve essere almeno pari all’importo annuo della pensione minima dei lavoratori dipendenti e autonomi-INPS), Tale contributo economico verrà erogato fino alla sentenza definitiva di adozione del minore.

Lo stesso contributo deve essere previsto in attuazione dell’art. 6, comma 8, della legge n.149/2001, per le famiglie che adottano un minore di età superiore a dodici anni o con handicap accertato, fino al compimento del diciottesimo anno di età, anche in presenza di una sentenza definitiva di adozione.

I contributi di affidamento familiare erogati in attuazione dell’art. 6, comma 8, della legge n.149/2001 non vanno maggiorati, se non in casi particolarmente gravi su decisione dell’ente locale competente.

Per quanto attiene i costi relativi alla presa in carico dei minori disabili e/o comunque seguiti dal Servizio Sanitario Nazionale per altre problematiche, non rientranti nei criteri sopra specificati, la regolazione delle quote sanitaria e socioassistenziale avverrà in base alla stipula di specifiche convenzioni dei rispettivi Enti e sarà fissata in base alla spesa complessiva annua (base e straordinari).

Tutto ciò considerato, per dare attuazione a quanto sopra riportato, ed ulteriormente specificato nell’Allegato 1, parte integrante della presente Deliberazione, si ritiene opportuno prevedere:

a) per quanto riguarda l’organizzazione dei servizi:

-si ritiene necessario che gli enti locali singoli e associati gestori delle funzioni socio assistenziali assumano entro sei mesi dall’approvazione della presente deliberazione un proprio atto di recepimento delle linee d’indirizzo regionali, con particolare riferimento alla definizione del contributo base per l’affidamento familiare di minori, all’erogazione di tale contributo per gli affidamenti a rischio giuridico, all’erogazione del contributo ai casi previsti dall’art. 6, comma 8, della legge n.149/2001, e ne trasmettano copia alla Direzione Politiche Sociali;

b) per quanto riguarda il percorso formativo:

-si ritiene necessario realizzare un percorso formativo per gli operatori referenti degli affidamenti familiari, da articolarsi in un seminario concernente aspetti specifici relativi all’affidamento familiare e da effettuarsi entro il prossimo semestre.

Pertanto:

L’amministrazione regionale, considerata la necessità di diffondere tra gli amministratori e gli operatori pubblici e privati interessati, la conoscenza delle modalità applicative dell’affidamento familiare ed in particolare di quelle contenute nell’Allegato 1), parte integrante della presente deliberazione, al fine di sviluppare una rete di servizi che garantisca livelli adeguati d’intervento in materia di affidamenti familiari di minori in attuazione della Legge. 28 marzo 2001 n. 149 “Diritto del minore ad una famiglia” di modifica della Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori ”, assume l’impegno di trasferire risorse agli enti locali singoli ed associati gestori delle funzioni socio assistenziali, quale contributo ed incentivo una tantum , e di attivare dei corsi di formazione a livello regionale.

A tale scopo:

-la Regione, nell’ambito delle disponibilità finanziarie del bilancio regionale utilizzabili per dette finalità, intende assegnare una tantum agli enti gestori delle funzioni socioassistenziali che assumeranno entro sei mesi a partire dalla data dell’approvazione della presente deliberazione le linee d’indirizzo relative agli affidamenti familiari, complessivamente 636.206,00 euro (capitolo di bilancio regionale 12105/2003, acc. n.101157, disposto con D.G.R.n.19-9867 dell’8.7.2003), ripartiti secondo i dati relativi agli affidamenti familiari in carico agli enti alla data del 31 dicembre 2002, per incrementare i contributi per gli affidamenti familiari alle famiglie affidatarie;

- la Regione, considerato che, in attuazione dell’art. 39 bis della legge 476/98, deve concorrere a sviluppare una rete di servizi in grado di svolgere i compiti previsti dalla legge, si impegna ad organizzare, entro giugno 2004, corsi di formazione ed aggiornamento per gli operatori coinvolti nelle attività relative agli affidamenti familiari. Le attività formative regionali, le modalità operative e le date dei corsi verranno definite nel merito da una determinazione dirigenziale (capitolo di bilancio regionale 11884/2003, acc. n.101156, disposto con D.G.R.n.19-9867 dell’8.7.2003).

Tutto ciò premesso;

vista la legge 4 maggio 1983 n. 184;

vista la legge 28 marzo 2001 n. 149;

vista la L.R. 62/95;

vista la L.R. 61/97;

visto l’art. 17 della L.R. 51/97;

vista la D.G.R.n. 19-9867 dell’8.7.2003;

visto l’allegato 1), che costituisce parte integrante e sostanziale del presente atto,

visto il parere del CO.RE.SA, espresso in data 8.10.2003;

visto il parere della Consulta Regionale Affidamenti e Adozioni, espresso in data 13.10.2003;

la Giunta Regionale, a voti unanimi, espressi nei modi di legge,

delibera

-di approvare, ai fini degli adempimenti di cui alla legge 4 maggio 1983 n. 184 e alla legge 28 marzo 2001 n. 149, le linee d’indirizzo per la regolamentazione degli affidamenti familiari di minori e per le adozioni difficili, contenute nell’Allegato 1), parte integrante della presente deliberazione;

-di richiamare di seguito i punti salienti delle suddette linee d’indirizzo:

-la famiglia affidataria ha diritto a un contributo spese fisso mensile, indipendentemente dal reddito, al fine di riconoscere la natura di servizio dell’opera svolta dagli affidatari e di concorrere a rimuovere eventuali impedimenti economici che dovessero ostacolare famiglie e persone disponibili ed idonee ad impegnarsi nell’affidamento.

-La spesa per l’intervento è a carico dell’amministrazione competente ai sensi della normativa sulle prestazioni assistenziali.

-Per il calcolo del contributo minimo a carico degli enti locali singoli o associati gestori delle funzioni socio assistenziali si assume come riferimento l’importo mensile della pensione minima dei lavoratori dipendenti e autonomi (INPS).

-Per i minori non deambulanti e/o non autosufficienti a causa di handicap fisici o psichici, riconosciuti invalidi al 100% dalle apposite commissioni sanitarie provinciali previste dalla Legge 30 marzo 1971 n.118 ed aventi quindi diritto all’indennità o all’assegno di accompagnamento, il sussidio mensile erogato dagli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali deve essere maggiorato del 100% e l’indennità o l’assegno di accompagnamento, previsti dalla Legge 11 febbraio 1980 n. 18 art. n. 1, vengono attribuiti integralmente agli affidatari.

-In ogni caso, il contributo base deve essere aumentato almeno del 30% quando ricorrano situazioni complesse, per problematiche di natura fisica, psichica e sensoriale che comportino spese rilevanti per la famiglia o la persona affidataria.

-La quota di contributo viene erogata complessivamente dall’Ente Gestore delle funzioni socio assistenziali, salvo diverso accordo e convenzione con l’ASL di competenza, nelle more di un provvedimento regionale sulla materia nell’ambito del Tavolo istituito per la definizione dei L.E.A. presso l’Assessorato alla Sanità regionale.

-Nel caso di minori in affidamento familiare a rischio giuridico e/o con handicap accertato dalla competente commissione medica dell’ASL, ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 104/1992, agli affidatari viene erogato dagli Enti gestori dei servizi socio assistenziali (e dall’ASL di riferimento quando interverrà l’accordo precedentemente citato), indipendentemente dal reddito, un contributo economico pari al rimborso spese corrisposto alla famiglia per i casi di affidamento ordinario, così come sopra definito (il contributo minimo deve essere almeno pari all’importo annuo della pensione minima dei lavoratori dipendenti e autonomi-INPS), Tale contributo economico verrà erogato fino alla sentenza definitiva di adozione del minore.

-Lo stesso contributo deve essere previsto in attuazione dell’art. 6, comma 8, della legge n.149/2001, per le famiglie che adottano un minore di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fino al compimento del diciottesimo anno di età, con provvedimento di adozione nazionale o internazionale successivo alla data di recepimento del presente atto da parte dell’ente locale singolo o associato.

-di prevedere che, per assicurare l’attuazione di quanto previsto nell’Allegato 1) alla presente Deliberazione, gli enti locali singoli e associati gestori delle funzioni socio assistenziali assumano entro sei mesi dall’approvazione della presente deliberazione un proprio atto di recepimento delle linee d’indirizzo regionali, con particolare riferimento alla definizione del contributo base per l’affidamento familiare di minori, all’erogazione di tale contributo per gli affidamenti a rischio giuridico, all’erogazione del contributo ai casi previsti dall’art. 6, comma 8, della legge n.149/2001, e ne trasmettano copia alla Direzione Politiche Sociali;

-di assegnare una tantum agli enti gestori delle funzioni socioassistenziali che assumeranno entro sei mesi a partire dalla data dell’approvazione della presente deliberazione le linee d’indirizzo relative agli affidamenti familiari e alle adozioni difficili, la somma complessiva di euro 636.206,00, già accantonati con D.G.R.n. 19-9867 dell’8.7.2003 (capitolo di bilancio regionale 12105/2003, acc. n.101157), e che saranno ripartiti secondo i dati relativi agli affidamenti familiari in carico agli enti alla data del 31 dicembre 2002, per incrementare i contributi per gli affidamenti familiari alle famiglie affidatarie. Tale contributo deve intendersi comprensivo del sostegno alle adozioni difficili; per queste, come per gli affidamenti familiari, l’Amministrazione regionale si impegna a reperire ulteriori risorse per gli anni successivi nei limiti delle disponibilità finanziarie del bilancio.

-di rinviare il riparto della suddetta somma tra gli enti beneficiari ad apposita Determinazione Dirigenziale;

-di attivare un percorso formativo per gli operatori referenti degli affidamenti familiari concernente aspetti specifici relativi all’affidamento familiare;

-agli oneri derivanti dalla realizzazione delle attività formative previste, da organizzarsi secondo le modalità, i tempi di attuazione ed il programma che saranno oggetto di apposita determinazione dirigenziale, si fa fronte con i fondi già accantonati con D.G.R. n. 19-9867 dell’8.7.2003 (capitolo di bilancio regionale 11884/2003, acc. n.101156).

La presente deliberazione sara’ pubblicata sul B.U. della Regione Piemonte ai sensi dell’art. 65 dello Statuto e dell’art. 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.

(omissis)

Allegato (fare riferimento al file PDF) 1

Linee d’indirizzo per lo sviluppo di una rete di servizi che garantisca livelli adeguati di intervento in materia di affidamenti familiari e di adozioni difficili di minori.

INDICE

Premessa

1. LE FASI DELL’INTERVENTO

A. INDIVIDUAZIONE DEL BISOGNO

B. INDIVIDUAZIONE DELLA RISORSA

C. SELEZIONE DELLE FAMIGLIE AFFIDATARIE E PREPARAZIONE DEL MINORE

D. ABBINAMENTO

E. ATTUAZIONE OPERATIVA

F. SOSTEGNO

2. RUOLI, FUNZIONI, COMPETENZE E COLLABORAZIONE INTERISTITUZIONALE

A. FUNZIONI DEL SERVIZIO SOCIALE

B. FUNZIONI DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

C. IPOTESI GESTIONALE

D. IL PROVVEDIMENTO DI AFFIDAMENTO FAMILIARE

E. GESTIONE E CONCLUSIONI DELL’AFFIDAMENTO

3. GLI ASPETTI AMMINISTRATIVI E PROCEDURALI E I CRITERI PER L’EROGAZIONE DEL CONTRIBUTO ECONOMICO

A. CONTRIBUTO SPESE MENSILE

B. OBBLIGHI E DIRITTI DELL’AFFIDATARIO E ISCRIZIONE NELLO STATO DI FAMIGLIA DEGLI AFFIDATARI

C. INSERIMENTO SCOLASTICO E ALTRI SERVIZI PUBBLICI

C.1) Inserimento scolastico

C.2) Accesso ad altri servizi pubblici

4. MODALITA’ DI ATTUAZIONE E DIVERSE TIPOLOGIE DI AFFIDAMENTO FAMILIARE

A. AFFIDAMENTO FAMILIARE DIURNO

B. AFFIDAMENTO FAMILIARE RESIDENZIALE

C. AFFIDAMENTO FAMILIARE DI NEONATI

D. MINORI DISABILI

E. AFFIDAMENTO FAMILIARE A PARENTI

F. AFFIDAMENTO FAMILIARE DI FIGLI DI GENITORI SEPARATI

G. MINORI IN AFFIDAMENTO FAMILIARE CHE DIVENTANO ULTRADICIOTTENNI

H. AFFIDAMENTO FAMILIARE DI MINORI IN SITUAZIONI DI EMERGENZA

I. AFFIDAMENTO FAMILIARE A FAMIGLIA COMUNITA’

L. RETI DI FAMIGLIE

5. ACCOGLIENZA DI MINORI IN SITUAZIONI ULTERIORMENTE PROBLEMATICHE

A. AFFIDAMENTO A RISCHIO GIURIDICO

B. SOSTEGNO DI ADOZIONI DI MINORI SUPERIORI AI DODICI ANNI E/O PORTATORI DI HANDICAP

6. SOSTEGNO E PROMOZIONE DELL’AFFIDAMENTO FAMILIARE DI MINORI DI DIFFICILE INSERIMENTO A CAUSA DELL’ETA’ O DI HANDICAP ACCERTATO

7. BANCA DATI DELLE FAMIGLIE AFFIDATARIE

8. CONCLUSIONI


Premessa

La legge n. 184/1983, così come modificata dalla legge n. 149/2001, rafforza sia il diritto del minore a crescere e ad essere educato nell’ambito della propria famiglia, sia il diritto del minore a crescere e ad essere educato nell’ambito di una famiglia. Infatti ha definito le seguenti priorità di intervento:

1. Il minore ha diritto ad essere educato nell’ambito della propria famiglia.

Le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia d’origine sono disposti interventi di sostegno e di aiuto.

Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento.

2. Il minore temporaneamente privo di un ambiente famigliare idoneo è affidato ad un’altra famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno (art. 2).

3. Ove non sia possibile l’affidamento, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto.

4. I minori di sei anni possono essere inseriti solo presso una comunità di tipo familiare.

5. Il minore di cui sia stata accertata dal Tribunale per i minorenni la situazione di abbandono perché privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio, è dichiarato adottabile e deve essere adottato da coniugi aventi i requisiti previsti dalla stessa legge n. 149/2001.

A garanzia di tale diritto, l’art. 1, comma 3, prevede che lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengano, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia.

L’art. 2, comma 3, consente l’affidamento ad altra famiglia “anche senza porre in essere gli interventi di cui all’art. 1, comma 2 e 3", solo in caso di necessità e urgenza; si tratta di quei casi, previsti dall’art. 403 del c.c., che impongono ai servizi sociali o alle forze dell’ordine, quali pubbliche autorità, di provvedere a collocare immediatamente in luogo sicuro il minore ”moralmente o materialmente abbandonato o allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione" del minore, “sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”.

La Legge 4 Maggio 1983, n. 184, all’art. 80 comma 4, prevede che le Regioni determinino le condizioni e le modalità di sostegno economico alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinché esso possa fondarsi “sulla disponibilità e l’idoneità all’accoglienza, indipendentemente dalle condizioni economiche”.

La Regione Piemonte, con la circolare 6/ASA, fin dal 1985 aveva definito alcune modalità di attuazione dell’affidamento familiare, tenendo conto degli oneri che la famiglia affidataria sostiene per assicurare il mantenimento, l’educazione e l’istruzione del minore affidato.

Attualmente però i criteri adottati per determinare la misura del sostegno economico alle famiglie e alle persone che hanno minori in affidamento nelle diverse realtà locali, in alcuni casi, risultano disomogenei.

Pertanto, al fine di favorire l’istituto dell’affido, si rende necessario:

- rafforzare ed estendere l’affidamento familiare come modalità di risposta al disagio familiare, in alternativa al ricovero in presidi socioassistenziali per minori ;

- dare un esplicito riconoscimento della natura di servizio all’opera svolta dagli affidatari;

- stabilire una linea di condotta omogenea dei servizi socio assistenziali degli enti locali singoli e associati e dei servizi sanitari, che preveda una regolamentazione chiara ed uniforme dei rimborsi spesa per il servizio reso da famiglie e persone che, ritenute idonee, accolgono minori allontanati dalla propria famiglia, secondo la legge n. 184/83, così come modificata ed integrata.

L’amministrazione regionale, nell’ambito dei principi della legge n. 184/1983 così come modificata dalla legge n. 149/2001, intende intervenire per sostenere la famiglia d’origine, al fine di rendere effettivo il diritto del minore a crescere e ad essere educato nella propria famiglia, anche attraverso la regolamentazione e la promozione dell’affidamento familiare.

I servizi socio-assistenziali devono quindi, prioritariamente, porre in essere tutti quegli interventi di sostegno alla famiglia, affinché questa riesca ad esprimere appieno le proprie risorse potenziali assicurando un ambiente idoneo alla crescita del minore. Qualora siano stati esperiti inutilmente tutti i possibili tentativi per realizzare tale condizione, occorre promuovere e favorire il ricorso all’affidamento familiare dei minori, al fine di evitare, per quanto possibile, la loro collocazione in un presidio residenziale.

L’Amministrazione Regionale nell’ambito della Consulta Regionale per le Adozioni e per gli Affidamenti Familiari, istituita ex L.R.30/01, ha proposto un documento di linee guida sulla regolazione degli affidamenti familiari che riprende quelli precedenti, con l’intento di sostituire tutti quelli approvati fin’ora dall’Amministrazione Regionale e fornire così agli operatori un quadro completo di riferimento per tutto quello che riguarda la materia degli affidamenti familiari.

Tali linee guida nascono dalla collaborazione con i rappresentanti degli enti gestori delle funzioni socio assistenziali e con i rappresentanti delle associazioni di volontariato che sono stati consultati nell’ambito del gruppo di lavoro.

1. LE FASI DELL’INTERVENTO

A. INDIVIDUAZIONE DEL BISOGNO

La segnalazione del minore in difficoltà per cui viene proposto l’affidamento può essere attivata su iniziativa del Servizio sociale o delle Strutture Sanitarie Specialistiche (es.: Pediatria, N.P.I., Psicologia, Sert, DSM), qualora emerga una situazione di pregiudizio a carico di un minore e della sua famiglia. Il Servizio sociale, nel predisporre il progetto di affidamento sul minore, si avvarrà della collaborazione delle Strutture Sanitarie Specialistiche anche in assenza di provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria.

La seconda fase è quella della presa in carico del minore, nella quale pare utile prevedere almeno tre momenti di confronto fra i servizi sociali e sanitari, con le seguenti finalità:

1) definizione di un progetto condiviso con individuazione dei compiti specifici e dei tempi ipotizzabili in relazione ad obiettivi da conseguire;

2) verifica intermedia;

3) valutazioni finali, da esporre in relazioni integrate/ condivise.

B. INDIVIDUAZIONE DELLA RISORSA

Gli enti gestori delle funzioni socio assistenziali, avvalendosi degli operatori che si occupano di minori in difficoltà e di affidamenti familiari (selezione, accompagnamento e sostegno delle coppie disponibili) promuovono attività di informazione sulle situazioni di minori di difficile inserimento, in attesa di una collocazione in affidamento familiare, al fine di ricercare disponibilità all’accoglienza.

Per la realizzazione di tali iniziative è prevista la collaborazione, oltre che delle aziende sanitarie, delle associazioni di volontariato che operano nel settore dell’affidamento familiare, è, inoltre, necessaria un’opera di informazione e sensibilizzazione attraverso i mass media, la diffusione di opuscoli e volantini, la predisposizione di incontri, corsi di informazione e formazione.

In quest’opera, i servizi possono essere affiancati dalle istituzioni scolastiche, da forze sociali e da un importante canale di reperimento costituito dalle famiglie e persone che hanno avuto o hanno minori in affidamento.

Per quanto riguarda il raccordo con la Neuropsichiatria Infantile, in alcune aree tale servizio offre un’attività di consulenza, in altre la collaborazione si traduce in una vera e propria cogestione delle attività.

C. SELEZIONE DELLE FAMIGLIE AFFIDATARIE E PREPARAZIONE DEL MINORE

L’articolo 1, comma 3, della Legge n.149/01 prevede che spetta allo Stato, alle regioni ed agli enti Locali promuovere incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono accogliere minori in affidamento.

Al fine di poter attuare un intervento mirato al bisogno del bambino e della sua famiglia d’origine e di rilevare il vantaggio evolutivo del futuro ingresso del minore in famiglia affidataria, si prevede, quale fase preliminare, la selezione, percorso attraverso il quale viene tracciato un profilo delle famiglie che si candidano all’affidamento.

Il criterio di riferimento è la capacità di tenuta del nucleo rispetto alle specifiche difficoltà dell’intervento: viene effettuata un’indagine, partendo dall’acquisizione di alcuni elementi in aree specifiche, inerenti alla raccolta dati relativa alla famiglia da selezionare, alla verifica delle risorse e capacità educative della stessa e alla costruzione di un’ipotesi relazionale circa la reale disponibilità all’affidamento. La raccolta di tali informazioni permette altresì di delineare una prognosi rispetto alla modificabilità e reversibilità della situazione di disagio in cui versa il nucleo d’origine.

La scelta delle famiglie deve essere operata in base ad alcuni criteri di selezione mediante i quali viene presa in considerazione la loro disponibilità ed idoneità all’accoglienza, al mantenimento, all’educazione ed istruzione del minore. Va inoltre considerato il livello di integrazione nell’ambiente sociale e le condizioni abitative che devono risultare sufficientemente accoglienti.

Un altro criterio è rappresentato dall’età e dallo stato di salute della coppia affidataria compatibili all’accoglienza di un minore.

Le famiglie o persone singole, disponibili all’affidamento, vengono selezionate e inserite all’interno di una banca dati, che verrà costituita con atto successivo e verranno contattate nel momento in cui occorrerà attivare un progetto di affidamento familiare.

La Regione Piemonte individua le seguenti modalità di intervento per i servizi sociali nella selezione delle famiglie affidatarie:

* accertamento dell’idoneità degli aspiranti all’affidamento che hanno presentato apposita disponibilità;

* realizzazione di incontri di informazione, preparazione e formazione della coppia affidataria;

* presa di contatto tra affidatari, minore e famiglia d’origine

Nella preparazione degli attori coinvolti nel progetto di affido, viene definita la procedura da espletare, tenendo conto dei diversi soggetti implicati e vengono fornite le informazioni relative alle regole e alla durata dell’affidamento, i rispettivi diritti e doveri. Va prevista, inoltre, una preparazione specifica e calibrata sulle peculiari esigenze dei diversi destinatari.

Per quanto concerne la preparazione del minore, l’affidamento familiare deve essere condotto nel rispetto della sua storia, il minore va aiutato e tutelato nel suo bisogno di avere uno spazio e un tempo riconosciuti, va proiettato in un futuro dove possa sentirsi al centro di un progetto che accoglie e soddisfa i suoi bisogni.

Il passaggio successivo includerà l’analisi di alcune tappe fondamentali quali la proposta di abbinamento, l’incontro tra famiglia di origine e famiglia affidataria (qualora ciò risulti opportuno), gli incontri con il minore prima dell’inserimento, la partecipazione a gruppi informativi e formativi.

Al fine di motivare il minore al cambiamento, offrirgli chiarezza e coerenza, comprendere la sua situazione attuale, occorre graduare il suo inserimento nel nuovo nucleo, attraverso un percorso di conoscenza modulato.

In attuazione dell’art. 1, comma 5, che sancisce il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia senza distinzione di etnìa, di lingua, di religione, e nel rispetto della sua identità culturale, per il minore straniero, quando non sia possibile la sua permanenza nella famiglia di origine, si può ipotizzare l’affidamento in una famiglia che sia della sua stessa etnia o in una famiglia che sia coinvolta nella conoscenza della stessa.

E’ auspicabile, pertanto, sviluppare le iniziative di sensibilizzazione all’accoglienza coinvolgendo famiglie miste o della stessa etnia dei minori potenzialmente interessati.

D. ABBINAMENTO

Il Servizio Sociale con la collaborazione delle Strutture Sanitarie Specialistiche dell’ASL di riferimento, definisce apposite modalità per stabilire le necessità del bambino e della famiglia affidataria, per individuare una corrispondenza tra i bisogni del bambino e le capacità e le risorse della famiglia affidataria e per la loro preparazione al progetto di affido.

L’abbinamento si fonda, infatti, sull’effettiva corrispondenza tra le esigenze del minore ed i requisiti e la disponibilità della famiglia affidataria. Su questa base si procede ad affiancare il bambino “giusto” alla famiglia “giusta”.

I genitori affidatari possono accogliere fino ad un massimo di 2 minori, derogabile fino a 3 solo ed esclusivamente in caso di rapporto di fratellanza e comunque senza superare il tetto massimo di n. 6 minori, compresi i figli naturali della coppia affidataria.

I potenziali genitori affidatari vengono invitati ad un colloquio dove viene valutata con loro la proposta di abbinamento; se l’esito è favorevole, si stabiliscono momenti di incontro e verifica con il bambino e la sua nuova famiglia con modalità e tempi da definire caso per caso.

L’affido viene avviato dopo che gli affidatari e la famiglia di origine avranno sottoscritto un impegno presso il Servizio Sociale proponente, che viene di seguito formalizzato attraverso il provvedimento di affidamento familiare, atto amministrativo ratificato dal Giudice Tutelare o, in caso di affido giudiziale, con un decreto del Tribunale per i Minorenni. Nel provvedimento di affidamento vengono riportati gli elementi più significativi del progetto, secondo quanto previsto dall’art. 4, comma 3, L.149/2001.

Nell’abbinamento vengono presi in considerazione alcuni indicatori fondamentali, quali la valutazione della disponibilità della famiglia affidataria a rispettare e comprendere i bisogni del bambino e a entrare in rapporto con la sua famiglia di origine e la verifica della rete di sostegno disponibile per la famiglia affidataria

E. ATTUAZIONE OPERATIVA

L’intervento di affido si attua su proposta del servizio sociale, con provvedimento dell’ente in presenza del consenso dei genitori del minore. Il giudice Tutelare rende esecutivo tale provvedimento.

L’istituto dell’affidamento è disposto dal Tribunale per i Minorenni quando manca il consenso dei genitori. Per quanto riguarda i contenuti del provvedimento, si rinvia al paragrafo 2.D).

Nella pianificazione dell’intervento vengono definiti gli obiettivi a lungo e medio termine da perseguire in corrispondenza ai bisogni evolutivi del minore e ai cambiamenti da produrre nella situazione del nucleo d’origine. Vengono pertanto individuate le tappe del processo distinte per fasi in cui si specificano gli interventi previsti in rapporto ai diversi destinatari, i tempi di attuazione ed i ruoli e funzioni degli operatori coinvolti.

L’ inserimento del minore comporta un processo di ristrutturazione complessiva della vita degli affidatari ed implica una serie di trasformazioni legate all’organizzazione della vita quotidiana, che vanno dalla gestione del tempo a quella degli spazi ed investono anche la sfera relazionale esterna.

Occorre tener presente, inoltre, che la famiglia di origine va sostenuta non soltanto al fine di evitare l’allontanamento, ma l’aiuto deve proseguire anche nel caso in cui questo si dovesse rendere necessario, per accelerare quanto più possibile il rientro del minore.

F. SOSTEGNO

L’articolo 1, comma 2, della legge n. 149 del 28/03/01, prevede che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tale fine a favore della famiglia devono essere disposti interventi di sostegno e di aiuto di tipo economico, domiciliare, educativo.

Prima di attivare la scelta dell’affidamento familiare, i servizi sociali devono, prioritariamente, porre in essere tutti quegli interventi (assistenza socio-educativa territoriale, assistenza domiciliare, assistenza economica e attività di socializzazione di inserimento e reinserimento sociale) di sostegno alla famiglia, affinché questa, anche con il supporto della rete parentale e delle reti informali di solidarietà, riesca ad esprimere appieno le proprie risorse potenziali, assicurando un ambiente idoneo a consentire il permanere dei minori al proprio interno. Il cambiamento che comporta l’istituto dell’affido prevede un lavoro di rinforzo della coppia genitoriale.

Il sostegno alla famiglia d’origine dopo l’allontanamento del minore è diretto a ridurre le cause che lo hanno determinato e a preparare il nucleo familiare ad un eventuale rientro. A tale proposito viene intensificato il rapporto con la famiglia d’origine per garantire l’attuazione degli interventi necessari per il positivo inserimento del minore.

Per quanto riguarda il minore, il suo inserimento in una nuova famiglia implica la programmazione e l’implementazione di nuove modalità operative, volte a sostenere i protagonisti del progetto nel superare le inevitabili difficoltà che tale cambiamento comporta.

Esso, infatti, comporta il distacco, anche se a carattere temporaneo, dal nucleo d’origine, da coloro che sono stati fino a quel momento le persone di riferimento e, contemporaneamente, l’avvio di un nuovo rapporto con persone spesso sconosciute.

In previsione di tale cambiamento, si attuano interventi specialistici in favore del minore, viene monitorato il percorso di inserimento dello stesso presso il nucleo affidatario, vengono attivati gruppi di sostegno per le famiglie affidatarie e definita la periodicità degli incontri con l’operatore di riferimento.

Riguardo al nucleo affidatario, si prevede l’attivazione di gruppi di sostegno, preparazione e formazione specifica di famiglie che si occupino di adolescenti problematici e bambini con disturbi evolutivi tramite consulenze, supervisioni e corsi (specializzati) di aggiornamento.

2. RUOLI, FUNZIONI, COMPETENZE E COLLABORAZIONE INTERISTITUZIONALE

A. FUNZIONI DEL SERVIZIO SOCIALE

I compiti del servizio sociale individuati dalla L. n. 184/83 e dalle modifiche introdotte dalla L n. 149/01 sono così riassumibili:

* disporre un programma di assistenza e sostegno alla famiglia di origine del minore;

* disporre, con tutti i soggetti interessati, il progetto educativo a tutela del minore;

* valutare la necessità di attivare un affidamento familiare, come intervento prioritario e alternativo all’inserimento in presidio;

* vigilare sull’andamento dell’affidamento, svolgendo opera di sostegno educativo;

* agevolare i rapporti tra minore e famiglia di origine, favorendo il suo rientro nella stessa secondo le modalità più idonee;

* avvalersi delle competenze professionali delle altre strutture pubbliche del territorio e delle collaborazioni delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari;

* comunicare al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni (a seconda che si tratti di affidamento consensuale o giudiziale) “ogni evento di particolare rilevanza”, che riguardi il minore o gli affidatari o la famiglia d’origine;

* inviare semestralmente una relazione al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni sull’andamento del programma di assistenza, sulla presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza (art.4 L.184/83 e s.m.i.).

Per quanto riguarda i principali obblighi e adempimenti per gli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali e per le aziende sanitarie in attuazione della legge n. 184/83, si sottolinea che il riordino dei servizi socio-assistenziali deve condurre ad una piena integrazione ed efficacia degli interventi socio-sanitari, attraverso una attiva collaborazione tra operatori socio-assistenziali e sanitari per quanto riguarda la rilevazione degli stati di disagio o di pericolo di un minore, in questo caso per servizi territoriali si intendono: il servizio sociale dell’Ente Gestore, gli operatori dei Servizi di NPI e Psicologia dall’ASL in cui risiede in nucleo di origine.

Analoga collaborazione è auspicabile nel rapporto con gli operatori del settore scolastico.2

Inoltre, nell’applicazione della legge n. 184/83, assume rilevanza anche la collaborazione tra enti gestori delle funzioni socio-assistenziali e Autorità Giudiziaria minorile.

Sui minori di difficile inserimento familiare per età o handicap accertato, si evidenzia l’importanza del coinvolgimento delle associazioni di volontariato che operano nel settore dell’affidamento familiare sul territorio piemontese, chiamando gli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali a rendere partecipi tali soggetti anche nelle attività di formazione sul tema. In particolare gli enti locali possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie.

Per quanto concerne i rapporti tra enti gestori delle funzioni socio-assistenziali si prevede che, quando un minore viene affidato ad una famiglia residente sul territorio di ente gestore diverso da quello che ha disposto l’affidamento, quest’ultimo dovrà dare comunicazione del provvedimento al servizio sociale della zona di residenza della famiglia affidataria per la necessaria collaborazione nel sostegno alla famiglia affidataria e per la vigilanza sull’affidamento stesso.

B. FUNZIONI DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

L’assistenza sanitaria per il minore in difficoltà da collocare in affidamento familiare rientra tra le competenze dei servizi del Servizio Sanitario regionale (Neuropsichiatria Infantile, Psicologia, Sert, Dipartimento di salute Mentale)

In questo momento, nel caso di inserimento del minore in una famiglia residente in una ASL diversa da quella di residenza dello stesso, non risultano omogenei i criteri relativi alla presa in carico. Sarebbe pertanto opportuno far riferimento ai seguenti criteri operativi:

* Le Strutture Sanitarie dell’ASL di residenza del minore, pur rimanendone titolari, effettuano il passaggio del caso, concordando con le Strutture Sanitarie Specialistiche del territorio di residenza della famiglia affidataria, le modalità della prosecuzione della presa in carico e/o le modalità dei nuovi interventi di sostegno.

* Le Strutture Sanitarie dell’ASL di residenza della famiglia di origine del minore hanno la responsabilità del monitoraggio e del sostegno a tale nucleo in previsione del futuro rientro.

* Nel caso si manifesti la necessità di altri interventi sanitari di base e specialistici, a favore del minore, verrà rilasciato a questo un tesserino sanitario rinnovabile ogni sei mesi. Ciò permetterà al minore di usufruire dell’assistenza sanitaria necessaria presso l’ASL di residenza della famiglia affidataria.

Deve essere, pertanto, chiaramente indicato nel provvedimento di affidamento a quale servizio sanitario afferisce la presa in carico del minore affidato.

Le Strutture Sanitarie Specialistiche intervengono con i propri operatori e in stretta collaborazione con gli Enti gestori:

* nella fase promozionale e di sensibilizzazione alle tematiche dell’affidamento familiare

* nella cooperazione con le risorse del privato sociale presenti sul territorio

* nella selezione delle famiglie affidatarie

* nell’abbinamento con la famiglia affidataria più idonea

* nella costruzione e monitoraggio del progetto educativo specifico a favore del minore e della sua famiglia di origine

* nelle attività di sostegno alle famiglie affidatarie

* nella presa in carico diretta, qualora il minore si trovi in una situazione clinica richiedente l’intervento terapeutico.

* nella valutazione (diagnosi e prognosi) delle condizioni psicopatologiche dell’adulto genitore

* nella valutazione della recuperabilità delle funzioni genitoriali.

Ai fini della determinazione della competenza ad erogare le prestazioni sanitarie si fa riferimento alla residenza del minore.

Nel caso di trasferimento di residenza del minore presso la famiglia affidataria, resta titolare del progetto di affidamento il servizio che l’ha posto in essere.

Nel caso di minori affidati a lungo termine a famiglie che afferiscono a un’ASL diversa da quella di residenza dei minori stessi e nel caso in cui il minore mantenga la residenza presso la famiglia d’origine e il domicilio presso la famiglia affidataria, residente in un territorio diverso, si rende necessario il passaggio del caso come esposto alla lettera L, con la presa in carico da parte dei servizi integrativi a quelli di base e specialistici quali la N.P.I. e il Dipartimento di salute mentale dell’ASL ove è affidato il minore.

Risulta inoltre necessario che i servizi sanitari, anche a seguito di provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria minorile, prendano in carico i minori per i quali viene richiesto l’intervento specifico del comparto sanitario da parte dei servizi sociali competenti.

Secondo l’articolo 5, comma 1, della legge n. 184/1983 l’affidatario, in relazione ai rapporti con le autorità sanitarie, esercita i poteri connessi con la potestà parentale, secondo quanto specificato al successivo punto 4.C.

Nel caso in cui il minore venga affidato ad una famiglia residente nella sua stessa ASL, rimane valido il tesserino sanitario e la famiglia affidataria, valutata la necessità, può richiedere la variazione del pediatra di libera scelta o del medico di base.

La delibera della Giunta Regionale n. 114/7317 del 1991 ha disposto di attribuire un codice convenzionale ai minori in affidamento preadottivo e in affidamento a rischio giuridico, ai fini della loro iscrizione al S.S.N. Tale codice dovrà essere trasmesso a cura dei competenti Uffici Regionali dell’Assessorato alla Sanità alla ASL sul cui territorio risiede la famiglia affidataria, al fine del successivo completamento dell’iter previsto per l’iscrizione al S.S.N.

L’uso di tale codice garantisce la segretezza della collocazione dei minori in affidamento preadottivo (art. 73 della l. 184/1983) e in affidamento a rischio giuridico.

Per quanto attiene i costi relativi alla presa in carico dei minori disabili e/o comunque seguiti dal Servizio Sanitario Nazionale per altre problematiche, si rinvia ad apposito provvedimento regionale sulla materia, nell’ambito del Tavolo istituito per la definizione dei L.E.A. presso l’Assessorato alla Sanità regionale.

C. IPOTESI GESTIONALE

L’attuazione dell’affidamento, per l’alta complessità che lo caratterizza, richiede l’apporto stabile integrato e continuativo di professionalità diverse, sociali e sanitarie.

Si evidenzia pertanto l’importanza per l’Ente esercitante le funzioni in materia di affidamento familiare, nonché per l’Ente esercitante le funzioni sanitarie, di dotarsi in rapporto alla propria organizzazione territoriale di due o più equipe alle quali attribuire compiti specifici.

Una équipe centralizzata che svolga i compiti di :

* promozione e sensibilizzazione della comunità;

* orientamento e conoscenza delle famiglie candidate all’affido, finalizzate alla selezione; delle stesse secondo criteri di approfondimento sociale e psicologico;

* aggiornamento e intervisione degli operatori;

* proposte e stipula di protocolli operativi;

* individuazione degli indicatori di qualità degli interventi;

* realizzazione di reti familiari;

* cura delle informazioni;

* abbinamento minore/famiglia affidataria e conoscenza famiglia affidataria/famiglia di origine (qualora sia ritenuto opportuno) congiuntamente con l’équipe territoriale; in tale fase ciascuna equipe porta la propria specifica conoscenza degli attori dell’intervento;

* forme di sostegno a gruppi di famiglie affidatarie.

Una o più équipes territoriali, in base all’organizzazione dell’Ente gestore, con il compito di attuare gli interventi di affido attraverso:

* la preparazione del minore;

* il lavoro di recupero della famiglia d’origine;

* il sostegno alla famiglia affidataria;

* il monitoraggio e la verifica del progetto di affidamento.

Tali équipes prevedono la presenza al loro interno di professionalità diverse, tra cui assistente sociale e psicologo, assegnati a questo compito dal proprio Ente/servizio di appartenenza, e sono organizzate in modo da prevedere ore di lavoro sia congiunto sia individuale, per un monte ore determinato in base alle necessità territoriali nelle more di un monitoraggio regionale.

D. IL PROVVEDIMENTO DI AFFIDAMENTO FAMILIARE

L’affidamento familiare è disposto dal Servizio sociale dell’ente gestore delle funzioni socio assistenziali, previo consenso manifestato dai genitori esercenti potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto i dodici anni, e anche i minori di età inferiore, in relazione alla capacità di discernimento.

Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo con decreto il provvedimento (art. 4 L.184/83).

In presenza del consenso dei genitori esercenti la potestà l’affidamento si definisce “consensuale” ed è disposto con provvedimento di natura amministrativa che verrà reso esecutivo da un decreto del giudice tutelare (art. 4 L.184/83). Pertanto in caso di affidamento consensuale il servizio socio-assistenziale dovrà raccogliere il consenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore e “sentire il minore” che abbia compiuto i dodici anni.

Con tale espressione la legge non indica la necessità di acquisire il suo consenso, in quanto la valutazione circa l’opportunità e l’utilità di un affidamento è demandata esclusivamente al servizio socio-assistenziale, bensì richiede di informare il minore di quanto sta accadendo, comprendere le sue opinioni e i suoi sentimenti. Ascoltare il minore è, pertanto, un obbligo se questo ha compiuto i dodici anni, una facoltà del servizio se è di età inferiore ai dodici.

Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il Tribunale per i Minorenni in virtù degli artt. 330 e seguenti del c.c. In tal caso l’affidamento si definisce “giudiziale” ed è legittimato da un provvedimento del TM.

Le caratteristiche del provvedimento di affidamento che il servizio socio-assistenziale dispone sono le stesse, sia per l’affidamento consensuale, sia per quello giudiziale (motivi del provvedimento, suo contenuto, durata dell’affidamento, attività di vigilanza e programma di assistenza). Il contenuto del provvedimento è indicato in modo tassativo dalla L.184/83 all’art.4, 3° e 4° c. Esso deve contenere le seguenti indicazioni:

* motivi specifici che giustificano l’allontanamento del minore dalla famiglia;

* tempi e modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario, previsti in generale dalla normativa, ma da specificare in relazione alle singole situazioni;

* modalità di visita tra famiglia d’origine e minore;

* indicazione del servizio socio-assistenziale al quale è attribuita la responsabilità del programma di assistenza e la vigilanza durante l’affidamento;

* individuazione del periodo di presumibile durata dell’affidamento. La valutazione sulla durata dell’ affidamento deve fondarsi sulla previsione del tempo necessario ad attuare il complesso degli interventi volti al recupero della famiglia d’origine. In ogni caso tale periodo non può superare i 24 mesi, termine oltre il quale solo il TM può pronunciare proroga, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore. Rispetto alla possibilità di prorogare l’affidamento di tipo consensuale nell’ambito dei 24 mesi, l’interpretazione della magistratura minorile piemontese ha previsto la possibilità per il servizio socio-assistenziale di disporre autonomamente tale proroga, in assenza di provvedimento del TM, purché permanga il consenso degli esercenti la potestà genitoriale.

Al servizio sociale dell’Ente Gestore oltre alla predisposizione e alla realizzazione del provvedimento (progetto) di affidamento, compete anche (come già segnalato al Paragrafo 2.A):

* la segnalazione all’autorità giudiziaria competente (Giudice Tutelare o Tribunale per i Minorenni secondo le situazioni) di “ogni evento di particolare rilevanza” riguardante l’affidamento.

* l’invio semestrale di una relazione al Giudice Tutelare o al Tribunale per i Minorenni sull’andamento dell’affidamento, sulla presumibile ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.

Il servizio sociale oltre alle funzioni di vigilanza svolge opera di sostegno educativo, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture pubbliche del territorio e della collaborazione delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.

E. GESTIONE E CONCLUSIONI DELL’AFFIDAMENTO

L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore (art.5 L. n. 184/83).

Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, sentiti il servizio sociale locale, gli esercenti la potestà parentale, gli affidatari ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede se è necessario, al competente Tribunale per i Minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore.

Il Tribunale per i Minorenni, applicando anche gli articoli 330 e seguenti del Codice Civile, può quindi disporre la prosecuzione dell’affidamento.

È necessario che il Tribunale per i Minorenni nel disporre l’affidamento precisi nel provvedimento:

* L’Ente Gestore delle funzioni socio-assistenziali cui è demandata la realizzazione e la gestione dell’affidamento (e che quindi tenuto alla rendicontazione semestrale e alla segnalazione di ogni evento di particolare rilevanza);

* la prevedibile durata dell’affidamento stesso, in relazione alla situazione personale e del minore stesso;

* eventuali indicazioni sulle modalità di rapporto del minore con i sui familiari;

* l’estensione agli affidatari delle provvidenze di cui all’art. 80 della Legge 184/83 e successive modifiche(assegni familiari, detrazioni fiscali, congedi parentali, ecc...)e la corresponsione di un rimborso spese adeguato e la necessaria copertura assicurativa

Nei confronti dei minori, che per la gravità della situazione familiare, non possono dopo due anni di affidamento rientrare presso la famiglia di origine, e che non sono però in situazione di abbandono, perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, l’intervento che deve comunque essere privilegiato è l’affidamento familiare, che, come già detto, può avere una durata anche superiore ai due anni quando è disposto dal Tribunale per i Minorenni.

La nuova disciplina legislativa non pregiudica la possibilità di disporre affidamenti anche a lungo termine: fondamentale è il lavoro di coordinamento, supporto e verifica periodica del progetto di affidamento.

Si ritiene necessario distinguere fra prevedibile durata dell’affidamento, che presuppone una valutazione tempestiva e realistica della situazione familiare e dei possibili sviluppi della stessa, e la periodica revisione dell’andamento dell’affidamento da parte del Tribunale stesso sulla base della relazione semestrale del Servizio Sociale referente e dell’audizione-ascolto degli stessi Servizi sociali e sanitari e degli affidatari e degli affidatari, della famiglia di origine e del minore, come previsto dalla normativa citata.

L’affidamento, pertanto, non cessa automaticamente alla scadenza del termine indicato nel provvedimento poiché la legge richiede una apposita decisione al riguardo, fondata sulla valutazione dell’interesse del minore. Del resto, la durata dell’affidamento prevista sin dall’inizio o nelle successive proroghe è determinata sulla base di una prognosi, cioè di una valutazione per il futuro, circa il tempo occorrente per portare a termine utilmente il programma di assistenza alla famiglia.

In riferimento all’articolo 5, comma 2, della legge n. 149/01 il servizio sociale, nell’ambito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno educativo, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle Strutture Sanitarie Specialistiche e dell’opera delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.

Una volta decorso il periodo di affidamento, se si realizza la finalità tipica di tale intervento, il bambino rientra nella famiglia d’origine con un adeguato sostegno del nucleo. Se non esistono le condizioni per il rientro del minore, il servizio sociale può disporne il rinnovo in caso di affidamento consensuale o farne richiesta all’Autorità Giudiziaria competente in caso di affido giudiziale.

Condizione essenziale per la dimissione del minore è che venga osservato un criterio di gradualità nel reinserimento modulato a seconda della specificità delle singole situazioni.

La programmazione e gli interventi propri di questa fase devono considerare:

* il sostegno al bambino per l’elaborazione del distacco dalla famiglia affidataria e la preparazione al rientro presso il nucleo d’origine.

* la definizione dei tempi e delle modalità più favorevoli al reinserimento nella famiglia di origine

* la valutazione dell’opportunità del mantenimento di rapporti con la famiglia affidataria.

3. GLI ASPETTI AMMINISTRATIVI E PROCEDURALI E I CRITERI PER L’EROGAZIONE DEL CONTRIBUTO ECONOMICO

A. CONTRIBUTO SPESE MENSILE

In attuazione dell’art. 5, comma 4, della legge n. 184/83, che prevede che “Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria”, e dell’art. 80, comma 4, che stabilisce che “Le regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinché tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l’idoneità all’accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche”, la famiglia affidataria ha diritto a un contributo spese fisso mensile, indipendentemente dal reddito, al fine di riconoscere la natura di servizio dell’opera svolta dagli affidatari e di concorrere a rimuovere eventuali impedimenti economici che dovessero ostacolare famiglie e persone disponibili ed idonee ad impegnarsi nell’affidamento.

La spesa per l’intervento è a carico dell’amministrazione competente ai sensi della normativa sulle prestazioni assistenziali. Il contributo deve essere aumentato almeno del 30% quando ricorrano situazioni complesse, per problematiche di natura fisica, psichica e sensoriale che comportino spese rilevanti per la famiglia o la persona affidataria. Tale quota viene erogata complessivamente dall’Ente Gestore delle funzioni socio assistenziali, salvo diverso accordo e convenzione con l’ASL di competenza, nelle more di un provvedimento regionale sulla materia nell’ambito del Tavolo istituito per la definizione dei L.E.A. presso l’Assessorato alla Sanità regionale.

L’attribuzione dell’aumento del contributo avverrà in sede di formulazione del progetto educativo individuale, soggetto a verifiche e revisioni periodiche, e sarà suscettibile di tutte le variazioni che si riterranno necessarie in relazione all’evoluzione della situazione e della patologia. Tale integrazione dovrà essere concordata dal servizio sociale con l’ASL di residenza della famiglia di origine del minore nel caso di presa in carico dei servizi sanitari.

Per il calcolo del contributo minimo da assegnare alla famiglia affidataria, a carico degli enti locali singoli o associati gestori delle funzioni socio assistenziali, si assume come riferimento l’importo mensile della pensione minima dei lavoratori dipendenti e autonomi (INPS).

Nel caso di affidamento diurno tale contributo è corrisposto in misura ridotta; nel caso di affidamento a parenti entro il quarto grado il contributo va definito in base al caso e al reddito della famiglia affidataria.

Per i minori non deambulanti e/o non autosufficienti a causa di handicap fisici o psichici, riconosciuti invalidi al 100% dalle apposite commissioni sanitarie provinciali previste dalla Legge 30 marzo 1971 n.118 ed aventi quindi diritto all’indennità o all’assegno di accompagnamento, il contributo mensile erogato alla famiglia affidataria dagli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali viene maggiorato del 100% e l’indennità o l’assegno di accompagnamento, previsti dalla Legge 11 febbraio 1980 n. 18 art. n. 1, vengono attribuiti integralmente agli affidatari.

Inoltre, l’Ente gestore potrà anticipare agli affidatari, in forma di prestito, su espressa richiesta dei medesimi, l’importo dell’indennità di accompagnamento prima che sia disposta la liquidazione della stessa da parte dello Stato e rimborserà tutte le spese, preventivamente concordate con gli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, che gli affidatari sosterranno per visite mediche, trattamenti e interventi specialistici in Italia e all’estero, per ausili o protesi non fornite o non rimborsate del Servizio Sanitario Nazionale.

Considerato che nel corso dell’affidamento familiare possono verificarsi le sotto elencate eventualità:

- spese per alimenti particolari (neonati e lattanti, allergie alimentari, ecc.);

- spese mediche straordinarie che esulano dalle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, quali ad esempio spese dentistiche, protesi, spese per assistenza ospedaliera;

- dotazione di ausili tecnici la cui spesa non è coperta dal S.S.N.;

devono essere previsti e specificati nel provvedimento di affidamento familiare ulteriori interventi economici a titolo di rimborso delle spese sostenute dagli affidatari.

Nel caso di minori in affidamento familiare a rischio giuridico agli affidatari deve essere erogato dagli Enti gestori dei servizi socio assistenziali e dall’ASL di riferimento, indipendentemente dal reddito, un contributo economico pari al rimborso spese corrisposto alla famiglia affidataria, nei casi di affidamento ordinario, fino alla sentenza definitiva di adozione del minore.

Inoltre, in attuazione di quanto previsto dall’art. 6, comma 8, della legge n.149/2001, gli Enti gestori dei servizi socio assistenziali, corrispondono un contributo economico, indipendentemente dal reddito, pari al rimborso spese corrisposto agli affidatari, ai genitori che adottano minori italiani e stranieri:

-di età superiore a dodici anni e/o

-con handicap accertato, ai sensi dell’art. 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104

fino al raggiungimento della maggiore età dell’adottato.

Tale contributo viene erogato per sostenere le famiglie che adottano minori di età superiore ad anni 12 o con handicap accertato, a partire dalla data di recepimento delle linee di indirizzo regionali da parte dell’ente locale singolo o associato per la gestione delle funzioni socio assistenziali, competente per residenza della famiglia adottiva, in presenza di un provvedimento di affidamento preadottivo o di una sentenza definitiva di adozione successiva al provvedimento amministrativo.

Nelle more dell’assunzione da parte della Regione di apposite indicazioni sulla compartecipazione degli utenti al costo dei servizi socio-assistenziali, si specifica che, nelle situazioni in cui la famiglia naturale risulta in condizioni economiche tali da consentirle di far fronte in tutto o in parte alle spese di mantenimento e di educazione del figlio, il servizio territorialmente competente, valutatane preliminarmente l’opportunità, concorda con essa l’entità e le modalità di corresponsione del contributo mensile da assegnare alla famiglia o alla persona affidataria. Nel caso di contributo parziale, l’ente locale concorre fino a coprire l’importo dell’assegno di base.

La richiesta di un contributo economico alla famiglia d’origine può essere posticipata nel tempo, in presenza di situazioni in cui tale richiesta possa compromettere il buon esito dell’intervento, o sospesa, nei casi in cui vi sia una procedura che possa implicare, nel futuro, l’esclusione definitiva della famiglia d’origine dalla vita del minore (esempio: apertura della procedura di adottabilità).

Va in proposito ricordato che in presenza di famiglia di origine con un reddito tale da poter garantire il pagamento delle spese di mantenimento, il rifiuto della famiglia di contribuire può costituire sintomo di abbandono e di per sé giustificare una segnalazione al Tribunale per i Minorenni per mancata assistenza.

Si sottolinea l’obbligo della famiglia d’origine di contribuire al mantenimento del minore in affidamento, e la necessità che l’ente disciplini specifiche modalità per ricevere dagli obbligati le somme erogate: la possibilità di una nuova segnalazione al T.M. dell’eventuale violazione, infatti, deve tenere conto del fatto che già l’affidamento è spesso stato previsto in limitazione della potestà, ed inoltre che il T.M. non ha specifica competenza in materia di determinazione di somme da erogare.

Deve essere escluso qualsiasi tipo di versamento diretto di somme dalla famiglia di origine alla famiglia affidataria.

Il contributo spese per l’affidamento è sempre aggiuntivo rispetto ai redditi degli interessati (indennità di accompagnamento, indennità di frequenza, lavoro o tirocini formativi).

Gli enti gestori delle funzioni socio assistenziali provvedono a stipulare polizze assicurative idonee a coprire i rischi da infortuni o da danni subiti o provocati dai minori in affidamento.

L’art. 8, comma 4, della L. 328/2000 dispone che “ per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica”. Estendendo tale principio all’istituto dell’affidamento familiare, nelle more dell’adozione della normativa regionale di recepimento della L.328/2000, per l’assolvimento dei relativi oneri economici, per tutta la durata dell’affidamento, si ritiene competente il comune di residenza dei genitori naturali esercenti la potestà dal momento che questa può individuarsi come l’ultima residenza del minore.

B. OBBLIGHI E DIRITTI DELL’AFFIDATARIO E ISCRIZIONE NELLO STATO DI FAMIGLIA DEGLI AFFIDATARI

Si richiama quanto previsto dall’art. 5 L.149/2001: l’affidatario è tenuto a provvedere al mantenimento, all’educazione ed all’istruzione del minore, osservando le prescrizioni stabilite da chi ha disposto l’affidamento; esercita, in ogni caso, i poteri connessi con la potestà parentale, in relazione ai rapporti con l’istituzione scolastica e le autorità sanitarie.

Sulla base del parere acquisito nel merito dal Tribunale per i Minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta, si specifica quanto segue:

- le funzioni esercitate da chi accoglie in affidamento un minore possono essere equiparate a quelle esercitate dal genitore affidatario, in caso di separazione dei coniugi, richiamando, per analogia, quanto previsto in materia dagli artt.155, 316 e 317 bis del codice civile.

- Per quanto attiene l’ambito scolastico, possono considerarsi interventi di ordinaria amministrazione tutte le attività da svolgere per garantire la frequenza della scuola da parte del minore: la scelta della scuola e l’autorizzazione per eventi quali, ad esempio, l’effettuazione di una gita scolastica; rientrano, invece, nella straordinaria amministrazione, e quindi comportano l’autorizzazione dell’esercente la potestà parentale, o del Tutore, interventi quali la scelta dell’indirizzo scolastico o di attività di formazione oltre la scuola dell’obbligo, la scelta dell’insegnamento della religione cattolica ed il consenso per il rilascio del documento valido per l’espatrio, nel caso di viaggio all’estero.

-Per quanto attiene l’ambito sanitario, possono considerarsi interventi di ordinaria amministrazione le visite specialistiche (es. dentista, oculista) e l’effettuazione dell’anestesia locale; rientrano invece nella straordinaria amministrazione il sostegno psicoterapeutico al minore e gli interventi chirurgici che comportino l’anestesia totale. Il sostegno psicologico effettuato sulla famiglia affidataria nel suo complesso, rientra nell’ordinaria amministrazione e non richiede, quindi, il consenso dell’esercente la potestà parentale o del Tutore.

L’affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato.

In taluni casi è necessario o utile l’iscrizione nello stato di famiglia dell’affidatario del minore (in quanto convivente affidato) per fruire dei servizi pubblici forniti nella zona di residenza dell’affidatario stesso.

A tal proposito, si indicano qui di seguito alcuni criteri in perfetta aderenza con la normativa vigente e che potranno essere seguiti dagli affidatari:

* nessuna iscrizione per gli affidamenti consensuali se l’affidamento è previsto per un breve periodo (ad esempio, un mese);

* possibilità di iscrizione sullo stato di famiglia degli affidatari se l’affidamento è previsto per un periodo più lungo (ad esempio, oltre i 24 mesi), qualora tale variazione appaia opportuna, valutate le eventuali conseguenze che potrebbe avere rispetto al lavoro che si sta svolgendo con la famiglia d’origine;

* nessuna iscrizione sullo stato di famiglia degli affidatari per i minori in affidamento a rischio e per quelli in affidamento preadottivo, ma necessità di iscrizione del minore in una residenza anagrafica convenzionale.

Si evidenzia che, in ogni caso, il trasferimento di residenza del minore presso la famiglia affidataria deve avvenire previo consenso dell’esercente la potestà genitoriale, da prestarsi personalmente presso gli Uffici competenti oppure rilasciato per iscritto al Servizio Sociale di riferimento.

L’iscrizione nello stato di famiglia della famiglia affidataria può essere prevista per provvedimenti a lungo termine (ad esempio 24 mesi) ed è comunque sempre necessario il consenso dagli esercenti la potestà, salvo in presenza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria che preveda espressamente l’allontanamento e l’iscrizione presso la famiglia affidataria.

C. INSERIMENTO SCOLASTICO E ALTRI SERVIZI PUBBLICI

C.1) Inserimento scolastico

Nell’adozione e nelle situazioni di affidamento preadottivo e “a rischio giuridico” è emerso il problema della riservatezza per quanto attiene la registrazione delle generalità dei minori negli atti ufficiali e nella normale attività scolastica.

A tal proposito le norme della Legge n. 184 del 1983 tutelano, civilmente e penalmente, la segretezza nell’adozione sin dal momento dell’inserimento del minore in una famiglia a titolo di affidamento preadottivo (oppure nel caso di affidamento “a rischio giuridico”) (art. 73 ultimo comma), mentre per il minore adottato, le norme della suddetta legge, impongono che lo stesso debba essere indicato soltanto con il nuovo cognome e con assoluta esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità d’origine.

Il Tribunale per i minorenni, a maggior garanzia, nelle situazioni suddette, del diritto alla riservatezza nell’indicazione delle generalità dei minori all’interno della scuola, provvederà a dare indicazioni ai coniugi adottanti e a rilasciare un documento di identificazione convenzionale del minore adottato o in fase preadottiva.

Tale documento dovrà essere acquisito a cura del Dirigente Scolastico al momento dell’inserimento del minore nell’istituzione scolastica o, comunque, quanto prima.

Per quanto concerne il rilascio di diplomi o attestazioni riportanti le generalità precedenti l’adozione, vige l’applicazione della C.P. n. 787 del 5 settembre 1992 e della C.P. n. 926 del 21 ottobre 1991 (trasmissione C.M. n. 266 del 6.9.91).

Per quanto riguarda le funzioni esercitate dall’affidatario nei rapporti con le Autorità Scolastiche, si rinvia a quanto specificato nel precedente punto 4.C.

C.2) Accesso ad altri servizi pubblici

Al fine di garantire l’inserimento sociale del minore, è necessario prevedere, inoltre, la priorità di accesso ai servizi pubblici, ai quali, normalmente, si accede per graduatoria (ad esempio asili nido e scuole materne).

La richiesta di buoni libro, che spetterebbe alla famiglia naturale, deve poter essere presentata dalla famiglia affidataria presso il Comune di residenza, per evitare che su quest’ultima gravino oneri aggiuntivi.

In generale, per quanto riguarda l’erogazione dei buoni pasto, dei buoni libro e di ogni altro servizio o provvidenza erogati dal Comune, poiché questa Amministrazione intende riverificare con il Ministero competente il disposto di cui all’art. 1bis del D.P.C.M. n.242 del 4.4.2001, per quanto riguarda il riferimento alla situazione economica della famiglia affidataria, si segnala l’opportunità che il Comune, in fase di regolamentazione delle tariffe e dei requisiti di accesso alle provvidenze, individui i minori in affidamento familiare tra le categorie di soggetti che beneficiano in ogni caso dell’applicazione delle tariffe minime dei servizi erogati o dell’esenzione totale delle tariffe stesse.

Il Comune che eroga i servizi e/o le forme di sostegno sopra descritte provvederà a richiedere il rimborso di tali spese al Comune di residenza del minore, se diverso da quello della famiglia affidataria. Quest’ultimo valuterà, in base al reddito della famiglia d’origine, se richiedere alla medesima la partecipazione, in tutto o in parte, alle spese sostenute per i servizi prestati.

4. MODALITA’ DI ATTUAZIONE E DIVERSE TIPOLOGIE DI AFFIDAMENTO FAMILIARE

L’affidamento familiare, come ormai consolidato sul territorio regionale alla luce dell’esperienza ventennale, è un intervento ed una risorsa a favore di minori in difficoltà, che può differenziarsi nella sua applicazione concreta sulla base del progetto che viene formulato in relazione alla necessità ed ai bisogni particolari di un bambino e della sua famiglia d’origine e che quindi può richiedere interventi specifici.

L’affidamento familiare deve essere, al fine di recepire le indicazioni contenute in questo provvedimento, regolamentato dagli enti locali singoli e associati gestori delle funzioni socio assistenziali con delibera quadro che definisca i compiti dei servizi sociali e delle famiglie affidatarie, nonché il raccordo e i compiti del servizio sanitario..

L’affidamento familiare può essere disposto (così come già richiamato precedentemente):

- dal servizio sociale locale (affidamento consensuale, art. 4, comma 1),anche su proposta del servizio sanitario, laddove avvenga previo consenso dei genitori o del genitore esercente la potestà ovvero del tutore nominato, sentito il minore che ha compiuto gli anni 12 ed anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, fermo il controllo di legittimità del giudice tutelare per l’esecutività del provvedimento;

- dal Tribunale per i minorenni (affidamento giudiziale, art. 4, comma 2), su proposta dei servizi sociali e/o sanitari, o di altri soggetti, laddove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà e pertanto assuma natura autoritativa, in quanto limita la potestà dei genitori o, quanto meno, ha una funzione di controllo sull’esercizio corretto della potestà nei casi di proroga dell’affidamento consensuale, inizialmente disposto dal servizio sociale, per il quale sia decorso il termine previsto per legge. Relativamente all’affido giudiziale occorre rilevare ed evidenziare l’approccio che devono assumere i servizi nei confronti della famiglia di origine qualora la prosecuzione oltre i 24 mesi sia necessaria per concludere un percorso concordato con gli affidatari e i genitori. Infatti, in questo caso, pur essendo emesso un provvedimento, la situazione è ben diversa da quella di una prosecuzione per impossibilità di rientro in famiglia. Di conseguenza, anche il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria dovrebbe contenere una formulazione che evidenzi tale specifica condizione.

A. AFFIDAMENTO FAMILIARE DIURNO

Consiste in un intervento di sostegno alla famiglia in temporanea e/o parziale difficoltà, e di appoggio al minore, in alcuni momenti della giornata o della settimana.

La finalità dell’affidamento diurno è di aiutare una famiglia a superare uno stato di disagio di varia origine, che impedisce ai genitori la cura adeguata nei confronti dei propri figli.

E’ una forma di affidamento nuova, sperimentata negli anni, particolarmente importante perché permette il supporto del minore e della sua famiglia in difficoltà senza allontanarlo da casa. Prevede un appoggio quotidiano o comunque significativo nell’arco della settimana al minore, tale da garantirgli un importante riferimento educativo ed affettivo, utile nel suo processo di crescita. Inoltre l’instaurarsi di possibili relazioni positive fra la famiglia naturale e la famiglia affidataria rappresenta una potenziale opportunità di maturazione e di apprendimento per tutti i soggetti coinvolti.

L’affidamento diurno ha alcune caratteristiche peculiari:

a. la vicinanza territoriale: deve mantenere il minore nel proprio ambito di vita e di relazioni sociali (scuola, parenti, amici, ecc);

b. la regolarità: deve prevedere tempi e luoghi stabiliti ed organizzati durante la settimana, in modo da offrire un punto di riferimento significativo al minore e alla sua famiglia;

c. la continuità: deve consistere in un intervento che si protrae per un tempo significativo che permetta alla famiglia del minore il superamento delle sue difficoltà e che permetta altresì l’instaurarsi di un rapporto di fiducia e di collaborazione tra le due famiglie;

d. l’affiancamento alle figure genitoriali: enti gestori, associazioni di volontariato ed affidatari accompagnano e sostengono il minore e la sua famiglia, riconoscendo a quest’ultima il proprio ruolo genitoriale a tutti gli effetti, nell’ambito di una rete di servizi.

Ogni famiglia affidataria potrà effettuare contemporaneamente non più di due affidamenti, fatta eccezione per situazioni di fratelli/sorelle.

Per l’affidamento diurno non è obbligatorio il decreto di esecutività da parte del Giudice Tutelare.

Occorre inoltre considerare le seguenti tipologie diverse di affido diurno:

- quello educativo, centrato in prevalenza su un obiettivo di inserimento sociale del minore e svolto dal singolo affidatario;

- quello familiare propriamente detto, con una maggiore valenza “affettiva”, centrato sulla presenza dell’affidatario singolo nella famiglia affidante come sostegno alla genitorialità oppure del minore presso la famiglia, la coppia o il singolo affidatari con il coinvolgimento dei membri del nucleo;

- quello di una famiglia ad un’altra famiglia, caratterizzato dall’impegno non di un solo membro, ma di tutto il nucleo nei confronti della famiglia del minore nel suo complesso.

B. AFFIDAMENTO FAMILIARE RESIDENZIALE

Consiste nell’accoglienza di un minore presso una famiglia, anche monoparentale, che non abbia vincoli di parentela col nucleo di origine, che vive una situazione di difficoltà. Tale forma di affidamento è pensata per un periodo di tempo definito e prevede rientri o incontri periodici coi genitori naturali e/o coi parenti.

Questo intervento ha una duplice potenzialità: offre al minore la possibilità di crescere in famiglia, nonostante le difficoltà del suo nucleo di origine e permette ai genitori naturali di concentrarsi sulla soluzione dei propri problemi.

Per ogni progetto di affidamento familiare devono essere previsti un tempo ed una durata dell’intervento, che potrà essere prorogato, ma solo attraverso una riformulazione periodica del programma e degli obiettivi individuati e dopo un’attenta verifica sul percorso già effettuato.

Ogni famiglia affidataria potrà avere in affidamento non più di due minori, salvo eccezioni particolari di fratelli, laddove sia opportuno che rimangano uniti, comunque senza superare il numero massimo di 6 minori, compresi i figli della coppia affidataria.

Ogni affidamento deve prevedere un progetto individualizzato contenente:

- Analisi della situazione familiare e personale del bambino e/o del ragazzo;

- Modalità, tempi di attuazione e prevedibile durata dell’affidamento;

- Interventi nei confronti della famiglia di origine, degli affidatari e del bambino;

- Tipo e frequenza dei rapporti tra le due famiglie;

- Momenti di verifica periodici.

Devono essere individuati e regolamentati i criteri e le diverse modalità di affidamento familiare diurno e residenziale di minori:

* neonati

* portatori di handicap

* a parenti

* di figli di genitori separati

* ultradiciottenni già in affidamento familiare

* in situazioni di emergenza

* affidamento familiare a famiglia comunità

* reti di famiglie.

C. AFFIDAMENTO FAMILIARE DI NEONATI

Per i neonati (0 -2 anni) che necessitano di una collocazione diversa dalla loro famiglia, soprattutto in situazioni dove siano presenti precise disposizioni dell’Autorità Giudiziaria, è opportuno offrire, anziché una comunità, una famiglia affidataria disponibile a farsi carico del bambino fino a quando potrà tornare nella famiglia d’origine o andrà in una famiglia adottiva scelta dal Tribunale per i Minorenni.

Il Comune di Torino ha attivato uno specifico “progetto neonati”. Il numero dei potenziali destinatari di tale affidamento nella realtà locale è tale da far ritenere che si possa pensare ad un servizio specifico degli Enti gestori consorziati tra loro a livello provinciale.

La famiglia affidataria che dà la disponibilità per un neonato deve avere particolare competenza per gestire una situazione molto delicata e coinvolgente e, per definizione, transitoria. Deve saper gestire bene la propria emotività, pur mettendo in gioco tutte le proprie risorse affettive. Deve essere capace di compiere il processo di distacco dal bambino, in modo tale che al piccolo si apra una nuova prospettiva, su una linea di continuità, che permetta al bambino di far tesoro delle esperienze positive di attaccamento vissute con gli affidatari.

E’ opportuno che gli operatori del servizio sociale e sanitario competenti in materia garantiscano un supporto agli affidatari (oppure un riferimento costante per gli affidatari coinvolti nei casi specifici); sarà inoltre importante prevedere un confronto e uno scambio con gruppi di famiglie affidatarie (oppure offrire occasioni di confronto di gruppo, come modalità di sostegno al complesso delle famiglie interessate).

Compito degli affidatari è anche di documentare in modo accurato l’evoluzione del bambino, attraverso relazioni mediche, esami, fotografie. Questo materiale potrà essere consegnato agli operatori, affinché sia possibile farlo avere alla famiglia, che sarà scelta come definitiva per il bambino.

La famiglia affidataria deve porre particolare attenzione per garantire un totale riserbo circa la situazione del bambino, specialmente nel caso in cui l’affidamento si concluda con l’adozione da parte di un’altra famiglia. Le informazioni da trasmettere devono essere concordate con gli operatori.

Gli affidatari di un bambino neonato dovranno collaborare al programma di incontri del bambino con i genitori naturali ed eventuali parenti, secondo il progetto formulato dal servizio sociale, tenuto conto di eventuali prescrizioni da parte dell’Autorità Giudiziaria. Gli incontri avverranno preferibilmente in un ambiente neutro, individuato a cura degli operatori.

In particolari situazioni, è opportuno scegliere la famiglia affidataria in una zona diversa da quella in cui risiede la famiglia del minore: in questi casi sarà importante la collaborazione con i servizi dei territori vicini.

Vista la delicatezza dell’intervento non è possibile da parte di una famiglia affidataria accogliere più di un neonato, salvo particolari eccezioni (gemelli o fratelli rientranti in tale fascia di età).

D. MINORI DISABILI

La legge n. 184/83, e successive modifiche ed integrazioni, prevede forme particolari di intervento a favore di minori in difficoltà, attribuendo alle Regioni e agli Enti locali la facoltà di adottare specifiche misure di sostegno, nella prospettiva di un superamento graduale e definitivo del ricorso al ricovero in istituto dei minori.

Questa amministrazione regionale ha proposto un percorso integrato con i Servizi e le Associazioni a tutela dei minori in difficoltà per offrire loro la possibilità di inserimento familiare, che richiede la disponibilità di famiglie capaci, equilibrate e solide.

Si richiamano le necessità già evidenziate nella circolare del 24/02/2003 prot. n. 1909 e che sono regolamentate nei paragrafi precedenti :

* Previsione dell’erogazione di una retta maggiorata in considerazione delle specifiche esigenze del minore;

* Attuazione di interventi di sostegno educativo e di assistenza domiciliare;

* Erogazione di prestazioni sanitarie visite specialistiche, sostegno psicologico e psicoterapeutico, interventi riabilitativi, assistenza infermieristica domiciliare, protesi ed ausili, esami di laboratorio ed esami diagnostici a favore di minori portatori di handicap fisico, psichico e/o sensoriale, certificati ai sensi della legge n.104/92 e/o certificato dal servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’A.S.L. territorialmente competente;

* Individuazione di un percorso agevolato per l’accesso alle prestazioni sanitarie da parte delle famiglie che accolgono minori portatori di handicap fisico, psichico e sensoriale.

Gli adolescenti con problematiche relazionali rilevanti ma non certificate devono in ogni caso essere presi in carico per le necessità ed in particolare per interventi economici di rimborso spese superiori e di supporto ulteriori in termini di servizi.

E. AFFIDAMENTO FAMILIARE A PARENTI

L’affidamento familiare a parenti non è regolamentato dalle leggi in vigore. La disponibilità e l’aiuto tra persone che hanno tra di loro un vincolo di parentela, dovrebbe essere un’espressione naturale di solidarietà, per altro indicata dall’art. 433 del Codice Civile.

Nelle politiche sociali odierne, caratterizzate da dinamiche relazionali sempre più complesse, dove i rapporti di parentela a volte sono tesi, difficili e conflittuali e non sempre favoriscono un’adeguata attenzione al benessere psico - fisico dei minori, spesso l’intervento dei servizi sociali sostiene un processo di mediazione, finalizzato ad aiutare i nuclei familiari ad instaurare e costruire relazioni quanto più positive possibili.

Si ritiene quindi opportuno regolamentare una tipologia di affidamento di fatto utilizzata e considerata importante nei progetti di lavoro e disposta, in alcuni casi, anche dall’Autorità Giudiziaria.

Nelle more dell’assunzione da parte della Regione di apposite indicazioni sulla compartecipazione degli utenti al costo dei servizi socio-assistenziali, si individuano le seguenti tipologie di affidamento familiare a parenti:

? senza rimborso spese, se i familiari che sono tenuti agli alimenti in base all’art. 433 del codice civile, abbiano la possibilità effettiva di provvedervi;

? con rimborso spese, per situazioni nelle quali i parenti non sono in grado di provvedere alle necessità economiche del minore.

E’ indispensabile quindi valutare nella formulazione di un progetto di affidamento familiare a parenti, la loro situazione economica in base ai regolamenti in vigore all’interno dell’Ente Gestore dei Servizi Sociali.

Anche in caso di affidamenti a parenti il contributo spese per l’affidamento, se previsto, è sempre aggiuntivo rispetto ai redditi degli interessati (indennità di accompagnamento, indennità di frequenza, lavoro o tirocini formativi).

F. AFFIDAMENTO FAMILIARE DI FIGLI DI GENITORI SEPARATI

L’art. 6, comma 2, della legge n. 898/1070, così come modificata dalla legge n. 74/1987, stabilisce che:

“Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio dichiara a quale genitore i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Ove il Tribunale lo ritenga utile all’interesse dei minori, anche in relazione all’età degli stessi, può essere disposto l’affidamento congiunto o alternato”.

E l’art. 6, comma 8 e 10, precisa:

“In caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il Tribunale procede all’affidamento familiare, di cui all’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184".

“All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole, provvede il giudice del merito e, nel caso previsto dal comma 8, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento è trasmessa a cura del pubblico ministero al giudice tutelare”.

Il legislatore richiede quindi al tribunale civile di provvedere all’affidamento familiare, attuando i principi di cui all’art. 2, legge n. 184/1983.

Ai servizi sociali possono, pertanto, pervenire, da parte dei Tribunali civili, richieste di informazioni o di inchiesta sociale su situazioni di minori figli di genitori che sciolgono il matrimonio, nonché la richiesta di un’attiva presa in carico da parte dell’ente locale del minore in difficoltà e una conseguente collocazione del minore in affidamento familiare o in idonea struttura.

Nelle separazioni e negli scioglimenti dei matrimoni in presenza di figli minori si verificano, a volte, condizioni per le quali sia necessario l’intervento e il sostegno del servizio territoriale.

Si richiama quanto indicato nei paragrafi:

- selezione;

- sostegno;

- ruoli e funzioni del servizio sociale.

G. MINORI IN AFFIDAMENTO FAMILIARE CHE DIVENTANO ULTRADICIOTTENNI

Così come consolidato in dottrina e giurisprudenza, con riferimento all’art. 147 del c.c., i coniugi, che hanno l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli, sono tenuti, di fatto, a mantenere i propri figli fino al raggiungimento di un’autonomia personale e lavorativa.

E’ necessario, quindi, intendere tale orientamento anche per garantire il mantenimento del contributo alla famiglia affidataria di minori, che abbiano compiuto i diciotto anni e che non abbiano raggiunto l’autonomia.

L’affidamento può essere realizzato per i casi in cui il minore non possa far ritorno nel proprio nucleo familiare oppure non abbia ancora raggiunto la propria autonomia; tale intervento non può essere prorogato oltre il ventunesimo anno di età.

L’affidamento familiare di ultradiciottenni si riferisce esclusivamente, in questo contesto, a prosecuzioni di affidamenti iniziati in età minorile e la cui durata non può superare i 21 anni (in coerenza con la prosecuzione che può essere stabilita dal Tribunale per i Minorenni).

H. AFFIDAMENTO FAMILIARE DI MINORI IN SITUAZIONI DI EMERGENZA

Tale affidamento si configura come un servizio di “pronto intervento”, dettato dall’esigenza di una prima accoglienza per minori coinvolti in situazioni familiari improvvisamente degenerate e che pertanto richiedono l’allontanamento immediato.

La scelta di questo intervento deve essere praticata solo qualora non sia possibile l’accoglienza presso parenti significativi e può prevedere in casi eccezionali l’inserimento del minore insieme alla madre presso la famiglia affidataria.

La durata di questa forma di affidamento non deve superare i tre mesi.

I. AFFIDAMENTO FAMILIARE A FAMIGLIA COMUNITA’

Descrizione

La Famiglia comunità è una modalità di accoglienza dei minori in difficoltà caratterizzata dall’espressione volontaria di una coppia ed orientata ad una procreazione sociale.

Essa si caratterizza per queste dimensioni generali:

- la coppia gestisce direttamente, inglobandola nella vita di famiglia, la parte educativa venendo aiutata, eventualmente, da personale di supporto anche non specialistico

- la coppia non vive del frutto del lavoro relativo all’accoglienza dei minori, ma ha un reddito proprio (oppure la coppia ha un reddito proprio, indipendente dall’accoglienza dei minori).

La famiglia comunità è un’accoglienza offerta da una coppia di volontari a minori in difficoltà caratterizzata per la dimensione di tipo familiare a livello affettivo, funzionale ed organizzativo.

Infatti è centrata e gestita da una famiglia o coppia, maschio e femmina, di adulti residenti e conviventi, riconosciuti idonei all’affidamento familiare e con almeno due anni di esperienza di affidamento.

I due adulti sono legati da una relazione affettiva finalizzata alla vita in comune e alla paternità e maternità biologica e/o sociale e da una scelta di vita maturata nel tempo.

Al fine di rendere la famiglia comunità il più vicino possibile ai modelli familiari almeno un componente la coppia deve avere un impegno lavorativo o una fonte di reddito proprio (es. reddito da pensione) che li renda economicamente autonomi.

I due adulti potrebbero essere anche fratelli o comunque non legati da un vincolo di coppia comunemente intesa stanti i requisiti di adeguatezza educativa e morale.

E’ possibile la presenza di personale di appoggio e ausiliario sia in rapporto di lavoro sia volontario per interventi integrativi e di aiuto nelle incombenze quotidiane.

Per le famiglie comunità non è previsto un compenso economico (retribuzione) per l’impegno educativo/affettivo richiesto, non si connota quindi come un’attività lavorativa.

Viene riconosciuto invece un contributo alle spese forfettario, per ciascun minore accolto, che comprende le spese vive di gestione, i beni strumentali connessi alle esigenze dei minori ospitati e le spese relative al personale di appoggio, nonché alla supervisione psicologica ed educativa a favore della coppia.

Requisiti di accesso (tipologia e numero massimo dell’utenza)

L’accoglienza per ogni Famiglia Comunità è prevista per un minimo di 3 minori a cui vanno aggiunti i figli della coppia ospitante, ma non si deve superare il tetto massimo di 6 minori.

In sede di prima applicazione del presente provvedimento, sono fatti salvi gli eventuali affidamenti oltre il numero massimo previsto, fino alla loro conclusione.

Gli ospiti sono minori, anche fratelli di età diversa, per i quali, prevedendosi una collocazione eterofamiliare anche prolungata e risultando impraticabili sia l’affidamento residenziale che l’adozione, è necessaria la presenza di figure con funzioni genitoriali stabili e in numero limitato al fine di strutturare e consolidare il proprio sé attraverso processi “forti” di identificazione

Requisiti Progettuali

La famiglia comunità, caratterizzandosi per un intervento a sfondo volontaristico, non deve avere i livelli di progettazione descritti nella deliberazione della Giunta regionale per l’autorizzazione dei presidi socio assistenziali per minori i quali permangono a carico del servizio inviante.

Personale

Le famiglie comunità non hanno personale educativo professionale in quanto esprimono la presa in carico educativa in prima persona. Come detto, possono venire aiutate da persone che li supportino nei compiti quotidiani della loro vita famigliare. Inoltre, possono afferire alla comunità anche persone qualificate per aiutare la coppia nella gestione dei minori accolti.

I parametri strutturali di queste comunità sono quelli della civile abitazione.

L. RETI DI FAMIGLIE

Descrizione

Le reti di famiglie sono aggregazioni di famiglie caratterizzate dalla spinta all’accoglienza di minori in difficoltà. Esse possono strutturarsi in varie forme come, ad esempio, il condominio solidale, il vicinato solidale, e così via.

Le famiglie aggregate formano un movimento complessivo dentro il quale possono convivere diverse forme di singole aggregazioni famigliari. Esse però si distinguono per un sentire comune definito e sottoscritto in un documento.

In quanto forme unitarie le reti di famiglie devono esprimere la loro capacità di rispettare i diritti dei minori nell’insieme della loro aggregazione e per ogni singolo nucleo che compone tale rete.

Le forme per garantire che l’accoglienza dei minori sia rispettosa dei diritti di questi ultimi possono essere diverse. Ogni famiglia deve avere l’idoneità all’affido, le reti di famiglie si possono dotare di una struttura con supporti professionali. Le reti famigliari si configurano come organizzazioni.

Le reti famigliari possono nascere da differenti esperienze, esse rappresentano una risorsa importante per il territorio e possono anche sviluppare progetti con le comunità residenziali in modo da migliorare e potenziare tutto ciò che concerne i minori per cui è necessario l’allontanamento dalla propria famiglia. Possono addirittura nascere dalla spinta delle comunità residenziali, sorgere nelle loro vicinanze e così via.

Requisiti di accesso (tipologia di minori accolti)

Le reti di famiglie possono accogliere qualsiasi tipologia di minori secondo l’espressione delle loro capacità di accoglienza. Esse possono anche accogliere non all’interno del nucleo di ogni singola famiglia i minori ma, ad esempio, possono offrire un supporto importante al minore e alla sua famiglia. Il supporto si può realizzare o abitando vicino (vicinato solidale) o abitando nello stesso stabile (ad es. condominio solidale) o attraverso famiglie che, pur non abitando vicino tra loro, promuovono azioni di supporto e accoglienza dei minori sia presso di loro sia nella famiglia di origine o ancora in altre forme.

Nel caso che le reti di famiglie accolgano oltre ai minori anche altre tipologie di disagio deve essere garantito che tale accoglienza non deve andare a discapito dei minori per cui le reti di famiglie devono esprimere a livello progettuale la loro organizzazione rispetto a questo punto. È comunque sempre preferibile che per i minori vengano dedicati spazi di accoglienza protetti da altre forme di disagio (p.e. dal disagio psichiatrico adulto o dalla tossicodipendenza), tenendo conto dei percorsi di vita che i minori allontanati dalla propria famiglia hanno avuto i quali consigliano di optare per una non convivenza con altre forme di difficoltà accentuata.

Requisiti progettuali e gestionali

Le reti di famiglie devono esprimere in un documento progettuale (analogo al progetto del servizio per le comunità residenziali) la loro direzione di senso. All’interno delle varie strutturazioni di tali reti dovranno essere definiti gli standard gestionali. Le reti si possono strutturare a livello di attività volontaria oppure professionale o entrambe.

Requisiti strutturali

Le reti di famiglie esprimono la loro accoglienza in residenze attigue o nello stesso stabile o in abitazioni anche distanti tra loro.

Non sono propriamente reti di famiglie i movimenti che di fatto non hanno espressioni comunitarie di confronto attivate con una ragionevole frequenza tale da consolidare, all’interno della rete, la cultura dell’accoglienza, del confronto tra coppie, della crescita culturale del territorio circostante.

Sia l’affidamento familiare a famiglia comunità che l’affidamento a reti di famiglie si configurano come provvedimenti di affidamento così come previsto dall’art. 4 comma 3 della L.184/83 e s.m.i. e sono, pertanto, soggetti alla vigilanza prevista per tutti gli affidamenti familiari.

5. ACCOGLIENZA DI MINORI IN SITUAZIONI ULTERIORMENTE PROBLEMATICHE

A .AFFIDAMENTO A RISCHIO GIURIDICO

Nei casi ove la procedura di adottabilità duri molto tempo e peraltro si profili quasi certo il suo esito, si può far luogo ad un affidamento familiare che si definisce “a rischio giuridico”.

Si tratta di un affidamento eterofamiliare predisposto dal Tribunale per i Minorenni a favore di minori nei cui confronti è stata aperta una procedura di adottabilità che non risulta ancora definitiva; gli affidatari vengono individuati dal Tribunale per i Minorenni fra le coppie che hanno presentato domanda di adozione e che sono in possesso dei requisiti per la loro futura, eventuale adozione.

I tempi per la definizione dell’adottabilità possono essere prolungati, anche in considerazione della possibilità, per la famiglie di origine, di esperire i diversi gradi di giudizio previsti dalla legge.

Il procedimento può, inoltre, subire sospensioni qualora il Tribunale per i Minorenni impartisca prescrizioni ai genitori e/o ai parenti (ad esempio seguire un programma terapeutico, attivarsi per trovare una casa o un’ occupazione stabile, ecc.).

Il Tribunale per i Minorenni, in attesa della conclusione del procedimento, per evitare al bambino le conseguenze negative legate ad una protratta permanenza in comunità, può decidere di affidare il bambino ad una coppia scelta fra quelle che hanno presentato domanda di adozione.

Si parla di affidamento “a rischio giuridico” in quanto sussiste il rischio di interruzione dell’affido, connesso all’esito dell’impugnazione da parte dei genitori naturali, i quali, durante l’affidamento familiare, possono essere autorizzati a mantenere i rapporti col bambino tramite visite periodiche (organizzate in luoghi specificamente attrezzati per questo genere di incontri ed alla presenza di operatori che abbiano un’adeguata preparazione), non potendosi escludere un riavvicinamento dello stesso.

Come è noto, in Piemonte questo affidamento è stato definito dal Tribunale per i Minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta “a rischio giuridico di adozione” e regolamentato con uno specifico protocollo di intesa (circolare 6/ASA 1985).

Si indicano di seguito i punti essenziali della procedura:

a.) per i casi di minori figli di ignoti (fatti salvi gli adempimenti di cui all’art. 11, legge 184/1983, modificata ed integrata dalla legge 149/2001), per i quali è presumibile che si pervenga rapidamente all’adozione, è meglio evitare l’affidamento familiare e seguire l’attuale procedura, che prevede il passaggio del bambino dall’ospedale alla comunità alloggio per brevissimo tempo e quindi alla famiglia adottiva;

b.) analoga soluzione va prevista per il caso in cui l’abbandono è talmente evidente, per cui ragionevolmente si può pensare che la procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità sarà rapidissima;

c.) per i minori per i quali è già stata inoltrata al Tribunale per i Minorenni la segnalazione per l’apertura dello stato di adottabilità non si procederà all’affidamento familiare, salvo precise disposizioni del Tribunale per i Minorenni, a norma dell’art. 10, legge 184/1983, così come modificata dalla legge 149/2001 e tenendo conto di quanto segue:

1. la famiglia affidataria dovrà essere scelta tra quelle che hanno presentato domanda al Tribunale per i Minori per adozione italiana e che sia già stata eventualmente selezionata dal tribunale stesso e di cui sia stata verificata la disponibilità all’affidamento di minori con situazione giuridica non definita. Poiché questi inserimenti potrebbero diventare adozioni, nella selezione delle famiglie affidatarie è necessario valutare la capacità degli affidatari di stabilire un rapporto affettivo con il bambino avendo presente la precarietà del rapporto e necessitano di un adeguato sostegno da parte degli operatori dei servizi socio-assistenziali e sanitari.

2. la scelta dovrà avvenire d’intesa tra il tribunale per i Minori e il Servizio Socio Assistenziale di zona, che verificherà l’idoneità delle coppie, in riferimento al caso specifico del minore da affidare;

3. se entro un periodo di massimo un mese non venisse reperita una coppia tra quelle già in lista per l’adozione, il Servizio Socio Assistenziale, d’accordo con il tribunale per i Minorenni, potrà procedere alla ricerca di una famiglia tra quelle già selezionate per l’affidamento familiare, che sia disponibile all’adozione ed abbia i requisiti formali e sostanziali per l’eventuale adozione di un bambino. In tal caso la coppia stessa presenterà domanda di adozione al Tribunale per i Minorenni;

4. il Tribunale per i Minorenni emanerà un decreto di autorizzazione al Servizio Socio Assistenziale, tutore provvisorio o affidatario, ad affidare il minore alla famiglia scelta, seguendo i criteri e le modalità, di cui ai punti 1), 2), 3); nello stesso decreto preciserà le modalità degli eventuali incontri del minore con la famiglia di origine, evitando sempre che tali incontri consentano alla famiglia di origine di individuare la famiglia affidataria;

5. il Servizio Socio Assistenziale realizzerà l’affidamento ricorrendo a tutte le cautele idonee, per tutelare la riservatezza della famiglia affidataria;

6. dopo la definitiva dichiarazione dello stato di adottabilità, l’affidamento familiare verrà trasformato dal Tribunale per i Minorenni in affidamento preadottivo, se non risulteranno serie controindicazioni;

7. dopo che sia stato dichiarato l’affidamento preadottivo, il tribunale per i Minorenni vigilerà direttamente o avvalendosi dei Servizi Socio Assistenziali.

d.) quando si presentano situazioni di grave pregiudizio per il minore, per cui il Tribunale per i Minorenni deve provvedere al suo allontanamento dai genitori ed è molto probabile che successivamente si accertino condizioni di abbandono materiale e morale, si potrà provvedere ad un affidamento familiare con le seguenti modalità;

1. Il Tribunale per i Minorenni affiderà il minore al Servizio Sociale, che dovrà immediatamente provvedere ad una prima sistemazione (possibilmente in una comunità di pronto intervento);

2. la scelta della famiglia affidataria dovrà avvenire come per il caso precedente, tra quelle in lista di attesa presso il tribunale per i Minorenni che si siano dichiarate disponibili all’affidamento di un bambino, la cui situazione giuridica non sia ancora definitiva;

3. se entro un periodo massimo di un mese non venisse reperita una coppia tra quelle già in lista per l’adozione, il Servizio Socio Assistenziale, d’accordo con il Tribunale, potrà procedere alla ricerca di una famiglia tra quelle già selezionate per l’affidamento familiare, che abbia i requisiti formali e sostanziali, che sia disposta all’eventuale adozione di un bambino. La coppia stessa presenterà domanda di adozione al tribunale per i minorenni;

4. il progetto di affidamento sarà presentato mediante verbale a cura dell’assistente sociale, d’intesa con il Coordinatore socio-assistenziale al Tribunale per i Minorenni;

5. il Tribunale per i Minorenni stabilirà con provvedimento le modalità degli incontri del minore con la famiglia di origine.

Alla coppia che accoglie il minore è garantita la riservatezza: la famiglia naturale del bambino non è informata su questa scelta del T.M.

In attuazione a quanto previsto dall’art. 6, comma 8, della legge n.149/2001, nel caso di minori in affidamento a rischio giuridico o con handicap accertato dalla competente commissione medica dell’ASL, ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 104/1992, ai genitori affidatari deve essere erogato dagli Enti gestori dei servizi socio assistenziali, indipendentemente dal reddito, un contributo economico pari al rimborso spese corrisposto agli affidatari fino alla sentenza definitiva di adozione del minore.

Devono inoltre devono essere prese dalle Istituzioni coinvolte tutte le misure necessarie per garantire la riservatezza sull’identità degli affidatari.

B. SOSTEGNO DI ADOZIONI DI MINORI SUPERIORI AI DODICI ANNI E/O PORTATORI DI HANDICAP

L’ art. 6, comma 8, della legge n.184/83 e s.m.i., dispone che “Nel caso di adozione dei minori di età superiore ai dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di 18 anni degli adottati”.

La legge n. 184/83 all’art. 22, comma 3, così come modificato dall’art. 19 della legge n.149/2001, prevede, inoltre, che “Il Tribunale per i Minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all’art. 6, dispone l’esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nelle istruttoria alle domande dirette all’adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell’art. 4 della legge n. 104/1992" .

In attuazione a quanto sopra previsto e in relazione anche a quanto disposto nella circolare regionale n. 1909/30 del 24 febbraio 2003, gli Enti Gestori delle funzioni socio-assistenziali corrispondono ai genitori di minori italiani e stranieri adottati superiori a dodici anni e a quelli con handicap accertato un contributo economico, indipendentemente dal loro reddito, pari al rimborso spese corrisposto agli affidatari fino al raggiungimento della maggiore età dell’adottato.

Nel medesimi casi, resta salva la facoltà per gli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali di attivare, ai sensi dell’art.6, comma 8 L.184/83 e s.m.i., ulteriori interventi volti al sostegno della formazione e dell’inserimento sociale dei minori, nell’ambito dei progetti educativi dei minori stessi.

Nel caso di minori adottati in condizioni particolari (gravi patologie, abusi, violenze subite), gli Enti Gestori possono prevedere l’estensione delle provvidenze di cui sopra anche al di fuori delle fattispecie individuate e regolamentate dall’Amministrazione Regionale, nell’ambito dello specifico progetto d’intervento dei suddetti minori.

6. SOSTEGNO E PROMOZIONE DELL’AFFIDAMENTO FAMILIARE DI MINORI DI DIFFICILE INSERIMENTO A CAUSA DELL’ETA’ O DI HANDICAP ACCERTATO

Come noto, la legge n. 184/83, e successive modifiche ed integrazioni, prevede forme particolari di intervento a favore di minori in difficoltà, attribuendo alle Regioni e agli Enti locali la facoltà di intervenire con specifiche misure di sostegno, nella prospettiva di un superamento graduale e definitivo del ricorso al ricovero in istituto dei minori.

L’art. 6, comma 8, della legge n. 184/83, così come sostituito dalla legge n. 149/01, dispone che “Nel caso di adozione dei minori di età superiore ai dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all’inserimento sociale, fino all’età di 18 anni degli adottati”.

La legge n. 184/83 all’art. 22, comma 3, così come modificato dall’art. 19 della legge n. 149/2001, prevede, inoltre, che “Il Tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all’art. 6, dispone l’esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria alle domande dirette all’adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell’art. 4 della legge n. 104/1992".

La Regione e gli enti locali devono promuovere iniziative di formazione dell’opinione pubblica sull’affidamento e sull’adozione e possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie (art. 1, comma 3 della legge n. 184/83); i medesimi enti, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore delle famiglie che hanno minori in affidamento (art. 5, comma 4 della legge n. 184/83).

A tale percorso integrato sperimentale hanno aderito le associazioni di volontariato, che operano per la promozione e per il sostegno dell’affidamento familiare e dell’adozione sul territorio piemontese e che intendano operare più specificatamente per promuovere l’affidamento e l’adozione di minori di difficile inserimento familiare a causa dell’età o di handicap accertato.

L’amministrazione regionale intende, con tale dicitura, “minori di età superiore a dodici anni o portatori di handicap fisico, psichico e/o sensoriale, certificato ai sensi della legge n. 104/92 e/o certificato. dal servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’ASL territorialmente competente”.

Per quanto riguarda, in specifico, la fase di inserimento e sostegno del minore si sottolinea nuovamente la necessità di individuare un percorso agevolato per l’accesso alle prestazioni sanitarie da parte delle famiglie che accolgono minori portatori di handicap fisico, psichico e/o sensoriale in stretta collaborazione con il servizio sanitario e nell’ambito di accordi convenzionali

7. BANCA DATI DELLE FAMIGLIE AFFIDATARIE

Al fine di prevedere un efficace collegamento tra le risorse presenti sul territorio si procederà all’attivazione di una Banca Dati delle famiglie aspiranti all’affidamento famigliare, già selezionate e formate.

La Banca Dati dovrà avere caratteristiche tali da assicurare la tutela della segretezza delle informazioni contenute e riporterà gli elenchi delle famiglie disponibili all’affidamento eterofamiliare, o ad altre forme di accoglienza, specificando per ognuna le motivazioni, gli intenti ed il livello di disponibilità.

La Banca Dati potrà avere come ambito di riferimento territoriale quello corrispondente all’ équipe sovrazonale per le adozioni; gli enti locali singoli e associati gestori delle funzioni socio assistenziali provvederanno direttamente a concordare in tale ambito territoriale le modalità per la raccolta e l’aggiornamento di tali dati individuando un referente per lo svolgimento delle attività connesse alla costituzione e all’aggiornamento della stessa, in qualità di responsabile del trattamento dei dati ex L.675/96.

Ogni ente gestore delle funzioni socio-assistenziali organizza l’autonomo svolgimento delle procedure di informazione, selezione e preparazione delle famiglie aspiranti all’affidamento famigliare, provvedendo a far confluire nella Banca Dati le informazioni raccolte in apposite schede informatiche, contenenti i dati relativi alle caratteristiche degli aspiranti all’affidamento e al tipo di disponibilità offerta.

La Banca Dati si pone come ausilio privilegiato di consultazione nella progettazione di interventi di affidamento famigliare poiché non si prefigura come uno sterile elenco di nominativi suddivisi per comune di residenza, bensì si offre come strumento dinamico ed interattivo di condivisione delle risorse locali.

8. CONCLUSIONI

Compito del presente atto di indirizzo è quello di proporre strategie ed interventi per consolidare ed incrementare il processo di sostegno dei minori nella propria famiglia di origine, che si concretizza attraverso l’inserimento temporaneo in una famiglia affidataria, e la riduzione dell’inserimento in comunità familiari, o in ogni caso in tutte le tipologie di strutture residenziali di accoglienza dei minori presenti nella nostra regione.

Vengono individuate almeno tre direttrici di azione che non possono essere disattese se si intende dare seguito all’impegno per limitare l’allontanamento del minore dalla famiglia di origine alle situazioni in cui è veramente necessario e se si vuole qualificare sempre più l’accoglienza residenziale dei minori.

La priorità è l’intervento sulla famiglia d’origine per tutelare il diritto del minore ad essere educato al suo interno. Vanno impegnati i servizi competenti a realizzare ogni ragionevole sforzo affinché siano mantenute le condizioni educative minime necessarie e affinché queste condizioni, possano essere ripristinate, nel caso di allontanamento del minore, entro un tempo definito.

In questa prospettiva vanno attuati il riconoscimento, la promozione e il sostegno di organici progetti di recupero e servizi specifici quali, ad esempio: servizi educativi, domiciliari, educativa territoriale, sostegno economico in termini di facilitazione all’accesso di servizi sociali e sanitari, politiche per la casa ed il lavoro, l’accoglienza madre-figlio presso famiglie e comunità di tipo familiare ed altri. In questo quadro il vicinato sociale e l’affidamento diurno, strumenti della normalità, devono ricevere maggiore considerazione.

La seconda direttrice da sviluppare è l’effettivo e diffuso sviluppo dell’affidamento familiare, come strumento di supporto al minore in difficoltà e alla sua famiglia di origine.

Per ultimo, ma non per importanza, deve esserci uno sforzo per disporre adeguati progetti individuali educativi per ciascun minore e per attivare servizi di sollievo per le famiglie affidatarie.