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Bollettino Ufficiale n. 49 del 4 / 12 / 2003
Corte Costituzionale
Sentenza n. 338/2003
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo Chieppa - Presidente
- Gustavo Zagrebelsky - Giudice
- Valerio Onida - Giudice
- Carlo Mezzanotte - Giudice
- Fernanda Contri - Giudice
- Guido Neppi Modona - Giudice
- Piero Alberto Capotosti - Giudice
- Annibale Marini - Giudice
- Franco Bile - Giudice
- Giovanni Maria Flick - Giudice
- Francesco Amirante - Giudice
- Ugo De Siervo - Giudice
- Romano Vaccarella - Giudice
- Paolo Maddalena - Giudice
- Alfio Finocchiaro - Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 4, 5 e 6 della legge della Regione Piemonte 3 giugno 2002, n. 14 (Regolamentazione sullapplicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 29 luglio 2002, depositato in cancelleria il 7 agosto 2002 ed iscritto al n. 47 del registro ricorsi 2002, e nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 3, commi 2, 3 e 4, della legge della Regione Toscana 28 ottobre 2002, n. 39 (Regole del sistema sanitario regionale toscano in materia di applicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 2 gennaio 2003, depositato in cancelleria l 11 successivo ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 2003.
Visti gli atti di costituzione della Regione Piemonte e della Regione Toscana nonché latto di intervento del Comitato dei cittadini per i diritti delluomo (C.C.D.U.);
udito nelludienza pubblica del 30 settembre 2003 il Giudice relatore Valerio Onida;
uditi lavvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Anita Ciavarra per la Regione Piemonte e Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso notificato il 29 luglio 2002 e depositato il 7 agosto 2002 (reg. ric. n. 47 del 2002) il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Piemonte 3 giugno 2002, n. 14 (Regolamentazione sullapplicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia), in riferimento agli articoli 2, 32, 33, primo comma, 117, terzo comma (tutela della salute e professioni), della Costituzione.
2. Le censure del ricorrente cadono segnatamente sugli articoli 4, 5 e 6 di tale legge.
Lart. 4 (Limiti di utilizzo) introduce il divieto di praticare terapia elettroconvulsivante (TEC), lobotomia prefrontale e transorbitale e altri simili interventi di psicochirurgia in tutte le strutture regionali su bambini, anziani e donne in stato di gravidanza (salvo, per queste ultime, il ricorso alla sola TEC su espressa richiesta della paziente e autorizzazione del coniuge e dei familiari diretti).
Lart. 5 (Deontologia medica) dispone che è eliminato ogni riferimento che possa contemplare una responsabilità professionale del medico che decida di non praticare TEC, lobotomia e simili interventi di psicochirurgia, salvo rispondere dei propri atti nei termini previsti dalla normativa sulla responsabilità professionale.
Lart. 6 (Monitoraggio, sorveglianza e valutazione) impone che i pazienti cui è stata praticata la TEC siano successivamente sottoposti a verifiche e controlli sanitari generali periodici, prevedendo a tale scopo che lassessorato regionale istituisca procedure di valutazione e revisione dellapplicazione della TEC su scala regionale, tramite una commissione di professionisti esterni e rappresentanti locali delle associazioni di settore.
3. Lo Stato premette che un precedente in termini sulla illegittimità costituzionale di disposizioni normative regionali di analogo contenuto sarebbe costituito dalla sentenza n. 282 del 2002 di questa Corte, che ha dichiarato, costituzionalmente illegittima la legge della Regione Marche n. 26 del 2001, recante divieto temporaneo, nellambito del territorio regionale, della pratica della terapia elettroconvulsivante, della lobotomia e di altri simili interventi di psicochirurgia.
In tale occasione, la Corte avrebbe ricondotto lintervento legislativo regionale nella sfera della potestà concorrente prevista dallart. 117, terzo comma, della Costituzione (tutela della salute), precisando che, dedotti i principi fondamentali della materia dalla legislazione statale in vigore, confligge con gli stessi un intervento legislativo regionale fondato su valutazioni di pura discrezionalità politica, ed avulso da conformi acquisizioni tecnico-scientifiche verificate dagli organismi competenti (di regola nazionali o sovranazionali).
Tale rilievo, a parere dello Stato, è risolutivo nel caso di specie per affermare lillegittimità costituzionale degli articoli 4, 5 e 6 della legge impugnata.
La Regione, difatti, non potrebbe, senza lapporto di adeguate istituzioni tecnico-specialistiche, dare indicazioni su specifiche terapie mediche, venendo ad incidere sui diritti di personalità dei cittadini, persino costituzionalmente garantiti, poiché entra in gioco un momento logicamente preliminare persino rispetto alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui allart. 117, secondo comma, lettera m, della Costituzione, necessariamente riservato allo Stato.
Allo stesso modo, secondo il ricorrente, spetterebbe allo Stato sia configurare sia disciplinare il campo dei diritti fondamentali del paziente (artt. 2 e 32 della Costituzione), della responsabilità, anche civile, del medico, e delle linee di ricerca degli studiosi dediti alla scienza medica (art. 33, primo comma, della Costituzione), che verrebbe viceversa invaso dalle disposizioni censurate.
Ciò viene affermato in particolare in relazione allart. 5 della legge impugnata.
Le norme censurate, in ogni caso, contrasterebbero con i predetti articoli 2, 32 e 33, primo comma, della Costituzione e con i principi recati da norme statali interposte (articoli 1, 2, 3 e 5 della legge 13 maggio 1978, n. 180; articoli 33, 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; articoli 1 e 14 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502; art. 114 (recte: 115), comma 1, lett. b e d del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112; art. 47-ter, lett. a e b, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300).
4. Si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e infondata.
Secondo la Regione, il ricorso dello Stato si fonda su unerronea interpretazione della normativa oggetto di censura.
Essa, infatti, non interferirebbe con la ricerca scientifica e lattività medica, ma si limiterebbe a prevedere particolari cautele nei riguardi di soggetti particolarmente vulnerabili, assicurando la riduzione dei fattori di maggiore rischio, anche al fine di prevenire azioni risarcitorie nei riguardi dellente pubblico erogatore della prestazione.
Sussisterebbero, peraltro, idonee terapie alternative a TEC e interventi di lobotomia, suggerite da istituzioni pubbliche e sovranazionali: la Regione richiama, in particolare, la raccomandazione UE n. 1235 del 1994.
Lintervento legislativo regionale sarebbe in definitiva fondato sulla competenza concernente la tutela della salute e, in quanto conforme ai principi individuabili in materia, si sottrarrebbe a censura di illegittimità.
5. Con ricorso notificato il 2 gennaio 2003 e depositato l11 gennaio 2003 (reg. ric. n. 3 del 2003) il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale dellart. 3, commi 2, 3 e 4, della legge della Regione Toscana 28 ottobre 2002, n. 39 (Regole del sistema sanitario regionale toscano in materia di applicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia), in riferimento agli articoli 2, 32, 33, primo comma, 117, terzo comma (tutela della salute e professioni), della Costituzione.
La norma impugnata introduce il divieto, di norma, di praticare la TEC nel sistema regionale della Toscana su minori, anziani e donne in stato di gravidanza, se non in caso di eccezionale e comprovata necessità medica, su espressa richiesta e autorizzazione dei familiari diretti del paziente nel caso di minori, ovvero del paziente stesso negli altri casi, ferma restando la tutela della vita, della salute e della dignità del paziente (comma 2). Essa vieta poi in termini assoluti gli interventi di lobotomia prefrontale e transorbitale e altri simili interventi di psicochirurgia (comma 3), e demanda alla Giunta regionale il compito di predisporre, entro sei mesi dallentrata in vigore della legge, linee guida sullimpiego della TEC e sulle procedure relative al consenso del paziente e allautorizzazione allintervento, su conforme indicazione della Comunità scientifica toscana e acquisito il parere della Commissione regionale di bioetica (comma 4).
6. Il ricorrente riproduce le medesime censure mosse avverso la legge della Regione Piemonte n. 14 del 2002, soffermandosi poi in particolare sul comma 4 dellart. 3 della legge toscana.
Al ricorrente appare incostituzionale lattribuzione alla Giunta del potere di adottare, mediante atto amministrativo neppure regolamentare, linee guida sullimpiego della TEC.
Nè si potrebbe ritenere invocabile in senso opposto lintervento preventivo della Comunità scientifica toscana, poiché a tale espressione linguistica non corrisponde unentità istituzionale organizzata; in ogni caso, non sarebbe razionale ricorrere allopinione dei soli esperti toscani, a fronte di profili scientifici di dimensione internazionale, specie se si valuta il rischio di divergenze rispetto alle indicazioni promananti dagli organismi tecnici nazionali.
7. Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e infondata.
8. In prossimità delludienza pubblica la Regione Piemonte ha depositato memoria illustrativa, insistendo perché il ricorso sia dichiarato inammissibile e infondato.
Viene eccepita anzitutto linammissibilità del ricorso, a causa della dedotta mancata specificazione delloggetto della questione, dovuta al fatto che il Governo avrebbe impugnato lintero testo della legge regionale, pur enunciando profili di incostituzionalità in ordine ai soli articoli 4, 5 e 6.
Nel merito, la resistente contesta che le norme denunciate confliggano con gli articoli 2, 32 e 33, primo comma, della Costituzione, essendo esse tese a preservare la dignità dellindividuo, nellesercizio della potestà legislativa concorrente attinente alla tutela della salute, di cui allart. 117, terzo comma, della Costituzione.
In particolare, la legge non interferirebbe con le funzioni mediche diagnostiche e curative, ma si limiterebbe a stabilire particolari cautele, specie nei confronti di soggetti particolarmente vulnerabili. Né vi sarebbe incisione sulla sfera di libertà della ricerca scientifica.
Parimenti, ritiene la Regione che la legge impugnata non contrasti con i principi desumibili dalle norme interposte richiamate nel ricorso dello Stato.
Quanto alla legge n. 180 del 1978, in particolare, si sottolinea che le norme censurate sarebbero rispettose del principio di volontarietà dellintervento terapeutico, né ostacolerebbero lesecuzione di trattamenti sanitari obbligatori, nel rispetto della dignità della persona.
Quanto alla legge n. 833 del 1978, poi, vi sarebbe piena armonia tra le disposizioni regionali e gli articoli 33, 34 e 35 della normativa statale, tesi a garantire lacquisizione del consenso e della partecipazione del soggetto sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio.
Peraltro, continua la Regione resistente, ulteriori disposizioni della legge n. 833 del 1978 troverebbero corrispondenza nella legge impugnata: vengono a tale proposito ricordati lart. 1, in quanto inteso a preservare la tutela della salute nel rispetto della dignità e libertà del paziente, e lart. 2, volto a promuovere particolari precauzioni a favore di donne in stato di gravidanza, minori, anziani, e a favorire il recupero e il reinserimento sociale dei malati di mente.
Infine, la legge regionale sarebbe in armonia con i principi desumibili dagli articoli 1 e 2 del d.lgs. n. 502 del 1992.
In particolare, gli articoli 1 e 2 della legge oggetto di ricorso dettano, secondo la ricostruzione della difesa regionale, le premesse generali giustificative dellintervento legislativo; lart. 3, esigendo il consenso informato del paziente, preceduto da adeguata informazione, concretizzerebbe principi generali di corretta condotta sanitaria e deontologica del personale medico, in armonia con quanto previsto dalla circolare 15 febbraio 1999 del Ministro della sanità.
Lart. 4, prescrivendo divieti nel ricorso alla TEC, alla lobotomia prefrontale e transorbitale e ad altri simili interventi di psicochirurgia, troverebbe a proprio fondamento risultanze scientifiche accreditate da cui si desumerebbe linefficacia di tali interventi, la dannosità degli stessi per la salute dei pazienti, e soprattutto delle donne in stato di gravidanza, dei bambini, degli anziani, ed infine la sussistenza di adeguate terapie alternative.
Né sarebbe invocabile la libertà del medico di determinare la cura ritenuta idonea, poiché il legislatore non è subordinato allassioma del sovrano discernimento scientifico del medico.
Non si tratterebbe, perciò, di compromettere il diritto dellindividuo alla cura, ma di rafforzarlo, garantendo lidoneità della stessa nella struttura sanitaria regionale.
Lart. 5 avrebbe lo scopo di salvaguardare il medico, che voglia optare per terapie alternative.
Lart. 6, infine, istituisce un controllo scientifico della terapia elettroconvulsivante.
Con tali disposizioni, conclude la resistente, adottate nellesercizio di una potestà affidata costituzionalmente alla Regione, non si comprime la libertà di esercizio dellarte medica, ma si responsabilizzano invece gli operatori sanitari, in fase di scelta del trattamento terapeutico di minore pericolosità e di esito scientificamente accertato.
9. A propria volta la Regione Toscana, in prossimità delludienza pubblica, h depositato memoria illustrativa.
La resistente premette di aver inteso uniformarsi, con la legge impugnata, alle indicazioni tracciate da questa Corte con la sentenza n. 282 del 2002: questultima, in particolare, non avrebbe voluto precludere al potere legislativo (sia statale che regionale) spazi di disciplina, ed eventualmente di divieto, di pratiche mediche, a condizione, tuttavia, che linefficacia o la dannosità delle stesse fosse acclarata a livello scientifico.
Nel caso di specie, prosegue la difesa regionale, il legislatore toscano non ha mancato di fondare il proprio intervento su unaccurata fase istruttoria di carattere tecnico-scientifico, al termine della quale sarebbero state puntualmente recepite le direttive impartite dal Consiglio superiore della sanità, dallOsservatorio per la tutela della salute mentale, dal Comitato nazionale di bioetica, come trascritte nella circolare 15 febbraio 1999 del Ministro della sanità.
Preme alla Regione sottolineare che, in questottica, non si sarebbe inteso vietare in termini assoluti la TEC, ma piuttosto affidarsi alla prudente valutazione del caso concreto da parte del sanitario responsabile, secondo le linee tracciate dalla legge impugnata (che, rammenta la Regione, esprime un divieto operante solo di norma e solo a favore di soggetti deboli).
Così legiferando, si sarebbe preservata la stessa autonomia professionale del medico, in accordo con lart. 29 del codice di deontologia, quanto alla necessità che questultimo garantisca da ogni sopruso minori, anziani e disabili.
Quanto al divieto concernente la lobotomia, esso, secondo la Regione Toscana, sarebbe fondato su un pacifico orientamento della scienza medica, e risulterebbe meramente riproduttivo di un precetto già desumibile direttamente dallart. 32 della Costituzione e dallart. 5 del codice civile.
Né sarebbe pertinente il richiamo operato dal ricorso alle norme interposte di cui alla legge n. 180 del 1978 e n. 833 del 1978, e di cui agli articoli 1 e 14 del d.lgs. n. 502 del 1992: da esse non sarebbe dato desumere principi applicabili alla fattispecie (quanto ai primi due testi normativi appena richiamati), o comunque confliggenti con le disposizioni censurate (quanto al d.lgs. n. 502 del 1992).
Ne segue, secondo la Regione, linfondatezza del motivo di ricorso relativo alla pretesa violazione dellart. 117, terzo comma, della Costituzione.
Parimenti, sulla scorta di quanto stabilito da questa Corte nella sentenza n. 282 del 2002, dovrebbe escludersi la violazione degli articoli 2, 32 e 33, primo comma, della Costituzione.
In ordine agli articoli 2 e 32 della Costituzione, ciò dovrebbe affermarsi poiché la Corte ha negato che il limite dei livelli essenziali possa estendere la riserva di legislazione dello Stato sino a ricomprendervi anche la disciplina in ordine alle pratiche terapeutiche; in ordine allart. 33 della Costituzione, la Corte avrebbe già escluso linvasione dellarea dellordinamento civile da parte del legislatore regionale, quando questi ponga regole concrete di condotta cui i soggetti dellordinamento sono tenuti ad attenersi nellesercizio della propria attività professionale.
10. Con atto depositato fuori termine ha spiegato intervento nel giudizio promosso avverso la legge regionale del Piemonte (reg. ric. n. 47 del 2002) il Comitato dei cittadini per i diritti delluomo (C.C.D.U.), definendosi associazione non riconosciuta senza scopo di lucro, interessata ad aderire alla difesa della Regione Piemonte e chiedendo il rigetto del ricorso.
11. Alludienza pubblica del 30 settembre 2003, in sede di discussione, le difese dello Stato e delle Regioni hanno illustrato le rispettive ragioni e ribadito le conclusioni già rassegnate in atti.
Considerato in diritto
1. Con due distinti ricorsi di analogo tenore, il Presidente del Consiglio ha impugnato (reg. ric. n. 47 del 2002) la legge regionale del Piemonte 3 giugno 2002, n. 14 (Regolamentazione sullapplicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia), e (reg. ric. n. 3 del 2003) lart. 3, commi 2, 3 e 4, della legge regionale della Toscana 28 ottobre 2002, n. 39 (Regole del sistema sanitario regionale toscano in materia di applicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia).
Le due leggi regionali hanno lo stesso oggetto, anche se la disciplina in esse contenuta è parzialmente diversa. In particolare, entrambe le leggi esordiscono con disposizioni che enunciano genericamente finalità di sviluppo sociale verso obiettivi di progresso democratico e di intervento a tutela della salute dei cittadini (art. 1 della legge del Piemonte; art. 1 della legge della Toscana), e proclamano ladesione delle due Regioni ai deliberati delle Nazioni Unite, del Consiglio dEuropa e alle disposizioni nazionali in materia di diritti umani (art. 2 della legge del Piemonte; art. 2 della legge della Toscana, che prosegue elencando taluni documenti internazionali in tema di psichiatria e diritti umani).
La legge piemontese contiene poi un articolo 3 che disciplina il consenso informato in relazione alla pratica della terapia elettroconvulsivante (TEC). Larticolo 4 stabilisce che è fatto divieto di utilizzare in tutte le strutture regionali la TEC sui bambini e gli anziani. Per le donne in gravidanza viene posto il medesimo divieto a meno che lapplicazione della TEC venga espressamente richiesta dalla paziente e autorizzata anche dal coniuge e dai familiari diretti della paziente, secondo le modalità espresse dallarticolo 3"; e che viene fatto divieto di utilizzare in tutte le strutture regionali la lobotomia prefrontale e transorbitale, ad altri simili interventi di psicochirurgia". Ai sensi dellarticolo 5 è eliminato ogni riferimento che possa contemplare una responsabilità professionale del medico che decida di non ricorrere alla TEC, alla lobotomia prefrontale e transorbitale e ad altri simili interventi di psicochirurgia, salvo rispondere dei propri atti nei termini previsti dalla normativa sulla responsabilità professionale. Infine larticolo 6, sotto la rubrica Monitoraggio, sorveglianza e valutazione, prevede che tutte le TEC sono corredate da dati analitici che permettano di avviare rigorosi studi clinici. I pazienti vengono sottoposti a verifiche e controlli sanitari generali periodici per un lungo periodo di tempo successivo allo shock. A tal fine lAssessorato regionale alla sanità metterà in atto procedure di valutazione e revisione periodica delle applicazioni della TEC su scala regionale attraverso una Commissione composta da professionisti esterni e rappresentanti locali, professionalmente qualificati, delle associazioni di settore.
A sua volta lart. 3 della legge toscana, al comma 1, detta norme sul consenso informato in relazione alla pratica della TEC; al comma 2 stabilisce che di norma, nel sistema sanitario regionale della Toscana non si ricorre allutilizzo della TEC sui minori, sugli anziani oltre il sessantacinquesimo anno di età e sulle donne in stato di gravidanza, se non in caso di eccezionale e comprovata necessità medica, su espressa richiesta e autorizzazione dei familiari diretti del paziente nel caso dei minori, ovvero dal (recte: del) paziente stesso negli altri casi e secondo le modalità indicate al comma 1, sempre e comunque salvaguardando la tutela della vita, della salute e della piena dignità del paziente. Il successivo comma 3 recita che nel sistema sanitario regionale della Toscana non si utilizzano la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia. Il comma 4 prevede che apposite linee guida sullutilizzo della TEC e sulle procedure relative al consenso e allautorizzazione sono adottate dalla Giunta regionale, su conforme indicazione della Comunità scientifica toscana e acquisito il parere della Commissione regionale di bioetica, entro sei mesi dallentrata i vigore della legge. Lart. 4, infine, prevede una attenta sorveglianza per monitorare e valutare indicazioni, frequenza, procedure ed esiti delle applicazioni, e dispone che gli interventi di TEC siano corredati da dati analitici che permettano di avviare rigorosi studi clinici, assicurando che i pazienti siano successivamente sottoposti a verifiche e controlli sanitari.
I ricorsi fanno riferimento alla sentenza di questa Corte n. 282 del 2002, che ha dichiarato lillegittimità costituzionale di una legge della Regione Marche relativa alla stessa materia, e in particolare alle affermazioni in tale decisione contenute circa lautonomia del medico, che opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze, e circa il contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale di un intervento legislativo regionale non fondato su acquisizioni tecnico-scientifiche verificate dagli organismi competenti, di norma nazionali o sovranazionali.
Questo precedente confermerebbe, secondo il ricorrente, che le disposizioni impugnate - la legge piemontese e segnatamente gli articoli 4, 5 e 6 di essa, da una parte, larticolo 3, commi 2, 3 e 4, della legge toscana, dallaltra - eccederebbero la competenza regionale e contrasterebbero con gli articoli 2, 32, 33, primo comma, e 117, terzo comma (professioni e tutela della salute), della Costituzione, nonché con i principi recati da diverse leggi statali, e precisamente lart. 114 (recte: 115), comma 1, lettere b e d, del d.lgs. n. 112 del 1998, e lart. 47-ter, lettere a e b, del d.lgs. n. 300 del 1999 (in tema di riserva allo Stato di funzioni concernenti ladozione di norme, linee guida e prescrizioni tecniche, di manuali e istruzioni tecniche, di indirizzi generali e coordinamento in materia sanitaria); gli artt. 1, 2, 3 e 5 della legge n. 180 del 1978 e gli artt. 33, 34 e 35 della legge n. 833 del 1978 (in tema di accertamenti e di trattamenti sanitari volontari ed obbligatori, in particolare per malattia mentale); gli artt. 1 e 14 del d.lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni (in tema di livelli essenziali di assistenza medica e di diritti dei cittadini nellambito del servizio sanitario nazionale).
Ad avviso del ricorrente, i legislatori regionali non potrebbero, senza lapporto di adeguate istituzioni tecnico-specialistiche, dare indicazioni su singole terapie, così incidendo su diritti fondamentali dei cittadini; le decisioni in materia si collocherebbero in un momento logicamente preliminare persino rispetto alla determinazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza sanitaria.
Le disposizioni impugnate invaderebbero altresì larea concettuale dei diritti fondamentali del paziente e la contigua area delle responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie, nonché, in parte, della ricerca in campo medico, violando così gli artt. 2, 32 e 33, primo comma, della Costituzione.
A proposito dellart. 3, comma 4, della legge toscana, che prevede linee guida emanate dalla Giunta regionale sullapplicazione della TEC, su conforme indicazione della Comunità scientifica toscana, il ricorrente aggiunge che a siffatta comunità scientifica non corrisponde un"entità istituzionale organizzata e dotata di legittimi esponenti", e comunque che non sarebbe razionale riservare alla dimensione regionale lespressione di tali indicazioni, che potrebbero anche contrastare con quelle espresse dalle istituzioni tecnico-specialistiche nazionali.
2. E opportuno che i due giudizi, aventi ad oggetto leggi regionali sullo stesso tema e parzialmente coincidenti nel contenuto, siano riuniti per essere decisi con unica pronunzia.
3. Deve preliminarmente essere dichiarato inammissibile lintervento spiegato, peraltro tardivamente, nel giudizio relativo alla legge piemontese, dal Comitato dei cittadini per i diritti delluomo (C.C.D.U.) di Milano. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nei giudizi di legittimità costituzionale promossi in via principale sono legittimati ad essere parti solo i soggetti titolari delle attribuzioni legislative in contestazione (cfr., da ultimo, sentenze n. 49 del 2003, n. 303 del 2003, n. 307 del 2003 e n. 315 del 2003).
4. Il giudizio relativo alla legge regionale della Toscana ha ad oggetto, come si è detto, i soli commi 2, 3 e 4 dellarticolo 3, relativi rispettivamente ai limiti di utilizzo della TEC, al divieto di utilizzo della lobotomia e di altri interventi cosiddetti di psicochirurgia, e alle linee guida regionali sullutilizzo della TEC e sulle relative procedure.
Il ricorso avverso la legge regionale del Piemonte, invece, impugna lintera legge, anche se poi le censure sono riferite segnatamente agli articoli 4, 5 e 6, relativi rispettivamente ai limiti di utilizzo della TEC e al divieto di utilizzo della lobotomia e di simili interventi di psicochirurgia (art. 4), alla responsabilità professionale del medico (art. 5), al monitoraggio, sorveglianza e valutazione della pratica della TEC (art. 6).
Tuttavia la delibera del Consiglio dei ministri, relativa allimpugnazione della legge piemontese, è esplicita nel senso che il Governo ha determinato di impugnare il solo articolo 4, al quale soltanto sono riferite anche le valutazioni di illegittimità formulate nella relazione del Ministro per gli affari regionali allegata al verbale del Consiglio dei ministri medesimo.
Poiché loggetto dellimpugnazione è definito dal ricorso in conformità alla decisione governativa (cfr. sentenza n. 315 del 2003), sono dunque inammissibili le questioni sollevate nei confronti degli articoli 5 e 6 della legge piemontese (e più in generale nei confronti dellintera legge), ferma restando la valutazione di questa Corte in ordine alleventuale nesso di inscindibilità fra la disposizione validamente impugnata e le altre disposizioni della legge, non investite da autonome censure ritualmente proposte.
In definitiva, pertanto, loggetto dei due giudizi viene in larga parte ad essere il medesimo: esso riguarda le disposizioni delle due leggi che pongono limiti o divieti allutilizzo della TEC, della lobotomia e di altri simili interventi di psicochirurgia, cui si aggiunge, nel caso della legge toscana, la previsione di linee guida regionali per lutilizzo della TEC e le relative procedure.
5. Le questioni sono fondate.
5.1. Questa Corte ha già avuto modo di stabilire, nella sentenza n. 282 del 2002, relativa ad una legge regionale delle Marche (che sospendeva, nel territorio regionale, lapplicazione della TEC, della lobotomia e di altri simili interventi di psicochirurgia), che scelte legislative dirette a limitare o vietare il ricorso a determinate terapie - la cui adozione ricade in linea di principio nellambito dellautonomia e della responsabilità dei medici, tenuti ad operare col consenso informato del paziente e basandosi sullo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche a disposizione - non sono ammissibili ove nascano da pure valutazioni di discrezionalità politica, e non prevedano lelaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sovranazionali - a ciò deputati, né costituiscano il risultato di una siffatta verifica.
Si può ora aggiungere che stabilire il confine fra terapie ammesse e terapie non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali, è determinazione che investe direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia, collocandosi allincrocio fra due diritti fondamentali della persona malata: quello ad essere curato efficacemente, secondo i canoni della scienza e dellarte medica; e quello ad essere rispettato come persona, e in particolare nella propria integrità fisica e psichica (sentenza n. 282 del 2002), diritti la cui tutela non può non darsi in condizioni di fondamentale eguaglianza su tutto il territorio nazionale.
Da ciò discende che interventi legislativi regionali, posti in essere nellesercizio di una competenza legislativa concorrente, come quella di cui le Regioni godono in materia di tutela della salute (art. 117, terzo comma, Cost.), sono costituzionalmente illegittimi ove pretendano di incidere direttamente sul merito delle scelte terapeutiche in assenza di - o in difformità da - determinazioni assunte a livello nazionale, e quindi introducendo una disciplina differenziata, su questo punto, per una singola Regione.
Nei limiti dei principi fondamentali, nulla vieta invece che le Regioni, responsabili per il proprio territorio dei servizi sanitari, dettino norme di organizzazione e di procedura, o norme concernenti luso delle risorse pubbliche in questo campo: anche al fine di meglio garantire lappropriatezza delle scelte terapeutiche e losservanza delle cautele necessarie per lutilizzo di mezzi terapeutici rischiosi o destinati ad impieghi eccezionali e ben mirati, come è riconosciuto essere la terapia elettroconvulsivante (in questo ambito possono collocarsi discipline sul consenso informato o sulle procedure di monitoraggio, sorveglianza e valutazione, quali quelle contenute anche in disposizioni delle leggi di cui è giudizio, estranee alloggetto delle impugnazioni ritualmente proposte: artt. 3 e 6 della legge del Piemonte; art. 3, comma 1, e art. 4 della legge della Toscana).
Per altro verso, va da sé che la valutazione di illegittimità di norme regionali tendenti a vincolare le scelte terapeutiche non equivale in alcun modo al riconoscimento della liceità di pratiche (quali, in ipotesi, gli interventi di c.d. psicochirurgia di cui è parola nelle leggi impugnate) delle quali possa essere messa in discussione la natura stessa di terapie piuttosto che di interventi soltanto lesivi dellintegrità dei pazienti, e che, in questa seconda ipotesi, rientrerebbero nellambito di previsione di generali divieti.
5.2. Larticolo 4 della legge regionale del Piemonte contrasta palesemente con i principi ora indicati, là dove pone divieti di utilizzo delle pratiche e degli interventi in questione (sia pure con esclusione di determinate ipotesi nel caso di impiego della TEC su donne in gravidanza, condizionato peraltro, impropriamente, ad autorizzazioni del coniuge e dei familiari diretti della paziente, non coerenti con i principi fondamentali in tema di consenso informato).
Lo stesso deve dirsi per il comma 3 dellart. 3 della legge toscana, che a sua volta dispone un semplice divieto degli interventi di psicochirurgia.
Ma a non diversa conclusione deve giungersi anche a proposito del comma 2 dello stesso art. 3 della legge toscana, che pone di norma un divieto di utilizzo della TEC su determinate categorie di pazienti, eccettuando talune ipotesi di eccezionale e comprovata necessità medica. Nella misura in cui a tale disposizione si voglia, come doveroso, attribuire un significato normativo, e non solo di generico e inutile riconoscimento delle autonome responsabili determinazioni dei medici, anche questa norma finisce per rappresentare un intervento di merito nella scelta delle terapie praticabili, precluso, per le ragioni esposte, al legislatore regionale.
5.3. Anche lart. 3, comma 4, della legge toscana, che rinvia a linee guida non solo sulle procedure di consenso e di autorizzazione ma anche sullutilizzo della TEC, da adottarsi dalla Giunta regionale su conforme indicazione della Comunità scientifica toscana, è in contrasto con i principi esposti.
Infatti il riferimento limitativo ad una non meglio precisata Comunità scientifica toscana come base tecnica per lelaborazione delle linee guida si pone in contraddizione con il carattere, di norma nazionale o sovranazionale, delle acquisizioni e delle valutazioni tecnico-scientifiche sul cui fondamento i sanitari sono chiamati ad operare, non potendosi certo ammettere, per la stessa ragione per cui è precluso un intervento legislativo regionale sul merito delle scelte terapeutiche, un vincolo, in una sola Regione, a rispettare indicazioni provenienti da un solo settore, territorialmente circoscritto, della comunità scientifica.
6. Pur restando escluse dalloggetto del giudizio le altre norme della legge del Piemonte, non validamente impugnate, questa Corte non può omettere di rilevare che lart. 5 della stessa legge, che dispone la eliminazione di ogni riferimento che possa contemplare una responsabilità professionale del medico che decida di non ricorrere alla TEC e agli interventi vietati dallart. 4 (salvo poi, contraddittoriamente, richiamarsi alla normativa sulla responsabilità professionale), si pone in inscindibile nesso con larticolo 4, oggetto delle censure del ricorrente e della dichiarazione di illegittimità costituzionale. Lesenzione da responsabilità di cui ivi si discorre non può infatti che collegarsi alle norme sostanziali sui divieti di utilizzo delle pratiche in questione, disposti dallart. 4.
Pertanto, ai sensi dellart. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche lart. 5 deve essere dichiarato illegittimo per illegittimità consequenziale.
7. Restano assorbiti gli ulteriori profili di incostituzionalità dedotti dal ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
a) dichiara inammissibile lintervento del Comitato dei cittadini per i diritti delluomo (C.C.D.U.) di Milano nel giudizio promosso con il ricorso iscritto al n. 47 del registro ricorsi del 2002;
b) dichiara lillegittimità costituzionale dellarticolo 4 della legge della Regione Piemonte 3 giugno 2002, n. 14 (Regolamentazione sullapplicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia);
c) dichiara, ai sensi dellarticolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, lillegittimità costituzionale dellarticolo 5 della predetta legge della Regione Piemonte n. 14 del 2002;
d) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni della predetta legge della Regione Piemonte n. 14 del 2002, diverse da quelle di cui ai capi b) e c), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 32, 33, primo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al n. 47 del registro ricorsi del 2002;
e) dichiara lillegittimità costituzionale dellarticolo 3, commi 2, 3 e 4, della legge della Regione Toscana 28 ottobre 2002, n. 39 (Regole del sistema sanitario regionale toscano in materia di applicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 novembre 2003.