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Bollettino Ufficiale n. 40 del 2 / 10 / 2003

Tribunale ordinario di Torino - VIII Sezione civile in composizione monocratica

Ordinanza del 25 giugno 2003 emessa dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra (omissis) e Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Torino (Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell’art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87)

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

VIII Sezione Civile - In Composizione Monocratica

In persona del Giudice Unico Dott. Edmondo Pio

ORDINANZA PRONUNCIATA FUORI UDIENZA

nella causa R.G. 8234/03

a scioglimento fuori udienza della riserva cui al verbale che precede;

letti gli atti ed i documenti di causa;

rilevato

che con ricorso depositato in data 22 Marzo 2003 (omissis) proponeva opposizione avverso la diffida ex art. 18 D.P.R. 31.12.1972 nr. 1035 e ex art. 30 Legge Regionale Piemonte 28.3.1995 nr. 46 (con il quale gli veniva ingiunto, in quanto occupante senza titolo, il rilascio immediato dell’immobile sito in (omissis), di proprietà dell’Agenzia per la Casa della Provincia di Torino - di seguito ATC - assegnato a (omissis), deceduta in data 14.4.2001), assumendo di essere legittimato a subentrare nel contratto in qualità di convivente more uxorio della assegnataria deceduta;

che, in particolare, il ricorrente affermava (e riteneva di provare in giudizio) il pregresso stato di coabitazione stabile e di comunione morale e spirituale che si era creata con la precedente assegnataria (fino al decesso della stessa), conseguentemente invocava l’art. 6 della convenzione sottoscritta tra 1’ATC e la (omissis), l’art. 15 della legge regionale Piemonte 46/95, e richiamava a proprio sostegno quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione e dalla stessa Corte Costituzionale in materia;

che l’ATC, ritualmente costituitasi, contestava le argomentazioni difensive  del ricorrente in punto “formalizzazione della convivenza” (l’assegnataria dell’appartamento, (omissis), in occasione dei censimenti ufficiali avrebbe sempre dichiarato di vivere sola; non risultava presentata alcuna richiesta  di “ospitalità temporanea” all’ATC da parte della (omissis); il ricorrente risultava aver assunto la residenza nell’alloggio in oggetto dopo la morte della (omissis), e sottolineava la correttezza del proprio operato;

che all’udienza ex art. 420 c.p.c. del 27 maggio 2003, parte ricorrente proponeva questione di legittimità costituzionale (a mezzo di memoria di cui  veniva autorizzata la produzione in giudizio) dell’art. 3 lett. b, dell’art. 15 comma 1 e dell’art. 32 (primo comma lett. b, comma 6, comma 7 e comma 8) legge regionale 46/95 cit., per violazione e contrasto degli artt. 2, 3, 24 secondo comma e 117 lett. L Cost.;

che, a seguito di rinvio, all’udienza del 4 Giugno 2003 parte convenuta veniva autorizzata alla produzione e scambio di memoria in replica alla questione dedotta, e che, alla stessa udienza, entrambe le parti venivano invitate  a trattare oralmente la questione pregiudiziale qui esposta;

premesso

che nella fattispecie deve ritenersi sussistere la giurisdizione del Giudice Ordinario giacché il ricorrente ha contestato all’Amministrazione l’esercizio di un potere incidente in maniera diretta sul proprio diritto soggettivo al godimento dell’alloggio, venendo in considerazione nella fattispecie vicende successive all’assegnazione, relative alla posizione personale del convivente more uxorio in ipotesi idonee ad incidere sull’ammissibilità o meno di subentrare nella titolarità di un rapporto già costituito (cfr. Cass. n. 8297/95): non rileva pertanto nel caso specifico il rapporto pubblicistico di assegnazione (cfr. Cass. n. 4908/97), onde, come più volte sottolineato dalla Suprema Corte, deve ritenersi la giurisdizione del Giudice Ordinario;

che, ai sensi dell’art. 134 Cost., la Corte Costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e (come nel caso in oggetto) delle Regioni;

A) sulla rilevanza della questione:

ritenuto

che la disposizione della cui legittimità costituzionale si dubita è sicuramente applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio, in quanto il provvedimento impugnato (come si evince dalle stesse argomentazioni difensive svolte, all’atto della costituzione in giudizio, dall’amministrazione procedente, e dalla stessa documentazione prodotta) è stato emesso in applicazione delle norme previste nella legge regionale Piemonte 46/95 che disciplinano il subentro del convivente more  uxorio nell’alloggio intestato all’altro convivente poi  successivamente deceduto;

che, in particolare, nel caso di specie l’amministrazione convenuta, applicando le norme della cui legittimità costituzionale si discute, ha escluso che il ricorrente rivestisse i requisiti ivi previsti per il subentro nella posizione della convivente assegnataria deceduta, e ne ha pertanto diffidato il rilascio immediato con il provvedimento impugnato in giudizio;

che, per tali considerazioni, la decisione circa la legittimità costituzionale della norma de qua appare preliminare e decisiva ai fini della valutazione della fondatezza o meno del ricorso;

B) sulla non manifesta infondatezza della questione:

osservato

che ex l’art. 3 (“definizioni”) lett. b) legge regionale Piemonte 46/95 cit. “Ai fini della presente legge ... per nucleo familiare si intende la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi, naturali, riconosciuti ed adottivi e dagli affiliati con loro conviventi. Fanno altresì parte del nucleo il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado, gli affini entro il secondo grado, purchè la stabile convivenza con il concorrente duri da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata nelle forme di legge (...)”;

che ex art. 15, comma I, legge cit. (“Successione nella domanda e nella convenzione”), si prevede che “in caso di decesso dell’aspirante assegnatario o dell’assegnatario, gli succedono nella domanda o nella assegnazione o nella convenzione relativa alla assegnazione i componenti nel nucleo familiare come definito al comma 1, lettera b), dell’art. 3 e secondo l’ordine ivi indicato”;

che, l’art. 32 legge cit. (“Ospitalità”), prevede:

“(comma I) L’Ente gestore può concedere l’ospitalità temporanea per il periodo di un anno, alle seguenti condizioni: (...) b) per i casi di convivenza more uxorio, dichiarata con atto di notorietà sia da parte dell’assegnatario, sia da parte del convivente.

(comma 6) Dopo due anni di ospitalità temporanea l’Ente gestore può autorizzare, su richiesta dell’assegnatario, l’ampliamento stabile del nucleo familiare, semprechè l’ingresso del nuovo componente non comporti la perdita di uno qualsiasi dei requisiti previsti per la permanenza.

(comma 7) L’ampliamento stabile del nucleo familiare istituisce per il nuovo componente autorizzato il diritto al subentro, con relativa applicazione della normativa di gestione.

(comma 8) L’ospitalità abusiva, configurando una cessione parziale dell’alloggio, comporta per il cedente e l’occupante senza titolo l’applicazione della normativa di cui agli articoli 29 e 30";

che la ratio della normativa sopra citata deve essere individuata nella ragionevole e giustificata esigenza di disciplinare - previa verifica della sussistenza di requisiti formali (di stabilità e certezza) ed in condizioni di parità con tutti gli altri soggetti che rivestono i requisiti ex lege previsti per accedere alle particolari condizioni relative all’alloggio dì edilizia residenziale pubblica - il passaggio diretto (ossia, senza ricorso alle ordinarie graduatorie)

nella conduzione dell’alloggio popolare di colui che si trovi in condizioni soggettive di  convivenza in sé non formalizzate “ufficialmente”, al fine di una corretta gestione del patrimonio affidato all’ente competente (in particolare, come ricordato dalla stessa convenuta, “maggior rigore è stato posto nelle forme di denuntiatio della convivenza all’ente gestore che sono poi le medesime fissate dall’art. 3 lett. b per tutti coloro che non siano legati da coniugio o parentela con l’assegnatario”, al fine di sopperire ad un “inesistente vincolo  famigliare anagraficamente verificabile, con inequivocabili manifestazioni di volontà che risultino anche corroborate, sul piano fattuale, da una concreta e seria corrispondenza tra realtà e manifestazione”);

che, come argomentato dalla stessa parte convenuta, l’art. 3 legge cit. individua, ai fini del subentro nel godimento nell’alloggio, “tre ambiti”:

1) la famiglia nucleare in senso stretto (“per nucleo familiare si intende la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi, naturali, riconosciuti ed adottivi e dagli affiliati con loro conviventi”’), per i cui componenti, atteso lo stretto vincolo con l’assegnatario, il requisito della convivenza non deve essere connotato da particolare durata;

2) la famiglia estesa (“fanno altresì parte del nucleo il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado, gli affini entro il secondo grado, purchè la stabile convivenza con il concorrente duri da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata nelle forme di legge”), composta da soggetti il cui legame con l’assegnatario risulta meno forte e che pertanto devono dimostrare, nelle forme di legge, sia la sussistenza di una convivenza stabile sia la durata almeno biennale;

3) persone che, pur senza vincoli di parentela, per fictio iuris vengono fatte rientrare nel nucleo famigliare (“sono considerati componenti del nucleo familiare anche persone non legate da vincoli di parentela o affinità qualora, alla data di pubblicazione del bando, la convivenza istituita duri da almeno due anni, abbia quale fine l’assistenza a persone anziane o non autosufficienti e sia dichiarata in forma pubblica con atto di notorietà sia da parte del concorrente, sia da parte delle persone conviventi. La stabilità della convivenza non viene meno quando l’interruzione della stessa sia dovuta a comprovati motivi di salute, di lavoro, di studio”), e la cui convivenza con l’assegnatario deve avere fini precisi, deve essere di durata biennale e deve essere esternata nelle forme di legge;

che la questione di costituzionalità, prospettata da parte ricorrente, ha ad oggetto la disciplina tra il convivente more uxorio e gli altri soggetti ricompresi sub punto 2), ossia nell’ambito della cd. “famiglia estesa”;

ritenuto

che, così interpretata la disciplina in esame (artt. 3, 15 e 32 legge regionale Piemonte 46/95), deve osservarsi che la categoria del convivente more uxorio è solo formalmente equiparata, tra gli idonei ad accedere (art. 3) ed a succedere nell’alloggio pubblico (art. 15) in caso di decesso del precedente assegnatario, alle altre categorie di soggetti sopra indicati sub punto 2);

che, infatti, pur se per tutti i citati soggetti (di cui all’art. 3 lett. b e 15 legge cit.) la “stabile convivenza con il concorrente” deve durare da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso e deve essere dimostrata “nelle forme di legge”, come argomentato dalla stessa convenuta nella comparsa di costituzione e risposta (pag. 8) ai sensi dell’art. 32 per il solo convivente more uxorio è necessariamente richiesto che la prova di detta convivenza passi attraverso la previa “concessione” da parte dell’ente gestore dell’ospitalità temporanea per il periodo di un anno su certificazione con “atto di notorietà sia da parte dell’assegnatario, sia da parte del convivente”, e, dopo la proroga di un anno e dopo due anni di ospitalità temporanea, l’"autorizzazione" da parte dell’ente gestore e su richiesta dell’assegnatario all’ampliamento stabile del nucleo familiare;

che se per costante giurisprudenza costituzionale il trattamento normativo differenziato della convivenza more uxorio rispetto al matrimonio trova giustificazione perché  “diversamente dal rapporto coniugale, la convivenza more uxorio è fondata esclusivamente sulla affectio quotidiana - liberamente e in ogni istante revocabile - di ciascuna delle parti e si caratterizza per l’inesistenza di quei diritti e doveri reciproci, sia personali che patrimoniali, che nascono dal matrimonio” (ex plurimis, sentenze 491 e 461 del 20O0; sent. 352 del 2000; sent. 127 del 1997; sent. n. 8 del 1996; sent. 423 del 1988), nel caso in oggetto e nella normativa sopra richiamata (art. 3 lett. b) il tertium comparationis è costituito da altre categorie soggettive che, pur se legate da vincoli di parentela-affinità con l’assegnatario (i “discendenti”, diversi dai figli di cui alla prima parte dell’art. 3 cit.; i “collaterali sino al terzo grado”; gli “affini entro il secondo grado”), danno comunque luogo a situazioni di convivenza anch’esse, in sé, caratterizzate da assenza di stabilità e di certezza, (ai fini intesi dalla norma, il mero legame parentale non garantisce il requisito della “stabilità” di coabitazione, tant’è che la stessa legge ne richiede la prova), ma per le quali la prova della “stabile convivenza”, a differenza del convivente more uxorio (il solo menzionato nell’art. 32 cit.), è assolutamente libera e non soggiace ad alcun controllo amministrativo;

che, non potendo nei loro confronti (a differenza di quanto accade, ad es., nel caso di matrimonio o di filiazione) ipotizzarsi alcuna esigenza superiore di tutela della “istituzione familiare, basata sulla stabilità dei rapporti di fronte alla quale soltanto si giustifica l’affievolimento della tutela del singolo componente” (sentenza 352 del 2000; sent. 8 del 1996), appare priva di razionalità l’imposizione normativa al solo convivente more uxorio, al fine di un pieno esercizio del diritto all’abitazione di un alloggio in edilizia residenziale pubblica, dell’onere di provare la convivenza stabile “nelle forme di legge” di cui all’art. 32 cit.;

ritenuto

che, per i motivi sopra esposti, gli artt. 3 lett. b, 15 comma 1, e 32 (primo comma lett. b, comma 6, comma 7 e comma 8) legge regionale 46/95 cit. L. Regionale Piemonte n. 46/95, appaiono in contrasto con:

l’art. 2 Costituzione, in quanto la disciplina legislativa viola il principio di tutela delle formazioni sociali in cui si sviluppa la persona umana tra le quali pacificamente rientrano anche le convivenze di fatto “purché caratterizzate da un grado accertato di stabilità” (sentenze n. 310 del 1989 e n. 237 del 1986), e rientrando sicuramente il diritto all’abitazione dignitosa tra i diritti inviolabili dell’uomo salvaguardati dalla norma de quo (ex plurimis, cfr. sent. nr. 119 del 1999; sent. nr. 404 del 1988);

l’art. 3 della Costituzione, in quanto viene a trattare in maniera disomogenea situazioni tra loro omogenee (in quanto tutte prive, in sé, del requisito della stabilità e della certezza della convivenza) (cfr., in generale, sent. nr. 61 del 2003; sent. nr. 409 del 2002), senza che detta discrezionalità legislativa, nella disparità di trattamento, sia in qualche modo giustificata dal perseguimento dello scopo di pubblico interesse che illumina tutta la disciplina dell’edilizia residenziale pubblica (e che, ad es., giustifica il diverso trattamento normativo  rispetto alle locazioni private; cfr., da ultimo Corte Costituzionale sent. 3-11 giugno 2003 nr. 203, in “Gazzetta Ufficiale, 1° serie speciale”, del 18 Giugno 2003, nr. 24; cfr. anche sent. nr. 159 del 1969 e nr. 419 del 1991);

l’art. 24, 111 comma II e 117 lett. L della Costituzione, in quanto il limite (previsto per il solo convivente more uxorio, e con evidenti riflessi preclusivi in sede processuale) di dimostrare la convivenza solo “nelle forme di legge”, a fronte della facoltà discrezionale dell’amministrazione provinciale di rilasciare le prescritte concessioni ed autorizzazioni ex art. 32, commi I e VI - si noti che le “forme di legge” cui la normativa regionale fa riferimento si sostanziano nell’acquisizione di provvedimenti autorizzatori discrezionalmente concessi dalla stessa P.A. nei cui confronti il diritto all’abitazione viene, poi, giudizialmente azionato - introduce, in sede giudiziale, una sostanziale disparità di posizione e di trattamento, ai fini della formazione della prova e della sua produzione in giudizio, tra le due situazioni processuali ricorrente-conduttore ed amministrazione-locatore, a detrimento del primo;

l’art. 97 della Costituzione, in quanto l’adozione di provvedimenti emessi in attuazione dei criteri qui denunciati si pongono in conflitto con i principi di imparzialità e buon andamento costituzionalmente imposti, nè potendosi l’esplicazione di potestà pubblicistiche risolvere nella lesione di diritti soggettivi costituzionalmente tutelati;

che pertanto la questione proposta non appare manifestamente infondata;

che non risultano precedenti pronunce della Corte costituzionale relative a fattispecie analoga;

P.Q.M.

Visti gli art. 134 Cost., 23 e ss. legge 11 marzo 1953 nr. 87, e 134 c.p.c.,

dichiara rilevante e non manifestamente infondata, nei termini di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 3 lett. b, l’art. 15 comma I, e l’art. 32 comma I lett. b, comma VI e comma VII, legge Regione Piemonte 46/95, nella parte in cui prevedono per il solo convivente more uxorio che la convivenza “sia dimostrata nella forme di legge” di cui all’art. 32 cit., per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 97, 111 e 117 della Carta Costituzionale;

sospende il procedimento sino all’esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale;

dispone l’immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte Costituzionale;

manda alla Cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente della Giunta della Regione Piemonte e per la comunicazione al Presidente del Consiglio Regionale.

Il Giudice
Edmondo Pio

Depositato in cancelleria il 25 giugno 2003

Il Cancelliere
Angiolina Sassano