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Supplemento Ordinario n. 1 al B.U. n. 32

Deliberazione della Giunta Regionale 1 agosto 2003, n. 55-10222

L.R. n. 21/97 e s.m.i. - Capo VI - Artigianato Artistico e Tipico di Qualita’ - Art. 27 - Approvazione del Disciplinare di Produzione degli Strumenti Musicali

A relazione dell’Assessore Laratore

La L.R. 21/97: “Norme per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato” al Capo VI prevede il sostegno ad iniziative volte alla tutela, alla qualificazione, alla innovazione, alla valorizzazione e alla promozione delle lavorazioni dell’artigianato artistico, tradizionale o che estrinsecano valori economici collegati alla tipicità dei prodotti e degli ambiti territoriali;

con la D.G.R. n. 27-24980 del 6 luglio 1998 la Giunta Regionale ha provveduto, avvalendosi della Commissione Regionale per l’Artigianato, a fissare i criteri ed i settori di attività (legno; restauro; cuoio e tappezzeria; decorazioni; fotografia e riproduzione disegni; metalli comuni; metalli pregiati, pietre dure e lavorazioni affini; strumenti musicali; tessitura, ricamo ed affini, abbigliamento; vetro, ceramica, pietra ed affini; alimentare) al fine di individuare le lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico da tutelare;

con successive Deliberazioni di Giunta sono state apportate modifiche e integrazioni;

tenuto conto dell’art. 27 della L.R. 21/97 che prevede, per le lavorazioni dell’artigianato artistico tradizionale e tipico, la predisposizione di appositi disciplinari di produzione con i quali sono descritti i caratteri delle tecniche produttive adottate, dei materiali impiegati e di quanto altro concorre ad individuare e qualificare le lavorazioni con contenuti artistici e legati alla tradizione e alla tipicità;

ritenuto che i disciplinari delle lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico sono predisposti da apposite Commissioni e approvati dalla Giunta Regionale, sentita la Commissione Regionale per l’Artigianato (C.R.A.);

tenuto conto che nel dare attuazione al disposto legislativo la Regione si avvale della collaborazione dei Rappresentanti delle Associazioni di Categoria (Confartigianato, C.N.A, C.A.S.A.);

vista la deliberazione n. 30-26382 del 28 dicembre 1998 nella quale sono stati definiti i criteri per l’individuazione dei componenti le Commissioni per i disciplinari di Produzione e le modalità per la redazione degli stessi con la precisazione che a garanzia di un adeguato svolgimento dei lavori da parte delle Commissioni, che hanno valenza tecnica, il Settore competente svolge un’attività di supporto alle Commissioni medesime, anche al fine di garantire il necessario raccordo con la Commissione Regionale per l’Artigianato per perseguire un’efficace verifica dei risultati raggiunti, volta al miglioramento della qualità dei prodotti offerti e alla tutela delle professionalità dell’artigianato artistico e tipico;

considerato che con L.R. 24/99 sono state previste delle modifiche alla composizione delle Commissioni per i Disciplinari di Produzione;

visto che con la determinazione n. 88 del 12/04/2002 della Direzione Commercio e Artigianato è stata costituita la Commissione per il Disciplinare di Produzione per il Settore Strumenti Musicali, prevista ai sensi dell’art. 27 della L.R.21/97 come modificato dalla L.R. 24/99;

considerato che la suddetta Commissione, insediatasi nel mese di maggio 2002, ha terminato i lavori relativi a:

a) predisposizione del Disciplinare di Produzione degli Strumenti Musicali;

b) individuazione dei parametri da inserire nel modulo di domanda che le imprese dovranno inviare alle Commissioni provinciali per l’artigianato, per essere riconosciute come imprese dell’artigianato artistico e tipico;

considerato che le fasi di lavoro per la predisposizione del Disciplinare suddetto sono state portate avanti con l’ottica di non limitarsi a chiudere le lavorazioni del settore individuato in un ambito ristretto, regolato a precise tecniche di intervento e dai materiali impiegati, ma dare spazio adeguato all’accoglimento di quelle attività che, pur nella salvaguardia della tradizione, presentano elementi innovativi, in grado di sperimentare nuovi sistemi di ideazione e nuovi modelli di produzione;

considerato che con tale criterio il disciplinare di produzione diviene un importante strumento per il raggiungimento dell’obiettivo della tutela e della promozione dell’artigianato artistico e tipico e in questo modo si potranno salvaguardare e rilanciare professionalità in via di estinzione e comunque ad elevato contenuto di manualità e, nel contempo offrire diverse opportunità occupazionali che, pur nel rispetto della tradizione, possono cogliere ed esprimere la capacità di reinterpretare il passato attraversino le tendenze culturali ed estetiche del presente;

tutto ciò premesso e considerato;

vista la L.R. 21/97, s.m.i. (L.R. 24/99, L.R. 7/2002)

visto l’art. 8 della L.R. 51/97;

vista la D.G.R. n. 27-24980 del 6/07/1998;

vista la D.G.R. n. 30-26382 del 28/12/1998;

vista la Determinazione n. 88 del 12/04/2002.

visto l’art. 65 dello Statuto;

visto il D.P.G.R. n. 8/R/2002;

la Giunta Regionale, unanime

delibera

di approvare, sentito il parere favorevole della Commissione Regionale per l’Artigianato e sentite le Associazioni di Categoria (Confartigianato, C.N.A., CASA), il Disciplinare di Produzione degli Strumenti Musicali allegato alla presente deliberazione quale parte integrante, predisposto dalla apposita Commissione di Disciplinare di Produzione.

La presente deliberazione verrà pubblicata sul B.U. della Regione Piemonte, ai sensi dell’art. 65 dello Statuto e dell’art. 14 del D.P.G.R. n. 8/R/2002.

(omissis)

Allegato (fare riferimento al file PDF)

DISCIPLINARE DI PRODUZIONE STRUMENTI MUSICALI

INTRODUZIONE

La musica, in quanto forma di espressione e di comunicazione del pensiero o delle emozioni umane, deve servirsi di mezzi di concretizzazione ed estrinsecazione: fra questi ha spesso dominato (e forse primeggiato) la voce, alla quale si sono però affiancati, per accompagnarla e sostenerla, oppure sostituirla, altri speciali mezzi di produzione di vibrazioni fonatorie ai quali si dà genericamente il nome di Strumenti musicali.

E’ facile dedurne che gli Strumenti musicali hanno, si può dire da sempre, accompagnato l’esistenza dell’uomo e specialmente la sua attività di relazione, dando vita a innumerevoli tipologie, di volta in volta legate all’ambiente, alle tradizioni, alle esigenze funzionali.

Oggetti essi stessi di invenzione e di creatività, gli Strumenti musicali si possono anche proporre come materiali “museali”, da conservare, studiare e contemplare quali manufatti estetici e quali testimonianze della capacità tecnico-elaborativa di un’epoca o di una etnia; in tal modo si rischia tuttavia di trascurarne l’essenza vera, la funzionalità nei confronti del pensiero musicale e della sua estrinsecazione, che li vuole non soltanto “belli” ma soprattutto utili, adeguati e funzionanti per fare musica.

La genericità della definizione e il carattere eminentemente funzionale fanno sì che sotto la denominazione di Strumenti musicali ricadano manufatti di assoluta semplicità costruttiva (un flauto diritto, una tromba, uno scacciapensieri, ...) oppure di raffinatissima elaborazione tecnico-acustica (un organo a canne, un violino, ...), strumenti di ridotte dimensioni o altri di spiccata monumentalità; strumenti realizzati con materiali “poveri” o con essenze di gran pregio e costo (ad esempio, un flauto di canna o un flauto d’oro). Tutti quanti meritano comunque la definizione di Strumenti e non si può nemmeno dedurre, da quelle distinzioni, la maggiore o minore bontà o utilità o funzionalità musicale.

Per le stesse ragioni si può ben comprendere quanto ardua risulti la definizione dei campi e delle modalità destinate a sovrintendere all’identificazione e alla disciplina dei settori della costruzione o del restauro degli Strumenti musicali. Tanto più che molti tipi di Strumenti, con speciale riferimento a quelli adottati dai settori socialmente dominanti (la Chiesa, il Palazzo) o entrati nella pratica della comunicazione artistica (il Teatro, il Concerto), hanno subito continue trasformazioni nel corso della loro storia, determinando per conseguenza profondi mutamenti nelle tecniche costruttive e nelle prassi esecutive degli interpreti (strumentisti).

Per contro, l’affermazione e lo sviluppo della musica “colta” hanno finito per richiedere e donare alla medesima una serie di valori tecnici universali, come l’intonazione (altezza dei suoni), la tipologia delle scale musicali praticate, la natura degli intervalli musicali (...). Questi valori, specialmente nel mondo occidentale, si sono uniformati al punto da ricevere discipline di intesa o addirittura di regolamentazione internazionali, com’è ad esempio per il diapason, fissato per legge internazionale all’altezza di 440 Herz.

Conseguenze dirette e analoghe si sono determinate sugli strumenti che, rimanendo nell’ambito della musica colta, si sono diffusi e uniformati in modo da consentire ovunque la destinazione, l’interpretazione e la riproduzione delle musiche appartenenti al patrimonio della cultura universale. Cosicchè, a parità di epoca storica, non sussistono differenze sostanziali fra pianoforti o violini o flauti (...) prodotti nelle varie parti del mondo e utilizzati dai solisti, dai gruppi camerali e dalle orchestre di ogni dove. Ciò vuol dire che non si potranno individuare (e segnalare, proteggere, promuovere) particolari tipi “locali” di pianoforti o violini o flauti (...), poichè le eventuali specificità di un artigiano o di una ditta sono forzatamente limitate, quando esistono, a pochi non sostanziali particolari decorativi o estetici, o tutt’al più di sussidio tecnico-funzionale.

La maggior parte del Disciplinare sarà destinato agli strumenti della musica colta, che peraltro sono utilizzati anche in altri generi di pratica musicale (jazz, leggera, bandistica, ...), senza che vi siano apportate modifiche di rilievo.

In questa singolare convergenza di valori estetici e funzionali, di omogeneità universale e di evoluzione storica, non è facile individuare le qualità che meritano l’appellativo di artigianato artistico o di eccellenza. L’artigiano è costretto a operare nell’alveo di valori tecnici prestabiliti, deve rispettare le omogeneità cui più sopra si faceva cenno, non può e non deve esercitare arbitrarie doti di fantasia costruttiva, anche perchè gli strumenti dovranno essere utilizzati da musicisti formatisi nello studio su norme, modalità tecniche, dimensioni strutturali ben precise e non mutabili nella sostanza.

L’eccellenza e l’unicità del lavoro artigianale sono le qualità su cui puntare l’attenzione: esse si valuteranno sulla capacità stessa di rispettare le regole esistenti, fornendo peraltro un prodotto destinato a distinguersi per l’accuratezza nella scelta dei materiali e nel loro trattamento, per la precisione dei particolari funzionali, per la equilibratezza delle caratteristiche foniche, per la robustezza del manufatto, per la sua adattabilità ai vari generi di pratica musicale e, non ultima, per la bellezza estetica (proporzioni, colori, particolari decorativi ...) dello strumento.

Per dare alla vastissima materia un minimo di ordine razionale, si è ritenuto di seguire in linea di massima la suddivisione che la maggior parte degli organologi ha finito per adottare, dopo innumerevoli tentativi passati, e che raggruppa gli Strumenti musicali a seconda della natura del corpo fisico che, opportunamente eccitato, produce le vibrazioni destinate a tradursi in sensazione sonora nell’orecchio e nel cervello umano. Tale classificazione propone oggi cinque categorie principali, in ognuna delle quali si aprono poi sottoclassi specifiche:

1. aerofoni, strumenti nei quali il suono è prodotto dalle vibrazioni di una o più colonne d’aria;

2. cordofoni, strumenti nei quali il suono è prodotto dalle vibrazioni di corde;

3. membranofoni, strumenti nei quali il suono è prodotto dalle vibrazioni di membrane o pelli;

4. idiofoni o autofoni, strumenti nei quali il suono è prodotto dalle vibrazioni di corpi solidi, già dotati di propria autonoma elasticità;

5. elettrofoni, strumenti nei quali il suono è prodotto dalle vibrazioni determinate dal passaggio di corrente elettrica o da fenomeni ad essa connessi come ad esempio i campi magnetici.

Ai fini della specifica trattazione, si sono comunque apportati alcuni adattamenti. Si è preferito raggruppare in unico capitolo la materia riguardante i punti 3 e 4 (membranofoni e idiofoni, quelli che in epoche passate si individuavano come “strumenti a percussione”); si è invece deciso di non inserire nel Disciplinare ciò che riguarda gli strumenti elettrofoni (generatori di frequenze, tastiere elettroniche, sintetizzatori, ...) poiché non si sono ravvisati nella loro produzione i caratteri riconducibili all’attività specificamente artigianale.

In compenso si è ritenuto di aggiungere un capitolo a parte per strumenti (designati “di tradizione”) che, pur essendo tecnicamente riconducibili alle succitate categorie, non rientrano fra quelli adottati dalla cultura ufficiale, essendo rimasti legati quasi esclusivamente alle tradizioni popolari o al folklore locale. Pur considerando che tali strumenti hanno limitata rilevanza per quanto riguarda la possibilità di commercializzazione, essendo la loro diffusione circoscritta a realtà, tradizioni e cultura essenzialmente locali, si è comunque pensato ad una loro specifica tutela sia per ottemperare a quanto previsto dalle leggi regionali, sia per rispetto verso le qualità di creatività e di invenzione che sovrintendono alla loro costruzione, manutenzione e pratica.

Una trattazione a parte è stata riservata (e figura in appendice) alle attività artigianali del restauro e della manutenzione degli strumenti antichi, come pure alla costruzione di strumenti nuovi su modello antico: settore che ha assunto particolare rilevanza in seguito al diffondersi della filologia musicale e alle frequenti proposte di musiche antiche interpretate alla maniera e nello stile del passato.

PREMESSA

Questo Disciplinare di Produzione degli Strumenti Musicali si propone come inventario di regole, di caratteristiche, di tecniche di lavorazione, di materiali e di quant’altro serve ad individuare e specificare le lavorazioni tradizionali, tipiche e di qualità nel settore in titolo. Pertanto la stesura del Disciplinare di Produzione si inserisce nel quadro normativo - Titolo II Capo VI della L.R. 9 maggio 1997 n. 21 e s.m.i. L.R. 31 agosto 1999 n. 24 - predisposto dalla Regione Piemonte per la tutela e la valorizzazione delle lavorazioni artigiane che presentano elevati requisiti di carattere artistico, o che esprimono caratteristiche derivanti dalla tradizione locale, o che estrinsecano valori economici e culturali collegati alla tipicità dei materiali impiegati e delle tecniche di lavorazione.

Secondo gli intendimenti della legge, la Regione Piemonte intende perseguire i seguenti obiettivi:

a. la tutela dei requisiti di professionalità e di origine delle produzioni dell’artigianato artistico, tipico e di qualità;

b. la salvaguardia e riqualificazione delle lavorazioni tradizionali sotto i profili estetico, stilistico e tecnico;

c. la valorizzazione dei prodotti sia nel mercato interno sia in quello internazionale;

d. la diffusione e la divulgazione della conoscenza delle tecniche tipiche e dei requisiti di manualità insiti nelle lavorazioni artistiche, tipiche e di qualità;

e. l’acquisizione di documentazioni concernenti le origini,lo sviluppo storico - stilistico e i percorsi evolutivi delle lavorazioni;

f. il sostegno alla creazione e allo sviluppo di nuove imprese tramite progetti di recupero e di rivitalizzazione di attività locali tradizionali e artistiche;

g. gli incentivi alla partecipazione a manifestazioni culturali e fieristiche collettive;

h. la creazione delle condizioni per la trasmissione del “saper fare” e del “saper essere” da parte dei “maestri” artigiani alle nuove generazioni;

Tali obiettivi si raggiungono anche con la creazione delle “Botteghe scuola”, nonché riconoscendo la figura del Restauratore.

Il Disciplinare si rivolge all’impresa che deve saper riconoscere e collocare criticamente la propria attività nel contesto produttivo tipico che l’ha vista nascere, nel pieno rispetto del percorso storico-culturale che l’ha condotta a produrre l’esperienza di artigianato artistico, tradizionale e di qualità.

Pertanto devono essere considerati requisiti peculiari dell’impresa che chiede di aderire al Disciplinare:

• la competenza musicale

intesa come conoscenza dei linguaggi, degli stili e delle forme della creazione e della trasmissione del pensiero musicale, al cui servizio gli strumenti si pongono quali indispensabili tramiti materiali affidati agli interpreti - esecutori;

• il richiamo alla tradizione

inteso come acquisizione di una cultura specifica, non solo materiale ma anche storica ed estetica, appartenente all’ambito produttivo in cui l’impresa è nata e produce;

• l’aggiornamento professionale

vale a dire la disponibilità a recepire stimoli e sollecitazioni provenienti dalle istituzioni preposte, dagli enti che svolgono attività di tutela, ricerca, valorizzazione del patrimonio culturale e più in generale dal mercato del lavoro;

• il legame con le nuove generazioni

necessario alla continuità e alla vitalità dell’impresa artigiana, inteso come disponibilità ad offrire reali opportunità di formazione e di apprendimento;

• l’innovazione

ovvero la capacità (più rara, ma non da escludere) di ricercare, di creare e di offrire al mondo dei musicisti nuovi modelli di strumenti funzionali alla comunicazione del pensiero musicale e dei suoi messaggi.

ART. 1 - DEFINIZIONE DEL SETTORE

Il presente Disciplinare riguarda le produzioni del settore Strumenti Musicali in cui si possono ravvisare le qualità, già accennate nell’Introduzione, di:

- corretta realizzazione delle funzionalità richieste dalla natura e dalle convenzioni universali della pratica musicale;

- rispetto dei valori e delle regole musicali esistenti;

- artisticità ed eccellenza dei prodotti, valutabili in base alla unicità degli esemplari, alla loro accuratezza, perfezione tecnica e robustezza, alla equilibratezza delle caratteristiche foniche, alla oculata scelta dei materiali, alla adattabilità ai vari generi di pratica musicale, alla bellezza estetica dello strumento.

Tali doti di eccellenza dell’artigiano dovranno essere valutati indipendentemente dalla natura della sua educazione all’arte, sia essa avvenuta per vero e proprio percorso scolastico oppure sia stata acquisita grazie a specifica sensibilità personale accresciuta e perfezionata da un apprendimento al fianco di altri già affermati artigiani o maestri d’arte.

ART. 2 - REQUISITI E SOGGETTI

La domanda per l’ottenimento del riconoscimento e dell’annotazione di cui all’art. 28 Capo VI, L.R. 21/97 s.m.i., può essere inoltrata in presenza dei seguenti requisiti:

a) iscrizione all’Albo delle Imprese Artigiane ai sensi della L. 443/85 con almeno 1 anno di attività nello specifico comparto;

b) per le aziende di nuova iscrizione all’Albo delle Imprese Artigiane: possesso di un periodo, in qualità di lavoratore dipendente o socio o coadiuvante, di almeno 3 anni presso un’impresa già operante e qualificata nell’ambito dello specifico comparto.

ART. 3 - DENOMINAZIONE

E’ stata individuata la denominazione “Eccellenza Artigiana” con D.G.R. n° 30-322 del 29.06.2000, da attribuire alle imprese che hanno ottenuto il riconoscimento dell’artigianato artistico, tipico e tradizionale di ogni settore e conseguente annotazione specifica all’Albo provinciale delle imprese artigiane.

A tali imprese viene attribuito il marchio “ Piemonte Eccellenza Artigiana ” approvato con D.G.R. n° 3-1713 del 14.12.2000.

Nel caso di consorzi di imprese, sarà indispensabile che almeno i 4/5 delle aziende che ne fanno parte siano riconosciute quali imprese dell’artigianato artistico ai sensi della L.R. 21/97 Capo VI.

L’uso, lo sviluppo e la diffusione di tale marchio è disciplinato dal Regolamento approvato con D.G.R. n° 4-1714 del 14.12.2000.

Il richiamo all’ “Artigianato Artistico” in mostre, esposizioni, manifestazioni, potrà essere utilizzato solo se il 90% delle imprese partecipanti risulteranno essere in possesso dell’annotazione all’Albo.

I concessionari utilizzatori della denominazione in oggetto e dei rispettivi elementi identificativi si impegnano a proteggere il marchio e la sua immagine ed a compiere ogni sforzo per propagandarlo.

In ogni caso, il proprietario esclusivo del marchio è la Regione Piemonte.

ART. 4 - RICONOSCIMENTO

La domanda per l’ottenimento del riconoscimento e dell’annotazione di cui agli articoli precedenti, dovrà essere presentata dai soggetti interessati alla Commissione Provinciale per l’Artigianato presso la Camera di Commercio territorialmente competente. La domanda dovrà essere corredata da adeguata documentazione curriculare e da eventuale documentazione fotografica di lavorazioni eseguite, da cui sia rilevabile la capacità di operare secondo i principi contenuti nel presente disciplinare.

Si specifica che le tecniche di lavorazione descritte nel presente Disciplinare, devono essere non solo patrimonio della capacità professionale e manuale dell’azienda ma essere utilizzate correntemente per la produzione nel momento in cui il soggetto fa richiesta del riconoscimento di Eccellenza Artigiana.

Il riconoscimento è effettuato dalle Commissioni Provinciali per l’Artigianato competenti per territorio supportate da esperti, ai sensi della normativa vigente.

La Commissione, esaminate le domande e le documentazioni prodotte, potrà richiedere specificazioni, documentazioni aggiuntive e fare sopralluoghi presso le aziende richiedenti.

Possesso di licenza di commercio

Potranno essere riconosciute le aziende artigiane, munite di regolare licenza per il commercio a patto che l’attività commerciale sia secondaria e che non possa generare confusione tra il manufatto regolarmente prodotto in azienda e quello commercializzato.

Titolarità

Referente per il riconoscimento è il titolare dell’azienda: in caso di società, almeno uno dei soci deve essere in possesso dei requisiti. Nel caso di scioglimento o di modifica della compagine sociale, decadrà il riconoscimento che potrà comunque essere nuovamente richiesto.

Cancellazione

Per la cancellazione del riconoscimento valgono le norme della L.R. 21/97, art. 45 così come modificate dalla L.R. 24/99 che pertanto si ritengono estese alle norme dettate dal presente regolamento.

Ricorsi

I ricorsi dovranno essere presentati con le stesse modalità dei ricorsi su iscrizioni e cancellazioni dall’Albo delle Imprese Artigiane, alla C.R.A. che potrà avvalersi della consulenza della Commissione per il presente Disciplinare di produzione.

Iter Procedurale

A riassunto e chiarimento di quanto sopra espresso si evidenziano le procedure di riconoscimento, che pertanto risultano:

a. compilazione della domanda-questionario;

b. primo grado di valutazione delle imprese dal questionario;

c. approfondimento eventuale con richiesta di colloquio;

d. predisposizione di controlli in azienda;

e. previsione della possibilità di ricorso.

ART. 5 - BOTTEGHE SCUOLA

Ai fini della costituzione delle “Botteghe Scuola”, le imprese saranno riconosciute sulla base dei criteri previsti nel presente Disciplinare e di quelli stabiliti dalla Regione Piemonte, sentito il parere della Commissione Regionale per l’Artigianato (CRA).

ART. 6 - CONTROLLI

La Regione potrà nell’ambito delle revisione degli Albi Provinciali delle Imprese Artigiane, attuare procedure al fine di verificare il persistere dei requisiti, come previsto dall’art. 44 della L.R. 9 maggio 97 n° 21.

L’Impresa si impegna a dare alla Commissione Provinciale per l’Artigianato designata ogni facoltà perché essa possa procedere di volta in volta a controlli di accertamento dei requisiti.

L’Impresa si impegna a dare spiegazione e a rilasciare ogni parte giustificativa necessaria dei documenti: fatture, registri, ecc.

Le Commissioni Provinciali dell’Artigianato, quindi, in qualsiasi momento lo ritenessero opportuno, potranno svolgere indagini ed ispezioni per assicurarsi sulla validità e sulla continuità di quanto dichiarato nella domanda d’iscrizione.

ART. 7 - COMPARTI

Da quanto esposto nella Introduzione e nella Definizione del settore, si evince che i comparti dell’artigianato artistico in tema di strumenti musicali corrispondono per la costruzione alle tre grandi classi delineate:

a) Aerofoni

b) Cordofoni

c) Membranofoni e Idiofoni.

A questi vanno aggiunti i comparti relativi a :

d) Strumenti di tradizione

e) Manutenzione e Restauro degli strumenti.

Le pagine seguenti sono dedicate a fornire più ampi e particolareggiati ragguagli per ogni comparto.

A - AEROFONI

Sono così definiti tutti gli strumenti nei quali il suono è prodotto dalla messa in vibrazione dell’aria.

Le più moderne classificazioni organologiche delineano due grandi sottoclassi:

1. strumenti a insufflazione diretta (cosiddetti “fiati”);

2. strumenti a insufflazione indiretta, tramite serbatorio d’aria.

A1 - Strumenti a insufflazione diretta

Negli strumenti appartenenti a questa sottoclasse il suono è prodotto dalla messa in vibrazione dell’aria solitamente contenuta in canne o tubi.

La sottoclasse si suddivide a sua volta in:

A.1.1 strumenti (originariamente in legno) nei quali il canneggio di base può essere

accorciato con apertura di fori;

A.1.2 strumenti (originariamente in metallo e specialmente in ottone) nei quali il

canneggio principale può essere allungato mediante aggiunta di parti di tubo

supplementari.

A.1.3 strumenti, cosiddetti “liberi”, nei quali la messa in vibrazione avviene sull’aria

esterna non costretta in tubi.

Sottoclasse A.1.1

In gergo gli strumenti appartenenti a questa sottoclasse si definiscono “legni” o anche “strumentini”: i termini non sono scientifici, poichè alcuni strumenti il cui corpo era originariamente solo in legno, vengono ora costruiti di preferenza in metallo (ad esempio i flauti traversi); mentre altri, fin dalla loro ideazione, utilizzano le tecniche dei “legni” ma sono fusi in metallo (ad esempio i saxofoni).

A definire la sottoclasse è dunque la tecnica che, partendo da un tubo di lunghezza e conseguente intonazione prefissate, permette di ottenere la gamma dei suoni della scala (verso l’acuto) praticando lungo il canneggio fori la cui apertura o chiusura è regolata da tamponi o chiavi manovrate dalle dita dell’esecutore.

Le principali ulteriori suddivisioni di categoria sono dettate dalle modalità dei dispositivi di messa in vibrazione o, come suol dirsi, di “imboccatura”:

- a bocca, con tubo aperto o con tubo chiuso;

- ad ancia semplice;

- ad ancia doppia.

Strumenti a fiato a bocca

Rientrano nella categoria tutti i tipi di flauti, nei quali il flusso d’aria proveniente dalle labbra dell’esecutore viene indirizzato contro il bordo di uno spigolo che lo frange, generando pulsazioni che poi si trasmettono alla colonna d’aria contenuta nel tubo, producendo in base alle dimensioni di quest’ultimo una determinata altezza di suono.

- I flauti possono essere a fessura, quando un blocchetto interno delimita una stretta fenditura attraverso la quale il flusso d’aria viene indirizzato contro lo spigolo; è questo il caso dei flauti a becco che derivano il nome dalla forma della parte superiore dello strumento contenente il blocchetto a fessura. Tali flauti sono anche denominati dolci, con riferimento al materiale ligneo usato per la loro costruzione, oppure diritti, in considerazione della posizione in cui sono tenuti dall’esecutore. I flauti di questo tipo furono, e sono, costruiti in famiglie corrispondente all’incirca ai registri della voce umana (soprano, contralto, tenore, basso; più eventuali registri intermedi). I fori praticati lungo il canneggio sono generalmente privi di chiavi e di conseguenza chiusi direttamente dalle dita dell’esecutore.

Alla categoria degli aerofoni a bocca, ma con tubo chiuso, appartiene l’ocarina, strumento a fiato di terracotta che ha forma di testa e becco d’oca (da cui il nome) e una serie di otto/dieci fori azionati direttamente con le dita dall’esecutore.

L’altra tipologia presenta i flauti privi di fessura, nei quali l’esecutore indirizza il soffio direttamente contro il bordo di un foro denominato bocca. Per la posizione nella quale si utilizzano assumono la designazione di flauti traversi. Anch’essi sono costruiti in famiglia; i fori praticati lungo il canneggio sono oggi muniti di chiavi a leva sulle quali agiscono le dita dell’esecutore. I materiali di costruzione, dall’originario uso del legno, sono man mano passati alle fusioni in leghe metalliche.

Nella medesima tipologia (senza fessura) ma con invio del fiato attraverso una delle estremità aperta (imboccatura “terminale”) rientra il cosiddetto flauto di Pan o siringa. La ha un numero variabile di canne di lunghezze differenti affiancate, con le bocche superiori allineate e tappate sul fondo; si suona facendo scorrere lo strumento sulle labbra. Ne esistono molte varianti popolari in ogni parte del mondo.

Strumenti a fiato ad ancia semplice

L’ancia semplice che caratterizza questa categoria di strumenti è costituita da una sottile lamina elastica, in legno o in metallo, applicata all’imboccatura del tubo sonoro: quando l’ancia, sotto l’impulso del fiato indirizzatovi dall’esecutore, entra in vibrazione agisce in modo da aprire e chiudere alternativamente la comunicazione con la colonna d’aria contenuta nel tubo, che entra in risonanza e determina le qualità specifiche del suono.

- L’ancia semplice può essere battente, quando è appoggiata sull’imboccatura del tubo in modo da “battere” sulla parte iniziale del canneggio (dove è alloggiata su un bocchino) determinandone le vibrazioni: questa tipologia è adottata nelle famiglie dei clarinetti e dei saxofoni (entrambe articolate in vari registri dal grave all’acuto: clarinetto acuto, medio e grave, detto anche “clarone”; saxofoni soprano, contralto, tenore, basso), i clarinetti con corpo in legno, i saxofoni con corpo in metallo.

- Altro tipo di ancia semplice è quella libera, applicata all’ingresso di un’apertura in modo da vibrare “liberamente” avanti e indietro (sopra e sotto), occludendo temporaneamente la chiusura stessa ad ogni passaggio. L’ancia semplice libera è usualmente applicata in strumenti nei quali l’aria non è costretta in tubi, per cui è opportuno far rinvio a tale categoria.

Strumenti a fiato ad ancia doppia

L’ancia doppia è formata da due linguette contrapposte che nel loro movimento vibratorio si avvicinano e allontanano alternativamente, chiudendo e aprendo la comunicazione con il canneggio sul quale sono applicate; per sua stessa natura l’ancia doppia è sempre battente.

Questa tipologia è utilizzata in tutti gli strumenti delle famiglie degli oboi e dei fagotti, che hanno sempre corpo in legno e canneggio interno di forma conica. Le caratteristiche tecniche (ancia doppia, tubo conico) individuano non soltanto tutti i “tagli” di oboi e fagotti, ma anche altri strumenti simili o predecessori storici: oboe d’amore, oboe da caccia, corno inglese, heckelphon, controfagotto.

Ininfluente dal punto di vista tecnico è invece l’assetto esterno dello strumento, in cui il canneggio può essere ripiegato su se stesso per comodità d’uso, come avviene nei fagotti (ripiegati ad U) e nei controfagotti (con doppia ripiegatura).

Sottoclasse A.1.2

Il termine di gergo per definire tali strumenti è ottoni; con migliore terminologia tecnica si parla di strumenti a bocchino.

Anche in questo caso tuttavia per la loro costruzione si utilizzano talvolta materiali differenti, benchè usualmente in metallo (puro o in lega).

La loro tecnica è basata sulla possibilità di ottenere, da un tubo di lunghezza e intonazione prefissate, una serie di suoni più acuti (posizioni armoniche) selezionati dall’esecutore mediante movimenti delle labbra che si appoggiano al bocchino, elemento tecnico che correda e contraddistingue tutti gli strumenti della sottoclasse.

Con l’aggiunta di parti supplementari di tubo, inseribili sul canneggio principale mediante meccanismi a pistone (trombe) o a leva (corni, tube) o a coulisse (tromboni), si può modificare verso il grave l’intonazione di base, ottenendo da ogni nuova lunghezza, sempre grazie alle tecniche di labbro, altrettante serie di suoni più acuti (posizioni armoniche).

Appartengono alla sottoclasse le intere famiglie di: trombe, tromboni, corni, tube, nonchè vari strumenti legati oggi soprattutto alla pratica musicale delle bande, come ad esempio i flicorni.

Ogni famiglia comprende strumenti di vari registri (acuti, medi, gravi) e tipologie particolari, riguardanti ad esempio la forma del canneggio (cilindrica, conica, mista), la configurazione esterna del tubo (diritto, ripiegato, arrotolato), lo sviluppo del canneggio e degli inserimenti supplementari (ad esempio corni semplici o doppi), l’applicazione di bocchini a tazza appiattita o a cono allungato. Ad ogni variante corrispondono denominazioni particolari, talvolta riferibili al nome del costruttore o del musicista che ne adottò l’uso (ad esempio tube wagneriane).

Sottoclasse A.1.3

Si tratta di strumenti nei quali il suono è prodotto dalla messa in vibrazione dell’aria esterna, senza che questa sia contenuta all’interno di tubi. Limitandosi all’insufflazione diretta, si può dire che appartenga alla categoria la sola famiglia delle armoniche a bocca, le cui ance libere (solitamente in metallo) sono alloggiate in un supporto di legno o di metallo, in unica fila o in file sovrapposte; le ance vengono messe in vibrazione dalla bocca dell’esecutore, sia espirando sia inspirando. La varietà di modelli è vasta, ma sostanzialmente riconducibile a due tipi: diatonico o cromatico, a seconda che vengano prodotte le successioni di suoni della sola scala diatonica oppure quelli della scala cromatica. In questi ultimi modelli le ance sono disposte in due serie sovrapposte, alla distanza di un semi tono fra loro, con un tirante laterale che permette all’esecutore di passare da una serie all’altra.

A2 - Strumenti a insufflazione indiretta o a serbatoio

La definizione di strumenti a serbatoio d’aria indica l’elemento fondamentale della categoria, fermo restando che il serbatoio può essere di svariate forme, dimensioni e materiali principali: pelli (come nella cornamusa), legno (come nell’organo); così come può essere alimentato in varie maniere, insufflandovi l’aria direttamente a bocca (cornamusa) oppure tramite apparato di pompe meccaniche o di elettroventilatori (organo).

Per quanto riguarda la messa in vibrazione, fermo restando che il flusso d’aria compresso proviene da un serbatoio o da un mantice, le tecniche ricalcano quelle degli aerofoni a insufflazione diretta (fiati), applicando sistemi analoghi o in modo esclusivo (ad esempio la vibrazione di ance libere non applicate su tubi, come avviene nella fisarmonica e nell’armonium) oppure in maniera mista, come può avvenire nell’organo che utilizza sia canne “ad anima”, simili nella formazione della vibrazione al tipo dei flauti, sia canne “ad ancia”, di varie dimensioni e natura.

La struttura complessa e spesso monumentale di strani strumenti, soprattutto gli organi, può richiedere l’ausilio di apparecchiature che aiutino l’esecutore, con speciale riferimento all’applicazione di tastiere per disciplinare l’invio dei comandi. Le tastiere, che possono essere azionate dalle mani (manuali) o dai piedi (pedaliera) dell’esecutore, comandano l’apertura del flusso d’aria dal serbatoio (somiere) verso le canne, che su quello sono alloggiate in file omogenee (registri). La trasmissione dei comandi delle tastiere e dei registri può avvenire con sistema meccanico (tiranti, fili, barre, triangoli per lo snodo dei movimenti: il tutto costituente la cosiddetta catenacciatura), oppure con sistema pneumatico ad aria compressa, oppure con sistema elettrico tramite interruttori o relais. In alcuni organi si possono pure avere trasmissioni di tipo misto.

Esistono anche strumenti aerofoni a serbatoio definibili come meccanici, in quanto gli impulsi e i comandi sono azionati da meccanismi predeterminati, come ad esempio un rullo dentato mosso da manovella (organo di Barberia e strumenti affini).

B - CORDOFONI

Sono così definiti tutti gli strumenti nei quali il suono è prodotto dalle vibrazioni di una o più corde montate su appositi telai o strutture che permettano di porle in tensione conferendo loro la necessaria elasticità.

La suddivisione della classe in categorie è determinata dal sistema utilizzato, in via esclusiva o predominante, per porre in vibrazione le corde, cosicchè si avranno le seguenti principali sottoclassi:

1. strumenti a corde strofinate;

2. strumenti a corde pizzicate;

3. strumenti a corde percosse;

4. strumenti a corde poste in vibrazione da una corrente d’aria.

B1 - Strumenti a corde strofinate

Pure esistendo alcuni tipi di strumenti primitivi o popolari che utilizzano un sistema di corde privo di manico (ad esempio crotta primitiva, talharpa) oppure un sistema munito di tastiera (ghironda), la stragrande maggioranza di strumenti a corde strofinate è munito di un manico al di sopra del quale sono tese le corde, in modo che l’esecutore possa intervenirvi con le dita della mano che non impugna l’arco per modificarne la lunghezza.

Per lo strofinamento delle corde si usa un arco, dal quale proviene la definizione della categoria principale di tali strumenti che si dicono appunto “ad arco”.

Rientrano nella tipologia descritta l’intera famiglia dei moderni strumenti ad arco (violino, viola, violoncello, contrabbasso) e tutte le famiglie degli strumenti che ne anticiparono storicamente la struttura, principalmente le vielle, le antiche viole, le lire da braccio e da gamba, la ribeca, la giga, la tromba marina, oltre a numerosi strumenti di origine asiatica o africana.

Per i particolari descrittivi della famiglia degli strumenti ad arco moderni si fa rinvio all’apposita appendice che figura nelle pagine successive.

B2 - Strumenti a corde pizzicate

Negli strumenti compresi in questa categoria la vibrazione ed il conseguente suono si formano quando l’esecutore interviene sulle corde “pizzicandole”: le tecniche variano a seconda degli strumenti e possono utilizzare le dita (polpastrelli, unghie) oppure elementi meccanici analoghi (plettri).

E’ possibile suddividere la categoria in sottoclassi, a seconda che lo strumento sia senza manico, con manico, oppure con tastiera.

- Nel primo caso (senza manico) le corde possono essere accorciabili con le dita, variandone il suono in base alla lunghezza prescelta (esempio cetra da tavolo) oppure possono avere lunghezza e suono fissi (esempio citara, lira, salterio) oppure semi-fissi, come avviene nell’arpa, principale strumento moderno di questa specie in cui la lunghezza delle corde può essere modificata (in tre posizioni: suoni bemollizzati, naturali o diesizzati) attraverso un meccanismo di tiranti azionati da pedali (in numero di sette, corrispondenti alle note della scala diatonica.

- Gli strumenti con manico, sul quale sono tese le corde in modo che l’esecutore possa accorciarle tramite pressione delle dita della mano non adibita a pizzicarle, si distinguono a loro volta in base alla forma della cassa armonica di risonanza, che può avere il fondo convesso (famiglie dei liuti e delle mandole, con tutte le numerosissime varianti tipologiche) oppure il fondo piatto (famiglia delle chitarre, cui si aggiungono tutte le varianti primitive o popolari).

- Gli strumenti con tastiera comprendono i tipi della spinetta, del virginale, del clavicembalo. In tutti si ha un telaio orizzontale (di prevalente forma rettangolare ma anche talora a triangolo, pentagonale, ad ala) sul quale sono tese le corde di lunghezza ed in numero variabile: poste in progressione scalare, dal grave all’acuto, le corde possono presentarsi in posizione trasversale rispetto ai tasti (virginale), oppure obliqua (spinetta) oppure parallela (clavicembalo).

Per quanto attiene alla meccanica, le corde (metalliche) vengono pizzicate da plettri innestati su asticciole (saltarelli) che poggiano verticalmente sulla parte terminale interna della barra di ogni tasto.

Lo strumento diffusosi maggiormente e maggiormente rimasto in uso è il clavicembalo, che normalmente è dotato di una sola tastiera ma che può anche presentarne due (più raramente tre): alle tastiere corrispondono serie di corde di lunghezza diversa, con altrettante file di saltarelli, che costituiscono i cosiddetti registri. La selezione di questi ultimi può essere attuata usando l’una o l’altra tastiera (nei casi di tastiere multiple) oppure tramite tiranti a mano oppure ancora, negli strumenti più moderni, con pedali.

B3 - Strumenti a corde percosse

Le descrizioni di questi strumenti, quanto a forma, possono ricalcare sommariamente quelle degli strumenti a pizzico: la diversità sta nella tecnica di intervento sulle corde, che vengono poste in vibrazione tramite percussione o battito. A parte l’uso di questa tecnica, che si può anche adottare in via eccezionale su strumenti appartenenti alle categorie precedentemente elencate (ad esempio, le corde di un violino, solitamente sfregate, possono essere invece percosse utilizzando la parte lignea o bacchetta dell’arco), esistono strumenti che la adottano in via normale, praticando la percussione in maniera diretta oppure con il tramite di una tastiera.

- La percussione diretta viene realizzata in strumenti quali il cimbalom ungherese ed il salterio tedesco o dulcimer: Le corde, montate e tese su un telaio di forma trapezoidale, vengono percosse dall’esecutore con bacchette leggermente ricurve (a cucchiaio) e spesso ricoperte di cuoio o di stoffa.

- Gli strumenti che invece adottano la tastiera sono principalmente il pianoforte ed il suo antenato clavicordo.

Nel clavicordo le corde, montate e tese su una cassa di risonanza di forma generalmente rettangolare, sono messe in vibrazione con un sistema di “tengenti”: ogni tasto, che oscilla a leva un perno, reca all’estremità interna una piastrina (metallica), detta tangente, che va ad appoggiarsi contro la corda, urtandola con movimento dal basso verso l’alto; la brevità della corsa della tangente non consente di produrre suoni di forte intensità pur ottenendo effetti di buona espressività direttamente regolati dal tocco del dito sul tasto.

Il pianoforte, nato sul finire del secolo XVII, sviluppò un sistema simile al clavicordo, ma adottò un meccanismo di percussione sulle corde tramite martelletti il cui movimento rotatorio (a martello) consente di colpire con forma maggiore e più graduabile le corde.

Parti essenziali del pianoforte sono: cassa, cordiera, meccanica, tastiera, pedale.

In base alla forma della cassa si hanno i due tipi di pianoforte: a coda, con cassa a forma grosso modo di arpa disposta orizzontalmente; verticale, con cassa rettangolare disposta verticalmente.

La cordiera comprende le corde propriamente dette (normalmente in numero di una o due o tre per ogni tasto), il telaio o armatura metallica sulla quale le corde vengono tese fissandole e avvolgendole intorno a “piroli” (detti anche “bischeri” o “caviglie”) e la tavola armonica, di sottile legno d’abete, che serve a rinforzare le vibrazioni.

La meccanica, in continuo perfezionamento nel corso della storia, utilizza un complesso sistema di leve che trasmettono il movimento dal tasto al martelletto: questo va a colpire, con moto rotatorio dal basso verso l’alto (pianoforte a coda) o da avanti a dietro (pianoforte verticale), la corda (o le corde appaiate della sua nota), ricadendo poi subito all’indietro in posizione intermedia, prima di ritornare alla posizione di riposo (meccanismo “a scappamento”); in corrispondenza al movimento del martelletto (da direzione contrapposta) agisce lo “smorzatore”, blocchetto di legno feltrato appoggiato sulle corde che si solleva, liberando la corda corrispondente, quando il tasto viene abbassato producendo la percussione del martelletto, e torna ad appoggiarsi sulla corda, smorzandone la vibrazione, quando il tasto torna a riposo.

La tastiera, realizzata in legni forti, allinea modernamente da 85 a 88 barre a leva che, nella parte sporgente dal corpo dello strumento, sono ricoperte da legni bianco-giallastri o altri materiali (osso, avorio) per i tasti cosiddetti “bianchi” e da altri scuri (esempio, ebano) per i tasti cosiddetti “neri”.

I pedali hanno soli compiti ausiliari: quello di destra solleva tutti gli smorzatori lasciando vibrare liberamente le corde anche se i tasti vengono rilasciati; quello di sinistra realizza una riduzione delle sonorità o spostando leggermente la tastiera in modo che i martelletti colpiscano una sola delle due o tre corde corrispondenti ad ogni nota (pianoforte a coda) oppure avvicinando i martelletti alle corde in modo da ridurne la corsa e la conseguente forza d’urto. In alcuni modelli di pianoforte un terzo pedale che può avere varie funzioni: la più nota (modelli Steinway) è quella di selezionare il meccanismo degli smorzatori in riferimento agli accordi armonici.

Le dimensioni dei pianoforti sono molto variabili: in quegli orizzontali possono andare, per la lunghezza, da 120 a 290 centimetri circa, dando luogo a denominazioni quali “mezza coda”, “coda”, “gran coda” (nella tradizione tedesca identificate da lettere dell’alfabeto). Molto più ridotta è la corrispondente dimensione (altezza) dei pianoforti verticali, compresa fra 90 e 135 centimetri circa. La larghezza degli strumenti è invece analoga, sia per quelli a coda sia per i verticali, ed è solitamente compresa fra 145 e 155 centimetri, resi obbligati dalle misure dei singoli tasti.

C - STRUMENTI IDIOFONI E MEMBRANOFONI

Si sono qui riunite due classi di strumenti che in realtà la moderna organologia tiene separate, mentre in passato si unificavano, sia pur con qualche approssimazione, sotto l’unica voce di strumenti a percussione. Ciò perché la percussione, diretta o anche talvolta mediata tramite meccanismi a tastiera, è il modo più caratteristico (ancorché non il solo) di porre in vibrazione tali strumenti.

C1 - Idiofoni

Sono definiti idiofoni gli strumenti che producono il suono attraverso la messa in vibrazione del materiale stesso di cui sono composti, senza utilizzare altri corpi elastici posti in tensione; per questa ragione viene anche adottata la definizione di autofoni.

Gli strumenti che possono ricondursi a simile tipologia sono numerosissimi, specialmente per quanto riguarda le tradizioni popolari o locali; alcuni sono peraltro entrati stabilmente a far parte della pratica colta della musica e sono adottati da orchestre e gruppi strumentali, ma vengono pure utilizzati con larghezza nella musica di consumo (leggera o da ballo).

La classe degli idiofoni viene suddivisa in varie sottoclassi in base al sistema con il quale gli strumenti sono posti in vibrazione: a urto, a percussione, a scotimento, a sfregamento, a pizzico.

- A urto. E’ quello che si determina utilizzando coppi edi elementi che si fanno urtare o battere fra loro, come accade per i piatti e i cimbali loro progenitori (dischi di metallo, solitamente bronzo), per le nacchere o castagnette (tavolette di varie fogge, in legno duro, che danno suono secco ed acuto), per i crotali (anticamente simili alle castagnette in legno, oggi simili a piccoli piatti in metallo), per la frusta (tavolette di legno duro che producono uno schiocco simile a quello di una frusta). Tipologie alle quali sono assimilabili innumerevoli altri strumenti primitivi o popolari o nati recentemente per scopi di didattica musicale pratica.

- A percussione. Sono così definiti gli strumenti idiofoni che vengono posti in vibrazione con l’ausilio di un elemento sussidiario, a forma di mazza, bacchetta, bastoncino, ecc. Alcuni di questi strumenti producono un suono indeterminato, come il triangolo (barretta d’acciaio ripiegata a forma di triangolo con un lato aperto, che si suona tenendolo sospeso con una cordicella e si percuote con un’altra bacchettina d’acciaio), il gong (disco concavo di metallo con bordo rivoltato, percosso perlopiù con una mazza rivestita di feltro o sughero; spesso se ne riuniscono vari esemplari di diverse dimensioni, in file di ordine crescente o digradante), il tam-tam (grande disco di bronzo affine al gong, appeso ad un supporto e suonato percuotendolo con una mazza feltrata), il wood-block (blocco di legno cavo, di forma varia, a scatoletta o a semicilindro, tagliata da una fenditura longitudinale).

Altri idiofoni a percussione sono invece costruiti in modo da realizzare suoni di altezza determinata: affiancando più elementi, possono produrre le serie di note corrispondenti alle scale musicali. Appartengono alla categoria: le campane (solitamente fuse in bronzo, ma in alcuni casi costituite da altri materiali come ad esempio legno scavato; la percussione può essere realizzata dal battacchio sospeso all’interno della campana oppure da un martello esterno; diffuse nelle comunità religiose con scopi di richiamo, possono essere usate anche nelle orchestre sinfoniche dove le classiche campane a forma di vasi rovesciati sono sostituite da tubi appositamente intonati e designati come campane tubolari), i campanelli o Glockenspiel o carillon (piccole lastre d’acciaio o di bronzo, talora sagomate come campanelli da bicicletta, poste in serie ordinate e intonate), gli xilofoni (costruiti con telaio che supporta una serie di piastre di legno ordinate orizzontalmente in scala e percosse da bacchette dure; sotto ogni piastra può essere aggiunto un tubo metallico che funge da risonatore acustico), le marimbe (simili ai precedenti ma con risonatori in legno), i vibrafoni (simili nella forma agli xilofoni, ma con piastre o lamine di metallo, appoggiate su risonatori tubolari di metallo muniti di piccole eliche azionate elettricamente in modo da determinare fluttuazioni vibranti).

Anche per questa sottoclasse si deve notare che innumerevoli sono gli strumenti primitivi o popolari di natura simile, utilizzanti materiali vari e talora persino pietre sonore (litofoni).

Alcuni idiofoni a percusione adottano, per facilitare il compito dell’esecutore, meccanismi percussivi comandati da una tastiera. E’ così costruita in particolare la celesta, le cui lastre d’acciaio sono colpite mediante una meccanica a martelletti.

- A scotimento. Appartengono alla sottoclasse vari strumenti che utilizzano elementi mobili (campanelle, sonagli, dischetti, anelli, ecc.) montati su telai o bastoni che l’esecutore impugna agitandoli. Sono tali l’antico sistro (dotato di sbarrette mobili ripiegate alle estremità), i sonagli (costituiti da corpi risonanti vari intelaiati o infilati in corde per costituire specie di collane o cavigliere), la mezzaluna (composta da un lungo bastone munito di vari pendenti metallici fra cui una mezza luna che richiama le sue origini turche).

Rientrano nella sottoclasse anche le maracas di origine sudamericana (in cui lo scotimento mette in azione semi o sassolini contenuti in una zucca svuotata o in una sfera di legno o metallo cava) e la raganella (strumento popolare europeo e in particolar modo italiano in legno, dotato di una piccola ruota dentata e di una lamina che va ad appoggiarsi ai denti della ruota; si suona facendo girare la ruota con l’ausilio di un manico solidale, ottenendo un effetto che imita il gracidio delle rane).

- A sfregamento. Gli esempi più noti di strumenti appartenenti a questa categoria sono: la sega (costituita da una normale lama di sega posta in vibrazione sfregando il lato non dentato con un archetto di violino, violoncello o contrabbasso; si possono ottenere suoni differenziati regolando la curvatura della lama), l’armonica a bicchieri e strumenti del medesimo genere (Glasspiel, Glassharmonica), nei quali si utilizzano cristalli rotanti sfregati sul bordo da un dito bagnato o da veri e propri congegni meccanici.

- A pizzico. Sistema adottato in strumenti designati come scatole musicali (boîtes à musique o anche carillons), forniti di lamine metalliche diversamente intonate e poste in vibrazione da punte sporgenti montate su un cilindro rotante.

A mano, pizzicandola con un dito, funziona invece la linguetta metallica dello scacciapensieri, strumento popolare diffuso in tutta Italia nel quale la laminetta è montata su un piccolo telaio metallico a forma di “spallina militare”. Lo strumento si tiene fra i denti, pizzicando con un dito la linguetta sporgente dal telaio e sfruttando la cavità orale come cassa di risonanza e l’eventuale emissione di fiato per effetti sonori di staccato ritmico e di intensificazione del suono. Per la costruzione (un tempo diffusa soprattutto in Piemonte) si possono anche utilizzare materiali lignei (canna, bambù).

C2 - Membranofoni

Per membranofoni si intendono tutti gli strumenti nei quali il suono è prodotto dalle vibrazioni di una membrana o pelle tesa sull’apertura di un telaio o supporto.

Esistono molte varianti costruttive differenziate dalla natura della membrana usata (pelli naturali o sintetiche), del corpo che funge da supporto (in legno, metallo, argilla...) o della sua forma (cilindrica, conica, a cornice, a calotta...).

La suddivisione in sottoclassi è principalmente legata però al modo con cui vien posta in vibrazione la membrana, per cui si parla di strumenti a percussione, a sfregamento, a urto d’aria.

In realtà tutti gli strumenti possono riportarsi all’unica grande famiglia dei tamburi, nei quali una pelle, o in certi casi due pelli, sono tese su una cassa cava. Di qui sono derivate tutte le varianti possibili ed immaginabili, spingendosi alla ricerca di dimensioni minime o molto grandi (ad esempio la gran cassa), di varianti decorative o espressive, talvolta con aggiunta di elementi sonori (come le corde di metallo o di budello tese sulla pelle inferiore del tamburo militare).

Speciale rilievo nella pratica orchestrale ricoprono i timpani, nei quali la tensione della pelle montata su un bacino (o caldaia) metallico è regolata con precisione può essere variata nell’intonazione grazie a meccanismi di tensione realizzati per rotazione del bacino, oppure con viti oppure con leve a pedale.

Le tecniche di percussione utilizzano vari tipi di bacchette o di mazze, dure o morbide, feltrate o no, a seconda degli effetti timbrici richiesti.

Lo sfregamento della pelle può essere ottenuto con la mano o con un bastoncino mobile che attraversa la superficie della pelle stessa (come nella napoletana caccavella).

Il cosiddetto urto d’aria si ottiene sfruttando onde sonore propagate nell’aria e prodotte a loro volta dal fiato, dalla voce umana o da altri sorgenti sonore. Queste vanno a eccitare la sottile membrana tesa sullo strumento (come ad esempio per la famiglia del mirliton, del nyastaranga indiano, del kazoo africano e statunitense) ponendola in vibrazione e arricchendo o alterando il suono originale.

D - STRUMENTI DI TRADIZIONE

Come già precisato in premessa, non si tratta di una vera classificazione, poiché gli strumenti qui considerati rientrano nelle classi più sopra descritte. Gli stretti legami che taluni di essi hanno realizzato con espressioni di cultura e di tradizione locale consigliano tuttavia di citare qualche realtà che nel Piemonte si è fortemente radicata.

Più sopra non sarà sfuggito l’accenno allo scacciapensieri, strumenti idiofono a pizzico che ancora oggi è conosciuto nelle tradizioni folkloriche di quasi tutte le regioni d’Italia, ma del quale in passato si segnala la produzione più rilevante per quantità proprio in Piemonte, nella zona della Valsesia ai piedi del Monte Rosa.

La tradizione più viva e meglio conservata oggigiorno in Piemonte è però quella della ghironda, strumento cordofono indissolubilmente legato alla cultura occitana e pertanto diffuso nelle vallate del pinerolese e comunque delle Alpi sud-occidentali, confinanti con le regioni francesi della Linguadoca.

La ghironda, storicamente derivante dall’antico organistrum medievale a manovella, è costituita da una cassa armonica (che può avere dimensioni e forme diverse, con prevalenza della forma piatta o “a chitarra”, oppure di quella “a liuto”), sulla quale sono tese le corde (da un minimo di tre a un massimo di sei) che vengono poste in vibrazione mediante sfregamento del bordo di una ruota di legno azionata da una manovella. Alcune corde sono “di bordone”, hanno cioè intonazione non variabile e producono note fisse di accompagnamento; altre corde (una o due o tre a seconda dei modelli) sono invece destinate a produrre la melodia, poichè la loro intonazione può variare grazie alla tastatura ottenuta mediante tangenti azionate da cursori e comandate dalle dita dell’esecutore utilizzando un’apposita tastiera che corre lateralmente al manico. Una delle corde, poggiando su un ponticello mobile, ha la possibilità di interrompere momentaneamente la produzione del suono, con effetti di staccato e di punteggiatura ritmica comandati da opportune variazioni nell’impugnatura della manovella.

La ghironda fu nel Medioevo strumento dei menestrelli, che nel loro girovagare artistico la diffusero in tutta Europa e specialmente nelle regioni intorno alle Alpi, dove divenne ben presto strumento popolare suonato spesso da mendicanti anche ciechi (da cui la denominazione viola da orbo). Ritornò poi in auge nella musica colta del Sei/Settecento, soprattutto a seguito della moda pastorale coltivata dall’aristocrazia francese. In Italia rimase in uso fino all’inizio del XX secolo, ma oggi è stata vigorosamente riproposta nell’ambito della conservazione e valorizzazione del folklore e della cultura popolare locale.

E - RESTAURO E MANUTENZIONE

E’ questo un settore sempre più rilevante nella pratica musicale dove va ad affiancare (talvolta addirittura predominando) la costruzione di strumenti nuovi. Il fatto è collegabile ovviamente alla natura delle proposte musicali d’arte (concerti, opere teatrali, musica da camera) che si indirizzano in maggioranza verso i repertori del passato piuttosto che alla produzione compositiva dei nostri giorni, rendendo auspicabile ed in qualche caso necessaria l’adozione di strumenti adeguati agli stili e alle tecniche d’un tempo passato.

Questa scelta di ordine sociale e culturale comporta talvolta l’utilizzazione di strumenti dell’epoca nella quale il brano musicale era stato creato; ad esempio, per le interpretazioni delle composizioni di stile “barocco” sono sempre più numerosi i gruppi musicali che preferiscono dotarsi di strumenti cosiddetti d’epoca, siano essi veri e propri originali del tempo oppure riproduzioni fedeli di modelli antichi.

E’ evidente come la riproposizione di simili strumenti comporti un lavoro molto specialistico di artigiani capaci di ripetere con fedeltà i modelli del passato oppure, ancor più spesso, di restaurare filologicamente gli strumenti conservatisi in condizioni ancora utilizzabili.

L’intervento artigianale è, nel caso del restauro, complesso e delicato. Richiede anzitutto conoscenza e competenza storica per determinare con esattezza natura e appartenenza di uno strumento ad un’epoca, ad uno stile, ad un’area geografica precise. Esige poi rilevanti capacità tecnico-analitiche, per individuare nello strumento stesso il nucleo originale distinguendovi le eventuali modifiche o alterazioni successive. Comporta una non comune capacità decisionale per mettere a fuoco e risolvere l’eterna problematica dei restauri: ritorno integrale all’originale oppure salvaguardia delle modificazioni e aggiunte posteriori? Non è quesito da poco in ogni caso e per ogni oggetto antico; nel campo musicale è ancor più delicato, in quanto, come più volte affermato, gli strumenti non sono soltanto beni da contemplare esteticamente, ma da utilizzare nella pratica esecutiva della musica. La loro peculiare funzionalità comporta modifiche per usarli, determinando alterazioni degli originali spesso assai profonde e purtroppo, per le epoche trascorse, non sempre reversibili. Per fare uno dei tanti possibili esempi, ancorché banale, una canna d’organo accorciata tagliandola per adeguarne la sonorità a un nuovo assetto dello strumento, non è più ripristinabile riportandola all’originaria lunghezza. Mentre, per altro verso, potrebbe essere consigliabile la salvaguardia, anziché la rimozione, di un sistema di chiavi aggiunte sul canneggio di uno strumento a fiato, di per sé reversibile ma comunque tale da non compromettere la funzionalità dello strumento stesso.

E’ quasi superfluo consigliare l’opportunità che il restauratore presenti un’accurata relazione storica, descrittiva, tecnica, accompagnata da un preciso progetto di intervento, con opportuni e quanto più doviziosi documenti d’appoggio.

Competenza, prudenza, rispetto dell’esistente, fantasia non arbitraria di possibili soluzioni, accuratezza tecnica, estrema attenzione alla reversibilità degli interventi: ecco la serie di qualità indispensabili affinchè un restauro assuma carattere positivo e non distruttivo.

Con l’avvertenza che doti analoghe si richiedano, seppure in misura meno elevata, anche per tutti gli interventi di manutenzione degli strumenti o di riparazione degli inconvenienti cui l’uso frequentemente li espone.

Le sommarie descrizioni sin qui tracciate servono soprattutto a meglio identificare e delineare i campi nei quali può intervenire l’attività artigianale, sia per la costruzione degli strumenti propriamente detti sia per gli accessori necessari, con speciale riferimento ai bocchini degli ottoni, alle ance di alcuni legni, agli archi della famiglia dei violini.

Le indicazioni particolari, quali ad esempio i tipi di materiali solitamente usati, hanno invece carattere non tanto di esclusione (si potrà sempre trovare qualche materiale fors’anche migliore per gli scopi prefissati) quanto piuttosto di individuazione del lavoro a carattere artigianale di elevato contenuto artistico: non potendosi qualificare come tale ad esempio lo stampaggio di materiali plastici talvolta usati per strumenti di basso livello musicale oppure destinati al gioco.

Per quanto riguarda le tecniche di lavorazione si deve sottolineare l’ormai acquisita trasformazione di taluni strumenti rispetto alle loro lontane origini: ad esempio, come già osservato, i flauti traversi, che dall’utilizzazione un tempo esclusivamente del legno sono passati all’adozione di strutture analoghe ma in fusione di metallo; mentre, per fare un altro esempio, alcuni strumenti particolarmente complessi prevedono l’impiego di vari tipi di materiali, sia lignei sia metallici sia membranacei. E’ ovvio che, nell’indicare quali attrezzi e quali tecniche debbano ritenersi tipici per la lavorazione artigianale, i riferimenti vadano a incrociarsi non sempre rispettando le categorie di classificazione degli strumenti.

A completamento della lunga parte descrittiva dei vari comparti in cui si possono raggruppare gli strumenti musicali e nei quali vanno a coordinarsi le attività di costruzione e di restauro, si è ritenuto utile aggiungere, nelle pagine che seguono, due contributi più specifici provenienti da operatori di settore e riguardanti natura e modalità di realizzazione artigianale di strumenti a fiato e di strumenti ad arco. Contributi da consultare quali documentazioni per chiarire la complessità delle competenze e delle tecniche di lavorazione richieste nei campi specifici. La loro scelta non vuol avere alcun carattere di esaustività, lasciando aperta ogni possibilità di allargamento ad altre trattazioni analoghe, ugualmente complesse e delicate. La commissione ha comunque ritenuto opportuno inserire già nel disciplinare questi due documenti per i quali si ringraziano in modo particolare Roberto Zolla (strumenti a fiato) e Sergio Bonino (strumenti ad arco).

STRUMENTI A FIATO

Per quanto riguarda i metodi di lavorazione, possiamo dividere gli strumenti a fiato in due tipologie costruttive:

* Strumenti con corpo in legno

* Strumenti con corpo in metallo

STRUMENTI CON CORPO IN LEGNO

Gli strumenti a fiato con corpo in legno (cosiddetti legni) più conosciuti sono: il clarinetto, il flauto, l’oboe, il fagotto, il controfagotto e genericamente i pifferi.

Le essenze legnose utilizzate per la loro costruzione devono essere di notevole durezza e porosità molto fine. Il legno deve essere opportunamente stagionato e trattato con oli speciali ed altri prodotti idonei a renderlo impermeabile e resistente all’umidità ed all’eccessiva secchezza. I legni solitamente usati sono: l’ebano, il palissandro, il cocobolo, l’ulivo, l’acero e il bosso. Più raro è l’utilizzo del pero, del maggiociondolo ed altri.

E’ indispensabile che il legno usato sia sempre di prima qualità per questo occorre curare fin dal taglio dell’albero ogni particolare utile alla perfetta stagionatura e conservazione. Dopo un primo periodo di stagionatura dei tronchi per almeno cinque anni si può procedere a ritagliare in forma di tavole o parallelepipedi (quadrotti) di dimensione adatta alla realizzazione dello strumento desiderato. Prima di iniziare le operazioni di foratura del canneggio e di tornitura è necessario concludere la fase di stagionatura.

Le lavorazioni al tornio vanno eseguite con utensili perfettamente affilati onde ottenere superfici ben levigate e conservare intatte le fibre del legno; la stessa attenzione deve essere prestata per la creazione del canneggio interno, per la foratura dei toni e per i fori filettati sui quali vanno avvitate le colonnine (supporti) che portano le chiavi . Le colonnine realizzate normalmente in alpacca od ottone tornite, dopo essere state avvitate sul corpo dello strumento, devono essere lavorate manualmente sul tornietto da banco, con la foratura, la filettatura e la fresatura nella parte distale sferica. Sul gambo della colonnina si praticano, sempre manualmente, i fori centesimali nei quali si infilano le molle ad ago che assicurano il movimento di ritorno delle chiavi. I fori per le note devono essere leggermente conici e svasati nella parte interna del canneggio per favorire una perfetta fuoriuscita dell’aria.

Normalmente gli strumenti in legno sono formati da più pezzi che si innestano tra di loro. Le parti terminali devono essere lavorate ad incastro maschio (spina) e femmina (bicchiere). Le spine sono ricoperte da un sottile strato di sughero applicato in una apposita incavatura preparata sul tornio. In questo modo si ottiene una chiusura a tappo che garantisce una perfetta tenuta delle giunzioni.

Nell’incavatura delle spine degli strumenti antichi invece del sughero veniva arrotolato filo di cotone simile all’attuale filo da cucito; é auspicabile che nel restauro di questi strumenti si recuperi il medesimo metodo.

La meccanica delle chiavi applicata al corpo dello strumento è generalmente in alpacca od ottone.

Le caratteristiche costruttive delle chiavi sono uguali, sia per gli strumenti con corpo in legno, sia per gli strumenti con corpo in metallo.

STRUMENTI CON CORPO IN METALLO

La maggior parte degli strumenti con corpo in metallo è costituita dai cosiddetti Ottoni, che comprendono le famiglie dei Flicorni, Corni, Cornette, Trombe, Tromboni, Bassi a tracolla e Susafoni.

I Saxofoni, pur non essendo classificati tra gli ottoni, sono costruiti interamente in metallo.

I Flauti traversi oggi sono costruiti solitamente in metallo.

I Clarinetti, i Fagotti e i Controfagotti, storicamente con corpo in legno, possono anche essere costruiti con corpo in metallo. Altri strumenti in metallo, oggi peraltro in disuso, sono i Sarrusofoni ed i Contrabbassi ad ancia.

I metalli normalmente usati sono l’ottone e l’alpacca. Più raro è l’utilizzo di rame, argento, oro ed altre leghe speciali.

La lamiera usata per la costruzione dei canneggi varia di spessore a seconda del tipo di strumento. Per gli ottoni si usano generalmente spessori da mm 0,5 a 0,8; per i saxofoni spessori da mm 0,7 a 0,8; per i flauti spessori di mm 0,5; per i clarinetti spessori di mm 1,00.

Durante le operazioni di imbutitura, levigatura e lucidatura si asportano normalmente da mm 0,1 a 0,2 di spessore del materiale.

Per la costruzione di una canna diritta si procede nel modo seguente.

Si appoggia sul foglio di lastra il modello campione e seguendone il perimetro si disegna la forma incidendola con una punta di acciaio. Si ritaglia con cesoie particolarmente affilate la sagoma disegnata che, nel caso di canna cilindrica sarà a forma rettangolare, nel caso di canna conica sarà a tronco di piramide. Si procede arrotolando la lastra manualmente o servendosi di una calandra e si ottiene una forma approssimativamente circolare. Importante è unire perfettamente i due lembi della lastra che devono essere tenuti fermi con lacci di filo di ferro o molle a pinza prima di procedere alla saldatura (brasatura). La saldatura di una canna deve essere eseguita utilizzando leghe di ottone di durezza e colore molto simili al materiale utilizzato, poiché a lavoro ultimato la saldatura sul corpo dello strumento non deve notarsi. Per eseguire una buona saldatura di un canneggio occorrono esperienza e capacità manuali non comuni. Ottenuta così una canna rudimentalmente tonda si procede alla battitura della saldatura con appositi martelletti a testa tonda per verificarne l’omogeneità. la compattezza e la resistenza. Si procede all’imbutitura con l’apposita forma di acciaio, battendo la lastra con mazzuole di legno o di gomma o di cuoio e completando poi l’operazione con imbutitori di acciaio a sezione semicircolare fino ad ottenere una canna a sezione perfettamente tonda. La passata finale può essere agevolata dall’uso di una trafila stirando la lastra con forme di piombo o alluminio cotto. La lavorazione si conclude con la levigatura e la lucidatura.

Per ottenere una canna curva si procede colando del piombo o della pece (raramente altri prodotti) all’interno di una canna diritta. Quando il materiale si è raffreddato si procede alla curvatura utilizzando attrezzi (piegatubo) realizzati appositamente dall’artigiano per ogni singolo tipo e grandezza di curva.

L’operazione di levigatura di una canna curva è complessa perché la piegatura presenta spesso delle imperfezioni che devono essere eliminate procedendo con sfere di acciaio all’interno della canna e con appositi martelletti e imbutitori semicircolari sulla superficie esterna.

Una curva tornante a 180° è di difficile realizzazione specie se molto stretta. In questo caso essa si realizza stampando le due metà che chiameremo guscio destro e guscio sinistro. La creazione dei gusci si ottiene con l’utilizzo di stampo da applicare a un bilanciere o a una pressa idraulica.

Le due forme di sezione semicircolare ottenute devono essere rifilate con le cesoie e adattate perfettamente l’una all’altra e fermate con lacci di filo di ferro o molle a pinza, per poi essere saldate e imbutite su apposite forme di acciaio così come descritto per la creazione di una canna diritta.

La creazione del padiglione o campana segue gli stessi criteri e tecniche di lavorazione del canneggio e della curva ma il lavoro di imbutitura e stiratura della lastra viene eseguita quasi interamente al tornio. La tecnica è simile a quella per la lavorazione di manufatti come piatti, vasi e coppe di rame, peltro o altri metalli duttili. L’estremità della campana termina con un bordo ad anello ottenuto rivoltando ed arrotolando su se stessa la lamina metallica . L’operazione si esegue al tornio collocando all’interno dell’anello un filo di metallo crudo del diametro di mm 2 / 2,5, solitamente di alpacca o di ottone, che lo rende più rigido e meno deformabile.

E’ indispensabile che, durante l’operazione di battitura e imbutitura delle canne, delle curve o storti ed in particolare delle campane, il materiale sia ripetutamente ricotto per evitare che il suo indurimento renda impossibile la lavorazione; se non ricotta, la lamina si romperebbe rendendo il manufatto inutilizzabile.

Negli strumenti con corpo in metallo e meccanica a chiavi (saxofoni, flauti ecc.) i fori dei toni o caminetti (grani) possono essere estratti dalla lamina del corpo stesso dello strumento, oppure preparati a parte, fissati al fusto e saldati. Quest’ultimo è il metodo artigianale più antico. Gli Ottoni raramente hanno chiavi, oggi sostituite abitualmente dalla macchina che può essere a pistoni con movimento verticale o a cilindri con movimento rotatorio orizzontale.

La lavorazione dei pistoni e dei cilindri deve essere eseguita utilizzando macchine rettificatrici di alta precisione, quanto meno centesimale.

La cameratura esterna si costruisce normalmente in ottone, mentre il pistone ed il cilindro devono essere di materiale diverso o comunque più duro, come l’alpacca o leghe simili a quelle usate per la coniatura delle monete; questo per favorire lo scorrimento. Un pistone o cilindro costruito nello stesso materiale della cameratura esterna finirebbe per incepparsi (gripparsi) se non fosse protetto da una lamina metallica (ad esempio nichel-cromo) applicata con processo galvanico.

Il pistone si aziona pigiando un tasto a forma di bottone avvitato ad uno stelo fissato al pistone. Una molla a spirale verticale in filo d’acciaio armonico contenuta nella cameratura assicura il ritorno del pistone nella posizione iniziale di riposo. Il cilindro si aziona pigiando una chiave a doppio snodo saldata ad un piccolo contenitore cilindrico (tamburo) che contiene una molla piatta a spirale orizzontale che assicura il ritorno del cilindro nella posizione di riposo.

La funzione del pistone o del cilindro è quella di aprire o chiudere circuiti supplementari di aria nei canneggi, allungando od accorciando la lunghezza della colonna d’aria contenuta nello strumento, dando così luogo al cambiamento della nota musicale.

Assiematura e saldatura chiavi è detta in gergo costruttivo la lavorazione della meccanica delle chiavi applicate al corpo dello strumento.

Ogni chiave è normalmente composta da almeno tre pezzi (leva-fulcro-piattello) assiemati e saldati fra loro con lega di saldatura ad alta percentuale d’argento.

I vari pezzi che compongono una chiave possono essere ottenuti con metodologie diverse: forgiatura manuale, fusione in terra, microfusione, stampatura meccanica, pressofusione, taglio laser ecc., ma in ognuno di questi casi è poi indispensabile una notevole esperienza e capacità manuale per il processo della lavorazione di finitura che comprende la limatura, la saldatura, la levigatura e la lucidatura.

Il processo di preparazione delle chiavi si conclude con la montatura di grezzo o collaudo delle stesse, ognuna sul singolo strumento, collocandole sugli appositi supporti (colonnine) lavorati e saldati o avvitati al corpo dello strumento a seconda che questo sia di metallo o di legno. Le chiavi devono essere avvitate alle colonnine con viti a punta o con perni a vite, anche questi collocati ognuno nel proprio posto e collaudati.

Con questa fase di lavorazione si ottiene lo strumento finito ma grezzo. Si procede allora allo smontaggio di tutte le parti e prima di iniziare la lucidatura si eseguono le decorazioni del fusto che negli strumenti in legno di solito si limitano all’incisione o stampo del marchio di fabbrica, con eccezione per alcuni strumenti popolari dove a volte si eseguono incisioni ed intarsi.

Su strumenti con corpo in metallo si eseguono frequentemente decorazioni eseguite con cesello e bulino, con tecniche rigorosamente artigianali.

Dopo la lucidatura del corpo e delle chiavi eseguita con spazzole di tela impregnate con paste abrasive e brillantanti, si procede alla verniciatura a stoppino per i legni ed a spruzzo per i metalli; le vernici possono essere naturali oppure dorate o argentate o altro per impreziosire l’estetica dello strumento, ma anche per ottenere particolari timbri di suono.

La montatura di fino (negli strumenti a chiavi) e l’allestimento (negli strumenti a pistoni o cilindri) costituiscono il montaggio finale con applicazione di tutte le parti: viti, regolatori, molle, sugheri, tasti, madreperle, rotellini, tamponi di pelle ai piattelli, ecc. L’operazione deve sempre essere eseguita con metodologie rigorosamente artigianali.

IL BOCCHINO

Il bocchino riveste un ruolo fondamentale negli strumenti a fiato perché incide sia sull’emissione sia sulla qualità del suono. Vi sono due categorie di bocchini:

* ad ancia semplice battente, utilizzati nei clarinetti e nei saxofoni;

* a tazza, utilizzati negli ottoni.

Fanno eccezione gli strumenti appartenenti alla famiglia degli oboi e dei fagotti e alla famiglia dei flauti. I primi non necessitano del bocchino perché l’imboccatura è costituita dall’ancia doppia . I secondi perché l’imboccatura non è altro che un foro di varia forma praticato sul corpo dello strumento e si chiama imboccatura naturale a tacca perché il suono si forma per l’urto dell’aria contro lo spigolo del foro suddetto.

I bocchini ad ancia battente sono costituiti da un piano inclinato ove poggia l’ancia propriamente detta, una finestra attraverso la quale la vibrazione emessa dall’ancia si trasmette alla colonna d’aria dello strumento, una apertura che consente all’ancia di oscillare creando la vibrazione sonora.

I bocchini a tazza sono costituiti da un appoggio ove poggiano le labbra, una tazza dove si forma il suono, un foro attraverso il quale la vibrazione sonora passa dalla tazza alla penna che, essendo conica, permette sia l’inserimento del bocchino nella canna d’imboccatura sia la trasmissione della vibrazione sonora alla colonna d’aria dello strumento.

Le forme e la proporzione dei volumi interni hanno una grande influenza sia sul timbro sia sull’intonazione dello strumento.

Benché le attuali tecniche di produzione consentano di effettuare a macchina la maggior parte delle lavorazioni, la rifinitura manuale, specialmente per i bocchini ad ancia battente, è indispensabile per ottenere un funzionamento ottimale. Per questo motivo a chi opera nel settore è richiesta grande abilità manuale e approfondita conoscenza del funzionamento.

I bocchini per i clarinetti normalmente sono realizzati in ebanite, materie termoplastiche, vetro, legno; i bocchini per i saxofoni, oltre ai materiali già citati, possono utilizzare leghe metalliche quali ottone, bronzo, monel, silverite, ecc.

I bocchini a tazza per gli ottoni sono normalmente realizzati in ottone, ma recentemente sono stati sperimentati materiali diversi come il legno, il vetro ed alcune materie plastiche di recente introduzione.

Esistono tre tipi di tecniche di produzione:

- lavorazione meccanica con asportazione di truciolo con utilizzo di materie plastiche, leghe metalliche, legno;

- fusione in stampi con utilizzo di leghe metalliche o vetro;

- stampaggio ad iniezione con utilizzo di materie termoplastiche.

Quest’ultimo tipo di lavorazione è finalizzato alla produzione in grande serie con massima riduzione dei costi. Il risultato finale non è però collocabile nella fascia di prodotti di alta qualità perché le operazioni di rifinitura manuale non sono riproducibili con la tecnologia oggi a disposizione.

STRUMENTI AD ARCO: ELEMENTI E COSTRUZIONE DEL VIOLINO

Per la purezza della forma, la semplicitá del materiale impiegato e la bellezza del suono il violino rappresenta un apice tra gli strumenti musicali.

In Piemonte la storia costruttiva del violino ha radici e pecularietá cosí straordinarie in grado di evidenziare fino ad oggi una tradizione di livello altissimo, a volte addirittura non suscettibile di alcuna possibilitá di paragone se confrontata con altre celeberrime scuole. Un esame approfondito ci rivela non soltanto quanto gli strumenti differiscano singolarmente a seconda dell’artefice maestro liutaio ma anche secondo l’evolversi nel tempo di scuole e discendenze.

In realtà la semplicitá della struttura del violino è illusoria. Difatti essa è in sintesi il frutto di un’evoluzione che in Piemonte procede da circa quattro secoli ad opera di una discendenza di liutai non interrotta. Un firmamento di stelle piú o meno note, tra le quali brillano i nomi di grandi capiscuola quali i Cappa, i Pressenda o la grande dinastia dei Guadagnini.

I pezzi di cui un violino si compone sono circa settanta. Raggruppandoli nelle parti essenziali dello strumento emergono: il corpo e, ad esso incollato, il manico, allungato dal cavigliere col riccio.

Il corpo è foggiato a forma di cassa vuota, lunga generalmente 35,5 cm., costituita dal fondo e dalla tavola e, ai lati, dalle fasce che si adattano esattamente ai contorni dello strumento. Il fondo e la tavola possono essere costituiti ciascuna da uno o due pezzi di legno, mentre le fasce si dividono in due curve superiori, due curve inferiori e due curve interne.

IL MODELLO

La costruzione del violino parte generalmente da un modello, detto forma. La forma è un attrezzo, una struttura attorno alla quale (forma interna) o all’interno della quale (forma esterna) il liutaio assemblerá il corpo dello strumento e le fasce. Questo modello, disegnato dal liutaio con proporzioni a volte personali, ricalca spesso i modelli dei grandi liutai della storia. Solitamente la forma è costruita in legno di noce o altro legno duro affinché non si alteri nel tempo.

GLI ATTREZZI

Gli attrezzi adoperati dal liutaio nella costruzione del violino sono numerosi e a volte particolari o complessi.

La sega, le pialle, che partono dalle piú grandi lunghe circa 50 cm., utili per spianare le superfici piú ampie, fino ai pialletti di 2 cm. con lama piatta o tonda per la finitura della tavola. Le sgorbie, una quindicina, di diversa grandezza e curvatura, per le operazioni di sgrossatura e scavatura della tavola e del fondo. Le lime, piatte, tonde, semitonde, ovali che possono essere bastarde o dolci, per le finiture, quelle a coda di topo; poi: i coltelli, il graffietto, gli scalpelli, il traforo, morsetti e morsettini, le rasiere per le finiture, lo spessimetro per controllare gli spessori, il bedano per il filetto, il ferro dell’anima, l’alesatore per i fori dei piroli, il temperino, il ferro piegafasce, oltre a righe, squadre, mollette ed altri attrezzi normali nella lavorazione del legno.

È ovvio che il liutaio si serve di un banco di lavoro provvisto di morse, solitamente una verticale e una orizzontale.

IL LEGNO

I legni adoperati prevalentemente per la costruzione del violino sono oggi l’acero, l’abete rosso maschio, l’ebano, il pioppo, il salice.

L’acero montano, marezzato, viene impiegato per costruire il fondo, il manico e le fasce.

L’abete rosso maschio si usa per la tavola armonica e per la catena. Spesso viene usato per i blocchetti e le controfasce.

L’ebano, del Gabon, si adopera per la reggicordiera, il capotasto, la tastiera e, talvolta, per la cordiera, la mentoniera, il bottone e i piroli.

Pioppo e salice vengono usati normalmente per le controfasce ed i tasselli (o blocchetti). Se presentano caratteristiche particolari di marezzatura, omogeneità, bellezza, possono essere usati per il fondo.

LA COLLA

Il liutaio nell’assemblaggio delle varie parti del violino fa uso di colle forti, ottenute dalle ossa di grandi animali, aventi caratteristiche di elasticità e inalterata tenuta nel tempo.

LA TAVOLA E IL FONDO

La prima operazione fatta dal liutaio nel costruire un violino è di unire, incollandoli, tanto per la parte superiore (tavola) che per la parte inferiore (fondo), due pezzi di legno di abete rosso e due pezzi di acero marezzato; a volte, disponendo di tagli di legno sufficientemente grandi, tavola e fondo possono essere in un unico pezzo. Gran parte delle qualitá sonore ed estetiche del violino appena abbozzato dipenderanno da questa scelta iniziale del legno e non è senza ragione che i grandi centri liutai sono prossimi alle regioni alpine. Infatti la resa acustica dello strumento è anche determinata dalle qualità sonore dell’abete rosso impiegato.

Un buon legno di risonanza deve innanzi tutto possedere omogeneitá di struttura e densitá regolare, proprietà possedute dagli alberi cresciuti nelle regioni alpine nelle quali il suolo magro ed arido non facilita una crescita rapida e di conseguenza una venatura troppo larga. Una venatura a decorso regolare, parallelo e piuttosto stretto è giá presagio di un buon suono.

Il legno della tavola viene tagliato in direzione del cuore del tronco (“taglio radiale” o “a spicchi”). L’occhio del liutaio esperto sa riconoscere le qualitá sonore del legno, ottenendo conferma percuotendolo semplicemente col dito; ogni tavola produce un suono proprio.

Altrettanta cura verrá posta per la scelta del legno per il fondo. Il taglio del fondo avviene come per la tavola quasi sempre ad anello (taglio radiale) e pertanto appariranno gli strati concentrici dovuti alla crescita irregolare dell’acero nelle stagioni e negli anni, producendo il piacevole effetto ottico della “fiamma” della marezzatura che appare sul fondo dello strumento finito. Va detto che in numerosi violini antichi il taglio si presenta non radiale ma “tangenziale” evidenziando un disegno meno regolare del fondo ed insieme una minor resistenza del fondo stesso agli urti accidentali.

Poiché le fasce, con il manico che si allunga con il cavigliere e la voluta del riccio, sono di acero altrettanto che il fondo, ogni liutaio attribuisce grande importanza a che questi elementi si armonizzino esteticamente tra di loro, avendo cura che la fiamma del fondo dia l’impressione di proseguire sulle fasce e sul manico.

LE FASCE

Le fasce sono, come accennato, dello stesso legno del fondo, in numero di sei elementi da piegare ed applicare alla forma, previa perfetta piallatura, fino ad ottenere uno spessore di mm. 1/1,2. Si congiungono tra loro in corrispondenza delle punte.

La piegatura delle fasce è operazione delicata che avviene con l’uso di un ferro sagomato (piegafasce) e riscaldato opportunamente. Verranno applicate alla forma prima le piú piccole, quelle delle “C”, poi quelle superiori e quelle inferiori. È importante ai fini estetici che il senso della marezzatura delle fasce sia continuazione di quella del fondo.

LE CONTROFASCE

Dopo l’incollatura delle fasce si procede con l’incollatura delle controfasce nella parte interna delle fasce, creando cosí l’alloggiamento per il fondo.

Il legno usato è il salice, preferito quasi sempre al tiglio perché piú leggero.

LA SCULTURA E LA BOMBATURA

Spesso il profano che osserva un violino è portato ad immaginare che la bombatura del fondo e della tavola sia stata ottenuta con qualche artificio di pressatura del legno, come avviene per lo stampaggio degli oggetti di plastica. In realtà la bombatura deriva dalla scalpitura di una tavola di legno pieno e spesso all’incirca 2 centimetri.

Il liutaio dedica ore di attenzione e di lavoro per dare la forma “bombata” tanto all’esterno che all’interno di tavola e fondo.

La scultura procede prima con le sgorbie, poi con i pialletti ed infine con le rasiere, misurando continuamente con lo spessimetro il suo avanzamento; si dará cosí la forma ideale e lo spessore voluto alle parti, tenendo conto che lo spessore massimo del fondo nella zona centrale sará di mm 4,5, fino ad un minimo nella parte alta di mm 2,4 - 2,6 e, nella parte inferiore, di mm 2,6 - 2,8. Altrettanto la tavola a bombatura ultimata avrá uno spessore di circa mm 3 che scenderanno a mm 2,5 nella parte alta e mm 2,6 nella parte bassa, per salire a mm 4 - 5 verso il bordo.

La scelta e la distribuzione degli spessori tanto della tavola quanto del fondo ed il loro digradare sono compito delicatissimo del liutaio che dovrá fare le sue scelte in relazione alla stagionatura, alla qualità, alle caratteristiche del legno impiegato. Ad esempio un fondo ricavato dalla parte di acero esposta a nord avrá caratteristiche diverse da quello ricavato dalla parte esposta a sud del medesimo albero.

Sia per la tavola sia per il fondo la capacitá vibratoria varia con lo spessore e, a paritá di spessore, a seconda che il taglio del legno sia tangenziale o radiale.

Nei violini dei grandi maestri italiani frequentemente tavola e fondo sono intonati (vibrano) sulla medesima nota; altre volte la tavola ha, rispetto al fondo, una intonazione piú bassa di una quinta.

LE EFFE

La tavola è forata da due aperture a forma di “effe”. Sono intagli che permettono il corretto irradiamento delle vibrazioni acustiche provenienti dall’interno dello strumento. Hanno grande importanza estetica per lo stile dello strumento ma anche importanza acustica perché favoriscono con la loro forma allungata e la posizione longitudinale la propagazione delle vibrazioni nel senso delle fibre del legno.

LA CATENA

Sulla faccia interna della tavola, a sinistra dell’asse centrale, terminata la scultura, viene incollata la catena o barra, lungo stelo di legno posto nel senso longitudinale a sostenere la volta della tavola. La catena, di abete a venature strette, ha una funzione meccanica nel fare da contrappeso alla pressione esercitata dalle corde del sol e del re attraverso il ponticello e consolidare la volta della tavola; inoltre ha una funzione acustica nell’indirizzare il flusso delle vibrazioni. È un poco piú spessa al centro che alle estremitá; nel corso del tempo le sue dimensioni hanno subito molte variazioni. L’attuale timbro del violino è in parte determinato dall’impiego di catene spesse.

IL FILETTO

Fin dall’epoca dei liutai classici, lungo il bordo della tavola e del fondo viene inserito il filetto: é costituito da due strati di ebano che inglobano una striscia di acero o di pioppo un poco piú spessa. La funzione è principalmente decorativa ma vi è anche un’utilitá pratica perché il filetto limita il propagarsi di eventuali spaccature conseguenti alla vetustá dello strumento o a traumi accidentali subiti dallo stesso.

Il filetto viene applicato a incastro, come nel lavoro a intarsio, dopo aver scavato a pochi millimetri dal bordo ed alla perfezione il solco o canale di alloggiamento.

IL MANICO E LA TESTA

Per la costruzione del manico e della testa viene usato lo stesso tipo di legno del fondo e delle fasce; generalmente un blocco di acero di taglio radiale.

Il liutaio traccia sui due lati del blocco di legno con una punta da segno il contorno del manico e della chiocciola (riccio); quindi con la sega “a voltino” eseguirá la prima sbozzatura. Poi con gli scalpelli, le sgorbie, le pialle, le lime otterrá la sagoma del manico e della testa.

Il riccio (o ricciolo o chiocciola) è l’elegante voluta in cui il cavigliere si affila nella parte terminale: riflette particolarmente la personalitá e il gusto del liutaio esperto. Egli si dedica prima alla scultura delle volute dei fianchi e del dorso della chiocciola; pian piano prenderá forma il primo giro della chiocciola, poi il secondo, concludendo nel bottone centrale, rispettando sempre le misure del modello e del disegno. In alcune scuole di liuteria il riccio può assumere altre forme (ad esempio zoomorfe).

LA CASSETTA DEI PIROLI

Viene scavata sgrossando con il trapano e poi pulendo il fondo e i lati (ganasce). Infine si procede alla foratura delle sedi dei piroli adoperando la punta di un trapano e quindi l’alesatore conico. Nel cavigliere (cassetta dei piroli) passano i quattro piroli (o bischeri), generalmente di ebano come il capotasto. L’ebano appare il piú adatto a sopportare le tensioni e le pressioni esercitate dalle corde. I piroli (a sezione conica) regolano per rotazione e pressione la tensione delle corde.

Solo a questo punto il liutaio potrá passare alla finitura del dorso della testa. Con sgorbie e rasiere curerá la perfetta simmetria dei due lati sgusciati rispetto alla mezzeria.

INCASTRO DEL MANICO

Anche questa è un’operazione molto delicata. Prima verrá scavata la sede dell’incastro sulla cassa (cioè sulla tavola, sulle fasce fino alla nocetta) tenendo rigorosamente conto delle distanze in quanto esse determinano l’intonazione dello strumento. Il manico verrá incollato nell’incastro e poi si rifinirá. Si procederá quindi all’incollaggio della tastiera. Poiché il manico è leggermente rovesciato rispetto all’asse della cassa anche l’inclinazione della tastiera viene ad essere predeterminata in modo che quest’ultima corrisponda all’altezza del ponticello.

A questo punto lo strumento (in bianco, cioè non verniciato) è pronto per la montatura finale, inserendo l’anima, il bottone, i piroli, piazzando il ponticello, le corde, la cordiera; finalmente si potrá udire la sua voce e fare un esame acustico.

IL PONTICELLO

Per la densitá del suo legno, la sagoma, lo spessore e soprattutto la sua altezza, il ponticello, di acero, esercita un’influenza capitale sulla qualitá del timbro. Non deve meravigliare se si osserva una cura tutta particolare e un gran dispendio di tempo nel taglio e nella sistemazione di un buon ponticello.

L’ANIMA

E’ un piccolo cilindro di legno di abete stagionato di 10 - 12 anni, con un diametro di circa mm 6, a venatura stretta e parallela. Posta e incastrata tra fondo e tavola e da essi sostenuta viene introdotta nello strumento e rizzata con apposito ferro.

Quando l’archetto tocca le corde il ponticello comunica le vibrazioni alla tavola armonica e, per mezzo dell’anima, al fondo. La catena trasmetterá le vibrazioni del piede sinistro del ponticello alla superficie della tavola; il piede destro del ponticello, che è posto proprio un po’ avanti (circa mm 3) rispetto all’anima e sotto le corde acute, comunica prima di tutto le vibrazioni di queste corde al fondo dello strumento.

Il minimo spostamento dell’anima provoca una modifica del timbro. Avvicinandola al ponticello i suoni si fanno piú chiari e penetranti, allontanandola la sonoritá si fa piú cupa. Lo spostamento verso il centro dello strumento addolcisce le corde acute e vivacizza le corde basse.

Il rapporto delle distanze comprese fra il capotasto e il tallone del manico da una parte, tra il tallone e il ponticello dall’altra, cosí come la lunghezza delle corde vibranti, dal ponticello al capotasto, danno il cosiddetto diapason dello strumento.

LA VERNICIATURA

Eseguita con successo la prova acustica dello strumento bianco, lo si lascia riposare per qualche settimana e poi si procede alla verniciatura: questa lo proteggerà nel tempo e dovrà essere tale da non alterarne le qualitá acustiche e nel contempo evidenziare la bellezza delle marezzature del fondo e degli altri particolari.

Il violino viene verniciato prima con alcune “mani” di vernice trasparente. La verniciatura proseguirá poi, mano dopo mano, usando vernice colorata a olio o ad alcool. Ogni applicazione richiederá una successiva levigatura.

L’aspetto iniziale un poco insignificante, dopo le prime cinque o dieci mani di vernice andrá modificandosi col sovrapporsi delle applicazioni (anche piú di trenta), fino ad avvicinarsi al risultato desiderato.

L’ARCO (O ARCHETTO)

La forma attuale dell’arco rappresenta il risultato di una lunga evoluzione, da quando (sec. VII / IX) giunse in Europa provenendo da Oriente: dalla configurazione primitiva concava (come in un comune arco di frecce) si giunse verso la metà del Settecento alla forma leggermente convessa tuttora in uso. Le sue parti essenziali sono: la bacchetta, l’alzo, la vite e i crini.

La bacchetta moderna, generalmente in legno di pernambuco (“Caesalpinia Echinate”, latifoglia di origine brasiliana), è di sezione ottagonale o rotonda; la parte piú incavata della curva non si trova al centro, ma ad un terzo della lunghezza oltre la testa. La bacchetta si assottiglia, procedendo dalla base (tallone) verso la cima (punta), secondo una regola calcolata esattamente e si allarga di nuovo nella testa. Questo serve a fissare i crini all’estremitá superiore dell’arco con una bietta di legno e regola allo stesso tempo con la sua altezza la convessità della bacchetta.

Dopo il taglio e la lavorazione, interviene la “curvatura” del legno scaldato a fuoco; le ultime correzioni che concernono lo spessore e la curvatura stessa, necessari alla regolazione delle divisione del peso, sono apportate quando l’alzo e la fornitura vengono montati.

Negli archetti moderni il centro di gravitá si colloca a circa 25 centimetri dall’estremitá inferiore della bacchetta. La testa, tagliata solo dopo la curvatura, è generalmente ricoperta sulla mortasa da una placchetta d’avorio. La ciocca di crini termina in un piccolo spazio vuoto della testa, ove è ancorata per mezzo di un cuneo.

Si inietta la bacchetta rimasta in legno grezzo fino all’ultima nervatura, poi la si impregna di uno strato d’olio e talvolta la si vernicia o la si leviga.

Il posto dove si poggiano le dita è generalmente protetto da un filo metallico arrotolato attorno alla bacchetta. Una guaina di cuoio posta su questo filo metallico offre alle dita un appoggio migliore.

L’alzo serve a tendere i crini e a garantire uno spazio sufficiente tra questi e la bacchetta. Esso è quasi sempre in ebano o in tartaruga, talvolta in avorio, arricchito di guarnizioni di oro, argento o argentone e ferma i crini all’estremitá inferiore dell’arco.

I crini passano in un anello o passante, prima di terminare nella mortasa, dove la ciocca è fissata con una zeppa di legno. L’alzo scorre grazie ad una vite posta in un foro aperto nel tallone della bacchetta. Il bottone della vite è in parte o interamente ricoperto di metallo. La madreperla in genere serve a rivestire il di sotto dell’alzo, l’occhio o altri ornamenti.

La lunghezza totale dell’arco per il violino è di circa 74 centimetri; per gli strumenti più grandi della famiglia (viola, violoncello e contrabbasso) gli archi sono proporzionalmente più corti e robusti.

I crini usati per la formazione dei mazzetti per archi sono scelti in modo particolare. La prima selezione riguarda il sesso dell’animale dalla coda del quale vengono ricavati: il cavallo deve essere maschio poiché la coda di questo resta lontana dall’apparato urinario e quindi i crini non sono deturpati dalle minzioni.

In secondo luogo vengono preferiti i crini di colorazione chiara (bianco, giallognolo, beige); quelli scuri vengono utilizzati solo per la lavorazione di mazzetti per archi da contrabbasso.

I crini devono essere lisci, elastici, resistenti e di diversa lunghezza a seconda che si tratti di archi di violino, viola, violoncello o contrabbasso. Nella preparazione dei mazzetti vanno scartati i peli difettosi, biforcuti, troppo grossi o ricciuti. I crini vanno conservati con naftalina onde evitare l’azione del tarlo dei tessuti che li corrode e li rende inutilizzabili. La leggera rugosità che li caratterizza è rinforzata con la colofonia, estratta dalla resina.

Il crine di cavallo è utilizzato per la ciocca dal XIII secolo.

Legge regionale 9 maggio 1997 n. 21 e successive modifiche

NORME PER LO SVILUPPO E LA QUALIFICAZIONE DELL’ARTIGIANATO

Capo VI - ARTIGIANATO ARTISTICO E TIPICO DI QUALITÀ

Art. 26. Obiettivi

1. La Regione tutela e promuove le lavorazioni dell’artigianato che presentano elevati requisiti di carattere artistico o che estrinsecano valori economici collegati alla tipicità dei materiali impiegati, delle tecniche di lavorazione, dei luoghi di origine o alla cultura, anche di derivazione locale.

2. Con riferimento alle produzioni indicate al comma 1 la Regione persegue i seguenti obiettivi:

a) tutela dei requisiti di professionalità e di origine delle produzioni dell’artigianato artistico e tipico;

b) qualificazione e innovazione delle lavorazioni attuate sotto il profilo stilistico, tecnologico, dei materiali e dei processi utilizzati;

c) valorizzazione delle produzioni realizzate sia sul mercato interno che su quello internazionale;

d) divulgazione e diffusione della conoscenza delle tecniche, delle produzioni realizzate e dei requisiti di manualità e professionalità insiti nelle lavorazioni artistiche e tipiche;

e) acquisizioni e documentazioni concernenti le origini, lo sviluppo storico e i percorsi evolutivi delle lavorazioni;

f) sostegno alla creazione e allo sviluppo di nuove imprese tramite progetti di recupero e rivitalizzazione di attività tradizionali o artistiche locali.

3. L’individuazione delle lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico tutelate é approvata dalla Giunta regionale, anche per settori di attività affini o complementari. La Giunta regionale si avvale della Commissione regionale per l’artigianato. Con lo stesso provvedimento si individuano e si delimitano i territori interessati nel caso in cui le lavorazioni in essere risultino collegate a particolari ambiti territoriali di esecuzione o di approvvigionamento delle materie prime impiegate nella produzione, anche in riferimento al contenuto di cui all’articolo 15 della legge regionale 9 ottobre 1995, n. 72 e successive modificazioni.

Art. 27. Disciplinari di produzione

1. Per le lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico individuate dalla Giunta regionale sono predisposti appositi disciplinari con i quali sono descritti i caratteri delle tecniche produttive adottate, dei materiali impiegati e di quanto altro concorre a individuare e qualificare le lavorazioni in essere.

2. I disciplinari delle lavorazioni dell’artigianato artistico e tipico sono predisposti da apposite Commissioni e sono approvati dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per l’artigianato.

3. Le Commissioni di cui al comma 2 sono costituite da:

a) due esperti di storia e tecnica delle particolari lavorazioni considerate;

b) un imprenditore artigiano che risulti in attività da almeno sette anni nello stesso settore delle lavorazioni artistiche e tipiche oggetto di disciplinare, o da un imprenditore artigiano in quiescenza con esperienza di almeno sette anni nel settore oggetto del disciplinare;

c) un rappresentante designato dall’ente locale presso cui risultano le maggiori consistenze produttive delle attività prese in esame;

d) un rappresentante designato dalle associazioni e dalle confederazioni sindacali artigiane regionali maggiormente rappresentative;

e) il dirigente della struttura regionale competente per materia o suo delegato.

4. L’individuazione degli esperti e dell’imprenditore artigiano di cui al comma 3, lettere a) e b) è effettuata dal responsabile della Direzione regionale competente per materia, a seguito di pubblicazione di avviso indicante i requisiti e le condizioni richieste per ricoprire l’incarico, sulla base di criteri stabiliti dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale per l’artigianato.

5. Alla nomina delle Commissioni per i disciplinari, nonché alla loro reintegrazione nel caso in cui si determinino vacanze dagli incarichi conferiti o abbandoni, si provvede con determinazione della Direzione regionale competente per materia.

Art. 28. Imprese artigiane delle lavorazioni artistiche e tipiche

1. Le imprese artigiane che esercitano le lavorazioni artistiche e tipiche individuate dalla Giunta regionale, sono censite a cura delle Commissioni provinciali per l’artigianato competenti per territorio, previo accertamento della rispondenza delle produzioni attuate dai richiedenti con i requisiti stabiliti dai relativi disciplinari di produzione.

2. Gli imprenditori artigiani che esercitano attività nell’ambito delle lavorazioni artistiche e tipiche possono inoltrare domanda alla Commissione provinciale per l’artigianato, per ottenere il riconoscimento di impresa artigiana del settore artistico e tipico.

Sulla domanda di riconoscimento presentata dalle imprese la Commissione provinciale decide nei tempi e con le modalità previste per l’iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane.

3. Il riconoscimento di impresa artigiana operante nel campo delle lavorazioni artistiche e tipiche é attuato mediante idonea annotazione nell’albo provinciale delle imprese artigiane, riportando altresì la descrizione della particolare lavorazione attuata.

4. Le modalità tecniche delle annotazioni da apportare agli albi provinciali delle imprese artigiane sono determinate dalla Giunta regionale, sentito il parere della Commissione regionale per l’artigianato, sulla base di criteri atti a garantire l’unitarietà del sistema informativo costituito dagli albi provinciali.

Art. 29 Interventi

1. Per il perseguimento degli obiettivi previsti all’articolo 26 la Giunta regionale promuove, anche in concorso con enti locali, enti pubblici e privati, fondazioni, confederazioni sindacali artigiane, associazioni e consorzi di imprese:

a) la predisposizione di appositi disciplinari di produzione di cui all’articolo 27;

b) la ricerca di nuovi modelli e la realizzazione e sperimentazione tecnica di nuovi prodotti nonché la realizzazione di marchi di qualità e d’origine;

c) la realizzazione di rassegne ed esposizioni tematiche di manufatti che documentino l’evoluzione della tecnica e degli stili legati alle produzioni realizzate nel campo delle lavorazioni artistiche e tipiche;

d) la realizzazione di pubblicazioni, cataloghi, supporti audiovisivi che illustrano l’evoluzione storica, le testimonianze, le tecniche produttive e i valori intrinseci delle produzioni dell’artigianato artistico e tipico;

e) la partecipazione delle imprese artigiane operanti nei settori delle lavorazioni artistiche e tipiche a rassegne e manifestazioni di carattere commerciale sia in Italia che all’estero;

f) l’allestimento, presso le strutture pubbliche di conservazione di beni culturali, di spazi idonei alla presentazione e alla vendita di oggetti e riproduzioni ispirati alle collezioni ivi esistenti;

g) la realizzazione di corsi di addestramento tecnico-pratico nelle botteghe artigiane, basati sull’apporto formativo diretto degli imprenditori artigiani, secondo quanto previsto all’articolo 31;

h) ogni altra iniziativa ritenuta utile e opportuna per la valorizzazione dell’artigianato artistico e tipico.

2. La Giunta regionale, entro il 30 novembre di ogni anno, sentita la Commissione regionale per l’artigianato e informata la Commissione consiliare competente, predispone il piano per l’anno successivo degli interventi per l’artigianato artistico e tipico.

3. Con il piano degli interventi vengono individuate le lavorazioni prioritarie da incentivare, anche con riferimento a determinati ambiti territoriali, i criteri di riparto dei contributi in relazione alle diverse tipologie di intervento previste, i limiti massimi di spesa per l’elaborazione dei disciplinari e per l’attuazione degli interventi, unitamente ai requisiti dei soggetti che vi fanno ricorso.

Art. 30 Modalità degli interventi

1. Gli interventi possono essere promossi direttamente dalla Regione o da soggetti esterni quali enti locali, consorzi di imprese, associazioni di categoria, enti vari, fondazioni e istituti operanti senza fini di lucro che si propongono scopi di promozione dell’artigianato artistico e tipico di qualità.

2. Il finanziamento degli interventi é disposto sulla base di un progetto delle iniziative da attuare, con cui vengono determinati gli obiettivi che si intendono conseguire e il piano economico-finanziario previsto. La Giunta regionale, nei limiti degli stanziamenti appositamente autorizzati con l’approvazione del bilancio di previsione provvede fissando anche i termini e le modalità di attuazione delle iniziative programmate.

3. Nel caso in cui le iniziative siano promosse e realizzate previa richiesta di finanziamento da parte di terzi, i contributi regionali possono essere concessi fino all’80 per cento della spesa riconosciuta ammissibile e comunque per un importo non superiore a quanto determinato ai sensi dell’articolo 29, comma 3, in relazione a ciascuna tipologia di intervento prevista.

4. I progetti di intervento devono essere presentati alla Regione, dai soggetti indicati al comma 1, nei termini previsti dal piano degli interventi di cui all’art. 29, per poter ottenere il finanziamento, di norma, a carico dell’esercizio finanziario corrispondente allo stesso anno.

Art. 31. Istruzione e addestramento artigiano

1. Le imprese artigiane che hanno ottenuto dalla Commissione provinciale per l’artigianato il riconoscimento di imprese operanti nei settori delle lavorazioni artistiche e tipiche, così come definite dalla presente legge, possono essere chiamate a concorrere alla attuazione dell’istruzione artigiana, in qualità di botteghe scuola, sulla base di apposite convenzioni che valorizzino appieno la prevalente funzione formativa.

2. L’istruzione artigiana volta alla formazione nei settori artistici e tipici, deve essere svolta per almeno un terzo delle ore totali di insegnamento presso le imprese artigiane, singole o associate, individuate come botteghe-scuola.

3. In aggiunta agli interventi definiti attraverso i programmi e le azioni regionali nel campo della formazione professionale, la Regione può favorire la realizzazione di programmi di addestramento tecnico-pratico non previsti nei piani regionali di formazione professionale, rivolti alla trasmissione delle conoscenze tecniche e delle abilità di lavoro manuale connesse a particolari prestazioni concernenti anche e in particolare la riproduzione, la manutenzione e il restauro di beni di particolare interesse storico o pregio artistico.

4. Possono beneficiare dell’intervento regionale gli organismi associativi, operanti senza fini di lucro, costituiti da artigiani che vantano professionalità specifiche nei particolari mestieri da tutelare e tramandare; le singole imprese artigiane, con le stesse caratteristiche, che si impegnano a realizzare cicli di addestramento tecnico-pratico all’interno delle botteghe artigiane rivolti a soggetti che intendono acquisire le capacità tecnico-professionali connesse allo svolgimento delle lavorazioni. L’intervento regionale consiste in un contributo all’organismo o impresa che organizza i corsi per ogni allievo impegnato nell’attività di addestramento pratico. L’importo dei contributi regionali é determinato con il piano degli interventi di cui all’articolo 29, comma 2 e in ogni caso non può superare la metà del salario mensile di un apprendista, calcolato al netto dei contributi assicurativi e previdenziali, secondo i minimi tabellari contrattualmente in vigore per le corrispondenti categorie di attività, per non più di due anni consecutivi.

5. La concessione ed erogazione dei contributi é disposta sulla base dei criteri definiti con il piano annuale degli interventi di cui all’articolo 29, con deliberazione della Giunta regionale che determina altresì le modalità di svolgimento delle attività di addestramento tecnico e di rendicontazione finale delle spese sostenute.

6. La Regione può concedere inoltre agli allievi che partecipano ai cicli di addestramento di cui al comma 4 borse di studio con i criteri e le modalità da stabilirsi con il Piano degli interventi di cui all’articolo 29, comma 2.