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Bollettino Ufficiale n. 17 del 24 / 04 / 2003

Deliberazione del Consiglio Regionale 1 aprile 2003, n. 284-10922

Legge regionale 14 marzo 1995, n. 31 “Istituzione degli Ecomusei delle Miniere e della Valle Germanasca, delle Rocche del Roero, della Pietra da Cantoni, delle Terre al confine”

(omissis)

Il Consiglio regionale

(omissis)

delibera

1. di istituire, ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 14 marzo 1995, n. 31, come modificato dalla l.r. 23/1998 i seguenti Ecomusei, le cui schede allegate costituiscono parte integrante della presente deliberazione:

- Ecomuseo delle Miniere e della Valle Germanasca - Soggetto proponente: Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca; (Allegato 1)

- Ecomuseo delle Rocche del Roero - Soggetto proponente: Comune di Montà e Comune di Pocapaglia (CN); (Allegato 2)

- Ecomuseo della Pietra da Cantoni - Soggetto proponente: Comune di Cella Monte (AL) - Parco naturale Sacro Monte di Crea (AL) - IPLA (Istituto per le Piante da Legno e per l’Ambiente); (Allegato 3)

- Ecomuseo delle Terre al confine - Soggetto proponente: Comune di Moncenisio (TO); (Allegato 4)

2. di stabilire che i rapporti tra la Regione Piemonte ed i soggetti gestori saranno regolati con specifiche convenzioni sulla base dei criteri e delle linee guida stabiliti con la D.G.R. n. 63-22978 del 3 novembre 1997.

Allegato 1

Scheda Ecomuseo

Denominazione

Ecomuseo delle Miniere e della Valle Germanasca

Soggetto proponente

Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca

Comuni interessati

Massello, Perrero, Pornaretto, Prali, Salza di Pinerolo.

Contenuti

Le valli Chisone e Germanasca, inserite nell’arco delle Alpi Cozie, rappresentano un territorio geograficamente omogeneo, costituito dal bacino idrografico del torrente Chisone e delimitato dalle montagne; tali caratteri fisici hanno permesso lo sviluppo di una società coesa e specifica. Infatti, le valli, pur avendo conosciuto nei secoli il passaggio di molti popoli hanno mantenuto una forte identità locale, soprattutto in relazione agli aspetti religiosi, linguistici e produttivi.

In particolare si devono ricordare due avvenimenti di grande rilievo: i Valdesi e gli Escartons.

La fine del XIII secolo segnò per le valli del Pinerolese l’arrivo dei Valdesi in fuga, poiché dichiarati eretici. Nelle valli Chisone e Germanasca i seguaci di Pietro Valdo ebbero alternate fortune, segnate a volte da tolleranza e più spesso da persecuzioni, fino alla concessione dei diritti civili e politici da parte di Carlo Alberto.

Dalla metà del ‘300 fino agli inizi del ‘700 le aree montane piemontesi e francesi a cavallo delle Alpi Cozie vissero un’esperienza politica particolare: gli Escartons. La Comunità degli Escartons, comprendente oltre 50 comunità alpine, era una federazione autonoma, le cui popolazioni erano affrancate dalle servitù feudali, avevano il diritto alla proprietà individuale e alla gestione diretta del territorio (pascoli, strade, elezione dei poteri locali, giudicati). La Repubblica degli Escartons cessò di esistere nel 1790, ma l’esperienza si riscontra ancora sul territorio soprattutto in senso culturale, linguistico, con la lingua d’Oc, e architettonico.

La Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca ha sviluppato un articolato progetto di valorizzazione territoriale, in buona parte già avviato. All’interno di questo ampio processo di riqualificazione del territorio emerge come elemento di eccellenza l’attività della Val Germanasca legata al tema del contadino-minatore.

L’ambiente montano, con il suo clima difficile e la pendenza delle pareti, rende da sempre difficile il lavoro della terra e lo limita a pochi periodi favorevoli; la vita del contadino di montagna, a causa di tali svantaggi naturali, è sempre stata dura e difficile. La presenza di attività industriali sul territorio, e tra queste attività quella estrattiva ha ricoperto una rilevante importanza, ha offerto alle famiglie una possibilità di reddito addizionale, nonché l’unica vera alternativa all’emigrazione. In questo senso, l’attività mineraria ha portato profondi cambiamenti nello sviluppo del territorio, assicurando a molte famiglie la possibilità di non abbandonare le valli e di fare sopravvivere caratteri tradizionali e paesaggistici importanti e di pregio.

La Val Germanasca viene definita anche la “Valle Bianca”, per la presenza di un’intensa attività di estrazione del talco (il bianco delle alpi), affiancata anche da altre attività minerarie legate alla grafite, al rame e a diversi minerali ferrosi. Il talco, conosciuto sul territorio con il nome di péiro douso (pietra dolce), è un minerale appartenente alla classe dei silicati, sottoclasse fillosilicati; Il talco di Fontane risulta particolarmente puro da inquinanti metallici o abrasivi, ha un tenore di bianchezza particolarmente elevato e lamelle di grandi dimensioni. Il suo utilizzo è vario e va dalla industria cartaria a quella ceramica, da quella cosmetica a quella alimentare a quella plastica.

Il sito principale sono le miniere-museo Paola e Gianna, situate nel comune di Prali a circa 70 km da Torino. Il museo si trova a monte di un cantiere di estrazione attivo dove lavorano ancora circa cinquanta minatori. Le gallerie del museo sono state attive fino al 1995; oggi i fabbricati esterni e il sotterraneo sono opportunamente allestiti ed organizzati per descrivere al pubblico la vita del minatore.

Il sito è visitabile con un trenino a scartamento ridotto per oltre un km e mezzo ed a piedi, lungo le gallerie originali (caso raro in Europa), dove è possibile avvertire l’aria ventilata, l’umidità, ascoltare i rumori delle mine e dei macchinari, osservare il biancore del talco e comprendere la durezza del lavoro in miniera.

La parte esterna del sito, allestita negli edifici amministrativi adiacenti l’imbocco delle gallerie, ospita un’esposizione museale concernente gli aspetti peculiari della comunità locale, l’attività mineraria e il rapporto tra miniera e comunità locale. Sono anche presenti una sala video, un punto ristoro, un punto vendita di prodotti locali e di libri e un archivio storico. Altre aree sono riservate ad esposizioni, mostre temporanee e attività culturali. Altri punti legati al tema sono organizzati in percorsi di interpretazione e interessano i comuni della Val Germanasca ed alcuni comuni confinanti della Val Chisone.

L’attività organizzativa delle visite e della presentazione del lavoro minerario e del territorio ha assunto il nome di Scopriminiera. Scoprimiera gestisce inoltre un dipartimento didattico per favorire la comprensione della vita in miniera.

Il progetto ecomuseale, partendo, integrando e valorizzando le iniziative sin qui svolte, ha come obiettivo quello di conservare le testimonianze più significative del patrimonio culturale ed ambientale costituitosi con il lavoro degli abitanti di questa valle, spiegare e presentare insiemi coerenti naturali e culturali rappresentativi del territorio e promuovere uno sviluppo economico a favore delle comunità locali.

Allegato 2

Scheda Ecomuseo

Denominazione

Ecomuseo delle Rocche del Roero

Soggetto proponente

Comune di Montà, Comune di Pocapaglia

Comuni interessati

Pocapaglia, Sommariva Perno, Baldissero d’Alba, Montaldo Roeto, Monteu Roero, Santo Stefano Roero, Montà, Cisterna d’Asti

Contenuti

La posizione geografica e la particolare situazione geomorfologica hanno condizionato e caratterizzato fortemente la storia del territorio compreso attualmente tra Pocapaglia e Cisterna d’Asti ed il cui nome “Roero”, legato alla stirpe signorile che durante il medioevo lo ha dominato, è conservato come patrimonio collettivo di una intera popolazione. Tale fatto è emblematico di un processo unitario, di una continuità dipanatasi dalle radici altomedievali attraverso i secoli.

Questo processo unitario è riconducibile alla donazione del 901 da parte dell’Imperatore Lodovico III alle cinque pievi dell’area, contigue ed appartenenti alla Diocesi di Asti, del grande bosco “nemus quod dicitur cellar” anche definito “silva popularis” posto sulle “fini superiori” e che ricopriva l’area posta tra la “linea delle rocche” da Pocapaglia a Cisterna e la pianura a occidente da Bra a Cellarengo.

I “tituli” posti sulla “linea delle Rocche” si spartirono allora i territori di nuova acquisizione, ritagliandosi giurisdizioni temporali di forma allungata che seguivano l’andamento di dorsali ed impluvi definendo i passaggi tra “Langhe” e “Piemonte”. Le singole Comunità, conscie di una sostanziale unità territoriale, presto utilizzarono tutte nella parlata e nei documenti la denominazione di “fini superiori” e di “fini inferiori” per indicare le terre poste ad occidente e ad oriente delle rocche.

La riconferma con il Diploma del 1041 da parte dell’Imperatore Enrico III, della donazione della “silva popularis” alle cinque pievi della Chiesa di Asti, è la formalizzazione del territorio dell’Astisio e quindi la consacrazione di una identità comune e ben circostanziata che si confermerà e consoliderà nelle vicende storiche successive rispetto al Monferrato ed alle Langhe. Non a caso nel successivo processo di sovrapposizione da parte del libero comune di Asti sui territori della Diocesi di Asti l’Astisio emergerà come federazione (coniuriatio) dei piccoli castellani di nomina vescovile nella lotta contro la stessa Asti.

Queste vicende hanno contribuito a delineare storicamente il Roero come una “enclave separata” rispetto alle Langhe ed al Monferrato; tale “enclave” non si sarebbe peraltro costituita se non ci fosse stato quello spartiacque naturale tra le “fini superiori” e le “fini inferiori”; se le “rocche non avessero segnato i passaggi, dettato i siti per gli insediamenti, fornito i luoghi di difesa, le vie di fuga, i materiali per le costruzioni, garantito le risorse essenziali per la sopravvivenza.

Il Roero può essere così anche definito come un singolare esempio di “terra di confine interna” alla regione piemontese risultante dall’intreccio di situazioni geografiche, geomorfologiche e storiche, di un particolare processo di antropizzazione fortemente tributario delle vicende della più vasta storia Italiana ed Europea che l’hanno coinvolto (costituzione e sviluppo del Comune di Asti, formazione della Contea di Asti, donazione ai Francesi, acquisizione nel ‘600 da parte dei Savoia).

Il progetto dell’Ecomuseo intende pertanto documentare la costruzione storica della millenaria identità di frontiera delle Terre delle Rocche del Roero, le peculiarità morfologico-ambientali, storiche e politiche, degli insediamenti, delle formazioni amministrative.

L’ambito territoriale di riferimento sono gli otto comuni di sommità delle Rocche da Cisterna a Pocapaglia e la struttura portante è rappresentata dai luoghi topici, dalle “ville”, dai borghi di sommità, dalle torri, dai castelli e dalle rocche.

Allegato 3

Scheda Ecomuseo

Denominazione

Ecomuseo della Pietra da Cantoni

Soggetto proponente

Comune di Cella Monte, Ente di gestione del Parco naturale del Sacro Monte di Crea, Istituto per le Piante da Legno e per l’Ambiente

Comuni interessati

Altavilla, Camagna, Camino, Casale Monferrato, Castelletto Merli, Cella Monte, Cereseto, Cerrina Monferrato, Coniolo, Conzano, Cuccaro, Frassinello, Gabiano, Mombello, Moncestino, Murisengo, Odalengo Grande, Olivola, Ottiglio, Ozzano, Pontestura, Ponzano Monferrato, Rosignano, Sala, San Giorgio Monferrato, Serralunga di Crea, Solonghello, Terruggia, Treville, Vignale, Villamiroglio.

Contenuti

Il territorio del Monferrato nord-orientale, da Moncestino a Terruggia, da Camino a Ottiglio, conosciuto anche come Monferrato Casalese è terra caratterizzata e conosciuta per le grandi tradizioni agricole e vitivinicole che in questi anni sono state orientate opportunamente su prodotti pregiati di nicchia; esso è anche terra di forti e comuni tradizioni per lo storico legame con la Città di Casale.

Di antichissima origine Casale fu controllata dai Visconti e dai Paleologi di Bisanzio successori nel 1305 degli Aleramici. Venne quindi scelta e divenne Capitale del Monferrato e della Diocesi nel XV secolo con il Marchese Guglielmo VIII: Passò quindi ai Gonzaga ed ai Savoia nel XVIII secolo perdendo il ruolo di capitale ma mantenendo forte il legame economico, storico e sociale con il territorio collinare circostante.

Il paesaggio collinare del Monferrato Casalese in cui prevalentemente gli assi vallivi sono orientati da ovest ad est si addolcisce dalla Val Cerrina verso oriente delineando impluvi più ampi; i vigneti si alternano ai boschi ancora estesi sui versanti meno esposti e che spesso incorniciano la cima delle colline.

E’ un paesaggio fortemente condizionato e connotato rispetto al resto del Monferrato dalla sua storia geologica; vi affiorano rocce del periodo miocenico vecchie di circa 15 - 20 milioni di anni, tra cui la Pietra da Cantoni, una arenaria mamoso-calcarea o siliceo-calcarea di colore da grigio chiaro a giallastro a seconda del grado di alterazione e della composizione, la cui origine si può ricondurre ad antichi depositi sedimentari tipici di ambienti marini poco profondi (di piattaforma).

Questa Pietra ha avuto in passato una grande importanza dal punto di vista costruttivo per le sue caratteristiche di compattezza; cave famose si trovano a Ozzano, Rosignano, Cella Monte, Ottiglio, Moleto, Vignale, ecc.

Molti edifici del Monferrato sono realizzati in Pietra da cantoni e anche a Torino ci sono monumenti di pregio come la Galleria Nazionale, la Chiesa di San Gaetano, ecc.

Le arenarie hanno talora ottime qualità refrattarie tali da essere lavorate in larghe lastre usate per rivestire i forni, da cui la denominazione di Pietra da forno.

I paesi della Valle Ghenza (Camagna, Cella Monte, Frassinello, Olivola, Ottiglio, Rosignano, Vignale) sono i paesi più interessati dalle costruzioni in Pietra da cantoni. In questi ultimi anni il territorio ha visto una ampia diffusione del recupero edilizio e della ristrutturazione di concentrici abitativi che ha riportato a vista la Pietra da Cantoni abbinata all’uso dei mattoni. Cella Monte è uno dei paesi guida nel recupero di questa tipologia edilizia. Cella Monte è anche il paese in cui esistono i più interessanti “infernot” scavati nelle arenarie a più livelli sotto le case per custodire le vivande ma soprattutto le bottiglie più pregiate; opere straordinarie, essi raccontano e sono una viva testimonianza della fantasia e del genio di coloro che li hanno pensati e realizzati nei lunghi inverni trascorsi a scavare sotto le proprie abitazioni.

Il Progetto dell’Ecomuseo intende raccontare e valorizzare questo aspetto unico della vita e del paesaggio del Monferrato Casalese promuovendo tutte le iniziative volte al suo recupero non solo come testimonianza storica e di vita famigliare e sociale ma anche per rivitalizzarne e reiterpretarne il ruolo funzionale ed economico rispetto all’attività ed alle produzioni agricole tipiche del territorio.

Allegato 4

Scheda Ecomuseo

Denominazione

Ecomuseo delle Terre al Confine

Soggetto proponente

Comune di Moncenisio

Comuni interessati

Moncenisio

Contenuti

Il Colle del Moncenisio, con quelli del Monginevro e del Gran Sanbernardo, ha rappresentato nella storia e fino a pochi decenni or sono la principale via di transito, di passaggio tra il nord Europa e l’Italia ed il Mediterraneo. Eserciti, bande armate, pellegrini, crociati, intere etnie, gruppi sociali, mercanti li hanno attraversati nei due sensi e vi si sono incrociati e mescolati.

Il valico del Moncenisio, situato a 2084 metri di quota e che mette in comunicazione la  Valle del Rodano e della Saone con la Valle di Susa e la Pianura Padana, fu l’itinerario preferito dapprima dai pellegrini e, dopo il mille, dai mercanti; non a caso dal 726 per iniziativa di Abbone, nobile Franco Rector di Moriana e di Susa, fu fondata in Val Cenischia l’Abbazia di Novalesa che venne affidata ai Monaci Benedettini e dall’814 ad opera di Ludovico Pio, uno dei figli di Carlo Magno, fu costruita un’altra Abbazia sulla piana del Colle.

Al termine dell’Impero dei Franchi i Saraceni, giungendo dalla Provenza, all’inizio del X secolo saccheggiarono e distrussero l’Abbazia di Novalesa, disperdendo la Comunità monastica e la Biblioteca voluta da Eldrado, Abate del IX secolo. L’Abbazia risorse tra I’XI e il XII secolo ad opera degli stessi Monaci che ritornarono in Valle di Susa.

Nell’XI secolo il Moncenisio era considerata la principale via di accesso delle Alpi Occidentali, cuore di quella rete di strade denominata Via Francigena o Strada Romea o Pellegrina che collegava attraverso la Borgogna il Nord Europa all’Italia ed a Roma.

I Savoia che dal 1091 governavano anche sulla Marca di Torino e quindi su Susa ed il Moncenisio controllando e garantendo il traffico commerciale contro il brigantaggio. La traversata del Moncenisio, avventurosa per l’ambiente e per le condizioni del percorso era organizzata dai “Marrons”, portatori e guide che abitavano nei pressi del Valico; essi battevano la pista in caso di neve e trasportavano merci e persone.

Durante la Rivoluzione Francese (fine del ‘700) il valico fu teatro di scontri durissimi tra l’esercito rivoluzionario e gli austro-piemontesi. Nel 1803 Napoleone, convinto dell’importanza del Colle, ricostruì l’Ospizio affidandolo all’Abate Gadet, vi realizzò una Chiesa ed una caserma e iniziò i lavori di una nuova strada attrezzata con ventitré case cantoniere tra Susa e Lanslebourg, abbandonando il vecchio tracciato che passava dalla Comunità di Ferrera. Con una disposizione specifica Napoleone riconobbe inoltre la Piana di Moncenisio come territorio comune individuando il capoluogo presso l’Ospizio  e due frazioni: La Ramasse e La Gran Croce. L’incremento notevole dei passaggi favorì gli abitanti di Ferrera che si inserirono bene nella nuova economia ottocentesca gravante sul Colle.

Nel 1868 venne realizzata la linea ferroviaria che collegava Susa con Saint Michel de Maurienne; essa correva parallela alla strada e comprendeva numerose importanti opere d’arte: gallerie e e ponti. Nel 1871 con l’apertura della galleria del Frejus la via del Colle perse qualsiasi importanza. Nel 1921 venne costruita la prima diga destinata ad alimentare la centrale idroelettrica di Venaus.

Teatro di scontri nella Seconda Guerra Mondiale il territorio del Moncenisio divenne Francese in seguito al trattato di pace franco-italiano del 10 febbraio 1947.

Negli anni ‘60 una nuova diga consentì di ampliare l’invaso sommergendo l’ospizio, le chiese, le abitazioni ed alcune strutture militari.

Il progetto dell’Ecomuseo intende rivalutare questi unici aspetti storici, culturali ed umani legati alla particolare storia del Colle del Moncenisio che più di ogni altro  conserva intatto il fascino e l’emozione, le suggestioni dei posti di frontiera, luoghi di transito, di passaggio e di comunicazione, di incontri e di sconti, di divisione e di unione.

Il territorio del Comune di Moncenisio, dimenticato dai processi di crescita incontrollata legati al turismo di massa, in questo quadro può assumere il ruolo di rivivere, conoscere e documentare l’intatta ed inalterata risorsa di questa “terra di confine”, le molteplici storie e vicende che l’hanno segnata e valorizzarne il paesaggio e la natura.

Il Progetto vuole peraltro costituire per la Comunità di Ferrera, attraverso il recupero della consapevolezza della propria storia, della propria realtà e delle proprie potenzialità, lo sviluppo di progettualità, l’occasione per aprirsi verso l’esterno, verso l’altra comunità di Lanslebourg, mai stata completamente straniera, per trovare insieme quel senso di identità capace di condurre a riconoscersi tutti appartenenti ad una unica “terra al confine”.

(omissis)