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Bollettino Ufficiale n. 16 del 18 / 04 / 2002

Comunicato della Direzione regionale Programmazione e valorizzazione dell’agricoltura

Richiesta di riconoscimento ai sensi dell’art. 5 del Reg. CEE n. 2081/92: denominazione di origine protetta “Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino”

Si comunica che è pervenuta all’ufficio competente dell’Assessorato Agricoltura Caccia e Pesca della Regione Piemonte la seguente richiesta di riconoscimento ai sensi dell’art. 5 del Reg. CEE n. 2081/92:

DENOMINAZIONE DI ORIGINE PROTETTA
“TINCA GOBBA DORATA
DEL PIANALTO DI POIRINO”

Entro trenta giorni dalla data della presente comunicazione gli interessati potranno produrre alla Regione Piemonte, Assessorato Agricoltura, Settore Tutela e Valorizzazione dei Prodotti Agricoli, C.so Stati Uniti n. 21, 10128 TORINO, osservazioni e controdeduzioni.

Per informazioni in merito alla richiesta citata contattare la Dr.ssa Gimondo, tel. 011/432.2962, o il Signor Brocardo, tel. 011/432.4835, del Settore Tutela e Valorizzazione dei Prodotti Agricoli, Assessorato Agricoltura, Caccia e Pesca, Regione Piemonte, C.so Stati Uniti n. 21, 10128 Torino.

Il Dirigente Regionale
Carlo Audiberti

Disciplinare di produzione della
Denominazione di Origine Protetta
TINCA GOBBA DORATA DEL PIANALTO DI PORINO

Art. 1
Nome del prodotto:
“Tinca gobba dorata del Pianalto di Poirino”

Il comprensorio dell’Altopiano di Poirino, è una zona del Piemonte tradizionalmente nota per l’allevamento, la selezione e il consumo di una varietà di Tinca dalla forma gibbosa e dalla livrea dorata.

Per poter essere prodotti, messi in vendita e commercializzati con la dizione di “Tinca gobba e dorata del Pianalto di Poirino”, gli esemplari di Tinca (Tinca tinca) devono appartenere alla varietà dorata.

L’utilizzo di altre varietà ne comporta l’esclusione dalla commercializzazione con la denominazione suddetta.

L’areale di produzione è limitato a zone dei territori geologicamente riconosciuti come appartenenti all’Altopiano di Poirino.

Art. 2
Descrizione del prodotto

La Tinca è un pesce teleosteo appartenente alla famiglia dei Ciprinidi; autoctono delle acque italiane, è attualmente in forte rarefazione su tutto il territorio nazionale.

Il nome esprime con chiarezza la forma e il colore di questa varietà di Tinca, le cui caratteristiche derivano dal particolare tipo di habitat, unico nel panorama geografico del Piemonte

La Tinca gobba dorata è caratterizzata da carni gustose, morbide, quasi totalmente prive di grassi, povere di miospine e da un tegumento sottile e dal gusto delicato.

Dal punto di vista nutrizionale, secondo le più recenti conoscenze scientifiche, il contenuto in acqua varia tra 70 e 80% , quello proteico tra 14 e 4%, quello lipidico tra 3 e 10%.

Il contenuto in glucidi è talmente basso, circa 1%, da ritenersi trascurabile.

La taglia commerciale non supera i 250 grammi ed è generalmente compresa tra 80 e 120 grammi.

Presentando rinomate e riconosciute qualità organolettiche, la Tinca gobba dorata si consuma perlopiù fritta e in carpione, oppure come condimento nel risotto, ma, sempre dopo aver lasciato riposare le carni in lembi di tela per almeno 24 ore.

Art. 3
Delimitazione della zona geografica

La zona geografica è rappresentata nelle carte inserite nella Parte 6 della documentazione e nell’allegato 5.

Per meglio comprendere il senso generale che pervade tutta la documentazione si è ritenuto di scindere l’aspetto prettamente geografico da quello geologico.

3.1 Geografia del Pianalto di Poirino

Questo tratto di pianura padana con un’altitudine media variabile tra 260 e 280 m.s.l.m. sovrasta l’orizzonte generale delle alluvioni recenti circostanti (240 m.s.l.m.). estendendosi per circa 50 km in direzione N-S e per 15 km, al massimo, in direzione E-W.

La superficie di questo imponente altopiano,che presenta estensione di oltre 400 kmq, ha subito un intenso processo di ferrettizzazione che ha condizionato in modo univoco il paesaggio rurale, conferendogli però la particolarità che ha permesso l’instaurarsi delle condizioni di allevamento della Tinca.

Le terre rosse infatti, che male si prestano alle più redditizie colture agricole, fatta eccezione per quella dell’asparago, risultano però quasi impermeabili e gli avvallamenti prodotti dai fenomeni erosivi succedutisi nel tempo si prestano alla ritenzione delle acque superficiali.

L’area geografica storicamente riconosciuta come “terre rosse dell’Altopiano (o Pianalto) di Poirino” è compresa totalmente o parzialmente nei territori dei seguenti comuni (vedi Parte 6), elencati in senso orario a partire dal centro:

Poirino, Isolabella, Dusino S. Michele, Valfenera, Cellarengo, Pralormo, Monta’, S. Stefano Roero, Monteu Roero,   Montaldo Roero, Baldissero d’Alba, Sommariva Perno, Pocapaglia, Sanfre’, Sommariva Bosco, Ceresole d’Alba, Carmagnola, Villastellone, Santena, Riva Presso Chieri, Buttigliera D’asti, S. Paolo Solbrito, Villanova d’Asti.

I 23 comuni citati sono distribuiti su tre province.

Appartengono alla Provincia di Torino (TO) i seguenti comuni: Poirino, Isolabella, Pralormo, Carmagnola, Villastellone, Santena, Riva presso Chieri.

Appartengono alla Provincia di Cuneo (CN): Montà, S.Stefano Roero, Monteu Roero, Montaldo Roero, Baldissero d’Alba, Sommariva Perno, Pocapaglia, Sanfrè, Sommariva del Bosco, Ceresole d’Alba.

Appartengono alla Provincia di Asti (AT):Dusino S.Michele, Valfenera, Cellarengo, Buttigliera d’Asti, S.Paolo Solbrito, Villanova d’Asti.

Si consulti la carta in scala 1 : 50.000 (allegato 16) e la parte 6 al punto 4.

Dei 23 comuni, appartenenti a tre province, che costituiscono l’area geografica storicamente riconosciuta come “terre rosse dell’Altopiano (o Pianalto) di Poirino”, soltanto i territori dei comuni di Poirino (TO), Isolabella (TO), Cellarengo (AT), Pralormo (TO), Ceresole d’Alba (CN) sono compresi totalmente nella zona di produzione.

Sono parzialmente comprese nella zona di produzione solo alcune parti dei territori dei comuni di Carmagnola, Villastellone, Santena, Riva presso Chieri, (appartenenti alla Provincia di Torino), Montà d’Alba, S.Stefano Roero, Monteu Roero, Montaldo Roero, Baldissero d’Alba, Sommariva Perno, Pocapaglia, Sanfrè, Sommariva del Bosco (Provincia di Cuneo) e Dusino S.Michele, Valfenera, Buttigliera d’Asti, S.Paolo Solbrito, Villanova d’Asti (Provincia di Asti).

3.2 Limiti della zona di produzione.

La zona di produzione all’interno del Pianalto è compresa entro i limiti che sono così definiti:

- a sud della strada carreggiabile che dall’abitato di Buttigliera d’Asti si dirige verso l’oratorio di S.Antonio e conduce al ponte sul Rio Banna.

- a est del tratto del Banna che, dal ponte suddetto, scorre sino al ponte di località S.Grato, situato sulla strada che collega Buttigliera d’Asti a Riva presso Chieri.

- a sud della suddetta strada che conduce sino all’abitato di Riva presso Chieri

- a sud/est della strada che dall’abitato di Riva presso Chieri, in direzione Pessione, conduce al ponte sul Rio Scarosa.

- a est del tratto del Rio Scarosa che, dal ponte suddetto, scorre sino al ponte dell’autostrada A 21.

- a sud del tratto della autostrada A 21 che, dal ponte suddetto, conduce al cavalcavia posto in prossimità di Cascina Cà Bianca.

- a sud del sentiero che, dal suddetto cavalcavia, conduce a Cascina Termine e, da questa, proseguendo in direzione sud/ovest conduce alla rotonda di località Ponticelli congiungendosi alla s.s. n°29

- a sud/ovest della s.s.29, in direzione Torino, sino all’incrocio di località Fabaro.

- a est della strada che collegando località Fabaro a Santena conduce al ponte del torrente Stellone, nell’abitato di Villastellone.

- a est del torrente Stellone risalendone il corso, dal ponte suddetto, sino alla confluenza con il Rio S.Pietro.

- a est del Rio S.Pietro risalendone il corso sino al ponte di località Cavalleri-Fumeri, nel comune di Carmagnola.

- a est della carreggiabile che, dal ponte suddetto, si collega alla strada che proviene da Ceresole d’Alba, in località Due Province.

- a sud del tratto della strada che, dalla suddetta località, conduce all’incrocio con la strada statale n°661, proveniente da Carmagnola.

- a est della strada statale n°661 che, dal suddetto incrocio, attraversando Sommariva del Bosco, conduce all’abitato di Sanfrè e sino all’incrocio con la strada che costeggia il Rio Ripoglia.

- a nord/est della strada che, dall’incrocio suddetto, costeggiando il Rio Ripoglia collega Sanfrè al percorso denominato Sentiero del Roero (S1).

- a nord/ovest del tratto di Sentiero del Roero che, dal collegamento suddetto, conduce al Pilone di S.Grato, nel comune di Montà d’Alba.

- a ovest della carreggiabile che dal Pilone di S.Grato conduce al Pilone di S.Bernardo.

- a ovest della strada che, dal Pilone di S.Bernardo, in direzione nord, attraversando gli abitati di Valfenera, Dusino S.Michele, S.Paolo Solbrito, conduce a Buttigliera d’Asti collegandosi, all’interno del paese, con la strada che si dirige all’Oratorio di S.Antonio.

3.3 Geologia del Pianalto di Poirino

Il termine Altopiano di Poirino indica, nella geografia del basso Piemonte, una vasta distesa subpianeggiante ben staccata dalla collina torinese cosi come dai rilievi astigiani. Gli studi più recenti definiscono l’Altopiano come una struttura sedimentaria fluviale di potenza variabile da 10 a 30 m circa. La distribuzione di questi sedimenti permette di individuare tre settori principali, di questi il settore centrale e quello meridionale presentano la maggior parte di quel tipico sedimento argilloso pleistocenico, ferretizzato e compatto noto con il nome di “terrre rosse ”. (Vedi allegato n°3 - Relazione studio idrogeotecnico))

Nella carta geologica dell’Altopiano di Poirino (vedi Parte 6 )sono riportati gli elementi geologici che caratterizzano l’Altopiano di Poirino in relazione alla posizione dei comuni interessati.

Si consulti la carta geologica (allegato 15) e la parte 6 al punto 3.

Art. 4
Elementi comprovanti che il prodotto agricolo è originario della zona

L’origine geografica della Tinca gobba dorata del Pianalto è ben individuata da testimonianze scritte e orali, ma addirittura è possibile confermare la presenza della specie con prove geologiche e paleontologiche.

Elencando sommariamente i dati che comprovano una relazione tra l’origine geografica della zona e la comparsa della specie si osserva come i primi reperti fossili di Tinca tinca risalgano al Villafranchiano Terminale di Valdarno, periodo del Pleistocene inferiore, appartenente all’era Neozoica.

E’ infatti a partire dalla fine del Pliocene e dal Pleistocene inferiore che si formano i depositi fluviolacustri della facies villafranchiana dell’Altopiano di Poirino (Parte 6 carta geologica).

A questo punto è immediato il collegamento tra i fenomeni geologici, che hanno contraddistinto la formazione dell’Altopiano, e la comparsa in gran parte dell’areale italiano di specie ittiche, ad essi coeve, come la Tinca.

Esistono comunque antiche e recenti fonti di documentazione che attestano come questo particolare legame tra Tinca, territorio e esseri umani sia sempre risultato saldo e duraturo nel tempo.

La presenza della Tinca gobba dorata nel Pianalto di Poirino, come pesce allevato e di apprezzato valore alimentare ed economico, è già comprovata da documenti risalenti al XIII° secolo.

Anche in periodi relativamente recenti si hanno notizie molto precise: ad esempio nella raccolta “Studi geografici su Torino e il Piemonte” - aa.vv. ed. Ciappichelli 1954 - uno degli autori, Natale Veronesi, dedica all’allevamento della Tinca il fascicolo: “Le peschiere del Pianalto di Poirino e la loro utilizzazione ittica” ( Parte 5 e 7).

Tra le tante curiosità descritte, il Veronesi parla addirittura di pescatori professionisti, usi a gestire anche le altrui peschiere con contratti di mezzadria e d’affitto; questa attività professionale, non esistendo nell’Altopiano fiumi importanti per produzione ittica, era giustificata dalla rendita delle sole tinche.

D’altronde, consultando le “Consegne del Sale” di Poirino ( Parte 7), si individuano già dal 1775 cinque famiglie di pescatori, che evidentemente ottenevano le loro entrate dall’allevamento e dalla vendita delle tinche.

L’attività di pesca professionale, intendendo in tal senso l’allevamento delle tinche, si è protratta nei secoli e solo recentemente, verso l’inizio degli anni ottanta, è del tutto scomparsa, inserendosi tra le attività di tipo agricolo, anche a causa della morte degli ultimi anziani pescatori.

Art. 5
Metodo di ottenimento del prodotto

L’allevamento della Tinca è basato sulla disponibilità di avannotti; questi nascono da riproduttori già presenti nelle peschiere o vengono acquistati da produttori della zona.

Sinteticamente un ciclo produttivo si svolge nel modo seguente: gli avannotti, che sono stati eventualmente seminati in autunno o in primavera, vengono lasciati crescere, durante la stagione calda, alimentandoli associati a riproduttori e tinche di taglia intermedia.

Queste ultime sono pescate, generalmente con reti a strascico, durante la stagione produttiva, da Aprile a Ottobre,e vendute al raggiungimento della taglia commerciabile.

Gli avannotti, cresciuti durante la stagione produttiva, diventeranno prodotto finito dell’anno seguente e ripristineranno il ciclo.

5.1-Condizioni generali

La Tinca gobba dorata del Pianalto di Poirino è rigorosamente allevata in monocoltura.

La pezzatura prodotta varia dalla taglia da consumo ( 50 - 250 g , con optimum tra 80 e 120 g), al novellame da ripopolamento, ai riproduttori.

5.2-Condizioni di allevamento

La densità massima consentita in allevamento alla taglia finale non dovrà superare i 4 individui /mq corrispondente a 15.240 avannotti per “giornata” (dove una giornata piemontese equivale a 3810 mq).

La temperatura dell’acqua è compresa fra i 18 e i 30°C, con valori superficiali ottimali compresi tra 24-28°C, per almeno 4 (quattro) mesi/anno.

Il pH sarà compreso tra 4,5 e 9,0, benché siano più indicate condizioni di neutralità o leggermente acide (pH = 7 o poco meno).

L’ossigeno disciolto deve mantenersi almeno a 4,5-6,5 mg/litro e non scendere a meno di 0,8-1,2 mg/litro.

5.2.1-L’allevamento si realizza in uno o più bacini con le seguenti modalità:

a) con individui di tutte le età e dimensioni

b) con individui ripartiti per taglia in classi distinte

c) con larve e postlarve.

5.3-Acqua

Sono da escludere acque che, all’analisi, rivelino presenza elevata di solfuri o solfati, ossidi vari di fosforo e azoto, sali di magnesio e ferro, cloruri, ecc. o contaminate da pesticidi e metalli pesanti.

Un’eventuale torbidità, moderata e/o temporanea non preclude la possibilità di allevare le tinche.

Le acque leggermente dure dell’altopiano consentono inoltre un accrescimento migliore, favorendo l’ossificazione e la resistenza alle malattie.

5.3.1-L’approvvigionamento idrico può essere effettuato:

a) da acque superficiali, derivando la quantità utile, ottenute le necessarie autorizzazioni, da canali, rogge, corsi d’acqua di diversa origine e provenienza.

b) da acque profonde, generalmente mediante captazione da falda.

5.4-Stagni

Saranno utilizzati gli stagni già in uso e sarà possibile la realizzazione di nuovi invasi in argilla, purchè a norma di legge.

Considerando le particolari caratteristiche geologiche della zona, non sono ammessi stagni dotati di impermeabilizzazione artificiale o realizzati con materiale diverso dall’argilla del Pianalto.

La profondità ottimale è compresa tra 2,5 e 1 metro, sponde più alte o più basse non costituiscono comunque una limitazione alla possibilità d’allevamento.

5.5-Riproduzione e novellame

Per ottenere la disponibilità di novellame, è ammesso l’approvvigionamento di riproduttori all’interno dell’areale di produzione, purchè appartenenti alla varietà dorata, come stabilito dallo standard qualitativo (vedi Relazione Tecnica).

5.5.1-La riproduzione potrà essere ottenuta mediante:

a) fecondazione naturale

b) fecondazione artificiale

5.5.2-La crescita del novellame avviene mediante:

a) alimentazione naturale

b) alimentazione artificiale (si veda il punto 6-Alimentazione).

5.6-Alimentazione

L’alimentazione in allevamento comprende due periodi: svezzamento larvale e ingrasso.

Nel corso dello svezzamento larvale, dopo il riassorbimento del sacco vitellino, l’alimentazione sarà essenzialmente costituita da zooplancton con valori di densità compresi tra 300 e 800 individui/litro; lo zooplancton può essere opportunamente prodotto in laboratorio o favorito nello sviluppo mediante opportune pratiche di fertilizzazione naturale dei bacini (vedi Tecnologie acquacolturali).

In seguito, durante la fase di ingrasso, si potrà fare ricorso ai tradizionali sistemi di integrazione alimentare, senza escludere in via assoluta l’utilizzo di alimenti bilanciati.

5.6.1-In base alla somministrazione del cibo l’alimentazione risulta così distinta in:

a) alimentazione naturale, i pesci, utilizzano unicamente le disponibilità di cibo endogeno.

La dieta in ambiente naturale è costituita da: chironomidi (larve e pupe), zooplancton (cladoceri, copepodi, ostracodi, molluschi, rotiferi, ciliati, ecc.), altri insetti (oligocheti, efemerotteri, coleotteri, imenotteri, tricotteri, brachiceri, culicidi, eleidi, odonati, ecc.).

Durante le prime settimane di vita il cibo degli avannotti è rappresentato quasi esclusivamente da rotiferi, ciliati e copepodi (soprattutto nauplii), mentre in seguito vengono ingeriti anche individui di maggior mole.

b) alimentazione naturale integrata, è la forma di tinchicoltura classica, da sempre utilizzata nella zona, in essa i pesci fruiscono, oltre che della capacità produttiva ambientale, anche di alimenti di produzione agricola o artigianale somministrati a più riprese.

c) alimentazione essenzialmente artificiale, essa ha come obiettivo principale la sola produzione di grandi quantitativi di materiale ittico da ripopolamento, cioè lo svezzamento delle larve, postlarve ed avannotti sino alla taglia utile alla semina (da 4-5 cm a 10-13 cm, corrispondenti al peso variabile da 2 a 20 g).

5.6.2-L’integrazione dell’alimentazione naturale può effettuarsi con alimenti bilanciati nei quali il tenore proteico, opportunamente distribuito tra proteine di origine vegetale e animale, non superi il 50% del peso.

L’eventuale somministrazione di integratori alimentari, quasi sempre mais macinato e inumidito, avviene a giorni alterni in quantitativi pari a circa 15 kg di alimento umido/giornata, cioè circa 4 kg/1000mq.

Tale dose può aumentare a seconda della densità dei pesci; generalmente si consiglia una somministrazione di alimento pari a circa il 3% del peso dei pesci, stimato e aggiornato, presenti nella peschiera..

In particolare si individuano le seguenti materie prime, rigorosamente non derivanti da organismi geneticamente modificati:

a) cereali, granaglie e loro prodotti e sottoprodotti

b) semi oleosi e loro prodotti e sottoprodotti

c) semi di leguminose e loro prodotti e sottoprodotti

d) latte e derivati

e) uova e derivati

f) farina di pesce e/o di crostacei.

5.7-Tecnologie acquacolturali e interventi

Per incentivare la riproduzione, la produzione ittica e di plancton occorre effettuare alcuni interventi di miglioramento ambientale che consistono in vere e proprie operazioni colturali

5.7.1-Interventi straordinari, che si effettuano soltanto allorché necessari e consistono in:

a) immissione dei pesci per iniziare o continuare il ciclo produttivo

b) calcinatura del fondo per disinfezione del medesimo

c) operazioni idrauliche, di regimazione, ecc.

d) concimazione organica,che avviene con utilizzo di letame bovino maturo che va sparso durante la lavorazione del terreno e ben amalgamato a esso.

La quantità massima è pari a 150 q/ha, si sparge durante il periodo di eventuale asciutta e lavorazione del fondo; oppure frazionando la quantità nel tempo, da fine ottobre a febbraio, se la peschiera non è stata asciugata.

e) correzione con calce, può essere necessaria per modificare il pH di acque particolarmente acide o poco alcaline; è sufficiente l’impiego di circa 150-200 kg di calce/ha, quantità che può essere aumentata fino a 300-350 kg/ha, nel caso di stagni particolarmente vecchi e ricchi di materiale organico.

f) sistemi di ossigenazione, ricircolo e ricambio idrico, sono possibilità di utilizzo di tecnologie acquacolturali moderne, utili per ottimizzare le condizioni di allevamento.

g) svuotamento e pulizia del fondo, è una pratica che si effettua ogni 10-15 anni negli stagni di grandi dimensioni, oppure annualmente negli stagni di ridotte dimensioni.

5.7.2-Interventi periodici che si effettuano a scadenze fisse o particolari e consistono in:

a) pulizia, spurgo e ripristino dei canali di derivazione e di scarico, delle opere di presa, ecc.

b) manutenzione degli stagni, dei laghi, dei pozzetti di raccolta, delle sponde, delle vie di transito, sfalcio della vegetazione invadente, ecc.

c) controlli sanitari, campionando e sottoponendo ad accurato accertamento lotti modesti di pesci allevati nei vari stagni.

d) cattura e selezione per taglia dei pesci in allevamento

e) aratura o l’erpicatura del fondo.

f) preparazione dei riproduttori (stabulazione, trattamento, ecc.) da avviarsi alla riproduzione naturale o artificiale.

g) produzione di zooplancton per la nutrizione dei primi stadi di sviluppo.

5.7.3-Interventi ordinari si effettuano quotidianamente, anche più volte, si riassumono in:

a) pulizia di griglie, di depositi, rimozione e distruzione di eventuali cadaveri con calce viva.

b) controllo e regolazione dei flussi idrici e mantenimento dei livelli.

c) disinfezione delle attrezzature di largo impiego.

d) alimentazione dei pesci; la dose di alimenti da somministrare giornalmente è compresa fra il 2% e il 5% deI peso totale dei pesci presenti nello stagno.

5.8-Trattamenti sanitari

Gli eventuali trattamenti sanitari sono limitati agli interventi strettamente necessari al ristabilimento delle condizioni di salute dei pesci; i trattamenti saranno realizzati sotto il controllo di un medico veterinario e riportati in apposito registro a disposizione dell’ente certificatore.

5.9-Commercializzazione

La commercializzazione avviene nel rispetto della legislazione vigente e della buona pratica igienica.

Il prodotto finito è attualmente commercializzato vivo, a partire dalla taglia di 50 grammi.

Anche il novellame può essere commercializzato non appena risulti trasportabile.

L’immissione sul mercato di prodotto trasformato sarà possibile solo da parte di aziende della zona di produzione, che presentino i necessari requisiti di legge.

Contestualmente al conseguimento della DOP si prevede la costituzione di un Albo dei Produttori della Tinca gobba dorata del Pianalto di Poirino.

Oltre all’elenco dei produttori l’Albo dovrà contenere il censimento delle peschiere, comprensivo di tutti i dati, necessari anche alla determinazione della stima della produzione annuale, al fine di evitare negligenze o frodi sul prodotto.

Art. 6
Elementi comprovanti il legame con l’ambiente geografico

E’ l’ambiente medesimo che ci spiega il legame che forzatamente lo unisce alla Tinca.

Le terre rosse del Pianalto, oltre ad essere poco adatte a forme redditizie di agricoltura, a causa della particolare pedologia, sono anche povere di acqua.

Il Pianalto di Poirino infatti risulta isolato rispetto alle acque superficiali scendenti dalla catena alpina e le falde freatiche si trovano al di sotto della coltre diluviale.

Nella zona inoltre le precipitazioni sono scarse ( 700 mm annui) e le ristrette dimensioni del bacino imbrifero convogliano velocemente a valle le acque di scorrimento.

La particolare struttura dell’Altopiano di Poirino, argillosa e ricca di avvallamenti, si presta però alla ritenzione delle acque di scorrimento; infatti gli abitanti hanno da sempre utilizzato le terre argillose per costruire dighe di ritenuta, nella parte più bassa delle valli, in grado di trattenere l’acqua a scopo irriguo anche durante la stagione secca.

Altri interventi consistevano nello scavo di veri e propri invasi.

Le prime opere in tal senso risalgono a più di tre secoli e sono testimoni del fatto che l’argilla rossa era anche utilizzata per la costruzione delle abitazioni.

Il paesaggio rurale era ed è contraddistinto da un gran numero di piccole e grandi peschiere, ricavate spesso nelle vicinanze delle abitazioni o delle borgate.

In questi invasi utilizzati per vari usi l’acqua ristagnava durante tutto l’anno permettendo la sopravvivenza della Tinca.

Le tradizioni economico alimentari, legate alle attività agricole, imponevano la cattura di tinche adulte in primavera, per avere proteine fresche dopo l’inverno e ridurre l’eccesso dell’imminente riproduzione, successivamente, alla fine della stagione calda, si eseguiva la pesca che procurava il materiale da consumare in carpione nei mesi freddi

Durante il periodo postbellico l’abbandono delle tradizionali attività agricole, l’immigrazione, l’espansione demografica e il conseguente boom edilizio, hanno moltiplicato le attività di scavo dell’argilla rossa producendo la formazione di un elevato numero di stagni.

Oggi nel Pianalto di Poirino si contano circa 400 stagni; non tutti però sono idonei o gestiti per l’allevamento della Tinca.

Ancora oggi comunque la Tinca gobba dorata costituisce, insieme all’asparago, il prodotto tipico della zona ed il consumo avviene generalmente sul posto presso ristoranti, alberghi e trattorie che assorbono la gran parte del prodotto.

Art.7
Riferimenti relativi alle strutture di controllo

La struttura di controllo sarà individuata ai sensi dell’articolo 10 del Regolamento CEE 2081/92.

Art.8 Elementi specifici dell’etichettatura connessi alla dicitura DOP

Il contrassegno è costituito, in ordine dalla parte superiore veso l’inferiore i seguenti simboli distintivi:

- la dicitura: “Tinca gobba dorata del Pianalto di Poirino”

- il disegno stilizzato, con tratto nero in campo bianco, della Tinca femmina con la testa rivolta a sinistra

- la dicitura: “Denominazione d’Origine Protetta - DOP”

Si consulti l’allegato 6 per esaminare le dimensioni dei caratteri e gli indici colorimetrici.

La Tinca gobba dorata è tradizionalmente venduta viva, non esistono limiti sul quantitativo commerciabile, il cui trasporto avviene attualmente in contenitori per liquidi di forma e capienza vari.

Pur non esistendo, al momento attuale, alcun processo di lavorazione e/o trasformazione del prodotto, diverso da quello praticato dai ristoratori della zona, il prodotto potrà comunque essere commercializzato in contenitori e sacchetti monouso recanti ben evidenziato la suddetta etichettatura.