Bollettino Ufficiale n. 38 del 19 / 09 / 2001

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Deliberazione della Giunta Regionale 3 agosto 2001, n. 57 - 3700

L.R. 21/97 e s.m.i. - Capo VI - Artigianato Artistico e Tipico di Qualita’ - Art. 27 - Approvazione del Disciplinare di Produzione per il Settore Metalli pregiati, pietre dure e lavorazioni affini.

(omissis)

LA GIUNTA REGIONALE

a voti unanimi

delibera

di approvare, sentito il parere favorevole della Commissione Regionale per l’Artigianato e sentite le Associazioni di Categoria (Confartigianato, C.N.A., C.A.S.A.) il Disciplinare di Produzione per il Settore Metalli pregiati, pietre dure e lavorazioni affini, allegato alla presente deliberazione quale parte integrante, predisposto dalla apposita Commissione di Disciplinare di Produzione.

Tale disciplinare rappresenta un importante strumento per il raggiungimento dell’obiettivo della tutela e promozione dell’artigianato artistico, tradizionale e tipico: non si limita a chiudere le lavorazioni del settore individuato in un ambito ristretto, regolato da precise tecniche di intervento e dai materiali impiegati, ma consente di reinterpretare il passato attraverso le tendenze culturali ed estetiche del presente, offrendo così diverse opportunità occupazionali.

Allegato


DISCIPLINARE DI PRODUZIONE SETTORE METALLI
PREGIATI, PIETRE DURE E LAVORAZIONI AFFINI

INTRODUZIONE

La presenza di artefici di vaglia che hanno lasciato nel territorio piemontese opere preziose di assoluto rilievo ha nel tempo connotato il profilo dell’artigianato orafo e argentiero di questa regione. Già alla fine del XVI secolo i sovrani sabaudi hanno accolto l’esigenza, sentita anche dagli stessi orafi, di un sistema di marchiatura dei manufatti preziosi che certificasse la bontà del lavoro e riconoscesse ufficialmente questa attività, per giungere all’emanazione, nel 1678 da parte della reggente Maria Giovanna Battista, di una moderna legislazione che, ponendo il Regno Sabaudo all’avanguardia in italia in tale campo, aveva il compito di sostenere questa attività. Compito svolto assai bene visto che la corporazione degli orafi e degli argentieri divenne uno dei motori trainanti dell’artigianato artistico nel regno: infatti i manufatti preziosi piemontesi dei secoli XVII e XVIII sono tra le espressioni più originali e vivaci in quel momento stilistico, durato alcuni decenni, che comprende il tardo barocco o “barocchetto piemontese” ed il primo rococò e che vedrà artisti delle varie arti chiamati alla corte di Torino e/o ivi formatisi e circolanti in varie corti europee.

Ancora nel XIX secolo, conclusa l’unificazione del paese e trasferita la capitale a Firenze, gli orafi piemontesi, che grazie alle riforme cavouriane si erano nei decenni precedenti trasformati in abili imprenditori commutando l’antica e ormai desueta struttura produttiva della bottega rinascimentale in moderna ed efficiente manifattura di prodotti di lusso, seguiranno i sovrani, la corte e l’alta burocrazia nel capoluogo toscano, aprendo filiali nelle vie centrali della città, proponendo una nuova organizzazione produttiva, sprovincializzando il panorama culturale fiorentino da troppi anni ripiegato sui fasti dei secoli passati.

Da questi due esempi storici significativi sembrano emergere due caratteristiche salienti dell’attività orafa piemontese: la prima è la qualità del prodotto (delle tecniche e dei materiali) che la prassi vuole garantita, salvaguardata e valorizzata da norme legislative rigorose, emanate in momenti cruciali dello sviluppo economico e produttivo e che hanno tra gli scopi principali anche quello di proporre regole nuove, nate dal mutare dei tempi: nel mostro caso quindi questi Disciplinari si pongono non come desiderio velleitario di salvaguardia di antico mestiere in estinzione ma come stimolo ed incentivo ad un artigianato orafo artistico che pesa considerevolmente sulla bilancia dell’esportazione della nostra regione.

La seconda caratteristica è l’internazionalità del prodotto. Garantito da norme certe, esso è sempre stato stilisticamente e tecnicamente all’avanguardia, facendo di questa contemporaneità un dato costante, riconoscibile e quindi tipico. A questo proposito basti citare l’esempio di Valenza, centro di fama internazionale nella produzione di gioielleria e culla della secolare tradizione orafa piemontese nel suo incessante aggiornamento. Qui infatti, fino dal primo apparire dell’artigianato orafo, la parola tradizione non si riferiva ad una serie immutata ed immutabile di norme tramandate da generazioni di artigiani come invece è avvenuto per altre zone geografiche del nostro paese, ma ad una sapienza poliglotta in costante divenire, che ha trovato e trova tuttora la sua ragione d’essere nella sperimentazione tecnica, nella ricerca stilistica, nel fare tendenza, nel proporre il gioiello alla moda, nel calibrare gli apporto manuali sapientissimi ed antichi con l’avanguardia tecnologica, in definitiva nell’immergersi nella corrente vitale dell’internazionalità. Perciò se lo scopo dei Disciplinari è quello di mantenere intatta una sapienza manuale che è una base imprescindibile del fare orafo e della coscienza del proprio mestiere, certamente essa dovrà servire .... a rendere ancora più unici ed inconfondibili nel mondo i prodotti dell’artigianato orafo artistico piemontese.

Premessa

Questo Disciplinare di Produzione di manufatti realizzati in metalli preziosi, gemme, pietre preziose, semipreziose, dure si propone come inventario di regole, di caratteristiche, di tecniche di lavorazione, di materiali adottati nella Regione Piemonte, e di quant’altro serve ad individuare e specificare le lavorazioni tradizionali, tipiche e di qualità, nonchè le artistiche e di creazione nel settore in titolo. Pertanto la stesura del Disciplinare di Produzione si inserisce nel quadro normativo - Titolo II Capo VI della L.R. 9 maggio 1997 n. 21 e s.m.i. L.R. 31 agosto 1999 n. 24 - predisposto dalla Regione Piemonte per la tutela e la valorizzazione della lavorazioni artigiane che presentano elevati requisiti di carattere artistico, o che esprimono caratteristiche derivanti dalla tradizione locale, o che estrinsecano valori economici e culturali collegati alla tipicità dei materiali impiegati e delle tecniche di lavorazione.

Secondo gli intendimenti espressi, la Regione Piemonte intende perseguire i seguenti obbiettivi:

- la tutela dei requisiti di professionalità e di origine delle produzioni dell’artigianato artistico, tipico e di qualità;

- la salvaguardia e riqualificazione delle lavorazioni tradizionali sotto i profili estetico, stilistico e tecnico;

- la valorizzazione dei prodotti sia nel mercato interno sia in quello internazionale;

- la diffusione e la divulgazione della conoscenza delle tecniche tipiche e dei requisiti di manualità insiti nelle lavorazioni artistiche, tipiche e di qualità;

- l’acquisizione di documentazioni concernenti le origini, lo sviluppo storico-stilistico e i percorsi evolutizi delle lavorazioni;

- il sostegno alla creazione e allo sviluppo di nuove imprese tramite progetti di recupero e di rivitalizzazione di attività locali tradizionali e artistiche;

- gli incentivi alla partecipazione a manifestazioni culturali e fieristiche collettive;

- la creazione delle condizioni per la trasmissione del “saper fare” e del “saper essere” da parte dei “maestri” artigiani alle nuove generazioni;

Tali obbiettivi si raggiungono anche con la creazione delle “botteghe scuola”, nonchè riconoscendo la figura del Restauratore.

Il Disciplinare si rivolge all’impresa che deve saper riconoscere e collocare criticamente la propria attività nel contesto produttivo tipico che l’ha vista nascere, nel pieno rispetto del percorso storico-culturale che l’ha condotta a produrre l’esperienza di artigianato artistico, tradizionale e di qualità.

Pertanto devono essere considerati requisiti peculiari dell’impresa che chiede di aderire al Disciplinare:

- il richiamo alla tradizione, inteso come acquisizione di una cultura specifica, non solo materiale ma anche storica ed estetica, appartenente all’ambito produttivo in cui l’impresa è nata e produce;

- l’innovazione, ovvero la volontà di ricercare e di sperimentare nuovi sistemi di ideazione e nuovi modelli di produzione che contribuiscano al superamento delle obsolete contrapposizioni tra arte, design e manualità;

- l’aggiornamento professionale, vale a dire la disponibilità a recepire stimoli e sollecitazioni provenienti dalle istituzioni preposte, dagli enti che svolgono attività di tutela, ricerca, valorizzazione del patrimonio culturale e più in generale dal mercato del lavoro;

- il legame con le nuove generazioni, necessario alla continuità e alla vitalità dell’impresa artigiana, inteso come disponibilità ad offrire reali opportunità di formazione e di apprendimento.

Art. 1

Definizione del Settore

Il presente Disciplinare riguarda la produzione di oggetti preziosi di alta oreficeria, gioielleria e argenteria intesa come creazione di manufatti:

Ad alto contenuto di manualità, realizzati con l’impiego di oro, platino, argento e palladio;

Secondo i titoli legali previsti dalla vigente normativa nazionale;

Facendo anche uso di semilavorati purchè delle stesse materie prime sopra citate (intesi come mera minuteria);

Intesi come oggetto in solo metallo prezioso o combinato con gemme, pietre preziose, semipreziose, dure (a titolo esemplificativo ma non esaustivo: diamanti, rubini, smeraldi, zaffiri, perle, coralli, ecc.);

In pezzi unici e/o serie limitata purchè permangano le stesse caratteristiche di manualità e di professionalità che contraddistinguono il pezzo unico.

1.1 Artigianato tipico, tradizionale e di qualità.

Tipica è la realizzazione di un lavoro che contiene uno o più caratteri tecnici e formali, peculiari e nel tempo divenuti comuni ai lavori della stessa categoria, realizzati nella medesima zona geografica. In modo tale che questo oggetto grazie a questi suoi caratteri propri e costanti sia esso stesso riconoscibile e la sua origine identificabile.

Tradizionale è il prodotto che rispetta e ripropone una tradizione tecnica e formale che si è conformata nel corso del tempo in un particolare contesto storico e culturale.

Di qualità quella che possiede meriti tecnici, estetici o bontà d’ideazione e di fattura, cioè che per essa, da parte dell’artigianato, sia stata adottata una attenzione particolare nella scelta della forma e dei materiali e nell’applicazione delle tecniche esecutive.

1.2 Artigianato artistico

Con riferimento a quanto espresso nella premessa del presente articolo potrà dirsi artistica, la realizzazione di un esemplare unico o a numero chiuso, in metallo prezioso con o senza pietre (preziose, semipreziose o dure), gemme e/o qualsivoglia materiale il cui utilizzo è dettato da una esigenza estetica, che sia eccellente da un punto di vista tecnico ed abbia valenza formale innovativa ed autonoma; ovvero comunichi una scelta stilistica e/o esprima il linguaggio proprio del suo creatore, sia un esempio di perfezione esecutiva nel solco della tradizione o proponga, a livello sperimentale, nuove procedure di realizzazione.

Il concepimento e il risultato dell’opera può essere attuato da parte di un artigiano, indipendentemente dalla sua educazione all’arte, attraverso una formazione propria scolastica o per propria sensibilità personale, perfezionata da un apprendimento al fianco di esperti maestri d’opera.

Art. 2

Comparti

Dalla più ampia definizione desunta dall’art. 1 si identificano i seguenti comparti: oreficeria (2.1); incassatura o incastonatura (2.2); sbalzo, cesello, incisione e martellatura (2.3); smaltatura (2.4); pulitura (2.5); taglio delle gemme pietre preziose, semipreziose e dure (2.6); modellazione (2.7); restauro (2.8); argenteria (2.9).

2.1 Oreficeria

Per oreficeria si intende l’insieme delle tecniche e delle pratiche (dalle antiche alle attuali) atte a realizzare la struttura metallica del gioiello: dalla preparazione del metallo prezioso in lastra e fili, fino alla esecuzione della struttura metallica (montatura).

Si identificano le seguenti tecniche:

Fusione:

questo termine indica la fase preliminare di lavorazione che serve alla preparazione del metallo legato (sia esso oro, argento o platino) a diverse titolazioni (sempre secondo la vigente normativa di settore) e differenti colori.

Il metallo liquido viene versato in staffe o lingotterie di ferro per ottenere la lastra o il filo (c.d. Fusione in stalla); oppure in osso di seppia (c.d. Fusione in osso di seppia) e in cilindri di scagliola predisposti (c.d. Fusione a cera persa o Microfusione) per ottenere elementi tridimensionali.

Qualora l’oggetto sia il risultato di una fusione a cera persa o in osso di seppia, va sottoposto anche a sgrossatura, che si ottiene attraverso l’utilizzo di lime di varia misura, carta smeriglio, frese e seghetti.

L’esecuzione della sola Fusione a cera persa o Microfusione (intesa come unica pratica dell’attività dell’impresa artigiana), non costituisce titolo idoneo per l’impresa alla richiesta della domanda per ottenere il riconoscimento e dell’annotazione di cui all’art. 28 Capo VI L.R. 21/97.

Preparazione della lastra:

dalla fusione in staffa o in lingottiera in metallo ottenuto viene sottoposto a martellatura per compattarlo e per eliminare gli eventuali residui di borace e sbavature; dopodichè viene passato ripetutamente in laminatoio dai cilindri lisci per ridurlo allo spessore della lastra voluto (c.d. Laminatura).

Preparazione del filo o trafilatura:

sempre dalla fusione in staffa o in lingottiere si passa il lingotto in laminatoio dai cilindri sagomati: il filo ottenuto, di sezione ottagonale, viene successivamente passato in trafile di varie sezioni e diametro montate su banco apposito.

Rinettatura o sgrossatura:

ogni fusione va sottoposta a rinettatura, intesa come quella di lavorazione che provvede a togliere le ossidature lasciate dalla fusione stessa.

Tecniche applicate alla lastra:

sono quelle tecniche che, attraverso l’utilizzo di diversi attrezzi ausiliari (quali ad esempio esemplificativo ma non esaustivo seghetto, lime di varia misura, frese, trafile, imbottitori, cesoie, tenaglioli, martelli), conferiscono alla lastra una forma e/o un decoro voluti.

Si elencato:

I. Traforo

Con il traforo si ottengono ornati di ogni genere, ritagliando e svuotando la lamina, per raggiungere effetti di chiaroscuro (ovvero gioco di vuoti e pieni); diminuendo al contempo il peso del gioiello. Il traforo si ottiene perforando la lamina, introducendo nel foro il seghetto e lavorando con esso fino ad ottenere i contorni del motivo decorativo prescelto precedentemente tracciato sulla lastra stessa.

II. Foratura Con il termine foratura si intende la preparazione con punte ad elica, seghetto o fresa, della sede entro cui andrà incastonata la pietra.

Tale operazione precede le tecniche di incassatura citate al punto 2.2, in particolare l’incassatura a lastra.

La foratura può essere completata attraverso il lavoro “a giorno”, che consiste in un allargamento del foro nella parte sottostante che oltre a dare luce anche dal basso alla pietra, costituisce un elemento di finizione estetica.

III. “Canna vuota”

Per l’esecuzione della c.d. canna vuota, occorre rivestire un filo di rame (di sezione variabile secondo necessità), con una lamina o fodera di oro molto aderente e ciò si fa attraverso la trafilatura. Si potrà così, con la facilitazione di ripetute cotture (“fare rosso”), dare forma a motivi decorativi curvilinei, intrecciati e variamente annodati.

Successivamente il modello verrà immerso in acido nitrico che scioglie il rame, trasformandolo in sale solubile, lasciando intatto il rivestimento di oro, inattaccabile dagli acidi.

Una variante della “canna nuova” è il c.d. “tubo gas” ottenuto con una tecnica particolare di avvolgimento del filo mezzo tondo o piatto attorno a un’anima di metallo (oro, acciaio o rame), di dimensione e spessore variabile, che serve da supporto e mantiene l’elasticità.

IV. Lastra doublè

Si intende una lastra composta da una “foglia” d’oro sottoposta e aderente ad una lastra di argento.

La lastra doublè può essere ottenuta attraverso due pratiche principali:

1. unendo le due lastre per pressione, utilizzando presse e laminatoi, in vari passaggi, alternati alla cottura del metallo;

2. bagnando la lastra con borace, spargendo polvere finissima d’argento o anche d’oro e procedendo secondo i passaggi descritti precedentemente.

V. Niello e Agemina

Con questa tecnica si riempiono a caldo disegni ornamentali incisi sul metallo con uno speciale amalgama detto “niello”, composto da argento, piombo, rame, zolfo e talvolta borace.

Il riempimento dei solchi avviene in due distinti modi ovvero attraverso la colata diretta dell’amalgama fuso oppure dando fuoco direttamente alla polvere depositata all’interno delle incisioni. In questo caso all’amalgama in polvere si aggiunge grafite.

A freddo si compie la rifinitura eliminando dai solchi le parti eccedenti e lucidando la superficie.

L’agemina consiste nel riempire con fili, piccole lastre o foglie di argento, di oro, di rame o di altri metalli colorati, solchi decorativi scavati nella lastra di oro o d’argento con un largo bulino o scalpello.

Tale lavoro, si compie a freddo con opera di ribattitura e una levigatura finale con abrasivi.

Filigrana

La filigrana è eseguita con fili singoli, doppi, a volte tripli, lisci, perlinati o attorcigliati tra loro a sezione piatta, rotonda, quadrata e di spessore variabile. Il filo avvolto in riccioli, cerchi, spirali, può essere saldato alla lastra o saldato senza supporto, in modo da ottenere un effetto a pizzo.

Tecnica “del filo”

Con tale tecnica di lavorazione, seguendo un’idea o un disegno, si crea un oggetto o parte di esso, impiegando esclusivamente o prevalentemente del filo, solitamente tondo di diametro relativamente piccolo.

Sul manufatto sono eseguite con la stessa tecnica, anche le sedi che dovranno essere incastonate con pietre preziose e gemme.

Il filo è altresì utilizzato per realizzare su altri manufatti gambi, snodi, parti di rinforzo, anelli di congiunzione e applicato a nastri precedentemente svuotati per fare le sedi di carrè, baguette e tapered.

Tecnica del tessuto e della maglia

La tecnica del tessuto implica l’incrocio di trame ed ordito di fili piatti di vario colore, spessore e metallo (anche in tonalità diverse), incisi, decorati, eventualmente ritorti.

Il tessuto così ottenuto, una volta modellato secondo le forme volute e rinforzato con strutture rigide, viene lavorato come una normale lastra metallica.

Con la tecnica della maglia invece, il filo, di sezione e diametro variabile e con colori differenti, viene avvolto ottenendo una spirale.

Successivamente viene intrecciata con altre serie di spirali, fino a raggiungere le dimensioni volute e realizzando un manufatto, che similarmente a un tessuto filato di maglia, è caratterizzato da una morbida flessibilità.

Granulazione

La granulazione è una tecnica decorativa che prevede l’utilizzo solo dell’oro giallo sotto forma di minutissime sfere applicate alla lastra. Le microsfere, ottenute da una fusione di frammenti aurei in polvere di carbone, sono saldate alla lastra grazie all’utilizzo della c.d. saldatura colloidale forte.

Costruzione dei gioiello tramite l’utilizzo di elementi componenti l’oggetto ottenuti dalla microfusione in forma separata

Gli elementi ottenuti dalla microfusione necessitano di un processo di lavorazione che riunisce in sè un insieme di tecniche e di pratiche manuali di finitura quali per esempio: la limatura, la saldatura accurata (si presume che l’operatore sia a conoscenza delle proprietà dei metalli nella preparazione della lega di saldatura, che può essere forte, media, tenera, rispetto suo al grado di fusione), la ripulitura con seghetto, l’impernatura, ecc., che hanno lo scopo di ricomporre la struttura dell’oggetto (la montatura), riunendo i diversi elementi risultanti dalla fusione, fino a renderla pronta per la pulitura, l’incastonatura e la lucidatura finale.

2.2) Incassatura o incastonatura

Si definisce così la tecnica di lavorazione di un gioiello che porta pietre preziose, semipreziose o dure. Queste vengono introdotte e fissate dall’incassatore in sedi appositamente preparate dall’orafo nella struttura metallica del gioiello. L’incassatore dovrà a sua volta adattare perfettamente la sede a seconda della forma, misura e taglio delle singole pietre.

Si richiede che la capacità professionale dell’incassatore venga dall’uso degli strumenti tradizionali quali bulini, bulini piatti e mezzi tondi, perlinatore o milligrana, fusi e mastice, pietra tipo Arkansas (per l’affilatura dei bulini) e utilizzo della mola (per la preparazione dei bulini), granitore o impallinatore (c.d. in valenzano “peruàl”), carte smeriglio e carte lucide, cerino prendipietra, quadrato di plastilina, lime di varia forma e grana, martelletto e ferro battitore, non escludendo comunque altri strumenti e pratiche di applicazione della propria manualità.

Tra i vari tipi di incassatura possiamo elencare:

INCASSATURA A LASTRA

Con questa definizione si riconoscono tutte quelle tecniche di incastonatura delle pietre dove il metallo viene tagliato con il bulino. Dal taglio si ottengono così le “grane” (piccole porzioni di metallo utilizzate per la francatura della pietra) con le quali successivamente verranno fermate le pietre sull’oggetto.

Questo tipo di procedimento, che ha migliorato tecnicamente ed esteticamente il gioiello, è un’innovazione tipica dell’artigianato valenzano e differisce dall’incassatura cosiddetta “alla francese”.

S’identificano sotto questo termine, le seguenti tecniche:

I. Incastonatura a pavè

II. Incastonatura “a stella”

III. Incassatura “all’antica”

IV. Incassatura “a striscetta”

V. Incassatura “a foglia”

VI. Incassatura “a quadretto”

ALTRI TIPI DI INCASSATURA

Si identificano:

a. Incastonatura a castone ribattuto o a bastina ribattuta (castone “alla romana”)

Questa tecnica viene impiegata generalmente nell’incassatura di pietre medio grandi posizionate su castoni o bastine.

Il bordo metallico dei castoni o delle bastine, previo adattamento alla pietra stessa, dovrà essere ripiegato sui lati superiori.

b. Incastonature con puntine o riccetti (incassatura all’inglese)

E’ una tecnica per fermare pietre di piccole o medie dimensioni; con questo metodo la pietra viene incassata, fermandola con dei ricci o puntine, dopo aver eseguito un taglio lucido attorno alla pietra stessa, generando così un effetto ottico che esalta le caratteristiche della pietra.

c. Incastonatura a binario

E’ un metodo di incastonatura dove abbiamo un’unica sede per  più pietre (e non più fori o cavità) generalmente di taglio “baguette” (rettangolare) e “carrè” (quadrato) a formare un nastro con pareti laterali.

Tale tecnica viene utilizzata anche con pietre di taglio rotondo o tapered (trapezoidale).

d. Incastonatura a griffes

Il termine di derivazione francese, sta a significare “corone di punte metalliche che, ripiegate sulla pietra preziosa, la fissano”.

Per “griffes” quindi si intende una sede con la forma della pietra, su cui (o intorno a cui) si saldano a fuoco serie di punte a sezioni diverse (triangolari, circolari, rettangolari, ecc.).

e. Incastonatura “invisibile”

E’ quel tipo di incastonatura dove l’effetto finale è un mosaico di pietre preziose (rubini, zaffiri) tagliate in forma quadrata senza alcun apparente sostegno di metallo.

Tale tecnica è ottenuta utilizzando l’apporto indispensabile del tagliatore che prepara ed adatta le pietre alla forma del gioiello.

A tutte queste si possono aggiungere ulteriori nuove tipologie di incassatura, che rispettando le definizioni sopraindicate derivanti dalla “scuola classica”, utilizzano altri schemi elettrici in considerazione della creatività dell’artigiano e della tipologia degli oggetti che si stanno realizzando.

2.3) Sbalzo, cesello, incisione (comprensiva della preparazione di stampi per oreficeria) e martellatura.

Sbalzo e cesello sono due tecniche che normalmente in oreficeria compaiono abbinate: lo sbalzo viene praticato sul rovescio della lastra precedentemente disegnata mentre il cesello si pratica sul diritto. La lavorazione a sbalzo è un’antichissima tecnica per mezzo della quale il disegno, tracciato sulla lastra di metallo, viene ottenuto in rilievo.

Su di una superficie di pece calda posta su un supporto mobile viene fissato e tenuto in posizione un foglio di metallo sul quale il motivo della decorazione viene disegnato e tracciato; successivamente con punzoni smusati e arrotondati, usando piccoli mazzuoli se ne effettua lo sbalzo al rovescio.

Il cesello è una tecnica conseguente allo sbalzo.

Sulla faccia anteriore della lastra sbalzata con il lavoro di cesello, si sposta il metallo e vengono rifiniti i contorni poco chiari del decorso eseguito a sbalzo ed aggiunti eventuali motivi e particolari più minuti e precisi.

Può essere considerata tecnica di rifinitura e perfezionamento e fatta e mezzo di scalpelli privi di punta e taglio, detti ceselli.

L’incisione è una tecnica totalmente diversa dallo sbalzo e dal cesello pur dando come risultato l’apparire di un motivo o decoro su di una lastra di metallo.

L’incisione è, infatti, eseguita con attrezzi a punta o taglienti detti bulini e consiste nell’ottenere figurazioni e decori mediante asportazione del metallo.

E’ generalmente applicata su castoni di anelli e medaglioni, ecc. ma può essere anche usata per ricavare, sempre asportando del metallo, figure ed adornati in positivo.

Nella preparazione di stampi per oreficeria il disegno o il decoro viene intagliato in positivo ed in negativo sull’attrezzo diviso in due parti: “maschio” in positivo, “femmina” in negativo.

Successivamente nell’operazione dello stampo, tra “maschio” e “femmina”, realizzati in acciaio temperato e fissati in perfetta corrispondenza e perpendicolarità, viene interposta una lamina di metallo.

Esercitando una pressione, con bilanciere o pressa, lo stampo “maschio” comprime la lastra di metallo, che entra nello stampo “femmina”; il risultato di tale tecnica, è che così compressa, la lastra assumerà il decoro, sia in rilievo che ad incavo, con la delimitazione anche dei contorni.

Con tranciatura, s’intende la stessa tecnica dello stampo, con la particolarità che il “blocchetto” di metallo anzichè intagliato è completamente svuotato nel suo contorno.

Con martellatura s’intende il decoro realizzato su parti dell’oggetto con martello o ferro apposito.

La godronatura è una tecnica di lavorazione particolare che viene fatta su superfici di metallo con un utensile montato su tornio o in oreficeria anche su laminatoi che portano cilindri intercambiabili e che potranno, in positivo ed in negativo, impronte di decorazioni.

Passando la lastra tra i due cilindri sulla stessa vengono stampate le impronte.

La lapidatura è un’operazione di rifinitura ottenuta con un particolare macchinario consistente in un disco rotante cosparso di pasta abravisa e lucidante. Si possono ottenere superfici piane lucide, spigolature vive e sfaccettature.

Tale tecnica viene utilizzata applicandola direttamente sul gioiello o su singole parti che verranno a loro volta saldate sul manufatto prezioso.

2.4) Smaltatura

Nel presente disciplinare considereremo solamente la tecnica di smaltatura a caldo che può essere effettuata “a giorno” cioè visibile in trasparenza o “a notte” cioè applicata su fondo cieco. La smaltatura è la tecnica che permette di rivestire superfici metalliche o parti di esse con copertura di materia vetrosa, trasparente od opaca, generalmente colorata detta smalto. Le diverse colorazioni sono determinate dai vari ossidi metallici aggiunti al composto.

Questa tecnica, applicata tradizionalmente alla argenteria, oreficeria e gioielleria, consente effetti decorativi vari e pregevoli. Essa consta di alcune fasi di lavorazione:

- preparazione delle polveri vitree;

- preparazione delle superfici metalliche con il decappaggio;

- applicazione dell’amalgama di polveri sulle superfici;

- passaggio ripetuto in muffola o forno per il trattamento termico di liquefazione e di solidificazione;

- rifinitura con abrasivi e acido fluoridrico.

Nella tipologia della smaltatura a caldo, rientrano le seguenti tecniche:

I. tecnica cloissonnè (o ad alveoli, o tramezzato):

dove la polvere di smalto è collocata in alveoli (cloisons), realizzati dall’orefice mediante la saldatura di segmenti di filo metallico sulla lastra di fondo. Generalmente l’oggetto o la superficie hanno una struttura piana e il motivo iconografico ha un andamento semplificato ed essenziale.

Si utilizzano generalmente smalti opachi.

II. tecnica champlevè (o ad incisione, o ad incavo):

prevede, come sedi dello smalto, depressioni o cavità prodotte dall’incisione su lastra, che seguono un motivo decorativo.

L’abbassamento della superficie metallica da decorare può essere anche ottenuto nei seguenti modi: con scalpello, per corrosione (attraverso acidi), con frese, per microfusione.

Nell’effetto cromatico finale, con l’utilizzo contestuale di smalti opachi e di smalti trasparenti, si avrà una netta divisione per campiture.

III. tecnica ronde bosse (o tutto-tondo)

Lo smalto viene applicato su superfici a tutto tondo in oggetti ottenuti, nella parte metallica, per fusione. Dal punto di vista operativo si tratta di un procedimento che richiede molta attenzione e la cui buona riuscita dipende:

- dal decapaggio della base metallica;

- dal titolo del metallo;

- dalla stesura dello smalto;

IV. smalti da miniatura (“miniatura a smalto” o “smalto dipinto”)

Si differenziano dagli altri solo perchè più fini nei granuli e perchè uniti da olio (c.d. “olio di giglio”).

Vengono applicati con pennelli molto sottili e pennino, delle raffigurazioni e dipinti, su di una superficie di base già precedentemente smaltata.

V. tecnica grisaille

In questa tecnica sul fondo nero vengono stesi strati variabili di bianco ottenendo effetti dimocratici chiaroscurali che ricordano le incisioni di stampa.

I contorni del disegno vengono incisi nello smalto bianco prima della cottura, portando alla luce lo strato inferiore dello smalto nero.

Per evidenziare maggiormente l’effetto chiaroscurale si usa sottolineare con lo smalto nero i contorni disegnati.

Nell’applicare questa tecnica bisogno sempre effettuare la controsmaltatura per compensare gli effetti negativi della dilatazione e del restringimento del metallo di supporto per effetto del calore.

VI. Tecnica del translucido Consiste nel lavorare una lamina a sbalzo o ad incavo; le superfici vengono coperte da smalti policromi, i quali acquisteranno un tono cromatico diverso a seconda dello sbalzo o della profondità dell’incavo.

VII. tecnica del paillons

Consiste in una rifinitura che permette di inserire tra i diversi strati di smalto piccole applicazioni ornamentali in lamine d’oro.

VIII. tecnica guillochè

Consiste nella stesura dello smalto sul fondo metallico inciso con il sistema del “guillochè” (tecnica di incisione meccanica).

IX. tecnica plique a jour (o “a cattedrale”)

Questa tecnica è applicata in spazi ricavati col traforo.

Lo smalto utilizzato è trasparente e, l’effetto che se ne ottiene è quello di una vetrata policroma.

Può essere impiegato qualsiasi metallo purchè di considerevole spessore in quanto la sostanza vetrosa fusa fa presa direttamente sul metallo di contorno.

2.5) Pulitura

Per la pulitura si intende quelle fasi di rifinitura del manufatto che avvengono esclusivamente attraverso l’uso di paste abrasive applicate con delle spazzole, di diverso tipo.

Si distinguono essenzialmente due fasi: una prima fase di “ripulitura generale” dell’oggetto, terminato dall’orafo e non ancora incassato, che comprende anche la pulizia dei piccoli trafori, interstizi vari e dell’interno dei castoni.

La seconda fase, terminata la fase di incassatura dell’oggetto, consiste nello sgrassare e lucidare il gioiello, attraverso l’uso degli stessi presidi ma cambiando il tipo di spazzole che devono essere più morbide e le paste meno abrasive e comunque adatte al tipo di pietre già incassate.

L’obiettivo è quello fare acquisire al gioiello la giusta brillantezza per esaltare le rifiniture ed i volumi, perciò è indispensabile una grande sensibilità manuale dell’operatore.

Tra le attrezzature vanno citate inoltre: matassine di cotone, canne di canapa, paste abrasive varie.

E’ da escludersi, ai fini del riconoscimento dell’"Eccellenza Artigiana", l’utilizzo dei buratti meccanici.

2.6) Taglio gemme, pietre preziose, semipreziose, dure

Il taglio delle pietre o lapidatura è la tecnica che trasforma i cristalli e i minerali in forme e dimensioni utilizzabili in settori quali la gioielleria, l’argenteria, la bigiotteria e l’oggettistica.

In questi ambiti anche prodotti organici quali la madreperla, il corallo, ecc. o sintetici quali il vetro sono da considerarsi affini e vengono lavorati con le stesse tecniche.

Il criterio seguito per trasformare un minerale prezioso o un cristallo, in una gemma, prevede il rispetto di tre aspetti fondamentali: il peso, il colore, la purezza e il taglio ottimale di una gemma non ne può prescindere.

Un’approfondita analisi visiva del minerale in rapporto all’utilizzo, consente di stabilire la dimensione del prodotto finito, come pure il miglior mantenimento del colore eliminando nel contempo le impurità.

Fasi di lavorazione:

- Clivaggio

Consiste nella spezzatura ragionata dei minerali attraverso la martellatura con l’ausilio di cunei di acciaio che agiscono direttamente sulla struttura cristallina.

- Segaggio Questa operazione permette di trasformare un minerale nelle dimensioni e forme desiderate (es. lastre, blocchi, ecc.).

Il segaggio si ottiene attraverso lame circolari mosse da motori elettrici.

A seconda della durezza del minerale da segare si utilizzano lame appropriate; ad esempio i corindoni possono essere segati con lame di rame o acciaio rivestite da microcristalli di diamante.

Il risultato ottimale si ottiene con il pescaggio in acqua della lama durante tutta l’operazione.

- Sgrossatura (Sbozzatura)

E’ la fase successiva al segaggio.

Si propone attraverso la lavorazione manuale di portare un cristallo grezzo a dimensioni e forme quasi definitive.

Gli strumenti per realizzare questa operazione sono motori elettrici che si muovono a velocità di circa 140 giri al minuto sui quali sono applicate mole abrasive.

A seconda dei materiali che si intendono sgrossare le mole possono essere in carburo di silicio di varie grane, oppure mole diamantate con supporto metallico.

Normalmente le mole da sgrossatura e sbozzatura contengono diamante o affini in grana che nella scala DIN vanno da 70 a 150 micron.

- Taglio e sfaccettatura

Dopo la sgrossatura e la sbozzatura la pietra viene bloccata su appositi supporti denominati in genere DOP.

Il DOP è una bacchetta in acciaio di circa 5 mm. di diametro e di lunghezza variabile dai 7 ai 15 centimetri alla cui sommità è presente una piccola quantità di mastice che serve per fermare e stabilizzare la pietra.

Una volta fissata la pietra sul DOP, questo si può applicare ad appositi strumenti detti divisori che permettono la sfaccettatura. I divisori sono dotati di ampia possibilità di rotazione e di spostamenti di angolazione così da poter avvicinare la pietra con una angolazione prestabilita alla mola abrasiva.

I divisori (detti anche morsetti per il taglio) lavorano in coppia con taglierine a motore elettrico che montano mole diamantate di diverse grane, secondo le fasi di lavoro.

Le pietre montate sui divisori sfregano sulle mole diamantate bagnate costantemente con acqua e, l’abrasione che ne segue determina la sfaccettatura.

Le mole diamantate per la sfaccettatura sono di due tipi:

 . a deposito galvanico (dove i microcristalli di diamante sono presenti solo sulla superficie della mola);

 . sinterizzate (dove i microcristalli sono presenti in uno strato consistente, composto da un impasto di polvere di diamante e legante, fusi assieme al supporto della mola.

La caratteristica delle mole per la sfaccettatura è quella di avere grane fini che vanno da 60 a 20 DIN.

Anche le mole per la sfaccettatura sono applicate a motori elettrici (velocità 1000/1400 giri/minuto) e utilizzano come agente refrigerante l’acqua.

Altri tipi di taglio delle pietre si possono effettuare tramite frese abrasive con gambo, che vengono montate su motori fissi oppure su trapani a manipolo.

In questi casi è possibile abbellire le pietre con motivi decorativi incisi, solchi, scalanature e anche cavità per consentire tecniche d’intarsio.

- Foratura

La foratura delle gemme consente la possibilità di utilizzare vari sistemi di collegamento al fine di realizzare composizioni ornamentali in fili o altro.

La foratura può avvenire con trapani a colonna e punte diamantate che forano con l’ausilio di un getto d’acqua continua, oppure a mano, attraverso l’uso dei trapani con manipolo, montanti anche in questo caso, frese abrasive con gambo, inumidite con acqua durante l’utilizzo.

- Lucidatura

Le tecniche di lucidatura sono differenti secondo il tipo di gemma e il taglio.

Una pietra sfaccettata viene normalmente lucidata appoggiandola su dischi in metallo cosparse da polveri lucidanti.

Ad esempio quarzi, berilli, tormaline si possono lucidare con dischi di stagno e polvere di diamante 1/2 - 3 micron DIN.

I diamanti si lucidano con dischi di ghisa e polvere di diamante.

I tagli in lastra o cabochon si lucidano con dischi in feltro impregnati di miscela d’acqua e ossidi di cerio, alluminio, cromo.

2.7) Modellazione in metallo prezioso e/o anche non pregiato purchè funzionale alla costruzione del manufatto stesso.

Per modellazione si intende quella fase autonoma di lavorazione svolta da una figura specializzata, il modellista in grado di ideare e tradurre in opera il suo modello grafico (il disegno) o mettere in opera quello creato da altri.

La modellazione del prototipo può essere fatta con metodi tradizionali, in metalli preziosi, o vili, o in cera, oppure servendosi di ritrovati tecnologici (sistemi computerizzati, cad 3D).

In quest’ultimo caso rimane sottinteso che la formazione e la manualità del modellista si devono inserire nel percorso della tradizione orafa.

2.8) Restauro di manufatti in metalli preziosi (argenti, ori, gioielli)

ETICA

Il restauro dei manufatti in metalli preziosi (argenti, ori, gioielli) in Italia non è stato ancora configurato come disciplina, pertanto ufficialmente non esiste il restauratore di tali opere. Nonostante ciò quando questa figura è attiva o viene attivata non deve essere un semplice operatore, cioè un artigiano orafo, ma un tecnico specializzato che in primis deve avvicinarsi al soggetto della sua opera di restauro con una coscienza deontologica.

CARATTERISTICHE

Il restauratore quando è chiamato al restauro di reperti archeologici, antichi, moderni e di recente fattura, deve essere in grado di riconoscere il vero dal falso cioè discernere l’originale dalla copia o imitazione anche si di ottima fattura, perciò deve conoscere l’epoca, lo stile, l’ambito di esecuzione o l’esecutore del manufatto al fine di individuare correttamente le tecniche esecutive, di costruzione e di montaggio; come pure deve individuare la presenza di precedenti interventi di restauro e chiarirne l’iter esecutivo; ed ancora avere pertinenza artistica degli ornati e delle parti iconografiche per riuscire a riconoscere assemblaggi di epoche diverse o manomissioni di quelle originali.

PROFESSIONALITA’ SPECIFICA

Al termine di questa preliminare e fondamentale analisi il restauratore con accortezza e senso di responsabilità deve stabilire se il reperto è recuperabile, cioè si può fermare il degrado strutturale, o valutare il rischio di un possibile, ulteriore deterioramento, provocato dalla manipolazione che può condurre ad un danno irreversibile. Egli deve essere dotato di gusto e di manualità, requisiti richiesti nell’integrazione delle parti mancanti, inoltre deve saper applicare le principali tecniche orafe: fusione, sbalzo e cesello, incisione, traforo, tecnica a filo, ecc. (per la descrizione delle singole tecniche si fa riferimento a quanto enunciato nell’art. 2.1). Il compito del restauratore non è quello di camuffare il danno, tentando il ritorno allo stato originale con l’annullamento delle tracce del passaggio del tempo, ma solo quello di ripristinare “l’unità potenziale” del manufatto utilizzando integrazioni di parti mancanti che siano riconoscibili e reversibili cioè eliminabili senza alcuna alterazione della struttura cristallina originaria del reperto (per esempio la ricottura e la saldatura forte sono sconsigliate dalla teoria della conservazione delle opere d’arte). Perciò è necessaria da parte del tecnico specialista una certe ingegnosità meccanica, in parte artistica, per studiare e attuare manualmente sistemi di ricostruzione efficaci, stabili ed esteticamente compatibili.

USO DEI MATERIALI E PROCEDURE

E’ fondamentale che il restauratore possegga una conoscenza non solo empirica dei materiali e dei loro componenti, includendo anche quelli impiegati nel restauro, in modo particolare nelle fasi della pulitura e della protezione dei metalli, nonchè nel trattamento di tutti i materiali complementari (ad esempio smalti, avorio, osso, corallo, ecc.).

In sintesi si individuano cinque fasi del restauro dei manufatti preziosi: smontaggio, pulitura, protezione, consolidamento, integrazione.

SMONTAGGIO: i manufatti preziosi sono quasi sempre costruzioni complesse per cui già in origine si prevedevano sistemi di assemblaggio delle parti che solo alcune volte sono irreversibili. Per cui questa prima fase è una eventualità lecita e molte volte obbligata. E’ un’operazione delicata con possibilità di rottura del manufatto, pertanto si richiede una grande abilità da parte del restauratore o la consapevolezza dei limiti del proprio operare.

PULITURA: la fase della pulitura è agevolata nei manufatti preziosi dalla presenza di metalli nobili e quindi dalla mancanza di alterazioni gravi o irreversibili delle superfici. L’unica patina che il restauratore si trova a rimuovere è l’ossidazione naturale. La pulitura, preferibilmente manuale, deve essere comunque mantenuta ad un livello “arretrato”, ossia la patina non deve essere rimossa totalmente per evitare di entrare in contraddizione visiva con l’insieme. Non solo deontologicamente compatibili con la teoria del restauro le deposizioni elettrolitiche, e quindi artificiali, di patine metalliche che alterano irreversibilmente le superfici (per esempio le patine al rodio).

PROTEZIONE: questa fase consiste nell’isolare la superficie appena pulita con vernici trasparenti neutre e solubili allo scopo di mantenere inalterata la brillantezza del metallo ottenuta con la pulitura. La protezione viene soprattutto prevista in caso di manufatti argentei, quando essi sono musealizzati o sottoposti ad un uso saltuario.

CONSOLIDAMENTO: è la fase nodale del restauro e può riguardare l’intera struttura o solo alcune parti di essa. Il consolidamento non è altro che la stabilizzazione del manufatto e in esso si trova il motivo dell’opera di restauro. In questa fase il tecnico deve possedere una notevole versatilità ideativa poichè è contemplata una vasta gamma di interventi: rimessa in forma di parti; saldature; realizzazione di viti, chiodi, perni; costruzione di supporti e di elementi di congiunzione; fusioni e sbalzi per la creazione di parti strutturali mancanti, ecc.. L’opera del restauratore in questa fase è delimitata da regole precise: divieto di manomettere o alterare la struttura originale del manufatto; assoluta reversibilità delle parti moderne; utilizzo del fuoco o calore solo nei casi di assoluta necessità.

INTEGRAZIONE: premesso che tutte le integrazioni devono essere reversibili, nel campo dei manufatti preziosi ne esistono di due tipi:

- integrazioni di manutenzione ovvero risarcimenti di parti perdute della struttura del manufatto. Questo tipo di integrazione garantisce il recupero della stabilità altrimenti compromessa.

- Integrazione estetica ovvero il risarcimento di parti ornamentali mancanti con conseguente recupero dell’unità estetica. Attraverso l’uso del calco delle parti ancora presenti, opportunamente variato nella fase di integrazione in modo tale da differenziarlo, seppure impercettibilmente, dall’originale, si arriva attraverso uno studio critico e filologico alla ricostruzione dell’unità potenziale del manufatto.

2.9) Tecniche di produzione di argenteria.

I. Fusione

Fase della lavorazione che serve alla preparazione del metallo legato. Il titolo italiano è 800%, ma è molto diffuso anche per il mondo anglosassone il titolo di 925%. Si procede alla lega di argento puro e rame elettrolitico.

II. Laminazione

Le verghe ottenute dalle staffe di fusione, dopo il decapaggio, vengono sgrossate al laminatoio sino a raggiungere spessori di 5/6 mm. E vengono quindi messe al forno di cottura per fare sì che il metallo riacquisti malleabilità.

Successivamente sono ulteriormente laminate per raggiungere spessori che variano da 11 sino a 6 decimi di millimetro per essere sottoposte alle diverse lavorazioni.

Naturalmente devono essere ulteriormente ricotte prima della successiva lavorazione, poichè durante la fase di laminazione la lastra si “incrudisce”.

III. Tornitura

Fase importante della lavorazione nella quale la lastra, con opportuni ferri detti “castagne”, viene fatta aderire alle forme di tornitura. Attraverso numerosi passaggi la lastra assume così l’aspetto definitivo dell’oggetto che si vuole ottenere ad es. vasi, piatti, caffettiere, vasellame vario, ecc..

IV. Stampaggio

Fase della lavorazione dove utilizzando due stampi, rispettivamente detti “maschio” e “femmina”, la lastra compressa tra gli stessi assume la foggia e gli elementi decorativi che sono incisi sugli stampi stessi.

Si utilizzano a tal fine, presse a doppio effetto oppure bilancieri.

Si ottengono con questa fase di lavorazione le posate, bicchieri e maniglie di servizi di caffè, emicorpi dei candelabri.

V. Assemblaggio

E’ la fase della lavorazione dove gli oggetti semilavorati che provengono dalla tornitura e dallo stampaggio vengono saldati, limitati e fresati sino a divenire corpo unico con fasi di saldatura.

Derivano da questa fase, oggetti che devono essere ancora casellati prima di assumere la foggia definitiva oppure oggetti definiti, che devono essere soltanto puliti ed argentati.

E’ in questa fase che anche la posateria viene fresata e limata per eliminare la “bava” che deriva dalla tranciatura.

VI. Cesello

Gli oggetti sono riempieti di pece e successivamente, dopo aver disegnato sul metallo gli elementi decorativi che si vogliono ottenere, con punzoni smussati, arrotondati, a lama, si ottengono gli elementi decorativi voluti.

VII. Sbalzo

Gli oggetti sui quali è stato disegnato il decoro, a vuoto utilizzando opportuni ferri, vengono sbalzati ottenendo così masse in rilievo che possono essere definite oppure solo improntate.

In questo ultimo caso, l’oggetto si riempie di pece e con il cesello si provvede a definire l’elemento decorativo.

VIII. Incisione

L’elemento decorativo si ottiene con ferri taglienti detti bulini, che incido la lastra.

E’ tipico per la realizzazione di piatti decorati sul fondo e sulla lastra.

IX. Pulitura

E’ la fase di preparazione degli oggetti finiti per l’argentatura.

Si utilizzano macchine pulitrici e paste abrasive grasse che eliminano le ossidazioni.

X. Galvanica

Gli oggetti puliti vengono sgrassati in vasche ad ultrasuoni e successivamente in vasche contenenti solventi galvanici.

Successivamente nel bagno galvanico vengono argentati ricoprendoli così di argento puro che li preserva dalle ossidazioni e che ravvivato, da all’argento l’effetto a specchio.

Ossidando invece con polisolfuro di potassio e schiarendo con pietra pomice in polvere si ottiene la colorazione antichizzata.

Art. 3

Requisiti e soggetti

La domanda per l’ottenimento del riconoscimento e dell’annotazione di cui all’art. 28 Capo VI L.R. 21/97, può essere presentata in presenza dei seguenti requisiti:

a) Iscrizione all’albo delle imprese artigiane ai sensi della L. 443/85 con almeno 7 anni di attività nello specifico comparto;

b) Per le aziende di nuova iscrizione all’Albo delle Imprese Artigiane:

Possesso di un periodo, in qualità di lavoratore dipendente qualificato o socio o coadiuvante, di almeno 7 anni presso un’impresa già operante e qualificata nell’ambito dello specifico comparto;

Oppure

Possesso di un diploma di Istituto Statale d’Arte ad indirizzo Metalli preziosi o di un attestato di scuola di formazione professionale del settore riconosciuta dall’Amministrazione Pubblica, di durata minima biennale (per il comparto Restauro, il diploma deve essere specifico), più 5 anni di qualità di lavoratore dipendente o socio o coadiuvante presso un’impresa già operante e qualificata nell’ambito dello specifico comparto;

Nel caso di Consorzi di impresa, sarà indispensabile che almeno i 4/5 delle aziende che ne fanno parte, siano riconosciute quali imprese dell’artigianato artistico ai sensi della L.R. 21/97 Capo VI.

Art. 4

Domanda di riconoscimento

La domanda per l’ottenimento del riconoscimento e dell’annotazione di cui agli articoli precedenti, presentata dai soggetti interessati, dovrà essere corredata da adeguata documentazione curriculare e da eventuale documentazione, fotografica di lavorazioni eseguite, da cui sia rilevabile la capacità di operare secondo i principi contenuti nel presente disciplinare.

Si specifica che le tecniche di lavorazione descritte nel presente Disciplinare, devono essere non solo patrimonio della capacità professionale e manuale dell’azienda ma, essere utilizzate correntemente per la produzione nel momento in cui il soggetto fa richiesta del riconoscimento di Eccellenza Artigiana.

4.1 Riconoscimento

Il riconoscimento è effettuato dalle Commissioni Provinciali per l’Artigianato competenti per territorio supportate eventualmente da esperti, ai sensi della normativa vigente.

La Commissione, esaminate le domande e le documentazioni prodotte, potrà richiedere specificazioni, documentazioni aggiuntive e fare sopralluoghi presso le aziende richiedenti.

4.2 Possesso di licenza di commercio preziosi

Potranno essere riconosciute le aziende artigiane, munite di regolare licenza per il commercio a patto che l’attività commerciale sia secondaria e che non possa generare confusione tra il manufatto regolarmente prodotto in azienda e quello commercializzato.

4.3 Titolarità del riconoscimento

Referente per il riconoscimento è il titolare dell’azienda e, in caso di società, almeno uno dei soci deve essere in possesso dei requisiti.

Nel caso di scioglimento o di modifica della compagine sociale, decadrà il riconoscimento che potrà comunque essere nuovamente richiesto.

Art. 5

Cancellazione del riconoscimento

Per la cancellazione del riconoscimento valgono le norme della L.R. 21/97, art. 45, così come modificato dalla L.R. 24/99, che pertanto si ritengono estese alle disposizioni dettate dal presente disciplinare.

Art. 6

Ricorsi

I ricorsi dovranno essere presentati con le stesse modalità dei ricorsi su iscrizioni e cancellazioni dall’Albo delle imprese artigiane, alla Commissione Regionale per l’Artigianato che potrà avvalersi della consulenza della Commissione Regionale per il Disciplinare di Produzione.

Art. 7

Denominazione

E’ stata individuata la denominazione eccellenza artigiana con D.G.R. n. 30 - 322 del 29/06/2000 da attribuire alle imprese che hanno ottenuto il riconoscimento dell’artigianato artistico, tipico, tradizionale di ogni settore e conseguente annotazione specifica all’Albo provinciale delle imprese artigiane.

A tali imprese viene attribuito il marchio “Piemonte Eccellenza Artigiana” approvato con D.G.R. n. 3 - 1713 del 14/12/2000.

L’uso, lo sviluppo e la diffusione di tale marchio è disciplinato da regolamento approvato con D.G.R. n. 4- 1714 del 14/12/2000.

Il richiamo all’"Artigianato Artistico" in Mostre, Esposizioni, Manifestazioni, potrà essere utilizzato solo se il 90% delle imprese partecipanti risulteranno essere in possesso dell’annotazione all’Albo.

I concessionari utilizzatori della denominazione in oggetto e dei rispettivi elementi identificativi, si impegnano a proteggere il marchio e la sua immagine e a compiere ogni sforzo per propagandarlo.

In ogni caso, proprietario esclusivo del marchio è la Regione Piemonte.

Art. 8

Botteghe scuola

Ai fini della costituzione delle “botteghe - scuola”, le imprese saranno riconosciute sulla base dei criteri previsti nel presente Disciplinare e di quelli stabiliti dalla Regione Piemonte, sentito il parere della Commissione Regionale per l’Artigianato.

Art. 9

Controlli

La Regione potrà, nell’ambito delle revisioni degli Albi Provinciali delle Imprese Artigiane, attuare procedure al fine di verificare il persistere dei requisiti, come previsto dall’art. 44 della L.R. 21/97.

L’impresa si impegna a dare alla Commissione Provinciale per l’Artigianato designata ogni facoltà perchè essa possa procedere di volta in volta a controlli di accertamento dei requisiti.

L’impresa si impegna a dare spiegazione e rilasciare ogni parte giustificativa necessaria dei documenti: fatture, registri, beni ammortizzabili, libro acquisti e vendite, ecc..

Le Commissioni Provinciali per l’Artigianato, quindi, in qualsiasi momento lo ritenessero opportuno, potranno svolgere indagini ed ispezioni per assicurarsi sulla validità e continuità di quanto dichiarato nella domanda di iscrizione.