Bollettino Ufficiale n. 36 del 5 / 09 / 2001

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Deliberazione della Giunta Regionale 3 agosto 2001, n. 71-3713

Allegato 1

(omissis)

LA GIUNTA REGIONALE

a voti unanimi ...

delibera

1) Le unità territoriali per la gestione del cinghiale, ai sensi dell’art. 2 comma 6 della legge regionale 9/2000, vengono differenziate, sulla base dell’applicazione della procedura di elaborazione dei dati di copertura del suolo riportata nell’allegato A, parte integrante della presente deliberazione, secondo la seguente definizione:

* - area A: aree a copertura del suolo prevalentemente antropizzata, agricola o comunque finalizzata all’utilizzo produttivo delle risorse naturali, dove la presenza del cinghiale costituisce un rischio elevato di danno alle attività antropiche: tali aree coincidono con quelle individuate, in base alla summenzionata procedura, come tipologia I. Viene inoltre definita la sub-area A1, caratterizzata da presenza frammentata di aree antropizzate ed aree a copertura vegetale naturale. Per tali caratteristiche, la sub-area A1 costituisce, a causa della abbondante presenza di siti di rifugio, potenziale serbatoio di diffusione dei cinghiali verso le zone circostanti, in particolare laddove si presenta come “isola” all’interno di aree a copertura agricola continua. Tali aree coincidono con quelle individuate, in base alla procedura, come tipologia II.

* - area B: aree ad elevata prevalenza di copertura vegetale naturale e bassa prevalenza di zone antropizzate, dove il potenziale danno del cinghiale sulle attività antropiche è quantitativamente basso. Tali aree corrispondono a quelle individuate, in base alla procedura, come tipologia III. All’interno di tali aree vengono definite le sub-aree A2, corrispondenti ai siti, anche di limitata estensione, caratterizzati da elevato valore naturalistico o da presenza di insediamenti umani e/o attività antropiche, in particolare nei fondovalle, dove la presenza del cinghiale è in grado di provocare un impatto insostenibile, seppure non necessariamente economico. Tali sub-aree, non individuabili dalla procedura adottata a causa della loro elevata dispersione, nonché della difficile quantificazione dei parametri che ne concorrono alla definizione, vengono individuate dalle Province, sentite le Comunità Montane ed i Comuni interessati. Tale individuazione tiene conto della valutazione, a livello locale, del potenziale impatto, non necessariamente economico, del cinghiale, sulle attività antropiche, anche di tipo tradizionale, sulle biocenosi locali, nonché sulla dinamica delle popolazioni animali autoctone.

La delimitazione di tali unità territoriali costituisce un’indicazione di massima, quale base orientativa per l’individuazione delle zone di intervento ai fini del contenimento della specie cinghiale.

Tale funzione, parte integrante dell’attività di controllo della fauna selvatica, viene effettuata dalle Province, cui la Regione garantisce il supporto tecnico al fine dell’elaborazione della sopracitata procedura.

2) Le Province attuano interventi di contenimento della specie cinghiale secondo le modalità indicate nella DGR n. 48 - 2127 del 29 gennaio 2001, ed in particolare:

- nei territori di tipo A secondo i piani predisposti ai sensi del capitolo III dell’allegato alla citata DGR. Nei territori di tipo A, al di fuori della sub-area A1, tali interventi dovranno tendere all’eradicazione del cinghiale; nella sub-area A1 gli interventi di contenimento sono finalizzati alla riduzione progressiva dei danni all’agricoltura nonché ad impedire l’espansione della specie verso le circostanti aree.

- nei territori di tipo B: 1) al fine di impedire l’espansione e l’impatto del cinghiale nelle aree A2, dove la presenza dello stesso deve essere considerata non compatibile; 2) comunque al verificarsi di danni all’ambiente, alle produzioni agricole ed in generale alle attività antropiche; 3) al fine di impedire l’espansione della specie verso circostanti aree non ancora colonizzate.

(omissis)

Allegato A

PROCEDURA DI ELABORAZIONE DEI DATI DI COPERTURA DEL SUOLO AI FINI DELLA INDIVIDUAZIONE DELLE UNITA’ TERRITORIALI PER LA GESTIONE DEL CINGHIALE (Art. 2, comma 6, l.r. 9/2000).

0. PREMESSA

Ai fini dell’individuazione delle unità territoriali per la gestione del cinghiale, previste dalla l.r. 9/2000, i criteri utilizzati devono consentire:

a. la definizione di aree compatibili o meno con la presenza del cinghiale “a priori”, in funzione delle caratteristiche ambientali ed indipendentemente dalla momentanea situazione di distribuzione della specie e dei danni da essa arrecati;

b. l’individuazione di aree utili ai fini del fattivo controllo della specie: tale esigenza impone la necessità di individuare macroaree di riferimento evitando una eccessiva frammentazione del territorio, che annullerebbe l’efficacia degli interventi effettuati;

c. l’applicazione di un criterio omogeneo su tutto il territorio regionale.

Tale metodologia implica l’utilizzazione e l’elaborazione delle informazioni contenute in banche dati informatizzate, che codifichino i dati di copertura del suolo rilevati.

La banca dati di copertura del suolo più recente e completa attualmente disponibile è rappresentata dal dateset CORINE Land Cover, che, all’interno dei progetti che compongono la totalità del programma europeo CORINE, costituisce l’indagine sull’occupazione del suolo.

Sulla base di tale dataset è stata studiata, su indicazione dell’Istituto Nazionale per la fauna Selvatica ed in collaborazione con il CSI Piemonte, la sottocitata procedura di elaborazione dei dati, in funzione del valore agro-silvo-pastorale del territorio e dei fattori ambientali che influenzano la vocazionalità del territorio per il cinghiale, in primo luogo la presenza di aree a copertura boschiva ed arbustiva che costituiscono i siti di rifugio preferenziali di detta specie.

1. DATI DI COPERTURA DEL SUOLO (CORINE Land Cover)

Il progetto CORINE Land Cover consiste in una base dati vettoriale omogenea relativa alla copertura del suolo, classificata secondo una legenda di 44 classi, suddivisa in tre livelli gerarchici, definiti da una nomenclatura unitaria per tutti i Paesi della Comunità Europea. Le classi che interessano il suolo regionale sono le seguenti:

111 = Tessuto urbano continuo

112 = Tessuto urbano discontinuo

121 = Aree industriali o commerciali

122 = Reti stradali e ferroviarie e spazi accessori

123 = Aree portuali

124 = Aeroporti

131 = Aree estrattive

132 = Discariche

133 = Cantieri

141 = Aree verdi urbane

142 = Aree sportive e ricreative

211 = Seminativi in aree non irrigue

213 = Risaie

221 = Vigneti

222 = Frutteti e frutti minori

231 = Prati stabili

241 = Colture annuali associate e colture permanenti

242 = Sistemi colturali e particellari complessi

243 = Colture agrarie prevalenti con presenza di spazi naturali

244 = Aree agroforestali

311 = Boschi di latifoglie

312 = Boschi di conifere

313 = Boschi misti

321 = Aree a pascolo naturale e praterie d’alta quota

322 = Brughiere e cespuglieti

323 = Xerofille

324 = Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione

331 = Spiagge, dune, sabbie

332 = Rocce nude, falesie, rupi, affioramenti

333 = Aree con vegetazione rada

334 = Aree percorse da incendi

335 = Ghiacciai e nevi perenni

411 = Paludi interne

511 = Corsi d’acqua

512 = Bacini d’acqua

I dati originali per la creazione del dataset sono rappresentati dalle immagini satellitari Landsat 5 TM, risalenti al rilevamento 1991-1992, integrati da dati esogeni provenienti dal volo fotogrammatico della Regione Piemonte 1991, archivi del SITA regionale e carte tematiche IPLA, oltre a rilievi a terra effettuati per validare le chiavi interpretative dell’immagine. La scala di rilevamento e di acquisizione dei dati è 1:100.000; di conseguenza l’accuratezza posizionale è ritenuta accettabile per utilizzi a scale non superiori a 1: 250.000 e la minima unità cartografabile, o superficie del poligono, è uguale o maggiore di 25 ettari.

2. MODALITA’ DI ELABORAZIONE

2.1. Accorpamento delle classi di copertura del suolo in base alla riconducibilità alle due seguenti tipologie di territorio:

0- aree antropizzate, agricole o comunque finalizzate all’utilizzo produttivo delle risorse naturali. In questa categoria sono inserite le classi dal 111 al 244 comprese;

1- aree a copertura vegetale naturale, comprendenti i potenziali habitat di rifugio per il cinghiale (classi dal 311 al 324 comprese); in tale categoria vengono inserite anche le rimanenti classi, dal 331 al 512, che rappresentano tipologie ambientali ininfluenti ai fini del modello, in quanto di scarso utilizzo antropico e/o non idonee alla colonizzazione da parte del cinghiale.

2.2. Creazione di una griglia di 500 m di lato; nella scelta di tale misura, la necessità di una scala significativa in relazione alle esigenze ecologiche del cinghiale è stata dimensionata al dettaglio imposto dalle caratteristiche del dataset CORINE, la cui validità, legata alla scala di acquisizione del dato, vincola al limite di 25 ettari di area minima.

2.3. Forzatura sulla griglia della codifica ottenuta accorpando le classi di copertura del suolo di cui al punto 2.1, in modo da assegnare a ciascuna cella il valore (0 / 1) corrispondente alla categoria che ricopre la superficie maggiore al suo interno.

2.4. Per ciascuna unità di griglia viene calcolato ed assegnato il valore corrispondente alla sommatoria dei valori delle celle ricadenti nel raggio di 3 Km dalla stessa. Tale misura è stata scelta in base ad indicazioni bibliografiche sull’home range della specie, in quanto adeguata a descrivere le modalità medie di uso dello spazio da parte del cinghiale. Con tale operazione, ad ogni cella viene attribuito un valore compreso tra 0 (la totalità delle celle nel raggio di 3 Km rientra nella categoria “0": aree antropizzate e coltivate) e 113 (la totalità delle celle nel raggio di 3 Km rientra nella categoria ”1": aree a copertura naturale).

2.5. I valori ottenuti, percentualizzati rispetto al valore massimo, vengono raggruppati in tre categorie:

I tra 0 e 20%: le celle ricadenti in questa categoria hanno nell’intorno di 3 Km non meno dell’80% di celle appartenenti alla categoria “0” (superfici antropizzate o coltivate).

II tra 20 e 80%: le celle ricadenti in questa categoria hanno nell’intorno di 3 Km celle appartenenti alle due categorie in proporzione reciproca compresa tra il 20 e l’80%.

III superiori all’80%: le celle ricadenti in questa categoria hanno nell’intorno di 3 Km almeno l’80% di celle appartenenti nella categoria “1" (aree a copertura naturale).

2.6. La trasposizione su base cartografica delle celle codificate in base a tali categorie, consente l’individuazione di aree appartenenti a tre tipologie, che rispondono alle seguenti caratteristiche:

I aree a copertura prevalentemente antropizzata, agricola o comunque finalizzata all’utilizzo produttivo delle risorse naturali (ad elevato rischio di danno alle attività antropiche da parte del cinghiale) e con scarsa presenza di superfici a copertura naturale (boschi, arbusteti, spazi naturali), che costituiscono potenziali aree di rifugio per la specie;

II aree di alternanza tra superfici antropizzate e superfici a copertura naturale, senza la prevalenza netta di una delle due tipologie. A causa della elevata frammentazione ambientale queste aree sono a rischio di danno potenzialmente alto e al contempo costituiscono un habitat favorevole per il cinghiale, che qui trova sufficienti siti di rifugio e buona disponibilità alimentare;

III aree a copertura prevalentemente naturale con scarsa presenza di zone antropizzate, dove pertanto il potenziale danno del cinghiale sulle attività antropiche è quantitativamente basso.

2.7. Ai fini dell’individuazione delle unità territoriali per la gestione del cinghiale, previste dall’art. 2 comma 6 della l.r. 9/2000, i territori ricadenti nelle tipologie I e II corrispondono alle aree A: “aree ad alta vocazionalità agro-silvo-pastorale dove la specie deve essere oggetto di controllo e contenimento costante”. I territori di tipo I sono a più spiccato carattere antropizzato, con presenza pressoché continua di aree ad indirizzo produttivo, e costituiscono un habitat subottimale per il cinghiale, a causa della scarsa presenza di superfici coperte in grado di fungere da rifugio. In tali ambienti la presenza del cinghiale è pertanto, a tutti gli effetti, non compatibile.

I territori di tipo II vanno distinti dai primi in quanto le aree produttive, presenti comunque ad alte densità, sono distribuite in maniera più frammentata, in alternanza a zone a copertura naturale. In queste aree la protezione delle attività antropiche dai possibili danni provocati dal cinghiale è perseguibile attraverso il contenimento numerico e spaziale degli effettivi all’interno delle aree rifugio, oltre che con l’applicazione di metodi di prevenzione, quali recinzioni protettive e coltivazioni a perdere in aree di radura.

I territori ricadenti nella tipologia III sono assimilabili alle aree B previste dalll’art. 2 comma 6 della l.r. 9/2000: “aree dove l’uso del suolo e del territorio sono compatibili con una presenza equilibrata della specie”. In queste aree, vista l’elevata prevalenza di tipologie ambientali naturali, il potenziale danno alle attività antropiche risulta quantitativamente basso. Tali aree sono riconducibili in regione Piemonte essenzialmente alle aree alpine e subalpine, le sole zone rimaste a prevalente copertura naturale. Tali ambienti non corrispondono all’habitat originario del cinghiale, che tuttavia, in virtù della grande adattabilità, è in grado di colonizzarli facilmente a discapito di altre specie autoctone, più sensibili e specialistiche, e dei fragili equilibri ambientali, il cui recupero risulta più difficoltoso e lento che altrove. Pertanto, in tali aree, la sostenibilità della presenza della specie cinghiale va valutata anche e soprattutto in ordine ai possibili squilibri ecologici in grado di provocare ed in base a considerazioni, a livello locale, della vocazione naturalistica e culturale della zona.