Supplemento Ordinario n. 2 al B.U. n. 12

Torna al Sommario del Supplemento ordinario n. 2

 

Deliberazione della Giunta Regionale 1 marzo 2000, n. 42 - 29532

L.R. 12 novembre 1999 n. 28. Disciplina, sviluppo ed incentivazione del Commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31.03.98 n. 114. Indicazione inerenti la fase di prima applicazione

A relazione dell’ Assessore Pichetto Fratin :

Vista la legge del 15.03.1997 n. 59 recante “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti locali per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa”;

visto il D.lgs. del 31.03.1998 n. 114 con il quale il Governo in attuazione dell’art. 4 della legge delega n. 59/97, ha emanato le disposizioni relative alla “Riforma della disciplina del commercio”;

vista la legge regionale del 12 novembre 1999 n. 28 recante: “Disciplina, sviluppo ed incentivazione del commercio in Piemonte, in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114, pubblicata sul B.U.R. n. 46 (II suppl.) del 17 novembre 1999.

Vista la deliberazione n. 563-13414 assunta dal Consiglio Regionale nella seduta del 29 ottobre 1999 contenente gli “Indirizzi generali ed i criteri di programmazione urbanistica per l’insediamento del commercio al dettaglio in sede fissa, in attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 114”, pubblicata sul B.U.R. n. 46 (III° supplemento) del 18 novembre 1999.

Atteso che tali atti costituiscono nuova disciplina inerente la riforma del commercio, in sostituzione di ogni precedente atto di programmazione regionale per lo sviluppo e la regolamentazione della rete distributiva;

ritenuto opportuno richiamare l’attenzione degli Enti locali, delle Associazioni di categoria, delle Organizzazioni Sindacali, delle Associazioni dei Consumatori e degli operatori del settore sul significato e sulla portata della nuova normativa, chiarendo i termini di alcuni problemi e fornendo una linea interpretativa univoca rispetto alle problematiche apertesi;

rilevato altresì che la presente deliberazione, accanto ai contenuti di indirizzo sulla normativa regionale contiene disposizioni attuative della stessa, soggette, ai sensi degli artt. 2 c. 2 lett. a), 3 c. 5 e 11 della L.R. 28/99 nonchè dell’art. 6 c. 3 lett. a) della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.1999 ad essere assunte con atto deliberativo della Giunta Regionale;

ritenuto conseguentemente, al fine di garantire la massima uniformità fruibilità e razionalizzazione degli indirizzi all’utenza, che i contenuti debbano opportunamente essere oggetto di trattazione contestuale in un unico atto deliberativo della Giunta Regionale;

la Giunta Regionale, per le motivazioni espresse nella premessa, unanime,

delibera

- di fornire le indicazioni di cui all’allegato A, inerenti la prima applicazione della L.R. n. 28 del 12 novembre 1999 e della D.C.R. n. 563-13414 del 28 ottobre 1999.

La presente deliberazione sarà pubblicata sul B.U. della Regione Piemonte ai sensi dell’art. 65 dello Statuto.

(omissis)

Allegato A

In relazione ai contenuti della L.R. n. 28 del 12 novembre 1999, nonché della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.1999, e in vista degli adempimenti che conseguono a carico degli Enti locali, chiamati in varia forma a dare attuazione alle disposizioni statali e regionali e degli oneri che interessano gli operatori di settore singoli ed associati, si ritiene opportuno fornire alcuni criteri interpretativi, divisi per argomenti, sugli aspetti attuativi di maggiore rilievo, al fine di una più agevole lettura ed applicazione della normativa di settore.

CAPITOLO 1 -
COMMERCIO IN SEDE FISSA e
URBANISTICA COMMERCIALE

1. ADEMPIMENTI COMUNALI

I Comuni, entro il 18 maggio 2000, dovranno adeguare gli strumenti urbanistici generali ed attuativi nonché i regolamenti di polizia locale ed adottare i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per le medie strutture, secondo le disposizioni e nel rispetto della normativa regionale.

a)  In particolare i regolamenti di polizia locale potranno essere integrati con tutte le disposizioni che consentano di attuare nel modo più completo i principi contenuti nella DCR n. 563-13414 del 29.10.99 con specifico riferimento alle prescrizioni di cui agli artt. 18, 23, 26.

b)  Gli elaborati del Piano Regolatore dovranno essere integrati da apposita cartografia così come previsto all’art. 7 comma 6 della L.R. 28/1999 nella quale i Comuni, avvalendosi delle tavole di Piano ritenute più idonee, rappresenteranno le perimetrazioni degli addensamenti commerciali così come previsto all’art. 12 comma 4 della D.C.R. n. 563-13414 del 29 ottobre 1999.

b1) Ai sensi dell’art. 12 comma 4 degli indirizzi e criteri regionali il riconoscimento degli addensamenti e delle localizzazioni commerciali deve essere effettuato dai Comuni nel rispetto dei criteri, dei parametri e delle norme di cui agli artt. 13 e 14 dei suddetti indirizzi. Esso costituisce parte integrante e sostanziale dell’adeguamento degli strumenti urbanistici.

b2) Analogamente anche le Norme Tecniche di attuazione del PRGC dovranno essere integrate con i contenuti della deliberazione regionale degli indirizzi e criteri.

b3) E’ opportuno evidenziare che tale adeguamento degli strumenti urbanistici può concretizzarsi in due procedure:

1.  con l’adozione di una vera e propria Variante allo S.U. secondo il disposto dell’art. 17 della L.R. 56/77 e s.m.i., unitamente all’adozione di una deliberazione consigliare di recepimento dei parametri contenuti negli indirizzi e criteri regionali. Non si esclude l’utilizzo dei Piani Particolareggiati in Variante.

Qualora si dovessero riscontrare, negli S.U. approvati, degli adeguamenti difformi dai criteri regionali, avranno automatica applicazione le norme sostitutive di cui all’art. 30 della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.1999;

2.  con l’adozione di una deliberazione di Consiglio Comunale, di recepimento dei parametri contenuti negli indirizzi e criteri regionali, alla quale risulti allegata una tavola di piano regolatore sulla quale saranno stati individuati, perimetrandoli, gli addensamenti commerciali; le localizzazioni, ai sensi dell’art. 14 della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.99 possono anche non essere normate in questa fase, rimandando la loro individuazione in sede di istruttoria delle domande di autorizzazione per le medie e grandi strutture.

Tale adeguamento che non costituisce Variante alla S.U. e di conseguenza non segue l’iter di approvazione di cui agli artt. 15 e 17 della L.R. 56/77 e s.m.i., è possibile solo qualora la vocazione commerciale del territorio comunale corrisponda già ai criteri di cui all’art. 22 della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.99 per quanto riguarda la destinazione d’uso, gli indici di edificabilità, gli standard e il fabbisogno di parcheggi, nonché la conformità alle previsioni di cui agli artt. 13, 14 e 17 dei succitati criteri regionali per quanto riguarda il riconoscimento degli addensamenti, delle eventuali localizzazioni, e della compatibilità territoriale dello sviluppo.

3.  In ottemperanza dell’art. 19 della L.R. 28/99, tale deliberazione dovrà essere trasmessa per opportuna conoscenza (e non per l’approvazione) all’Assessorato Regionale al Commercio, Direzione Commercio e Artigianato, entro 30 giorni dalla sua adozione. Anche in questo caso, qualora si dovessero riscontrare degli adeguamenti difformi dai criteri regionali, avranno automatica applicazione le norme sostitutive di cui all’art. 30 della D.C.R. 563-13414 del 29.10.1999. Tali norme sostitutive saranno da applicarsi anche qualora, scaduti i 180 giorni previsti per l’adeguamento degli S.U., i Comuni non abbiano proceduto a tale adempimento.

c)  Copia di tutte le deliberazioni e relativi elaborati, assunte dai Comuni ai sensi dell’art. 4 della legge regionale n. 28/99 deve essere inviata all’Assessorato Regionale al Commercio Direzione Commercio Artigianato entro 30 giorni dalla loro adozione.

d)  Per quanto riguarda le medie strutture di vendita, al comma 4 dell’art. 17 degli indirizzi e criteri si evidenzia che la compatibilità territoriale dello sviluppo ha valore orientativo e il comune nella propria deliberazione assume la scelta definitiva, mentre per le grandi strutture di vendita tale compatibilità territoriale dello sviluppo ha carattere vincolante.

2. PROCEDIMENTI RELATIVI ALLE MEDIE E GRANDI STRUTTURE DI VENDITA NELLA FASE TRANSITORIA

a)  Qualora siano presentate domande per medie o grandi strutture di vendita nei 180 giorni dati ai Comuni per l’adeguamento dei loro S.U. e in mancanza di tale adeguamento, nonché delle procedure per il rilascio delle autorizzazioni, tali istanze dovranno essere corredate dalla documentazione comprovante il rispetto e la conformità con la normativa regionale, così come previsto all’art. 15 comma 3 e seguenti della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.99.

Rispetto alla collocazione degli interventi sul territorio, la procedura di esame delle domande (e delle comunicazioni) sarà distinta a seconda che si tratti di un addensamento o di una localizzazione.

a1) Nel primo caso (addensamento), nei 180 giorni o comunque in mancanza di adeguamento, i Comuni dovranno sospendere la valutazione, fino al verificarsi di tale adeguamento, da parte dei Comuni o per intervento sostitutivo.

a2) Nel secondo caso, poiché come già detto i Comuni possono anche non individuare le localizzazioni in sede di primo adeguamento secondo il D. lgs. 114/98, rimettendo il loro riconoscimento alla fase di esame delle singole istanze di autorizzazione per medie e grandi strutture di vendita, tali domande potranno essere immediatamente valutate in relazione alla loro conformità e sarà cura del richiedente l’individuazione del tipo di localizzazione, ai sensi dell’art. 14 della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.99.

b)  Ai sensi dell’art. 3 comma 5 della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.99, fino a quando non saranno definite le procedure relative ai procedimenti delle comunicazioni e delle autorizzazioni degli esercizi di cui agli artt. 7,8 e 9 del D.lgs. 114/98, anche le domande per le grandi strutture di vendita dovranno essere inviate al Sindaco competente per territorio, ed alla Regione Piemonte - Direzione Commercio Artigianato in copia munita di timbro di ricevimento da parte del Comune. Altra copia dovrà essere trasmessa alla Provincia di appartenenza.

3.  DISPOSIZIONI URBANISTICHE REGIONALI

In merito all’art. 7 “Disposizioni urbanistiche regionali - modifica alla L.R. 56/77” è opportuno precisare quanto segue: per quanto attiene al Processo di Pianificazione Territoriale di competenza delle Provincie, ai sensi del comma 2 dell’art. 7 della L.R. 28/99 modificativo dell’art. 4 della L.R. 56/77, le Provincie, nella redazione del Piano Territoriale Provinciale devono applicare le disposizioni in materia di commercio contenuti nella DCR n. 563-13414 del 29.10.99. Tale recepimento è indispensabile ai fini della procedura di approvazione delle varianti parziali ai PRGC, di cui al comma 7 dell’art. 17 della L.R. 56/77.

4. AUTORIZZAZIONI URBANISTICHE REGIONALI

a)  Per quanto attiene all’autorizzazione regionale prevista all’art. 26 della L.R. 56/77 si rammenta che essa ha natura di provvedimento preliminare all’ottenimento della concessione edilizia da acquisire per interventi inerenti insediamenti commerciali al dettaglio la cui superficie lorda di calpestio sia uguale o superiore a mq. 4000; è vincolante in ordine ai contenuti di cui al comma 9 dell’art. 26 della L.R. 56/77; è vincolante per il Comune che deve confermare i provvedimenti di propria competenza ai contenuti dell’autorizzazione regionale; è provvedimento autonomo distinto dall’autorizzazione commerciale e pertanto detti provvedimenti possono essere richiesti indipendentemente l’uno dall’altro.

b)  Infine, relativamente all’articolato della legge, si precisa che, all’art. 6 comma 2, si deve intendere che la sussistenza della procedura di cui all’art. 26 sia ininfluente rispetto alla sanzione comminata al 1° comma.

5. STRUTTURE DELLA CONCORRENZA

In merito all’articolato della D.C.R. n. 563-13414 del 29.10.99 si precisa:

a) superficie di vendita e classificazione degli esercizi commerciali

a1) art. 5 comma 2: la superficie di vendita da calcolarsi è solo quella all’interno dell’edificio ed è la porzione di superficie lorda di pavimento nella quale si svolge l’attività di vendita: non può essere considerata superficie di vendita quella all’esterno dell’edificio;

a2) art. 5 comma 4: ad ogni esercizio commerciale corrisponde una sola comunicazione o autorizzazione unitamente alle eventuali successive comunicazioni o autorizzazioni per successive variazioni;

a3) art. 5 commi 6-7: la superficie espositiva di cui si tratta è da intendersi come superficie separata da pareti continue da quella di vendita, così come definita al precedente comma 3: in quest’area l’accesso del pubblico avviene solitamente con l’assistenza di un addetto alla vendita la cui presenza non è tuttavia da intendersi indispensabile, mentre invece è indispensabile anche ai fini sanzionatori, che nella superficie espositiva non venga svolta attività di vendita;

a4) art. 5 comma 9: l’area che delimita le vetrine è costituita dagli spazi pubblici a filo delle stesse che eventualmente si incuneano nelle vetrine;

a5) art. 5 comma 11: i comuni con più di 10.000 abitanti nelle porzioni di territorio delimitati dai PIR, possono, nell’ambito delle delibere di adozione dei progetti, derogare al limite dei 250 mq. di superficie di vendita, limitando l’attivazione degli esercizi di vicinato alla superficie di 150 mq. di vendita; tale scelta può essere effettuata solo contestualmente e deve essere contenuta nella deliberazione di adozione del PIR.

b) Definizione di centro commerciale

b1) art. 6 comma 1: si ritiene che il centro commerciale per essere tale debba essere costituito da almeno due esercizi commerciali al dettaglio. Nel centro commerciale sono ammesse solo le tipologie distributive consentite nella tabella di compatibilità territoriale di sviluppo, così come prevista all’art. 17, considerando la stessa zona di insediamento commerciale. Tutti gli esercizi presenti nel centro commerciale sono sottoposti al regime dell’autorizzazione o autorizzazione dovuta, anche qualora si tratti di esercizi di vicinato. Ad ogni esercizio commerciale corrisponde una sola autorizzazione entro la quale il centro è ammesso.

b2) Art. 6 comma 3:

lett. a: nel centro commerciale classico la concessione edilizia unitaria è riferita all’edificio nel suo complesso;

lett: b: il concetto di unitarietà è da riferirsi più alla progettazione del centro commerciale sequenziale che non al rilascio delle concessioni edilizie che possono essere diverse, non contestuali, non coincidenti come tempistica e riferite a porzioni di differenti edifici.

c) Definizione di offerta commerciale

Art. 7 comma 2: è il caso specifico degli esercizi integralmente alimentari o integralmente extralimentari (es: abbigliamento per bambini, o articoli sportivi, integrabili con prodotti dietetici etc. oppure soli generi alimentari integrabili con detersivi, mercerie, articoli per la casa etc): la “superficie aggiuntiva” di cui si tratta è aggiuntiva all’offerta alimentare o extralimentare e non alla superficie di vendita dell’esercizio, che non subisce, con tale integrazione, alcuna variazione si superficie.

6. ASSETTO TERRITORIALE
DELLA RETE DISTRIBUTIVA

a) Classificazione delle zone di insediamento commerciale

Art. 12 comma 1 e 2 il concetto di potenzialità è riferito sia agli addensamenti che alle localizzazioni con questa precisazione:

1.  la potenzialità delle localizzazioni è da considerarsi più di tipo progettuale, ex novo;

2.  per gli addensamenti la potenzialità è riferita alla possibilità di sviluppare, all’interno del commercio preesistente, strutture di vendita così come prevista nella tabelle delle compatibilità dell’art. 17.

b) Criterio per il riconoscimento delle localizzazioni

Art. 14 comma 4 ultimo capoverso: va inteso nel senso che solo nel caso in cui la localizzazione L3 sia ubicata oltre il confine dell’area di programmazione commerciale e non oltre un chilometro da essa, il rispetto di tutti i parametri del prospetto 6 diventa obbligo. Nel caso in cui si vogliono assumere le compatibilità territoriale di sviluppo del comune attrattore ai sensi dell’art. 17 comma 3 devono essere obbligatoriamente rispettati tutti i parametri del prospetto 6 dello stesso comune attrattore.

7. REGOLAMENTAZIONE
DELLA RETE DISTRIBUTIVA

a) Vicende giuridico amministrative delle autorizzazioni

a1) Art. 15 comma 3: anche la trasformazione di una struttura di vendita in centro commerciale, secondo la definizione di cui all’art. 6 degli indirizzi e criteri, è soggetta ad autorizzazione di cui punto a) dello stesso comma. Tutti gli esercizi presenti nel centro commerciale sono sottoposti al regime dell’autorizzazione o autorizzazione dovuta, anche qualora si tratti di esercizi di vicinato. Ad ogni esercizio commerciale corrisponde una sola autorizzazione entro la quale il centro è ammesso.

a2) Art. 15 comma 7: il trasferimento di sede in un centro commerciale è soggetto sempre ad autorizzazione (o autorizzazione dovuta nei casi prescritti dal comma) anche nel caso si tratti di esercizi di vicinato. Mentre il trasferimento di sede di un esercizio commerciale fuori dal centro commerciale non è mai consentito. Nel caso di autorizzazione dovuta è comunque da ricomputarsi il fabbisogno dei parcheggi ai sensi dell’art. 25.

a3) Art. 15 commi 9: le variazione della superficie di vendita sono soggette ad autorizzazione dovuta quando concorrono entrambe le fattispecie. E’ comunque da ricomputarsi il fabbisogno dei parcheggi ai sensi dell’art. 25.

b) Compatibilità territoriale dello sviluppo

Art. 17 comma 3: dopo la parola “individuata” sono da aggiungere le parole: “purchè siano rispettati i valori del comune attrattore dei seguenti parametri del prospetto 6 dello stesso articolo”.

c) Priorità

Art. 21 comma 2 sub. b): premesso che si tratta di criterio di priorità da applicarsi solo nel caso di domande concorrenti, il rilascio della nuova autorizzazione che ne accorpa altre operanti nell’area di programmazione commerciale di riferimento, dovrà avvenire preferibilmente a seguito di conferenza dei servizi ( ex lege 127/97) tra i vari comuni interessati, promossa dal Sindaco del comune che rilascerà la nuova autorizzazione, onde coordinare la revoca delle autorizzazioni provenienti dagli altri comuni.

d) Destinazioni d’uso

Art. 24 c. 2 sub. 1) : le parole “salvo che” sono da intendere come “eccetto che” in quanto la ratio della disposizione è di agevolare il più possibile l’individuazione della destinazione d’uso commerciale, relativamente agli esercizi di vicinato, con l’unica eccezione delle aree e degli edifici destinati a servizi pubblici.

Si precisa che la destinazione d’uso “commercio al dettaglio” è univoca per tutte le tipologie di strutture distributive.

Essa può essere integrata con altre attività quali ad esempio: residenza, artigianato, etc.

L’individuazione della destinazione d’uso commerciale deve avvenire in sintonia con gli articoli 12, 13, 14. 16 e 17 senza imposizioni di vincoli di tipo quantitativo o numerico.

e) Standard, fabbisogno di parcheggi ed altre aree di sosta

Art. 25 - Per gli insediamenti commerciali, ai sensi del comma 2 dell’art. 21 della L.R. 56/77 smi, la dotazione minima di parcheggi pubblici è fissata ex lege, quindi con prescrizioni prevalenti su norme di strumenti urbanistici, generali ed esecutivi, che prevedono dotazioni inferiori; il comma 2 del citato articolo 21 stabilisce che la dotazione di parcheggi pubblici per gli insediamenti commerciali con superficie di vendita superiore a mq. 400 deve essere adeguata a quanto previsto dall’art. 25 della DCR n. 563-13414 del 29.10.99 in quanto espressamente richiamata dallo stesso comma.

La dotazione di parcheggi pubblici deve essere tale da soddisfare il maggiore fra gli standard prescritti dal citato art. 21 e lo standard derivante dall’applicazione dell’art. 25 delle indicazioni e criteri.

Si ricorda infine che in aggiunta ai parcheggi pubblici di cui sopra, devono essere previsti parcheggi e autorimesse private a norma dell’art. 41 sexies della legge 1150/42 così come modificato dall’art. 2 della legge 24.3.1989 n. 122; essi devono essere necessariamente individuati in sede di rilascio delle concessioni edilizie, pena l’illegittimità dell’atto e concorrono altresì al rispetto, ai sensi dell’art. 25 degli indirizzi e criteri, del fabbisogno totale dei posti auto e relativa superficie complessiva, da computarsi secondo quanto prescritto al comma 5 dello stesso articolo 25 sopra citato.

8. MODULISTICA

Si fa presente che a pagina 5 della modulistica approvata dalla Conferenza Unificata Stato Regioni Città ed Economie Locali, in merito all’autocertificazione del rispetto dei regolamenti locali per quanto attiene ai locali dell’esercizio, tale rispetto è da intendersi come generale conformità alle norme così come risultante dalla concessione edilizia, rinviando al momento dell’attivazione dell’esercizio la verifica dei vari provvedimenti di agibilità, sanitari, ecc., nonché il rispetto delle norme e dei regolamenti locali.

9.  VENDITA CONGIUNTA
ALL’INGROSSO E AL DETTAGLIO

L’art. 5 della legge regionale prevede al comma 6 che il divieto di esercitare congiuntamente il commercio all’ingrosso e al dettaglio non opera per la vendita di una serie di articoli che sono sostanzialmente gli stessi già previsti dalla previgente legge 426/71. In proposito si precisa che nella locuzione “macchine per ufficio e relativi accessori” si è inteso comprendere anche il materiale informatico.

CAPITOLO 2

REQUISITI PROFESSIONALI
DI ACCESSO ALL’ATTIVITA’

1. Può iniziare l’attività di commercio di generi alimentari nella Regione Piemonte :

a)  chi abbia frequentato con esito positivo gli appositi corsi istituiti o riconosciuti dalla Regione;

b)  chi abbia frequentato con esito positivo gli appositi corsi riconosciuti da altre regioni ex d.lgs.114/98;

c)  chi sia stato iscritto al R.E.C. nell’ultimo quinquennio per i gruppi merceologici riferiti al commercio di generi alimentari;

d)  chi, pur non avendo ottenuto l’iscrizione al R.E.C., avesse comunque superato con esito favorevole le prove di idoneità già previste per l’iscrizione al R.E.C.;

d1) l’esame deve essere stato superato per le tabelle merceologiche. Non può essere parificato il superamento dell’apposito corso o esame per la somministrazione dato che il programma ministeriale per gli stessi era, già in vigenza della precedente normativa, differenziato e non era equiparato;

d2) in relazione all’art.17 c. 6 della l.r.28, è sufficiente aver superato le prove R.E.C. con esito favorevole ,indipendentemente dal fatto che l’interessato non fosse mai stato iscritto nel registro o, dopo esservi stato iscritto, sia stato, per qualsiasi tipo di motivo, cancellato successivamente. Infatti, se anche ciò fosse avvenuto a causa della perdita del requisito morale, questo fatto non andrebbe ad inficiare il requisito professionale;

e)  chi abbia acquisito il requisito della cosiddetta pratica commerciale; per l’accertamento di questo requisito i comuni potranno tenere conto delle seguenti indicazioni, formulate sulla base della prassi applicativa consolidatasi negli anni presso le C.C.I.A.A., sulla base della considerazione che l’art.5 c. 5 lett. b) del d.lgs. 114)98 ricalca quanto già previsto dalla l.426 per la maturazione dei requisiti per l’iscrizione al R.E.C.

e1) i due anni di esercizio della pratica commerciale previsti per il riconoscimento del requisito, possono anche essere stati maturati con attività non continuativa, es. attività stagionale ecc., purchè, ovviamente, opportunamente documentata. La pratica commerciale può inoltre essere ritenuta valida anche se acquisita presso imprese che esercitano attività stagionale, a condizione che si dimostri che si è operato per periodi di tempo pari complessivamente a 24 mesi o 730 giorni;

e2) poiché Il punto b) dell’art.5 c. 5 del d.lgs.114 parla di attività di vendita e non solo di attività di commercio, sono da ritenere compresi coloro che hanno svolto un’attività di vendita come conseguenza di un’attività produttiva; possono pertanto essere ricompresi gli industriali, gli artigiani, i produttori agricoli; non sono da ritenere comprese le attività di servizio né l’attività di vendita svolta nell’ambito della attività della somministrazione ( come previsto dall’art. 5 c.4 della l. 287/91 ) tenuto conto del p. c) dove viene evidenziata la validità dell’iscrizione al R.E.C. per uno dei gruppi merceologici a- b- c- espressamente riferiti al commercio;

e3) Si può ritenere che abbiano esercitato in proprio non solo i titolari di ditta individuale, ma anche coloro che sono stati soci legali rappresentanti di una delle società previste dal codice civile. Il Comune può accertare il regolare esercizio dell’attività acquisendo la visura dal Registro delle Imprese presso la CCIAA e verificare l’effettivo esercizio dell’attività attraverso la regolare iscrizione all’INPS o all’INAIL;

e4) fornisce requisito professionale anche la dipendenza qualificata di addetto alla vendita o all’amministrazione presso ditte industriali - artigiane ecc. In proposito occorre verificare che il medesimo sia “qualificato”, secondo quanto prevede il relativo contratto collettivo di lavoro di categoria; si ritiene che non possano considerarsi qualificati gli apprendisti e coloro che hanno maturato l’esperienza professionale con un contratto di formazione - lavoro, dal momento che gli stessi sono qualificati solo alla scadenza di tali contratti. L’interessato può autocertificare questi requisiti ma è opportuno che il Comune acquisisca fotocopia del libretto di lavoro o di alcune buste paga per gli eventuali controlli;

e5) costituisce infine requisito la pratica in qualità di familiare coadiutore, acquisita presso le tipologie di imprese indicate prima. Questo tipo di pratica è verificata attraverso l’iscrizione agli appositi elenchi;

e6) può essere considerato in possesso del requisito professionale anche l’agente o rappresentante di commercio nel settore alimentare: in questo caso, oltre alle risultanze del Registro delle Imprese, occorre verificare la regolare iscrizione del medesimo al Ruolo Agenti presso la CCIAA;

e7) Elemento comune ai precedenti è che la pratica commerciale, per poter essere riconosciuta come valida, sia stata svolta in maniera legittima e cioè con le iscrizioni o autorizzazioni previste dalla legge.

f) non è più prevista la validità del titolo di studio. Pertanto nella attuale fase, fino ad ulteriori indirizzi, non è consentito prendere in esame eventuali titoli di studio.

2.  ERBORISTERIE

 Posto che, secondo la prassi corrente negli ultimi anni, negli esercizi di cui trattasi, sono posti, solitamente, in vendita prodotti destinati all’alimentazione, oltre che alla cura del corpo, si ritiene che il soggetto che intenda esercitare la vendita di prodotti di erboristeria debba essere in possesso del requisito professionale previsto per il commercio dei generi alimentari.

3.  PREPOSTO

Poichè è richiesto dal d.lgs 114/98 che la preposizione all’attività commerciale sia “specifica” (cfr art. 5 c. 6) il Comune deve porre particolare attenzione alla verifica dell’esistenza del rapporto giuridico sottostante. In particolare il rapporto di preposizione non può desumersi tacitamente per comportanti concludenti, ma deve risultare da apposito atto giuridico i cui estremi devono essere dichiarati al Comune.

CAPITOLO 3

VENDITE STRAORDINARIE

1.  PRINCIPI O DISPOSIZIONI
COMUNI DI FINE STAGIONE

a)  La l.r. 28 disciplina le vendite straordinarie di liquidazione e di fine stagione , secondo le competenze che sono attribuite alla Regione dall’art.15 c. 6 del d.lgs.114/98.

b)  La Regione ha conferito le funzioni amministrative di attuazione degli artt.13, 14 e 15 della legge regionale ai comuni a titolo di trasferimento. Pertanto per tutto quanto non risulta espressamente previsto negli artt. 12, 13, 14, 15 i comuni hanno competenza a disciplinare la materia nelle forme ritenute più opportune.

c)  I Comuni dovranno porre particolare attenzione all’esigenza di effettuare un azione di controllo delle asserzioni pubblicitarie nell’interesse del consumatore.

2. SALDI

a)  I comuni , in attuazione e nel rispetto delle prescrizioni di cui agli artt. 14 e 15 della l.r. sono, in particolare, tenuti a fissare, entro i termini massimi fissati dalla Regione, cioè fra il 10 gennaio ed il 31 di marzo nonché fra il 10 luglio ed il 30 settembre :

a1) la data a partire dalla quale è consentito l’ avvio dei saldi;

a2) la data finale entro la quale i saldi devono concludersi;

a3) la durata del periodo che in ogni caso non può superare le quattro settimane.

b)  Nel provvedere secondo quanto evidenziato, i comuni devono:

b1) effettuare le consultazioni idonee a garantire la partecipazione delle componenti interessate raccordandosi, se ritenuto opportuno, con i comuni confinanti anche con riferimento alle aree di programmazione commerciale così come previste dai criteri regionali;

b2) attenersi, nell’individuazione dei periodi di svolgimento dei saldi, all’arco temporale massimo fissato dalla l.r., vale a dire ai limiti del 10 gennaio e del 31 marzo e del 10 luglio e 30 settembre di ogni anno.

c)  E’ da ritenere consentito di fissare il periodo dei saldi in modo differenziato fra le varie specializzazioni.

d)  Se i comuni non adempiono all’obbligo di fissare il periodo dei saldi, è da ritenere che lo stesso si avvii automaticamente a partire dal termine iniziale previsto dalla legge regionale (10 gennaio o 10 luglio) per un periodo massimo di quattro settimane continuative.

e)  l’esercente deve effettuare apposita comunicazione al comune sede del punto di vendita, in relazione:

e1) alla data di inizio dei saldi;

e2) alla data finale delle operazioni;

e3) alle scansioni temporali prescelte ( se in forma continuativa o meno );

e4) egli dovrà inoltre adottare tutte le cautele idonee a tutelare l’interesse del consumatore ad una corretta informazione, specie in riferimento alle indicazioni dei prezzi e degli sconti praticati.

3. SALDI NEL COMMERCIO SU AREA PUBBLICA

in assenza di uno specifico divieto in tal senso, è da ritenere consentito, qualora se ne rappresenti l’esigenza da parte degli operatori, di attuare i saldi sui mercati con le stesse modalità e tempistiche previste per il commercio in sede fissa.

4. VENDITE DI LIQUIDAZIONE

Effettuabili solo in occasione degli eventi particolari tassativamente indicati dalla l. r., sono soggette a preventiva comunicazione al comune ove ha sede il punto di vendita e possono essere effettuate non prima di trenta giorni dal ricevimento, da parte del comune, della comunicazione stessa ; la durata delle vendite di liquidazione è individuata dal comune entro un arco di tempo non superiore a tre mesi.

5. VENDITE PROMOZIONALI

a)  Sono normate esclusivamente dall’art.15 c.4 e 5 del d.lgs 114/98.

b)  Alle regioni non è data competenza alcuna nella regolamentazione della materia.

b1) In ogni caso pare opportuno rammentare come, allo stato attuale, le vendite promozionali possano essere effettuate dall’operatore dettagliante in ogni momento dell’anno, per tutti o parte dei prodotti venduti, con la sola particolarità che ogni azione di promozione sia limitata nel tempo.

b2) All’operatore il Comune potrà richiedere di effettuare apposita comunicazione relativa al periodo di svolgimento della svendita promozionale, per verificare che la stessa sia limitata nel tempo.

CAPITOLO 4

ORARI

1.  DISPOSIZIONI RELATIVE A TUTTI I COMUNI NON AVENTI CARATTERE DI LOCALITÀ
TURISTICA ED AI COMUNI TURISTICI
AL DI FUORI DEI PERIODI DI MAGGIORE
AFFLUSSO TURISTICO

a) Gli orari sono lasciati alla libera determinazione degli esercenti che comunque non possono superare le tredici ore di apertura entro un arco temporale compreso fra le ore sette e le ore ventidue, nel rispetto:

a1) del piano di coordinamento degli orari adottato dal comune ai sensi dell’art. 36 c. 3 della l. 142/90;

a2) della mezza giornata di chiusura infrasettimanale, laddove prevista dal comune;

a3) della chiusura domenicale e festiva infrasettimanale, salve le deroghe per il mese di dicembre e per un numero massimo di otto ulteriori domeniche nel corso dell’anno.

b) Ai comuni è data la competenza a emanare criteri in ordine a:

b1) adozione dei piani di coordinamento degli orari delle attività commerciali ,dei servizi e degli uffici pubblici al fine di migliorare la fruibilità dei servizi all’utenza e, in definitiva, la qualità della vita, secondo le previsioni del citato art. 36 c. 3 della l. 142/90 della l. r. 52/95 e della deliberazione della Giunta regionale n. 1 - 17859 dell’1 aprile 1997;

b2) fissazione della mezza giornata di chiusura infrasettimanale, se ritenuto opportuno sulla base delle esigenze dell’utenza;

b3) definizione degli ambiti territoriali nei quali consentire l’attività di vendita da parte degli esercizi di vicinato in orario notturno;

b4) definizione del regime di orari da effettuarsi da parte dei cosiddetti centri polifunzionali, sulla base ,oltre che del criterio dell’attività prevalente, delle esigenze complessive dell’utenza;

b5) la definizione delle modalità di apertura al pubblico degli esercizi alimentari nel caso di più di due festività consecutive;

b6) assimilazione, per quanto attiene al regime degli orari, delle attività artigiane, industriali e agricole esercenti la vendita del proprio prodotto, agli esercizi commerciali;

b7) individuazione del calendario annuale e delle zone del territorio comunale riferiti alle deroghe alla chiusura domenicale e festiva infrasettimanale; I comuni sono tenuti ad individuare non solo i giorni ma anche le zone del territorio nelle quali gli esercenti possono derogare all’obbligo di chiusura . In pratica, le otto festività possono essere differenziate secondo le zone del territorio comunale, purché ciascuna zona usufruisca né più né meno di otto giornate domenicali o festive nel corso dell’anno nelle quali è concessa l’apertura degli esercizi commerciali. Le zone possono essere individuate anche in ambito ultracomunale fra più comuni.

1.  I giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva sono individuati dai comuni, sentite le organizzazioni. E’ richiesta quindi una programmazione comunale e non c’è spazio per la libera predisposizione da parte dei singoli esercenti di un calendario di giornate nelle quali derogare all’obbligo di chiusura.

2.  Il calendario che i comuni devono predisporre, deve contenere:

2.1  una parte obbligatoria, già prefissata dal d. lgs. 114/98: le domeniche e le giornate festive del mese di dicembre ( quindi non si tratta di quattro domeniche ma di tutti i festivi del mese nell’arco di tutti i 31 giorni );

2.2  una seconda parte obbligatoria ma non prefissata dal d.lgs.114/98 : otto (né più né meno ) domeniche o festività individuate nei mesi da gennaio a novembre. I comuni potranno esercitare la loro discrezionalità esclusivamente nell’individuazione di queste otto giornate.

3.  Per il comune vi è un vero e proprio obbligo di dare attuazione all’ art. 11 c.5; quindi l’eventuale mancata individuazione da parte dei comuni del calendario costituisce un’omissione che impedisce agli operatori commerciali di esercitare un loro diritto.

4.  E’ opportuno che il calendario delle giornate di deroga sia predisposto con congruo anticipo.

5.  Nelle giornate domenicali e festive così come individuate dai comuni l’apertura degli esercizi commerciali è una facoltà e non un obbligo per gli esercenti.

c) Per la predisposizione dei criteri di loro competenza da adottarsi opportunamente entro tempi ravvicinati che, peraltro, non è dato alla Regione di quantificare, i comuni adottano quale metodo costante di lavoro:

c1) la promozione di un costante confronto fra le parti sociali ed i soggetti pubblici interessati;

c2) la ricerca di coordinamento degli orari di vendita in riferimento alle zone della programmazione anche, se necessario, a livello sovracomunale;

c3) la ricerca di coordinamento anche rispetto agli orari della globalità degli uffici e servizi pubblici.

2. DISPOSIZIONI RELATIVE AI COMUNI
CONSIDERATI AD ECONOMIA TURISTICA

a)  In merito agli orari nelle località turistiche va precisato che la legge regionale conferisce per il futuro alle Province la competenza al riconoscimento della connotazione di località turistica ed all’individuazione dei periodi di maggior afflusso, secondo i criteri che saranno stabiliti con successiva deliberazione del Consiglio Regionale.

b)  Dal canto suo peraltro l’art. 25 - Norme transitorie - dispone al comma 7 che:” fino all’adozione dei criteri di cui all’art. 9 restano in vigore le disposizioni in materia di orari nelle località ad economia turistica di cui alla richiamata D.C.R.. n. 544-7802 del 16.6. 1999.” Pertanto nella fase attuale, compresa fra l’entrata in vigore della L.R. 28/99 e l’adozione dei criteri regionali ex art. 9 L.R.:

b1) i comuni ad economia turistica sono soltanto quelli individuati come tali dalla D.C.R. n.544-7802 del 16-6-1999 recante “ individuazione di località ad economia turistica nella fase di prima applicazione del d.lgs.114/98. Trattasi dei comuni che, secondo la normativa previgente, già fruivano della deroga per comune turistico;

1.  Nei suddetti comuni è consentito, limitatamente ai periodi di maggiore afflusso turistico da individuarsi in sede locale e nel rispetto della mezza giornata di chiusura infrasettimanale, laddove prevista dal comune :

1.1)  derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva infrasettimanale;

1.2)  derogare ai limiti giornalieri di apertura;

b2) la determinazione dei periodi di maggiore afflusso resta affidata a valutazioni di opportunità da effettuarsi in sede locale da parte delle amministrazioni comunali, così come previsto dal dispositivo della menzionata D.C.R. n. 544-7802, secondo cui i periodi sono, nella fase transitoria, “determinati” in sede locale. Resta inteso che, anche se ciò non è detto espressamente nella citata DGR, il Comune dovrà assumere le sue scelte garantendo dopo aver esaminato idonee forme di concertazione con le componenti interessate, ivi comprese le Comunità montane, se trattasi di comuni montani.

b3) L’effettività delle competenze attribuite alle Province ex art. 9 L.R. 28/99 è differita all’avvenuta emanazione dei criteri regionali;

b4) eventuali nuove istanze comunali di riconoscimento devono essere sospese;

b5) inoltre ogni Comune della Regione è considerato turistico e può consentire le deroghe previste per i comuni turistici dalla DCR n. 544-7802 del 16.6.99, in occasione dello svolgimento di manifestazioni a carattere extracomunale.

3. ORARI DEL COMMERCIO SU AREA PUBBLICA

In attesa dell’emanazione dei criteri della Giunta regionale di cui all’art.11 c.2 lett. d) della l. r. 28/99, si continuano ad applicare le disposizioni in materia di commercio su area pubblica già adottate dai comuni ai sensi della l. 112/91 e relative norme di attuazione.

4. DISPOSIZIONI COMUNI AD OGNI TIPOLOGIA
DI COMUNE, TURISTICO E NON.

a) disposizione di particolare rilievo, è l’art. 13 del d.lgs. 114/98, secondo il quale “ le disposizioni in materia di orari “ non si applicano agli esercizi tassativamente elencati dall’articolo stesso.

a1) Ciò sta a significare che non occorre in merito nessun atto comunale di recepimento. L’esercente è opportuno che invii al comune apposita comunicazione nella quale viene indicato qual è l’attività prevalente o esclusiva tale da legittimare l’immediata applicazione della disposizione particolare.

a2) E’ opportuno che il comune fissi i criteri per l’accertamento del requisito della prevalenza in sede locale ( quali il volume d’affari o la superficie di vendita ), ai fini di una maggior trasparenza dell’azione amministrativa in caso di controllo.

a3) E’ da ritenere , anche sulla base di quanto reso noto recentemente dal Ministero del commercio, che il comune non possa in nessun caso limitare a queste tipologie di esercizi la possibilità di apertura domenicale sulla base dell’intensificazione del traffico correlata alla stessa liberalizzazione dell’orario; infatti ciò andrebbe contro la volontà del legislatore di liberalizzare al massimo la materia poiché darebbe all’ente locale uno strumento di intervento sui canali naturali di sviluppo del mercato.

b) In ogni caso l’apertura dell’esercizio commerciale è sempre da intendersi quale facoltà per l’esercente e non quale obbligo. Fa eccezione a questo principio la disposizione di cui all’ art. 13 c. 2. Qui è previsto vero e proprio obbligo per l’esercente di generi alimentari di fornire il servizio al consumatore, secondo le modalità che saranno stabilite dal comune, dopo idonee consultazioni, un po’ come accade per le ferie estive.

CAPITOLO 5

COMMERCIO SU AREA PUBBLICA

1. PRINCIPI ED OBIETTIVI

a) Gli obiettivi di fondo individuati dalla LR 28/99 sono:

a1) valorizzare il ruolo del commercio su area pubblica come completamento, nelle zone urbane, del servizio in sede fissa;

a2) valorizzare il ruolo del commercio su area pubblica come alternativa valida rispetto agli insediamenti della distribuzione moderna a vocazione prevalentemente extraurbana;

a3) potenziare il commercio su area pubblica come servizio sostitutivo nella zone a rischio di desertificazione commerciale;

a4) ribadire la necessità di adeguare le aree mercatali alle norme igienico - sanitarie e di sicurezza. In particolare i comuni , secondo la strategia già avviata con la D.C.R: 508, devono tendere alla messa a norma delle aree mercatali rispetto alle norme igienico - sanitarie e non possono istituire nuove aree se non le hanno prima dell’istituzione già messe a norma.

b) All’art.10 della L.R. 28/99 sono individuate le competenze del Consiglio Regionale in attuazione del d.lgs.114/98.

In particolare è stata individuata la competenza consiliare in relazione a :

b1) definizione del concetto di manifestazione di commercio su area pubblica variamente denominata e ricadente nell’ambito di applicazione della normativa sul commercio rispetto alle tipologie di manifestazione ricadenti anch’esse su area pubblica ma rientranti nella competenza fieristica regionale ex art. 117 c.1 della cost.;

b2) individuazione delle forme mercatali genericamente intese e delle forme alternative extramercatali di esercizio dell’attività;

b3) criteri ai comuni per l’individuazione delle aree da destinare all’esercizio dell’attività ;

b4) definizione di criteri relativi alla localizzazione, al dimensionamento ed alla composizione merceologica dei mercati.

b5) La proposta di atto deliberativo relativa ai criteri di cui trattasi, attualmente al vaglio delle competenti sedi consiliari, fornirà nel breve periodo i criteri ai quali i comuni si atterranno nel programmare gli sviluppi futuri del commercio su area pubblica nel loro territorio.

c)  All’art 11 è attribuita alla competenza della Giunta regionale la disciplina delle vicende giuridico amministrative relative alle autorizzazioni per l’esercizio dell’attività nonché alle varie forme mercatali. Soltanto a seguito del l’approvazione della citata deliberazione di giunta sarà consentito:

c1) presentare nuove istanze di autorizzazione per l’esercizio dell’attività di commercio su area pubblica ai sensi dell’art.28 del d.lgs.114/98;

c2) rilasciare nuove autorizzazioni per l’esercizio dell’attività;

c3) istituire nuovi mercati o, comunque destinare nuove aree a forme di commercio alternative (aree che, evidentemente, dovranno essere state preventivamente programmate dai comuni ed adeguate alle normative igienico sanitarie e di sicurezza secondo gli adempimenti sopra ricordati ).

d) La legge regionale ha reintrodotto all’art. 11 c. 4 le autorizzazioni stagionali e le autorizzazioni temporanee

d1) Autorizzazioni stagionali: sono rilasciate con le stesse modalità previste per le altre autorizzazioni con la sola differenza di essere riferite ad un periodo di tempo limitato nel corso dell’anno; la concessione di posteggio ad esse riferita è soggetta a regime decennale;

d2) Autorizzazioni temporanee: trattasi di una tipologia eccezionale. possono essere rilasciate a coloro che hanno gli stessi requisiti morali e professionali previsti per l’attività di commercio e devono essere limitate ai giorni di svolgimento di “ fiere, feste , mercati o altre riunioni straordinarie di persone “. E’ da ritenere che il comune, per poter rilasciare le temporanee, debba preliminarmente aver disposto in merito nel provvedimento istitutivo della manifestazione. Inoltre gli spazi per questo tipo di autorizzazioni, che devono rappresentare comunque un fenomeno marginale, non devono andare a detrimento degli ambulanti che hanno pieno titolo a stare nella manifestazione di commercio su area pubblica. Pertanto è bene che gli eventuali appositi spazi da destinare a soggetti che solo occasionalmente fanno vendita su area pubblica non siano localizzati all’interno dell’area di mercato ( o simile ) così come individuata nell’atto istitutivo, ma ne stiano a margine se non addirittura fuori, anche se nello stesso contesto temporale. Quindi, a meno che il comune già non avesse in passato provveduto nel senso appena descritto, in questa fase di perdurante blocco delle istituzioni dei mercati e forme similari di commercio su area pubblica, non è consentito il rilascio delle temporanee. Va inoltre precisato che le temporanee sono ammissibili anche nel contesto di manifestazioni non aventi la caratteristica di mercati ex 114. Infatti basta che si tratti di riunioni straordinarie di persone (es. il passaggio del giro d’Italia ) perché il comune, possa prevedere, al di la di un eventuale mercato, o invece dello stesso, se ritenuto consono alle esigenze del consumatore, solo qualche spazio isolato e marginale da riservare alle temporanee. In ogni caso le aree devono essere individuate nell’atto istitutivo, che va assunto a seguito di una idonea attività di concertazione con le componenti interessate e di valutazione dell’interesse pubblico, secondo lo strumento della partecipazione cui è informata la riforma a livello sia nazionale che, a discendere, regionale.

2.  ART. 25 COMMA 3 E 4 -
DISPOSIZIONI TRANSITORIE

a) Allo stato attuale nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della l. r. e l’adozione della già citata deliberazione di giunta regionale relativa ai criteri per la regolamentazione giuridico - amministrativa del commercio su area pubblica, la Regione Piemonte è ancora in fase transitoria di applicazione ultrattiva degli “indirizzi provvisori per l’esercizio del commercio su area pubblica” adottati in applicazione della l.112/91 con la deliberazione di consiglio regionale n. 508-14689 del 1 dicembre 1998.Ed è sulla base di questo atto che vanno regolati sia gli aspetti attinenti alle autorizzazioni, sia quelli relativi alle vicende giuridico - amministrative relative ai mercati.

a1) In particolare, nella fase attuale compresa fra l’entrata in vigore della L.R. e l’adozione della deliberazione di giunta di cui al citato art. 11 della l.r. 28 :

1.  non è consentito ai comuni di istituire nuovi mercati o forme di commercio su area pubblica alternative, potendo gli stessi esclusivamente intervenire sui mercati esistenti per una loro razionalizzazione ed adeguamento alle norme di igiene e sicurezza;

2.  non è consentito ai comuni , fino allo scadere del termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della L.R. (18.5.2000) di rilasciare nuove autorizzazioni, neppure stagionali o temporanee, ai sensi del d.lgs.114/98 e conseguentemente è sospesa la presentazione delle relative istanze di autorizzazione;

3.  non è parimenti più consentita la presentazione di domande alla regione ai sensi della legge 112/91, essendo gli uffici regionali attualmente impegnati a definire i procedimenti relativi alle domande di autorizzazione proposte ai sensi della normativa previgente, entro il termine ultimo fissato inderogabilmente dalla D.C.R. 508 / 98 nel 23 dicembre 1998.

a2) Per una più agevole attività interpretativa nell’attuale fase transitoria, caratterizzata dall’applicazione della D.C.R. 508, ad ulteriore specificazione di quanto già evidenziato, si ritiene opportuno fornire agli operatori le seguenti precisazioni :

1.  Ipotesi in cui ci si trovi in contrasto con altre regioni che già stiano applicando a pieno regime il d. lgs.114/98

1.1)  Può accadere che si ponga concretamente un problema di questo tipo: Tizio, residente in Piemonte , ha acquistato con scrittura privata un’autorizzazione per il commercio su area pubblica senza posti fissi , già rilasciata da un comune della regione Valle d’Aosta. Poiché il d.lgs.114/98 e, conseguentemente, la normativa attuativa regionale della Valle d’Aosta dispongono che le autorizzazioni siano rilasciate non più dalla regione di appartenenza , ma dal comune di residenza del richiedente , si pone il problema di cosa fare in attesa che la giunta regionale del Piemonte adotti i criteri che dispongano in materia. In proposito si ritiene opportuno che il comune di residenza dell’acquirente, provveda a rilasciare apposita presa d’atto dell’avvenuta cessione d’azienda , dopo accertato la sussistenza dei requisiti morali e professionali richiesti dal d. lgs. 114/98 per l’esercizio dell’attività di commercio;

1.2)  Validità territoriale delle autorizzazioni senza posti fissi.

Le autorizzazione per l’esercizio del commercio su area pubblica senza posti fissi, comunque rilasciate, sia per conversione ex L. 112/91 di vecchie autorizzazioni già rilasciate ai sensi della l. 398/76, sia per effetto dell’apposito nullaosta regionale ex DCR n. 508/98, assumono la stessa validità territoriale prevista, per le autorizzazioni senza posto fisso, dall’art. 28 c. 4 del d.lgs 114/98. Ciò al fine di evitare che i tempi regionali di approvazione della nuova normativa possano incidere sfavorevolmente, in modo discriminante fra una parte e l’altra del territorio nazionale, sulla sfera giuridica soggettiva dei destinatari.

1.3)  In riferimento alle procedure finalizzate al rilascio delle autorizzazioni per il commercio su area pubblica con posto fisso, già previste dall’art. 1 c. 2 lett. b) della l.112/91 e rilasciabili sulla base della DCR . 508/98, attualmente in corso di definizione presso gli uffici regionali, si rammenta che i posteggi già segnalati dai comuni come liberi per l’assegnazione alla data del 23 giugno 1999 ( sia che la segnalazione sia stata fatta dal comune immediatamente a seguito della prima richiesta della Direzione regionale Commercio e Artigianato, sia che la segnalazione stessa sia stata effettuata a seguito del sollecito degli stessi uffici in data 16/9/99), non possono essere soppressi dal comune, con distrazione dall’uso al quale erano stati destinati , se non per straordinarie e comprovate esigenze prioritarie di pubblico interesse.

1.4)  E’ da ritenere non consentita la cessione di un’autorizzazione, rilasciata a seguito di nullaosta regionale ex D.C.R. 508/98, nel caso in cui l’interessato non abbia ancora iniziato l’attività dichiarandone l’inizio al registro delle imprese.

1.5)  Gli uffici regionali cureranno la trasmissione ai comuni di residenza, tenuti ai sensi della D.C.R. 508 al rilascio delle autorizzazioni con posto fisso a seguito di nullaosta regionale, degli elenchi in ordine alfabetico degli aventi diritto al rilascio di autorizzazioni medesime per il controllo dei requisiti morali. I comuni dovranno comunicare alla regione entro il termine perentorio che sarà indicato nella apposita comunicazione, le risultanze dei controlli effettuati. Il mancato riscontro sarà inteso favorevolmente per l’interessato, vale a dire come possesso dei requisiti di legge. E’ appena il caso di ricordare che, sulla base dei principi di semplificazione documentale, il possesso dei requisiti morali può essere oggetto di autocertificazione. Pertanto se non è possibile per il comune acquisire certificazioni necessarie entro i termini di cui sopra, potrà essere accettata l’autocertificazione da parte del richiedente, salve, ovviamente, le successive verifiche da parte del comune.

3. SANZIONI NEL COMMERCIO
SU AREA PUBBLICA.

Pur nella consapevolezza dell’incompetenza per materia della regione in relazione alle sanzioni, si ritiene opportuno, fino a diverso orientamento da parte dello stato, di precisare quanto segue:

art.29 c.1 : la locuzione “ chiunque eserciti il commercio su area pubblica fuori dal territorio previsto dalla autorizzazione stessa “ si riferisce non solo al caso di esercizio dell’attività fuori dal posteggio in concessione ma anche fuori dall’ambito territoriale consentita dalla legge, in riferimento alla tipologia di autorizzazione. In particolare giova precisare che il fatto che un esercente esorbiti di qualche centimetro dalla sua area di posteggio, non costituisce violazione punibile ai sensi dell’art. 29 c.1 del d.lgs.114/98 bensì, eventualmente, ai sensi del comma secondo dello stesso articolo.