Salta al contenuto principale

Le nostre esperienze: il riso da 5 generazioni

Uno spazio per il racconto di esperienze dirette di aziende, imprenditori agricoli e altri soggetti beneficiari del Programma di sviluppo rurale. Non sono modelli ma casi significativi per l’innovazione che hanno portato e per la capacità che hanno dimostrato nel cogliere le opportunità.


Paolo Mosca: il riso da 5 generazioni e una continua sperimentazione

Ci racconta in breve la storia della sua azienda?
La mia è un’azienda familiare che è partita dal mio bisnonno, anzi, ora che ci penso, da ben 5 generazioni! Siamo a Crescentino con 130 ettari, coltivati prevalentemente a riso in produzione integrata e da qualche anno abbiamo anche qualche altra coltura (altri cereali, orticole, fagioli).
Io personalmente sono agronomo, sono laureato in agraria, e ho 34 anni. Attualmente in azienda lavoriamo io e mio padre, quindi il lavoro non manca…

Quando è iniziata la vostra esperienza con il Programma di sviluppo rurale?
Sin dalla programmazione 2000-2006, quando mio padre fece investimenti e rinnovamenti fondiari.
Poi con il PSR 2007-2013, precisamente nel 2010 ho fatto io l’insediamento giovani e alcuni miglioramenti (strutture, livellamenti, bonifiche e macchinari). Ho fatto poi domanda anche su altre misure, dall’agroambiente alla biodiversità nelle risaie fino alla conversione al biologico.

Avete fatto o state facendo domanda anche sul PSR 2014-2020? In cosa consiste il progetto?
Anche ora proseguo con le pratiche agroambientali, la conversione al biologico e applico tecniche di agricoltura conservativa.
In particolare, proprio per l’agricoltura conservativa - sulla quale stiamo sperimentando molto - partecipo al progetto europeo Life Helpsoil, in qualità di azienda partner per testare concretamente le nuove tecniche. Ho abbandonato l’aratura da anni, faccio semina su sodo, cover crops ecc. Certo, le difficoltà sono maggiori: in risaia l’acqua stimola le infestanti e noi dobbiamo agire con metodi alternativi ai tradizionali, tendenzialmente più lunghi e faticosi. Diciamo che siamo un po’ pionieri, ma siamo contenti di questo: sarei felice se la nostra sperimentazione fosse utile a mettere a punto i protocolli dell’agricoltura conservativa e a renderli più applicabili. C’è molto da fare e da migliorare.
E’ importante sottolinearlo: crediamo nella sperimentazione ma con applicando queste tecniche non abbiamo certo trovato l’America!

Qual è stato il ruolo che ha avuto il sostegno del PSR nella vostra attività?
Per la nostra azienda, sin dai decenni scorsi, il ruolo del PSR è stato fondamentale, per poter fare investimenti e per introdurre le tecniche più innovative, ma ho registrato anche le difficoltà burocratiche di una macchina amministrativa complessa. Spero che si riesca a migliorare la semplificazione, per non dover “rincorrere” lo strumento ma poterlo sfruttare al meglio per sostenere i progetti degli imprenditori agricoli.
Quest’anno ho provato a fare la domanda in proprio, per confrontarmi direttamente con il sistema: non è stato sempre facile ma è uno stimolo e una strada da percorrere.

Quali sono i vostri progetti futuri?
Attualmente riusciamo a fare poca trasformazione per mancanza di tempo, ma mi piacerebbe sviluppare questo aspetto, la valorizzazione del nostro prodotto e del trasformato. Certo c’è la concorrenza spietata dei prodotti provenienti da altre parti del mondo, ma la differenza la fa la qualità.
Io non credo si debbano cercare di contrastare i meccanismi globali di importazione, che sono inevitabili in un mondo come il nostro, ma dobbiamo lavorare sulla differenziazione del prodotto: noi facciamo una qualità che nessun altro può fare, dobbiamo imparare a valorizzarla con il nostro lavoro, far comprendere le differenze al consumatore e far sì che sia questo a vincere sulla distanza.

Che tipo di messaggio si sentirebbe di dare a un giovane che vuole intraprendere un’attività come la sua?
Sicuramente gli direi “Sì, fallo”, ma avendo ben chiaro che la nostra non è un’agricoltura dei grandi numeri, che – come dicevo prima – c’è tanto lavoro, e il modello da seguire, secondo me, non è quello della crescita ad ogni costo, dell’esasperazione delle produzioni.
Il percorso giusto è quello della qualità, del rapporto serio e trasparente con il consumatore, della tutela ambientale e della biodiversità. Questo è il nostro vero patrimonio, su questo dobbiamo fare ricerca e lavorare sodo.